sezioni unite civili; sentenza 13 febbraio 2001, n. 62/SU; Pres. Iannotta, Est. CristarellaOrestano, P.M. Cinque (concl. diff.); Borghese (Avv. Pascasio) c. Min. giustizia (Avv. dello StatoMacaluso). Conferma Corte conti, sez. III, 6 giugno 1997, n. 169/ASource: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 10 (OTTOBRE 2001), pp. 2879/2880-2881/2882Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196323 .
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2879 PARTE PRIMA 2880
all'art. 582 c.c. che questa corte ha decisamente negato, e addi
rittura di ribaltare la presunzione di eguaglianza delle quote, in
difetto di contraria pattuizione, sostituendo ad essa il criterio, del pari ripudiato dalla sentenza di annullamento, della riparti zione in quote diseguali, conformemente all'art. 582 c.c.; in tal
modo tentando inammissibilmente di riaprire il dibattito su temi
giuridici irretrattabilmente decisi e non più disputabili. (Omis sis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 13 febbraio 2001, n. 62/SU; Pres. Iannotta, Est. Cristarella
Orestano, P.M. Cinque (conci, diff.); Borghese (Avv. Pa
scasio) c. Min. giustizia (Avv. dello Stato Macaluso). Con
ferma Corte conti, sez. Ili, 6 giugno 1997, n. I69/A.
Pensione civile, militare e di guerra — Corte dei conti —
Pensioni civili — Giudicato — Interpretazione — Penden za del giudizio di ottemperanza innanzi al giudice ammini
strativo — Irrilevanza (R.d. 26 giugno 1924 n. 1054, appro vazione del tu. delle leggi sul Consiglio di Stato, art. 27; r.d.
12 luglio 1934 n. 1214, approvazione del t.u. delle leggi sulla
Corte dei conti, art. 78; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione
dei tribunali amministrativi regionali, art. 7).
La Corte dei conti, in sede di appello avverso una sentenza di
primo grado in materia di pensioni civili, ha il potere di ac
certare ed interpretare il giudicato che sia intervenuto fra le
stesse parti sul rapporto pensionistico, a nulla rilevando che, con riguardo allo stesso, sia pendente il giudizio di ottempe ranza innanzi al giudice amministrativo. ( 1 )
(1) I. - Nel riconoscere alla Corte dei conti il potere di accertare ed
interpretare, in un giudizio pensionistico, il giudicato formatosi su di una precedente sentenza da essa resa fra le stesse parti del giudizio in corso (c.d. giudicato esterno), la sentenza ricostruisce solo in parte la
portata dell'art. 78 r.d. 1214/34 («spetta alla Corte [dei conti] il giudi zio sulle questioni di interpretazione delle sue decisioni»), che viene inteso — agli stretti fini della decisione — come espressione del prin cipio generale secondo cui ogni giudice, ordinario o speciale, chiamato a pronunciarsi su domanda rientrante nella sua giurisdizione, ha il pote re-dovere di affrontare in via incidentale le questioni pregiudiziali o
preliminari la cui definizione sia indispensabile per la decisione (com prese, perciò, le questioni concernenti l'esistenza del giudicato ed il suo contenuto precettivo): cfr., cit. in motivazione, Cass. 6 luglio 2000, n. 467/SU, Foro it., Rep. 2000, voce Tributi in genere, n. 1536. Il tutto, a meno che tale principio sia derogato da un'espressa previsione norma tiva che traduca l'accertamento incidentale in una causa di carattere
pregiudiziale devoluta ad un giudice diverso; ciò che avviene, ad esem
pio: a) nell'ambito del processo amministrativo, per effetto dell'art. 28, 3° comma, r.d. 1054/24 e dell'art. 8, 2° comma, 1. 1034/71, con riguar do all'incidente di falso ed alle questioni concernenti lo stato e la capa cità delle persone (salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio), attribuiti alla «esclusiva competenza» dell'a.g.o. (per la giurisprudenza, v. infra, sub II); b) nell'ambito del processo contabile, per effetto degli art. 9-11 r.d. 1038/33, con riguardo all'incidente di falso, attribuito alla
giurisdizione dell'a.g.o., e dell'art. 62 r.d. 1214/34, con riguardo alle
questioni di status in materia pensionistica, attribuite al giudice del
rapporto d'impiego, che è, a seconda dei casi, il giudice amministrativo o il giudice ordinario (per la giurisprudenza, v. infra, sub II).
Precisa la Suprema corte nella sentenza in epigrafe che una deroga al menzionato principio non può essere rinvenuta nella disposizione (art. 7, 1° comma, 1. 1034/71, in relazione all'art. 27, 1° comma, n. 4, r.d. 1054/24) che attribuisce alla giurisdizione di merito de! giudice ammi nistrativo la cognizione dei ricorsi rivolti ad ottenere l'ottemperanza dell'amministrazione ad ogni giudicato su diritti (da qualsiasi giudice esso promani), ancorché tale cognizione comprenda l'interpretazione del giudicato (cfr. l'art. 28, 1° comma, r.d. 1054/24 e l'art. 8, 1° com ma, 1. 1034/71, e, in giurisprudenza, cit. in motivazione, Cass. 15 giu
II Foro Italiano — 2001.
Motivi della decisione. — Il ricorso, con riguardo alla tesi
principale del difetto di giurisdizione, è infondato.
Il giudice ordinario o speciale, chiamato a pronunciarsi su
domanda rientrante nella propria competenza giurisdizionale, è
necessariamente munito del potere-dovere di affrontare in via
incidentale i problemi pregiudiziali o preliminari la cui defini zione sia indispensabile per la decisione, e, quindi, in presenza della deduzione di uno dei contendenti, secondo cui la decisione
stessa sarebbe in tutto od in parte vincolata da un precedente
giudicato sostanziale (c.d. giudicato esterno), ha il compito
gno 2000, n. 438/SU, ibid., voce Giustizia amministrativa, n. 1363),
giacché il giudizio di ottemperanza non è la sede esclusiva di questa interpretazione — a meno che, ovviamente, il giudizio non abbia ad
oggetto l'ottemperanza a una decisione dello stesso giudice ammini
strativo, nel qual caso il giudice dell'ottemperanza ha il potere non solo di interpretare, ma anche di integrare il giudicato: v. Cass. 30 giugno 1999, n. 376/SU, id., Rep. 1999, voce cit., n. 1168 — e comunque, non delimita la competenza della Corte dei conti, che, nell'ambito della
propria giurisdizione pensionìstica, è, appunto, legittimata ad accertare e interpretare, in virtù del principio generale riflesso nell'art. 78 r.d. n. 1214 cit., il giudicato che sia già intervenuto sui rapporto pensionistico fra le stesse parti, traendone le relative conseguenze ai fini della pro nuncia sulla domanda.
II. - In tal modo, la sentenza in epigrafe si è limitata a riconoscere la
cognizione in via incidentale della Corte dei conti sulle questioni pre giudiziali o preliminari alle sue stesse decisioni, e tanto era sufficiente, in realtà, per la soluzione del caso concreto, dal momento che la que stione di giurisdizione era — per così dire — tutta interna alla giurisdi zione contabile, investendo una sentenza della Corte dei conti «inter
pretativa» di precedente giudicato dello stesso giudice e non il rapporto fra tale giudicato (poi «interpretato» dalla corte) ed il (pur instaurato) giudizio di ottemperanza per la sua esecuzione.
È a dire, peraltro, che anche nel rapporto fra giudice contabile e giu dice dell'ottemperanza vale la regola — che si ricava, in termini gene rali, dall'art. 78 r.d. n. 1214 cit. e, specificatamente, dall'art. 25 r.d. 1038/33 («se per l'esecuzione di una decisione della corte sorga que stione sulla interpretazione di essa, si deve proporre il giudizio davanti allo stesso collegio che l'ha pronunciata») — per cui la Corte dei conti è giudice esclusivo delle questioni, davanti a qualunque giudice insor
gano, concernenti l'interpretazione delle sue decisioni (per tutte, v. Cass. 23 febbraio 1999, n. 99/SU, ibid., voce Pensione, n. 12; Corte
conti, sez. I, 4 dicembre 1986, n. 710, id., Rep. 1987, voce Responsabi lità contabile, n. 560; sez. giur. reg. Toscana 19 giugno 1996, n. 334, id., Rep. 1997, voce Pensione, n. 56; sez. giur. reg. Emilia-Romagna 26 febbraio 1996, n. 75, id., Rep. 1996, voce cit., n. 27), ferme restando la giurisdizione dell'a.g.o. sulla querela di falso (Cass. 7 luglio 1988, n.
4479, id., Rep. 1989, voce Corte dei conti, n. 29; Corte conti, sez. I, 25 marzo 1980, n. 33, id., Rep. 1981, voce cit., n. 30; sez. giur. reg. Lom bardia 5 novembre 1997, n. 972, id., Rep. 1998, voce Pensione, n. 41) e
quella del giudice del rapporto d'impiego — amministrativo o ordina
rio, a seconda dei casi — sulle questioni di status (Cass. 1° settembre
1999, n. 617/SU, id., 2000, I, 2651, in motivazione, con nota di Stabi le; 99/SU/99, cit.; 7 luglio 1983, n. 4580, id., 1984, I, 788; Corte conti, sez. I, 710/86, cit.; 33/80, cit.; sez. giur. reg. Toscana 334/96, cit.; sez.
giur. reg. Emilia-Romagna 75/96, cit.; sez. giur. reg. Lombardia 24 ot tobre 1995, n. 965, id., Rep. 1996, voce cit., n. 37).
Nello stesso senso, v. già Cons. Stato, ad. plen., 4 novembre 1980, n.
43, id., 1981, III, 65, con nota di richiami, e, di recente, sia pure affer mando che, in caso di attivazione dello speciale procedimento previsto dall'art. 25 r.d. 1038/33, «è opportuno» che il giudizio di ottemperanza venga sospeso in attesa della decisione della Corte dei conti, Cons. Stato, sez. IV, 6 marzo 1995, n. 95, id.. Rep. 1996, voce Giustizia am
ministrativa, n. 856, e Giur. it., 1996, III, 1, 46. E, comunque, inammissibile, in sede di ottemperanza ad un giudicato
della Corte dei conti in materia pensionistica, la domanda avente ad
oggetto la rivalutazione monetaria e gli interessi moratori, proposta per la prima volta dinanzi al giudice amministrativo, in quanto rientrante nella giurisdizione della Corte dei conti: Cons. Stato, ad. plen., 17 gen naio 1997, n. 1, Foro it., 1997, III, 261, con nota di richiami.
Sui limiti del giudizio di interpretazione ex art. 78 r.d. n. 1214 cit., v., di recente, Corte conti, sez. giur. reg. Lazio, 24 gennaio 1998, n. 300
(id.. Rep. 1998, voce Pensione, n. 735), secondo cui il giudizio sulle
questioni di interpretazione delle decisioni della Corte dei conti è di retto esclusivamente a individuare, in caso di dubbi o incertezze nella fase esecutiva, il senso e la portata della decisione resa dal giudice, on de non può essere utilizzato per introdurre ulteriori domande o per cen surare statuizioni della decisione stessa.
III. - Quanto all'incidenza dello ius superveniens sul rapporto og getto della decisione passata in giudicato ed alla proposizione di con nesse eccezioni di costituzionalità, la sentenza in rassegna conferma —
nel segno di una consolidata giurisprudenza — che le relative questioni esulano dal sindacato della Suprema corte relativo alla verifica dei «li
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
d'indagare sull'esistenza del giudicato medesimo e sul suo
contenuto precettivo.
Questa regola generale, circa l'inclusione nella funzione giu risdizionale della soluzione dei quesiti strumentali alla statui
zione sulla domanda (cfr. Cass., sez. un., 6 luglio 2000, n.
467/SU, Foro it., Rep. 2000, voce Tributi in genere, n. 1536), è
derogabile con specifica norma, che traduca l'accertamento in
cidentale in una causa di carattere pregiudiziale e l'affidi ad un
giudice diverso. In difetto di un'espressa deroga, non è invocabile, per sottrar
re la problematica in discorso al giudice dotato di giurisdizione, il pericolo di un conflitto della sua valutazione circa la portata del giudicato con l'eventuale difforme interpretazione dello
stesso giudicato da parte di altro giudice al fine della pronuncia su una distinta domanda, perché la relativa evenienza resterebbe
nell'ambito della dissonanza logico-argomentativa fra statuizio
ni autonome, senza determinare un contrasto vero e proprio
(presupponente l'identità delle domande). Al criterio generale si conforma, per i giudizi di pertinenza
della Corte dei conti, l'art. 78 r.d. 12 luglio 1934 n. 1214, ove
devolve alla medesima corte l'interpretazione delle sue pronun ce.
Valenza derogativa non può essere riconosciuta all'art. 7, 1°
comma, 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, in relazione all'art. 27 r.d.
26 giugno 1924 n. 1054, nella parte in cui demanda alla giuris dizione di merito del giudice amministrativo (fra l'altro) il ri
corso rivolto ad ottenere l'adempimento dell'obbligo dell'auto
rità amministrativa di conformarsi al giudicato su diritti; la
norma, se include nelle attribuzioni del giudice amministrativo
il riscontro della sussistenza e del contenuto del giudicato di cui
si chiede l'esecuzione (v., da ultimo, Cass., sez. un., 15 giugno 2000, n. 438/SU, ibid., voce Giustizia amministrativa, n. 1363), non è estensibile oltre i casi espressamente considerati, non tra
sforma il giudizio d'ottemperanza in una sede esclusiva per l'indicato riscontro, e comunque non prevede delimitazioni
della giurisdizione della Corte dei conti.
In conclusione, disattendendosi quanto in proposito sostenuto
dal ricorrente, si deve affermare il principio secondo cui la
Corte dei conti, nell'ambito della propria giurisdizione in mate
ria di pensioni, ha il potere di accertare ed interpretare il giudi cato che sia già intervenuto sul rapporto pensionistico fra le
stesse parti, traendone le relative conseguenze ai fini della pro nuncia sulla domanda.
Le deduzioni subordinate del ricorrente e le connesse que stioni di legittimità costituzionale esulano dal sindacato di que ste sezioni unite (art. 362, 1° comma, c.p.c., e 111, ultimo
comma, Cost.), e non sono quindi scrutinabili, perché sono ine
renti a pretesi errori in indicando, che la pronuncia impugnata avrebbe commesso nell'esegesi del giudicato e nel cogliere l'in
fluenza sul rapporto dello ius superveniens, e, dunque, denun
ciano vizi non attinenti ai limiti esterni delle attribuzioni giuri sdizionali della Corte dei conti (v. Cass., sez. un., 26 marzo
1997, n. 2667, id., Rep. 1997, voce cit., n. 932, sull'ambito in generale di detto sindacato, nonché, con specifico riferimento
all'asserita violazione di giudicato esterno, 15 luglio 1993, n.
7841, id., 1994, I, 80, ed inoltre, con riguardo alle questioni di
costituzionalità non inerenti alle norme sul riparto della giuris dizione, ord. 12 giugno 1998, n. 556, id., Rep. 1999, voce
Corte dei conti, n. 89). Il ricorso, pertanto, deve essere respinto.
miti esterni» della giurisdizione, non incidendo sulle attribuzioni giuris dizionali del giudice competente: cfr. Cass., ord. 12 giugno 1998, n.
556, id., Rep. 1999, voce Corte dei conti, n. 89; 26 marzo 1997, n.
2667, id., Rep. 1997, voce Giustizia amministrativa, n. 932; 15 luglio 1993, n. 7841, id., 1994,1, 80, con nota di C.M. Barone.
IV. - La decisione confermata dalla sentenza in epigrafe è Corte con
ti, sez. Ili, 6 giugno 1997, n. 169/A, id., Rep. 1998, voce Pensione, n.
208, e, per esteso, Riv. Corte conti. 1997, fase. 3, 167. [L. D'Evoli]
Il Foro Italiano — 2001.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 7 feb
braio 2001, n. 1733; Pres. Carnevale, Est. Criscuolo, P.M.
Martone (conci, conf.); Bulfaro (Avv. Marenghi) c. Trava
scio (Avv. Appella, Feola, D'Urso) e altri. Conferma App. Potenza 8 giugno 2000.
Elezioni — Contenzioso elettorale — Sindaco — Delibera di
convalida dell'elezione — Impugnazione — Termine —
Sospensione feriale — Applicabilità (D.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, t.u. delle leggi per la composizione e l'elezione degli
organi delle amministrazioni comunali, art. 82; 1. 23 dicembre
1966 n. 1147, modificazioni alle norme sul contenzioso elet
torale amministrativo, art. 1; 1. 7 ottobre 1969 n. 742, sospen sione dei termini processuali nel periodo feriale, art. 1, 3).
Elezioni — Elezioni comunali — Sindaco — Parentela con
appaltatore di lavori o servizi comunali — Incompatibilità — Fattispecie (D.p.r. 16 maggio 1960 n. 570, art. 6; 1. 8 giu gno 1990 n. 142, ordinamento delle autonomie locali, art. 36;
d.leg. 3 febbraio 1993 n. 29, razionalizzazione dell'organiz zazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della di
sciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell'art. 2 1.
23 ottobre 1992 n. 421; 1. 25 marzo 1993 n. 81, elezione di
retta del sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del consiglio provinciale, art. 12, 13).
Il termine di decadenza di trenta giorni per proporre ricorso ex
art. 82 d.p.r. 16 maggio 1960 n. 570 avverso la delibera del
consiglio comunale di convalida dell'elezione alla carica di
sindaco è soggetto alla sospensione feriale di cui alla l. 7 ot
tobre 1969 n. 742, in quanto tale legge, di generale applica zione, non contempla le controversie elettorali fra le ipotesi
derogatorie. (1) È incompatibile, ai sensi dell'art. 6 d.p.r. 570/60, con la carica
di sindaco chi abbia ascendenti o discendenti, ovvero parenti o affini entro il secondo grado, titolari di appalti di lavori o
di servizi comunali, indipendentemente dalla forma, indivi
duale o societaria, delle imprese appaltatrici (nella specie, la
corte ha ritenuto che sussistesse la causa di incompatibilità nei confronti di un sindaco i cui figli erano soci di impresa titolare di appalti comunali). (2)
Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato il 23
settembre 1999 Vincenzo Travascio, Nicola Cimminelli, Pierino
Ruberto e Giuseppe Di Pierro, cittadini elettori e/o consiglieri comunali del comune di Castronuovo Sant'Andrea adirono il
Tribunale di Lagonegro, esponendo che:
(1) La Corte di cassazione conferma l'orientamento già espresso da
Cass. 20 luglio 1991, 8074, Foro it., Rep. 1991, voce Elezioni, n. 203, secondo cui il termine di trenta giorni dalla data finale di pubblicazione della delibera di convalida degli eletti, fissato dall'art. 82 d.p.r. 16
maggio 1960 n. 570 per l'impugnazione della relativa deliberazione, è un termine processuale, come tale soggetto alla sospensione dei termini
nel periodo feriale, a norma dell'art. 1 1. 7 ottobre 1969 n. 742.
Per quel che concerne la disciplina della sospensione dei termini
processuali nel periodo feriale, v. Cass., sez. un., 30 marzo 2000, n.
63/SU, id., 2000, I, 1792, con nota di richiami e osservazioni di Perri no (nella specie, la corte ha affermato che la sospensione si estende an
che ai giudizi di opposizione a ordinanza-ingiunzione relativi a sanzio ni afferenti alla materia del lavoro o della previdenza ed assistenza ob
bligatorie che non rientrino nelle ipotesi per le quali l'art. 35 1. 689/81 ha disposto l'applicabilità del rito del lavoro).
(2) Nella sentenza si fa applicazione dell'art. 6 d.p.r. 15 maggio 1960 n. 570 nel testo previgente rispetto a quello risultante a seguito dell'in
tervento di Corte cost. 31 ottobre 2000, n. 450, Foro it., 2001, I, 789, con nota di richiami, che ha dichiarato incostituzionale la disposizione nella parte in cui stabiliva che chi avesse ascendenti o discendenti, ov
vero parenti o affini fino al secondo grado, che rivestissero la qualità di
appaltatore di lavori o servizi comunali non potesse essere nominato
sindaco, anziché prevedere che chi si trovasse in detta situazione non
potesse ricoprire la carica di sindaco. La pronuncia è stata estesa, in via
consequenziale, anche all'art. 61, n. 2, d.leg. 18 agosto 2000 n. 267, nel
quale l'art. 6 d.p.r. 570/60 era stato trasfuso. In ordine alle cause di incompatibilità e di ineleggibilità alla carica di
sindaco, v. Cass. 28 dicembre 2000, nn. 16205 e 16203, 15 giugno 2000, n. 8178, e 7 giugno 2000, n. 7768, ibid., 1601, con nota di ri
chiami e osservazioni di Passaglia. Con riguardo alle fattispecie di ine
leggibilità, v., altresì, Cass. 25 gennaio 2001, n. 1073, in questo fa
scicolo, I, 2894.
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