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sezioni unite civili; sentenza 13 gennaio 2006, n. 486; Pres. Nicastro, Est. Falcone, P.M. Palmieri(concl. conf.); Porfilio (Avv. Porfilio) c. Consiglio dell'ordine degli avvocati di Trani e altro.Conferma Cons. naz. forense 22 marzo 2005Source: Il Foro Italiano, Vol. 129, No. 5 (MAGGIO 2006), pp. 1421/1422-1423/1424Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23203229 .
Accessed: 25/06/2014 03:17
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 13
gennaio 2006, n. 486; Pres. Nicastro, Est. Falcone, P.M.
Palmieri (conci, conf.); Porfilio (Avv. Porfilio) c. Consiglio dell'ordine degli avvocati di Trani e altro. Conferma Cons,
naz. forense 22 marzo 2005.
Avvocato — Deontologia — Carta intestata — Indicazione
delle funzioni di giudice onorario — Illecito disciplinare (R.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578, ordinamento della profes sione di avvocato, art. 38, 40; 1. 22 gennaio 1934 n. 36, con
versione in legge, con modificazioni, del r.d.l. 27 novembre
1933 n. 1578, art. 47).
Pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante
l'avvocato che inserisce nella carta intestata, utilizzata nel
l'esercizio dell'attività professionale, il titolo di «giudice onorario di tribunale». ( 1)
Svolgimento del processo. — L'avv. Mariarosa Porfilio è
stata sottoposta a procedimento disciplinare dal Consiglio del
l'ordine degli avvocati di Trani per avere inserito nella carta
stampata, utilizzata nell'esercizio dell'attività professionale, il
titolo di «Giudice onorario del Tribunale di Brindisi».
11 consiglio ha inflitto la sanzione della censura e la decisione
è stata confermata dal Consiglio nazionale forense, che ha rite
nuto che «l'indicazione di svolgere funzioni di giudice onorario
non rientra nelle informazioni che è consentito dare dall'avvo
cato ai sensi del 1° e del 2° comma dell'art. 17 del codice
deontologico forense», e che «la funzione di magistrato onora
ti) Non constano precedenti specifici in termini. Con la riportata de
cisione viene sanzionato il comportamento dell'avvocato che inserisce
nella carta intestata il titolo di «giudice onorario», perché l'indicazione
di svolgere funzioni di giudice onorario non rientra nelle informazioni
che è consentito dare dall'avvocato ai sensi del 1° e 2° comma dell'art.
17 del codice deontologico forense. Anche la nuova disciplina della pubblicità prevista negli art. 17, 17
bis e 18 del codice deontologico forense — deliberata dal Consiglio na
zionale forense il 27 gennaio 2006 — sanziona come illecito deontolo
gico tutte quelle informazioni (come quelle di cui alla riportata senten
za) non attinenti all'attività professionale; il 1° comma dell'art. 17 bis
del codice deontologico prevede che «l'avvocato può dare informazioni
sulla propria attività professionale», e non può certo essere considerato
conferente con l'attività professionale il titolo di «giudice onorario», atteso che la funzione di magistrato onorario è estranea all'esercizio
della professione forense, ed è disciplinata dall'ordinamento giudiziario e non dall'ordinamento forense (l'avvocato chiamato a svolgere fun
zioni di giudice onorario, è comunque soggetto, oltre che all'obbligo di
rispettare ì doveri nascenti da tali funzioni, anche all'osservanza delle
regole di deontologia della professione forense: Cass. 10 giugno 2003,
n. 9216, Foro it., Rep. 2004, voce Avvocato, n. 149).
Quanto ai contenuti dell'informazione consentita all'avvocato, la
nuova formulazione dell'art. 17 bis del codice deontologico, elenca mi
nuziosamente le «notizie» che l'avvocato può riportare sulla carta da
lettera, i biglietti da visita e le brochures informative, tutte notizie, pe raltro attinenti all'esercizio della professione. Rilevante, peraltro, è la
innovazione introdotta nell'art. 21, III, che consente di utilizzare il ti
tolo di professore solo al docente universitario di materie giuridiche e
non anche ai docenti in materie giuridiche di scuola media superiore. In ordine alla problematica relativa al c.d. elemento soggettivo del
l'illecito deontologico, nel senso che per l'illecito disciplinare è suffi
ciente accertare la mera volontarietà della condotta, a nulla rilevando
l'elemento soggettivo, colpa o dolo, Cass. 10 gennaio 2006, n. 134, id.,
2006, 1.419. Nel senso che la violazione del dovere di informazione, discendente
dai primari doveri di correttezza e lealtà, nonché dal dovere di colle
ganza, costituisce illecito disciplinare, cfr. Cass. 17 aprile 2003, n.
6188, id.. Rep. 2004, voce cit., n. 144.
In materia disciplinare occorre evidenziare che la sentenza del Con
siglio nazionale forense, che applica una sanzione disciplinare, è ese
cutiva dal giorno successivo a quello della sua notifica all'incolpato e
non dalla notifica di un posteriore provvedimento del consiglio dell'or
dine: Cass. 6 giugno 2003, n. 9075, ibid., n. 148.
In dottrina, R. Danovi, Corso di ordinamento forense e deontologia,
Milano, 2003, 292; C. Martuccelli, No alla pubblicità, sì alla infor
mazione - Approvate alcune modifiche deontologiche, in Prev. forense,
2003, 23; D. Bordone, Le modifiche all'art. 17 del codice deontologico
forense: casistica disciplinare e interventi normativi in una prospettiva
sociologico-giuridica, in Ciberspazio e dir., 2003, 233; Cassano
Nisatti, Deontologia forense: l'evoluzione dell'art. 17 dei codice
deontologico in tema di pubblicità dell'esercizio professionale, in
Giur. it., 2004, 2317. [L. Carbone]
Il Foro Italiano — 2006.
rio è estranea all'esercizio della professione di avvocato ed è di
sciplinata dall'ordinamento giudiziario e non dall'ordinamento
forense».
Avverso questa decisione ha proposto ricorso l'avv. Porfilio.
Il consiglio dell'ordine non ha svolto attività difensive in questa sede.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo la ricorrente
ha dedotto violazione di legge e/o falsa applicazione di norme di
diritto in riferimento agli art. 3 e 17 del codice deontologico fo
rense sul presupposto che è errato sostenere che le funzioni di
giudice onorario sono estranee alla professione di avvocato, sia
perché l'esercizio di questa professione è titolo di preferenza
per la nomina dei magistrati onorari, e sia perché al magistrato onorario è riservato un trattamento economico soggetto a fattu
razione, essendo nella funzione prevalente la componente pro fessionale dell'avvocato. Ha aggiunto che l'informazione per cui è causa non è tra quelle vietate e che essa non può essere ri
tenuta illecita per il solo fatto di non essere prevista tra quelle consentite. Ha evidenziato la mancanza nella decisione impu
gnata di un'indagine intesa a stabilire l'esistenza dell'elemento
soggettivo. Ritiene la corte che la censura è infondata.
La norma che occorre esaminare è quella contenuta nell'art.
17, II, lett. A, del codice deontologico che è del seguente tenore:
«Sono consentiti e possono essere indicati i seguenti dati: — i dati personali necessari (nomi, indirizzi, anche web, nu
meri di telefono e fax e indirizzi di posta elettronica, dati di na
scita e di formazione del professionista, fotografie, lingue cono
sciute, articoli e libri pubblicati, attività didattica, onorificenze,
e quant'altro relativo alla persona, limitatamente a ciò che attie
ne all'attività professionale esercitata)».
La lettera della norma induce a ritenere che la qualità di giu dice onorario di un tribunale non è sicuramente una qualità della
persona che attiene all'attività professionale di avvocato eser
citata.
L'attività dell'avvocato è disciplinata dal r.d.l. 27 novembre
1933 n. 1578 e si distingue ontologicamente da quella del giudi ce onorario, che è disciplinata dagli art. 42 septies ss. r.d. 30
gennaio 1941 n. 12, contenente l'ordinamento giudiziario. L'art. 42 septies cit. significativamente stabilisce che «Il giu
dice onorario di tribunale è tenuto all'osservanza dei doveri
previsti per i magistrati ordinari, in quanto compatibili», mentre
l'art. 42 quater, 2° comma, del decreto sancisce l'incompatibi lità tra l'attività di giudice onorario e quella di avvocato nel
l'ambito del circondario nel quale si svolge il ruolo di giudice onorario. Queste norme dimostrano, se ve ne fosse bisogno, che
le due attività sono profondamente diverse tra loro tanto da es
sere incompatibili in uno stesso ambito territoriale. La conclu
sione, allora, deve essere nel senso che l'informazione che l'av
vocato dà in ordine all'attività di giudice onorario non attiene
alla professione di avvocato, ma attiene alla qualità di giudice
onorario, e cioè di un organo che — sia pure temporaneamente —
appartiene alla giurisdizione. La ratio della norma deontologica qui esaminata, la cui lette
ra fornisce già una risposta esaustiva, conferma che alla base del
principio che legittima soltanto le informazioni che attengono alla professione di avvocato c'è la giusta preoccupazione che
notizie di altro genere possano alterare i limiti di una concor
renza che deve svolgersi secondo regole molto precise, poste a
garanzia della par condicio. Un'informazione che esplicita per
quel soggetto lo svolgimento di un'attività di giudice, pur se
onorario, indicando un'appartenenza ad un ordine che ha un
ruolo e compiti istituzionali, sicuramente diversi rispetto a
quelli che svolge l'avvocatura, aggiunge oggettivamente, nella
posizione di chi comunica quell'informazione, un elemento in
più idoneo a violare in astratto quella par condicio.
Anche la censura relativa alla pretesa mancata indagine in or
dine all'elemento psicologico non è fondata poiché il Consiglio
nazionale forense ha esaminato questo profilo ed ha formulato
una valutazione di fatto, congruamente motivata, e quindi non
censurabile in sede di legittimità. Con il secondo motivo la ricorrente ha dedotto «nullità della
sentenza ex art. 161, 2° comma, c.p.c. per violazione dell'art.
132, 2° comma, sub n. 5, in combinato disposto con l'art. 64 r.d.
37/34» perché la decisione a lei notificata è siglata nei primi tre
fogli, mentre al quarto foglio non vi è né alcuna sigla, né la fir
ma di segretario e presidente, bensì solo l'indicazione delle fir
me («f.to»).
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1423 PARTE PRIMA
Ritiene la corte che la censura è infondata poiché nell'ultima
pagina della sentenza c'è l'attestazione di conformità della co
pia all'originale da parte del consigliere segretario, e poiché
quella pagina viene data per firmata sia da parte del presidente avv. Fiero Alpa e sia da parte del segretario avv. Ubaldo Perfet
ti. E questo è sufficiente per ritenere che l'originale della deci
sione è stato firmato.
Con il terzo motivo l'avv. Porfilio ha denunciato eccesso di
potere e/o omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione
circa un punto decisivo della controversia in quanto il Consiglio nazionale forense non ha preso in esame tutti i rilievi mossi ne
gli scritti difensivi. Questa censura, per la sua estrema genericità, contrasta con i!
principio di autosufficienza del ricorso ed è quindi inammissi bile.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 23 dicembre 2005, n. 28508; Pres. Carbone, Est. Vitrone, P.M. Iannelli (conci, conf.); Catra (Avv. Vespaziani) c. Min. giu stizia (Avv. dello Stato Palatiello). Conferma App. Trento, decr. 15 giugno 2002 e rimette gli atti a sezione semplice.
Diritti politici e civili — Diritto alla ragionevole durata del processo — Equa riparazione —
Spese sostenute presso la Corte europea dei diritti dell'uomo — Rimborsabilità —
Esclusione (Cod. proc. civ., art. 90, 91; 1. 4 agosto 1955 n.
848, ratifica ed esecuzione della convenzione per la salva
guardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, fir mata a Roma il 4 novembre 1950 e del protocollo addizionale alla convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952:
convenzione, art. 6, 35; 1. 24 marzo 2001 n. 89, previsione di
equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'art. 375 c.p.c.).
Non sussiste il diritto al rimborso delle spese sostenute per il ri corso inizialmente presentato alla Corte europea dei diritti
dell'uomo, divenuto in seguito irricevibile per effetto della
sopravvenuta introduzione di un mezzo di tutela dinanzi al
giudice nazionale per il risarcimento dei danni da irragione vole durata del processo. ( 1 )
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 23 dicembre 2005, n. 28507; Pres. Carbone, Est. Vitrone, P.M.
(1) La decisione in epigrafe (unitamente alla decisione «gemella» resa, nella stessa camera di consiglio e ad opera dello stesso estensore, da Cass., sez. un., 23 dicembre 2005, n. 28515, inedita) conferma l'in dirizzo già adottato dalle sezioni semplici: ravvisando una netta solu zione di continuità tra giudizio innanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo e giudizi innanzi al giudice nazionale, nonché escludendo la
configurabilità delle spese processuali in termini di danno suscettibile di riparazione ex lege 89/01, nega che le spese di giustizia sostenute nel preventivo ricorso alla Corte europea dei diritti dell'uomo possano formare oggetto di rimborso.
In precedenza, nello stesso senso, cfr. Cass. 9 gennaio 2004, n. 123, Foro it., Rep. 2004, voce Diritti politici e civili, n. 283; 17 aprile 2003, n. 6163, id.. Rep. 2003, voce cit., n. 198; 3 gennaio 2003, n. 4, ibid., n. 263; 20 dicembre 2002, n. 18139, id.. Rep. 2002, voce cit., n. 223.
Mutatis mutandis, deve parimenti escludersi che nell'indennizzo ex lege 89/01 possano ricondursi le spese sopportate nel giudizio presup posto, la cui durata è stata stimata come irragionevole: cfr. Cass. 16 febbraio 2005, n. 3318, id., Mass., 210; 5 agosto 2004, n. 15106, id.. Rep. 2004, voce cit., n. 288; 17 aprile 2003, n. 6163, cit.
Il Foro Italiano — 2006.
Iannelli (conci, conf.); Centurione (Avv. Giacomini) c. Pres.
cons, ministri (Avv. dello Stato Palatiello). Cassa App. Ge
nova, decr. 17 luglio 2002.
Diritti politici e civili — Diritto alla ragionevole durata del processo — Equa riparazione —
Disciplina — Retroattivi
tà — Fattispecie (Cost., art. 2; 1. 4 agosto 1955 n. 848: con
venzione, art. 1, 6, 13, 34, 35; 1. 24 marzo 2001 n. 89, art. 2,
6). Diritti politici e civili — Diritto alla ragionevole durata del
processo — Equa riparazione — Giudizio amministrativo
— Presentazione dell'istanza di prelievo — Irrilevanza
{Cod. civ., art. 1227, 2056; r.d. 17 agosto 1907 n. 642, rego lamento per la procedura dinanzi alle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, art. 51; 1. 21 luglio 2000 n. 205, dispo sizioni in materia di giustizia amministrativa; 1. 24 marzo
2001 n. 89, art. 2).
Sussiste il diritto all'equa riparazione per l'irragionevole du
rata di un processo nel periodo anteriore ali 'entrata in vigo re della I. 89/01 (nella specie, la Suprema corte ha conse
guentemente affermato la fondatezza della domanda formu lata dagli eredi della parte, in considerazione dell'esistenza e
trasmissibilità del diritto). (2) La valutazione della ragionevole durata del processo davanti al
(2) Viene così composto il contrasto di giurisprudenza circa la por tata ricognitiva o costitutiva delle norme della 1. 89/01, che disciplinano il diritto all'indennizzo in attuazione dell'art. 6 della convenzione eu
ropea dei diritti dell'uomo. Secondo l'indirizzo precedente, ora sconfessato, sarebbe da preferire
l'opinione restrittiva e ritenere insussistente il diritto all'equa ripara zione per il ritardo processuale maturato anteriormente all'entrata in
vigore della c.d. legge Pinto, e ciò anche in considerazione della portata costitutiva e dell'irretroattività della relativa disciplina: cfr. Cass. 6 ot tobre 2005, n. 19445. Foro it.. Mass., 1332, che sottolinea la mancanza di una norma della 1. 89/01 che ne preveda espressamente l'applicazio ne alle situazioni esaurite, salvo il disposto dell'art. 6 1. cit. per i ricorsi
già pendenti alla Corte europea dei diritti dell'uomo; 4 aprile 2003, n. 5264, id.. Rep. 2003, voce Diritti politici e civili, n. 156, secondo cui «il diritto all'equa riparazione per violazione del termine ragionevole del processo, introdotto dalla 1. 24 marzo 2001 n. 89 con efficacia non retroattiva (salvo il limite risultante dalla norma di diritto intertempo rale di cui all'art. 6 ed alle condizioni ivi previste), non può essere ac
quisito da persona che, al momento dell'entrata in vigore di detta legge, non era più in vita, giacché con la morte viene meno la soggettività giu ridica e, di conseguenza, la capacità di assumere la titolarità di situa zioni giuridiche; in tal caso, pertanto, il diritto all'indennizzo neppure può essere preteso dall'erede del defunto, non essendo trasmissibile al 1 erede ciò che non è esistente nel patrimonio del de cuius al momento del decesso»; nello stesso senso, cfr. Cass. 14 gennaio 2003, n. 360, id..
Rep. 2004, voce cit.. n. 187; 11 dicembre 2002, n. 17650, ibid., n. 186; il carattere irretroattivo della 1. 89/01 è stato affermato anche Cass. 30 settembre 2004, n. 19622, ibid., n. 299, sia pure con qualche distinguo, nel senso che «in tema di equa riparazione per superamento del termine di durata ragionevole del processo, la 1. 24 marzo 2001 n. 89, mancan do una norma che espressamente preveda la sua applicabilità anche alle situazioni esaurite, è irretroattiva, salvo il lìmite risultante dalla norma di diritto intertemporale di cui all'art. 6 citata legge (la quale, onde fa vorire la riduzione della pendenza dei ricorsi dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo, estende l'applicazione della legge medesima alle sole situazioni esaurite per le quali, alla data di entrata in vigore di que st'ultima, fosse stato promosso, ma non ancora dichiarato ricevibile, il giudizio dinanzi alla corte europea): poiché per situazione esaurita al momento dell'entrata in vigore della 1. n. 89 del 2001 deve intendersi
quella in cui si sia avuto il passaggio in giudicato della sentenza (o, comunque, la definitività della decisione) conclusiva del processo con
tempi che si assumono irragionevoli, per le fattispecie nei cui riguardi, alla data di entrata in vigore della citata legge, non sia ancora interve nuta la conclusione del processo, e come tali non esaurite, il diritto alla durata ragionevole del processo trova piena tutela indennitaria ai sensi della 1. n. 89 del 2001, e il quantum dell'indennizzo medesimo deve es sere ragguagliato all'intera durata della violazione del termine di durata ragionevole del processo, anche per il periodo precedente all'entrata in
vigore della citata legge». Per superare questo orientamento, la motivazione della decisione in
rassegna dà rilievo determinante ai principi affermati nei precedenti ar resti delle stesse sezioni unite, richiamando in proposito le decisioni re se da Cass., sez. un., 26 gennaio 2004, n. 1341, inedita; 26 gennaio 2004, n. 1340, id., 2004, 1, 693, con nota di richiami; 26 gennaio 2004, n. 1339, id.. Rep. 2004, voce cit., n. 268; in argomento, cfr. anche Cass., sez. un., 26 gennaio 2004, n. 1338, id., 2004, I, 693, con nota di richiami.
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