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sezioni unite civili; sentenza 13 maggio 1993, n. 5429; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Carbone,...

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sezioni unite civili; sentenza 13 maggio 1993, n. 5429; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Carbone, P.M. Aloisi (concl. diff.); Min. tesoro c. Calogero (Avv. V. Rossi). Conferma Corte conti 22 maggio 1991, n. 65521 Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 12 (DICEMBRE 1993), pp. 3279/3280-3283/3284 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23188574 . Accessed: 28/06/2014 14:03 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.11 on Sat, 28 Jun 2014 14:03:27 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezioni unite civili; sentenza 13 maggio 1993, n. 5429; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Carbone, P.M. Aloisi (concl. diff.); Min. tesoro c. Calogero (Avv. V. Rossi). Conferma Corte

sezioni unite civili; sentenza 13 maggio 1993, n. 5429; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Carbone,P.M. Aloisi (concl. diff.); Min. tesoro c. Calogero (Avv. V. Rossi). Conferma Corte conti 22maggio 1991, n. 65521Source: Il Foro Italiano, Vol. 116, No. 12 (DICEMBRE 1993), pp. 3279/3280-3283/3284Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23188574 .

Accessed: 28/06/2014 14:03

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3279 PARTE PRIMA 3280

Svolgimento del processo. — Con sentenza 11 luglio 1986, n. 1733, la Corte d'appello di Milano dichiarava improponibile la impugnazione avanzata dal dott. Ezio Rivolta nella sua qua lità di socio accomandatario della s.a.s. immob. Marmarole di

Rivolta Ezio e c. avverso la decisione 3 maggio 1983 della Com

missione tributaria di secondo grado di Milano.

La corte rilevava che la predetta impugnazione risultava tar

diva per un duplice ordine di motivi: cioè, in primo luogo, per essere stata proposta oltre novanta giorni dopo la scadenza del

termine di sessanta giorni stabilito per il ricorso alla Commis

sione tributaria centrale, termine decorrente dalla data di comu

nicazione del dispositivo, avvenuta presso la segreteria della com

missione (non essendo stato reperito il contribuente nell'ultima

sede indicata negli atti di causa). Inoltre, a giudizio della corte

di merito, la impugnazione risultava tardiva, anche ai sensi del

1° comma dell'art. 327 c.p.c., per esser stata proposta dopo la scadenza del termine annuale dal deposito della decisione.

Il contribuente ricorreva per cassazione deducendo due moti

vi; resiste l'amministrazione con controricorso.

Motivi della decisione. — La sentenza impugnata si regge su

un duplice ordine di argomentazioni alternative, per cui appare

sufficiente verificare se una di esse sia fondata: e questa corte

ritiene opportuno considerare preliminarmente se debba esser

condiviso il profilo della motivazione della corte di Milano in

centrato sull'art. 327 c.p.c.

Giova, in proposito, ricordare che le sezioni unite di questa

corte con sentenza 10 gennaio 1992, n. 202, (Foro it., Rep. 1992,

voce Tributi in genere, n. 1121) hanno sconfessato l'orienta

mento espresso nella decisione della prima sezione civile 29 ot

tobre 1990, n. 10456 (id., 1990, I, 3409) ed hanno affermato

che il 1° comma dell'art. 327 c.p.c. enuncia un principio di

carattere generale applicabile in tutto l'ordinamento processua

le: perciò, anche le sentenze delle commissioni tributarie di pri mo e secondo grado non possono più essere impugnate ove sia

decorso un anno dalla loro pubblicazione (che si perfeziona con

il deposito della sentenza senza che occorra la comunicazione

dell'avviso di cancelleria di cui al 2° comma dell'art. 133 c.p.c.). Ed a questo insegnamento delle sezioni unite il collegio ritiene

di uniformarsi. Il contribuente sostiene, peraltro, che l'inutile

decorso del termine di cui all'art. 327 c.p.c. avrebbe solo deter

minato la improponibilità di una eventuale impugnazione alla

Commissione tributaria centrale, mentre per il ricorso alla corte

d'appello egli avrebbe avuto a disposizione, in base all'art. 40

d.p.r. 636/72, altri novanta giorni. Ed a sostegno di questa tesi

è possibile invocare un passo, che costituisce peraltro un obiter

dictum, della già citata sentenza 202/92 delle sezioni unite. Il

collegio non ritiene però di condividere siffatta opinione.

L'applicazione in ogni ambito dell'ordinamento, e perciò an

che nel processo tributario, dell'art. 327 c.p.c. costituisce infatti

riconoscimento del carattere generale di tale norma, che prevale su tutti i meccanismi, previsti nei differenti settori, e che posso no far si che una sentenza acquisisca il carattere di definitività

in un termine superiore all'anno dal deposito.

Sempre sull'art. 72, v. la recente nota aw. gen. Stato 7 aprile 1993, n. 6771, ibid., 8428, la quale, sulla base di premesse di dubbia esattez

za, afferma che l'inapplicabilità dell'art. 327 «ha una portata funziona le all'esigenza transitoria del passaggio dal vecchio al nuovo rito», si

che «è da escludere una valenza generale della disposizione» (quanto poco l'avvocatura erariale creda a tale tesi è attestato dalla disponibili tà, manifestata in chiusura della nota, di abbandonarla qualora il mini

stero delle finanze andasse di contrario avviso). Sulla questione in oggetto dovrà pronunciarsi la Corte costituzionale,

cui Comm. trib. centrale, ord. 1° luglio 1993, n. 2216, cit., ha rimesso la questione di legittimità costituzionale dell'art. 72 d. leg. n. 546, in riferimento all'art. 76 Cost., sul rilievo che tale norma sarebbe stata emanata al di fuori della delega concessa al governo con l'art. 30 1. 30 dicembre 1991 n. 413.

A seguito delle modifiche apportate con il d.l. 30 agosto 1993 n.

331, Le leggi, 1993, I, 2169, convertito nella 1. 29 ottobre 1993 n. 427, ibid., 2783, il testo dell'art. 72 d. leg. 546/92 è ora il seguente: «Se alla data indicata al 1° comma pendono termini per la proposizione di ricorsi secondo le norme vigenti, detti ricorsi sono proposti alle com missioni provinciali o regionali competenti entro i termini previsti dal

presente decreto, che decorrono dalla suddetta data, ferma restando

per i termini d'impugnazione delle decisioni delle commissioni tributa rie di primo e di secondo grado e, in ogni caso, per le controversie

pendenti l'inapplicabilità dell'art. 327, 1° comma, c.p.c.».

Il Foro Italiano — 1993.

Sarebbe perciò incongruo, dopo aver applicato l'art. 327 c.p.c. in ordine alle impugnazioni alla Commissione tributaria centra

le, consentire, scaduto il termine annuale (prorogato in base

alla legge sulla sospensione feriale), la presentazione del ricorso

alla corte d'appello. Non vi è infatti motivo per ritenere che

l'art. 327 c.p.c. costituisca un limite all'art. 22 d.p.r. 636/72

e non anche all'art. 40 del medesimo d.p.r.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 13 mag

gio 1993, n. 5429; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Car

bone, P.M. Aloisi (conci, diff.); Min. tesoro c. Calogero (Aw.

V. Rossi). Conferma Corte conti 22 maggio 1991, n. 65521.

Matrimonio — Divorzio — Pensione di reversibilità — Assenza

di un coniuge superstite — Attribuzione — Controversie —

Giurisdizione — Corte dei conti (L. 1° dicembre 1970 n. 898,

disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio, art. 9; 1. 1° agosto 1978 n. 436, norme integrative della 1.1° dicembre

1970 n. 898, art. 2; 1. 6 marzo 1987 n. 74, nuove norme sulla

disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio, art. 13).

L'art. 9 l. 898/70, come novellato ai sensi dell'art. 13 l. 74/87,

immediatamente applicabile — quale ius superveniens — ai

rapporti ancora in corso, anche se la morte dell'ex coniuge

sia anteriore all'entrata in vigore della nuova disciplina, poi

ché riconosce al divorziato, in assenza di un coniuge supersti

te, la titolarità di un vero e proprio diritto alla pensione di

reversibilità, sottrae alla giurisdizione ordinaria la competen

za in merito alle relative controversie, devolvendola a quella

della Corte dei conti, ove si tratti di pensione a carico dello

Stato. (1)

(1) I. - Con questa decisione le sezioni unite tentano di far luce sulla

persistentemente controversa (invero, in giurisprudenza più che in dot

trina) questione della realizzazione della pretesa del divorziato alla pen sione di reversibilità, con particolare riferimento all'ipotesi di assenza

di un coniuge superstite (art. 9, 2° comma, 1. div.). Questione che inve

ste, da una parte, la necessità o meno di un provvedimento giudiziale, ai fini dell'attribuzione pensionistica al divorziato; dall'altra, l'indivi

duazione dell'autorità giurisdizionalmente competente a giudicare le con

troversie eventualmente insorgenti in materia. Nonostante sia affermazione sostanzialmente pacifica quella secondo

cui la nuova disciplina (introdotta con l'art. 13 1. 6 marzo 1987 n. 74, sostitutivo dell'art. 9 1. 1° dicembre 1970 n. 898, quale già novellato

dall'art. 2 1. 1° agosto 1978 n. 436) avrebbe «attribuito al coniuge di

vorziato un diritto ormai chiaramente di natura previdenziale (la pen sione di reversibilità o una quota di questa)» (cosi Cass., sez. un., 25

maggio 1991, n. 5939, Foro it., 1992, 1, 1513), solo parte della giuris prudenza ha ritenuto a ciò conseguire, nel caso di assenza di un coniuge

superstite (anche in dipendenza della formulazione dell'art. 9, 2° com

ma, che sancisce, in tale ipotesi, a favore del divorziato, ii «diritto . . .

alla pensione di reversibilità»), che «la nuova legge non richiede più l'intervento del giudice (tanto che ormai la domanda di pensione di

reversibilità dell'ex coniuge divorziato potrà essere proposta direttamente

in sede amministrativa)» (Cass., sez. un., 25 maggio 1991, n. 5939, cit.), essendo ormai riservata (data l'«esclusione di . . . necessaria pro nuncia giudiziale» attributiva) «al giudice in funzione di giudice de!

lavoro e della previdenza ... la competenza a dirimere eventuali con

troversie ... per la determinazione dell'art e del quantum della pensio ne di reversibilità» (Cass. 12 gennaio 1988, n. 146, id., 1988, I, 3517, con riferimento ad una pensione erogata dall'Inps).

Un consistente indirizzo giurisprudenziale, infatti, ha sostenuto che, anche nella fattispecie dell'art. 9, 2° comma, 1. div., nonostante l'inter

venuta modificazione legislativa, continui a spettare al tribunale ordina rio la competenza ad operare l'attribuzione pensionistica al divorziato

(Cass. 28 agosto 1990, n. 8916, id., Rep. 1990, voce Matrimonio, n. 242 e 11 novembre 1991, n. 12029, id.. Rep. 1991, voce cit., n. 228), con conseguente rigetto di qualsiasi «competenza del pretore in funzio ne di giudice del lavoro» (Cass. 27 gennaio 1992, n. 865, id., 1992, I, 1389).

Anche al di là dell'accennato argomento testuale ricavabile dall'art.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Il Tribunale di Catanzaro, con sentenza del 10 giugno 1971, dichiarò la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra Lucia Calogero e Domenico Nicotera,

disponendo in favore della Calogero ed a carico del Nicotera un assegno mensile di lire 40.000. Nel dicembre dello stesso 1971 il Nicotera contrasse nuove nozze con Liberata Todaro. A se

guito della morte del Nicotera, avvenuta nel 1983, l'ammini

strazione del tesoro liquidò per intero alla vedova Todaro la

pensione di reversibilità. La Calogero, coniuge superstite divor

ziato chiese ed ottenne dal Tribunale di Catanzaro, con provve dimento del 27 gennaio 1984, l'attribuzione di una quota, pari ad un terzo, del trattamento pensionistico spettante al coniuge superstite. Deceduta la seconda moglie nel 1986, la Calogero, con istanza del 26 maggio 1987, in virtù della sopravvenuta nor

mativa del 6 marzo 1987 n. 74, chiese il conferimento non più del solo terzo, ma dell'intera pensione di reversibilità, compren siva dell'indennità integrativa speciale. L'istanza fu respinta dal

l'amministrazione del tesoro che riliquidò l'assegno di reversibi lità pari al terzo del trattamento pensionistico spettante alla vedova.

Avverso questo provvedimento, l'interessata propose ricorso alla Corte dei conti che, con sentenza del 17 marzo 1990, da

9, 2° comma, a favore della prima delle ricordate impostazioni militano decisive ragioni di carattere sistematico, riconducibili, in particolare, al venir meno di qualsiasi discrezionalità in relazione all'attribuzione in questione (e v., al riguardo, i rilievi svolti, pure con riferimento all'e voluzione dell'ordinamento in materia, in Quadri, Il diritto del divor ziato alla pensione di reversibilità e la sua controversa realizzazione, id., 1992, I, 1389 ss. e, già, Crisi coniugale e aspettative pensionistiche: vecchi problemi e nuove soluzioni, id., 1988, I, 3525 ss., nonché La nuova legge sul divorzio , Napoli, 1987, I, spec. 247 ss.).

A ragione, allora, la decisione in epigrafe conclude, una volta ritenu ta sufficiente, nell'ipotesi di assenza di coniuge superstite, l'«istanza dell'avente diritto all'ente erogatore del trattamento pensionistico», nel senso del superamento di qualsiasi competenza del tribunale ordinario, ritenendo, ormai, demandata ogni controversia eventualmente insorgente in proposito alla giurisdizione degli organi giurisdizionali istituzional mente competenti in materia previdenziale (da individuare, evidente mente, a seconda del tipo di trattamento pensionistico, nella Corte dei conti o nel giudice del lavoro).

Conclusioni, queste, sostanzialmente coincidenti, del resto, con quel le della quasi unanime dottrina. E v., infatti, oltre agli scritti dianzi citati: M. Finocchiaro, in A. e M. Finocchiaro, Diritto di famiglia, Milano, 1988, III, 601 e 627; Barchi, in AA.VV., Commentario alla

riforma del divorzio, Milano, 1987, 123 s.; Dogliotti, Separazione e divorzio, Torino, 1988, 205; De Paola, Il diritto patrimoniale della

famiglia coniugale, Milano, 1991, I, 382 s.; Ceccherini, Crisi della

famiglia e rapporti patrimoniali, Milano, 1991, 258. Contra, peraltro, Catalano, Divorzio e pensione di reversibilità secondo la l. 6 marzo 1987 n. 74, in Corriere giur., 1991, 884.

II. - Quasi ad attestare la difficoltà, di fronte ad un testo normativo i cui difetti sono fin troppo evidenti e noti (e v., con particolare riferi mento alle conseguenze dell'andamento dell'/ter parlamentare della ri

forma, quanto osservato in Quadri, La nuova legge, cit., 193 ss.), del la ricerca, a livello interpretativo, di un (se pure non soddisfacente) perlomeno stabile assetto di una problematica cosi delicata (data la na tura esistenziale degli interessi coinvolti), la decisione in rassegna finisce col riaprire la discussione relativa alla delimitazione temporale dell'ap plicabilità della nuova disciplina introdotta con la legge di riforma del divorzio del 1987. E ciò, invero, apparentemente senza rendersene nep pure conto, dato che ritiene la propria posizione in proposito essere

quella «ormai consolidata» in giurisprudenza. È da tenere, al riguardo, infatti, presente che Cass., sez. un., 25 maggio

1991, n. 5939, cit. (alla cui annotazione si rinvia per ulteriori richiami

giurisprudenziali in materia) aveva almeno posto un punto fermo sulla

questione, concludendo nel senso dell'inapplicabilità della nuova disci

plina (e della necessità, quindi, di decidere ancora alla luce di quella

previgente) nelle controversie pendenti, con riguardo «a posizioni del

coniuge divorziato ricollegabili a decessi del coniuge assicurato anterio ri» alla relativa data di entrata in vigore (e v., nello stesso senso, suc

cessivamente, Cass. 27 novembre 1992, n. 12682, id., Rep. 1992, voce

cit., n. 209). La sentenza in epigrafe, invece, richiamando in motivazione unica

mente le sentenze favorevoli (è v., ancora, Cass. 16 aprile 1991, n. 4041,

id., Rep. 1991, voce cit., n. 230) all'opposto indirizzo (inizialmente pre valente, ma poi riuscito, appunto, soccombente), ritiene la nuova disci

plina (con tutte le conseguenze che se ne fanno esattamente discendere in materia di giurisdizione) costituire vius superveniens . . . immediata mente applicabile ai rapporti ancora in corso, anche se la morte dell'al tro coniuge divorziato sia anteriore all'entrata in vigore» di essa. [E. Quadri]

Il Foro Italiano — 1993.

un lato, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione in rela zione alla richiesta di indennità integrativa speciale per il perio do anteriore alla riforma del 1987, dall'altro ha accolto il ricor

so, riconoscendo il diritto della Calogero, quale coniuge divor

ziato, a conseguire l'intera pensione di reversibilità con l'indennità

integrativa speciale, a decorrere dal 12 marzo 1987, data di en trata in vigore della 1. 6 marzo 1987 n. 74.

Secondo la decisione impugnata, per la parte che ancora qui interessa, a seguito della novella dell'art. 9 1. 898/78, mediante

l'art. 13 1. 74/87, l'assegno di mantenimento dell'ex coniuge

superstite si è trasformato automaticamente nel diritto alla pen sione di reversibilità, senza alcun riferimento allo stato di biso

gno del richiedente. Ne consegue che il coniuge superstite che

sia divorziato e che abbia i requisiti per il diritto alla pensione di reversibilità, ove si tratti di pensioni statali, può rivolgersi direttamente alla Corte dei conti, che ha giurisdizione in materia.

Avverso quest'ultima decisione propone ricorso l'amministra zione del tesoro, eccependo il difetto di giurisdizione della Cor te dei conti e la giurisdizione del giudice ordinario. Resiste con controricorso la Calogero.

Motivi della decisione. — Con il proposto ricorso l'ammini

strazione del tesoro, in relazione alla nuove disposizioni intro dotte con la novella del 1987, sostiene che in tema di controver

sie sull'ammontare della pensione di reversibilità spettante al

coniuge divorziato in assenza del coniuge superstite, non sussi

ste la giurisdizione della Corte dei conti, ma quella del giudice ordinario, sia per l'inefficacia dello ius superveniens rispetto a situazioni concretizzatesi prima dell'entrata in vigore della nuo va legge, sia perché la quota di pensione concessa in presenza del coniuge superstite comporta che la fattispecie dev'essere re

golamentata dal 3° e non dal 2° comma dell'art. 9 1. 898/70

con successive modificazioni e quindi rientra nella giurisdizione

dell'a.g.o., sia perché, infine, il provvedimento del tribunale adot

tato nel 1984, che assegnava al coniuge divorziato solo un terzo

della pensione di reversibilità, non può essere modificato o re

vocato o accresciuto neppure a seguito del decesso del coniuge

superstite. La complessa censura non merita di essere condivisa.

L'evoluzione normativa del trattamento riservato al coniuge divorziato, rimasto superstite, in caso di morte dell'altro coniu

ge ed in assenza di un coniuge superstite — o perché il coniuge divorziato obbligato all'assegno non ha contratto nuove nozze o perché anche il nuovo coniuge è deceduto — è stata partico larmente sensibile nell'arco di tempo che va dalla legge istituti

va del divorzio (1° dicembre 1970 n. 898) alla prima riforma

(1. 1° agosto 1978 n. 436) e poi alla senconda riforma che costi

tuisce la vigente disciplina (1- 6 marzo 1987 n. 74).

L'interpretazione dell'art. 9 nella formulazione originaria si

incentrò sulla possibilità di riconoscere o meno una pretesa al

coniuge divorziato nell'ipotesi che l'altro ex coniuge fosse mor

to senza lasciare un coniuge superstite, avendo la disposizione normativa regolato unicamente l'ipotesi di concorso tra il co

niuge divorziato ed il nuovo coniuge sposato in seconde nozze.

Apparve subito evidente l'inaccettabilità di una soluzione formalistico-restrittiva, in base alla quale, solo in tale ipotesi, si dovesse negare, in base alla lettera della legge, ogni pretesa al coniuge divorziato ad una quota di pensione di reversibilità

in presenza di contributi peraltro già riconosciuti.

Il dibattito sollecitò un apposito intervento legislativo che con

l'art. 2 1. n. 436 del 1978 intese riconoscere il diritto dell'ex

coniuge nel caso di morte dell'obbligato alla somministrazione

dell'assegno periodico, anche in mancanza di un coniuge super

stite, sancendo che la pensione o gli altri assegni che sarebbero

spettati a quest'ultimo «possono essere attribuiti dal tribunale»

in tutto o in parte al coniuge divorziato.

Con siffatto intervento normativo il legislatore volle compie re un netto mutamento di indirizzo, abbandonando ogni pro blema di trasmissione o di successione, dopo la morte dell'ex

coniuge, nell'obbligo della corresponsione dell'assegno, optan do per una soluzione del tutto nuova ed autonoma. Con questa nuova disposizione l'ordinamento riconosce al coniuge divor

ziato una pretesa diretta esclusivamente nei confronti dell'ente

previdenziale, attraverso il controllo del giudice ordinario, do

vendo filtrare l'attribuzione della pensione e degli altri assegni attraverso la pronuncia del tribunale.

L'attribuzione della pensione all'ex coniuge divorziato, nell'i

potesi di morte dell'altro ex coniuge ed in assenza di un coniuge

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3283 PARTE PRIMA 3284

superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità crea

va problemi sia sul piano pratico in ordine alla determinazione

del quantum da parte del tribunale, organo diverso dall'ente

previdenziale a ciò istituzionalmente abilitato, sia sotto il profi lo teorico sulla qualificazione giuridica di queste somme attri

buite al coniuge divorziato. Il legislatore del 1987 si mosse ap

punto dall'intento di «semplificare la corresponsione della pen sione di reversibilità a favore del coniuge divorziato», di «superare i condizionamenti negativi discendenti dall'elusivo at

teggiamento dell'amministrazione nonché da un'oscillante giuris

prudenza». Sotto quest'ultimo profilo, l'espressione «il coniuge divorzia

to ha diritto alla pensione di reversibilità» elimina in radice ogni dubbio sulla natura pensionistica dell'attribuzione patrimonia

le, avendo il legislatore del 1987, con l'art. 13 1. n. 74 completa mente novellato il testo dell'art. 9. Dalla nuova disposizione

emerge, infatti che l'ordinamento considera il «coniuge super

stite divorziato», in presenza delle condizioni volute dal 2° com

ma dell'art. 9, come uno dei soggetti legittimati alla pensione di reversibilità. In altri termini, a seguito della novella del 2°

comma dell'art. 9 il legislatore ha voluto attribuire al coniuge

divorziato, che sia superstite, una vera e propria pensione di

reversibilità nel rispetto delle previsioni purché non vi sia altro

coniuge superstite e purché il rapporto da cui trae origine il

trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza di divorzio.

Inoltre l'evoluzione diacronica del tessuto normativo che ha

portato al riconoscimento di un vero e proprio diritto alla pen sione di reversibilità, anche al coniuge divorziato superstite, ha

comportato sostanziali modifiche sul piano della giurisdizione, in quanto per il 2° comma, che disciplina l'ipotesi dell'assenza

del coniuge superstite non divorziato — a differenza della di

versa ipotesi della compresenza di due coniugi superstiti, uno

divorziato e l'altro non, disciplinata dal 3° comma della stessa

norma — cessa ogni competenza giurisdizionale dell'a.g.o. e del

tribunale in particolare ed è sufficiente l'istanza dell'avente di

ritto all'ente erogatore del trattamento pensionistico. Ne conseguen che mentre in base al testo precedente il coniu

ge divorziato era beneficiario di un assegno autonomo con fun

zione analoga a quello di divorzio, devoluto alla giurisdizione del giudice ordinario, a decorrere dall'entrata in vigore della

novella legislativa del 12 marzo 1987 il coniuge divorziato, ri

masto superstite, è titolare di un vero e proprio diritto alla pen sione di reversibilità, demandato alla giurisdizione della Corte

del conti.

La riconosciuta giurisdizione della Corte dei conti, introdotta

con la novella del 1987, quale ius superveniens è immediata

mente applicabile ai rapporti ancora in corso, anche se la morte

dell'altro coniuge divorziato sia anteriore all'entrata in vigore,

purché in presenza dei requisiti previsti dall'ordinamento secon

do una giurisprudenza ormai consolidata (Cass. 11 novembre 1991, n. 12029, Foro it., Rep. 1991, voce Matrimonio, n. 226; 16 aprile 1991, n. 2041, ibid., n. 30; 10 settembre 1990, n. 9309,

id., 1991, I, 800; 22 giugno 1990, n. 6268, id., Rep. 1990, voce

cit., n. 240; 19 gennaio 1990, n. 305, ibid., n. 236), qualora si tratti come nella specie di sopravvivenza del primo coniuge

oggi divorziato (ipotesi di cui al 2° comma dell'art. 9) e non

del concorso tra più coniugi succedutisi nel tempo, espressa mente attribuita al giudice ordinario (ipotesi di cui al 3° comma

della stessa norma). Né vale in contrario eccepire come fa la

resistente amministrazione il giudicato della precedente riparti zione operata dal Tribunale di Catanzaro, trattandosi chiara

mente di sentenze determinative allo stato suscettive di revisione

per espressa previsione normativa.

In conclusione, va dichiarata la giurisdizione della Corte dei

conti a conoscere delle controversie relative al diritto a pensione in favore del coniuge divorziato, unico superstite, previsto dal

2° comma dell'art. 9 come novellato dall'art. 13 1. 74/87 ed

applicabile ai rapporti ancora in corso in presenza dei requisiti richiesti dall'ordinamento.

Il ricorso va pertanto rigettato.

U. Foro Italiano — 1993.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 6 mag

gio 1993, n. 5240; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Fava

ra, P.M. Di Renzo (conci, conf.); Quattrini (Avv. Della

Valle) c. Comune di Morolo (Avv. Pizzutelli). Conferma

App. Roma 17 aprile 1990.

Espropriazione per pubblico interesse — Campo sportivo — Ap

provazione dei progetto — Dichiarazione di pubblica utilità — Successiva occupazione temporanea — Domanda di dichia

razione di illegittimità e di inefficacia — Giurisdizione ammi nistrativa — Estremi (L. 3 gennaio 1978 n. 1, accelerazione

delle procedure per l'esecuzione di opere pubbliche e di im

pianti e costruzioni industriali, art. 1).

Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la cogni

zione della domanda con la quale il proprietario di terreno

destinato alla realizzazione di campo sportivo, a seguito del

l'approvazione del relativo progetto, equivalente, ai sensi del

l'art. 1 I. 3 gennaio 1978 n. 1, a dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, deducendone l'invalidità per mancanza del

lo strumento urbanistico, chiede la dichiarazione di illegitti mità e di inefficacia del decreto prefettizio di occupazione

temporanea del medesimo terreno, emesso nel termine trien

nale previsto dalla stessa legge. (1)

Svolgimento del processo. — Con citazione del 5 giugno 1986

Anna Quattrini conveniva in giudizio davanti al Tribunale di

Frosinone (e poi, a seguito di declaratoria di incompetenza per

territorio di tale giudice, dinanzi al Tribunale di Roma) il co mune di Morolo e il prefetto di Frosinone. Esponeva che con

provvedimento del 6 agosto 1981 la Cassa per il Mezzogiorno aveva approvato il progetto per la costruzione di un campo spor tivo su un terreno di sua proprietà, opera che assumeva caratte

re di pubblica utilità ai sensi dell'art. 135 d.p.r. 6 marzo 1978

n. 218; che successivamente il prefetto di Frosinone, con decreti

del 10 ottobre 1981 e del 7 novembre 1983, aveva autorizzato

il comune di Morolo ad occupare temporaneamente il terreno

in questione. Deduceva che in relazione a tale bene, il Tar La

zio con sentenza n. 92 del 1981 aveva annullato gli atti concer

nenti l'espropriazione del terreno (diversi tuttavia dai decreti

di occupazione) perché emessi in assenza di piano regolatore; che lo strumento urbanistico doveva ritenersi necessario sia ai

fini dell'approvazione del progetto da parte della Casmez sia

ai fini del rilascio delle concessioni edilizie; che inoltre la por zione di terreno occupato ricadeva nella fascia di rispetto cimi

teriale nella quale l'art. 338 t.u. 27 luglio 1934 n. 1265 faceva

(1) Nello stesso senso, in relazione a progetto di realizzazione di par

cheggio, Cass. 17 gennaio 1991, n. 398, Foro it., Rep. 1991, voce Espro priazione per p.i., n. 233, richiamata in motivazione.

Con riguardo al principio, ribadito dalle sezioni unite, che la manca ta prefissione nella dichiarazione di pubblica utilità dei termini per l'ini zio e il completamento dei lavori e per l'espletamento della procedura determina una situazione di carenza di potere della pubblica ammini strazione di fronte alla quale il privato è legittimato ad invocare la tute la della giurisdizione ordinaria, cons., fra le altre, Cass. 23 novembre

1992, n. 12514, id., Rep. 1992, voce cit., n. 238; 17 giugno 1988, n.

4116, ibid., n. 276, richiamata in motivazione; 3 febbraio 1986, n. 650, id., 1986, I, 2543, con nota di richiami; ai quali si può aggiungere, per una disamina dei problemi concernenti la questione anche in corre lazione alle previsioni della 1. n. 1 del 1978, Vignale, L'assetto attuale

dell'espropriazione per pubblica utilità, Napoli, 1991, 65 ss., 88 ss. Per ulteriori riferimenti sempre sul tema della previsione dei termini

testé indicati si possono consultare: a) Tar Abruzzo 26 ottobre 1992, n. 454, Foro it., 1993, III, 422, con nota di richiami, tra i quali Corte cost. 30 marzo 1992, n. 141, id., 1992, I, 2052, secondo cui è illegittimo il decreto di occupazione d'urgenza di area ricompresa in un piano re

golatore per aree e nuclei di sviluppo industriale, che non preveda ter mini di inizio e fine lavori, poiché le disposizioni in materia di fissazio ne dei termini, di cui all'art. 13 1. 25 giugno 1865 n. 2359, sono applica bili per l'attuazione di detti piani, pur se l'occupazione sia intrapresa non per l'esecuzione di lavori direttamente dal consorzio area di svilup po industriale, ma per l'assegnazione a imprenditore privato per la rea lizzazione di impianto industriale; b) Cons. Stato, ad. plen., 26 agosto 1991, n. 6, id., 1992, III, 313, con nota redazionale, secondo cui è

illegittima l'approvazione del progetto di un'opera pubblica da parte del comune, in cui è implicita, ai sensi dell'art. 1 1. 3 gennaio 1978 n. 1, la dichiarazione di pubblica utilità, se non contiene la fissazione dei termini per la procedura espropriativa e per l'inizio ed il completa mento dei lavori, come previsto dall'art. 13 1. 25 giugno 1865 n. 2359, che è espressione di un principio generale.

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