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sezioni unite civili; sentenza 13 marzo 2001, n. 112/SU; Pres. Carnevale, Est. Ravagnani, P.M. Nardi...

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sezioni unite civili; sentenza 13 marzo 2001, n. 112/SU; Pres. Carnevale, Est. Ravagnani, P.M. Nardi (concl. diff.); Soc. F.lli Romano (Avv. Fazzalari) c. Regione Calabria (Avv. Moscarini, Sciumbata). Conferma App. Catanzaro 14 ottobre 1999 Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 1 (GENNAIO 2002), pp. 197/198-211/212 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23197730 . Accessed: 28/06/2014 08:24 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.120 on Sat, 28 Jun 2014 08:24:26 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 13 marzo 2001, n. 112/SU; Pres. Carnevale, Est. Ravagnani, P.M.Nardi (concl. diff.); Soc. F.lli Romano (Avv. Fazzalari) c. Regione Calabria (Avv. Moscarini,Sciumbata). Conferma App. Catanzaro 14 ottobre 1999Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 1 (GENNAIO 2002), pp. 197/198-211/212Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197730 .

Accessed: 28/06/2014 08:24

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

nuto-opposto, quanto in quella di omessa costituzione del mede

simo) non potrebbe mai comportare — alla stregua del nuovo

art. 164 — il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo, sa

rebbe assurdo ammettere che il legislatore abbia inteso mante

nere ferma, sempre e comunque, l'improcedibilità dell'opposi zione ex art. 647 per tardiva costituzione dell'opponente, anche in caso di costituzione del convenuto-opposto che non sollevi, al

riguardo, eccezione alcuna. E che, comunque, un'interpretazio ne siffatta degli art. 165, 645 e 647 c.p.c. comporterebbe un'ir

ragionevole disparità di trattamento rispetto alla disciplina del

l'inosservanza del termine a comparire, con conseguente viola

zione del principio di cui all'art. 3 Cost.

È però agevole escludere le denunciate contraddizioni e la

paventata disparità di trattamento sol che si consideri la diver

sità di ratio dei termini, rispettivamente, di comparizione e di

costituzione, per un verso, e la specialità del rito monitorio, per altro verso.

Vale a dire, quanto al primo aspetto, che mentre il termine di

comparizione è funzionale all'esigenza del corretto dispiega mento del contraddittorio e va quindi calibrato in funzione della

necessità di garantire comunque al convenuto un congruo perio do di tempo per la preparazione delle proprie difese, i termini di

costituzione in giudizio (art. 165, 166 c.p.c.) rispondono, inve

ce, al principio (art. 99) dell'«impulso processuale ad iniziativa

di parte». Al venir meno del quale la legge collega conseguenze di ordine processuale implicanti la preclusione dell'esame del

merito della domanda, anche se con moduli differenziati per il

processo ordinario di cognizione (art. 307, 1° comma, c.p.c.) e

per il giudizio di opposizione (art. 647 c.p.c.). Con riguardo al quale ultimo il regime, in particolare, più ri

goroso, dell'improcedibilità dell'opposizione (per inosservanza

del termine di costituzione equivalente a una inosservanza: cfr.

sent. 6304/99, id., Rep. 1999, voce cit., n. 54) e del passaggio in

giudicato del decreto a prescindere dall'atteggiamento della

controparte (cfr. sent. 849/00, id., Rep. 2000, voce cit., n. 42, da

ultimo) è giustificato dalla particolare natura lato sensu impu

gnatoria del giudizio di opposizione, caratterizzato dalla previ sione, a carico dell'opponente, dell'onere di coltivare senza re

more il processo per evitare la declaratoria di esecutorietà del

decreto (v. pure sent. 9684/92, id.. Rep. 1992, voce cit., n. 44). Per cui appunto non è irrazionale che siano diversamente di

sciplinate le conseguenze dell'inosservanza di termini che ope rano su piani diversi, coerentemente alle rispettive differenti fi

nalità; né è privo di giustificazione il fatto che tali conseguenze siano (per i profili indicati) più gravosi per l'attore (opponente) nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, ciò essendo in

vece conseguente alla diversa strutturazione di quel rito speciale ed esprimendo comunque un'opzione non irragionevole del le

gislatore. 4.2. - Non si vede poi come la cumulabilità delle abbrevia

zioni del termine di comparizione (ex art. 645, 2° comma, e 163

bis, 2° comma, c.p.c.) ammessa dalla sentenza 4719/95 di que sta corte possa incidere sul piano della corrispondenza tra (ridu zione del) termine di comparizione e (riduzione del) termine di

costituzione.

Sostiene la ricorrente che ad imporre un ripensamento ed una

rilettura dell'indirizzo giurisprudenziale censurato sarebbe la

premessa di quella decisione, secondo cui l'art. 645 non conten

ga una disciplina autonoma dei termini ma sia strettamente

«correlato con l'art. 163 bis con il quale fa corpo». Ma tale «premessa» non introduce certo alcun elemento di

autonomia nell'esegesi, che si ribadisce, che — come detto —

proprio da quella medesima premessa (che cioè la disciplina del

rito monitorio faccia «corpo» e sistema con quella del rito ordi

nario) ha desunto l'immanente riducibilità conseguenziale del

termine di costituzione, in applicazione dell'art. 165 in colle

gamento (anche) all'art. 645, 2° comma, c.p.c. 5. - Il ricorso va pertanto integralmente respinto.

Il Foro Italiano — 2002.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 13 marzo 2001, n. 112/SU; Pres. Carnevale, Est. Ravagnani, P.M. Nardi (conci, diff.); Soc. F.lli Romano (Avv. Fazzala

ri) c. Regione Calabria (Avv. Moscarini, Sciumbata). Con

ferma App. Catanzaro 14 ottobre 1999.

Giurisdizione civile — Società di autoservizi — Pagamento di aliquota residuale di disavanzo di esercizio — Contro

versia con la regione (L. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzio

ne dei tribunali amministrativi regionali, art. 5; 1. 10 aprile 1981 n. 151, legge quadro per l'ordinamento, la ristruttura

zione ed il potenziamento dei trasporti pubblici locali. Istitu

zione del fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi di eser

cizio e per gli investimenti nel settore, art. 5, 6; d.l. 9 dicem

bre 1986 n. 833, misure urgenti per il settore dei trasporti lo

cali, art. 1, 2; 1. 6 febbraio 1987 n. 18, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 9 dicembre 1986 n. 833).

Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la con

troversia concernente la richiesta, avanzata ai sensi dell'art.

2 d.l. 9 dicembre 1986 n. 833, convertito nella l. 6 febbraio 1987 n. 18, da un'impresa di autoservizi nei confronti della

regione Calabria, relativa al pagamento della residua quota

percentuale dei disavanzi di esercizio dell' azienda stessa per

gli anni 1982/86.(1)

(1-4) I. - Sul problema della riconducibilità (negata da Cass.

1042/SU/00, in epigrafe, sulla base del rilievo che nel caso di specie non ricorre nessun trasferimento dell'esercizio di attività «originaria mente riservata» all'amministrazione) della relazione tra soggetto pub blico e beneficiario di contributi pubblici ex art. 32 1. 14 maggio 1981 n. 219 all'istituto della concessione di pubblico servizio — la questione è rilevante ai fini dell'affermazione della giurisdizione esclusiva del giu dice amministrativo ex art. 5 1. 6 dicembre 1971 n. 1034 e, oggi, ex art. 33 d.leg. 80/98 — non si rinvengono precedenti in termini.

Per l'affermazione secondo cui l'erogazione di un contributo per le

spese di esercizio, rappresentando una comune sovvenzione pubblica che ha nella titolarità della concessione del servizio pubblico soltanto uno dei suoi requisiti, non comporta che il soggetto privato beneficiario

divenga perciò stesso ente strumentale dell'ente concedente ovvero ente in rapporto di servizio con lo stesso, v. Corte conti, sez. giur. reg. Sicilia, 26 febbraio 1996, n. 49, Foro it., Rep. 1996, voce Responsabi lità contabile, n. 38, che esclude la sussistenza della giurisdizione della

Corte dei conti in ordine alle relative controversie (va precisato che il

contributo ben può collocarsi all'interno di un preesistente rapporto concessorio: v. Cass., sez. un., 27 aprile 2000. n. 294/SU, id., Rep. 2000, voce Concessioni amministrative, n. 18, secondo cui, a norma dell'art. 33 d.leg. 31 marzo 1998 n. 80, la controversia tra il concessio nario di un pubblico servizio — nella specie, dell'impianto di illumina zione votiva del cimitero comunale — e l'amministrazione, relativa al contributo di allacciamento spettante al concessionario all'atto di ac censione di ogni nuovo punto luce, è devoluta alla giurisdizione del

giudice amministrativo). Con specifico riferimento ai soggetti beneficiari dei contributi di cui

all'art. 32 1. 14 maggio 1981 n. 219, per l'affermazione che la loro po sizione si configura come diritto soggettivo sia nei riguardi della con creta erogazione del beneficio, sia della susseguente conservazione della disponibilità della somma percepita, tanto nell'ipotesi in cui la re

golamentazione del rapporto trovi la sua fonte immediata ed esclusiva nello stesso provvedimento di attribuzione del beneficio, quanto nell'i

potesi che la stessa regolamentazione trovi la sua fonte immediata nella

legge, v. Cass., sez. un., 5 settembre 1997, n. 8585, id., Rep. 1997, voce

Giurisdizione civile, n. 88 (tale pronuncia afferma peraltro che la situa zione è di interesse legittimo nei riguardi del potere di ritirare in via di autotutela il provvedimento attributivo del beneficio per i suoi vizi di

legittimità ovvero per il suo contrasto, sin dall'origine, con il pubblico interesse; nello stesso senso, v. anche Cass., sez. un., 26 agosto 1997, n.

8056, ibid., n. 91). Cfr. inoltre Cass., sez. un., 7 dicembre 1999, n. 861/SU, id., Rep.

1999, voce Calamità pubbliche, n. 47, che, sempre con riferimento ai

medesimi contributi statali, statuisce che rientra nella giurisdizione del

giudice ordinario la controversia instaurata da una società ammessa al

contributo al fine di ottenere il risarcimento dei danni asseritamente su

biti a causa del ritardato adempimento degli obblighi posti dalla legge e

dal disciplinare a carico dell'amministrazione (la pronuncia precisa che

l'art. 26 d.l. n. 244 del 1995, convertito, con modificazioni, nella 1. 8

agosto 1995 n. 341, ammettendo la possibilità di inserire, nei discipli nari delle concessioni per gli interventi attuati ai sensi della citata 1. n.

219 del 1981, clausole compromissorie attribuenti ai collegi arbitrali la

competenza a giudicare sui diritti soggettivi derivanti dalle predette

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PARTE PRIMA 200

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 25

settembre 2000, n. 1042/SU; Pres. Vela, Est. Altieri, P.M. Dettori (conci, conf.); Min. industria (Avv. dello Stato Lan

cia) c. Soc. Pmp (Avv. Capece Minutolo, Pottino, Miglia

rotti). Conferma App. Roma 4 dicembre 1997.

Calamità pubbliche, terremoto, alluvioni — Contributo sta tale ex art. 32 1. 14 maggio 1981 n. 219 — Concessione di

pubblico servizio — Esclusione (L. 6 dicembre 1971 n.

1034, art. 5; 1. 14 maggio 1981 n. 219, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 19 marzo 1981 n. 75, recante ulte riori interventi in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981. Provvedi menti organici per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori

colpiti, art. 32). Calamità pubbliche, terremoto, alluvioni — Contributo sta

tale ex art. 32 1. 14 maggio 1981 n. 219 — Controversia —

Giurisdizione ordinaria (L. 14 maggio 1981 n. 219, art. 32). Calamità pubbliche, terremoto, alluvioni — Contributo sta

tale ex art. 32 1.14 maggio 1981 n. 219 — Trasferimento in

proprietà di area assegnata — Controversia — Giurisdi zione ordinaria (Cod. civ., art. 2932; 1. 25 luglio 1952 n. 949, provvedimenti per lo sviluppo dell'economia e l'incremento

dell'occupazione; d.p.r. 6 marzo 1978 n. 218, t.u. delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, art. 6; 1. 14 maggio 1981 n.

219, art. 32; 1. 19 dicembre 1992 n. 488, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 22 ottobre 1992 n. 415, concer nente rifinanziamento della 1. 1° marzo 1986 n. 64 recante di

sciplina organica dell'intervento straordinario nel Mezzogior no; d.l. 23 giugno 1995 n. 244, misure dirette ad accelerare il

completamento degli interventi pubblici e la realizzazione dei nuovi interventi nelle aree depresse; 1. 8 agosto 1995 n. 341, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 23 giugno 1995 n. 244).

La sola presenza di controlli amministrativi particolarmente intensi sull'esercizio dell'attività da parte del beneficiario non consente la qualificabilità dell'erogazione dei contributi di cui all'art. 32 l. 14 maggio 1981 n. 219 come concessione di pubblico servizio. (2)

concessioni, ha riconosciuto, in sede di interpretazione autentica — e

perciò con efficacia retroattiva — che dai predetti rapporti concessori

possono sorgere diritti soggettivi e che, in relazione ad essi, la giurisdi zione sia da attribuirsi al giudice ordinario).

Da rilevare che, secondo Coli. arb. Roma 29 luglio 1996, ibid., voce Opere pubbliche, n. 815, la sussistenza della giurisdizione ordinaria (e conseguentemente della competenza arbitrale) per la risoluzione delle controversie in materia di diritti sorti nell'esecuzione degli interventi straordinari di industrializzazione previsti dagli art. 31 e 32 1. 14 mag gio 1981 n. 219, e successive modifiche, discende dal fatto che l'art. 31 bis 1. 11 febbraio 1994 n. 109, equiparando ai fini della tutela giurisdi zionale le concessioni in materia di lavori pubblici agli appalti, estende anche alle concessioni il principio vigente in materia di appalti secondo cui l'arbitrato costituisce la regola generale per la definizione di tutte le controversie insorte tra amministrazione e imprenditore. Nel senso della sussistenza di un diritto soggettivo, tutelabile in sede arbitrale, in capo al beneficiario di contributi ex art. 32 1. 14 maggio 1981 n. 219, in ordine all'adempimento degli obblighi nascenti dal disciplinare allegato all'atto di ammissione al contributo, v. Coli. arb. Roma 30 maggio 1995, id., Rep. 1997, voce Calamità pubbliche, n. 37 (la pronuncia è commentata da M.A. Sandulli, Inadempimento di obblighi contrattuali e competenza arbitrale, in Riv. arbitrato. 1997, 418 ss.). Per l'afferma zione secondo cui l'attività dell'amministrazione è rigorosamente vin colata ai criteri predisposti dalla legge a tutela delle posizioni dei sin goli danneggiati, le quali, pertanto, hanno consistenza di diritti sogget tivi e sono tutelabili davanti al giudice ordinario, v. poi Cass., sez. un., 6 maggio 1996, n. 4188, Foro it., Rep. 1996, voce cit., n. 13, e 6 mag gio 1996, n. 4189, ibid., n. 14. Ancora in ordine alla sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario per le controversie aventi per og getto la corresponsione del contributo di cui alla 1. 14 maggio 1981 n. 219, cfr. Cons. Stato, sez. V, 8 febbraio 1995, n. 202, id., Rep. 1995, voce cit., n. 51.

Nel senso che le controversie relative alla fase successiva al provve dimento di ammissione al contributo di cui all'art. 32 1. 14 maggio 1981 n. 219 esulano dalla giurisdizione del giudice amministrativo, v. Cons. Stato, sez. IV, 12 dicembre 1994, n. 1010, ibid., n. 52 (nel caso di specie, si è deciso che la revoca della concessione costituisce eserci zio di un potere inerente al rapporto instaurato con il disciplinare acces

II Foro Italiano — 2002.

Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia

relativa al rapporto tra amministrazione pubblica e soggetti

beneficiari dei contributi di cui all'art. 32 I. 14 maggio 1981

n. 219, atteso che, ove non sussistano spazi di discrezionalità riservati all'amministrazione medesima, la situazione dei

soggetti beneficiari è qualificabile come diritto soggettivo. (3) Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia

attinente al trasferimento, ex art. 2932 c.c., della proprietà di

un 'area industriale assegnata al soggetto beneficiario dei

contributi di cui all'art. 32 l. 14 maggio 1981 n. 219, per la

realizzazione del programma ammesso a contributo, atteso

che la posizione dell'assegnatario dell'area, il quale abbia

adempiuto a tutte le condizioni previste dal disciplinare per ottenere il trasferimento in proprietà dell'area assegnata, in

difetto di una specifica previsione di un potere amministrativo

autoritativo, deve qualificarsi quale diritto soggettivo. (4)

sivo al provvedimento; nello stesso senso, con riconoscimento della

competenza arbitrale, Coli. arb. 18 febbraio 1992, id., Rep. 1994, voce cit., n. 29), nonché Cass., sez. un., 8 marzo 1994, n. 2224, id., 1994, I, 1372, con nota di richiami (con la quale è stata riconosciuta la giurisdi zione del giudice ordinario in relazione alla controversia originata dalla domanda con la quale il residente nel comune di Pozzuoli, costretto ad abbandonare la propria abitazione a seguito del bradisismo del 1983, chiede la condanna del medesimo comune al pagamento della mensilità non versatagli del contributo ottenuto, a seguito del provvedimento del ministro per il coordinamento della protezione civile, per fronteggiare gli oneri dell'autonoma sistemazione precaria reperita altrove).

La questione della natura della posizione giuridica del richiedente e del beneficiario di una sovvenzione, finanziamento o contributo, è stata affrontata dalla giurisprudenza anche con riferimento alla materia dei consorzi di bonifica. Si segnalano le seguenti pronunce, tutte concordi nel riconoscere la sussistenza di un diritto soggettivo nella fase succes siva alla emanazione del provvedimento attributivo e la conseguente giurisdizione del giudice ordinario in relazione alle controversie atti nenti detta fase: Cass., sez. un., 26 ottobre 2000, n. 1137/SU, id., Rep. 2000, voce Bonifica, n. 7, e 30 ottobre 1998, n. 10905, id.. 1999,1, 732, con nota di richiami (con riferimento all'attività svolta ex r.d. 13 feb braio 1933 n. 215, tali pronunce qualificano come diritto soggettivo a non essere obbligato a prestazioni patrimoniali fuori dei casi previsti dalla legge, la posizione del soggetto che contesta il potere impositivo del consorzio, mentre rimane di competenza del giudice amministrativo la domanda volta a denunciare lo scorretto esercizio del medesimo po tere); v. anche Cass. 1° febbraio 2000, n. 1092, id., Rep. 2000, voce

Competenza civile, n. 97, che qualifica come diritto soggettivo la posi zione del contribuente che chiede la restituzione delle somme versate a titolo di contributi per le spese di esecuzione, manutenzione ed eserci zio delle opere di bonifica e di miglioramento fondiario, con la conse

guenza che la competenza ratione materiae spetta al tribunale ordinario (non essendo stata attribuita dalla legge alla giurisdizione delle com missioni tributarie con il d.leg. n. 546 del 1992); nello stesso senso, v. anche Cass., sez. un., 22 marzo 1999, n. 173/SU, id., Rep. 1999, voce Tributi in genere, n. 1369.

V., infine, Cass., sez. un., 2 marzo 1999, n. 108/SU, id., Rep. 2000, voce Calamità pubbliche, n. 25, che, anche per il contributo statale

previsto a favore dei consorzi per la difesa attiva e passiva delle produ zioni agricole di cui all'art. 10 1. 15 ottobre 1981 n. 590 nel testo no vellato dall'art. 10, 7° comma, 1. n. 185 del 1992, fa rientrare le relative controversie nella giurisdizione del giudice ordinario.

In tema di sovvenzioni e finanziamenti da parte della pubblica am ministrazione, cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 marzo 2000, n. 1765, ibid., voce Economia nazionale, n. 12; sez. Ili 14 luglio 1998, n. 856/98, id., Rep. 1999, voce cit., n. 41; Cass., sez. un., 12 febbraio 1999, n. 57/SU, ibid., voce Giurisdizione civile, n. 146; 12 novembre 1999, n. 758/SU, ibid., n. 147, che distinguono tutte la posizione di interesse legittimo in

capo a chi richiede il provvedimento attributivo del beneficio, da quella di diritto soggettivo spettante al beneficiario del contributo nella fase concreta di erogazione dello stesso, con la conseguente competenza del

giudice ordinario in relazione alle questioni attinenti a detta ultima fase. Affermano invece la sussistenza delia giurisdizione del giudice am

ministrativo, Cass., sez. un., 29 novembre 2000, n. 1232/SU, id., Rep. 2000, voce Caccia, n. 10, e 29 settembre 2000, n. 1050/SU, ibid., n. 11, in ordine alle controversie attinenti al riconoscimento di somme a titolo di ristoro dei danni arrecati alla produzione agricola dalla fauna selvati ca (la posizione soggettiva dei danneggiati si configurerebbe come inte resse legittimo, sussistendo un potere discrezionale della pubblica am ministrazione).

II. - Sul principio di cui alla quarta massima non si rinvengono pre cedenti in termini.

Per l'affermazione secondo cui l'assegnazione a privati di beni del l'amministrazione rientra, di regola, nella categoria delle concessioni, e dà luogo ad una fattispecie complessa, risultante da una fase pubblici

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

I

Svolgimento del processo. — Con ricorso al Tribunale di Ca

tanzaro la F.lli Romano s.p.a., quale titolare di un'impresa di

autoservizi, chiedeva che fosse emesso decreto ingiuntivo nei

confronti della regione Calabria per il pagamento della residua

quota percentuale dei disavanzi di esercizio dell'azienda da essa

gestita per gli anni 1982/86. Il tribunale adito dichiarava il difetto di giurisdizione del giu

dice ordinario, con sentenza poi confermata dalla Corte d'ap

pello di Catanzaro, mancando un provvedimento concessorio

della regione contenente la determinazione della sovvenzione da

erogare all'azienda, e, quindi, costitutivo di un diritto soggettivo

per un credito certo e determinato nel suo ammontare.

La F.lli Romano ha quindi proposto ricorso per cassazione,

stica, cui segue l'instaurazione di un rapporto privatistico, sicché, fin

tanto che non sia stato stipulato il contratto di vendita del terreno un

consorzio Asi conserva integro il proprio potere di autotutela in ordine

alla disposta assegnazione, v. Tar Sicilia, sez. 1, 19 febbraio 1992, n.

55, id., Rep. 1992, voce Sicilia, n. 351. Sui presupposti al ricorrere dei quali si desume la natura di bene pa

trimoniale indisponibile, v. Cass. 9 settembre 1997, n. 8743, id., Rep. 1997, voce Comune, n. 404, e sez. un. 2 dicembre 1996, n. 10733, id.,

1996, I, 3663, con nota di richiami: le due pronunce richiedono en

trambe una effettiva e concreta destinazione del bene a pubblico servi

zio, non essendo sufficiente (secondo quanto statuito dalla seconda

sentenza) la determinazione di imprimere al bene il carattere di patri monio indisponibile.

III. - Sez. un. 112/SU/01, in epigrafe, qualifica come interesse legit timo la situazione del soggetto imprenditore o esercente il servizio di

trasporto che pretenda il pagamento (non già dell'aliquota base del di

savanzo di esercizio, ma) dell'aliquota residuale di disavanzo non co

perta dai contributi regionali che il d.l. n. 833 del 1986, convertito, con

modificazioni, nella I. n. 18 del 1987, stabilisce debba essere assunta a

carico dei bilanci delle regioni con riferimento agli anni 1982/86. Ri

chiamando Cass., sez. un., 26 aprile 2000, n. 288/SU, id.. Rep. 2000, voce Concessioni amministrative, n. 14 (secondo cui, tra l'altro, l'am

ministrazione regionale diviene titolare di un debito correlato ad un

credito in capo all'impresa concessionaria solo a partire dal momento

in cui emana la delibera che determina l'entità del contributo spettante

all'impresa medesima), essa ritiene non rilevante, perché non si verte

rebbe in tema di «corrispettivi già previsti come dovuti», la sussistenza

di un rapporto di concessione (nel caso: di servizi di trasporto; tale si

tuazione potrebbe fondare la giurisdizione del giudice ordinario ex art.

5 1. 1034/71 e, ora, ex art. 33 d.leg. 80/98). Pure nel senso della configurabilità come interesse legittimo della

posizione avente ad oggetto i contributi di esercizio spettanti alle im

prese che gestiscono i servizi di trasporto pubblico locale, v. Tar Pu

glia, sez. I, 26 giugno 1995, n. 664, id.. Rep. 1995, voce Autoservizi, n.

9. Sottolinea che ai sensi della 1. 6 febbraio 1987 n. 18, gli enti locali

hanno la mera facoltà e non l'obbligo giuridico di procedere alla co

pertura dei disavanzi di esercizio delle aziende municipalizzate di tra

sporto pubblico, Trib. Roma 26 marzo 1999, id., Rep. 2000, voce Co

mune, n. 343. La posizione del privato è invece qualificabile come diritto soggetti

vo allorché (per citare un passo della motivazione della pronuncia in

epigrafe) «l'azione amministrativa si manifesti con una deliberazione

nei confronti del privato specificamente individuato in ordine ad una

erogazione dichiarata come ad essa dovuta ...». Nello stesso senso, v.

Cass., sez. un., 26 aprile 2000, n. 287/SU, ibid., voce Concessioni am

ministrative, n. 15 (che si occupa di un caso in cui l'erogazione del be

neficio stesso viene disposta con deliberazione regionale idonea a co

stituire un rapporto obbligatorio tra pubblica amministrazione e benefi

ciario), e 15 novembre 1994, n. 9594, id., 1995, I, 2197, con nota di ri

chiami. Tale ultima decisione, nell'affermare la sussistenza della giu risdizione del giudice ordinario in relazione alla controversia originata dalla domanda con cui un concessionario di autolinee chiede la con

danna della regione alla corresponsione degli interessi e della rivaluta

zione monetaria lamentando il ritardo nel versamento dell'ammontare

delle sovvenzioni accordate, ribadisce che, in materia di sovvenzioni, le

controversie attinenti alla spettanza e alla quantificazione del beneficio

sono devolute alla giurisdizione amministrativa, mentre, una volta che

l'erogazione sia stata disposta, sorge un rapporto obbligatorio soggetto alla cognizione del giudice ordinario. Va notato che, secondo quanto di

recente statuito da Cass., sez. un., 17 luglio 2001, n. 9652, id., Mass.,

825, la giurisdizione del giudice ordinario, ex art. 5, 2° comma, 1. 6 di

cembre 1971 n. 1034, presuppone la sussistenza del rapporto concesso

rio (sicché a tale giurisdizione sfugge la controversia originata dalla

domanda del privato in merito all'entità del canone per bene demaniale,

in pendenza di un procedimento iniziato per il rinnovo di una conces

sione scaduta).

Il Foro Italiano — 2002.

deducendo un articolato motivo di censura, illustrato con suc

cessiva memoria.

La regione Calabria ha presentato controricorso.

Motivi della decisione. — La ricorrente, deducendo violazio

ne dei principi di riparto fra le giurisdizioni (anche con riferi

mento agli art. 5 e 6 1. 10 aprile 1981 n. 151, ed agli art. 5 e 8 1.

reg. Calabria 24 marzo 1982 n. 7, come costantemente inter

pretati dalla giurisprudenza della Suprema corte) nonché erro

nea ricostruzione dei presupposti di fatto della giurisdizione, lamenta che la delibera della giunta regionale, in considerazione

del suo specifico contenuto non correttamente valutato dalla

corte d'appello, non sia stata ritenuta definitiva in ordine alla

determinazione del complessivo ammontare del contributo, e

che non sia stato di conseguenza ritenuto costituito un diritto

soggettivo in favore della F.lli Romano.

Nel senso che la controversia promossa nei confronti della regione e

del ministero del tesoro dal concessionario di un pubblico servizio di

trasporto per reclamare le c.d. «sovvenzioni di esercizio» di cui all'art.

1 d.l. n. 833 del 1986, convertito in 1. 18/87, appartiene alla giurisdi zione del giudice ordinario, ai sensi dell'art. 5, 2° comma, 1. 1034/71, dovendo le suddette sovvenzioni ritenersi incluse tra gli «altri corri

spettivi», v. Cass., sez. un., 22 marzo 1999, n. 169/SU, id.. Rep. 1999, voce Autoservizi, n. 15.

Va al riguardo ricordata la giurisprudenza ad avviso della quale le

concessioni di cui si occupa l'art. 5 1. 1034/71 possono avere ad og

getto pure il denaro trasferito dal soggetto pubblico al patrimonio del

privato: Cons. Stato, sez. IV, 2 agosto 2000, n. 4255, id., Rep. 2000, voce Concessioni amministrative, n. 16, statuisce che, in tema di rap

porti di concessione di beni e servizi, affinché si configurino posizioni

soggettive aventi la consistenza del diritto soggettivo e la connessa giu risdizione esclusiva del giudice amministrativo a mente dell'art. 5 1. 6

dicembre 1971 n. 1034, è necessaria comunque la previa formale co

stituzione di un rapporto concessorio; nello stesso senso, v. altresì Tar

Sicilia, sez. Catania, 18 maggio 1998, n. 905, id., Rep. 1999, voce cit., n. 30, e Cons. Stato, sez. IV, 19 luglio 1993, n. 727, id., Rep. 1993, vo

ce cit., n. 29. In generale, sui rapporti tra sovvenzioni e art. 5 cit., v. Cass., sez.

un., 17 maggio 1993, n. 5592, ibid., voce Navigazione aerea (ordina

mento), n. 6, e 18 agosto 1990, n. 8423, id., Rep. 1992, voce Giurisdi

zione civile, n. 153, che riconoscono entrambe la giurisdizione del giu dice amministrativo e la posizione di interesse legittimo in capo sia ai

concessionari del servizio di trasporto aereo aspiranti alle sovvenzioni

di cui all'art. 1, 4° comma, r.d.l. n. 3176 del 1923, convertito nella 1. 31

gennaio 1926 n. 753, sia ai concessionari dei servizi aerei di linea su

rotte nazionali che denunciavano il mancato o ritardato adeguamento ai

propri costi delle tariffe inerenti ai corrispettivi dovuti loro dagli utenti.

Secondo Cass., sez. un., 11 ottobre 1991, n. 10692, ibid., voce Con

cessioni amministrative, n. 15, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia, intentata dal concessionario di servizio di

autotrasporti per il riconoscimento di c.d. «sovvenzioni di esercizio», in

quanto va ricondotta nel novero delle controversie relative agli «altri

corrispettivi» menzionati nel 2° comma dell'art. 5 1. n. 1034 del 1971,

categoria ricomprendente «ogni sorta di compenso, valutabile in dena

ro, relativo a concessione . . .»; v. anche Cass. 24 febbraio 1981, n.

1112, id.. Rep. 1981, voce cit., n. 15, in tema di entità della sovvenzio

ne (più precisamente veniva contestata l'inesattezza del metodo di cal

colo seguito dal ministero della marina mercantile nella revisione trien

nale delta stessa) stabilita a favore di una società concessionaria, eser

cente, in virtù di convenzione ventennale, le linee di navigazione del

l'arcipelago toscano. IV. - Sul contributo straordinario di cui al 1° comma dell'art. 1 1. 6

febbraio 1987 n. 18, nel senso che esso ha natura di contributo di eser

cizio, sicché il disavanzo di esercizio cui fare riferimento, ai fini della

determinazione del contributo stesso, è una «perdita» che deve tener ef

fettivamente conto dei costi del servizio sopportati dall'impresa e non

da soggetti da essa divèrsi, v. Tar Basilicata 24 giugno 1996, n. 141,

id., Rep. 1997, voce Comune, n. 446; per l'affermazione secondo cui i

disavanzi di esercizio debbono ritenersi calcolati al netto delle quote di

ammortamento dei cespiti, acquisiti mediante contributi in conto capi tale, di cui alla I. 10 aprile 1981 n. 151, v. Tar Friuli-Venezia Giulia 24

novembre 1995, n. 463, id., Rep. 1996, voce cit., n. 390; nel senso che

le quote di ammortamento devono essere riconosciute per intero e non

già limitatamente al valore dei cespiti, v. Tar Lazio, sez. I, 25 febbraio

1992, n. 254, id., Rep. 1992, voce Autoservizi, n. 39. V., infine, Cons.

Stato, sez. VI, 12 febbraio 1993, n. 141, id., 1993, III, 562, con nota di

richiami, che ritiene legittimo il provvedimento con cui la giunta regio nale provvede al riparto delle risorse del fondo nazionale trasporti in

favore delle aziende di trasporto senza procedere all'integrazione delle

stesse in corrispondenza del maggior disavanzo esposto dalla gestione e, dunque, senza coprire integralmente la differenza tra costi e ricavi.

[L. Carrozza]

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203 PARTE PRIMA

Il ricorso è infondato.

Il quadro normativo di riferimento è dato, anzitutto, dall'art. 6 1. 10 aprile 1981 n. 151, a norma del quale i contributi di eser

cizio, che le regioni debbono erogare sulla base di principi e di

procedure stabiliti con legge regionale con l'obiettivo di conse

guire l'equilibrio economico dei bilanci dei servizi di trasporto, sono quantificati calcolando il costo economico standardizzato del servizio (1° comma, lett. a) e i ricavi presunti derivanti dal

l'applicazione delle tariffe minime stabilite dalla stessa regione con il concorso degli enti locali (stesso comma, lett. b).

Sulla base di tali due dati — costo economico e ricavi pre sunti —, l'ammontare dei contributi da erogare alle imprese (stesso comma, lett. c) deve essere quantificato entro i limiti dello stanziamento di cui all'art. 5 1. n. 151, cit., entro i limiti cioè di tutto quanto «sarà stato attribuito» ogni anno dallo Stato ai fini dell'erogazione di detti contributi.

Poiché peraltro da tale quantificazione può derivare che la

copertura dei disavanzi tra costi e ricavi non sia totale, lo stesso art. 6 cit. espressamente stabilisce che le eventuali perdite o di savanzi non coperti dai contributi regionali restano a carico delle imprese od esercizi di trasporto.

Ma, a favore di questi ultimi, il quadro normativo di riferi mento si arricchisce successivamente con il d.l. 9 dicembre 1986 n. 833, convertito nella 1. 6 febbraio 1987 n. 18, il cui art. 1 prevede, al 1° comma: «i disavanzi di esercizio delle aziende

pubbliche e private, nonché dei servizi di trasporto in gestione diretta degli enti locali relativi agli esercizi 1982, 1983, 1984, 1985 e 1986 che non hanno trovato copertura con i contributi di cui all'art. 6 1. n. 151 del 1981 sono assunti a carico dei bilanci delle regioni in misura pari al settanta per cento» (così ridotta in sede di conversione l'originaria aliquota dell'ottanta per cento, fissata nel decreto legge). Lo stesso art. 1 prevede poi, al 2° comma, che «alla maggiore spesa derivante dall'applicazione del 1° comma le regioni provvedono mediante operazioni di mutuo con la cassa depositi e prestiti secondo procedure e criteri stabiliti con decreto del ministro del tesoro».

Stabilito così il limite quantitativo percentuale come misura massima del concorso finanziario posto a carico della regione per coprire i disavanzi tra costi e ricavi delle imprese di tra

sporto, e indicato anche il mezzo di copertura finanziaria di tale

erogazione con la previsione dell'autorizzazione di operazioni di mutuo presso la predetta cassa, è previsto, infine, dall'art. 2 d.l. n. 833 del 1986, convertito con modificazioni nella I. 6 feb braio 1987 n. 18, che «gli enti locali possono provvedere alla

copertura della residua quota del venti per cento (trenta per cento, secondo la legge di conversione) dei disavanzi di eserci zio delle aziende o delle gestioni dirette di trasporto relativi agli anni 1982, 1983, 1984, 1985 e 1986 che non ha trovato copertu ra con i contributi di cui all'art. 6 1. n. 151 del 1981, mediante la contrazione di mutui con la cassa depositi e prestiti».

Da tale quadro normativo risulta quindi evidente che la do manda proposta nella specie deve essere ritenuta come fondata sulla previsione di cui all'art. 2 da ultimo citato, e diretta, quin di, al pagamento dell'aliquota residuale di disavanzo non co

perta dai contributi regionali, e non l'aliquota base (originaria mente ottanta per cento, poi settanta per cento) del disavanzo

degli anni 1982/86. Detta domanda, poi. fa espresso riferimento alla delibera n. 4991 del 16 dicembre 1989 della giunta regio nale, il cui contenuto è dato dall'approvazione soltanto di

un'anticipazione straordinaria di cassa a carico della regione, non già del pagamento dell'aliquota di disavanzo non coperta dalla sovvenzione regionale ed a carico degli enti locali.

Non è pertanto configurabile nella posizione soggettiva del

l'impresa un diritto soggettivo nei confronti della regione Cala bria o, comunque, degli enti locali, per due ragioni emergenti da

quanto si è riferito in termini normativi e si è osservato sulla relativa portata. Anzitutto, non sussiste un dovere degli enti lo cali a coprire l'aliquota residuale dei disavanzi, ma soltanto un

potere degli stessi a provvedervi mediante stipulazione di mutui con la cassa depositi e prestiti, essendo assorbente al riguardo la lettera dell'art. 2, 1° comma, d.l. n. 833 del 1986, secondo cui essi «possono» provvedere alla copertura in questione. Trattasi evidentemente in tal caso di discrezionalità amministrativa per la quale l'amministrazione, pur essendo inderogabilmente te nuta ad ispirarsi all'interesse pubblico generico ed a perseguire nel caso specifico quella particolare finalità concreta in funzio ne della quale il potere le è attribuito (interesse pubblico speci

II Foro Italiano — 2002.

fico), dispone di una certa potestà di determinazione, in quanto le viene lasciata dall'ordinamento una più o meno ampia possi bilità di scelta, riguardante persino la stessa decisione di agire, sicché correlativamente nella posizione soggettiva del privato è

configurabile soltanto un interesse legittimo. E invece qualifica bile come diritto soggettivo la posizione soggettiva del privato, quando l'azione amministrativa si manifesti con una delibera zione nei confronti del privato specificamente individuato in or dine ad una erogazione dichiarata come ad esso dovuta, con

conseguente riconoscimento del debito e, quindi, devoluzione della relativa controversia secondo i principi generali in materia di riparto della giurisdizione (v. Cass., sez. un., 25 novembre

1995, n. 12207, Foro it., Rep. 1995, voce Giurisdizione civile, n. 104; 15 novembre 1994, n. 9594, id., 1995, I, 2197; 3 no vembre 1993, n. 10830, id., Rep. 1994, voce Autoservizi, n. 14). Ed al riguardo è appena il caso di rilevare che evidentemente, non vertendosi in tema di corrispettivi (già) previsti come do

vuti, è del tutto irrilevante la sussistenza di un rapporto di con

cessione, in ordine al quale la giurisdizione è invece regolata dall'art. 5 1. n. 1034 del 1971 (v. Cass., sez. un., 26 aprile 2000, n. 288/SU, id., Rep. 2000, voce Concessioni amministrative, n.

14). In secondo luogo, dal contenuto della invocata delibera della

giunta regionale non si evince alcun provvedimento che vincoli la pubblica amministrazione nei confronti del privato e ricono sca in favore di quest'ultimo un debito della medesima pubblica amministrazione precisamente indicato. Né rileva al riguardo l'assunto della ricorrente, secondo cui l'entità della somma

pretesa è facilmente determinabile con un semplice calcolo

aritmetico, mancando appunto una delibera vincolante non sol tanto in ordine al quantum ma anche e soprattutto in ordine al Yan.

E pertanto, a prescindere dalla soluzione del quesito, attinente al merito della controversia e, quindi, subordinato a quello atti nente alla giurisdizione, in ordine all'individuazione della re

gione o degli enti locali in genere come soggetti passivi del rap porto di sovvenzione, sta di fatto che, in mancanza della confi

gurabilità, nella specie, di un diritto soggettivo riferito agli anni

1982/86, devesi, sia pure con motivazione parzialmente diversa da quella della sentenza impugnata, dichiarare sussistente la

giurisdizione del giudice amministrativo. Il ricorso deve quindi essere rigettato.

II

Svolgimento del processo. — 1. - La società Pmp a r.l. propo neva domanda di arbitrato nei confronti del ministero dell'indu

stria, commercio e artigianato e del commissario liquidatore dell'agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, chiedendo la condanna al pagamento di un contributo di cui era stata disposta l'erogazione, nonché il trasferimento, ai sensi dell'art. 2932 c.c., della proprietà dell'area industriale assegna tale, con la condanna al risarcimento dei danni subiti per il ritar do nell'adempimento.

Il ministero eccepiva il difetto di giurisdizióne degli arbitri, assumendo che si verteva in materia di provvedimenti discre zionali, a fronte dei quali sussistevano interessi legittimi.

Veniva quindi costituito il collegio arbitrale, il quale acco

glieva la domanda. Il lodo veniva impugnato per nullità dal ministero, il quale ri

proponeva la questione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario, e quindi degli arbitri, oltre alle difese nel merito.

L'impugnazione veniva rigettata dalla Corte d'appello di Roma con sentenza 25 novembre - 4 dicembre 1997, così moti vata:

— per quanto attiene al contributo, erogato ai sensi dell'art.

32 1. 219/81, il ministero sosteneva che soltanto l'emanazione del provvedimento definitivo, con cui viene erogato il saldo del contributo, segna il discrimine tra le due giurisdizioni. Prima del decreto finale, pertanto, la posizione del beneficiario sarebbe soltanto quella di interesse legittimo, con conseguente inappli cabilità dell'art. 26 d.l. 23 giugno 1955 n. 244, e inoperatività della clausola compromissoria.

In proposito doveva osservarsi che, in materia di contributi a favore di iniziative industriali localizzate in determinati territori, la discrezionalità dell'amministrazione è concentrata nelle va

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

lutazioni che conducono all'ammissione al beneficio, mentre,

una volta accordato il contributo, le modalità della sua eroga zione e degli adempimenti relativi al trasferimento dall'area as

segnata per la costruzione dello stabilimento produttivo forma

no oggetto di una convenzione che, avendo carattere contrat

tuale, generava diritti soggettivi e corrispondenti obblighi. A ciò era da aggiungersi che ■— come risultava dalla parte

espositiva del lodo ed era incontestato tra le parti — la domanda

di contributi in conto capitale di cui alle leggi n. 21 del 1981 e

n. 187 del 1982, nonché all'ordinanza del presidente del consi

glio dei ministri per l'edificazione di uno stabilimento indu

striale, era stata accolta e il contributo era stato concesso con

decreto relativo ad un determinato progetto e al relativo pro

gramma di produzione, «con stipula degli atti contrattuali con

seguenti ed assegnazione dell'area per la realizzazione dell'opi ficio»;

— da tali premesse conseguiva che il potere discrezionale

dell'amministrazione si esauriva con l'emanazione del decreto

di concessione del contributo, e che la conseguente stipula degli atti contrattuali originava diritti soggettivi. La tesi del ministero,

che prolungava la fase discrezionale fino all'approvazione del

collaudo, era infondata, in quanto i poteri di vigilanza ricono

sciuti all'amministrazione sull'attività agevolata si sostanziava

no in una mera verifica dell'adempimento da parte del benefi

ciario; — il ministero aveva censurato l'applicazione dall'art. 2932

c.c., nonché la clausola contenuta nell'art. 4, 2° comma, del di

sciplinare, considerato alla stregua di un contratto preliminare, rilevando che il trasferimento della proprietà avviene solo col

perseguimento di determinati obiettivi, e quindi richiedeva l'e

manazione di un provvedimento amministrativo ad hoc, ad esito

dell'accertamento dei presupposti; che, inoltre, il bene in que stione rientrava nel patrimonio indisponibile dello Stato. La

corte d'appello osservava che non poteva essere negato il ca

rattere negoziale del disciplinare, prevedente il trasferimento

della proprietà del lotto e delle accessioni, purché fossero state

assolte le obbligazioni garantite dalla fideiussione, dopo un an

no dal conseguimento della quota del settanta per cento dell'oc

cupazione stabilita e del volume di produzione previsto. Si trat

tava di condizioni oggettive, in relazione al cui accertamento

l'amministrazione era priva di potere discrezionale; inoltre, nes

suna norma prevedeva una procedura amministrativa di con

trollo, sfociante in apposito provvedimento. Infine, secondo la

giurisprudenza di legittimità, l'art. 2932 c.c. non è applicabile solo alle ipotesi di contratto preliminare di compravendita e

l'esperibilità della relativa azione è ammessa anche nei con

fronti della pubblica amministrazione; — circa l'asserita appartenenza del lotto al patrimonio indi

sponibile dello Stato, non sussisteva un'effettiva destinazione

ad un pubblico servizio, trattandosi di area espropriata per esse

re assegnata alle imprese e destinata a insediamenti industriali

di proprietà privata; — per quanto riguardava il decreto del presidente del consi

glio dei ministri, col quale si stabiliva che non si faceva luogo al

trasferimento se entro tre anni non fosse stato conseguito un

determinato livello, esattamente il lodo aveva ritenuto trattarsi

di ipotesi di decadenza, non ricollegata all'esercizio di un potere discrezionale, e priva di effetto retroattivo. Inoltre, una volta ri

tenuto il carattere negoziale del disciplinare, era da escludersi

che le clausole in esso contenute potessero esser modificate per effetto di un atto amministrativo emesso successivamente;

— del pari infondato era il motivo tendente ad escludere l'e

sistenza di un danno risarcibile in conseguenza dell'omesso tra

sferimento della proprietà, danno consistente nell'impossibilità di usufruire delle agevolazioni previste dalla 1. 64/86 per l'am

pliamento dell'impianto. Contrariamente a quanto sostenuto

dall'impugnante, l'art. 75 1. 219/81 esclude il cumulo tra le

provvidenze previste dalla stessa legge e quelle disposte allo

stesso titolo da leggi statali e regionali, mentre nella specie le

due leggi perseguivano soltanto analoghe, e non identiche, fina

lità generali di favorire lo sviluppo industriale.

Infatti, la 1. 219/81 favorisce l'insediamento di stabilimenti

industriali, mentre l'altra legge concedeva agevolazioni per am

pliare stabilimenti già esistenti; — la censura di violazione dell'art. 105 t.u. 30 marzo 1990 n.

76, per avere gli arbitri erroneamente operato l'aggiornamento Istat sulla somma dovuta a titolo di contributo, era inammissi

II Foro Italiano — 2002.

bile in quanto dedotta per la prima volta in sede d'impugnazio ne e, comunque, non proponibile in tale sede in quanto invol

gente accertamenti in concreto del rapporto economico inter

partes', — l'ultimo motivo esulava dalla competenza arbitrale, con

cernendo una domanda di restituzione di somma indebitamente

percetta, rispetto alla quale l'amministrazione aveva ricono

sciuto il debito. Avverso tale sentenza il ministero ha proposto due distinti e

identici ricorsi per cassazione, sulla base di cinque mezzi d'an

nullamento.

La Pmp resiste con controricorso.

I motivi del ricorso. — 2.1. - Col primo motivo il ricorrente

denuncia violazione e falsa applicazione degli art. 1 e 5 c.p.c.; 1-5 1. 1034/71; 806 c.p.c.; 21 e 32 1. 219/81; 26 d.l. 244/95 e dei

principi generali in materia di concessioni di pubblico danaro e

di giurisdizione, nonché del combinato disposto dei suddetti

principi e norme; motivazione omessa, insufficiente, contrad

dittoria su punto decisivo della controversia.

Deduce il ricorrente; — il rapporto tra amministrazione dello Stato e colui che per

cepisce il contributo di cui agli art. 21 e 32 1. 219/81 è un rap

porto di concessione, e le relative controversie devono ritenersi

devolute alla giurisdizione (esclusiva) del giudice amministrati

vo. Infatti, l'art. 26 d.l. 244/95 (convertito nella 1. 341/95) ri

guarda soltanto le concessioni di costruzione; — l'accertamento della violazione dell'obbligo di trasferire

la proprietà dell'area era devoluto al giudice amministrativo e

pertanto sulla domanda risarcitoria era momentaneamente ca

rente di giurisdizione il giudice ordinario e, quindi, gli arbitri; — in ogni caso la controversia involgeva questioni d'interes

se legittimo. Il collegio arbitrale aveva ritenuto che, a differenza

della concessione di beni demaniali e di servizi pubblici, nella

quale l'interesse pubblico permane per tutta la durata del rap

porto, nel caso dei contributi a fondo perduto il momento della

discrezionalità si concentra nella fase dell'ammissione, dopo di

che vi è posizione di parità fra le parti, che regolano i loro rap

porti attraverso atti contrattuali.

Tale ragionamento, secondo la difesa dell'amministrazione,

sarebbe errato in quanto:

a) il fatto che i contributi siano a fondo perduto (e che a tale

beneficio si aggiunga quello di procurarsi, pagandolo col con

tributo, un terreno a costo di espropriazione) deve indurre a ri

tenere che l'interesse pubblico rimanga pregnante per tutta la

durata del rapporto, comportando la necessità di poteri autorita

tivi discrezionali della pubblica amministrazione, a fronte dei

quali il beneficiario è portatore di interesse legittimo. Tali poteri

permettono, da un lato, di variare le condizioni e i termini di

erogazione dei benefici in corso di rapporto; dall'altro di eser

citare controlli a contenuto discrezionale (quanto meno tecnico).

Pertanto, durante tutto il corso del procedimento vi è potere au

toritativo della pubblica amministrazione e correlativo interesse

legittimo del beneficiario, e solo col decreto che determina il

saldo dei rapporti (successivo a quello che approva il collaudo

finale), nella specie emesso successivamente alla conclusione

del giudizio arbitrale, sorgono diritti soggettivi di quest'ultimo;

b) tale ricostruzione dei rapporti tra pubblica amministrazione

e beneficiario è giustificata dal fatto che quest'ultimo riceve

dalla mano pubblica una quota ingente dei mezzi necessari al

l'iniziativa, ed assume, pertanto, un rischio assai limitato. In tale

situazione, giustificata dall'esistenza dell'interesse pubblico, la

posizione del beneficiario è sufficientemente garantita dalla

possibilità di impugnare dinanzi al giudice amministrativo gli atti che ritenga illegittimi;

c) erroneamente gli arbitri e la corte d'appello hanno configu rato il disciplinare come contratto. Infatti, se l'ammissione al

beneficio non instaura una posizione paritetica e non fa sorgere diritti soggettivi, non vi può essere negozio o contratto. Il disci

plinare (mai definito come convenzione-contratto, e non conte

nente alcuna formula di tipo contrattuale) è un classico atto

amministrativo, in relazione al quale l'adesione del destinatario

non può avere un rapporto sinallagmatico. 2.2. - Col secondo motivo si denuncia violazione e falsa ap

plicazione, sotto vari profili, dell'art. 1 c.p.c.; degli art. da 1 a 5

1. 1034/71; 806 ss., 132, 112, 826-828 c.p.c.; 21 e 32 1. 219/81; d.p.c.m. 6 marzo 1992; 21 d.l. 244/95; 1362-1371 e 2932 c.c.; 4 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E\ 2043 c.c., nonché dei principi

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207 PARTE PRIMA

generali che dalle dette norme possono trarsi; motivazione

omessa, insufficiente, contraddittoria su punto decisivo della

controversia.

L'amministrazione censura la mancata qualificazione dell'a

rea assegnata come bene del patrimonio indisponibile, rilevan

do: — le aree concesse ai beneficiari dell'aiuto di cui agli art. 21

e 32 1. 219/81 sono espropriate per essere destinate ad un preci so scopo pubblico, e cioè di far sorgere ivi un'area industriale, industrializzando zone particolarmente depresse come il Meri

dione. Per consentire il compimento dello scopo pubblico è ne

cessario che tale qualità permanga fino al trasferimento in pro prietà, al fine di consentire il loro recupero in forme agili e ve

loci, e di impedirne la sottrazione allo scopo. Non sarebbe am

missibile, infatti, un loro pignoramento o vendita forzata; — l'ordinamento conosce altri casi di beni che sono inclusi

nel patrimonio indisponibile in attesa di una certa destinazione; — l'art. 21, 3° comma, d.l. 244/95 prevede espressamente

che i beni in questione possano essere recuperati in via ammini

strativa. Pertanto il disciplinare, là dove prevede che, a certe

condizioni, la proprietà del bene sia trasferita, non ha natura

contrattuale, e non prevede un obbligo, ma soltanto un potere dovere della pubblica amministrazione di trasferire, nei con fronti del quale il concessionario è titolare d'interesse legittimo. Il diritto dì proprietà di quest'ultimo sorgerà solo a seguito del l'emissione del provvedimento di trasferimento. Anche se non

previsto espressamente, tale provvedimento sarebbe il naturale

precipitato dei suddetti principi; — l'art. 4 del disciplinare, così come formulato, esclude una

posizione di diritto soggettivo, in quanto il trasferimento può avvenire solo dopo una serie di adempimenti (approvazione del collaudo finale, conseguimento entro quattro anni da quest'ul timo del risultato del settanta per cento in termini occupazionali e di produzione, espletamento delle procedure di espropriazione e di accatastamento);

— che si tratti d'interesse legittimo è dimostrato dalla nor mativa successivamente intervenuta: il d.p.c.m. 6 marzo 1992 ha abbreviato ad un anno il termine quadriennale e ha espressa mente previsto un provvedimento di trasferimento della pro prietà.

La successiva disciplina (art. 21, 1° comma, d.l. 244/95 e 10 1. 266/97) ha ulteriormente ampliato la possibilità di ottenere il trasferimento della proprietà. Il 2° comma della seconda norma citata dispone che il ministro dell'industria, del commercio e

dell'artigianato provvede al perfezionamento del trasferimento della proprietà entro un certo termine e a determinate condizio ni.

Sulle predette censure la corte di merito non avrebbe adottato alcuna pronuncia.

Lamenta, in definitiva, il ricorrente: — che il collegio arbitrale abbia statuito in una materia rela

tiva ad interessi legittimi; — che il collegio abbia emesso una pronunzia ex art. 2932

c.c. in sostituzione del (necessario) provvedimento amministra

tivo; — che gli arbitri abbiano ritenuto regolatrice del rapporto la

disposizione contenuta nell'art. 4 del disciplinare, mentre dove va essere applicato l'art. 21 d.l. 244/95, entrato in vigore prima della discussione orale;

— che l'inesistenza dell'obbligo della pubblica amministra zione di concludere un contratto o di trasferire la proprietà com

portava l'inammissibilità o infondatezza della domanda di risar cimento.

2.3. - Col terzo motivo, denunciando violazione e falsa appli cazione degli art. 21, 32, 75 1. 219/81; 9 1. 64/86, nonché moti vazione omessa, insufficiente, contraddittoria su punto decisivo della controversia, l'amministrazione lamenta che le provviden ze disposte con la 1. 219/81 siano state, in violazione dell'art. 75 di tale legge, ritenute cumulabili con quelle previste dall'art. 9 1. 64/86.

L'art. 75 cit. dispone che «le provvidenze disposte con la pre sente legge non sono cumulabili con quelle previste ai medesimi titoli da leggi statali o regionali».

Entrambe le leggi hanno la finalità di favorire lo sviluppo in dustriale in certe zone del Mezzogiorno. Inoltre non è vero che la seconda legge riguarda solo l'ampliamento di impianti già esistenti, in quanto si riferisce all'ampliamento e all'accresci

li. Foro Italiano — 2002.

mento dell'apparato produttivo e comprende, perciò, anche la

creazione di nuovi impianti. Ne consegue che, se i benefici non potevano essere cumulati,

nessun danno poteva derivare dal mancato pagamento del se

condo contributo.

2.4. - Col quarto motivo l'amministrazione denuncia viola

zione e falsa applicazione degli art. 112, 829, 830 e 132 c.p.c.; 21 e 32 1. 219/81; 8, comma 2 ter, d.l. 8/87; 263-105 t.u. 30

marzo 1990 n. 76; 2697 c.c.; motivazione omessa, insufficiente, contraddittoria su punto decisivo della controversia.

Secondo la difesa erariale la corte d'appello avrebbe frainteso

la doglianza ad essa sottoposta col quarto motivo, per cui la

sentenza sarebbe incorsa in parziale nullità.

Tale doglianza non costituiva un'eccezione riconvenzionale, ma con la stessa era stata denunciata una questione di diritto.

La seconda rata Istat, infatti, non è qualcosa di diverso dal

contributo, ma ne costituisce parte integrante, in quanto il con

tributo, comprensivo dell'integrazione Istat, non può superare il

settantacinque per cento dell'intera spesa sostenuta.

Pertanto, l'amministrazione poteva essere condannata a paga re somme solamente ove fosse stata fornita la prova che la diffe

renza fra l'avere del concessionario e l'avere della pubblica amministrazione fosse stata positiva.

Nella specie, invece, era stata fornita la prova che il conces

sionario aveva ricevuto più dell'ammontare ad esso spettante. La decisione degli arbitri, pertanto, era incorsa anche in error

in procedendo, avendo omesso di indagare sul rispettivo avere

delle parti. 2.5. - Col quinto motivo si denuncia violazione e falsa appli

cazione degli art. 112, 828, 829, 830, 132 c.p.c.; 21-32 1. 219/81; 2697 c.c.; motivazione omessa, insufficiente, contrad

dittoria su un punto decisivo della controversia.

Lamenta che, nonostante il riconoscimento di debito da parte della pubblica amministrazione, la Pmp abbia proposto specifica domanda arbitrale per il riconoscimento del credito per interessi di lire 58.162.904, e tale domanda non sia stata dalla corte

d'appello dichiarata inammissibile.

Motivi della decisione. — 3.1. - Pregiudizialmente deve esse

re dichiarata l'inammissibilità del ricorso n. 10020/98, in quanto esso ha identico contenuto di quello precedentemente notificato

e pertanto, in relazione alle censure dedotte, deve ritenersi con

sumato il diritto d'impugnazione. 3.2. - Il primo motivo è infondato. Quanto al prospettato di

fetto di giurisdizione dell'a.g.o., per essere la controversia de

voluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la

ricostruzione del rapporto che si è costituito tra il ministero e

l'impresa come concessione di pubblico servizio non può essere

condivisa.

Le erogazioni di contributi o sovvenzioni, infatti, costituisco no mezzi coi quali viene attribuita in modo definitivo la dispo nibilità di denaro, senza che necessariamente ciò comporti il tra sferimento dell'esercizio — da parte dell'amministrazione tito lare — di un'attività originariamente riservata alla stessa ammi

nistrazione, della quale l'impiego del denaro pubblico costitui sca un essenziale elemento.

Nella specie, nessun trasferimento di tal genere è avvenuto. La tesi dell'amministrazione si fonda su un errore di prospet

tiva, in quanto confonde il potere di controllo, attribuito al sog getto pubblico erogatore, sull'adempimento degli obblighi del

beneficiario, con la somma dei poteri autoritativi riservati al

l'amministrazione in caso di concessione di servizi o di beni

pubblici. L'esistenza di controlli amministrativi, anche partico larmente intensi, sull'esercizio di un'attività non comporta, co me conseguenza, che l'attività stessa sia un pubblico servizio af fidato in concessione: si pensi alle diverse ipotesi di attività im

prenditoriale privata, come l'attività bancaria, per le quali è

prevista una serie di penetranti controlli di autorità amministra

tive, che possono investire anche il merito della gestione, senza che ciò comporti una qualificazione dell'attività stessa come esercizio di un pubblico servizio in regime di concessione.

Per quanto riguarda il caso di specie, non vi è dubbio che l'attività esercitata dal soggetto che beneficia di una serie di mi sure di sostegno pubbliche (quali erogazione di contributi e di finanziamenti a condizioni più favorevoli di quelle di mercato,

prestazione di garanzie, assegnazione di aree, agevolazioni fi

scali), pur se finalizzata al perseguimento di un pubblico inte resse (nel caso concreto, lo sviluppo del Mezzogiorno), non ac

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

quisti, in conseguenza delle pur intense interferenze di attività

amministrative, natura di pubblico servizio in concessione.

E del pari infondata l'altra tesi, con la quale si definisce la

posizione giuridica del beneficiario del contributo in questione come interesse legittimo, con la conseguente devoluzione delle

relative controversie alla giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo.

Il ragionamento della corte d'appello sul punto deve essere

pienamente condiviso.

Infatti, una volta stabilito in fatto che tutte le condizioni ri

chieste dal disciplinare si erano verificate (punto su cui non esi

ste contestazione), e che all'amministrazione erogante non per maneva alcun margine di discrezionalità, la posizione del bene

ficiario acquistava natura di diritto soggettivo, cui corrispon deva un obbligo dell'amministrazione.

Tale principio è stato costantemente affermato dalla giuris

prudenza delle sezioni unite (oltre a quelle indicate nella deci

sione impugnata, si vedano le sentenze 17 giugno 1992, n. 7449,

Foro it., Rep. 1992, voce Sicilia, n. 259; 27 luglio 1993, n. 8385, id., Rep. 1994, voce Giurisdizione civile, n. 115; 22 mag gio 1995, n. 5604, id.. Rep. 1995, voce cit., n. 105; 5 settembre

1997, n. 8585, id., Rep. 1997, voce cit., n. 88; 15 marzo 1999, n.

133/SU, id., Rep. 1999, voce Agricoltura, n. 123) e sulla sua

giustificazione non pare, pertanto, necessario dilungarsi, tanto

più che le argomentazioni svolte dalla difesa dell'amministra

zione non portano elementi nuovi e decisivi per derogare a tale

indirizzo. L'esistenza di una serie di poteri di controllo sull'attività

esercitata dal beneficiario e, in particolare, sulla corretta utiliz

zazione delle quote di contributo erogate, come si è preceden temente evidenziato, così come non snatura l'attività del sog

getto beneficiario, così non modifica l'assetto delle situazioni

soggettive che scaturiscono dal rapporto. Per configurare interessi legittimi nella materia occorrerebbe

individuare un esercizio di potere autoritativo, previsto da una

specifica norma, il quale comporti l'emanazione di un atto co

stitutivo che incida sul rapporto. Poiché di un tale atto non vi è

traccia, la posizione del beneficiario, a seguito dell'adempi mento delle condizioni stabilite dal disciplinare e non essendo

previste valutazioni discrezionali dell'amministrazione circa

l'esistenza delle condizioni stesse, non può non configurarsi come diritto soggettivo.

Quanto al problema della qualificazione del disciplinare, per il quale l'amministrazione ricorrente contesta l'utilizzabilità

dello schema del contratto, la corte ritiene trattarsi di questione

puramente nominalistica.

Senza prendere posizione sul dibattito (ormai secolare) del

l'ammissibilità della figura del c.d. contratto pubblico o di di

ritto pubblico, è certo che l'amministrazione può ricorrere ad un

atto bilaterale per disciplinare l'esecuzione (per lo più sotto

l'aspetto economico) di un suo precedente provvedimento. Poco importa, quindi, ai fini dell'individuazione delle posi

zioni soggettive che ne discendono, se l'oggetto di tale atto ab

bia natura pubblica o privata. Ciò che rileva è, invece, la confi

gurazione delle posizioni delle due parti nel rapporto. Nella specie 1 atto (che la corte può direttamente esaminare,

essendo investita di una questione di giurisdizione) contiene la

descrizione di una serie di adempimenti, senza che in ordine al

l'accertamento della loro esistenza l'amministrazione disponga di poteri discrezionali, ed enuncia in modo incondizionato, al

l'art. 2, la prestazione dell'amministrazione, con l'espressione «Il contributo di cui al decreto ministeriale ... sarà erogato con le

seguenti modalità». Non ricorre, pertanto, alcun elemento te

stuale per configurare la posizione del beneficiario come mero

interesse all'emanazione di un atto a lui favorevole.

La controversia avente ad oggetto il pagamento del tributo è

quindi — nella presente situazione — devoluta alla giurisdizio

ne ordinaria.

3.3. - Passando al secondo mezzo d'annullamento, occorre

esaminare quella parte dello stesso con la quale si censura la

sentenza impugnata nel punto in cui ha ritenuto l'esistenza di un

diritto soggettivo del destinatario all'acquisto della proprietà dell'area assegnatagli per la realizzazione del programma am

messo a contributo.

Secondo l'amministrazione ricorrente non sarebbe configura bile un diritto all'acquisto della proprietà perché il trasferimento

dovrebbe avvenire in forza di apposito provvedimento ammini

II Foro Italiano — 2002.

strativo, sì che la posizione del soggetto in relazione all'emana

zione di tale atto non potrebbe non configurarsi come interesse

legittimo. Senonché, nessuna norma prevede che il trasferimento av

venga in tal modo, e non mediante la stipulazione di apposito contratto.

Si deve distinguere, infatti, la posizione del soggetto che aspi ra all'assegnazione di un'a.Va (la quale avviene indubbiamente

in forza di un provvedimento amministrativo discrezionale) da

quella di colui che ha ottenuto l'assegnazione ed ha posto in es

sere tutte le condizioni stabilite per l'acquisto della proprietà, senza che sull'accertamento di tali condizioni siano conferiti

poteri discrezionali all'amministrazione e siano, quindi, neces

sari ulteriori provvedimenti amministrativi.

Come risulta accertato in sede arbitrale, e non è contestato tra

le parti, il decreto ministeriale di concessione del contributo,

parte del quale era destinato all'acquisto dell'area assegnata,

prevedeva espressamente la stipula dei necessari atti contrat

tuali.

Sul punto la corte d'appello ha osservato che un provvedi mento amministrativo avente il contenuto e gli effetti pretesi dall'amministrazione non è previsto dalla legge, e tale argo mentazione deve essere condivisa.

Si deve osservare, in via generale, che le principali leggi di

sciplinanti gli interventi di sostegno di iniziative imprenditoriali non contengono casi in cui il trasferimento di aree ai soggetti che intendono assumere tali iniziative avvenga in forza di prov vedimento amministrativo, inteso nella sua stretta accezione di

atto unilaterale autoritativo avente efficacia costitutiva.

Il procedimento di cessione delle aree industriali, previsto dal

t.u. delle leggi sul Mezzogiorno (d.p.r. 6 marzo 1978 n. 218) e

da successive leggi (possono citarsi, a titolo esemplificativo, le

leggi n. 949 del 1952; n. 488 del 1992; n. 44 e n. 95 del 1996) doveva sfociare necessariamente nella conclusione di un con

tratto di vendita, stipulato nella forma dell'atto pubblico o della

scrittura privata autenticata.

Le stesse norme indicate dall'amministrazione ricorrente a

sostegno della tesi di un trasferimento della proprietà a mezzo di

provvedimento amministrativo non offrono alcun supporto a

tale tesi.

In nessuno dei testi legislativi citati (art. 8 d.l., convertito,

con modificazioni, nella 1. 27 marzo 1987 n. 120. poi inserito

nell'art. 32 d.leg. 30 marzo 1990 n. 76, contenente il t.u. delle

leggi per gli interventi nei territori del Mezzogiorno colpiti dagli eventi sismici del 1980, 1981 e 1982; art. 21, 1° e 2° comma,

d.l. 23 giugno 1995 n. 244, convertito con la 1. 8 agosto 1995 n.

341 e modificazioni a tali commi introdotte con l'art. 2 1. 7 ago sto 1997 n. 266) è prevista l'attribuzione di uno specifico potere amministrativo finalizzato a disporre il trasferimento della pro

prietà delle aree assegnate. Nessun sostegno alla tesi dell'amministrazione può. infine,

essere tratto dal 3° comma dell'art. 21 d.l. 244/95. La norma, in

fatti, prevede il recupero in via amministrativa «dei lotti, loro

accessori e pertinenze, rimasti inutilizzati o la cui assegnazione sia stata revocata, ai sensi dell'art. 2, 4° e 5° comma, d.l. 5 otto

bre 1993 n. 398. convertito, con modificazioni, dalla 1. 4 dicem bre 1993 n. 493». A parte la considerazione che la previsione di

un atto autoritativo di ritrasferimento della proprietà — in caso

di decadenza dai benefici — non postula necessariamente che il

precedente trasferimento avvenga mediante provvedimento

amministrativo, resta decisivo il fatto che la citata norma, come

pure quelle richiamate, si riferisce a lotti, assegnati o non asse

gnati, per i quali il trasferimento della proprietà non è avvenuto.

Una conferma di tale assunto si ricava dall'art. 63 1. 23 di

cembre 1998 n. 448, il quale prevede che i consorzi industriali

possono riacquistare le aree non utilizzate e gli stabilimenti di

smessi. Anche tale norma non contiene la previsione di un

provvedimento amministrativo che disponga il riacquisto della

proprietà, per cui, se vi è stato trasferimento della proprietà al

l'assegnatario, il riacquisto non può avvenire se non in forza di

contratto.

La tesi dell'amministrazione, secondo cui l'adozione di uno

specifico provvedimento amministrativo di trasferimento sareb

be una sorta di corollario dei principi che regolano la materia,

contrasta, pertanto, coi fondamentali principi di legalità e tipi cità degli atti amministrativi.

Né potrebbe sostenersi che il trasferimento presupporrebbe,

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PARTE PRIMA

comunque, un atto di trasferimento del bene dal patrimonio in

disponibile a quello disponibile dello Stato. Sulla qualificazione dei beni, espropriati nel quadro degli interventi del Mezzogior no e successivamente destinati ad iniziative imprenditoriali age volate, come patrimoniali disponibili deve condividersi la tesi

della corte d'appello, la quale costituisce applicazione di un

principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità (sentenza 9 settembre 1997, n. 8743, id., Re£. 1997, voce Demanio, n.

15), secondo cui la natura di bene patrimoniale indisponibile

presuppone la concreta destinazione ad un pubblico servizio, il

che non si è nella specie verificato, tanto più che si era concluso

il procedimento per l'assegnazione dell'area al privato assunto

re dell'iniziativa.

Per quanto concerne la possibilità che, in relazione al trasfe

rimento di proprietà dell'area assegnata, possa configurarsi un

diritto soggettivo del privato, cui corrisponde un obbligo del

l'amministrazione, deve richiamarsi quanto sopra osservato cir

ca la natura giuridica del disciplinare e la possibilità che il rap

porto con esso costituito si articoli in diritti e corrispondenti ob

blighi. Per quanto attiene al punto che qui interessa, la lettera

dell'art. 4 («La proprietà del lotto assegnato e delle sue acces

sioni, nonché la comproprietà delle parti comuni all'area indu

striale, saranno trasferite — senza vincolo alcuno, sempreché siano assolte tutte le obbligazioni garantite dalla fideiussione di

cui al precedente art. 6 — dopo un anno dal conseguimento di

quote pari al settanta per cento dell'occupazione stabile e volu

me di produzione previste a regime come da allegato 1») non

consente altra ricostruzione all'infuori di un vincolo — sia pure

originato da un atto di diritto pubblico — al trasferimento della

proprietà, il quale, in difetto di una specifica previsione di un

potere amministrativo autoritativo, non può avvenire se non in

forza di un contratto.

Sulla base delle considerazioni che precedono deve, pertanto,

esclydersi che la posizione dell'assegnatario dell'area, il quale ha adempiuto a tutte le condizioni previste dal disciplinare per ottenere il trasferimento in proprietà dell'area assegnata, possa

configurarsi come interesse legittimo. Anche la controversia avente ad oggetto la posizione dell'as

segnatario in relazione all'acquisto della proprietà gl'area as

segnata, quindi, è devoluta alla giurisdizione del giudice ordina

rio.

3.4. - Le altre questioni svolte nel secondo motivo e nei rima nenti motivi, ivi compresa l'ammissibilità dell' esecuzione in

forma specifica di cui all'art. 2932 c.c., non pongono problemi di riparto della giurisdizione, ma attengono alla proponibilità e/o fondatezza della domanda (sez. un. 9 aprile 1999, n.

212/SU, id., 2000,1, 149, e precedente giurisprudenza). L'esame di tali questioni viene pertanto, ai sensi dell'art. 142

disp. att. c.p.c., rimesso alla prima sezione civile della corte.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 2 marzo

2001, n. 3052; Pres. Senofonte, Est. Macioce, P.M. Nardi

(conci, parz. diff.); Liotta (Avv. Di Majo) c. Fall. soc. Italpe troli (Avv. Sassani). Conferma App. Roma 10 novembre 1998

e 5 novembre 1996.

Società — Società per azioni — Aumento di capitale — Con ferimento in natura — Falsità della stima — Nullità della delibera — Procedimento di verifica — Irrilevanza (Cod. civ., art. 2343, 2379).

E nulla la deliberazione assembleare di aumento del capitale di

una società per azioni mediante conferimento in natura, as

sunta nella consapevolezza della falsità della valutazione di

stima del bene conferito, dovendosi escludere ogni inteiferen '

za tra la rilevata nullità ed il procedimento di revisione della

Il Foro Italiano — 2002.

stima esperibile da amministratori e sindaci nei sei mesi suc

cessivi al conferimento. ( 1)

Svolgimento del processo. — Con citazione dell'8 febbraio

1993 Liotta Rosario conveniva in giudizio innanzi al Tribunale

di Roma il fallimento della Italpetroli s.p.a. al fine di ottenere la

pronunzia di nullità della delibera assembleare 18 dicembre

1980, con la quale il capitale era stato aumentato da lire 900.000

a lire 1.830.000.000 — mediante il conferimento di un'azienda

(1) I. - Con la sentenza in rassegna (che non ha precedenti specifici ed è commentata anche da Zagra. Ipotesi di nullità della delibera di

aumento del capitale sociale, in Società, 2001, 803) la corte regolatrice ha ritenuto affetta da radicale nullità, e quindi impugnabile ai sensi del

l'art. 2379 c.c., una deliberazione di aumento del capitale mediante

conferimento di azienda adottata dall'assemblea sulla base di una peri zia di stima i cui dati erano falsi e della cui falsità i soci erano piena mente consapevoli. Il giudizio di nullità è argomentato dal fatto che una

simile deliberazione appare lesiva dell'interesse generale (nel caso di

specie, qualificato «di ordine pubblico») a che le determinazioni as

sunte in sede assembleare non siano fondate su presupposti materiali

insussistenti. Numerosi i precedenti giurisprudenziali che hanno sottolineato l'esi

stenza di un rapporto diretto tra lesione di interessi generali e radicale

nullità della relativa delibera. V., per tutti, Cass. 9 aprile 1999, n. 3457, Foro it., 1999, I, 2248, alla cui nota redazionale si rinvia per ulteriori

richiami. Ispirandosi al medesimo orientamento, Cass. 6 novembre

1999, n. 12347, id., Rep. 1999, voce Società, n. 683, ha statuito che in

sede di riduzione del capitale per perdite, ai sensi dell'art. 2446 c.c., l'omessa utilizzazione delle riserve legali determina la nullità e non la

semplice annullabilità iella delibera di riduzione, in quanto il relativo

precetto è posto a tutela di un interesse generale, che trascende quello del singolo socio, e, in particolare, a protezione dell'affidamento che i

terzi abbiano fatto sulla consistenza del capitale sociale. Analogo prin

cipio sottostà alla declaratoria di nullità delle deliberazioni approvative di bilanci quando questi risultino redatti in violazione dei criteri inde

rogabili fissati in proposito dalla legge: cfr., per tutte, Cass., sez. un., 21 febbraio 2000, n. 27/SU, id., 2S00, I, 1521, e 24 novembre 2000, n.

15189, id., Rep. 2000, voce cit., n. 819. Sempre facendo leva sul prin cipio per cui si ha nullità della deliberazione solo in caso di contrasto

con norme dettate a tutela dell'interesse generale e dirette ad impedire una deviazione dallo scopo essenziale economico-pratico del rapporto societario — mentre la violazione di norme poste a tutela di soci o

gruppi di soci genera soltanto annullabilità — Cass. 15 novembre 2000, n. 14799, id., 2001, I, 487, con nota di richiami, ha invece escluso che

possa ravvisarsi nullità in presenza di difetti del procedimento formati

vo della volontà assembleare che non incidono sulla liceità dell'oggetto (in quel caso si trattava di una deliberazione di azzeramento e ricostitu

zione del capitale assunta in forma ordinaria, anziché straordinaria, e senza la partecipazione dell'intero collegio sindacale).

In dottrina, tra gli scritti più recenti, v. Lener, in L'assemblea nelle

società di capitali a cura di Lener e Tucci, in Trattato di diritto privato diretto da Bessone, Torino, 2000, XVII, 216 ss.; Bartesaghi, Validità e invalidità delle delibere assembleari di società, Torino, 1999, 91 ss., nonché gli autori ivi citati.

II. - Nel ricondurre il caso di specie ad un'ipotesi di nullità della de liberazione assembleare di aumento del capitale, la Corte di cassazione ha espressamente escluso che la sopravvalutazione di un bene in sede di aumento di capitale in natura, quando conosciuta e condivisa dai soci deliberanti l'aumento stesso, possa essere corretta a mezzo della sola

procedura disciplinata dall'art. 2343 c.c. Infatti, secondo la corte, la di

sposizione di cui all'art. 2379 c.c. (in tema di nullità dei deliberati as

sembleari) si pone, rispetto all'art. 2343 c.c., in relazione di concorren za ed alternatività, per lo meno in caso di pieno coinvolgimento del de liberato assembleare nel» falsità dei suoi presupposti materiali. Sicché,

pare di comprendere, ogniqualvolta la consapevole sopravvalutazione del bene conferito venga accertata in occasione della verifica condotta

dagli organi sociali, troverà applicazione la procedura prevista dall'art. 2343 c.c.; mentre, laddove siffatta dolosa anomalia sfuggisse al pre detto controllo, chiunque ne abbia ricevuto nocumento (e.g., terzi cre

ditori) potrà sempre adire l'autorità giudiziaria per far dichiarare la nullità della relativa delibera.

Per giungere a tale conclusione la corte si è soffermata ad indagare sulla natura, sulla ratio e sui limiti di applicabilità della procedura di verifica disciplinata dal citato art. 2343, muovendo dal presupposto che detto procedimento è volto a ricondurre al vero il rapporto tra valore stimato del bene conferendo ed aumento di capitale, ogniqualvolta gli organi sociali dubitino circa l'effettiva corrispondenza tra queste due

grandezze numeriche. Tale opinione trova conforto in alcuni precedenti giurisprudenziali, oltre che nell'univoca dottrina sul punto. In giuris prudenza, v. Cass. 5 ottobre 1973, n. 2489, Foro it., 1974, I, 118, e Giur. comm., 1974, II, 271, con nota di Portale, Problemi in tema di

valutazione e di revisione della stima dei conferimenti in natura nella società per azioni (con postilla sul sindaco «minorenne»), secondo cui

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