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sezioni unite civili; sentenza 13 novembre 1986, n. 6638; Pres. Granata, Est. Onnis, P.M. Fabi...

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sezioni unite civili; sentenza 13 novembre 1986, n. 6638; Pres. Granata, Est. Onnis, P.M. Fabi (concl. diff.); Buscaglia e altri (Avv. De Collibus) c. Cassa nazionale di previdenza e assistenza per gli inegneri ed architetti (Avv. E. Romanelli, Marchioni). Conferma Trib. Novara 2 novembre 1984 Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 1 (GENNAIO 1987), pp. 47/48-51/52 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179543 . Accessed: 28/06/2014 15:22 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.55 on Sat, 28 Jun 2014 15:22:40 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 13 novembre 1986, n. 6638; Pres. Granata, Est. Onnis, P.M. Fabi(concl. diff.); Buscaglia e altri (Avv. De Collibus) c. Cassa nazionale di previdenza e assistenzaper gli inegneri ed architetti (Avv. E. Romanelli, Marchioni). Conferma Trib. Novara 2novembre 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 1 (GENNAIO 1987), pp. 47/48-51/52Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179543 .

Accessed: 28/06/2014 15:22

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PARTE PRIMA

to dall'art. 12 disp. prel. c.c. impone di attribuire alla norma di legge il senso che è fatto palese dal significato proprio delle parole, se

condo la loro connessione, al fine di dedurne la volontà del legi slatore.

Nel caso concreto, invece, tale criterio non viene seguito dalla te

si, non condivisa da questa Corte suprema, la quale attribuisce al

l'art. 261. n. 717/65 un significato generatore di diritti a favore dei

terzi e di correlativi obblighi a carico dell'impresa finanziata dalla

Cassa per il Mezzogiorno (sotto la forma di mutui agevolati). La norma recita testualmente:

«Nei provvedimenti di concessione dei benefici previsti dalla pre sente legge deve essere inserita una clausola esplicita determinante

l'obbligo, per il beneficiario, di applicare nei confronti dei lavora tori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai con

tratti di lavoro della categoria e della zona ... ».

«Le infrazioni al suddetto obbligo, accertate dall'ispettorato del

lavoro, sono comunicate al ministro per gli interventi straordinari

per il Mezzogiorno, che indicherà alla cassa le opportune misure

da adottare, sino alla revoca dei benefici concessi».

Ora, prescindendo dall'esame, omesso dalla corte di Bari, circa

la sussistenza, o meno, del presupposto di fatto, ossia del tratta

mento «inferiore» che il Marsano riceverebbe dalla società Melis

sano, l'interpretazione della norma porta, anzitutto, ad escludere

l'esistenza di un «provvedimento-contratto» o di una «concessione

contratto», quale negozio giuridico bilaterale, di cui vi è menzione

nel succinto ragionamento della corte di Bari, poscia elaborato, per fini diversi, da entrambi i litiganti.

Non trattasi, infatti, di concessione di un pubblico servizio o di

un'impresa pubblica, né di appalto di un'opera pubblica, dove, in

sieme all'atto amministrativo, v'è un capitolato o un disciplinare che descrive i diritti e gli obblighi del concessionario.

Trattasi, invece, di concessione avente il carattere di negozio giu ridico unilaterale, dominato dalla volontà discrezionale dell'ente

pubblico. Né altra qualificazione giuridica può desumersi nel caso

concreto, poiché la corte di Bari non ha provveduto all'interpreta zione del contenuto del «provvedimento» (consentito dall'art. 26

1. n. 717/68), ponendo, quindi, questa Corte suprema nella impos sibilità di valutare se l'attività ermeneutica fosse stata condotta con

l'osservanza delle norme legali e quali fossero i limiti e gli effetti

entro i quali l'atto amministrativo era destinato ad operare. Certo è che, ai sensi dell'art. 261. n. 717/65, la Cassa per il Mez

zogiorno, quale persona giuridica pubblica, era legittimata ad emet

tere un atto unilaterale (di diritto pubblico) che ben poteva

comportare, per l'impresa agricola beneficiaria, l'assunzione di un

determinato obbligo stipulandi. Questo obbligo, però, si poneva al

di fuori della causa primaria e della logica del provvedimento am

ministrativo ed acquistava un significato accessorio rispetto alla vo

lontà dell'ente che erogava il beneficio, nonché rispetto alla volontà

di chi lo riceveva, quale soggetto qualificato per la sua posizione nell'ordinamento del settore agricolo.

Pertanto, il provvedimento amministrativo pur contemplando in

ipotesi un obbligo stipulandi dell'imprenditore verso i suoi dipen

denti, non incideva, direttamente, sull'autonomia negoziale che re

golava il rapporto di lavoro. Rapporto che, per altro, trovava la

sua immediata e specifica tutela sia nel sistema legale (oltre che co

stituzionale), di cui alla 1. 19 ottobre 1970 n. 684, sui livelli minimi

dei salari per i lavoratori impiegati nelle imprese agricole, sia nella

norma pattizia generale, di cui al c.c.n.l. 21 ottobre 1958, reso vali

do erga omnes con d.p.r. 4 luglio 1960 n. 1010.

L'incidenza, al limite, poteva essere solo indiretta: nel senso che

l'imprenditore, avendo interesse a conservare il beneficio del finan

ziamento, fosse indotto ad erogare ai propri dipendenti un tratta

mento economico non inferiore a quello risultante dai contratti di

lavoro della categoria e della zona (tra cui quello provinciale inte

grativo del 20 luglio 1966). In altri termini, di fronte al potere discrezionale della Cassa per

il Mezzogiorno, non esiste il diritto soggettivo dell'impresa «bene

ficianda» ad ottenere le provvidenze previste dalla legge, le quali costituiscono la base del provedimento amministrativo di conces

sione. Né esiste il diritto soggettivo del terzo ad ottenere dall'im

presa beneficiaria l'adempimento di un obbligo previsto dal

provvedimento, a favore del terzo medesimo.

La completezza del discorso giuridico comporta di chiedersi quali siano le conseguenze del mancato adempimento, da parte

dell'imprenditore-concessionario. La risposta, già formulata in senso logico, trova sostegno, dal

punto di vista giuridico, rilevando che la norma di cui all'art. 26

Il Foro Italiano — 1987.

1. n. 717/65 attribuisce all'ente pubblico concedente il potere discre

zionale di adottare le misure ritenute opportune, e, se del caso, di

revocare il beneficio.

Sicché, come per la concessione, così per la revoca del finanzia

mento, il substrato giuridico rimane l'esercizio del potere discrezio

nale dell'ente pubblico, che non è, né potrebbe essere, fonte

generatrice di diritti a favore di terzi. Il pregiudizio (eventuale) di

costoro viene, quindi, a coincidere con l'invalidità successiva del

l'atto amministrativo, determinata dalla inadempienza del conces

sionario all'onere o al modo ad esso imposto. Di fronte a tale

inadempienza, scatta il principio dell'auto-tutela dell'ente, che può

portare sino alla revoca del provvedimento. Nel caso concreto, non può, pertanto, dirsi che le norme pattizie

relative al rapporto di lavoro de quo, senza l'applicazione dell'ac

cordo integrativo provinciale del 20 luglio 1966, siano in contrasto

con norme imperative, in senso sfavorevole ai lavoratori.

Né può dirsi che l'art. 26 1. 26 giugno 1965 n. 717 imponga al

l'imprenditore beneficiario, tramite il provvedimento amministra

tivo dell'ente pubblico competente, l'adempimento di un obbligo verso i lavoratori interessati, attribuendo a costoro il correlativo di

ritto soggettivo azionabile in via diretta ed autonoma. E, ciò, d'al

tro canto, trova riscontro sistematico nella disposizione dell'art. 36

dello statuto dei lavoratori (1. n. 300 del 1970). Ne consegue che i lavoratori medesimi non possono pretendere,

ai sensi dell'art. 1339 c.c., di inserire automaticamente nel rappor to di lavoro intercorrente con il beneficiario del finanziamento pub blico il contenuto dell'obbligo descritto nel provvedimento

amministrativo, quale condizione di questo. Sicché il provvedimento

medesimo, sebbene ponga l'obbligo del beneficiario in relazione al

l'applicazione, a favore dei lavoratori, di una determinata contrat

tazione collettiva, resta assorbito, sul piano giuridico, dalla

disposizione della norma legale (art. 26 1. cit.), che stabilisce, nel

caso di inadempimento al predetto obbligo, l'unico effetto delle san

zioni amministrative, sino alla revoca del beneficio.

La sentenza impugnata è, quindi, censurabile dal punto di vista

logico-giuridico ed interpretativo delle norme di diritto.

Il ricorso deve essere, pertanto, accolto per quanto di ragione. Ne consegue l'annullamento della sentenza medesima ed il rin

vio della causa ad altra corte d'appello, che procederà al nuovo esa

me della questione fondamentale secondo i principi dinanzi

enunciati. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 13 novem

bre 1986, n. 6638; Pres. Granata, Est. Onnis, P.M. Fabi (conci,

diff.); Buscaglia e altri (Avv. De Collibus) c. Cassa nazionale

di previdenza e assistenza per gli inegneri ed architetti (Avv. E.

Romanelli, Marchioni). Conferma Trib. Novara 2 novembre

1984.

Professioni intellettuali — Ingegneri e architetti — Professionisti

già pensionati per attività lavorative diverse — Obbligo di iscri

zione alla cassa di previdenza (L. 3 gennaio 1981 n. 6, norme in

materia di previdenza per gli ingegneri e gli architetti, art. 21).

Sussiste l'obbligo di iscrizione alla cassa di previdenza per quegli

ingegneri ed architetti che svolgano con continuità la libera pro

fessione, anche quando siano già titolari di trattamenti pensioni stici conseguiti in virtù di assicurazioni obbligatorie connesse a

pregresse e diverse attività lavorative e, per ragioni soggettive, non

possano acquisire il diritto alle prestazioni previdenziali erogabi li dalla cassa. (1)

(1) La decisione si inquadra nella concezione solidaristica delle singole forme di previdenza categoriali propugnata dalle sentenze, cui la motiva zione riportata espressamente si riferisce, Corte cost. 4 maggio 1984, n. 133 e n. 132 (Foro it., 1984,1, 1782, con nota di V. Ferrari) che hanno altresì affermato la non paragonabilità fra i diversi sistemi previdenziali e quindi non rilevante ai fini dell'art. 3 Cost, la circostanza che per gli avvocati e

procuratori, a differenza di quanto prescritto per ingegneri ed architetti dal l'art. 21, 5° comma, 1. 6/81, sia previsto l'obbligo di iscrizione alla cassa anche nelle ipotesi in cui il professionista goda di altra copertura previdenziale.

Dell'ambito di questo «privilegio» riconosciuto dall'art. 21, 5° comma,

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — Con ricorso del 30 giugno 1983 Luigi

Buscaglia, Giuseppe Castoldi, Nicolò Gentile, Antonio Basse, Gian

carlo Rollino, Franco Savoini e Giuseppe Tocco adivano il Pretore

di Novara e, premesso che, tutti ingegneri iscritti all'albo ed eser

centi la libera professione, erano stati per anni iscritti a forme di

previdenza obbligatorie in dipendenza di un rapporto di lavoro su

bordinato e, ormai collocati a riposo, godevano del relativo tratta

mento pensionistico, esponevano che la Cassa nazionale di

previdenza ed assistenza per gli ingegneri e gli architetti pretendeva da loro l'iscrizione ed il versamento dei contributi in contrasto con

la ratio della 1. 3 gennaio 1981 n. 6. Chiedevano pertanto che il pre tore li dichiarasse esonerati dall'iscrizione alla cassa e dalla relativa

contribuzione.

La cassa convenuta, costituitasi in giudizio, contestava la fonda

tezza della domanda, la quale veniva accolta dal pretore ma riget

tata, in sede di appello, dal tribunale della stessa città con sentenza

del 2 novembre 1984.

Il tribunale osservava che, a norma del 5° comma dell'art. 21 1.

n.6/81, l'esclusione dall'iscrizione alla cassa riguardava solo gli in

gegneri e gli architetti iscritti ad altre forme di previdenza obbliga torie in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato o di altra

attività in atto e non anche i professionisti che, pur avendo conse

guito la pensione in virtù di tali forme assicurative, avessero eserci

tato a norma del 10 comma dello stesso art. 21 la libera professione con carattere di continuità.

Non valeva obiettare, secondo il tribunale, che quei pensionati, data la loro età, non avrebbero avuto la possibilità di raggiungere l'anzianità contributiva necessaria per fruire delle prestazioni della

cassa, in violazione del carattere sinallagmatico del relativo siste

ma previdenziale, giacché un tal carattere era, anzitutto, dubbio e, in ogni caso, non avrebbe potuto a priori escludersi la realizzabilità

del sinallagma. Il tribunale osservava altresì che la norma del citato 5° comma

dell'art. 21 costituiva eccezione alla regola generale del 1° comma

e pertanto non era suscettibile di estensione analogica, in contrasto

col principio sancito dall'art. 14 disp. della legge in generale. Contro questa sentenza il Buscaglia e gli altri consorti di lite hanno

proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, illustrati da

memoria. La cassa resiste con controricorso.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo, denunciando vio

lazione e falsa applicazione degli art. 12 e 14 disp. della legge in

generale con riferimento all'art. 21 1. 3 gennaio 1981 n. 6, i ricor

renti sostengono che, come risulta dall'evoluzione legislativa in ma

teria, l'obbligo di iscrizione è rivolto esclusivamente agli ingegneri ed architetti esercenti la libera professione con carattere di conti

nuità, rimanendo esclusi da tale obbligo quei professionisti che, in

dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato, siano iscritti ad

altre forme di previdenza obbligatoria, sia che si trovino in fase con

tributiva, sia che già godano del trattamento pensionistico. Soggiun

gono che la legge non consente una doppia tutela pensionistica, ma

prevede una sola forma previdenziale corrispondente al tipo di at

tività esercitata.

Con il secondo motivo, denunciando insufficiente e contraddit

toria motivazione ovvero violazione e falsa aplicazione della 1. 3 gen naio 1981 n. 6, i ricorrenti deducono che l'esclusione del loro obbligo

di iscrizione alla cassa deriva dalla sussistenza di un rapporto sinal

lagmatico tra il versamento dei contributi e l'erogazione del tratta

mento pensionistico. Sostengono che tale carattere sinallagmatico si evince dall'art. 20 della citata legge del 1981, il quale prevede il

diritto alla restituzione dei contributi al professionista che cessa dal

l'iscrizione alla cassa senza aver maturato i requisiti per conseguire la pensione e dall'art. 2 della stessa legge che commisura la pensio ne al reddito dichiarato dall'iscritto. Censurano infine l'afferma

zione del tribunale secondo cui nei confronti dei pensionati non può ritenersi certa a priori la non realizzabilità del sinallagma.

I due motivi, che per la loro connessione conviene insieme esa

minare, sono infondati.

cit., la Cassazione offre oggi una visione restrittiva, legata alla lettera della

norma che riferisce l'esclusione dall'obbligo ai professionisti iscritti ad al

tre forme di previdenza obbligatorie in dipendenza di un rapporto di lavoro

subordinato o di altra attività in atto e non anche a quelli già titolari di pen sione in virtù di tali forme assicurative.

Sorprende, però, che la corte non abbia sospettato della costituzionalità

di tale norma nella parte in cui discrimina i liberi professionisti appartenen ti alla medesima categoria e già iscritti ad altre forme di previdenza, in base

alla circostanza che abbiano o meno conseguito la pensione, e quindi in ri

ferimento all'art. 3, 2° comma, Cost. [V. Ferrari]

Il Foro Italiano — 1987 — Parte 1-4.

1. - In virtù della legge istitutiva 4 marzo 1958 n. 179 alla Cassa

nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri ed architetti,

persona giuridica di diritto pubblico (art. 1), avente lo scopo di at

tuare in favore dei propri iscritti un trattamento pensionistico per

l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti (art. 2), erano obbligati ad

iscriversi tutti gli ingegneri ed architetti che potessero per legge eser

citare la Ubera professione (art. 3), cioè non fossero iscritti nei ri

spettivi albi professionali e nei cui confronti non sussistesse per legge il divieto di esercitare la libera professione (art. 1 reg. att. approva to con d.p.r. 31 marzo 1961 n. 521).

Ciascun iscritto era tenuto al versamento di un contributo indi

viduale, da stabilirsi ogni due anni in misura non superiore a lire

48.000 annue (art. 23) e tale contributo insieme con quello «indi

retto» a carico dei committenti (art. 24) costituiva la principale en

trata della cassa.

Gli iscritti i quali fossero già assoggettati ad altra forma di previ denza obbligatoria, in relazione ad altra attività nel contempo eser

citata avevano diritto ad una riduzione del contributo individuale

(art. 23). Nel sistema della 1. n. 179/58 era ammessa, dunque, l'iscrizione

contestuale alla cassa e ad altra forma previdenziale obbligatoria, in correlazione rispettivamente con la possibilità legale di esercizio

della libera professione e con l'esplicazione nel medesimo tempo di

altra attività. Non è, invero, ravvisabile nell'ordinamento un prin

cipio generale che vieti il concorso di due distinte attività lavorative

non omogenee, anche contemporanee, suscettibili di produrre cia

scuna un proprio reddito (cfr. Corte cost. 4 maggio 1984, n. 133,

Foro it., 1984, I, 1782). Mentre nel caso di iscrizione alla cassa e ad altra gestione previ

denziale obbligatoria per distinte attività svolte in periodi di tempo non coincidenti fra loro, i rispettivi trattamenti, del tutto autono

mi e indipendenti l'uno dall'altro, si sommavano integralmente (cfr.

in motivazione: Cass. 12 aprile 1980, n. 2345, id., 1980, I, 1649), nel caso invece di doppia contemporanea iscrizione il professioni sta aveva diritto nei confronti della cassa soltanto ad un trattamen

to integrativo, ove il trattamento erogato dall'altro ente previdenziale «in dipendenza di lavoro prestato nel periodo di iscrizione alla cas

sa» fosse inferiore a quello stabilito per i propri iscritti dalla cassa

medesima e, comunque, ad un trattamento di previdenza corrispon dente ai soli versamenti individuali (art. 41. del 1958 e art. 16 d.p.r. n. 521/61).

L'ammissibilità della doppia contemporanea iscrizione veniva a

cessare dal 1° gennaio 1972 per effetto della 1. 11 novembre 1971

n. 1046, la quale, recando modifiche e integrazioni alla legge del

1958, confermava come requisito di iscrizione alla cassa la mera pos sibilità legale di esercizio della libera professione, ma escludeva con

l'indicata decorrenza l'iscrizione stessa quando il professionista fosse

iscritto ad altra forma di previdenza obbligatoria «in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato o di altra attività esercita

ta», con la conseguente abrogazione delle norme dettate dal

l'art. 4 della legge del 1958 in tema di trattamento integrativo

(art. 2). 2. - Alla stregua della vigente 1. 3 gennaio 1981 n. 6, che ha pro

fondamente innovato in materia, «l'iscrizione alla cassa è obbliga toria per tutti gli ingegneri e gli architetti che esercitano la libera

professione con carattere di continuità» (art. 21, 1° comma). Non

è quindi più sufficiente, ai fini dell'iscrizione, la mera possibilità

legale dell'esercizio professionale, ma è necessario l'esercizio effet

tivo della libera professione in modo continuativo, cioè sistematico

e non soltanto saltuario ed occasionale, il quale sia pertanto indi

cativo di una capacità contributiva che giustifichi l'obbligatoria par

tecipazione alla solidarietà di categoria, da cui è caratterizzata, come

si dirà più innanzi, al pari degli altri sistemi previdenziali dei liberi

professionisti, la particolare forma di previdenza gestita dalla cassa.

In relazione all'indicato nuovo requisito per l'iscrizione è pertanto demandato dalla legge ad un organo della cassa (il comitato nazio

nale dei delegati) di determinare i criteri per accertare l'esercizio della

libera professione e, se necessario, di adeguarli periodicamente (art.

21, 3° comma), ed è attribuito ad un altro organo (la giunta esecu

tiva) di provvedere, sulla scorta dei detti criteri, alla revisione degli

iscritti con riferimento alla continuità dell'esercizio professionale

nel quinquennio (art. 21, 6° comma). In virtù della legge in esame, ciascun iscritto, in luogo del prece

dente contributo individuale, è tenuto a versare un contributo «sog

gettivo», determinato sulla base del reddito professionale netto

prodotto nell'anno, quale risultante dalla relativa dichiarazione ai

fini dell'I.r.p.e.f. e dalle successive definizioni, e in ogni caso, un

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PARTE PRIMA

contributo minimo suscettibile di adeguamento annuale, mentre a

carico di tutti gli iscritti agli albi degli ingegneri e degli architetti è posto un contributo integrativo, ripetibile nei confronti dei com

mittenti.

Parimenti rinnovato risulta il sistema di calcolo delle pensioni (di

vecchiaia, anzianità, inabilità, invalidità e per i superstiti) il cui am montare è stabilito in misura pari, per ogni anno di effettiva iscri

zione e contribuzione, all'1,75 per cento della media dei dieci più elevati redditi professionali dichiarati ai fini dell'I.r.p.e.f. nei quin dici anni anteriori alla maturazione del diritto.

3. - Anche nella 1. n. 6/81 sono esclusi dalla iscrizione alla cassa, come già previsto dalla citata 1. n. 1046/71, gli ingegneri e gli archi

tetti «iscritti a forme di previdenza obbligatorie in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato o comunque di altra attività eser

citata» (art. 21, 5° comma). Codesta esclusione, nel quadro della nuova disciplina che rende

obbligatoria l'iscrizione alla cassa soltanto se sussista l'effettivo eser

cizio della libera professione con carattere di continuità, ricollegando la contribuzione soggettiva al reddito netto prodotto, si spiega con

la scelta del legislatore di ritenere a priori carente l'anzidetto requi sito della continuità e la conseguente capacità contributiva, ove l'in

gegnere o l'architetto risulti in atto iscritto a forme di previdenza

obbligatorie in dipendenza di altra attività lavorativa svolta in regi me di subordinazione o di autonomia.

In coerenza con la ratio della detta esclusione il comitato nazio

nale dei delegati ha deliberato in data 23 marzo 1981 che il requisi to dell'esercizio professionale «con carattere di continuità» ricorre

«in via preliminare» nei confronti degli ingegneri ed architetti: a) iscritti all'albo ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di ordi namento professionale; b) non iscritti a forme di previdenza obbli

gatorie in dipendenza di un rapporto di lavoro subordinato o

comunque di altra attività esercitata di cui all'art. 21, 5° comma, 1. n. 6 del 1981; c) in possesso di partita i.v.a.

4. - Una volta che l'iscrizione obbligatoria ad altra forma previ denziale abbia avuto termine con la cessazione dell'attività lavora

tiva che ne costituiva il presupposto, sia stato o no raggiunto il

pensionamento, è da ritenersi obbligatoria l'iscrizione alla cassa ove

l'ingegnere e l'architetto svolga in tempo successivo la libera pro fessione con l'indicato carattere di continuità, e ciò in applicazione del 1° comma del citato art. 21, non operando più l'esclusione sta

bilita dal 5° comma dello stesso articolo.

In particolare, la circostanza che il professionista già goda, in virtù

della diversa attività lavorativa in passato svolta e del relativo rap

porto giuridico previdenziale, di un trattamento pensionistico, non

può considerarsi di ostacolo alla successiva iscrizione alla cassa sia

per la mancanza nell'ordinamento, come già si è accennato, di un

principio generale che vieti, in dipendenza di due attività lavorative

non omogenee, la duplice iscrizione alle corrispondenti forme pre videnziali obbligatorie, sia perché non si rinviene nella legge in esa me alcuna norma che espressamente escluda nella contemplata

ipotesi la possibilità di una doppia tutela previdenziale. In contrario non vale invocare l'evoluzione legislativa in materia

che aveva con la 1. n. 1046/71 negato l'ammissibilità, consentita in

precedenza dalla n. 179/58, di contestuale iscrizione alla cassa e ad altre forme di previdenza obbligatorie, giacché tale divieto non si

estendeva, come già si è visto, all'iscrizione a distinte gestioni pre videnziali per attività svolte in periodi di tempo non coincidenti tra

loro, nel qual caso, già nel vigore della citata legge del 1958, era

ammessa la duplice tutela con il cumulo dei rispettivi trattamenti. Anche alla stregua della nuova legge del 1981, ferma rimanendo l'i nammissibilità della contemporanea iscrizione introdotta dalla leg ge del 1971, la possibilità di una duplice tutela pensionistica discende

da iscrizioni non contestuali a due distinti enti previdenziali in di pendenza di attività non omogenee svolte in tempi diversi.

Non vale neppure obiettare che in tale ipotesi la titolarità di una

pensione a carico di altro ente previdenziale, presupponendo il tra scorrere di un certo numero di anni, potrebbe impedire al soggetto, che successivamente eserciti con continuità la libera professione, di

raggiungere l'anzianità di assicurazione e contribuzione necessaria

per ottenere la pensione a carico della cassa con conseguente man

cata attuazione del sinallagma contrattuale in una forma previden ziale, come quella in esame, la quale sarebbe appunto informata al principio di mutualità e di corrispettività tra contribuzione e trat tamento pensionistico.

Invero come la Corte costituzionale ha affermato con le senten

ze nn. 132 e 133 del 1984 in tema di previdenza forense, disciplina ta dalla 1. 20 settembre 1980 n. 576, ma con più ampio riferimento

Il Foro Italiano — 1987.

alle forme previdenziali obbligatorie concernenti le professioni in

tellettuali, codeste forme, benché organizzate in corrispondenza a

determinate categorie professionali ed alle rispettive attività tipiche, e contrassegnate da accentuata autonomia strutturale e finanziaria, ciascuna rispetto alle altre e tutte in confronto all'assicurazione ge nerale obbligatoria ed alla previdenza dell'impiego pubblico, non

possono qualificarsi di tipo mutualistico, giacché rispondono an

ch'esse ai principi dettati dagli art. 2 e 38 Cost., e sono improntate a criteri di solidarietà, sebbene operanti all'interno della categoria, secondo il modello della sicurezza sociale.

Nel sistema previdenziale in esame è dunque da escludere l'esi

stenza di un nesso sinallagmatico tra contributi e prestazioni previ

denziali, perché la contribuzione è configurata quale mezzo

finanziario necessario per l'assolvimento dei compiti di tutela affi

dati all'ente previdenziale ed è posta a carico di tutti gli iscritti in

ragione della loro capacità contributiva generica (desunta dall'ef

fettivo esercizio professionale) e specifica (ricavata dal reddito di

chiarato ai fini dell'i.r.p.e.f.), mentre il relativo gettito è destinato

all'erogazione delle prestazioni previdenziali in favore di tutti colo

ro che vengono a trovarsi nelle condizioni di bisogno previste dalla

legge, nel quadro di una partecipazione solidaristica di ogni iscritto

all'attività di previdenza svolta dalla cassa.

Vero è che anche in un sistema improntato al principio di solida

rietà gli oneri contributivi connessi con l'iscrizione debbono in qual che modo rapportarsi al grado di prestazione garantito dalla legge non solo alla categoria, ma altresì al singolo che di essa venga per un certo tempo a farne parte. Senonché, nella forma previdenziale

gestita dalla cassa, la solidarietà del gruppo si concilia con le esi

genze del singolo, essendo infatti previsto dall'art. 20, 1° comma, della legge del 1981 che il professionista, iscritto obbligatoriamente alla cassa, ove cessi dall'iscrizione senza aver maturato i requisiti assicurativi per il diritto alla pensione, ha diritto di ottenere il rim borso dei contributi soggettivi e degli eventuali contributi individuali previsti dalla precedente legislazione, con l'interesse legale dal 1 °

gennaio successivo ai relativi pagamenti. Il 2° comma dello stesso

articolo stabilisce che il detto rimborso spetta anche agli eredi del

l'iscritto che non abbia maturato diritto a pensione, sempre che non

abbiano titolo alla pensione indiretta.

5. - Devesi quindi concludere che l'ingegnere o l'architetto il quale

già goda per un pregresso rapporto di lavoro, subordinato o auto

nomo, e in virtù dell'iscrizione alla corrispondente forma di previ denza obbligatoria, di un trattamento pensionistico, ove svolga con

carattere di continuità la libera professione, non può esimersi dal

l'obbligo di iscrizione alla cassa per il fatto che per ragioni sogget tive non possa conseguire con certezza o per intero i vantaggi

previdenziali previsti, considerato che l'obbligo gli deriva dal detto

esercizio professionale e dalla relativa capacità contributiva, a cui

si riconnette il dovere di solidarietà all'interno del sistema previ denziale della categoria, rispondente ai principi espressi dagli art. 2 e 38 Cost.

Il ricorso dev'essere, dunque, rigettato. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 6 novembre

1986, n. 6520; Pres. Chiavelli, Est. Buccarelli, P.M. De Mar

tini (conci, conf.); Soc. Cambiaghi (Avv. Calabrese, F. Man

cini) c. Lombardo. Cassa Trib. Milano 4 maggio 1984.

Lavoro (collocamento della mano d'opera) — Assunzioni obbliga torie — Minorati psichici — Disciplina applicabile (L. 2 aprile 1968 n. 482, disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le p.a. e le aziende private, art. 5).

La l. 482 del 1968 sulle assunzioni obbligatorie non si applica agli invalidi affetti da minorazioni psichiche. (1).

(1) Conforme, da ultimo, Cass. 21 febbraio 1986, n. 1072, Foro it., 1986, I, 1299, con nota di A. Rossi, cui si rinvia per i richiami di precedenti, ivi

compresa Corte cost. 52/85 citata in sentenza. Contra Pret. Firenze 5 di cembre 1985, ibid. Cfr. inoltre Pret. Monza 14 maggio 1986, Pret. Milano 8 aprile 1986, Pret. Milano 10 marzo 1986, Pret. Torino 31 gennaio 1986, Lavoro 80, 1986, 837, 824, 823, 825; Trib. Milano 25 settembre 1985 (due), ibid., 130, 131.

In dottrina, ai riferimenti contenuti nella nota cit. adde E. Di Berardi

no, Gli invalidi civili per «.minorazioni psichiche» ed il collocamento obbli

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