sezioni unite civili; sentenza 13 novembre 1997, n. 11218; Pres. V. Sgroi, Est. Varrone, P.M.Morozzo Della Rocca (concl. conf.); Abbate (Avv. Recchi, Papa) c. Castria. Cassa App. Napoli 7luglio 1994Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 5 (MAGGIO 1998), pp. 1523/1524-1531/1532Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194455 .
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1523 PARTE PRIMA 1524
di quell'omogeneità che sola potrebbe esigere una parità di trat
tamento, per evitare dubbi di illegittimità costituzionale della
relativa disciplina, nella parte in cui considera, a fini limitati
ed eccezionali, la rilevanza della fruizione dell'assegno disgiun ta da prestazione lavorativa.
In conclusione, formulato il principio di diritto per cui la
fruizione, anche in assenza di attività lavorativa, dell'assegno ordinario di invalidità, revocato prima del compimento dell'età
pensionabile, non comporta, ai fini della maturazione o dell'in
cremento dei requisiti di contribuzione per la pensione di vec
chiaia un corrispondnte aumento dell'anzianità contributiva del
l'assicurato, la sentenza impugnata, ispirata all'opposto princi
pio, deve essere cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai fini
della decisione sul merito della domanda dell'odierna resistente,
intesa ad ottenere, pur in presenza delle descritte condizioni osta
tive, l'incremento contributivo di cui sopra, la corte può diret
tamente provvedere al riguardo, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., e,
conseguentemente, rigettare la domanda stessa.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 13 no vembre 1997, n. 11218; Pres. V. Sgroi, Est. Varrone, P.M.
Morozzo Della Rocca (conci, conf.); Abbate (Aw. Rec
chi, Papa) c. Castria. Cassa App. Napoli 7 luglio 1994,
Contratti agrari — Affitto — Subaffitto — Divieto — Viola zione — Disciplina (L. 3 maggio 1982 n. 203, norme sui con
tratti agrari, art. 5, 21, 46).
In tema di contratti agrari, nelle ipotesi di violazione del divieto
di subaffitto o di subconcessione di fondo rustico, l'art. 21 l. 203/82 accorda al locatore o concedente due azioni distin
te: quella della risoluzione del contratto di affitto per ina
dempimento (costituito dalla violazione del divieto) nei con
fronti dell'affittuario, prevista dall'art. 5 della legge ma che
trova la sua disciplina speciale nello stesso art. 21 e che, per
tanto, non deve essere preceduta dalla contestazione di cui
al 3" comma dell'art. 5, ma è soggetta al preventivo tentativo
di conciliazione ex art. 46 stessa legge ed al termine di deca
denza di quattro mesi dalla conoscenza; e quella di dichiara
zione di nullità del subaffitto o subconcessione (con conse
guente domanda di restituzione del fondo), da proporsi nei
confronti del subaffittuario o subconcessionario, anch 'essa sog
getta al tentativo di conciliazione ed al termine di decadenza di quattro mesi. (1)
In tema di contratti agrari, nelle ipotesi di subaffitto o di sub
concessione di fondo rustico, di cui all'art. 21 I. 203/82, la
violazione del divieto, ai fini della dichiarazione di nullità del subaffitto o della subconcessione, della risoluzione del con
tratto e della restituzione del fondo, può essere fatta valere
dal locatore entro quattro mesi dalla data in cui ne è venuto
a conoscenza, non essendo all'uopo sufficiente l'esperimento del tentativo di conciliazione ex art. 46 della legge senza che
sia stata iniziata l'azione giudiziaria nel predetto termine di
quattro mesi. (2)
(1-2) In presenza di contratto di affitto e di subaffitto da parte del l'affittuario, i giudici di primo grado avevano dichiarato improponibile la domanda di risoluzione del contratto nei confronti dell'affittuario, che veniva condannato al pagamento dei canoni, e avevano dichiarato la nullità del subaffitto con la condanna al rilascio del fondo da parte del subaffittuario. I giudici di appello, a loro volta, avevano ritenuto che l'improponibilità della domanda di risoluzione dell'affitto non coin
volgeva anche quella della nullità del subaffitto, poiché le due domande erano autonome; e che la decadenza ex art. 21 non sussisteva e, quindi, non si verificava il subentro del subaffittuario nella posizione dell'affit
II Foro Italiano — 1998.
Svolgimento del processo. — Con ricorso depositato il 3 aprile 1987 presso la sezione specializzata agraria del Tribunale di S.
Maria Capua Vetere, Maria Castria, premesso di avere conces
so in affitto un fondo rustico denominato Santella in agro di
S. Maria Capua Vetere di tre moggie a Francesco Abbate con
contratto 1° maggio 1964, esponeva che il rapporto si era svol
to regolarmente fino al 1978 quando l'Abbate aveva cessato
di corrisondere il canone e che contemporaneamente si erano
fatti vivi tali Pasquale Monaco e Pasquale Ventrone, assumen
do di avere ciascuno in locazione metà del predetto fondo e
tuario, avendo il concedente fatto valere la nullità entro quattro mesi
dalla conoscenza. Ricorrevano in Cassazione affittuario e subaffittuario deducendo che
a seguito della improponibilità della domanda di risoluzione dell'affitto
proposta dal locatore, non poteva pronunciarsi la nullità del subaffitto,
perché questa domanda era stata travolta dalla improponibilità dell'altra.
La sentenza ha respinto il motivo di ricorso, in tal modo risolvendo il contrasto giurisprudenziale insorto in seno alla sezione terza civile; da un lato si riteneva che il subaffitto o la subconcessione dei fondi
rustici ha sempre l'effetto automatico ed ex lege di estromettere l'affit tuario o concessionario dal rapporto originario e di attribuire al subaf
fittuario e subconcessionario la facoltà di subentrare nella posizione giuridica dell'affittuario o del concessionario; che il termine «nullità»
del subaffitto è usato in senso speciale, non solo perché la legittimazio ne non è generalizzata ma soprattutto perchè designa il declassamento del negozio ad atto, nel senso di collegargli effetti giuridici predetermi nati dalla legge; che, conseguentemente, il far valere la violazione del subaffitto ai fini della risoluzione del contratto di affitto non può signi ficare attivarsi nei confronti dell'affittuario, che è ormai fuori del con tratto e del rapporto originario, ma riguarda ormai soltanto il soggetto (nullamente subaffittuario) avente, ex lege, titolo ad una sorta di suc cessione nella posizione giuridica dell'affittuario (Cass. 28 ottobre 1988, n. 5846, Foro it., 1989,1, 84; 4 febbraio 1993, n. 1382, id., 1993,1, 3079).
D'altra parte, è stato affermato che la risoluzione di diritto del su baffitto comporta non la cosiddetta nullità del contratto di subaffitto, bensì il subingresso del subaffittuario nel rapporto ope legis (se il loca tore non fa valere le sue ragioni), ovvero quale effetto dell'esercizio del diritto potestativo da parte dell'affittuario (ove il locatore abbia
agito); che non essendo ipotizzabile, in favore del locatore, una duplici tà di azioni (una contro l'affittuario di risoluzione per inadempimento e l'altra, autonoma rispetto alla prima, contro il subaffittuario, per la declaratoria di nullità del subaffitto e la condanna alla restituzione del fondo), deve ritenrsi unica l'azione di rivendica accordata ex art. 21 (quale specificazione di quelle di cui al 2° comma dell'art. 5) al locatore il quale, deducendo la violazione del divieto di subaffitto o di subconcessione, è legittimato a proporre, contro l'affittuario o con
cessionario, domanda di risoluzione per inadempimento, nonché contro il suddetto ed eventualmente contro il subaffittuario o subconcessiona rio (atteso che la risoluzione del contratto di affitto comporta anche l'estinzione del dipendente contratto di subaffitto), domanda di con danna al rilascio del fondo; che, ove la domanda del locatore venga rigettata o dichiarata comunque inammissibile o improponibile, nessu n'altra pronuncia può essere emessa riguardo al diritto potestativo di subentro esercitato dal subaffittuario (Cass. 16 aprile 1992, n. 4693, id., Rep. 1992, voce Contratti agrari, n. 190).
Con il secondo motivo i ricorrenti lamentavano che la corte del meri to avesse escluso che il concedente fosse incorso nella decadenza di cui al 2° comma dell'art. 21, avendo nel termine di quattro mesi dalla co noscenza dell'inadempimento provveduto al tentativo di conciliazione ex art. 46, attendendo oltre tre anni per iniziare il giudizio.
In precedenza, la decadenza era stata esclusa, per non essere l'affit tuario legittimato a far valere la relativa eccezione (v. Cass. 5846/88, cit.).
La sentenza accoglie il secondo motivo di ricorso, osservando che
l'espressione normativa (far valere) importi la vera e propria iniziativa
giudiziaria, conformemente alla ratio legis che, da un lato, intende san zionare l'inerzia del locatore e, dall'altro, proteggere l'interesse del la voratore effettivo e dare stabilità e chiarezza ai rapporti agrari.
E la conseguenza è che non avvalendosi il locatore del divieto di su
baffitto, il subaffittuario o subconcessionario subentra nella posizione giuridica dell'affittuario o del concessionario.
Il punto controverso della normativa di cui all'art. 21 1. 203/82, è
quello relativo alla decadenza o meno dall'azione di risoluzione del con tratto di affitto quando questa sia stata proposta in giudizio dopo quat tro mesi dalla conoscenza del subaffitto o della subconcessione a terzi.
Cass. 5846/88 aveva escluso la decadenza, osservando che l'unico controinteressato all'azione del locatore ex art. 21, e quindi passiva mente legittimato ad essa, è il subaffittuario o il subconcessionario, mentre in detta norma nulla è previsto a favore di chi ha stipulato il subaffitto o la subconcessione: e la conseguenza è che quest'ultimo non può trarre alcun vantaggio dall'inutile scadenza del termine di quattro mesi di cui all'art. 21, e quindi non è legittimato a proporre in giudizio l'eccezione relativa. Allo stesso risultato era pervenuto App. Bari 9 aprile
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
di avere inviato a mezzo vaglia somme a titolo di canone, peral tro rifiutate da essa ricorrente.
Ciò premesso, la ricorrente concludeva per la risoluzione del
contratto di affitto con l'Abbate e per la condanna del medesi
mo al pagamento dei canoni, nonché per la dichiarazione di
nullità dei contratti di subaffitto del Monaco e del Ventrone, con condanna di tutti al rilascio del fondo.
Con unica memoria difensiva si costituivano i convenuti, so
stenendo di avere concordato con il dante causa della ricorrente
nel 1968 il subentro del Monaco e del Ventrone all'Abbate e
di avere i primi due pagato il canone delle rispettive parti di fondo nel domicilio della Castria, senza ricevere alcuna ricevu
ta. Contestavano, inoltre, la morosità dei canoni dal 1978, evi
denziando che in sede Ipa di Caserta la Castria aveva ammesso
di avere ricevuto i canoni fino all'annata 1981/1982 e rifiutato
i canoni successivi. In via riconvenzionale, chiedevano che fosse
dichiarata la legittimità del subentro del Monaco e del Ventro
ne, atteso il consenso della concedente o, quanto meno, per non avere la Castria impugnato la sublocazione nei quattro me
si dall'awenuta conoscenza.
Con sentenza 27 aprile 1990 l'adito tribunale così provvedeva:
a) dichiarava improponibile la domanda di risoluzione del con tratto d'affitto nei confronti dell'Abbate ex art. 5 1. n. 203 del
1982; b) condannava l'Abbate al pagamento dei canoni maturati
dall'annata agraria 1982/1983, con interessi dalla domanda;
e) dichiarava la nullità del contratto di subaffìtto in capo al
Monaco ed al Ventrone, ordinando il rilascio del fondo da par te dei medesimi in favore del Castria;
d) condannava tutti i convenuti in solido al pagamento delle
spese processuali. Con ricorso depositato il 27 marzo 1991 i soccombenti pro
ponevano gravame, chiedendo alla Corte d'appello di Napoli, sulla base di sei censure, di voler dichiarare l'improponibilità delle domande di risoluzione e di nullità del subaffitto, nonché la decadenza dell'appellata dall'azione ex art. 21 1. n. 203 del
1982 ed il subentro del Monaco e del Ventrone nel contratto
di affitto. Nella resistenza della Castria la suddetta corte, con
sentenza del 7 luglio 1994, rigettava il gravame, ritenendo: — che l'improponibilità della domanda di risoluzione dell'af
fitto non coinvolgeva anche quella di nullità del subaffitto, poi ché (giusta Cass. 5846/88, Foro it., 1989,1, 81) le due domande
erano autonome; — che nella specie la decadenza di cui all'art. 21 1. n. 203
del 1982 non sussisteva e, quindi, non si verificava il subentro
del subaffittuario nella posizione dell'affittuario, avendo fatto
valere il concedente la nullità del subaffitto, entro quattro mesi
dalla conoscenza, con lettera raccomandata; — che la prova testimoniale aveva chiarito che l'Abbate ave
va ceduto il predio al Ventrone ed al Monaco senza l'autorizza
zione della Castria; — che in ogni caso non era stata esercitata la facoltà di cui
al 3° comma dell'art. 21 1. n. 203 del 1972.
Hanno proposto ricorso per cassazione l'Abbate, il Ventrone
ed il Monaco sulla base di tre motivi. L'intimata non si è costi
tuita in questo grado. II ricorso veniva assegnato alla terza se
zione civile che, con ordinanza resa all'udienza del 15 ottobre
1996, rimetteva gli atti al primo presidente per l'eventuale asse
gnazione alle sezioni unite, al fine di comporre il contrasto in
1987, id., 1989, I, 86, coordinando l'art. 5 e l'art. 21 della legge; la
prima norma prevede la contestazione dell'inadempienza e la possibilità di sanatoria entro tre mesi, mentre la seconda prevede che la violazione
del divieto di subaffitto o subconcessione può essere fatta valere entro
quattro mesi dalla conoscenza, e quindi, dopo il decorso di tre mesi
per la possibile sanatoria del divieto, il locatore deve proporre il tentati
vo obbligatorio di conciliazione ex art. 46. Questa soluzione, è stato
osservato, sottrarrebbe tre dei quattro mesi concessigli dall'art. 21 per far valere il divieto, per cui è stata ritenuta sufficiente la contestazione
del divieto nei quattro mesi dalla conoscenza a mezzo di raccomandata.
La presente sentenza, pur riconoscendo una «certa ristrettezza di tem
pi», ha accolto la tesi restrittiva ritenuta in sintonia con le finalità per
seguite dalla norma, che intende sanzionare, come ricordato, l'inerzia
del locatore e proteggere l'interesse del lavoratore effettivo della terra
e dare stabilità e chiarezza ai rapporti agrari; tesi restrittiva che ha pur tuttavia ritenuto la non necessità della contestazione di cui al 2° comma
dell'art. 5. [D. Bellantuono]
Il Foro Italiano — 1998.
sorto nell'ambito della stessa sezione in ordine all'interpretazio ne dell'art. 21 1. n. 203 del 1982. I ricorrenti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione. — Con il primo motivo i ricorrenti, denunciando la violazione e la falsa applicazione dell'art. 21
1. n. 203 del 1982 in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., lamenta
no che il giudice dell'appello, dopo avere correttamente dichia
rato l'improponibilità della domanda di risoluzione del contrat
to di affitto proposta dalla Castria nei confronti dell'Abbate, abbia poi confermato la statuizione di nullità del subaffitto sti
pulato dall'Abbate con il Monaco ed il Ventrone, senza accor
gersi che la relativa domanda era rimasta travolta dall'impropo nibilità dell'altra.
La censura ripropone il problema della portata dell'art. 21
1. n. 203 del 1982 cit., se cioè il 2° comma di tale disposizione attribuisca al locatore l'azione di dichiarazione di nullità del subaffitto e di restituzione del fondo nei confronti del subaffit
tuario (o subconcessionario) e di risoluzione del contratto di
affitto nei confronti dell'affittuario, ovvero se attribuisca dette
azioni, ivi compresa quella di risoluzione del contratto di affit
to, esclusivamente nei confronti del subaffittuario (o subcon
cessionario), essendo l'azione di risoluzione prevista già dall'art.
5, 2° comma, 1. cit. Questione sulla quale si è formato, nell'am
bito della terza sezione civile, il contrasto giurisprudenziale al
l'origine di questa rimessione alle sezioni unite.
Per una migliore comprensione del problema conviene richia
mare le norme asseritamente applicabili in tema di subaffitto
di fondi rustici. L'art. 5, 2° e 3° comma, 1. 3 maggio 1982 n. 203, così sta
tuisce:
«La risoluzione del contratto di affitto a coltivatore diretto
può essere pronunziata nel caso in cui l'affittuario si sia reso
colpevole di grave inadempimento contrattuale, particolarmente in relazione agli obblighi inerenti al pagamento del canone, alla
normale e razionale coltivazione del fondo, alla conservazione
e manutenzione del fondo medesimo e delle attrezzature relati
ve, all'instaurazione di rapporti di subaffitto o di subconcessione.
Prima di ricorrere all'autorità giudiziaria, il locatore è tenuto
a contestare all'altra parte, mediante lettera raccomandata con
avviso di ricevimento, l'inadempimento e ad illustrare le pro
prie motivate richieste. Ove il conduttore sani l'inadempienza entro tre mesi dal ricevimento di tale comunicazione, non si
dà luogo alla risoluzione del contratto».
L'art. 21 1. 203/72 così statuisce:
«Sono vietati i contratti di subaffitto, di sublocazione e co
munque di subconcessione dei fondi rustici.
La violazione del divieto, ai fini della dichiarazione di nullità del subaffitto o della subconcessione, della risoluzione del con
tratto di affitto e della restituzione del fondo, può essere fatta
valere soltanto dal locatore, entro quattro mesi dalla data in
cui ne è venuto a conoscenza. Se il locatore non si avvale di
tale facoltà, il subaffittuario o il subconcessionario subentra nella
posizione giuridica dell'affittuario o del concessionario.
Se il locatore fa valere i propri diritti, il subaffittuario o il subconcessionario ha facoltà di subentrare nella posizione giuri dica dell'affittuario o del concessionario per tre annate agrarie a partire dalla scadenza di quella in corso e comunque per una
durata non eccedente quella del contratto originario».
Ora, da un lato è stato affermato che in tema di rapporti
agrari, a norma della 1. n. 203 del 1982, nell'ipotesi di subaffit
to o subconcessione di fondo rustico, il locatore o concedente
è titolare di due azioni distinte ed autonome, quella contro l'af
fittuario, riconducibile all'ambito della risoluzione per inadem
pimento prevista dall'art. 5 e quella propriamente dichiarativa
della nullià del subaffitto o della subconcessione e di risoluzio ne (e condanna alla restituzione del predio) nei confronti del
solo subaffittuario o subconcessionario di fatto, siccome disci
plinata dall'art. 21, con la conseguenza che l'affittuario origi
nario non è legittimato a fare valere la decadenza di questa
seconda azione per scadenza del termine di mesi quattro dalla
conoscenza del fatto da parte del concedente, con riguardo al
l'azione di risoluzione — per le conseguenze connaturate possi
bili — proposta nei suoi confronti per la violazione del divieto
di subaffitto (Cass. 28 ottobre 1988, n. 5846, cit.). Questo crite
rio interpretativo è stato confermato con la sentenza 4 febbraio
1993 n. 1382 (id., 1993, I, 3079), con la precisazione che delle due azioni distinte di cui, nell'ipotesi di subaffitto o subconces
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1527 PARTE PRIMA 1528
sione di fondo rustico, è titolare il locatore (o concedente), quella contro l'affittuario, prevista dall'art. 5, 2° comma, 1. cit., è
riconducibile all'ambito della risoluzione per inadempimento, non è soggetta a termine di decadenza, ma deve essere precedu ta dalla contestazione di cui al 3° comma della predetta norma
e dalla concessione di un termine di tre mesi per la sanatoria
dell'inadempimento; quella indicata dall'art. 21, 2° comma, della
legge, per la dichiarazione della nullità del subaffitto o della
subconcessione e della risoluzione del contratto con conseguen te condanna alla restituzione del fondo, può essere proposta soltanto nei confronti del subaffittuario (o subconcessionario) ed è soggetta ad un termine di decadenza di quattro mesi che
solo il subaffittuario (o subconcessionario) è legittimato ad ec
cepire, perché unico interessato ad impedire la dichiarazione di
nullità del subaffitto o della subconcessione, senza della quale
egli subentra, ope legis, nella posizione giuridica dell'affittuario
o del concessionario.
Peraltro, medio tempore, era stato affermato che qualora il
concedente di fondo rustico denunci l'inosservanza dell'affit
tuario al divieto del subaffitto, agendo per la declaratoria di
risoluzione del contratto per inadempimento e di nullità del su
baffitto, nonché per ottenere condanna al rilascio del bene, ed
inoltre il subaffittuario, ai sensi dell'art. 21, 3° comma, 1. 3
maggio 1982 n. 203, eserciti in via riconvenzionale la facoltà
di chiedere il subingresso nel rapporto, l'esclusione dell'ammis
sibilità o proponibilità di detta denuncia d'inadempimento, ov vero l'accertamento dell'insussistenza del medesimo, ostano ad
ogni altra pronuncia, mentre, in caso di soluzione positiva dei
relativi quesiti, il riscontro della fondatezza dell'indicata domanda
riconvenzionale ha carattere prioritario ed assorbente, impeden do la dichiarazione di prosecuzione del rapporto fra il conce
dente ed il subaffittuario (nei limiti temporali fissati dalla citata norma) (Cass. 16 aprile 1992, n. 4693, id., Rep. 1992, voce
Contratti agrari, n. 192). A sostegno del primo indirizzo, si è ritenuto: — che il subaffitto o la subconcessione dei fondi rustici ha
sempre l'effetto automatico ed ex lege di estromettere l'affittua
rio (o concessionario) dal rapporto originario e di attribuire al
subaffittuario o subconcessionario la facoltà di subentrare nella
posizione giuridica dell'affittuario o del concessionario; — che il termine nullità del subaffitto è usato in senso specia
le, non solo perché la legittimazione all'azione non è generaliz zata, ma soprattutto perché designa il declassamento del nego zio ad atto, nel senso di collegargli effetti giuridici rigidamente
predeterminati dalla legge; — che, conseguentemente, il far valere la violazione del di
vieto di subaffitto ai fini della risoluzione del contratto di affit
to non può significare attivarsi nei confronti dell'affittuario, che è ormai fuori del contratto e del rapporto originario, ma
rigaurda ormai soltanto il soggetto (nullamente subaffittuario) avente, ex lege, titolo ad una sorta di successione nella posizio ne giuridica di affittuario (v., segnatamente, l'ampia motivazio
ne di Cass. 5846/88). La pronuncia 4693/92, invece, ha affermato: — che la violazione del divieto di subaffitto comporta non
la cosiddetta nullità del contratto di subaffitto, bensì il subin
gresso del subaffittuario nel rapporto di affitto ope legis (se il locatore non fa valere le sue ragioni), ovvero quale effetto dell'esercizio del diritto potestativo da parte del subaffittuario
(ove il locatore abbia agito); — che, non essendo ipotizzabile, in favore del locatore, una
duplicità di azioni (una contro l'affittuario di risoluzione per inadempimento e l'altra, autonoma rispetto alla prima, contro il subaffittuario, per la declaratoria di nullità del subaffitto e la condanna alla restituzione del fondo), deve ritenersi unica l'azione accordata dall'art. 21 (quale specificazione di quella di cui al 2° comma dell'art. 5) al locatore il quale, deducendo la violazione del divieto di subaffitto o subconcessione, è legit timato a proporre, contro l'affittuario o concessionario, domanda di risoluzione del contratto per inadempimento, nonché contro il suddetto ed eventualmente anche contro il subaffittuario o subconcessionario (atteso che la risoluzione del contratto di af
fitto comporta l'estinzione anche del dipendente contratto di
subaffitto), domanda di condanna al rilascio del fondo; — che, ove la domanda del locatore venga rigettata o dichia
rata comunque inammissibile o improponibile, nessun'altra pro nuncia può essere emessa riguardo al diritto potestativo di su bentro esercitato dal subaffittuario.
Il Foro Italiano — 1998.
Queste essendo, in sintesi, le linee argomentative dei contrap
posti orientamenti, rileva la corte che pur offrendo interessanti
ed indispensabili spunti interpretativi, nessuno dei due giunge a conclusioni interamente accettabili, com'è dimostrato, indi
rettamente, dall'insoddisfazione manifestata dalla dottrina, an
ch'essa tuttavia divisa ed incerta nel formulare una ricostruzio
ne dommatica coerente ed esaustiva. In altre parole trattasi di
un contrasto giurisprudenziale non componibile, come normal
mente accade, con l'adozione di una delle interpretazioni con
fliggenti, ma che richiede l'adozione di un diverso schema inter
pretativo, idoneo a superare le oggettive difficoltà derivanti dal
l'impreciso coordinamento fra gli art. 5 e 21 1. n. 203 del 1982
e dall'uso atecnico delle nozioni normative. Sotto quest'ultimo
profilo è stato già unanimemente rilevato che il termine nullità, con il quale l'art. 21 sanziona la violazione del divieto di subaf
fitto (in coerenza con l'analogo divieto stabilito dal d.l. n. 156
del 1945 e dall'art. 21 1. n. 11 del 1971), è usato in un significa to speciale, mancando nella specie ogni elemento caratteristico
della nullità, quali l'assolutezza, la rilevabilità d'ufficio, l'im
prescrittibilità dell'azione e la totale inefficacia; cosicché la mag
gioranza della dottrina, rilevato che il contratto di subaffitto
o di subconcessione è produttivo di effetti tra le parti finché
il locatore non ne chieda l'annullamento per la violazione del
divieto di subaffitto, ha parlato di un'ipotesi di annullabilità speciale, ed anche la giurisprudenza è giunta alla stessa conclu
sione, rilevando che «la violazione del divieto di subaffitto non
comporta un'assoluta improduttività di effetti del contratto sti
pulato, poiché prevede la possibilità di surroga da parte del su
baffittuario» (Cass., sez. un., 5 ottobre 1987, n. 7420, id., 1987,
I, 3247, in motivazione).
Orbene, prima di affrontare e risolvere il denunciato contra
sto e per completezza di informazione, sembra opportuno ri
chiamare i principi già affermati da questa corte in subiecta
materia e, cioè: — il divieto di subaffitto o di subconcessione di fondo rusti
co ha non lo scopo di tutelare un qualche diritto soggettivo del concedente con riguardo all'obbligo di normale e razionale
coltivazione del fondo a norma dell'art. 5 della stessa legge, ma quello di proteggere gli interessi del lavoratore effettivo del
la terra, evitando ogni forma di intermediazione e di sfrutta
mento del lavoro agricolo (Cass. 8 marzo 1991, n. 2471, id.,
1992, I, 510, e 20 aprile 1995, n. 4479, id., Rep. 1995, voce
cit., n. 203), sanzionando altresì l'inerzia del locatore a fronte
della violazione del divieto e dando nel contempo stabilità e
chiarezza ai rapporti agrari (Cass. 24 marzo 1986, n. 2058, id.,
Rep. 1986, voce cit., n. 203); — ove il locatore non abbia chiesto tempestivamente la di
chiarazione di nullità del subaffitto, il rapporto intercorre diret
tamente tra proprietario e subaffittuario, che subentra nella po sizione giuridica dell'affittuario, senza che quest'ultimo sia le
gittimato a chiedere la declaratoria di nullità del contratto nei confronti del subaffittuario medesimo (Cass. 3 marzo 1989, n.
1191, id., Rep. 1990, voce cit., n. 200). In particolare, la complessa vicenda è stata descritta precisan
do che «se a fronte della violazione del divieto ex art. 21 il
locatore non reagisce (o reagisce oltre il termine di decadenza di quattro mesi) la sostituzione del terzo subaffittuario nella
posizione giuridica dell'affittuario avviene ope legis (e non qua le conseguenza di un negozio traslativo) e deve ritenersi che operi sin dal momento della stipulazione del contratto (nullo) di su
baffitto e automaticamente, in quanto il subaffittuario viene considerato immediato affittuario, indipendentemente dalla sorte e dall'eventuale risoluzione del contratto base a suo tempo in
tercorso tra locatore e affittuario subaffittante. Se a fronte del la violazione del divieto ... il locatore reagisce e reagisce tem
pestivamente, il meccanismo della sostituzione del terzo subaf fittuario nella posizione giuridica dell'affittuario conserva integra la propria operatività ... per il tempo passato, e cioè anteriore all'esercizio dell'azione di nullità, mentre, per il tempo successi
vo, alla "facoltà" del locatore di far valere la nullità e, quindi, il diritto alla restituzione del fondo, viene contrapposta la "fa coltà" del subaffittuario (ritenuta meritevole di maggior tutela) di neutralizzare temporaneamente gli effetti della nullità del su
baffitto, protraendo per altre tre annate agrarie (decorrenti dal la scadenza dell'annata agraria in corso alla data della proposi zione della domanda e non dalla pronuncia sulla stessa) la sta bilità del suo subingresso nella posizione giuridica dell'affittuario»
(Cass. 12 luglio 1991, n. 7773, id., Rep. 1991, voce cit., n. 199).
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Chiarito quanto innanzi, sembra doversi ragionare nei termi
ni seguenti. L'art. 5 1. n. 203 del 1982, quando stabilisce al
2° comma che «la risoluzione del contratto di affitto . . . può essere pronunziata nel caso in cui l'affittuario si sia reso colpe vole di grave inadempimento contrattuale, particolarmente in
relazione agli obblighi inerenti . . . alla instaurazione di rappor ti di subaffitto o di subconcessione», ha lo scopo di tipizzare le inadempienze più rilevanti ai fini della declaratoria di risolu
zione, comprendendovi anche la stipulazione di contratto di su
baffitto (o subconcessione). Inoltre, nel successivo 3° comma, ove prevede l'onere della preventiva contestazione dell'inadem
pimento, da parte del concedente, con le sue motivate richieste, ha invece lo scopo di consentire la sanatoria da parte dell'affit
tuario inadempiente (e, quindi, la normale prosecuzione del
rapporto). Dal canto suo l'art. 21 della stessa legge, quando nel 2° com
ma stabilisce che «la violazione del divieto (di subaffitto) ai fini . . . della risoluzione del contratto di affitto . . . può essere
fatta valere soltanto dal locatore, entro quattro mesi dalla data
in cui ne è venuto a conoscenza», evidentemente, non può che
riferirsi ad un'azione del locatore nei confronti dell'affittuario, dal momento che l'inadempimento concerne esclusivamente la
violazione del divieto di subaffitto («la violazione del divieto ai fini . . . della risoluzione») ed è, quindi, la stessa azione indi cata nell'art. 5, che però viene regolamentata con una disciplina
speciale (conf. Cass. 4693/92, cit., secondo la quale l'azione
accordata al locatore dall'art. 21 è una specificazione di quella dell'art. 5, 2° comma), che prevale su quella generale.
Se quanto precede è esatto, bisogna affermare che, in questa
materia, il locatore è titolare di due azioni distinte: quella di
risoluzione del contratto di affitto per inadempimento (costitui to dalla violazione del divieto di subaffitto) nei confronti del
l'affittuario e quella volta alla dichiarazione di nullità del su
baffitto (o della subconcessione) ed alla restituzione del fondo
nei confronti del subaffittuario (o subconcessionario). Due azioni,
ma entrambe disciplinate nell'art. 21, cosicché anche quella di
risoluzione per inadempimento contro l'affittuario è soggetta al breve termine quadrimestrale di decadenza ma non all'onere
della preventiva contestazione di cui al 2° comma dell'art. 5,
con la concessione di un termine di tre mesi per la sanatoria
dell'inadempimento. Tale articolo, infatti, ha un duplice scopo:
quello di tipizzare le azioni di risoluzione per inadempimento
e quello di consentire la sanatoria del medesimo. Ora, sotto
il primo profilo, sancendo la proponibilità della domanda di
risoluzione per violazione del divieto di subaffitto nei confronti
dell'affittuario, supera l'obiezione che nega la legittimazione pas siva di quest'ultimo in quanto sarebbe per legge fuori del con
tratto e del rapporto originari a seguito della stipulazione del
contratto di subaffitto (Cass. 1382/93, cit.). Sotto l'altro, la
necessità della preventiva contestazione sembra esclusa dal rilie
vo che non viene spiegato come l'affittuario potrebbe sanare
l'inadempimento, dal momento che il subaffittuario potrebbe
già essere subentrato ex lege nell'originario rapporto di affitto
per l'intera durata, o potrebbe avere esercitato il diritto pote stativo al subentro per il periodo ridotto di cui all'ultimo com
ma del citato art. 21 (una snatoria sarebbe configurabile solo
se il subaffittuario rinunciasse al suo contratto; ma in questo
caso, trattandosi di comportamento attribuibile non all'affit
tuario inadempiente ma ad un terzo, è dubbio che possa rien
trare nel concetto di sanatoria ex art. 5, cit.).
Deve aggiungersi che la domanda di risoluzione nei confronti
dell'affittuario, di cui all'art. 21, se è esentata dall'onere della
preventiva contestazione ex art. 5, è soggetta tuttavia al termine
di decadenza stabilito dallo stesso art. 21 e deve essere precedu
ta, in virtù della regola generale dall'art. 46, dal preventivo ten
tativo di conciliazione davanti alla Ipa.
Tirando i fili del discorso e concludendo, il rilevato contrasto
giurisprudenziale va composto affermando il seguente principio
di diritto: «In tema di contratti agrari, nelle ipotesi di violazio ne del divieto di subaffitto o dubconcessione di fondo rustico,
l'art. 21 1. n. 203 del 1982 accorda al locatore o concedente
due azioni distinte: quella di risoluzione del contratto di affitto
per inadempimento (costituito dalla violazione del divieto) nei
confronti dell'affittuario, prevista genericamente dall'art. 5 ma
che trova la sua disciplina speciale nello stesso art. 21 e che,
pertanto, non deve essere preceduta dalla contestazione di cui
al 3° comma dell'art. 5 ma è soggetta al preventivo tentativo
li Foro Italiano — 1998.
di conciliazione ex art. 46 ed al termine di decadenza di quattro mesi dalla conoscenza; e quella di dichiarazione della nullità
del subaffitto o della subconcessione (con conseguente doman
da di restituzione del fondo), da proporsi nei confronti del su
baffittuario (o subconcedente), anch'essa soggetta al tentativo
di conciliazione ed al termine di decadenza sopracitati». Diverso ed anch'esso delicato problema è quello poi della con
figurabilità o meno di un litisconsorzio necessario fra affittua
rio e subaffittuario, già escluso in ragione della ritenuta auto
nomia dell'azione di risoluzione esercitata nei confronti del solo
affittuario ai sensi dell'art. 5 (Cass. 1382/93, cit.); ma trattasi
di questione estranea alla fattispecie dal momento che tutte le
parti interessate sono state evocate nel presente giudizio.
Ora, tornando all'esame del primo motivo di ricorso, è age vole rilevare che esso, presupponendo la sostanziale dipendenza delle due azioni (cosicché la dichiarazione di improponibilità della domanda di risoluzione precluderebbe l'esame della do
manda di nullità del subaffitto), si infrange contro il principio giuridico testé affermato (alla cui stregua l'eventuale decadenza
del concedente dalla facoltà di ottenere una pronuncia di risolu
zione dell'affitto non osta all'esame della domanda volta alla
declaratoria di nullità del subaffitto ovvero di subentro ex lege del subaffittuario) e va, pertanto, rigettato.
Con il secondo mezzo i ricorrenti, denunciando un'ulteriore
e diversa violazione e falsa applicazione dell'art. 21 cit., in rela
zione all'art. 360, n. 3, c.p.c., lamentano che il giudice di ap
pello abbia escluso che la Castria fosse incorsa nella decadenza
di cui al 2° comma di tale disposizione, pur avendo — nel ter
mine di quattro mesi dalla conoscenza dell'inadempimento —
provveduto soltanto alla comunicazione del «preavviso di lite»
di cui all'art. 46, attendendo oltre tre anni (dal 13 marzo 1984
al 3 aprile 1987) per iniziare il giudizio. La censura è fondata. Questa corte ha già affrontato la que
stione se debba ritenersi decaduto dall'azione di risoluzione del
contratto di affitto il locatore che abbia proposto il ricorso in
sede giudiziale dopo quattro mesi dalla conoscenza del subaffit
to a terzi, pur avendo esperito nell'anzidetto termine il tentati
vo obbligatorio di conciliazione di cui all'art. 46; ed è pervenu ta alla conclusione di escludere la decadenza per l'assorbente
e diversa ragione che l'affittuario non è stato ritenuto legittima
to a far valere la relativa eccezione (Cass. 5846/88, cit., ma
trattasi di statuizione condizionata dalla particolare interpreta zione data in tale sentenza all'art. 21).
Ora, ancorché in dottrina e nella giurisprudenza di merito
prevalga la tesi che la decadenza debba essere esclusa ove nel
termine prescritto sia stato provocato il tentativo obbligatorio di conciliazione, trattandosi di un passaggio obbligato per «far
valere» il proprio diritto, sembra proprio che l'espressione nor
mativa (far valere) importi la vera e propria iniziativa giudizia ria. Questa interpretazione si uniforma alla ratio legis che, co
me già detto, da un lato intende sanzionare l'inerzia del locato
re e, dall'altro, proteggere l'interesse del lavoratore effettivo della
terra e dare stabilità e chiarezza ai rapporti agrari (Cass. n.
2058/86, cit.). Al contrario, ove si ritenga che la mera tempesti
va comunicazione ex art. 46 sia valida ad impedire la decaden
za, siccome il diritto di agire giudizialmente resta soggetto alle
disposizioni che regolano la prescrizione (art. 2967 c.c.), tali
finalità potrebbero restare frustrate, come nel caso di specie, in cui la locatrice ha lasciato trascorrere, dopo il tentativo di
conciliazione, oltre tre anni prima di iniziare il giudizio. Non
è superfluo aggiungere che la tesi qui contrastata è stata giusti ficata in virtù dell'irragionevolezza sia di porre a carico del con
cedente l'onere di iniziare il giudizio di risoluzione, nonostante
la prospettiva di una possibile sanatoria in corso di causa, sia
di sottrarre al locatore stesso la possibilità di attendere il decor
so dei tre mesi dalla contestazione per proporre il tentativo ob
bligatorio di conciliazione e, quindi, in caso di esito negativo,
di adire l'autorità giudiziaria. Trattasi di incongruenze stretta
mente collegate alla concezione dell'azione di risoluzione per
inadempimento ai sensi dell'art. 5, concezione disattesa alla lu
ce delle considerazioni suesposte. Resta comunque una certa ri
strettezza di tempi (art. 46, 5° comma: le parti possono agire
in giudizio solo se il tentativo preventivo non si definisce entro
sessanta giorni dalla comunicazione di cui al 1° comma) che,
peraltro, oltre a non essere particolarmente gravosa, risulta in
sintonia con le ricordate finalità perseguite dal legislatore.
Il secondo mezzo va, pertanto, accolto.
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1531 PARTE PRIMA 1532
Resta assorbito il terzo motivo con il quale i ricorrenti lamen
tano l'omessa o, quanto meno, insufficiente motivazione sul pun to decisivo della controversia relativo alla prova che il fondo
era stato ceduto al Ventrone ed al Monaco senza l'autorizzazio
ne della proprietaria (art. 360, n. 5, c.p.c.).
Concludendo, l'impugnata sentenza va cassata in relazione
al motivo accolto, con conseguente rinvio allo stesso giudice
specializzato a quo, il quale si uniformerà ai principi soprae
sposti e pronuncerà anche sulla domanda riconvenzionale dei
subaffittuari Ventrone e Monaco, volta a sentire dichiarare il
loro subentro ex lege nel rapporto di affitto, domanda rigettata nei precedenti gradi a seguito della pronuncia di nullità del su
baffitto. Al riguardo è stato recentemente ritenuto che quando il locatore fa valere la violazione del divieto posto dal 1° com
ma dell'art. 21 ed il subaffittuario non si limiti ad eccepire la
decadenza, ma chieda di subentrare nella posizione giuridica del
l'affittuario, introduce in causa una domanda riconvenzionale,
soggetta al previo tentativo di conciliazione di cui all'art. 46
(Cass. 21 gennaio 1995, n. 701, id., 1995, voce cit., n. 201). Ma queste sezioni unite avevano in precedenza escluso per tale
riconvenzionale l'applicabilità della procedura conciliativa nei
giudizi in corso alla data di entrata in vigore della 1. n. 203
del 1982, rilevando che la domanda riconvenzionale di surroga del subaffittuario doveva necessariamente essere esaminata nel
processo già instaurato a seguito della domanda volta a far va
lere l'invalidità del subcontratto, proposta in via di azione dalla
controparte (Cass., sez. un., 5 ottobre 1987, n. 7420, cit., in
motivazione). Rilievo pertinente perché, trattandosi di un su
bentro ex lege, automatico per le ipotesi in cui il locatore non
faccia valere le sue ragioni o ne sia decaduto, non si vede moti
vo per vincolare in sede riconvenzionale la corrispondente pre tesa del subaffittuario all'onere del preventivo tentativo di con
ciliazione, che presuppone una controversia potenziale e mira
a definirla nella fase stragiudiziale. Nella specie, comunque, in
sede di tentativo di conciliazione promosso dalla Castria, è sta
ta adeguatamente dibattuta anche la pretesa dei subaffittuari
e questa circostanza appare assorbente e decisiva.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 8 novem bre 1997, n. 11036; Pres. R. Sgroi, Est. Papa, P.M. Cafiero
(conci, diff.); Soc. Sapil (Avv. Lais, Bertora) c. Min. finan ze (Avv. dello Stato De Bellis). Cassa Comm. trib. centrale 10 luglio 1995, n. 2841 e decide nel merito.
Valore aggiunto (imposta sul) — Accesso in autovettura privata — Collaborazione del proprietario — Acquisizione di atti ri
guardanti terzi soggetti — Autorizzazione dei procuratore della
repubblica (D.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, istituzione e disci
plina dell'imposta sul valore aggiunto, art. 52).
Ai sensi dell'art. 52 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 633, è illegittima l'acquisizione di documenti rinvenuti nell'autovettura di pro
prietà di un terzo estraneo al rapporto tributario, nel corso di un accesso non autorizzato dal procuratore della repubbli ca, a nulla rilevando che il proprietario del veicolo non abbia
fatto opposizione. (1)
(1) Comm. trib. centrale 10 luglio 1995, n. 2841, ora cassata, è mas simata in Foro it.. Rep. 1995, voce Valore aggiunto (imposta sul), n. 342.
Non constano precedenti in tali esatti termini nella giurisprudenza della Suprema corte; conformi alla sentenza in epigrafe, in relazione alla necessità dell'autorizzazione del procuratore della repubblica per accedere ai locali adibiti ad abitazione ed all'irrilevanza, in caso di man canza di autorizzazione, del consenso espresso dal contribuente, Comm. trib. centrale 15 gennaio 1996, n. 80, id., Rep. 1996, voce cit., n. 362; 15 gennaio 1996, n. 79, ibid., voce Tributi in genere, n. 1026; contra,
Il Foro Italiano — 1998.
Svolgimento del processo. — La vicenda attiene alla legitti mità delle acquisizioni documentali poste dall'Ufficio Iva di Par
ma a fondamento della rettifica della dichiarazione Iva della
Sapil s.r.l. (già s.n.c.) per il 1982 (evasione d'imposta per lire 27.736.000, con irrogazione di sanzioni per lire 98.358.000): i documenti di cui si discute si trovavano all'interno — sul sedile
posteriore — dell'autovettura targata PR 283401 di Nadia Fo
lezzani, sottoposta a controllo da una pattuglia della guardia di finanza il 5 luglio 1982; la Folezzani, interpellata, acconsentì
alla consegna, ed i militari, avendo constatato che gli atti si
riferivano alla s.n.c. Sapil, della quale la donna era dipendente, si recarono nei locali della società, sempre con l'assenso della
Folezzani, ed ivi compilarono il processo verbale di constatazio
ne; l'impiego della documentazione portò appunto alla rettifica
sopra indicata.
Su ricorso della società, la Commissione di primo grado di
Parma, con decisione del 21 giugno 1984, annullò l'accertamen
to perché basato su documentazione illegittimamente acquisita; il gravame dell'ufficio venne respinto dalla commissione di se
condo grado, con decisione n. 289/85, per violazione dell'art.
52 d.p.r. 633/72, in quanto per l'acquisizione dei documenti
sarebbe stata effettuata una perquisizione, senza la preventiva autorizzazione dell'autorità giudiziaria.
Proponeva ulteriore gravame alla Commissione tributaria cen
trale l'ufficio, deducendo che: a) la documentazione acquisita era della Sapil; b) essa era stata rinvenuta, nel corso di un nor
male controllo, a bordo dell'autovettura della Folezzani, dipen dente della società; c) l'appartenenza alla società era stata di
chiarata sempre dalla Folezzani; d) l'acquisizione era stata ese
guita nei locali della società, sempre con l'assenso della Folezzani, che non aveva formulato obiezione alcuna; e, conclusivamente, asserendo che tali modalità di acquisizione facevano venir meno
il presupposto per l'applicazione del cit. art. 52, essendo previ sta l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria solo in ordine al
l'accesso in locali non destinati ad esercizio di attività imprendi toriali. Si opponeva la Sapil, assumendo la mancanza di specifi cità del gravame e ribadendo l'illegittimità dell'acquisizione.
Con decisione del 24 marzo 1995, depositata col n. 2841 il
10 luglio seguente (Foro it., Rep. 1995, voce Valore aggiunto
(imposta sul), n. 342), la Commissione centrale ha accolto il
gravame, rinviando per l'esame del merito. Ha ritenuto il ricor
so dell'ufficio sufficientemente motivato e volto a dimostrare, in contrasto con la tesi dei giudici di secondo grado, l'assenza
di ogni violazione del cit. art. 52; ha osservato, quindi, che
«il consenso tacitamente manifestato al prelievo dei documenti
vale a superare ogni questione sulla legittimità dell'ispezione della
Comm. trib. reg. Toscana 14 febbraio 1997, id., 1997, III, 409, con nota di richiami.
Controverso è in dottrina il valore da attribuire al consenso del sog getto nella cui abitazione ovvero autovettura privata siano stati rinve nuti, nel corso di una verifica fiscale, documenti riguardanti terzi e se, in particolare, tale consenso renda superflua la preventiva autorizza zione del procuratore della repubblica prevista dall'art. 52, 3° comma, d.p.r. 633/72. V., in tal senso, i riferimenti alle diverse posizioni espresse in nota a Comm. trib. reg. Toscana 14 febbraio 1997, cit.; v., anche, R. Schiavolin, Criteri interpretativi delie norme suite indagini fiscali: a proposito dei limiti soggettivi al potere di accesso presso abitazioni, in Riv. dir. trib., 1996, II, 913 ss., spec. 931 s., che mette in rilievo, in particolare, il rapporto intercorrente tra il soggetto nei cui confronti si verifichi l'accesso della finanza ed il terzo del quale venga acquisita in quella sede documentazione utilizzata ai fini dell'accertamento tribu tario. Ad avviso di questo a., essendo chiaro che il soggetto tutelato dalla disciplina dell'art. 52 è il titolare dell'abitazione e non il terzo, se ne potrebbe desumere che quest'ultimo non sia legittimato a conte stare un accertamento a suo carico adducendo violazioni di tale disposi zione, perché esse non lederebbero interessi giuridicamente tutelati fa centi capo a lui e «tuttavia sembra potersi obiettare che il contribuente destinatario dell'accertamento ha in ogni caso diritto ad essere sottopo sto ad imposizione in conformità alle regole procedimentali previste dalla
legge, anche se le attività istruttorie non hanno direttamente inciso la sua sfera giuridica». V., inoltre, A. Stesuri, Il consenso tacito del con tribuente negli accessi fiscali, in Riv. giur. trib., 1996, 150, per il quale un atto illegittimamente acquisito non può essere sanato dalla mancata
opposizione del contribuente, «con la conseguenza che i dati, in tal modo assunti, non possono che considerarsi illegittimi e, pertanto, non utilizzabili in danno del contribuente».
Sugli accessi della finanza nelle abitazioni private, v., anche, Cass. 10 gennaio 1996, n. 153, Foro it., 1996, I, 2843, con nota di richiami.
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