sezioni unite civili; sentenza 14 gennaio 1987, n. 193; Pres. Barba, Est. Caturani, P.M. Sgroi V.(concl. parz. diff.); Pallante (Avv. Sandulli) c. Prefetto di Caserta ed altri (Avv. dello StatoFerri). Conferma Cons. Stato, sez. IV, 15 novembre 1977, n. 955Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 9 (SETTEMBRE 1987), pp. 2449/2450-2459/2460Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179011 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
alle strutture ed agli organici ospedalieri per l'effettuazione di
prestazioni medico-specialistiche, esulanti dal ricovero di routine;
ti) che tale attività rientrava nel quadro di una collaborazione
continuativa e coordinata tra l'ente ed il personale medico, previ sta dall'art. 4.10 dell'accordo nazionale del 24 giugno 1980 per il personale ospedaliero e dagli art. 59 ss. d.p.r. n. 348/83; c) che
l'ente non gli aveva corrisposto quanto spettantegli per la predet ta attività a titolo di compartecipazione, limitandosi a corrispon
dergli esigui acconti; tanto premesso, chiedeva la condanna della
predetta unità al pagamento delle somme dovute, per la causale
innanzi indicata, maggiorata degli interessi maturati e maturandi, nonché della rivalutazione monetaria.
La convenuta, costituitasi in giudizio, dopo aver eccepito il di
fetto di giurisdizione del giudice ordinario e, nel merito, la infon
datezza della domanda, ha proposto regolamento preventivo di
giurisdizione illustrato con memoria con il quale sostiene l'attri
buzione della controversia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il medico resiste con controricorso.
Motivi della decisione. — È certo che l'istituto di incentivazio
ne alla produttività, quale previsto e disciplinato dagli art. 59
a 66 dell'accordo nazionale unico di lavoro del personale delle
U.s.l., reso esecutivo con d.p.r. n. 348/83, applicabile alla pre sente controversia, costituisce, nella sua ratio, uno strumento di
politica sanitaria finalizzato a spostare verso la struttura pubbli
ca, in parti progressivamente crescenti, la domanda di assistenza
specialistica, con l'obiettivo di raggiungere una qualificazione di
versa della domanda reale dei cittadini, con conseguente riduzio
ne della spesa. Infatti, ferma restando l'entità della domanda reale
di assistenza, lo spostamento di parte delle prestazioni dal con
venzionamento esterno all'area pubblica non potrà che determi
nare un contenimento della spesa a carico dell'U.s.l. Condizione
necessaria per il raggiungimento delle finalità dell'istituto è, cosi, un ripensamento organizzativo degli orari di servizio e dei turni
in rapporto alla domanda reale che si intende soddisfare nelle
strutture pubbliche, in modo da rendere queste ultime disponibili e operative in un arco di ore giornaliere il più ampio possibile. Tale ripensamento, però, in relazione all'attività svolta dai medi
ci nell'ambito del predetto istituto, non snatura in alcun modo
il carattere libero-professionale della predetta attività. Queste se
zioni unite, con sentenza n. 6923 del 1986 (Foro it., Mass., 1191), hanno ritenuto — e il convincimento merita ampia adesione per la fondatezza delle ragioni esposte — che l'attività in comparteci
pazione di cui al n. 4.10 dell'accordo nazionale per il personale
ospedaliero del 24 giugno 1980, non sia altro che una specifica modalità di esercizio dell'attività libero professionale del medico
di cui all'art. 35 d.p.r. n. 761/79.
L'ultimo comma, orbene, dell'art. 59 1. n. 348/83, nel prevede re l'istituto di incentivazione della produttività, parla di una «ri
definizione dell'ex istituto della compartecipazione secondo le linee
organizzative che seguono». Tali linee, orbene, dirette a definire
le modalità operative per la realizzazione degli obiettivi perseguiti dal predetto istituto di incentivazione attraverso le aree di attua
zione e le relative prestazioni (art. 59, ultimo comma, 61, ultimo,
comma, 62), la valutazione economica della produttività aggiun tiva (art. 61) la indicazione del personale cui può essere richiesta
la prestazione (art. 63, lett. a e b, e art. 64), i criteri di ripartizio ne del fondo di incentivazione (art. 63) non toccano in alcun mo
do la sostanza dell'indicata natura dell'ex istituto delle
compartecipazioni, in quanto prevedono espressamente che l'atti
vità connessa con l'istituto di incentivazione va svolta in plus ora
rio, fuori del normale servizio di lavoro (art. 61 e 64) e che tutte
le prestazioni effettuate e riconosciute devono essere retribuite
con le modalità previste per il plus orario stesso (art. 64, 2°
comma). È agevole, allora, escludere che l'attività svolta dal sanitario
in regime di istituto di incentivazione sia inerente al rapporto su
bordinato di pubblico impiego, essendo, invece, essa attività, per
tempo e modalità di espletamento, attività libero-professionale
di un rapporto privatistico di natura autonoma, ancorché sogget
ta a diverse limitazioni, cosi' come già ritenuto da queste sezioni
unite per l'attività intra muraria e per l'attività in compartecipa
zione (sent. cit. n. 5465/79, id., Rep. 1980, voce Sanitario, n. 196).
Il che trova conferma nella considerazione che non è dato de
sumere dalle norme che disciplinano il predetto istituto in quali
specifici vincoli si sostanzierebbe la subordinazione, e che il plus
orario è previsto espressamente dal legislatore all'art. 35, 7° com
ma, lett. b, del citato d.p.r. n. 761/79 proprio in relazione all'at
II Foro Italiano — 1987.
tività libero-professionale, per la cui prestazione è norma che es
sa avvenga in orari diversi da quello ordinario. Né, infine, va
trascurata la ulteriore considerazione che la prestazione in plus
orario, prevista dal citato istituto, non è obbligatoria, dal mo
mento che il rifiuto ad eseguirla non determina alcuna conse
guenza in relazione al rapporto di pubblico impiego, ma soltanto
la non attribuzione delle quote inerenti il fondo comune (art. 64, ultimo comma).
Né diversa conclusione suggerisce il rilievo svolto dalla ricor
rente in ordine al rapporto previsto dalla legge tra la qualità di
prestazione valutabile come plus orario rispetto alla quantità di
prestazione fornita durante l'orario normale, in quanto tale rap
porto non investe in alcun modo l'autonoma natura della presta zione in plus orario, rappresentando, soltanto, uno dei mezzi diretti
a realizzare le finalità dell'istituto. Parimenti è a dirsi, poi, per
quanto riguarda la delibera della giunta regionale Abruzzi di ap
provazione dell'accordo quadro regionale concluso con i rappre sentanti delle organizzazioni sindacali, in quanto la norma
transitoria in essa contenuta, e invocata dalla ricorrente stessa, si limita soltanto a disciplinare il predetto istituto di incentivazio
ne per il periodo corrente tra il 1° luglio 1983 (data dalla quale esso avrebbe dovuto avere vigore ex d.p.r. n. 348/83) ed il 30
settembre 1984, prevedendo i criteri per il pagamento delle pre stazioni in plus orario correlato ai criteri per la quantificazione delle prestazioni stesse.
Deve essere, pertanto, dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, indubbio essendo, per le considerazioni innanzi svolte, che l'attività dedotta in giudizio nell'ambito dell'istituto di incen
tivazione alla produttività inerisce ad un rapporto privatistico di
natura autonoma.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 14 gen naio 1987, n. 193; Pres. Barba, Est. Caturani, P.M. Sgroi
V. (conci, parz. diff.); Pallante (Avv. Sandulli) c. Prefetto
di Caserta ed altri (Avv. dello Stato Ferri). Conferma Cons.
Stato, sez■ IV, 15 novembre 1977, n. 955.
Edilizia e urbanistica — Condono edilizio — Sospensione dei pro cessi in corso — Sindacato della Cassazione sulla sanabilità delle
opere — Ammissibilità — Limiti (L. 28 febbraio 1985 n. 47, norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia,
sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie, art. 43, 44). Edilizia e urbanistica — Condono edilizio — Costruzione in vio
lazione del vincolo autostradale — Sanabilità — Limiti (L. 24
luglio 1961 n. 729, piano di nuove costruzioni stradali ed auto
stradali, art. 9; 1. 6 agosto 1967 n. 765, modifiche ed integra zioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150, art. 19; d.m. 1° aprile 1968, distanze minime a protezione del nastro
stradale da osservarsi nella edificazione fuori del perimetro dei
centri abitati, di cui all'art. 19 1. 6 agosto 1967 n. 765, art.
4; 1. 28 febbraio 1985 n. 47, art. 32). Edilizia e urbanistica — Condono edilizio — Provvedimento san
zionatorio inoppugnabile — Nozione (L. 28 febbraio 1985 n.
47, art. 43). Strade — Distanze delle costruzioni dai tracciati stradali ed auto
stradali — Costruzione in violazione — Ordine di demolizione
del prefetto — Impugnazione — Decisione del giudice ammini
strativo — Sindacabilità in Cassazione — Limiti (Cost., art.
Ill; cod. proc. civ., art. 362; r.d. 8 dicembre 1933 n. 1740, t.u. delle norme per la tutela delle strade e per la circolazione, art. 1, 20).
La Corte di cassazione, al pari di ogni altro giudice, quando sia
invocato l'effetto sospensivo della domanda di sanatoria delle
opere edilizie abusive sul processo in corso, ha il potere di veri
ficare se il giudizio che dovrebbe essere sospeso si riferisce o
meno ad opere che in astratto siano suscettibili di sanatoria,
senza, però, poter esplicare alcuna indagine di carattere tecnico
discrezionale. (1)
(1) La decisione confermata Cons. Stato, sez. IV, 15 novembre 1977, n. 955, è riassunta in Foro it., Rep. 1978, voce Edilizia e urbanistica, n. 337.
Sull'ambito di operatività dell'art. 44 1. n. 47/85, v., in giurisprudenza, Cons. Stato, sez. V, 20 dicembre 1985, n. 483, id., 1986, III, 374,
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2451 PARTE PRIMA 2452
Non è suscettibile di sanatoria, ai sensi della l. n. 47/85, la so
praelevazione di edificio che disti dal ciglio dell'autostrada, al l'esterno dei centri abitati, meno di quanto previsto dal d.m.
1° aprile 1968, se la sopraelevazione è stata realizzata dopo
l'imposizione del vincolo autostradale. (2) Ai fini del conseguimento della sanatoria degli abusi edilizi, deve
considerarsi inoppugnabile il provvedimento sanzionatolo per
il quale sia intervenuta decisione del Consiglio di Stato, avver
so cui penda ricorso per cassazione per motivi attinenti alla
giurisdizione. (3) Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo l'impugna
zione del decreto prefettizio che abbia disposto la demolizione
di sopraelevazione realizzata in violazione del vincolo autostra
dale, imposto dal d.m. 1° aprile 1968, trattandosi dell'esercizio
di un potere autoritativo, a carattere vincolato e non discrezio
nale, conferito dall'ordinamento giuridico per garantire il ri
spetto di norme sulle distanze dettate da esigenze di carattere
generale, e precisamente per favorire la circolazione e per offrire idonee garanzie di sicurezza a quanti transitano sulle strade o
passano nelle immediate vicinanze, ovvero in queste abitano ed
operano; ne consegue che, nel ricorso per motivi inerenti alla giu
risdizione, la Cassazione non può prendere in esame questioni che concernono: a) la correttezza della interpretazione, da parte
del giudice amministrativo, di norme che non attengono
secondo cui la sospensione dei procedimenti in pendenza del termine per la presentazione dell'istanza di condono si riferisce solo ai procedimenti sanzionatoti in senso proprio, non anche agli altri procedimenti richiama
ti nel capo IV, e, in particolare, quelli costitutivi o dichiarativi dell'abusi
vità di un'opera edilizia, di cui all'art. 35, lett. b). Sui poteri di delibazione del giudice davanti al quale pende il processo
di cui si invoca la sospensione si sofferma Carullo, in Nuove leggi civ.,
1985, 1247, il quale sottolinea la necessità della verifica del tempo dell'a
buso per i ricorsi depositati dopo il 1° ottobre 1983, al fine dell'accerta
mento della sanabilità delle opere.
(2) Sulle condizioni alle quali può essere concessa la sanatoria delle
costruzioni realizzate in violazione dei vincoli stradali v. Ghiloni, in Nuove
leggi civ., 1985, 1182.
(3) L'inapplicabilità della sanatoria delle opere abusive quando sia sta
to emanato il provvedimento sanzionatorio sul quale sia intervenuta deci
sione del Consiglio di Stato, ancorché non sia decorso il termine per
proporre ricorso in Cassazione per motivi di giurisdizione (secondo il te
nore dell'art. 43, 2° comma, 1. 47/85), ovvero penda l'impugnazione già
proposta dinanzi la corte regolatrice (secondo l'interpretazione «integrati va» di Cass. 193/87) è apparsa a Carullo (in Nuove leggi civ., 1985,
1245) il frutto di un contrasto con i principi generali. Tuttavia, la deroga
posta dal legislatore, con il 2° comma dell'art. 43, alla sanatoria, ex 1°
comma, delle opere abusive pur in presenza di un provvedimento sanzio
natorio, considerando inoppugnabile il provvedimento (non la sentenza, si badi bene), dato il carattere straordinario e limitato del rimedio invoca
bile avverso la sentenza che ha pronunciato su di esso, non costituisce
che una riaffermazione della regola ordinaria della immediata esecutività
delle decisioni del Consiglio di Stato e dei giudici amministrativi in genere (riaffermata dall'art. 33 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istitutiva dei T.A.R.): esecutività che incontra limiti nella formazione del giudicato solo quando sia necessario ricorrere, per ottenerne l'esecuzione, al giudizio di ottem
peranza (secondo quanto affermato da Cons. Stato, ad. plen., 23 marzo
1979, n. 12, Foro it., 1979, III, 307, e ribadito da Cons. Stato, ad. plen., 1° aprile 1980, n. 10, id., 1980, III, 444, seguite da Cons. Stato, sez.
V, 28 agosto 1981, n. 380, id., Rep. 1981, voce Giustizia amministrativa, n. 868; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia 27 aprile 1984, n. 126, id., Rep. 1985, voce cit., n. 663; Cons. Stato, sez. V, 26 gennaio 1985, n. 43, ibid., n. 665; sez. VI 4 giugno 1985, n. 268, ibid., n. 622; T.A.R. Abruz zo 25 febbraio 1986, n. 63, Trib. amm. reg., 1986, I, 1436; T.A.R. Pie monte 21 marzo 1986, n. 35, ibid., 1695; in dottrina sul punto v.
Migliarese, Esecutività delle sentenze dei T.A.R. e giudizio di ottempe ranza, in Dir. proc. amm., 1985, 119), ma non ne incontra certo tutte le volte in cui sia l'amministrazione a voler dare esecuzione al provvedi mento impugnato (è inutile sottolineare, a questo punto, che ritenere am missibile il giudizio di ottemperanza, in ossequio alle decisioni dell'adunanza
plenaria, solo quando si sia formato il giudicato sulla sentenza della qua le si chiede l'esecuzione, vuol dire tradurre la regola dell'esecutività della decisione amministrativa in un privilegio della p.a., dandole, invece, un
significato solo negativo per il privato). La limitazione del diritto a conseguire la sanatoria posta dal 2° comma
dell'art. 34 sembra, però, debba esser ridimensionata, ove si considerino, comunque, sanabili le opere abusive quando il provvedimento sanzionato
rio, pur essendo divenuto inoppugnabile nel senso ivi indicato, non sia an cora stato eseguito. Cosi interpretata, infatti, la norma non viene a disporre, in buona sostanza, nulla di diverso da quanto previsto, in termini più gene rali, nel successivo 3° comma, per il quale restano ferme le sanzioni già eseguite, ancorché in forza di provvedimenti non ancora inoppugnabili.
Il Foro Italiano — 1987.
all'astratta titolarità del potere, ma alla legittimità del suo con
creto esercizio, dando luogo, eventualmente, al vizio di violazio
ne di legge, deducibile innanzi al giudice amministrativo (nella
specie, era stata contestata l'interpretazione data dal Consiglio
di Stato alle norme sulle distanze delle costruzioni dal nastro au
tostradale contenute nell'art. 191. n. 765/67, e nel successivo d.m.
1 ° aprile 1968, perché erano state ritenute applicabili anche con
riferimento alle sopraelevazioni di edifici preesistenti a distanza
inferiore); b) la legittimità costituzionale delle norme applicate,
qualora l'eventuale dichiarazione di incostituzionalità delle stes
se si risolva in una mera modifica della disciplina delle distanze
applicabile in concreto, senza incidere sui poteri repressivi della
p.a. ( nella specie, era stata riproposta la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 19 l. n. 765/67). (4)
II
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 18 dicem
bre 1986, n. 7672; Pres. Barba; Est. Caturani, P. M. Sgroi
V. (conci, conf.); Salerno (Avv. Guidi, Costa, Glenda) c.
A.n.a.s. (Avv. dello Stato Favara). Cassa A pp. Palermo 2 feb
braio 1977.
Strade — Distanze delle costruzioni da tracciati stradali o autostra
dali nei centri abitati — Potere di repressione degli abusi spet
tante al sindaco — Esercizio da parte dell'A.n.a.s. — Carenza
assoluta di potere — Giurisdizione ordinaria (L. 20 marzo 1865
n. 2248, ali. E, sul contenzioso amministrativo, art. 2; r.d. 8 di
cembre 1933 n. 1740, art. 1, 20; 1. 7 febbraio 1961 n. 59, riordi
namento strutturale e revisione dei ruoli organici dell'Azienda
nazionale autonoma delle strade, art. 25).
Spetta al sindaco il potere di emanare provvedimenti di esecuzione
d'ufficio, compresa la diffida di sospensione dei lavori, nel caso
di costruzione in violazione delle norme sulle distanze delle co
struzioni dal ciglio delle autostrade, nei tratti che attraversano
i centri abitati; ne consegue che deve ravvisarsi, nella diffida inti
mata dall'A.n.a.s., un comportamento svolto in carenza assolu
ta di potere, inidoneo come tale a degradare le posizioni di diritto
soggettivo ad interesse legittimo, e rientra, pertanto, nella giuris
dizione ordinaria l'azione proposta dall'intimata per far dichia
rare l'illegittimità della diffida dell'A.n.a.s. (5)
(4-5) Che le norme sulle distanze delle costruzioni dal nastro stradale
o autostradale sono dettate non solo per disciplinare un rapporto inter
soggettivo, ma piuttosto per tutelare un interesse generale, quale quello di favorire la circolazione e di offrire idonee garanzie di sicurezza a quan ti transitano sulle strade o passano nelle immediate vicinanze, ovvero in
queste abitano ed operano, era stato già autorevolmente puntualizzato da Corte cost. 22 giugno 1971, n. 133, Foro it., 1971, I, 1777, citata
in motivazione. In senso analogo v. anche Trib. Napoli 16 marzo 1974, id., Rep. 1975, voce Edilizia e urbanistica, n. 455.
Sulla spettanza, rispettivamente al prefetto ed al sindaco, del potere di ordinare la demolizione delle opere realizzate in violazione del vincolo
stradale all'esterno ed all'interno dei centri abitati, v. Cons. Stato, sez.
IV, 11 novembre 1985, n. 1, id., Rep. 1985, voce Strade, n. 14; 14 set
tembre 1984, n. 693, ibid., voce Edilizia e urbanistica, n. 416 (che ha
ritenuto illegittimo l'ordine di demolizione emanato dal prefetto per ope re realizzate nel perimetro urbano); 6 ottobre 1983, n. 698, id., Rep. 1983, voce Strade, n. 24; 4 gennaio 1983, n. 2, ibid., n. 25; 4 gennaio 1983, n. 1, ibid., n. 26; 8 luglio 1980, n. 744, id., Rep. 1981, voce Edili
zia e urbanistica, n. 305; 28 febbraio 1978, n. 146, id., Rep. 1978, voce
Strade, n. 40; sez. II 8 maggio 1973, n. 1890/72, id., Rep. 1979, voce
Edilizia e urbanistica, n. 324. Hanno ritenuto, per converso, legittimo il provvedimento di sospensio
ne dei lavori emesso dal capo compartimento dell'A.n.a.s., T.A.R. Lom bardia 4 giugno 1980, n. 607, id., Rep. 1981, voce cit., n. 306; Cass. 3 febbraio 1978, n. 491, id., Rep. 1978, voce Strade, n. 60 (e, annotata
da Alvino, Sui poteri dell'A.n.a.s. per la vigilanza delle strade, in Giust.
civ., 1978, I, 2098); Cons. Stato, sez. IV, 23 novembre 1976, n. 1147, Foro it., Rep. 1976, voce Edilizia e urbanistica, n. 1417; sez. V 13 luglio 1973, n. 645, id., Rep. 1973, voce Strade, n. 59.
In ogni caso, deve ritenersi che l'A.n.a.s., al pari della società conces
sionaria, possa ricorrere ai comuni rimedi privatistici per ottenere il ri
spetto delle distanze legali e, eventualmente, la rimessione in pristino dei
luoghi (cfr., in termini, Cass. 11 dicembre 1979, n. 6437, id., Rep. 1980, voce cit., n. 28).
Sulla nozione di centro abitato ai fini dell'applicazione dell'art. 19 1. n. 765/67, v. Cass. 16 dicembre 1986, n. 7523, id., Rep. 1986, voce Edili
zia e urbanistica, n. 360; 17 febbraio 1983, n. 1223, id., Rep. 1983, voce
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
I
Svolgimento del processo. — Con decreto del 17 maggio 1973, il prefetto di Caserta ordinava ad Antonio Pallante la demolizio
ne della sopraelevazione del suo pastificio sito nel territorio del
comune di Capodrise in prossimità dell'autostrada Napoli-Roma in quanto la detta sopraelevazione si riferiva a stabile preesistente distante meno di sessanta metri dal ciglio dell'autostrada, secon
do quanto previsto dall'art. 19 1. 6 agosto 1967 n. 765 e del de
creto interministeriale 1° aprile 1968 n. 1404.
Contro tali provvedimenti il Pallante, con atto notificato il 6
agosto 1973 al prefetto di Caserta, all'A.n.a.s. e ai ministri dei
lavori pubblici, dei trasporti e dell'interno, proponeva ricorso al
Consiglio di Stato per incompetenza del prefetto, violazione del
l'art. 19 cit. dovendo il medesimo interpretarsi nel senso che il
divieto di costruire non concerne le sopraelevazioni di immobili
preesistenti già posti a minore distanza dal ciglio stradale ed ec
cesso di potere. In subordine eccepiva l'illegittimità costituzionale
dell'art. 19 in riferimento all'art. 42, 2° comma, Cost, per viola
zione della riserva di legge, all'art. 42, 3° comma, Cost, per man
canza di indennizzo di vincoli espropriativi, all'art. 3 Cost, per contrasto col principio di ragionevolezza ove si ritenga che l'art.
19 abbia ammesso le fasce di rispetto delle strade (imposte dal
decreto interministeriale n. 1404 del 1968) non solo per ragioni di sicurezza, ma anche per alleviare gli oneri espropriativi in oc
casione dell'ampliamento delle strade pubbliche. Nel contraddit
torio delle amministrazioni dello Stato che si resistevano
all'impugnazione, il Consiglio di Stato, con decisione del 15 no
vembre 1977, dichiarava manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal ricorrente e rigettava il
ricorso.
Ad avviso del Consiglio di Stato il ricorso era infondato per le seguenti considerazioni: A) la lettera dell'art. 19 1. n. 765/67
induce a ritenere che la distanza minima dalle strade ed autostra
de debba essere rispettata anche dalle sopraelevazioni, costituen
do anche esse in senso verticale «ampliamento» di edifici
preesistenti; B) la ratio dell'art. 19 conferma questa interpreta
zione, essendosi voluto evitare, con riferimento alle costruzioni
preesistenti poste a distanza inferiore e tollerate, che esse subisse
ro modificazioni ampliative di qualsiasi genere onde realizzare
il nuovo regime delle distanze a tutela della circolazione senza
cit., n. 309 (e in Rass. avv. Stato, 1983, 1, 333, commentata da Cenerini
Bova, Nozione di centro abitato e tutela della viabilità); Cons. Stato, sez. V, 9 luglio 1976, n. 1041, Foro it., Rep. 1977, voce cit., n. 360; sez. I 28 novembre 1975, n. 1257/75, ibid., n. 361.
La giurisprudenza è prevalente, poi, nel senso di ritenere che le distan
ze previste dal d.m. 1° aprile 1968 per le costruzioni fuori dai centri
abitati, se non trovano applicazione in relazione agli edifici preesistenti (Cons, giust. amm. sic. 27 aprile 1978, n. 64, id., Rep. 1978, voce Strade, n. 38), vanno, però, rispettate nel caso di demolizione e ricostruzione
degli stessi (Cons. Stato, sez. V, 19 ottobre 1979, n. 619, id., Rep. 1980, voce Edilizia e urbanistica, n. 315; sez. II 8 maggio 1973, n. 1890/72,
cit.), salvo che si tratti di ristrutturazione nel rispetto dei volumi nella
quantità e giacitura preesistenti (T.A.R. Lombardia, sez. Brescia, 22 giu
gno 1979, n. 272, id., Rep. 1980, voce cit., n. 316). Qualche perplessità, invece, ha destato l'applicabilità di tale disposizione nella ipotesi di so
praelevazione di edificio preesistente. Nel senso di Cons. Stato, sez. IV, 15 novembre 1977, n. 955, id., Rep. 1978, voce cit., n. 337, cit., si è
espresso anche Cons. Stato, sez. IV, 8 luglio 1980, n. 744, id.. Rep. 1981, voce cit., n. 304. Per Cons. Stato, sez. IV, 19 aprile 1977, n. 406, id.,
Rep. 1978, voce cit., n. 732, invece, non è legittimo il decreto prefettizio che abbia ordinato la demolizione della sopraelevazione, ove non si sia
proceduto alla valutazione del pregiudizio che ne deriva alla viabilità,
perché la parte inferiore del fabbricato rimane pur sempre a distanza
inferiore alla legale. Che in tal caso non occorra rispettare le distanze
di cui al citato d.m. è stato ritenuto, infine, tout court, da Pret. Trivento
11 dicembre 1974, id., Rep. 1975, voce cit., n. 452, e in Giur. it., 1975,
II, 218, con nota adesiva di Annunziata, Costruzione in sopraelevazione e obbligo di distanze dal nastro stradale, per escludere la sussistenza del
reato urbanistico. Nel senso, poi, che nei centri abitati continua ad essere applicabile la
normativa sulle distanze dalle sedi autostradali di cui alla 1. n. 729/61, v. Cass. 6437/79, cit.
Sulla portata del controllo esercitabile dalle sezioni unite sulle decisioni
del Consiglio di Stato v., tra le ultime, Cass. 14 gennaio 1987, n. 190, Foro it., Mass., 35; 25 gennaio 1985, n. 351, id., 1985, I, 1046; 10 gen naio 1984, n. 175, id., 1984, I, 711; 9 maggio 1983, n. 3145, id., 1983,
I, 1792; 24 marzo 1981, n. 1692, id., 1982, I, 791, e la giurisprudenza ivi richiamata. [N. Mazzia]
Il Foro Italiano — 1987 — Parte I-160.
eccezioni; Q le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 19
cit. dovevano ritenersi manifestamente infondate, sia quelle svol
te con riferimento all'art. 42, 3° comma, Cost, per tutte le ragio ni poste in risalto dalla sentenza 22 giugno 1971, n. 133, della
Corte costituzionale (Foro it., 1971, I, 1777), sia quelle con le
quali si era dedotto il contrasto con il 2° comma dell'art. 42
Cost., in quanto con l'art. 19 il legislatore ha fissato i criteri
per determinare le limitazioni della proprietà privata nell'interes
se pubblico, prescrivendo che le distanze minime a protezione del nastro stradale dovessero essere stabilite in relazione alla na
tura delle strade ed alla loro classificazione.
Propone ricorso per cassazione alle sezioni unite ai sensi degli art. 362, 1° comma, e 374, 1° comma, c.p.c. Antonio Pallante
in base a cinque motivi; resistono con unico controricorso il pre fetto di Caserta, l'A.n.a.s. ed i ministeri dell'interno, dei traspor ti e dei lavori pubblici.
Motivi della decisione. — 1. - In via preliminare le sezioni uni
te rilevano che il ricorrente con atto depositato il 12 marzo 1986
ha chiesto il rinvio a nuovo ruolo della discussione del ricorso
e la sospensione del giudizio, ai sensi della 1. 28 febbraio 1985
n. 47, contenente le norme in materia di controllo dell'attività
urbanistico-edilizia, le sanzioni, il recupero e la sanatoria delle
opere edilizie, avendo presentato, con istanza del 28 febbraio 1986, domanda di condono al comune di Capodrise ed avendo anche
pagato in unica soluzione la oblazione in lire 14.760.000.
A sostegno della istanza di sospensione si afferma che non sus
sistono ostacoli di sorta all'accoglimento della domanda poiché trattasi nella specie di provvedimento (di demolizione) non anco
ra eseguito e d'altra parte l'applicabilità della sanatoria agli abusi
consistenti nella violazione delle distanze dal ciglio stradale risul
ta espressamente dall'art. 32, 2° comma, della legge la quale non
lascia margine alcuno al sindacato giurisdizionale sul merito della
sanabilità dell'abuso, disponendo l'automatica sospensione del giu dizio in corso.
È opportuno anzitutto sottolineare che, anche se la formulazio
ne della legge n. 47 non può dirsi perspicua dalla sua complessiva
disciplina (con specifico riferimento all'art. 38) si desume che la
presentazione della domanda di concessione o autorizzazione in sa
natoria di cui all'art. 31 nei termini perentori previsti, accompa
gnata dalla attestazione del versamento della somma di cui al 1°
comma dell'art. 35, sospende non solo i procedimenti penali e quelli
amministrativi, ma anche i giudizi in corso che riguardano l'appli cazione delle sanzioni previste dalla legge in materia.
Si pone pertanto il problema consistente nel decidere, se verifi
candosi ex se la sospensione del processo con la presentazione della
domanda di cui all'art. 31 corredata dalla documentazione di cui
all'art. 38, la disciplina giuridica impedisca al giudice della causa
che dovrebbe essere sospesa la verifica circa la ricorrenza delle con
dizioni che sono richieste dalla legge per essere ammessi alla sana
toria, cosi come sostiene il ricorrente.
Per rispondere a tale quesito va rilevato che la domanda di con
cessione o autorizzazione in sanatoria delle opere illegittime dà adito, nel sistema della 1. n. 47 del 1985, ad un procedimento amministra
tivo che si conclude con un provvedimento del sindaco che, ove
sia di accoglimento della relativa istanza, determina in via definiti
va l'importo della oblazione e rilascia la concessione o l'autorizza
zione in sanatoria, contestualmente alla esibizione da parte dell'interessato della ricevuta di versamento all'erario delle somme
a conguaglio. In base ai principi che ripartiscono i poteri della p.a. rispetto
a quelli dell'a.g.o., è quindi evidente che l'accertamento in concre
to circa la ricorrenza delle condizioni cui per legge è subordinato
l'accoglimento della domanda di condono è devoluto in via esclusi
va all'autorità amministrativa.
Le sezioni unite, quale giudice della causa rispetto alla quale
si afferma operare in via automatica l'effetto sospensivo della
domanda in sanatoria sul processo in corso, hanno tuttavia il
potere, come qualsiasi giudice, di verificare se il giudizio (che
dovrebbe essere sospeso con un provvedimento meramente dichia
rativo) si riferisca o meno ad opere edilizie che in astratto siano
suscettibili di sanatoria, in base alla mera applicazione alla fatti
specie delle norme giuridiche che regolano la materia, senza la
possibilità di esplicare alcuna indagine di carattere tecnico
discrezionale, devoluta invece, come si è visto, alla cognizione
dell'autorità amministrativa.
Ciò premesso, la sanatoria delle opere abusive, pur riguardan
do in via primaria, secondo la disciplina della 1. n. 47, le costru
zioni e le altre opere eseguite in difformità delle prescrizioni
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2455 PARTE PRIMA 2456
urbanistiche, è possibile altresì' per le opere eseguite su aree sotto
poste a vincolo per le quali — con specifico riferimento al loro
contrasto con le norme del d.m. 1° aprile 1968 n. 1404 pubblica to sulla Gazzetta ufficiale n. 96 del 13 aprile 1968 che interessa
il presente giudizio — si richiedono peraltro due requisiti: a) che
trattasi di opere insistenti su aree vincolate dopo la loro esecuzio
ne; b) che le opere non costituiscano minaccia alla sicurezza del
traffico (art. 32).
Poiché, ove non ricorra una delle anzidette condizioni, si ap
plicano le disposizioni dell'art. 33 che disciplina le opere non su
scettibili di sanatoria, è sufficiente accertare il difetto di uno degli accennati requisiti per concludere nel senso del rigetto della do
manda di sospensione. Ma mentre il requisito sub b), implicando valutazioni di carat
tere tecnico-discrezionale, non può essere accertato in questa se
de, può invece esaminarsi la ricorrenza del requisito sub a) che
presuppone soltanto un accertamento ex actis.
Nel caso di specie la suddetta indagine si conclude nel senso
che non ricorre quest'ultimo requisito, essendo pacifico che la
sopraelevazione fu eseguita dal Pallante quando il vincolo auto
stradale era stato già imposto, onde la sua mancanza impedisce
che la domanda di sospensione possa trovare accoglimento in que
sta sede.
A quanto precede deve per completezza di esposizione aggiun
gersi che, a parte il difetto dell'accennato requisito, la domanda
di sospensione non avrebbe potuto essere accolta per altro auto
nomo motivo, poiché ai sensi dell'art. 43 della legge, se trattisi
di provvedimento inoppugnabile la sanatoria è impedita, e tale
è considerato dalla norma anzidetta il provvedimento per il quale
sia intervenuta una decisione del Consiglio di Stato, ancorché sia
pendente il termine per il ricorso alla Corte di cassazione per
motivi attinenti alla giurisdizione. Ed a maggior ragione l'inop
pugnabilità impeditiva della sospensione del processo sussiste quan
do — come nella specie — alla data di entrata in vigore della
1. n. 47 era già pendente il giudizio instaurato dal ricorrente per
motivi attinenti alla giurisdizione contro la decisione del Consi
glio di Stato. 2. - Passando all'esame del ricorso, con il primo motivo il ri
corrente sostiene che, affermando innanzi al Consiglio di Stato
che le disposizioni dell'art. 19 1. n. 765 del 1967 e del decreto
ministeriale 1° aprile 1968 n. 1404, le quali impongono determi
nate distanze dalle autostrade, non si riferiscono alle sopraeleva zioni degli edifici già costruiti a distanza inferiore a quella
prescritta, ma prevedono la detta distanza solo per l'ampliamen to delle costruzioni «in estensione», faceva valere, in realtà, la
tutela di un diritto soggettivo poiché si trattava di interpretare e applicare una norma sulle distanze e la controversia rientrava
pertanto nella giurisdizione del giudice ordinario.
Ove si accolga invece l'interpretazione del Consiglio di Stato
che ha compreso nel divieto legislativo anche le sopraelevazioni, si prospettano in questa sede, con i motivi dal secondo al quinto, alcuni profili di legittimità costituzionale dell'art. 19 cit. per vio
lazione del principio di ragionevolezza, compreso in quello di egua
glianza di cui all'art. 13 Cost.
Nel caso poi, in cui il divieto di sopraelevazione si ritenga im
posto dal d.m. n. 1404 del 1968, si afferma che l'accoglimento della questione di costituzionalità determina l'illegittimità di tale
provvedimento perché emesso dal governo in assenza di una leg
ge attributiva del relativo potere. Si eccepisce inoltre l'illegittimità costituzionale dell'art. 19 con
riferimento all'art. 42 Cost.: a) ove si accolga la tesi che la previ sione delle fasce di rispetto lungo le strade sia diretta a vincolare
e ridurre il valore delle aree laterali si da poterle poi espropriare a prezzo vile; b) in quanto la norma prevede l'impugnazione di
vincoli sostanzialmente espropriativi; c) ed è stata emanata in vio
lazione della riserva di legge di cui al citato art. 42 Cost, in quan to l'art. 19, nell'attribuire alla p.a. la potestà di determinare i
limiti della proprietà privata, lo ha fatto in modo assolutamente
generico, limitandosi a dire che le fasce di rispetto avrebbero do
vuto essere stabilite in rapporto alla natura delle strade e alla
loro classificazione.
In questa sede le sezioni unite possono controllare l'esattezza
del decisum contenuto nella decisione del Consiglio di Stato sol
tanto per quanto concerne il rispetto da parte del giudice ammi
nistrativo dei limiti esterni della propria giurisdizione, mentre esula
dall'oggetto del presente giudizio ogni questione che attiene al
merito della controversia, con riferimento ad errores in iudican
II Foro Italiano — 1987.
do che si assumano contenuti nella pronunzia impugnata (art.
362, 1° comma, c.p.c.). Il ricorrente ha impugnato con ricorso al Consiglio di Stato,
deducendone la illegittimità, sia il decreto prefettizio di demoli
zione della sopraelevazione de qua sia il decreto interministeriale
che ha stabilito la distanza di sessanta metri per le costruzioni,
ampliamenti e ricostruzioni misurate dal ciglio della sede stradale
(in esecuzione dell'art. 19 1. n. 765/67). Tra gli altri motivi di
impugnazione il Pallante ha fatto valere in quella sede la viola
zione dell'art. 19 della legge citata, il quale, secondo l'assunto
del ricorrente contrariamente alle tesi del giudice amministrativo,
va interpretato nel senso che il divieto di edificazione dal ciglio della strada non concerne le sopraelevazioni di immobili preesi stenti già posti a minore distanza dalla sede autostradale.
Con riferimento a tale motivo si sostiene che, essendosi fatta
valere in Consiglio di Stato la interpretazione di una norma sulle
distanze, riferentesi quindi alle posizioni intersoggettive dei pro
prietari, la controversia rifletteva in realtà la tutela di diritti sog
gettivi perfetti e non di meri interessi legittimi, come erroneamente
anche se in maniera implicita ritenuto dalla decisione impugnata
che ha esaminato il merito della impugnazione. È tuttavia sufficiente esporre la ragione fondamentale addotta
in questa sede a sostegno della giurisdizione dell'a.g.o. per co
glierne la infondatezza.
Secondo il criterio del petitum sostanziale accolto dalla giuris
prudenza ormai costante delle sezioni unite, per discriminare la
giurisdizione del giudice ordinario da quella del giudice ammini strativo (che si risolve nel considerare ciò che si chiede al giudice in relazione alle ragioni per cui si invoca la tutela giuridica), l'ele
mento decisivo che viene in rilievo a tal fine, a prescindere dalla
prospettazione della parte, è la individuazione della natura delle
norme giuridiche di cui si assume la violazione a seconda cioè
che le medesime siano dettate a tutela di un interesse individuale
ovvero a tutela dell'interesse pubblico.
Orbene, per quanto riguarda il decreto di riduzione in pristino
delle opere ritenute illegittime perché eseguite in violazione delle
norme sulle distanze dalle autostrade vigenti in materia, emesso
dal prefetto di Caserta in data 17 maggio 1973 nei confronti del
ricorrente, le sezioni unite, pur rilevando che un loro precedente
(la sent. n. 491/78, id., Rep. 1978, voce Strade, n. 55) ha ricono
sciuto il relativo potere dell'A.n.a.s., osservano che la relativa
questione non esplica alcuna influenza nel presente giudizio, poi
ché nei rapporti tra prefetto ed A.n.a.s., entrambi organi dell'ap
parato organizzativo dello Stato nel settore dei lavori pubblici, l'eventuale vizio del provvedimento impugnato dal Pallante si ri
solverebbe, in ogni caso, in un tipico vizio di legittimità dell'atto
amministrativo (la incompetenza relativa), non incidente in quan to tale sulla titolarità del potere dell'organo amministrativo, ma
soltanto sulla legittimità del suo esercizio.
Ciò premesso, prendendo le mosse dalla motivazione del Con
siglio di Stato, secondo cui il potere di esecuzione di ufficio è attribuito con riferimento alla fattispecie concreta (nella quale si
tratta di costruzione eseguita fuori del centro abitato lungo l'au
tostrada Napoli-Roma) al prefetto ai sensi degli art. 1 e 20 r.d.
8 dicembre 1933 n. 1740, va sottolineato che trattasi di un potere autoritativo (anche se di carattere vincolato e non discrezionale) conferito dall'ordinamento giuridico a tutela di esigenze di ordi
ne generale nella fase di repressione di opere effettuate in contra
sto con le norme sulle distanze le quali sono previste «per favorire
la circolazione e per offrire idonee garanzie di sicurezza a quanti transitano sulle strade o passano nelle immediate vicinanze ovve
ro in queste abitano od operano» (Corte cost. n. 133 del 1971,
id., 1971, I, 1777). Né può con fondamento replicarsi che trattasi di norme dirette
comunque a tutelare l'esercizio di un diritto soggettivo (lo ius
aedificandì), poiché le sezioni unite hanno già avuto occasione
di precisare (sent. n. 5027 del 1982, id., 1982, I, 2433) che la facoltà di edificare, se formalmente è vista come inerente alla
proprietà fondiaria ossia come una delle concrete e peculiari ma
nifestazioni in cui consiste e si estrinseca il contenuto del domi
nio, nella sostanza è considerata soggetta a tali limiti e prescrizioni connesse dalla legge a determinazioni della pubblica autorità, da
meritare la definizione di interesse legittimo. La licenza edilizia,
invero, nel quadro della 1. n. 765 del 1967 cui si riferisce il pre sente giudizio, è una autorizzazione che consente l'esercizio di
una attività sin dall'origine limitata e controllata dalla quale non
possono nascere diritti soggettivi.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Quanto precede non è scalfito dalla obiezione che la posizione del privato che abbia conseguito la licenza edilizia (quale quella del Pallante) ha natura e consistenza di diritto soggettivo (cfr. la sent. n. 5027 del 1982, cit.), poiché se questo diritto sussiste
nei confronti del comune cha abbia rilasciato il relativo provvedi mento esso non esclude ma anzi presuppone il possibile esercizio
da parte dell'ente territoriale dei poteri autoritativi che la legge
gli conferisce anche nella fase di esercizio dello iuis aedificandi in base a licenza edilizia fino a pervenire alla repressione delle
opere effettuate in contrasto con le norme urbanistiche (art. 13
1. n. 765 del 1967 e sez. un. n. 2379 del 1982, id., Rep. 1982, voce Edilizia e urbanistica, n. 764). Nei confronti dell'esercizio
di tale potere repressivo non possono non sussistere che meri in
teressi legittimi. Ed a più forte ragione una tale posizione sogget tiva del titolare dello ius aedificandi deve ravvisarsi quando l'esercizio della facoltà di edificare si correli ai poteri pubblici attribuiti dall'ordinamento ad altre autorità amministrative, a tu
tela di interessi diversi di carattere generale, come sono quelli attinenti ad un ordinato svolgimento della circolazione, della via
bilità e del traffico. Stabilito che la materia delle distanze previste dalle fonti nor
mative accennate (art. 25 1. n. 59/61; art. 9 1. n. 729/81; art.
19 1. n. 765/67), attiene alla tutela di meri interessi legittimi, è
necessario prendere in esame la ulteriore affermazione del ricor
rente, secondo cui l'attività posta in essere nel caso in esame dal
prefetto, con l'ordine di demolizione, sarebbe stata svolta senza
potere e quindi in violazione di un diritto soggettivo della parte
privata perché riflettente una sopraelevazione, la quale non è com
presa, secondo la difesa del Pallante, tra le opere vietate nella
fascia di rispetto delle autostrade.
Poiché non si discute circa l'appartenenza in astratto secondo
l'ordinamento giuridico al prefetto del potere di riduzione in pri stino ex art. 1 e 20 r.d. n. 1740/33, e dovendo ritenersi che esso
è stato esercitato in relazione all'oggetto per il quale è stato con
ferito a tale organo amministrativo ed al destinatario, le doglian ze fatte valere dal ricorrente circa la interpretazione della 1. n.
765/67 ed '1 problema riflettente la possibile inclusione tra le ope re vietate nella fascia di rispetto dall'autostrada delle sopraeleva zioni di opere preesistenti attengono non già alla astratta titolarità
del potere amministrativo, ma alla legittimità del suo concreto
esercizio e si risolvono in definitiva nel vizio di violazione di leg
ge deducibile in quanto tale innanzi al giudice amministrativo.
3. - Per quanto concerne le questioni di legittimità costituzio
nale dell'art. 19 1. n. 765/67 che disciplina fuori del perimetro dei centri abitati le distanze minime che devono osservarsi nella
edificazione a protezione del nastro stradale, in relazione agli art.
3 e 41, 2° e 3° comma, Cost., proposta dal ricorrente in questa
sede, non può omettersi di rilevare che nel presente giudizio in
staurato ex art. 362, 1° comma, c.p.c. non è più in discussione
il merito della causa, ma soltanto la questione attinente alla giuri sdizione.
In tale caso, come già sottolineato dalle sezioni unite (sent, nn. 1526 del 1983, id., 1983, I, 610, e 2917 del 1982, id., Rep. 1982, voce Giurisdizione civile, n. 174), ove in giudizio si contro
verta soltanto della giurisdizione, non possono essere prese in con
siderazione, attesa la loro irrilevanza, questioni di legittimità costituzionale concernenti precetti legislativi la cui applicazione non abbia specifica influenza ai fini della designazione del giudi ce investito della giurisdizione.
Nel caso in esame le accennate questioni di costituzionalità del
l'art. 19 (riassunte al § n. 2) non esplicano alcuna incidenza sulla
soluzione del problema di giurisdizione poiché — come si è dimo
strato nel suddetto paragrafo — il petitum sostanziale concerne
una posizione di interesse legittimo del ricorrente nei confronti
dell'esercizio dei poteri repressivi che l'ordinamento attribuisce
in materia di violazione delle norme sulle distanze del nastro stra
dale all'autorità amministrativa. E questo potere rimarrebbe sus
sistente in astratto anche nel caso di accoglimento della questione
di costituzionalità dell'art. 19, poiché se la norma fosse dichiara
ta illegittima e quindi venisse espunta dall'ordinamento, la relati
va pronunzia non potrebbe che essere limitata alla eliminazione
della norma sulle distanze che si assumeva violata. Essa quindi
porrebbe il problema circa la individuazione di altre norme sulle
distanze previste dall'ordinamento in mancanza dell'art. 19 (e se
gnatamente dell'art. 9 1. 24 luglio 1961 n. 729 sostituito appunto
dall'art. 19 fuori del perimetro dei centri abitati) ma in nessun
caso potrebbe discorrersi in tal caso di attività amministrativa
Il Foro Italiano — 1987.
senza potere ove si consideri che il potere repressivo spettante in materia all'autorità amministrativa è contenuto in altre norme
giuridiche, le quali non sarebbero affatto coinvolte da un esito
favorevole del giudizio di costituzionalità.
Ne discende che, sia nel caso di accoglimento che nel caso di
rigetto della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19 cit., la sua incidenza sarebbe limitata al merito della controversia sul
quale si è pronunziato il Consiglio di Stato, riflettendo, come
si è visto, tale incidenza la individuazione della norma sulla di
stanza applicabile in concreto, onde la irrilevanza in questa sede
delle proposte questioni di costituzionalità.
In conclusione, poiché la controversia de qua rientra nella giu risdizione del giudice amministrativo, la decisione impugnata si
sottrae alle proposte censure ed il ricorso proposto dal Pallante
deve essere respinto.
II
Svolgimento del processo. — Con atto del 22 aprile 1972, l'A.n.a.s. diffidò Francesco Salerno a sospendere immediatamen
te alcuni lavori di sopraelevazione di un villino in Casteldaccia, in quanto eseguiti in violazione della zona legale di rispetto lungo l'autostrada Palermo-Catania ed a ripristinare lo stato dei luoghi.
Con citazione del 5 luglio 1972, la Salerno convenne allora
l'A.n.a.s. innanzi al Tribunale di Palermo, e premesso che il villi
no, ricadendo in centro abitato e preesistendo all'entrata in vigo re della normativa richiamata dall'A.n.a.s., non era soggetto alle
prescrizioni limitative delle distanze stabilite dall'art. 9 1. 24 lu
glio 1961 n. 729, dall'art. 19 1. 6 agosto 1967 n. 765 e dall'art.
4 d.m. 1° aprile 1968, chiede che fosse dichiarata la illegittimità della diffida dell'A.n.a.s. con la condanna di quest'ultima al ri
sarcimento dei danni.
Nella resistenza della convenuta, il tribunale adito, con senten
za del 1° settembre 1975, accolse la domanda, rigettando l'ecce
zione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario proposta dall'A.n.a.s.
Su gravame di quest'ultima, la Corte d'appello di Palermo, con sentenza del 2 febbraio 1977; in riforma della decisione di
primo grado, dichiarò il difetto di giurisdizione dell'a.g.o. a co
noscere della domanda sul rilievo che, in considerazione dei pote ri di intervento e di controllo sulla attività di costruzione dei privati, attribuiti all'autorità amministrativa a tutela dell'interesse pub blico ad uno ordinato sviluppo urbanistico-edilizio del territorio, tra i quali erano compresi anche quelli relativi alla disciplina delle
costruzioni entro la fascia di rispetto autostradale, non poteva riconoscersi alla posizione soggettiva dedotta in causa dalla parte
privata di fronte all'ordine emanato dall'A.n.a.s., la consistenza
di diritto soggettivo perfetto, ma quella di interesse legittimo o
di diritto affievolito, suscettibile di tutela davanti al giudice am
ministrativo.
Contro la sentenza ricorre alle sezioni unite della Cassazione
Francesca Salerno; resiste con controricorso l'A.n.a.s. Entrambe
le parti hanno presentato memoria.
Motivi della decisione. — Con unico motivo, denunciando vio
lazione dell'art. 2 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, in relazione
all'art. 360, n. 1, c.p.c., la ricorrente assume che erroneamente
la corte d'appello ha declinato la giurisdizione, qualificando la
posizione soggettiva dedotta in giudizio in termini di interesse
legittimo e non di diritto soggettivo con riferimento ad un diffu
so ed innominato potere discrezionale spettante allo Stato ed ai
suoi organi al di là delle attribuzioni specificamente conferite dal
la legge, senza considerare che nel caso in esame la p.a., ordinan
do la sospensione delle costruzioni intraprese al di fuori della
fascia di rispetto legislativamente prescritta, aveva agito in difet
to assoluto di potere in violazione quindi di un diritto soggettivo. In ogni caso, si sostiene che la diffida dell'A.n.a.s. non poteva
qualificarsi provvedimento amministrativo idoneo a degradare a
mero interesse legittimo la posizione di diritto soggettivo della
Salerno, potendo tale potere riconoscersi soltanto al prefetto, a
norma dell'art. 20 r.d. 8 dicembre 1933 n. 1740.
Il ricorso è fondato in base alle seguenti considerazioni.
È pacifico fra le parti che il comune di Casteldaccia ha rilascia
to il 10 marzo 1972 alla ricorrente, per la esecuzione delle opere
di sopraelevazione ad una sua proprietà sita nell'ambito del cen
tro abitato di detto comune lungo l'autostrada Palermo-Catania,
una licenza edilizia condizionata all'ottenimento di un nulla-osta
da parte dell'A.n.a.s., nulla-osta che non è giammai intervenuto.
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2459 PARTE PRIMA 2460
Su questo aspetto della controversia si è soffermata in partico lare la difesa dell'amministrazione per rilevare che la Salerno, in mancanza del nulla osta anzidetto, non potrebbe far valere
nei confronti dell'A.n.a.s. un diritto soggettivo ma soltanto un
interesse legittimo. Le sezioni unite hanno già avuto occasione di avvertire (sent,
n. 5027 del 1982, Foro it., 1982, I, 2433) che la facoltà di edifica re se formalmente è vista come inerente alla proprietà fondiaria,
ossia come una delle concrete e peculiari manifestazioni in cui
consiste e si estrinseca il contenuto del dominio, nella sostanza
è considerata soggetta a tali limitazioni e prescrizioni connesse
dalla legge a determinazioni della pubblica autorità da meritare
la definizione di interesse legittimo, poiché la licenza edilizia (nel quadro della 1. n. 765/67 cui si riferisce il presente giudizio) è
un'autorizzazione che consente l'esplicazione di una attività sin
dall'origine delimitata e controllata, dalla quale non possono na
scere diritti soggettivi. Vero è che l'indirizzo giurisprudenziale accennato ha poi posto
l'accento sulla circostanza che se prima della licenza edilizia non
sussistono nei confronti del comune che interessi legittimi, la po sizione dell'autorizzato dopo il rilascio del provvedimento è di
diritto soggettivo; ma è anche vero che non si è mancato di preci sare che trattasi di diritto che degrada ed affievolisce ad interesse
legittimo nei confronti dell'esercizio dei poteri autoritativi che l'or
dinamento riconosce al sindaco anche nella fase di esecuzione
dell'attività edilizia (sez. un. 2379 del 1982, id., Rep. 1982, voce Edilizia e urbanistica, n. 764). A maggior ragione questi poteri sussistono per altre autorità amministrative preposte alla cura di
interessi pubblici diversi da quelli di carattere urbanistico, come
sono gli interessi connessi ad un regolare svolgimento della circo
lazione e della viabilità del traffico. Contrariamente a quanto afferma la difesa della ricorrente nel
la prima parte del suo ricorso, le norme relative alle distanze che
devono osservarsi nelle costruzioni lungo i tracciati delle strade
e delle autostrade non attengono infatti alla tutela di interessi
meramente individuali, ma «sono state dettate per favorire la cir
colazione e per offrire idonee garanzie di sicurezza a quanti tran
sitano sulle strade e passono nelle immediate vicinanze ovvero
in queste abitano od operino» (sent. Corte cost. n. 133 del 1971,
id., 1971, I, 1777). Stabilito che la materia delle distanze previste dall'art. 25 1. n.
59/61, dell'art. 9 1. n. 729/81 e dall'art. 19 1. n. 765/67, attiene
alla tutela di meri interessi legittimi, onde il vizio che interessa l'at
tività dell'organo amministrativo cui per legge compete il potere di esecuzione di ufficio, nei confronti delle opere ritenute illegitti me perché costruite in violazione delle norme sulle distanze vigenti in materia (in quanto, ad esempio, si richiama dalla p.a. una nor
ma sulla distanza diversa da quella che sarebbe applicabile secondo
l'ordinamento), attiene al legittimo esercizio del potere e non ne
pone in discussione la titolarità, è necessario prendere in esame la
seconda parte della doglianza fatta valere dalla ricorrente.
La Salerno sostiene infatti che l'attività posta in essere nel caso
in esame dall'A.n.a.s. allorché ha emesso nei suoi confronti l'or
dine di sospensione delle opere di rimessione in pristino dello sta
to dei luoghi, sarebbe stata svolta senza potere e quindi in
violazione di un suo diritto soggettivo. Ai fini della soluzione del problema di giurisdizione ciò che
rileva ed è decisivo in giudizio è la posizione soggettiva del priva to nei confronti del provvedimento amministrativo che si assume
lesivo della propria sfera giuridica, alla stregua del criterio del
petitum sostanziale (vale a dire con riferimento a ciò che si chie
de al giudice ed alle ragioni per cui si invoca la tutela giuridica). In sintesi è quindi decisivo nella specie accertare se l'A.n.a.s.
aveva il potere di emanare la diffida di cui sopra secondo le nor
me di attribuzione risultanti dall'ordinamento giuridico. La difesa dell'amministrazione, richiamando un precedente di
questa corte (sent. n. 491/78, id., Rep. 1978, voce Strade, n.
55) osserva che fra i poteri istituzionalmente spettanti all'A.n.a.s.
in materia di polizia e vigilanza a tutela delle strade, del traffico
e della viabilità, deve intendersi compreso il potere di ordinare
la sospensione dei lavori di costruzione che il privato abbia intra
preso, ancorché in forza di licenza comunale, nella zona fian
cheggiante opere stradali o autostradali in violazione delle prescritte distanze. Da tale premessa l'A.n.a.s. deduce che la posizione del
privato che venga pregiudicato da quell'ordine è di interesse legit timo e non di diritto soggettivo.
Dopo ulteriore esame della questione ritengono, tuttavia, le se
II Foro Italiano — 1987.
zioni unite di non poter confermare il suddetto precedente col
quale si sono riconosciuti i poteri repressivi dell'A.n.a.s. di cui
si contende nel presente giudizio (come risulta dalla relativa moti
vazione) anche con riferimento ai tratti di autostrada che si tro
vano nel perimetro del centro abitato.
Il potere di emanare provvedimenti di esecuzione di ufficio,
compresa la diffida riflettente la sospensione delle opere in caso
di violazione delle norme sulle distanze delle costruzioni dal ci
glio stradale, risulta attribuito in modo specifico dagli art. 1 e
20 r.d. 8 dicembre 1933 n. 1740, rispettivamente al prefetto o
al sindaco, a seconda che si tratti di strade poste fuori o nell'in
terno dell'abitato (cfr. in tal senso la giurisprudenza amministra
tiva: Cons. Stato, sez. IV, 9 maggio 1972, n. 360, id., Rep. 1972,
voce cit., n. 26; sez. V 13 luglio 1973, n. 645, id., Rep. 1973,
voce cit., n. 59; sez. IV 15 novembre 1977, n. 955, id., Rep.
1978, voce Edilizia e urbanistica, n. 344). E questa disciplina giuridica non ha subito alcuna modifica
in base alla legislazione successiva.
L'art. 15, lett../) eg), 1. 7 febbraio 1961 n. 59, invero, attribui
sce ai compartimenti della viabilità, nell'ambito di ciascuna cir
coscrizione territoriale, il compito di vigilare sulla conservazione
del patrimonio stradale dello Stato e di curare la gestione delle
strade e autostrade statali, ma non riconosce a tali organi alcun
particolare potere repressivo in ordine alle costruzioni eseguite dai proprietari limitrofi nella fascia di rispetto.
Dalle norme anzidette si desume quindi che, per i particolari
poteri di vigilanza che all'A.n.a.s. competono sulla conservazio
ne e manutenzione delle strade e autostrade statali, i suoi organi, nell'esercizio dell'attività di controllo, avranno il potere-dovere di informare l'autorità amministrativa (prefetto o sindaco) cui
compete per legge l'esercizio del potere di esecuzione di ufficio,
quando ritengono che lungo il tracciato delle strade anzidette i
proprietari limitrofi abbiano in corso di esecuzione o abbiano
già eseguito una costruzione illegittima, ma è evidente che non
possono sostituirsi alle dette autorità nell'esplicazione dei corri
spondenti poteri. La difesa dell'amministrazione ha obiettato che, anche se si
accoglie il suddetto indirizzo, la incompetenza dell'organo agente non potrebbe in nessun caso incidere sulla soluzione del proble ma di giurisdizione, poiché si tratterebbe di incompetenza relati
va, costituente vizio di legittimità dell'atto amministrativo, non
idoneo in quanto tale ad impedire la compressione della situazio
ne soggettiva della ricorrente ad un mero interesse legittimo. La tesi, mentre può ritenersi fondata per quanto concerne i rap
porti tra il prefetto e l'A.n.a.s., in quanto entrambi sono organi
dell'apparato organizzativo dello Stato nel settore dei lavori pub
blici, non può invece accogliersi relativamente ai rapporti tra sin
daco e A.n.a.s. di cui si contende nel presente giudizio, nel quale si tratta di una sopraelevazione eseguita nell'interno dell'abitato
del comune di Casteldaccia lungo l'autostrada Palermo-Catania.
In tal caso infatti sono talmente distanti le attribuzioni dell'au
torità amministrativa (sindaco) cui la legge conferisce il potere di esecuzione di ufficio in materia rispetto a quelle dell'autorità
che ha agito (A.n.a.s.) appartenente all'apparato organizzativo dello Stato, da ravvisare nell'attività posta in essere da quest'ulti ma gli estremi del comportamento svolto in carenza assoluta di
potere, inidoneo come tale a degradare la posizione di diritto sog
gettivo della ricorrente ad interesse legittimo. Da quanto precede discende inoltre che nessun rilievo esplica
nel presente giudizio, ai fini della soluzione del problema di giuris
dizione, la circostanza, valorizzata dalla difesa dell'A.n.a.s. che
la licenza edilizia rilasciata alla ricorrente era condizionata al con
seguimento del nulla-osta da parte della resistente, sulla base del
le svolte considerazioni le quali escludono che nell'ambito della
fascia di rispetto delle autostrade statali competono all'A.n.a.s.
poteri permissivi o repressivi attinenti alla esecuzione delle co
struzioni della suddetta area.
In conclusione, poiché la ricorrente ha agito in questo giudizio a tutela di un diritto soggettivo (derivante dal conseguimento del
la licenza edilizia), non degradato ad interesse legittimo dalla dif
fida dell'A.n.a.s., ne consegue che, contrariamente a quanto ritenuto dalla corte d'appello, la controversia de qua rientra nella
giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria. Si impone, pertanto, la cassazione della impugnata sentenza
con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d'appello di
Palermo, la quale, nella definizione della controversia, si atterrà
ai criteri innanzi enunciati.
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