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sezioni unite civili; sentenza 14 gennaio 1987, n. 193; Pres. Barba, Est. Caturani, P.M. Sgroi V....

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sezioni unite civili; sentenza 14 gennaio 1987, n. 193; Pres. Barba, Est. Caturani, P.M. Sgroi V. (concl. parz. diff.); Pallante (Avv. Sandulli) c. Prefetto di Caserta ed altri (Avv. dello Stato Ferri). Conferma Cons. Stato, sez. IV, 15 novembre 1977, n. 955 Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 9 (SETTEMBRE 1987), pp. 2449/2450-2459/2460 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179011 . Accessed: 28/06/2014 14:04 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.176 on Sat, 28 Jun 2014 14:04:54 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 14 gennaio 1987, n. 193; Pres. Barba, Est. Caturani, P.M. Sgroi V.(concl. parz. diff.); Pallante (Avv. Sandulli) c. Prefetto di Caserta ed altri (Avv. dello StatoFerri). Conferma Cons. Stato, sez. IV, 15 novembre 1977, n. 955Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 9 (SETTEMBRE 1987), pp. 2449/2450-2459/2460Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179011 .

Accessed: 28/06/2014 14:04

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

alle strutture ed agli organici ospedalieri per l'effettuazione di

prestazioni medico-specialistiche, esulanti dal ricovero di routine;

ti) che tale attività rientrava nel quadro di una collaborazione

continuativa e coordinata tra l'ente ed il personale medico, previ sta dall'art. 4.10 dell'accordo nazionale del 24 giugno 1980 per il personale ospedaliero e dagli art. 59 ss. d.p.r. n. 348/83; c) che

l'ente non gli aveva corrisposto quanto spettantegli per la predet ta attività a titolo di compartecipazione, limitandosi a corrispon

dergli esigui acconti; tanto premesso, chiedeva la condanna della

predetta unità al pagamento delle somme dovute, per la causale

innanzi indicata, maggiorata degli interessi maturati e maturandi, nonché della rivalutazione monetaria.

La convenuta, costituitasi in giudizio, dopo aver eccepito il di

fetto di giurisdizione del giudice ordinario e, nel merito, la infon

datezza della domanda, ha proposto regolamento preventivo di

giurisdizione illustrato con memoria con il quale sostiene l'attri

buzione della controversia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il medico resiste con controricorso.

Motivi della decisione. — È certo che l'istituto di incentivazio

ne alla produttività, quale previsto e disciplinato dagli art. 59

a 66 dell'accordo nazionale unico di lavoro del personale delle

U.s.l., reso esecutivo con d.p.r. n. 348/83, applicabile alla pre sente controversia, costituisce, nella sua ratio, uno strumento di

politica sanitaria finalizzato a spostare verso la struttura pubbli

ca, in parti progressivamente crescenti, la domanda di assistenza

specialistica, con l'obiettivo di raggiungere una qualificazione di

versa della domanda reale dei cittadini, con conseguente riduzio

ne della spesa. Infatti, ferma restando l'entità della domanda reale

di assistenza, lo spostamento di parte delle prestazioni dal con

venzionamento esterno all'area pubblica non potrà che determi

nare un contenimento della spesa a carico dell'U.s.l. Condizione

necessaria per il raggiungimento delle finalità dell'istituto è, cosi, un ripensamento organizzativo degli orari di servizio e dei turni

in rapporto alla domanda reale che si intende soddisfare nelle

strutture pubbliche, in modo da rendere queste ultime disponibili e operative in un arco di ore giornaliere il più ampio possibile. Tale ripensamento, però, in relazione all'attività svolta dai medi

ci nell'ambito del predetto istituto, non snatura in alcun modo

il carattere libero-professionale della predetta attività. Queste se

zioni unite, con sentenza n. 6923 del 1986 (Foro it., Mass., 1191), hanno ritenuto — e il convincimento merita ampia adesione per la fondatezza delle ragioni esposte — che l'attività in comparteci

pazione di cui al n. 4.10 dell'accordo nazionale per il personale

ospedaliero del 24 giugno 1980, non sia altro che una specifica modalità di esercizio dell'attività libero professionale del medico

di cui all'art. 35 d.p.r. n. 761/79.

L'ultimo comma, orbene, dell'art. 59 1. n. 348/83, nel prevede re l'istituto di incentivazione della produttività, parla di una «ri

definizione dell'ex istituto della compartecipazione secondo le linee

organizzative che seguono». Tali linee, orbene, dirette a definire

le modalità operative per la realizzazione degli obiettivi perseguiti dal predetto istituto di incentivazione attraverso le aree di attua

zione e le relative prestazioni (art. 59, ultimo comma, 61, ultimo,

comma, 62), la valutazione economica della produttività aggiun tiva (art. 61) la indicazione del personale cui può essere richiesta

la prestazione (art. 63, lett. a e b, e art. 64), i criteri di ripartizio ne del fondo di incentivazione (art. 63) non toccano in alcun mo

do la sostanza dell'indicata natura dell'ex istituto delle

compartecipazioni, in quanto prevedono espressamente che l'atti

vità connessa con l'istituto di incentivazione va svolta in plus ora

rio, fuori del normale servizio di lavoro (art. 61 e 64) e che tutte

le prestazioni effettuate e riconosciute devono essere retribuite

con le modalità previste per il plus orario stesso (art. 64, 2°

comma). È agevole, allora, escludere che l'attività svolta dal sanitario

in regime di istituto di incentivazione sia inerente al rapporto su

bordinato di pubblico impiego, essendo, invece, essa attività, per

tempo e modalità di espletamento, attività libero-professionale

di un rapporto privatistico di natura autonoma, ancorché sogget

ta a diverse limitazioni, cosi' come già ritenuto da queste sezioni

unite per l'attività intra muraria e per l'attività in compartecipa

zione (sent. cit. n. 5465/79, id., Rep. 1980, voce Sanitario, n. 196).

Il che trova conferma nella considerazione che non è dato de

sumere dalle norme che disciplinano il predetto istituto in quali

specifici vincoli si sostanzierebbe la subordinazione, e che il plus

orario è previsto espressamente dal legislatore all'art. 35, 7° com

ma, lett. b, del citato d.p.r. n. 761/79 proprio in relazione all'at

II Foro Italiano — 1987.

tività libero-professionale, per la cui prestazione è norma che es

sa avvenga in orari diversi da quello ordinario. Né, infine, va

trascurata la ulteriore considerazione che la prestazione in plus

orario, prevista dal citato istituto, non è obbligatoria, dal mo

mento che il rifiuto ad eseguirla non determina alcuna conse

guenza in relazione al rapporto di pubblico impiego, ma soltanto

la non attribuzione delle quote inerenti il fondo comune (art. 64, ultimo comma).

Né diversa conclusione suggerisce il rilievo svolto dalla ricor

rente in ordine al rapporto previsto dalla legge tra la qualità di

prestazione valutabile come plus orario rispetto alla quantità di

prestazione fornita durante l'orario normale, in quanto tale rap

porto non investe in alcun modo l'autonoma natura della presta zione in plus orario, rappresentando, soltanto, uno dei mezzi diretti

a realizzare le finalità dell'istituto. Parimenti è a dirsi, poi, per

quanto riguarda la delibera della giunta regionale Abruzzi di ap

provazione dell'accordo quadro regionale concluso con i rappre sentanti delle organizzazioni sindacali, in quanto la norma

transitoria in essa contenuta, e invocata dalla ricorrente stessa, si limita soltanto a disciplinare il predetto istituto di incentivazio

ne per il periodo corrente tra il 1° luglio 1983 (data dalla quale esso avrebbe dovuto avere vigore ex d.p.r. n. 348/83) ed il 30

settembre 1984, prevedendo i criteri per il pagamento delle pre stazioni in plus orario correlato ai criteri per la quantificazione delle prestazioni stesse.

Deve essere, pertanto, dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, indubbio essendo, per le considerazioni innanzi svolte, che l'attività dedotta in giudizio nell'ambito dell'istituto di incen

tivazione alla produttività inerisce ad un rapporto privatistico di

natura autonoma.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 14 gen naio 1987, n. 193; Pres. Barba, Est. Caturani, P.M. Sgroi

V. (conci, parz. diff.); Pallante (Avv. Sandulli) c. Prefetto

di Caserta ed altri (Avv. dello Stato Ferri). Conferma Cons.

Stato, sez■ IV, 15 novembre 1977, n. 955.

Edilizia e urbanistica — Condono edilizio — Sospensione dei pro cessi in corso — Sindacato della Cassazione sulla sanabilità delle

opere — Ammissibilità — Limiti (L. 28 febbraio 1985 n. 47, norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia,

sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie, art. 43, 44). Edilizia e urbanistica — Condono edilizio — Costruzione in vio

lazione del vincolo autostradale — Sanabilità — Limiti (L. 24

luglio 1961 n. 729, piano di nuove costruzioni stradali ed auto

stradali, art. 9; 1. 6 agosto 1967 n. 765, modifiche ed integra zioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150, art. 19; d.m. 1° aprile 1968, distanze minime a protezione del nastro

stradale da osservarsi nella edificazione fuori del perimetro dei

centri abitati, di cui all'art. 19 1. 6 agosto 1967 n. 765, art.

4; 1. 28 febbraio 1985 n. 47, art. 32). Edilizia e urbanistica — Condono edilizio — Provvedimento san

zionatorio inoppugnabile — Nozione (L. 28 febbraio 1985 n.

47, art. 43). Strade — Distanze delle costruzioni dai tracciati stradali ed auto

stradali — Costruzione in violazione — Ordine di demolizione

del prefetto — Impugnazione — Decisione del giudice ammini

strativo — Sindacabilità in Cassazione — Limiti (Cost., art.

Ill; cod. proc. civ., art. 362; r.d. 8 dicembre 1933 n. 1740, t.u. delle norme per la tutela delle strade e per la circolazione, art. 1, 20).

La Corte di cassazione, al pari di ogni altro giudice, quando sia

invocato l'effetto sospensivo della domanda di sanatoria delle

opere edilizie abusive sul processo in corso, ha il potere di veri

ficare se il giudizio che dovrebbe essere sospeso si riferisce o

meno ad opere che in astratto siano suscettibili di sanatoria,

senza, però, poter esplicare alcuna indagine di carattere tecnico

discrezionale. (1)

(1) La decisione confermata Cons. Stato, sez. IV, 15 novembre 1977, n. 955, è riassunta in Foro it., Rep. 1978, voce Edilizia e urbanistica, n. 337.

Sull'ambito di operatività dell'art. 44 1. n. 47/85, v., in giurisprudenza, Cons. Stato, sez. V, 20 dicembre 1985, n. 483, id., 1986, III, 374,

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2451 PARTE PRIMA 2452

Non è suscettibile di sanatoria, ai sensi della l. n. 47/85, la so

praelevazione di edificio che disti dal ciglio dell'autostrada, al l'esterno dei centri abitati, meno di quanto previsto dal d.m.

1° aprile 1968, se la sopraelevazione è stata realizzata dopo

l'imposizione del vincolo autostradale. (2) Ai fini del conseguimento della sanatoria degli abusi edilizi, deve

considerarsi inoppugnabile il provvedimento sanzionatolo per

il quale sia intervenuta decisione del Consiglio di Stato, avver

so cui penda ricorso per cassazione per motivi attinenti alla

giurisdizione. (3) Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo l'impugna

zione del decreto prefettizio che abbia disposto la demolizione

di sopraelevazione realizzata in violazione del vincolo autostra

dale, imposto dal d.m. 1° aprile 1968, trattandosi dell'esercizio

di un potere autoritativo, a carattere vincolato e non discrezio

nale, conferito dall'ordinamento giuridico per garantire il ri

spetto di norme sulle distanze dettate da esigenze di carattere

generale, e precisamente per favorire la circolazione e per offrire idonee garanzie di sicurezza a quanti transitano sulle strade o

passano nelle immediate vicinanze, ovvero in queste abitano ed

operano; ne consegue che, nel ricorso per motivi inerenti alla giu

risdizione, la Cassazione non può prendere in esame questioni che concernono: a) la correttezza della interpretazione, da parte

del giudice amministrativo, di norme che non attengono

secondo cui la sospensione dei procedimenti in pendenza del termine per la presentazione dell'istanza di condono si riferisce solo ai procedimenti sanzionatoti in senso proprio, non anche agli altri procedimenti richiama

ti nel capo IV, e, in particolare, quelli costitutivi o dichiarativi dell'abusi

vità di un'opera edilizia, di cui all'art. 35, lett. b). Sui poteri di delibazione del giudice davanti al quale pende il processo

di cui si invoca la sospensione si sofferma Carullo, in Nuove leggi civ.,

1985, 1247, il quale sottolinea la necessità della verifica del tempo dell'a

buso per i ricorsi depositati dopo il 1° ottobre 1983, al fine dell'accerta

mento della sanabilità delle opere.

(2) Sulle condizioni alle quali può essere concessa la sanatoria delle

costruzioni realizzate in violazione dei vincoli stradali v. Ghiloni, in Nuove

leggi civ., 1985, 1182.

(3) L'inapplicabilità della sanatoria delle opere abusive quando sia sta

to emanato il provvedimento sanzionatorio sul quale sia intervenuta deci

sione del Consiglio di Stato, ancorché non sia decorso il termine per

proporre ricorso in Cassazione per motivi di giurisdizione (secondo il te

nore dell'art. 43, 2° comma, 1. 47/85), ovvero penda l'impugnazione già

proposta dinanzi la corte regolatrice (secondo l'interpretazione «integrati va» di Cass. 193/87) è apparsa a Carullo (in Nuove leggi civ., 1985,

1245) il frutto di un contrasto con i principi generali. Tuttavia, la deroga

posta dal legislatore, con il 2° comma dell'art. 43, alla sanatoria, ex 1°

comma, delle opere abusive pur in presenza di un provvedimento sanzio

natorio, considerando inoppugnabile il provvedimento (non la sentenza, si badi bene), dato il carattere straordinario e limitato del rimedio invoca

bile avverso la sentenza che ha pronunciato su di esso, non costituisce

che una riaffermazione della regola ordinaria della immediata esecutività

delle decisioni del Consiglio di Stato e dei giudici amministrativi in genere (riaffermata dall'art. 33 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istitutiva dei T.A.R.): esecutività che incontra limiti nella formazione del giudicato solo quando sia necessario ricorrere, per ottenerne l'esecuzione, al giudizio di ottem

peranza (secondo quanto affermato da Cons. Stato, ad. plen., 23 marzo

1979, n. 12, Foro it., 1979, III, 307, e ribadito da Cons. Stato, ad. plen., 1° aprile 1980, n. 10, id., 1980, III, 444, seguite da Cons. Stato, sez.

V, 28 agosto 1981, n. 380, id., Rep. 1981, voce Giustizia amministrativa, n. 868; T.A.R. Friuli-Venezia Giulia 27 aprile 1984, n. 126, id., Rep. 1985, voce cit., n. 663; Cons. Stato, sez. V, 26 gennaio 1985, n. 43, ibid., n. 665; sez. VI 4 giugno 1985, n. 268, ibid., n. 622; T.A.R. Abruz zo 25 febbraio 1986, n. 63, Trib. amm. reg., 1986, I, 1436; T.A.R. Pie monte 21 marzo 1986, n. 35, ibid., 1695; in dottrina sul punto v.

Migliarese, Esecutività delle sentenze dei T.A.R. e giudizio di ottempe ranza, in Dir. proc. amm., 1985, 119), ma non ne incontra certo tutte le volte in cui sia l'amministrazione a voler dare esecuzione al provvedi mento impugnato (è inutile sottolineare, a questo punto, che ritenere am missibile il giudizio di ottemperanza, in ossequio alle decisioni dell'adunanza

plenaria, solo quando si sia formato il giudicato sulla sentenza della qua le si chiede l'esecuzione, vuol dire tradurre la regola dell'esecutività della decisione amministrativa in un privilegio della p.a., dandole, invece, un

significato solo negativo per il privato). La limitazione del diritto a conseguire la sanatoria posta dal 2° comma

dell'art. 34 sembra, però, debba esser ridimensionata, ove si considerino, comunque, sanabili le opere abusive quando il provvedimento sanzionato

rio, pur essendo divenuto inoppugnabile nel senso ivi indicato, non sia an cora stato eseguito. Cosi interpretata, infatti, la norma non viene a disporre, in buona sostanza, nulla di diverso da quanto previsto, in termini più gene rali, nel successivo 3° comma, per il quale restano ferme le sanzioni già eseguite, ancorché in forza di provvedimenti non ancora inoppugnabili.

Il Foro Italiano — 1987.

all'astratta titolarità del potere, ma alla legittimità del suo con

creto esercizio, dando luogo, eventualmente, al vizio di violazio

ne di legge, deducibile innanzi al giudice amministrativo (nella

specie, era stata contestata l'interpretazione data dal Consiglio

di Stato alle norme sulle distanze delle costruzioni dal nastro au

tostradale contenute nell'art. 191. n. 765/67, e nel successivo d.m.

1 ° aprile 1968, perché erano state ritenute applicabili anche con

riferimento alle sopraelevazioni di edifici preesistenti a distanza

inferiore); b) la legittimità costituzionale delle norme applicate,

qualora l'eventuale dichiarazione di incostituzionalità delle stes

se si risolva in una mera modifica della disciplina delle distanze

applicabile in concreto, senza incidere sui poteri repressivi della

p.a. ( nella specie, era stata riproposta la questione di legittimità

costituzionale dell'art. 19 l. n. 765/67). (4)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 18 dicem

bre 1986, n. 7672; Pres. Barba; Est. Caturani, P. M. Sgroi

V. (conci, conf.); Salerno (Avv. Guidi, Costa, Glenda) c.

A.n.a.s. (Avv. dello Stato Favara). Cassa A pp. Palermo 2 feb

braio 1977.

Strade — Distanze delle costruzioni da tracciati stradali o autostra

dali nei centri abitati — Potere di repressione degli abusi spet

tante al sindaco — Esercizio da parte dell'A.n.a.s. — Carenza

assoluta di potere — Giurisdizione ordinaria (L. 20 marzo 1865

n. 2248, ali. E, sul contenzioso amministrativo, art. 2; r.d. 8 di

cembre 1933 n. 1740, art. 1, 20; 1. 7 febbraio 1961 n. 59, riordi

namento strutturale e revisione dei ruoli organici dell'Azienda

nazionale autonoma delle strade, art. 25).

Spetta al sindaco il potere di emanare provvedimenti di esecuzione

d'ufficio, compresa la diffida di sospensione dei lavori, nel caso

di costruzione in violazione delle norme sulle distanze delle co

struzioni dal ciglio delle autostrade, nei tratti che attraversano

i centri abitati; ne consegue che deve ravvisarsi, nella diffida inti

mata dall'A.n.a.s., un comportamento svolto in carenza assolu

ta di potere, inidoneo come tale a degradare le posizioni di diritto

soggettivo ad interesse legittimo, e rientra, pertanto, nella giuris

dizione ordinaria l'azione proposta dall'intimata per far dichia

rare l'illegittimità della diffida dell'A.n.a.s. (5)

(4-5) Che le norme sulle distanze delle costruzioni dal nastro stradale

o autostradale sono dettate non solo per disciplinare un rapporto inter

soggettivo, ma piuttosto per tutelare un interesse generale, quale quello di favorire la circolazione e di offrire idonee garanzie di sicurezza a quan ti transitano sulle strade o passano nelle immediate vicinanze, ovvero in

queste abitano ed operano, era stato già autorevolmente puntualizzato da Corte cost. 22 giugno 1971, n. 133, Foro it., 1971, I, 1777, citata

in motivazione. In senso analogo v. anche Trib. Napoli 16 marzo 1974, id., Rep. 1975, voce Edilizia e urbanistica, n. 455.

Sulla spettanza, rispettivamente al prefetto ed al sindaco, del potere di ordinare la demolizione delle opere realizzate in violazione del vincolo

stradale all'esterno ed all'interno dei centri abitati, v. Cons. Stato, sez.

IV, 11 novembre 1985, n. 1, id., Rep. 1985, voce Strade, n. 14; 14 set

tembre 1984, n. 693, ibid., voce Edilizia e urbanistica, n. 416 (che ha

ritenuto illegittimo l'ordine di demolizione emanato dal prefetto per ope re realizzate nel perimetro urbano); 6 ottobre 1983, n. 698, id., Rep. 1983, voce Strade, n. 24; 4 gennaio 1983, n. 2, ibid., n. 25; 4 gennaio 1983, n. 1, ibid., n. 26; 8 luglio 1980, n. 744, id., Rep. 1981, voce Edili

zia e urbanistica, n. 305; 28 febbraio 1978, n. 146, id., Rep. 1978, voce

Strade, n. 40; sez. II 8 maggio 1973, n. 1890/72, id., Rep. 1979, voce

Edilizia e urbanistica, n. 324. Hanno ritenuto, per converso, legittimo il provvedimento di sospensio

ne dei lavori emesso dal capo compartimento dell'A.n.a.s., T.A.R. Lom bardia 4 giugno 1980, n. 607, id., Rep. 1981, voce cit., n. 306; Cass. 3 febbraio 1978, n. 491, id., Rep. 1978, voce Strade, n. 60 (e, annotata

da Alvino, Sui poteri dell'A.n.a.s. per la vigilanza delle strade, in Giust.

civ., 1978, I, 2098); Cons. Stato, sez. IV, 23 novembre 1976, n. 1147, Foro it., Rep. 1976, voce Edilizia e urbanistica, n. 1417; sez. V 13 luglio 1973, n. 645, id., Rep. 1973, voce Strade, n. 59.

In ogni caso, deve ritenersi che l'A.n.a.s., al pari della società conces

sionaria, possa ricorrere ai comuni rimedi privatistici per ottenere il ri

spetto delle distanze legali e, eventualmente, la rimessione in pristino dei

luoghi (cfr., in termini, Cass. 11 dicembre 1979, n. 6437, id., Rep. 1980, voce cit., n. 28).

Sulla nozione di centro abitato ai fini dell'applicazione dell'art. 19 1. n. 765/67, v. Cass. 16 dicembre 1986, n. 7523, id., Rep. 1986, voce Edili

zia e urbanistica, n. 360; 17 febbraio 1983, n. 1223, id., Rep. 1983, voce

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

I

Svolgimento del processo. — Con decreto del 17 maggio 1973, il prefetto di Caserta ordinava ad Antonio Pallante la demolizio

ne della sopraelevazione del suo pastificio sito nel territorio del

comune di Capodrise in prossimità dell'autostrada Napoli-Roma in quanto la detta sopraelevazione si riferiva a stabile preesistente distante meno di sessanta metri dal ciglio dell'autostrada, secon

do quanto previsto dall'art. 19 1. 6 agosto 1967 n. 765 e del de

creto interministeriale 1° aprile 1968 n. 1404.

Contro tali provvedimenti il Pallante, con atto notificato il 6

agosto 1973 al prefetto di Caserta, all'A.n.a.s. e ai ministri dei

lavori pubblici, dei trasporti e dell'interno, proponeva ricorso al

Consiglio di Stato per incompetenza del prefetto, violazione del

l'art. 19 cit. dovendo il medesimo interpretarsi nel senso che il

divieto di costruire non concerne le sopraelevazioni di immobili

preesistenti già posti a minore distanza dal ciglio stradale ed ec

cesso di potere. In subordine eccepiva l'illegittimità costituzionale

dell'art. 19 in riferimento all'art. 42, 2° comma, Cost, per viola

zione della riserva di legge, all'art. 42, 3° comma, Cost, per man

canza di indennizzo di vincoli espropriativi, all'art. 3 Cost, per contrasto col principio di ragionevolezza ove si ritenga che l'art.

19 abbia ammesso le fasce di rispetto delle strade (imposte dal

decreto interministeriale n. 1404 del 1968) non solo per ragioni di sicurezza, ma anche per alleviare gli oneri espropriativi in oc

casione dell'ampliamento delle strade pubbliche. Nel contraddit

torio delle amministrazioni dello Stato che si resistevano

all'impugnazione, il Consiglio di Stato, con decisione del 15 no

vembre 1977, dichiarava manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal ricorrente e rigettava il

ricorso.

Ad avviso del Consiglio di Stato il ricorso era infondato per le seguenti considerazioni: A) la lettera dell'art. 19 1. n. 765/67

induce a ritenere che la distanza minima dalle strade ed autostra

de debba essere rispettata anche dalle sopraelevazioni, costituen

do anche esse in senso verticale «ampliamento» di edifici

preesistenti; B) la ratio dell'art. 19 conferma questa interpreta

zione, essendosi voluto evitare, con riferimento alle costruzioni

preesistenti poste a distanza inferiore e tollerate, che esse subisse

ro modificazioni ampliative di qualsiasi genere onde realizzare

il nuovo regime delle distanze a tutela della circolazione senza

cit., n. 309 (e in Rass. avv. Stato, 1983, 1, 333, commentata da Cenerini

Bova, Nozione di centro abitato e tutela della viabilità); Cons. Stato, sez. V, 9 luglio 1976, n. 1041, Foro it., Rep. 1977, voce cit., n. 360; sez. I 28 novembre 1975, n. 1257/75, ibid., n. 361.

La giurisprudenza è prevalente, poi, nel senso di ritenere che le distan

ze previste dal d.m. 1° aprile 1968 per le costruzioni fuori dai centri

abitati, se non trovano applicazione in relazione agli edifici preesistenti (Cons, giust. amm. sic. 27 aprile 1978, n. 64, id., Rep. 1978, voce Strade, n. 38), vanno, però, rispettate nel caso di demolizione e ricostruzione

degli stessi (Cons. Stato, sez. V, 19 ottobre 1979, n. 619, id., Rep. 1980, voce Edilizia e urbanistica, n. 315; sez. II 8 maggio 1973, n. 1890/72,

cit.), salvo che si tratti di ristrutturazione nel rispetto dei volumi nella

quantità e giacitura preesistenti (T.A.R. Lombardia, sez. Brescia, 22 giu

gno 1979, n. 272, id., Rep. 1980, voce cit., n. 316). Qualche perplessità, invece, ha destato l'applicabilità di tale disposizione nella ipotesi di so

praelevazione di edificio preesistente. Nel senso di Cons. Stato, sez. IV, 15 novembre 1977, n. 955, id., Rep. 1978, voce cit., n. 337, cit., si è

espresso anche Cons. Stato, sez. IV, 8 luglio 1980, n. 744, id.. Rep. 1981, voce cit., n. 304. Per Cons. Stato, sez. IV, 19 aprile 1977, n. 406, id.,

Rep. 1978, voce cit., n. 732, invece, non è legittimo il decreto prefettizio che abbia ordinato la demolizione della sopraelevazione, ove non si sia

proceduto alla valutazione del pregiudizio che ne deriva alla viabilità,

perché la parte inferiore del fabbricato rimane pur sempre a distanza

inferiore alla legale. Che in tal caso non occorra rispettare le distanze

di cui al citato d.m. è stato ritenuto, infine, tout court, da Pret. Trivento

11 dicembre 1974, id., Rep. 1975, voce cit., n. 452, e in Giur. it., 1975,

II, 218, con nota adesiva di Annunziata, Costruzione in sopraelevazione e obbligo di distanze dal nastro stradale, per escludere la sussistenza del

reato urbanistico. Nel senso, poi, che nei centri abitati continua ad essere applicabile la

normativa sulle distanze dalle sedi autostradali di cui alla 1. n. 729/61, v. Cass. 6437/79, cit.

Sulla portata del controllo esercitabile dalle sezioni unite sulle decisioni

del Consiglio di Stato v., tra le ultime, Cass. 14 gennaio 1987, n. 190, Foro it., Mass., 35; 25 gennaio 1985, n. 351, id., 1985, I, 1046; 10 gen naio 1984, n. 175, id., 1984, I, 711; 9 maggio 1983, n. 3145, id., 1983,

I, 1792; 24 marzo 1981, n. 1692, id., 1982, I, 791, e la giurisprudenza ivi richiamata. [N. Mazzia]

Il Foro Italiano — 1987 — Parte I-160.

eccezioni; Q le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 19

cit. dovevano ritenersi manifestamente infondate, sia quelle svol

te con riferimento all'art. 42, 3° comma, Cost, per tutte le ragio ni poste in risalto dalla sentenza 22 giugno 1971, n. 133, della

Corte costituzionale (Foro it., 1971, I, 1777), sia quelle con le

quali si era dedotto il contrasto con il 2° comma dell'art. 42

Cost., in quanto con l'art. 19 il legislatore ha fissato i criteri

per determinare le limitazioni della proprietà privata nell'interes

se pubblico, prescrivendo che le distanze minime a protezione del nastro stradale dovessero essere stabilite in relazione alla na

tura delle strade ed alla loro classificazione.

Propone ricorso per cassazione alle sezioni unite ai sensi degli art. 362, 1° comma, e 374, 1° comma, c.p.c. Antonio Pallante

in base a cinque motivi; resistono con unico controricorso il pre fetto di Caserta, l'A.n.a.s. ed i ministeri dell'interno, dei traspor ti e dei lavori pubblici.

Motivi della decisione. — 1. - In via preliminare le sezioni uni

te rilevano che il ricorrente con atto depositato il 12 marzo 1986

ha chiesto il rinvio a nuovo ruolo della discussione del ricorso

e la sospensione del giudizio, ai sensi della 1. 28 febbraio 1985

n. 47, contenente le norme in materia di controllo dell'attività

urbanistico-edilizia, le sanzioni, il recupero e la sanatoria delle

opere edilizie, avendo presentato, con istanza del 28 febbraio 1986, domanda di condono al comune di Capodrise ed avendo anche

pagato in unica soluzione la oblazione in lire 14.760.000.

A sostegno della istanza di sospensione si afferma che non sus

sistono ostacoli di sorta all'accoglimento della domanda poiché trattasi nella specie di provvedimento (di demolizione) non anco

ra eseguito e d'altra parte l'applicabilità della sanatoria agli abusi

consistenti nella violazione delle distanze dal ciglio stradale risul

ta espressamente dall'art. 32, 2° comma, della legge la quale non

lascia margine alcuno al sindacato giurisdizionale sul merito della

sanabilità dell'abuso, disponendo l'automatica sospensione del giu dizio in corso.

È opportuno anzitutto sottolineare che, anche se la formulazio

ne della legge n. 47 non può dirsi perspicua dalla sua complessiva

disciplina (con specifico riferimento all'art. 38) si desume che la

presentazione della domanda di concessione o autorizzazione in sa

natoria di cui all'art. 31 nei termini perentori previsti, accompa

gnata dalla attestazione del versamento della somma di cui al 1°

comma dell'art. 35, sospende non solo i procedimenti penali e quelli

amministrativi, ma anche i giudizi in corso che riguardano l'appli cazione delle sanzioni previste dalla legge in materia.

Si pone pertanto il problema consistente nel decidere, se verifi

candosi ex se la sospensione del processo con la presentazione della

domanda di cui all'art. 31 corredata dalla documentazione di cui

all'art. 38, la disciplina giuridica impedisca al giudice della causa

che dovrebbe essere sospesa la verifica circa la ricorrenza delle con

dizioni che sono richieste dalla legge per essere ammessi alla sana

toria, cosi come sostiene il ricorrente.

Per rispondere a tale quesito va rilevato che la domanda di con

cessione o autorizzazione in sanatoria delle opere illegittime dà adito, nel sistema della 1. n. 47 del 1985, ad un procedimento amministra

tivo che si conclude con un provvedimento del sindaco che, ove

sia di accoglimento della relativa istanza, determina in via definiti

va l'importo della oblazione e rilascia la concessione o l'autorizza

zione in sanatoria, contestualmente alla esibizione da parte dell'interessato della ricevuta di versamento all'erario delle somme

a conguaglio. In base ai principi che ripartiscono i poteri della p.a. rispetto

a quelli dell'a.g.o., è quindi evidente che l'accertamento in concre

to circa la ricorrenza delle condizioni cui per legge è subordinato

l'accoglimento della domanda di condono è devoluto in via esclusi

va all'autorità amministrativa.

Le sezioni unite, quale giudice della causa rispetto alla quale

si afferma operare in via automatica l'effetto sospensivo della

domanda in sanatoria sul processo in corso, hanno tuttavia il

potere, come qualsiasi giudice, di verificare se il giudizio (che

dovrebbe essere sospeso con un provvedimento meramente dichia

rativo) si riferisca o meno ad opere edilizie che in astratto siano

suscettibili di sanatoria, in base alla mera applicazione alla fatti

specie delle norme giuridiche che regolano la materia, senza la

possibilità di esplicare alcuna indagine di carattere tecnico

discrezionale, devoluta invece, come si è visto, alla cognizione

dell'autorità amministrativa.

Ciò premesso, la sanatoria delle opere abusive, pur riguardan

do in via primaria, secondo la disciplina della 1. n. 47, le costru

zioni e le altre opere eseguite in difformità delle prescrizioni

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2455 PARTE PRIMA 2456

urbanistiche, è possibile altresì' per le opere eseguite su aree sotto

poste a vincolo per le quali — con specifico riferimento al loro

contrasto con le norme del d.m. 1° aprile 1968 n. 1404 pubblica to sulla Gazzetta ufficiale n. 96 del 13 aprile 1968 che interessa

il presente giudizio — si richiedono peraltro due requisiti: a) che

trattasi di opere insistenti su aree vincolate dopo la loro esecuzio

ne; b) che le opere non costituiscano minaccia alla sicurezza del

traffico (art. 32).

Poiché, ove non ricorra una delle anzidette condizioni, si ap

plicano le disposizioni dell'art. 33 che disciplina le opere non su

scettibili di sanatoria, è sufficiente accertare il difetto di uno degli accennati requisiti per concludere nel senso del rigetto della do

manda di sospensione. Ma mentre il requisito sub b), implicando valutazioni di carat

tere tecnico-discrezionale, non può essere accertato in questa se

de, può invece esaminarsi la ricorrenza del requisito sub a) che

presuppone soltanto un accertamento ex actis.

Nel caso di specie la suddetta indagine si conclude nel senso

che non ricorre quest'ultimo requisito, essendo pacifico che la

sopraelevazione fu eseguita dal Pallante quando il vincolo auto

stradale era stato già imposto, onde la sua mancanza impedisce

che la domanda di sospensione possa trovare accoglimento in que

sta sede.

A quanto precede deve per completezza di esposizione aggiun

gersi che, a parte il difetto dell'accennato requisito, la domanda

di sospensione non avrebbe potuto essere accolta per altro auto

nomo motivo, poiché ai sensi dell'art. 43 della legge, se trattisi

di provvedimento inoppugnabile la sanatoria è impedita, e tale

è considerato dalla norma anzidetta il provvedimento per il quale

sia intervenuta una decisione del Consiglio di Stato, ancorché sia

pendente il termine per il ricorso alla Corte di cassazione per

motivi attinenti alla giurisdizione. Ed a maggior ragione l'inop

pugnabilità impeditiva della sospensione del processo sussiste quan

do — come nella specie — alla data di entrata in vigore della

1. n. 47 era già pendente il giudizio instaurato dal ricorrente per

motivi attinenti alla giurisdizione contro la decisione del Consi

glio di Stato. 2. - Passando all'esame del ricorso, con il primo motivo il ri

corrente sostiene che, affermando innanzi al Consiglio di Stato

che le disposizioni dell'art. 19 1. n. 765 del 1967 e del decreto

ministeriale 1° aprile 1968 n. 1404, le quali impongono determi

nate distanze dalle autostrade, non si riferiscono alle sopraeleva zioni degli edifici già costruiti a distanza inferiore a quella

prescritta, ma prevedono la detta distanza solo per l'ampliamen to delle costruzioni «in estensione», faceva valere, in realtà, la

tutela di un diritto soggettivo poiché si trattava di interpretare e applicare una norma sulle distanze e la controversia rientrava

pertanto nella giurisdizione del giudice ordinario.

Ove si accolga invece l'interpretazione del Consiglio di Stato

che ha compreso nel divieto legislativo anche le sopraelevazioni, si prospettano in questa sede, con i motivi dal secondo al quinto, alcuni profili di legittimità costituzionale dell'art. 19 cit. per vio

lazione del principio di ragionevolezza, compreso in quello di egua

glianza di cui all'art. 13 Cost.

Nel caso poi, in cui il divieto di sopraelevazione si ritenga im

posto dal d.m. n. 1404 del 1968, si afferma che l'accoglimento della questione di costituzionalità determina l'illegittimità di tale

provvedimento perché emesso dal governo in assenza di una leg

ge attributiva del relativo potere. Si eccepisce inoltre l'illegittimità costituzionale dell'art. 19 con

riferimento all'art. 42 Cost.: a) ove si accolga la tesi che la previ sione delle fasce di rispetto lungo le strade sia diretta a vincolare

e ridurre il valore delle aree laterali si da poterle poi espropriare a prezzo vile; b) in quanto la norma prevede l'impugnazione di

vincoli sostanzialmente espropriativi; c) ed è stata emanata in vio

lazione della riserva di legge di cui al citato art. 42 Cost, in quan to l'art. 19, nell'attribuire alla p.a. la potestà di determinare i

limiti della proprietà privata, lo ha fatto in modo assolutamente

generico, limitandosi a dire che le fasce di rispetto avrebbero do

vuto essere stabilite in rapporto alla natura delle strade e alla

loro classificazione.

In questa sede le sezioni unite possono controllare l'esattezza

del decisum contenuto nella decisione del Consiglio di Stato sol

tanto per quanto concerne il rispetto da parte del giudice ammi

nistrativo dei limiti esterni della propria giurisdizione, mentre esula

dall'oggetto del presente giudizio ogni questione che attiene al

merito della controversia, con riferimento ad errores in iudican

II Foro Italiano — 1987.

do che si assumano contenuti nella pronunzia impugnata (art.

362, 1° comma, c.p.c.). Il ricorrente ha impugnato con ricorso al Consiglio di Stato,

deducendone la illegittimità, sia il decreto prefettizio di demoli

zione della sopraelevazione de qua sia il decreto interministeriale

che ha stabilito la distanza di sessanta metri per le costruzioni,

ampliamenti e ricostruzioni misurate dal ciglio della sede stradale

(in esecuzione dell'art. 19 1. n. 765/67). Tra gli altri motivi di

impugnazione il Pallante ha fatto valere in quella sede la viola

zione dell'art. 19 della legge citata, il quale, secondo l'assunto

del ricorrente contrariamente alle tesi del giudice amministrativo,

va interpretato nel senso che il divieto di edificazione dal ciglio della strada non concerne le sopraelevazioni di immobili preesi stenti già posti a minore distanza dalla sede autostradale.

Con riferimento a tale motivo si sostiene che, essendosi fatta

valere in Consiglio di Stato la interpretazione di una norma sulle

distanze, riferentesi quindi alle posizioni intersoggettive dei pro

prietari, la controversia rifletteva in realtà la tutela di diritti sog

gettivi perfetti e non di meri interessi legittimi, come erroneamente

anche se in maniera implicita ritenuto dalla decisione impugnata

che ha esaminato il merito della impugnazione. È tuttavia sufficiente esporre la ragione fondamentale addotta

in questa sede a sostegno della giurisdizione dell'a.g.o. per co

glierne la infondatezza.

Secondo il criterio del petitum sostanziale accolto dalla giuris

prudenza ormai costante delle sezioni unite, per discriminare la

giurisdizione del giudice ordinario da quella del giudice ammini strativo (che si risolve nel considerare ciò che si chiede al giudice in relazione alle ragioni per cui si invoca la tutela giuridica), l'ele

mento decisivo che viene in rilievo a tal fine, a prescindere dalla

prospettazione della parte, è la individuazione della natura delle

norme giuridiche di cui si assume la violazione a seconda cioè

che le medesime siano dettate a tutela di un interesse individuale

ovvero a tutela dell'interesse pubblico.

Orbene, per quanto riguarda il decreto di riduzione in pristino

delle opere ritenute illegittime perché eseguite in violazione delle

norme sulle distanze dalle autostrade vigenti in materia, emesso

dal prefetto di Caserta in data 17 maggio 1973 nei confronti del

ricorrente, le sezioni unite, pur rilevando che un loro precedente

(la sent. n. 491/78, id., Rep. 1978, voce Strade, n. 55) ha ricono

sciuto il relativo potere dell'A.n.a.s., osservano che la relativa

questione non esplica alcuna influenza nel presente giudizio, poi

ché nei rapporti tra prefetto ed A.n.a.s., entrambi organi dell'ap

parato organizzativo dello Stato nel settore dei lavori pubblici, l'eventuale vizio del provvedimento impugnato dal Pallante si ri

solverebbe, in ogni caso, in un tipico vizio di legittimità dell'atto

amministrativo (la incompetenza relativa), non incidente in quan to tale sulla titolarità del potere dell'organo amministrativo, ma

soltanto sulla legittimità del suo esercizio.

Ciò premesso, prendendo le mosse dalla motivazione del Con

siglio di Stato, secondo cui il potere di esecuzione di ufficio è attribuito con riferimento alla fattispecie concreta (nella quale si

tratta di costruzione eseguita fuori del centro abitato lungo l'au

tostrada Napoli-Roma) al prefetto ai sensi degli art. 1 e 20 r.d.

8 dicembre 1933 n. 1740, va sottolineato che trattasi di un potere autoritativo (anche se di carattere vincolato e non discrezionale) conferito dall'ordinamento giuridico a tutela di esigenze di ordi

ne generale nella fase di repressione di opere effettuate in contra

sto con le norme sulle distanze le quali sono previste «per favorire

la circolazione e per offrire idonee garanzie di sicurezza a quanti transitano sulle strade o passano nelle immediate vicinanze ovve

ro in queste abitano od operano» (Corte cost. n. 133 del 1971,

id., 1971, I, 1777). Né può con fondamento replicarsi che trattasi di norme dirette

comunque a tutelare l'esercizio di un diritto soggettivo (lo ius

aedificandì), poiché le sezioni unite hanno già avuto occasione

di precisare (sent. n. 5027 del 1982, id., 1982, I, 2433) che la facoltà di edificare, se formalmente è vista come inerente alla

proprietà fondiaria ossia come una delle concrete e peculiari ma

nifestazioni in cui consiste e si estrinseca il contenuto del domi

nio, nella sostanza è considerata soggetta a tali limiti e prescrizioni connesse dalla legge a determinazioni della pubblica autorità, da

meritare la definizione di interesse legittimo. La licenza edilizia,

invero, nel quadro della 1. n. 765 del 1967 cui si riferisce il pre sente giudizio, è una autorizzazione che consente l'esercizio di

una attività sin dall'origine limitata e controllata dalla quale non

possono nascere diritti soggettivi.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Quanto precede non è scalfito dalla obiezione che la posizione del privato che abbia conseguito la licenza edilizia (quale quella del Pallante) ha natura e consistenza di diritto soggettivo (cfr. la sent. n. 5027 del 1982, cit.), poiché se questo diritto sussiste

nei confronti del comune cha abbia rilasciato il relativo provvedi mento esso non esclude ma anzi presuppone il possibile esercizio

da parte dell'ente territoriale dei poteri autoritativi che la legge

gli conferisce anche nella fase di esercizio dello iuis aedificandi in base a licenza edilizia fino a pervenire alla repressione delle

opere effettuate in contrasto con le norme urbanistiche (art. 13

1. n. 765 del 1967 e sez. un. n. 2379 del 1982, id., Rep. 1982, voce Edilizia e urbanistica, n. 764). Nei confronti dell'esercizio

di tale potere repressivo non possono non sussistere che meri in

teressi legittimi. Ed a più forte ragione una tale posizione sogget tiva del titolare dello ius aedificandi deve ravvisarsi quando l'esercizio della facoltà di edificare si correli ai poteri pubblici attribuiti dall'ordinamento ad altre autorità amministrative, a tu

tela di interessi diversi di carattere generale, come sono quelli attinenti ad un ordinato svolgimento della circolazione, della via

bilità e del traffico. Stabilito che la materia delle distanze previste dalle fonti nor

mative accennate (art. 25 1. n. 59/61; art. 9 1. n. 729/81; art.

19 1. n. 765/67), attiene alla tutela di meri interessi legittimi, è

necessario prendere in esame la ulteriore affermazione del ricor

rente, secondo cui l'attività posta in essere nel caso in esame dal

prefetto, con l'ordine di demolizione, sarebbe stata svolta senza

potere e quindi in violazione di un diritto soggettivo della parte

privata perché riflettente una sopraelevazione, la quale non è com

presa, secondo la difesa del Pallante, tra le opere vietate nella

fascia di rispetto delle autostrade.

Poiché non si discute circa l'appartenenza in astratto secondo

l'ordinamento giuridico al prefetto del potere di riduzione in pri stino ex art. 1 e 20 r.d. n. 1740/33, e dovendo ritenersi che esso

è stato esercitato in relazione all'oggetto per il quale è stato con

ferito a tale organo amministrativo ed al destinatario, le doglian ze fatte valere dal ricorrente circa la interpretazione della 1. n.

765/67 ed '1 problema riflettente la possibile inclusione tra le ope re vietate nella fascia di rispetto dall'autostrada delle sopraeleva zioni di opere preesistenti attengono non già alla astratta titolarità

del potere amministrativo, ma alla legittimità del suo concreto

esercizio e si risolvono in definitiva nel vizio di violazione di leg

ge deducibile in quanto tale innanzi al giudice amministrativo.

3. - Per quanto concerne le questioni di legittimità costituzio

nale dell'art. 19 1. n. 765/67 che disciplina fuori del perimetro dei centri abitati le distanze minime che devono osservarsi nella

edificazione a protezione del nastro stradale, in relazione agli art.

3 e 41, 2° e 3° comma, Cost., proposta dal ricorrente in questa

sede, non può omettersi di rilevare che nel presente giudizio in

staurato ex art. 362, 1° comma, c.p.c. non è più in discussione

il merito della causa, ma soltanto la questione attinente alla giuri sdizione.

In tale caso, come già sottolineato dalle sezioni unite (sent, nn. 1526 del 1983, id., 1983, I, 610, e 2917 del 1982, id., Rep. 1982, voce Giurisdizione civile, n. 174), ove in giudizio si contro

verta soltanto della giurisdizione, non possono essere prese in con

siderazione, attesa la loro irrilevanza, questioni di legittimità costituzionale concernenti precetti legislativi la cui applicazione non abbia specifica influenza ai fini della designazione del giudi ce investito della giurisdizione.

Nel caso in esame le accennate questioni di costituzionalità del

l'art. 19 (riassunte al § n. 2) non esplicano alcuna incidenza sulla

soluzione del problema di giurisdizione poiché — come si è dimo

strato nel suddetto paragrafo — il petitum sostanziale concerne

una posizione di interesse legittimo del ricorrente nei confronti

dell'esercizio dei poteri repressivi che l'ordinamento attribuisce

in materia di violazione delle norme sulle distanze del nastro stra

dale all'autorità amministrativa. E questo potere rimarrebbe sus

sistente in astratto anche nel caso di accoglimento della questione

di costituzionalità dell'art. 19, poiché se la norma fosse dichiara

ta illegittima e quindi venisse espunta dall'ordinamento, la relati

va pronunzia non potrebbe che essere limitata alla eliminazione

della norma sulle distanze che si assumeva violata. Essa quindi

porrebbe il problema circa la individuazione di altre norme sulle

distanze previste dall'ordinamento in mancanza dell'art. 19 (e se

gnatamente dell'art. 9 1. 24 luglio 1961 n. 729 sostituito appunto

dall'art. 19 fuori del perimetro dei centri abitati) ma in nessun

caso potrebbe discorrersi in tal caso di attività amministrativa

Il Foro Italiano — 1987.

senza potere ove si consideri che il potere repressivo spettante in materia all'autorità amministrativa è contenuto in altre norme

giuridiche, le quali non sarebbero affatto coinvolte da un esito

favorevole del giudizio di costituzionalità.

Ne discende che, sia nel caso di accoglimento che nel caso di

rigetto della questione di legittimità costituzionale dell'art. 19 cit., la sua incidenza sarebbe limitata al merito della controversia sul

quale si è pronunziato il Consiglio di Stato, riflettendo, come

si è visto, tale incidenza la individuazione della norma sulla di

stanza applicabile in concreto, onde la irrilevanza in questa sede

delle proposte questioni di costituzionalità.

In conclusione, poiché la controversia de qua rientra nella giu risdizione del giudice amministrativo, la decisione impugnata si

sottrae alle proposte censure ed il ricorso proposto dal Pallante

deve essere respinto.

II

Svolgimento del processo. — Con atto del 22 aprile 1972, l'A.n.a.s. diffidò Francesco Salerno a sospendere immediatamen

te alcuni lavori di sopraelevazione di un villino in Casteldaccia, in quanto eseguiti in violazione della zona legale di rispetto lungo l'autostrada Palermo-Catania ed a ripristinare lo stato dei luoghi.

Con citazione del 5 luglio 1972, la Salerno convenne allora

l'A.n.a.s. innanzi al Tribunale di Palermo, e premesso che il villi

no, ricadendo in centro abitato e preesistendo all'entrata in vigo re della normativa richiamata dall'A.n.a.s., non era soggetto alle

prescrizioni limitative delle distanze stabilite dall'art. 9 1. 24 lu

glio 1961 n. 729, dall'art. 19 1. 6 agosto 1967 n. 765 e dall'art.

4 d.m. 1° aprile 1968, chiede che fosse dichiarata la illegittimità della diffida dell'A.n.a.s. con la condanna di quest'ultima al ri

sarcimento dei danni.

Nella resistenza della convenuta, il tribunale adito, con senten

za del 1° settembre 1975, accolse la domanda, rigettando l'ecce

zione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario proposta dall'A.n.a.s.

Su gravame di quest'ultima, la Corte d'appello di Palermo, con sentenza del 2 febbraio 1977; in riforma della decisione di

primo grado, dichiarò il difetto di giurisdizione dell'a.g.o. a co

noscere della domanda sul rilievo che, in considerazione dei pote ri di intervento e di controllo sulla attività di costruzione dei privati, attribuiti all'autorità amministrativa a tutela dell'interesse pub blico ad uno ordinato sviluppo urbanistico-edilizio del territorio, tra i quali erano compresi anche quelli relativi alla disciplina delle

costruzioni entro la fascia di rispetto autostradale, non poteva riconoscersi alla posizione soggettiva dedotta in causa dalla parte

privata di fronte all'ordine emanato dall'A.n.a.s., la consistenza

di diritto soggettivo perfetto, ma quella di interesse legittimo o

di diritto affievolito, suscettibile di tutela davanti al giudice am

ministrativo.

Contro la sentenza ricorre alle sezioni unite della Cassazione

Francesca Salerno; resiste con controricorso l'A.n.a.s. Entrambe

le parti hanno presentato memoria.

Motivi della decisione. — Con unico motivo, denunciando vio

lazione dell'art. 2 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, in relazione

all'art. 360, n. 1, c.p.c., la ricorrente assume che erroneamente

la corte d'appello ha declinato la giurisdizione, qualificando la

posizione soggettiva dedotta in giudizio in termini di interesse

legittimo e non di diritto soggettivo con riferimento ad un diffu

so ed innominato potere discrezionale spettante allo Stato ed ai

suoi organi al di là delle attribuzioni specificamente conferite dal

la legge, senza considerare che nel caso in esame la p.a., ordinan

do la sospensione delle costruzioni intraprese al di fuori della

fascia di rispetto legislativamente prescritta, aveva agito in difet

to assoluto di potere in violazione quindi di un diritto soggettivo. In ogni caso, si sostiene che la diffida dell'A.n.a.s. non poteva

qualificarsi provvedimento amministrativo idoneo a degradare a

mero interesse legittimo la posizione di diritto soggettivo della

Salerno, potendo tale potere riconoscersi soltanto al prefetto, a

norma dell'art. 20 r.d. 8 dicembre 1933 n. 1740.

Il ricorso è fondato in base alle seguenti considerazioni.

È pacifico fra le parti che il comune di Casteldaccia ha rilascia

to il 10 marzo 1972 alla ricorrente, per la esecuzione delle opere

di sopraelevazione ad una sua proprietà sita nell'ambito del cen

tro abitato di detto comune lungo l'autostrada Palermo-Catania,

una licenza edilizia condizionata all'ottenimento di un nulla-osta

da parte dell'A.n.a.s., nulla-osta che non è giammai intervenuto.

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2459 PARTE PRIMA 2460

Su questo aspetto della controversia si è soffermata in partico lare la difesa dell'amministrazione per rilevare che la Salerno, in mancanza del nulla osta anzidetto, non potrebbe far valere

nei confronti dell'A.n.a.s. un diritto soggettivo ma soltanto un

interesse legittimo. Le sezioni unite hanno già avuto occasione di avvertire (sent,

n. 5027 del 1982, Foro it., 1982, I, 2433) che la facoltà di edifica re se formalmente è vista come inerente alla proprietà fondiaria,

ossia come una delle concrete e peculiari manifestazioni in cui

consiste e si estrinseca il contenuto del dominio, nella sostanza

è considerata soggetta a tali limitazioni e prescrizioni connesse

dalla legge a determinazioni della pubblica autorità da meritare

la definizione di interesse legittimo, poiché la licenza edilizia (nel quadro della 1. n. 765/67 cui si riferisce il presente giudizio) è

un'autorizzazione che consente l'esplicazione di una attività sin

dall'origine delimitata e controllata, dalla quale non possono na

scere diritti soggettivi. Vero è che l'indirizzo giurisprudenziale accennato ha poi posto

l'accento sulla circostanza che se prima della licenza edilizia non

sussistono nei confronti del comune che interessi legittimi, la po sizione dell'autorizzato dopo il rilascio del provvedimento è di

diritto soggettivo; ma è anche vero che non si è mancato di preci sare che trattasi di diritto che degrada ed affievolisce ad interesse

legittimo nei confronti dell'esercizio dei poteri autoritativi che l'or

dinamento riconosce al sindaco anche nella fase di esecuzione

dell'attività edilizia (sez. un. 2379 del 1982, id., Rep. 1982, voce Edilizia e urbanistica, n. 764). A maggior ragione questi poteri sussistono per altre autorità amministrative preposte alla cura di

interessi pubblici diversi da quelli di carattere urbanistico, come

sono gli interessi connessi ad un regolare svolgimento della circo

lazione e della viabilità del traffico. Contrariamente a quanto afferma la difesa della ricorrente nel

la prima parte del suo ricorso, le norme relative alle distanze che

devono osservarsi nelle costruzioni lungo i tracciati delle strade

e delle autostrade non attengono infatti alla tutela di interessi

meramente individuali, ma «sono state dettate per favorire la cir

colazione e per offrire idonee garanzie di sicurezza a quanti tran

sitano sulle strade e passono nelle immediate vicinanze ovvero

in queste abitano od operino» (sent. Corte cost. n. 133 del 1971,

id., 1971, I, 1777). Stabilito che la materia delle distanze previste dall'art. 25 1. n.

59/61, dell'art. 9 1. n. 729/81 e dall'art. 19 1. n. 765/67, attiene

alla tutela di meri interessi legittimi, onde il vizio che interessa l'at

tività dell'organo amministrativo cui per legge compete il potere di esecuzione di ufficio, nei confronti delle opere ritenute illegitti me perché costruite in violazione delle norme sulle distanze vigenti in materia (in quanto, ad esempio, si richiama dalla p.a. una nor

ma sulla distanza diversa da quella che sarebbe applicabile secondo

l'ordinamento), attiene al legittimo esercizio del potere e non ne

pone in discussione la titolarità, è necessario prendere in esame la

seconda parte della doglianza fatta valere dalla ricorrente.

La Salerno sostiene infatti che l'attività posta in essere nel caso

in esame dall'A.n.a.s. allorché ha emesso nei suoi confronti l'or

dine di sospensione delle opere di rimessione in pristino dello sta

to dei luoghi, sarebbe stata svolta senza potere e quindi in

violazione di un suo diritto soggettivo. Ai fini della soluzione del problema di giurisdizione ciò che

rileva ed è decisivo in giudizio è la posizione soggettiva del priva to nei confronti del provvedimento amministrativo che si assume

lesivo della propria sfera giuridica, alla stregua del criterio del

petitum sostanziale (vale a dire con riferimento a ciò che si chie

de al giudice ed alle ragioni per cui si invoca la tutela giuridica). In sintesi è quindi decisivo nella specie accertare se l'A.n.a.s.

aveva il potere di emanare la diffida di cui sopra secondo le nor

me di attribuzione risultanti dall'ordinamento giuridico. La difesa dell'amministrazione, richiamando un precedente di

questa corte (sent. n. 491/78, id., Rep. 1978, voce Strade, n.

55) osserva che fra i poteri istituzionalmente spettanti all'A.n.a.s.

in materia di polizia e vigilanza a tutela delle strade, del traffico

e della viabilità, deve intendersi compreso il potere di ordinare

la sospensione dei lavori di costruzione che il privato abbia intra

preso, ancorché in forza di licenza comunale, nella zona fian

cheggiante opere stradali o autostradali in violazione delle prescritte distanze. Da tale premessa l'A.n.a.s. deduce che la posizione del

privato che venga pregiudicato da quell'ordine è di interesse legit timo e non di diritto soggettivo.

Dopo ulteriore esame della questione ritengono, tuttavia, le se

II Foro Italiano — 1987.

zioni unite di non poter confermare il suddetto precedente col

quale si sono riconosciuti i poteri repressivi dell'A.n.a.s. di cui

si contende nel presente giudizio (come risulta dalla relativa moti

vazione) anche con riferimento ai tratti di autostrada che si tro

vano nel perimetro del centro abitato.

Il potere di emanare provvedimenti di esecuzione di ufficio,

compresa la diffida riflettente la sospensione delle opere in caso

di violazione delle norme sulle distanze delle costruzioni dal ci

glio stradale, risulta attribuito in modo specifico dagli art. 1 e

20 r.d. 8 dicembre 1933 n. 1740, rispettivamente al prefetto o

al sindaco, a seconda che si tratti di strade poste fuori o nell'in

terno dell'abitato (cfr. in tal senso la giurisprudenza amministra

tiva: Cons. Stato, sez. IV, 9 maggio 1972, n. 360, id., Rep. 1972,

voce cit., n. 26; sez. V 13 luglio 1973, n. 645, id., Rep. 1973,

voce cit., n. 59; sez. IV 15 novembre 1977, n. 955, id., Rep.

1978, voce Edilizia e urbanistica, n. 344). E questa disciplina giuridica non ha subito alcuna modifica

in base alla legislazione successiva.

L'art. 15, lett../) eg), 1. 7 febbraio 1961 n. 59, invero, attribui

sce ai compartimenti della viabilità, nell'ambito di ciascuna cir

coscrizione territoriale, il compito di vigilare sulla conservazione

del patrimonio stradale dello Stato e di curare la gestione delle

strade e autostrade statali, ma non riconosce a tali organi alcun

particolare potere repressivo in ordine alle costruzioni eseguite dai proprietari limitrofi nella fascia di rispetto.

Dalle norme anzidette si desume quindi che, per i particolari

poteri di vigilanza che all'A.n.a.s. competono sulla conservazio

ne e manutenzione delle strade e autostrade statali, i suoi organi, nell'esercizio dell'attività di controllo, avranno il potere-dovere di informare l'autorità amministrativa (prefetto o sindaco) cui

compete per legge l'esercizio del potere di esecuzione di ufficio,

quando ritengono che lungo il tracciato delle strade anzidette i

proprietari limitrofi abbiano in corso di esecuzione o abbiano

già eseguito una costruzione illegittima, ma è evidente che non

possono sostituirsi alle dette autorità nell'esplicazione dei corri

spondenti poteri. La difesa dell'amministrazione ha obiettato che, anche se si

accoglie il suddetto indirizzo, la incompetenza dell'organo agente non potrebbe in nessun caso incidere sulla soluzione del proble ma di giurisdizione, poiché si tratterebbe di incompetenza relati

va, costituente vizio di legittimità dell'atto amministrativo, non

idoneo in quanto tale ad impedire la compressione della situazio

ne soggettiva della ricorrente ad un mero interesse legittimo. La tesi, mentre può ritenersi fondata per quanto concerne i rap

porti tra il prefetto e l'A.n.a.s., in quanto entrambi sono organi

dell'apparato organizzativo dello Stato nel settore dei lavori pub

blici, non può invece accogliersi relativamente ai rapporti tra sin

daco e A.n.a.s. di cui si contende nel presente giudizio, nel quale si tratta di una sopraelevazione eseguita nell'interno dell'abitato

del comune di Casteldaccia lungo l'autostrada Palermo-Catania.

In tal caso infatti sono talmente distanti le attribuzioni dell'au

torità amministrativa (sindaco) cui la legge conferisce il potere di esecuzione di ufficio in materia rispetto a quelle dell'autorità

che ha agito (A.n.a.s.) appartenente all'apparato organizzativo dello Stato, da ravvisare nell'attività posta in essere da quest'ulti ma gli estremi del comportamento svolto in carenza assoluta di

potere, inidoneo come tale a degradare la posizione di diritto sog

gettivo della ricorrente ad interesse legittimo. Da quanto precede discende inoltre che nessun rilievo esplica

nel presente giudizio, ai fini della soluzione del problema di giuris

dizione, la circostanza, valorizzata dalla difesa dell'A.n.a.s. che

la licenza edilizia rilasciata alla ricorrente era condizionata al con

seguimento del nulla-osta da parte della resistente, sulla base del

le svolte considerazioni le quali escludono che nell'ambito della

fascia di rispetto delle autostrade statali competono all'A.n.a.s.

poteri permissivi o repressivi attinenti alla esecuzione delle co

struzioni della suddetta area.

In conclusione, poiché la ricorrente ha agito in questo giudizio a tutela di un diritto soggettivo (derivante dal conseguimento del

la licenza edilizia), non degradato ad interesse legittimo dalla dif

fida dell'A.n.a.s., ne consegue che, contrariamente a quanto ritenuto dalla corte d'appello, la controversia de qua rientra nella

giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria. Si impone, pertanto, la cassazione della impugnata sentenza

con rinvio della causa ad altra sezione della Corte d'appello di

Palermo, la quale, nella definizione della controversia, si atterrà

ai criteri innanzi enunciati.

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