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sezioni unite civili; sentenza 14 gennaio 1987, n. 196; Pres. Cusani, Est. Iannotta, P. M. Fabi...

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sezioni unite civili; sentenza 14 gennaio 1987, n. 196; Pres. Cusani, Est. Iannotta, P. M. Fabi (concl. conf.); E.n.el. (Avv. P. Guerra, Paternò) c. Uzzo (Avv. Di Biase). Cassa App. Napoli 14 gennaio 1984 Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 4 (APRILE 1987), pp. 1071/1072-1075/1076 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179883 . Accessed: 25/06/2014 04:43 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.79 on Wed, 25 Jun 2014 04:43:07 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 14 gennaio 1987, n. 196; Pres. Cusani, Est. Iannotta, P. M. Fabi(concl. conf.); E.n.el. (Avv. P. Guerra, Paternò) c. Uzzo (Avv. Di Biase). Cassa App. Napoli 14gennaio 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 4 (APRILE 1987), pp. 1071/1072-1075/1076Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179883 .

Accessed: 25/06/2014 04:43

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1071 PARTE PRIMA 1072

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 14 gen naio 1987, n. 196; Pres. Cusani, Est. Iannotta, P. M. Fabi

(conci, conf.); E.n.el. (Avv. P. Guerra, Paterno) c. Uzzo

(Avv. Di Biase). Cassa App. Napoli 14 gennaio 1984.

Eletrodotto — Occupazione abusiva del suolo — Installazione

dell'elettrodotto — Acquisto della servitù — Configurabilità — Diritto al risarcimento del danno — Prescrizione — Decor

renza (Cod. civ., art. 934, 1031, 1032, 2043; 1. 25 giugno 1865

n. 2359, espropriazioni per causa di pubblica utilità, art. 50,

71, 73).

Il principio della c.d. occupazione appropriativa — secondo il

quale, occupato sine titulo da parte della p.a. un fondo privato

per la costruzione di un 'opera pubblica, la radicale trasforma zione del fondo produce l'acquisto a titolo originario della pro

prietà da parte della p.a. e l'insorgere del diritto del privato al risarcimento del danno derivante dalla perdita del diritto di

proprietà — si applica anche nelle ipotesi, come le servitù, in

cui la realizzazione dell'opera pubblica a seguito di illegittima

occupazione della proprietà privata determini non già la radi

cale trasformazione del fondo, bensì la semplice limitazione delle

facoltà di godimento da parte del proprietario il quale vede

così compresso ma non annullato il suo diritto di proprietà

(nella specie, la Cassazione riaffermando le inferenze del sud

detto principio, ha ritenuto soggetta alla prescrizione quinquen nale, a decorrere dal giorno della consumazione in quanto illecito

istantaneo, la pretesa risarcitoria rivolta dal privato all'È.n.el.

in caso di abusiva occupazione di un suolo per l'installazione di un elettrodotto). (1)

Svolgimento del processo. — Con citazione del 31 ottobre 1979

Uzzo Giovanni Pasquale conveniva in giudizio, innanzi al Tribu

nale di S. Maria Capua Vetere l'È.n.el. esponendo che nel pro

prio fondo di circa 73 are sito nel comune di Gioia Sannitica — località Passabino, frazione Còscia — era stato abusivamente

installato un eletrodotto costituito da due pali di sostegno e 110

metri di cavi ad alta tensione. Chiedeva pertanto l'attore la con

danna dell'ente convenuto alla immediata rimozione del predetto

impianto ed al risarcimento dei danni derivanti dalla occupazione

illegittima, con relativi interessi e spese di lite.

L'E.n.el. resisteva alla domanda contestando — fra l'altro —

l'ammissibilità della richiesta di rimozione dell'eletrodotto e ri

chiedendo, in via riconvenzionale, la costituzione di servitù coat

tiva previa determinazione della giusta indennità.

(1) Nel fissare il principio riportato in massima, la Cassazione ha evi denziato le seguenti locuzioni: a) la possibilità di una successiva estinzio ne della servitù non contraddice il requisito della irreversibile destinazione

all'opera pubblica in quanto quest'ultima non va intesa come assoluta

impossibilità di ricostituzione della situazione di fatto precedente, ma va

rapportata alla sussistenza e permanenza dell'interesse pubblico che si intende soddisfare e quindi alla necessità della persistenza delle limitazio ni imposte; b) nel valutare la consistenza e finalità dell'opera va tenuto conto non soltanto dell'entità dell'impianto realizzato nel singolo fondo, ma della intera opera come mezzo per assicurare il soddisfacimento del l'interesse pubblico ritenuto prioritario.

La possibilità di applicare i principi della c.d. occupazione appropriati va all'istituto della servitù di elettrodotto è stata affermata da App. Ro ma 3 ottobre 1983 e negata da Trib. Venezia 16 novembre 1983 (entrambe in Foro it., 1984, I, 570, con nota di richiami). Lo stesso orientamento di Trib. Venezia cit. è stato seguito da Trib. Napoli 14 maggio 1984, id., Rep. 1985, voce Elettrodotto, n. 11.

Nel senso che l'installazione abusiva sul fondo privato di un elettrodot to configura un fatto illecito di natura istantanea e che il momento della realizzazione dell'opera segna il dies a quo del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno spettante al proprietario, v. Cass. 6 dicembre 1984, n. 6425, ibid., n. 13.

Sul principio della c.d. occupazione appropriativa v., tra le tante, Cass. 12 novembre 1985, n. 5530, ibid., voce Espropriazione per p.i., n. 287; 24 ottobre 1985, n. 5231, ibid., n. 288; 23 gennaio 1985, n. 383, ibid., 294; 4 dicembre 1985, n. 6070, ibid., n. 296; 9 maggio 1985, n. 2872, ibid., n. 300; 10 aprile 1985, n. 2369, ibid., n. 302; oltre, ovviamente, alle capofila Cass. 26 febbraio 1983, n. 1464 e 13 luglio 1983, n. 4767

(rispettivamente, id., 1983, I, 626 e 2426, con note di richiami). In dottrina, sull'occupazione appropriativa v., da ultimo: Carbone,

Alla p.a. basta 'costruire' per acquistare legittimamente il suolo!, in Cor riere giur., 1985, 100; Comporti, Dalla occupazione illegittima di immo bili da parte della p.a. alla «occupazione appropriativa», in Riv. giur. edilizia, 1985, II, 3.

Il Foro Italiano — 1987.

Disposta ed eseguita consulenza tecnica l'adito tribunale, con

sentenza 13 marzo 1982, dichiarava non luogo a provvedere sulla

domanda di rimozione in quanto non ripetuta in sede di conclu

sioni; dichiarava illegittima l'occupazione del fondo dell'Uzzo e

condannava l'E.n.el. al pagamento della somma di lire 743.493, a titolo di risarcimento danni; rigettava la riconvenzionale volta

ad ottenere la costituzione coattiva della servitù per difetto del

l'autorizzazione prevista dall'art. 108 t.u. n. 1775/33.

Interponeva appello l'E.n.el. assumendo che non poteva essere

ritenuto responsabile per l'installazione del predetto elettrodotto

in quanto realizzato dal Consorzio di bonifica del Sannio Alifano

in esecuzione di deliberazione della cassa per il Mezzogiorno del

6 marzo 1963 e trasferito poi, solo nel luglio 1975, ad esso E.n.el.

in base a nuova delibera della stessa cassa; che, in ogni caso, le richieste attrici erano prescritte ai sensi dell'art. 2947 c.c., do

vendosi il dedotto illecito qualificare come illecito istantaneo e

non permanente; che la domanda riconvenzionale di costituzione

di servitù coattiva non poteva essere respinta per difetto dell'au

torizzazione di cui all'art. 108 t.u. n. 1775 del 1933, dovendosi

considerare che l'impianto era stato progettato dalla Cassa per il Mezzogiorno nell'ambito della prevista elettrificazione di varie

zone rurali; che era eccessiva la liquidazione del danno operata dal tribunale.

Si costituiva l'appellato Uzzo il quale contestava la fondatezza

del gravame chiedendone il rigetto. La Corte d'appello di Napoli con sentenza 14 gennaio 1984

respingeva le censure mosse contro la decisione impugnata, ele

vando a lire 913.000 l'importo del risarcimento per effetto della

svalutazione monetaria verificatasi in epoca successiva alla sen

tenza di primo grado. Osservava in particolare detta corte che non era fondata l'ecce

zione di difetto di legittimazione passiva dell'E.n.el. in quanto, come risultante dalla delibera della Cassa per il Mezzogiorno del

24 luglio 1975, detto ente era subentrato al Consorzio di bonifica

del Sannio Alifano assumendo tutti gli oneri attivi e passivi deri

vanti dall'operato di questo; che i danni reclamati dall'Uzzo non

potevano considerarsi prescritti costituendo l'illegittima installa

zione dell'elettrodotto illecito a carattere permanente. A quest'ul timo riguardo reputava inapplicabili alla fattispecie i principi enunciati da queste sezioni unite nella sentenza n. 1464 del 1983

(Foro it., 1983, I, 626, relativa alla cosiddetta occupazione ap

propriativa) per il difetto della radicale trasformazione del fondo

e della perdita della proprietà dell'immobile da parte del nomina

to Uzzo.

Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'E.n.el.

sulla base di quattro motivi successivamente illustrati con memo ria. Ha resistito con controricorso l'intimato. Il ricorso è stato

assegnato a queste sezioni unite su specifica istanza del ricorren te. Il ricorrente ha presentato memoria. Il resistente ha presenta to note d'udienza.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo, denunciando la violazione dell'art. 2043 c.c., il ricorrente E.n.el., ripropone la questione di legittimazione passiva già discussa in appello, so

stenendo che l'azione di risarcimento non poteva essere proposta nei suoi confronti in quanto l'elettrodotto era stato realizzato dal Consorzio di bonifica del Sannio Alifano. Deduce al riguardo che secondo la giurisprudenza di questa corte, nell'ipotesi di ope ra pubblica realizzata da un soggetto pubblico sine titulo la re

sponsabilità nei confronti del proprietario incombe al soggetto che detta opera ha posto in essere indipendentemente dal succes sivo trasferimento dell'opera stessa ad altro ente pubblico. Adde bita inoltre ad errore della corte napoletana l'aver dato rilievo, ai fini della suddetta legittimazione, alla circostanza che all'atto del trasferimento dell'elettrodotto realizzato dal Consorzio di bo

nifica del Sannio Alifano, esso si era accollato l'onere di regola rizzare con i vari proprietari le servitù imposte. Ciò perché detta convenzione non poteva spiegare effetti per l'Uzzo che era rima sto estraneo alla stessa.

Il motivo è infondato. È certamente da condividere la tesi del carattere personale della responsabilità in esame avendo questa corte ripetutamente affermato che l'apprensione sine titulo di un terreno di proprietà privata occorrente per l'esecuzione di un'o

pera pubblica, integra un comportamento illecito ai sensi dell'art. 2043 c.c. la cui responsabilità grava su l'ente autore dell'illecito, senza possibilità di trasferirla su altri soggetti anche se beneficiari

dell'opera pubblica (cfr., fra le altre, Cass. n. 6452/80, id., 1981, I, 1082; n. 3373/81, id., Rep. 1981, voce Responsabilità civile,

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

n. 84; n. 3248/83, id., 1983, I, 3078). Ma nel caso in esame la corte di Napoli non ha fatto afferma

zioni esplicitamente o implicitamente contrastanti con detto indi

rizzo giurisprudenziale, essendosi limitata a porre in risalto le

particolarità della fattispecie, indicative del fatto che l'E.n.el. non

era soltanto subentrato al Consorzio di bonifica del Sannio Ali

fano ma aveva assunto tutti gli oneri attivi e passivi dell'operato di questo. Con un accertamento di fatto congruamente motivato, detta corte ha rilevato che, in relazione alla delibera della Cassa

per il Mezzogiorno del 24 luglio 1975, che trasferiva la concessio

ne già assentita in favore del consorzio all'È.n.el., quest'ultimo si era impegnato a definire con le ditte interessate espropriazioni, servitù e danni, nonché tutti i rapporti giuridici derivanti dalla

concessione stessa; e che per far fronte a tali oneri era stata con

testualmente trasferita all'È.n.el. una somma cospicua. Ne ha tratto

logicamente la conseguenza che la legittimazione passiva di detto

E.n.el. non poteva essere negata. Né vale opporre l'estraneità dell'Uzzo alla convenzione di ac

collo, avendo il creditore prestato la propria adesione attraverso

la richiesta di risarcimento rivolta all'È.n.el.

Con il secondo motivo, denunciando la violazione dell'art. 2947

c.c. il ricorrente insiste nella tesi della prescrizione quinquennale del diritto vantato dall'Uzzo. Censura in particolare la sentenza

impugnata per aver ritenuto inapplicabile il principio dell'illecito

istantaneo fissato da queste sezioni unite con la sentenza 1464/83.

Soggiunge che, contrariamente all'avviso espresso dai giudici di appello, l'applicabilità di detto principio non è limitata alla

particolare fattispecie di integrale trasformazione del fondo con

sostanziale azzeramento del diritto di proprietà del privato ma

va estesa anche all'ipotesi di parziale compressione di quel dirit

to, posto che l'opera pubblica in concreto realizzata non può es

sere rimossa né acquistata dal proprietario del fondo.

Il motivo merita accoglimento. Per una chiara intelligenza del

la censura occorre premettere che le sezioni unite, con la citata

sentenza 16 febbraio 1983, n. 1464, hanno esplicitamente affer

mato: «che nell'ipotesi in cui la p.a. (o un suo concessionario)

occupi un fondo di proprietà privata per la costruzione di un'o

pera pubblica e tale occupazione sia illegittima per totale man

canza di provvedimento autorizzativo o per decorso dei termini

in relazione ai quali l'occupazione si configurava come legittima, la radicale trasformazione del fondo — ove sia dal giudice di

merito ritenuta univocamente interpretabile nel senso dell'irrever

sibile sua destinazione al fine della costruzione dell'opera pubbli ca — da un lato comporta l'estinzione in quel momento del diritto

di proprietà del privato e la contestuale acquisizione a titolo ori

ginario della proprietà in capo all'ente costruttore, e dall'altro

costituisce un illecito istantaneo (sia pure con effetti permanenti) che abilita il privato a chiedere, nel termine prescrizionale di cin

que anni dal momento della trasformazione del fondo, nei sensi

prima indicati, la condanna dell'ente medesimo a risarcire il dan

no derivante dalla perdita del diritto di proprietà». Siffatto orientamento è ormai consolidato (cfr. Cass. n. 1754/83,

id., Rep. 1983, voce Espropriazione per p.i., n. 272; n. 2689/84,

id., Rep. 1984, voce cit., n. 263; n. 3118/84, ibid., n. 259; n. 110/85, id., Rep. 1985, voce cit., n. 281; n. 784/85, ibid., n. 303) e non forma oggetto di contestazione in questa sede.

La discussione verte invece sull'applicabilità o meno dei princi

pi suddetti a quelle ipotesi in cui la realizzazione dell'opera pub blica a seguito di illegittima occupazione del fondo di proprietà

privata determini non la radicale trasformazipne del fondo, ma

la limitazione della facoltà di godimento da parte del proprietario il quale vede cosi compresso ma non annullato il suo diritto di

proprietà. E la questione assume particolare rilievo nella specie

per quanto attiene al profilo relativo alla natura istantanea o per manente dell'illecito addebitabile all'occupante perché il proble ma di causa concerne in modo specifico la decorrenza della

prescrizione della azione risarcitoria.

La soluzione del quesito volto ad accertare l'estensione o meno

dell'indirizzo segnato dalla sentenza n. 1464/83 di queste sezioni

unite esige logicamente la preventiva valutazione della relativa por tata ed in particolare delle ragioni di fondo che lo giustificano, onde verificare la sussistenza di situazioni identiche od analoghe e quindi la ricorrenza o insussistenza dei medesimi presupposti.

Al riguardo va anzitutto osservato che la citata decisione costi

tuisce lo sviluppo ed il punto di arrivo di un iter giurisprudenzia le che muove da lontano, caratterizzato da vari principi — non

sempre totalmente concordanti — elaborati da questa corte in

Il Foro Italiano — 1987.

tema di occupazione illegittima di immobili privati da parte della

p.a. Era stato in particolare già affermato: a) che nell'ipotesi in

cui l'immobile illegittimamente occupato dalla p.a. sia stato tras

formato per la costruzione di un'opera destinata, in modo per

manente, a soddisfare un pubblico interesse, il diritto di proprie tà del privato non è suscettibile di reintegra in forma specifica mediante la restituzione del bene, non potendo il giudice ordina

rio, ai sensi dell'art. 4 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, annullare

o modificare l'attività tecnico-discrezionale della p.a. (cfr. Cass.

18 aprile 1962, n. 758, id., Rep. 1962, voce cit., n. 150; 20 marzo

1965, n. 463, id., Rep. 1965, voce cit., n. 259; 3 ottobre 1968, n. 3071, id., Rep. 1969, voce cit., n. 257; 8 aprile 1972, n. 668,

id., Rep. 1973, voce cit., n. 165), b) che il privato può chiedere

invece la restituzione del bene oltre al risarcimento dei danni, nei casi in cui la p.a. abbia agito iure privatorum o non vi sia

stata la trasformazione e destinazione del bene ad uso pubblico;

c) che allorquando il proprietario non può chiedere il ripristino della situazione quo ante, ha la possibilità di agire per il risarci

mento del danno secondo le regole generali in tema di illecito

aquiliano (Cass. 30 marzo 1976, n. 1143, id., Rep. 1976, voce

cit., n. 345; 11 agosto 1977, n. 3714, id., Rep. 1977, voce cit., n. 230; 7 giugno 1978, n. 2852, id., Rep. 1978, voce cit., n. 255; 24 aprile 1979, n. 2313, id., 1979, I, 1400, ed altre); d) che il divieto di revocare l'atto amministrativo posto al giudice ordina

rio dall'art. 4 dell'allegato E alla 1. 20 marzo 1865 n. 2248, in

quanto correlato alla funzione pubblica, è operante rispetto agli atti costituenti esercizio di potestà amministrativa, e non invece

rispetto ai meri comportamenti materiali della p.a. (cfr. Cass.

23 novembre 1973, n. 3167, id., Rep. 1974, voce Giurisdizione

civile, n. 207; 5 luglio 1974, n. 1945, id., 1974, I, 3365; 9 novembre

1974, n. 3486, id., Rep. 1975, voce cit., n. 125; 4 maggio 1976, n. 1578, id., Rep. 1976, voce cit., n. 115); e) che in caso di occu

pazione senza titolo di un suolo privato da parte della p.a., nel

momento in cui sul bene occupato viene realizzata un'opera pub

blica, il suolo perde la sua connotazione originaria e riceve la

qualificazione di pubblico come l'opera considerata nella sua unità

(Cass. 8 giugno 1979, n. 3243, id., 1980, I, 162). Precisando e sviluppando siffatti orientamenti, e palesando par

ticolare adesione all'ultimo indicato sotto la lett. e), le sezioni

unite nella sentenza n. 1464/83 hanno enunciato la tesi della co

siddetta occupazione appropriativa facendo leva sulla trasforma

zione radicale del fondo, sull'inapplicabilità dei principi dell'accessione a favore del proprietario privato, sullo svuotamento

del diritto di proprietà di quest'ultimo, sull'impossibilità di ripri stino della situazione antecedente (in particolare per l'obiettiva

trasformazione del bene privato), sulla esigenza di concentrazio

ne della proprietà del suolo e della proprietà della costruzione

in capo al soggetto portatore dell'interesse prevalente e cioè in

capo alla p.a. la quale agisce per la soddisfazione di un interesse

pubblico. Hanno precisato che in tanto la modifica del suolo può determinare la estinzione del diritto di proprietà sul suolo e l'ac

quisto di esso a titolo originario da parte della p.a. in quanto il bene privato modificato sia stato irreversibilmente destinato al

la realizzazione di un'opera pubblica. Hanno ribadito infine che

l'azione ripristinatoria è sempre possibile di fronte all'attività me

ramente materiale della p.a. Dalle ragioni sinteticamente esposte appare evidente (fuori del

l'ambito dei comportamenti meramente materiali della p.a.) co

me l'elemento qualificante della fattispecie acquisitiva sia la

realizzazione dell'opera pubblica che segna la trasformazione del

l'immobile privato e ne impedisce la restituzione. Decisiva risulta

cosi non la mera occupazione e modificazione del bene, ma la

concreta ed irreversibile utilizzazione dello stesso per il soddisfa

cimento di un interesse pubblico prioritario che non può lasciare

inalterato il diritto del privato. In tale ottica la integrale trasformazione del fondo privato, sot

tolineata dalla decisione suindicata per evidenziare il concreto svuo

tamento del diritto di proprietà del privato e la estinzione anche

giuridica dello stesso, integra innegabilmente un dato rilevante

per spiegare l'acquisto da parte della p.a. della proprietà del bene

concretamente occupato e modificato, ma non si eleva ad ele

mento indefettibile della fattispecie in guisa da escluderne l'ope ratività nell'ipotesi di cui il diritto di proprietà privata non sia

completamente svuotato, ma venga soltanto compresso e limitato.

Nella costruzione del principio acquisitivo — che trova alla sua

base esigenze di contemperamento tra l'interesse economico del

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1075 PARTE PRIMA 1076

privato danneggiato e la tutela dell'interesse pubblico cui è fina

lizzata l'opera eseguita — è importante non tanto la gravità della

lesione arrecata al diritto del privato, quanto il collegamento tra

il sacrificio o la compressione di tale diritto e la pubblica utilità, la destinazione cioè del bene illegittimamente occupato alla rea

lizzazione dell'opera pubblica che preclude al privato di esperire l'azione reale a difesa del suo diritto.

La diversa entità della modificazione materiale del bene è in

dubbiamente rilevante ai fini della individuazione dell'esatto di

ritto che per effetto della destinazione irreversibile la p.a. può

acquisire, ma non condiziona il relativo meccanismo, dal mo

mento che in entrambe le ipotesi indicate si riscontra il medesimo

presupposto dell'occupazione finalizzata al soddisfacimento di un

interesse pubblico e lo stesso effetto limitativo per la tutela del

privato, anche se nell'ipotesi maggiore (di totale trasformazione

del bene) l'impossibilità dell'azione ripristinatoria è accentuata

dalla particolarità della situazione obiettiva.

È determinante rilevare che anche nella ipotesi minore (limita zione delle facoltà di godimento del proprietario privato) l'opera

pubblica non può essere rimossa per il divieto posto dall'art. 4

della legge aboliti va del contenzioso amministrativo, per i princi

pi fissati dal codice civile in ordine ai beni del patrimonio indi

sponibile degli enti pubblici (art. 828 e 830 c.c.), nel cui ambito

vanno ricondotti gli impianti e le opere realizzati dalla p.a. ed

in concreto destinati ad un pubblico servizio, e per l'impossibilità

per il proprietario del bene occupato di divenire proprietario di

tutto o parte dell'opera pubblica dopo il semestre di cui all'art.

936 c.c.

In altri termini, non sussistono apprezzabili ragioni sul piano

giuridico per affermare che il principio valido ed operante per la più grave lesione del diritto di proprietà privata (estinzione) non debba trovare applicazione, nella ricorrenza dei medesimi pre

supposti, rispetto alle lesioni dello stesso diritto aventi un conte

nuto minore (servitù). Potrà pertanto discutersi di volta in volta se sussiste o meno

l'irreversibile destinazione dell'immobile privato all'opera pubbli ca, se la realizzazione di quest'ultima importi per l'ente pubblico

l'acquisto del diritto di proprietà ovvero la costituzione di una

servitù, ma non può fondatamente sostenersi che l'immutazione

materiale rilevante sia soltanto quella totale per concreto annulla

mento del diritto del privato. Mette conto sottolineare a questo punto che le sezioni unite,

nella più volte citata sentenza del 1983, non intesero esplicita mente escludere dall'ambito della fattispecie acquisitiva le servi

tù, avendo fatto generico riferimento ad ipotesi di limitata

utilizzazione del fondo privato unicamente per evidenziare la pos sibilità di casi configurabili come attività meramente materiale

della p.a. non preclusiva dell'azione ripristinatoria. È da aggiungere che l'irreversibile destinazione all'opera pub

blica non va intesa come assoluta impossibilità di ricostituzione

della situazione di fatto precedente, ma va rapportata alla sussi

stenza e permanenza dell'interesse pubblico che si intende soddi sfare e quindi alla necessità della persistenza delle limitazioni

imposte. L'irreversibilità cosi intesa non è contraddetta dalla pos sibilità di una successiva estinzione della servitù e conseguente

reintegrazione della facoltà di godimento del proprietario del fon

do, trattandosi di evento meramente eventuale che non esclude

l'iniziale costituzione della servitù, anzi la presuppone. Del resto, anche la radicale trasformazione del fondo non può dirsi assolu

tamente ineliminabile.

Nel valutare inoltre la consistenza e finalità dell'opera va tenu

to conto non soltanto dell'entità dell'impianto realizzato nel sin

golo fondo ma della intera opera come mezzo per assicurare il

soddisfacimento dell'interesse pubblico ritenuto prioritario. L'effetto acquisitivo esaurisce il comportamento illecito della

p.a. che, con riguardo alla correlativa estinzione o limitazione della proprietà privata, si configura come illecito istantaneo e non

permanente. Più precisamente l'illecito si consuma nel momento

della concreta ed irreversibile destinazione del fondo all'opera pub blica ove sia mancato o sia venuto meno il provvedimento di

autorizzazione all'occupazione del fondo; diversamente si realiz za alla scadenza dell'occupazione legittima.

Alle stesse conclusioni, valorizzando in particolare la premi nenza dell'interesse pubblico, è già giunta la I sezione di questa corte che con la sentenza 6 dicembre 1984, n. 6425 (id., Rep. 1915, voce Elettrodotto, n. 13) ha affermato che l'installazione

abusiva sul fondo privato di un elettrodotto configura un fatto

Il Foro Italiano — 1987.

illecito di natura istantanea qualora l'elettrodotto presenti dimen

sione e caratteristiche tali da far escludere l'amovibilità in rela

zione al pubblico interesse cui è destinato, con la conseguenza che la sua realizzazione comporta il definitivo ed irreversibile as

soggettamento di quel fondo senza la possibilità di rimuovere la

situazione di compressione del diritto di proprietà. Tale ultimo indirizzo va quindi condiviso e ribadito ferma re

stando però la precisazione innanzi fatta sulla valutazione dell'ir

reversibilità dell'opera da rapportare non all'entità dell'occupazione del singolo fondo ma alla rilevanza e finalità dell'opera nel suo

complesso. Sulla scorta degli orientamenti giurisprudenziali già riportati

innanzi va quindi riaffermato che l'azione risarcitoria spettante al proprietario privato — nella situazione suindicata — è sogget ta alla prescrizione quinquennale a decorrere dal giorno della con

sumazione dell'illecito istantaneo (con effetti permanenti) innanzi

delineato.

La sentenza impugnata, il cui decisum è sorretto dalla negazio ne dei suindicati principi ed in particolare di quello dell'istanta neità dell'illecito, dev'essere cassata sul punto della prescrizione.

Il terzo ed il quarto motivo di ricorso restano assorbiti perché relativi ai criteri di liquidazione dei danni reclamati da Uzzo Gio

vanni Pasquale e quindi subordinati alla soluzione della questio ne di prescrizione.

Nel cassare la sentenza di appello in relazione alla censura ac

colta, va disposto il rinvio della causa ad altra sezione della Cor

te d'appello di Napoli. (Omissis)

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 22 dicem

bre 1986, n. 7825; Pres. Bologna, Est. Tilocca, P. M. Tridi

co (conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Vittoria) c.

Soc. Cantone e Guglielmo. Cassa App. Catania 26 maggio 1981.

Fabbricati (imposta sul reddito dei) — Esenzione venticinquenna le —

Diniego per violazione di norme urbanistiche — Legisla zione siciliana — Ambito di applicabilità (L. reg. Sicilia 28 aprile 1954 n. 11, sgravi fiscali per le nuove costruzioni edilizie, art.

9; 1. 6 agosto 1967 n. 765, modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942 n. 1150, art. 15).

Ai fini dell'esenzione venticinquennale dall'imposta sul reddito

dei fabbricati, per le costruzioni realizzate nella regione sicilia

na fra l'entrata in vigore della l. reg. 28 aprile 1954 n. 11 e

l'entrata in vigore della legge nazionale n. 765/67, occorreva, oltre il rispetto delle prescrizioni igienico-sanitarie, anche il re

quisito della conformità agli strumenti urbanistici. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 19 novem

bre 1986, n. 6803; Pres. Bologna, Est. Tilocca, P. M. Tridi

co (conci, conf.); Min. finanze c. Soc. Gasir. Cassa App.

L'Aquila 25 giugno 1981.

Fabbricati (imposta sul reddito dei) — Esenzione venticinquenna le —

Diniego per violazione di norme urbanistiche — Ambito

di applicabilità (L. 6 agosto 1967 n. 765, art. 15).

Alle costruzioni realizzate dopo l'entrata in vigore della l. n. 765/67

si applica il diniego dell'esenzione venticinquennale dell'impo sta sul reddito dei fabbricati per violazione di norme urbanisti

che ai sensi dell'art. 15 della legge citata. (2)

(1-2) Le due sentenze riportate e decise alla stessa udienza come rivela, del resto, la formazione del collegio, pongono alcuni punti fermi sull'e stensione della regola che dispone la decadenza dai benefici fiscali, con

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