Sezioni unite civili; sentenza 14 luglio 1962, n. 1880; Pres. Verzì P., Est. Pece, P. M. Reale(concl. conf.); Opera valorizzazione Sila (Avv. dello Stato Agrò) c. Soc. I.l.s.s.a. (Avv. Moschella)Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 1 (1963), pp. 83/84-87/88Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23153235 .
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PARTE PRIMA
dimenti di confisca, sequestro o sottrazione in genere adot
tati dal governo della repubblica sociale italiana, cui non si
applicano nei rapporti con lo Stato legittimo le norme
del diritto internazionale; l'altro, imponendo il blocco
dei beni confiscate ai perseguitati razziali dai nazi-faseisti, ebbe solo uno scopo cautelare, cioe di evitare che tali beni
subissero ulterior) modifioazioni nello stato di fatto e di
diritto nel quale si trovavano.
Dagli esposti principi consegue cbe per la ricizione nel
l'ordinamento intemo delle nortne di diritto internazionale
generale o comune, ed in ispecie di quelle sul trattamento
della proprieta privata in regime di ooupazione, tali norme
hanno acquistato il valore di norme giuridiehe interne, di modo cbe, come il giudice e tenufo ad applicarle al pari di ogni altra norma deH'ordinamento interno, cosl ehi ne e
destinatario non puõ, in via di massima, allegarne l'igno ranza per disconoscerne l'obbligatorieta, questa derivando
dal loro valore di norme interne.
Siffatta conseguenza noil esaurisce, perõ, il them,a deci
dendum, che piu propriamente riflette la buona fede nello
acquisto del possesso. La buona fede soggettivamente consiste neH'ignoranza
di ledere l'altrui diritto ; l'ignoranza puõ essere cosi di
fatto come di diritto, e quindi incidere ancbe sulla inter
pretazione e sulla portata delle norme dianzi ricordate ; ma anche il semplice dubbio sull'esistenza di quel diritto
in contrasto col proprio acquisto e sufficiente per esclu
derla. La Corte del merito ha negato che i Pitassi fossero in
buona fede al momento in cui ricevettero dai tedeschi le
merci sottratte al Fischbein, ed ha giustificato il suo con
vincimento con una serie di apprezzamenti di fatto, desunti
dalle prove raccolte (tra cui la deposizione del teste Pot
korny, criticamente comparata nelle due versioni, rese l'una davanti a notaio, e l'altra davanti al magistrato), i quali, essendo logicamente ed esaurientemente motivati, ed ispi rati inoltre ad esatti criteri giuridici, sfuggono al sindacato
di legittimita riservato a questo Supremo collegio. Puõ qui solo osservarsi, correggendo un errore in cui
la Corte e incorsa e che b del tutto trascurabile di fronte
agli altri elementi probatori rettamente acquisiti, che ad escludere la buona fede non valeva la circostanza che i Pitassi avessero ricevuto le fatture delle merci non dall'au toritä. di occupazione o dalla Societa, per i traffici Adria, daU'autorita, anzidetta costituita, ma dalla Ditta Tolazzi, nella fattura indicata come « Societa per impianti di riscal
damento, ventilazione ed ingegneria sanitaria», la quale pertanto si rivelava come una semplice prestanome degli oceupanti: infatti, le fatture furono rimesse ai Pitassi
dopo la consegna, mentre la buona fede 6 necessaria e suf ficiente che esista nel momento anteriore in cui la conse
gna avviene.
Dall'inesistenza della buona fede deriva che, per effetto del possesso, i Pitassi non avevano acquistato la propriety delle merci cedute loro dagli occupanti; ma da essa la Corte del merito ha tratto un convincimento ulteriore, che ha posto in evidenza particolare in relazione all'azione di risarcimento
proposta in giudizio, e cioe che la mala fede si era nel caso concretata nella scienza deH'illiceitä, del provvedimento di spogliazione adottato dai tedeschi e nella volontä di avva lersene per trarne un personale profitto. Questo convinci
mento, anch'esso fondato sulla valutazione delle prove rac colte in rapporto all'equivoco contegno tenuto dagli acqui renti, giuridicamente corretto e convenientemente motivato, si sottrae al sindacato del Supremo collegio, talche, confi
gurato come illecito 1'atto dei Pitassi, appare logica e coe rente la conclusione cui la Corte e pervenuta, nel senso che 1'illecito e rimasto positivamente dimostrato. (Omissis)
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSÄZIONE.
Sezioni unite, civili; sentenza 14 luglio 1962, n. 1880 ; Pres. VerzI P., Est. Pece, P. M. Keale (concl. conf.); Opera valorizzazione Siia (Aw. dello Stato Agrõ) e. Soc. I.l.s.s.a. (Aw. Moschella).
(Gonferma App. Oatanzaro 4 aprile 1961)
Agricoltura — Iiilorma fondiaria — Determjnazionc dell'indennita — Decreti delegati di espropria zione — Interpretazione —- Ammissibilita — Fat
tispccie.
Agricoltura — Riiorma londiaria — Legge Sila —
Ueni espropriabili -— Fselusione degli alberi ma turi per il taglio c non separali (Cod. civ., art. 821 ; legge 12 maggio 1950 n. 230, provvedimenti per la colo nizzazione dell'Altopiano della Siia e dei territori jo nici contermini, art. 2, 7).
Bientra nei poteri del giudice ordinario interpretare i decreti
presidenziali di espropriazione perVattuazione della riforma fondiaria in 8ila, al fine di accertare se nelVindennitä di espropriazione di un terreno bosehivo siano state com
prese anclie le piante mature per il taglio. (1) Oggetto delV espropriazione per I'attuazione della riforma
fondiaria in Sila, sono i terreni coltivati a bosco, e non anohe gli alberi maturi per il taglio, seppure non anoora
separati al momento della espropriazione, per i guali e dovuto al proprietario, ehe ne e privato, indennizzo in
aggiwnta all'indennita di espropriazione. (2)
La Corte, eoc. — Con. il primo mezzo del ricorso, l'Opera valorizzazione Sila eocepisce la impossibility di integrare, in
(1) V., per qualche riferimento, Cons. Stato, Sez. IV, 20 marzo 1962, n. 263, Foro it., 1962, III, 232, con osservazioni di Andrioli, cui adde, in nota alia stessa decisione, Perictj, in
questo fascicolo, III, 26.
(2) Conf. Cass. 14 gennaio 1957, n. 2259 (Foro it., 1957, I, 1172, con nota di richiami, cui adde Ventuba, in Riv. dir. agr., 1957, II, 468 ; GtEbi, in Giur. agr. it., 1958, 224, nonche la dif forme requisitoria del P. m. Bebri, in Giur. it., 1957, I, 1, 995) ; Cass. 25 febbraio 1960, n. 338, Foro it., Rep. 1960, voce
Agricoltura, n. 82, entrambe eitate dalle Sezioni unite e relative alia c. d. legge stralcio.
Secondo Cass. 6 aprile 1961, n. 729 (id., Bep. 1961, voce eit., nn. 87, 88) « dalla data del decreto di espropriazione l'ente espropriante diventa senz'altro proprietario del bene espropriato, e, ciõ posto, acquista indubbiamente tutte le facoltä. inerenti al diritto di proprietä, compresa quella di godere il bene espro priato e di fame propri i frutti pendenti (salvo, per questi ultimi, l'obbligo di corrispondere al proprietario espropriato il rimborso delle spese di produzioDe da questi eventualmente erogate) ».
Sull'espropriabilita dei boschl ai fini dell'attuazione della riforma fondiaria, v. Cass. 18 aprile 1962, n. 770, id., Mass., 233
(legge Sila) ; 29 settembre 1960, n. 2527, id., Bep. 1960, voce cit., n. 54 (legge stralcio) ; 27 luglio 1957, ord. n. 669 (legge Sila), 29 settembre 1957, n. 3552 (legge Sila), id., Bep. 1957, voce cit., nn. 58, 87 ; Corte cost. 25 maggio 1957, n. 66, id., 1957, I, 929, con nota di richiami.
Sulla questione, relativa al rilievo della separazione nel 1'acquisto dei frutti, v., in senso conforme, Cass. 20 gennaio 1951, n. 179 (id., Rep. 1951, voce Frutti, n. 1), richiamata nella motiva zione della presente.
Nel senso che nella nozione di «frutti pendenti » rientrino i soli frutti gižt esistenti, giunti o no a maturazione, e non sepa rati dalla pianta, non anche quelli alio stato embrionale, v. Cass. 26 giugno 1956, n. 2308, id., Rep. 1956, voce cit., n. ]. Nel senso che l'usufruttuario acquisti la proprietä dei frutti sol a seguito della separazione, v. Cass. 6 marzo 1950, id., Rep. 1950, voce Usuirutto, nn. 11, 12.
Delle altre sentenze eitate dalle Sezioni unite, Cass. 8 marzo 1940, n. 804 (id., Rep. 1940, voce Vendita, n. 103) e 21 maggio 1948, n. 770 (id., Rep. 1948, voce Frutti, n. 2) considerarono frutti pendenti gli alberi destinati al taglio nei boschi di alto fusto.
In dottrina, cons. P. De Martino, sub art. 820 e 821, in Commentario del codice civile, a cura di A. Sciat.oja e G. Branca ; Mosco, I frutti nel diritto civile, Milano, 1947, pag. 124 seg.
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G1URISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
sede giurisdizionale, e nella parte relativa alia determina
zione della indennitä, i decreti di espropriazione di oui ö
discussione, attesoche detti decreti hanno valore di legge
delegata. La censura non e fondata, in quanto non sussiste il de
nunciato eccesso di potere giurisdizionale, ne la conseguente
posizione di conflitto con il potere legislativo. La censura
muove dalla necessaria premessa che le piante mature per il taglio, limitatamente alle quali la sentenza impugnata ha ricono3ciuto alla Societä resistente il diritto al valore
venale, abbiano formato ancli'esse, in base ai decreti di
scorporo, oggetto di trasferimento coattivo a favore dell'Ente
espropriante. La esattezza o meno di tale premessa forma oggetto di
discussione in relazione al secondo e al terzo mezzo del ri
corso. In relazione specifica al primo mezzo, e sufficiente
rilevare elie la infondatezza della censura con esso mezzo pro
posta e diretta conseguenza della infondatezza (di cui ap
presso si dirä) degli altri due mezzi di ricorso, essendo ohiaro
cbe qualora resti accertato, cosi come ritenuto dalla Corte
di merito, clie gli alberi maturi per il taglio al momento del
l'esproprio non formarono, in concreto, oggetto di detto
esproprio, il riconoscimento, a favore della Societä resi
stente, del diritto ad essere indennizzata del valore venale
di detti alberi non costituisce inammissibile integrazione
giurisdizionale dei decreti di esproprio, ma preclusione di
un ingiustificato arricchimento in pregiudizio della Societä
ricorrente.
Sotto il profilo formale, clie e quello posto particolar mente in evidenza con il primo mezzo del ricorso in esame, e
da ritenere cbe trattasi, non di integrazione dei provvedi menti di esproprio, ma, piii semplicemente, di identifica zione del contenuto dei predetti decreti e quindi, in defi
nitiva, di interpretazione degli stessi. E, anzi, il carattere, nei decreti di esproprio in discussione, di legge delegata, rende piu evidente il potere di interpretazione da parte del giudice ordinario, stante il normale potere-dovere di
quest'ultimo di interpretare le norme di legge influenti per la
deoisione della controversia a lui sottoposta. Con il secondo e terzo mezzo, l'Opera Sila denunzia cbe
la sentenza impugnata, in tanto ba potuto ritenere il di
ritto della espropriata Soc. I.l.s.s.a. al controvalore degli alberi maturi per il taglio, in quanto : a) ba dato inesatta
mente rilevanza alia maturazione degli alberi per il taglio, lad
dove l'art. 821 cod. civ. non distingue fra frutti maturi e
frutti non maturi, ma, a differenza di quanto dettato per i
frutti civili, fissa cbe la proprietä dei frutti maturati si
trasmette con la separazione dei detti frutti dalla cosa cbe li
ba prodotti; b) ba inesattamente ritenuto, equivocando tra
la normale espropriazione per pubblica utilitä e la specifica
espropriazione per 1'attuazione della riforma agraria, cbe
l'apprensione dei frutti maturi, da parte del soggetto nei
cui confronti e stato proceduto alia espropriazione, non
osti alla causa di pubblica utilitä ; c) non ba tenuto pre sente cbe, per l'art. 7 della legge 12 maggio 1950 n.230 (legge
Sila), 1'indennitä di esproprio e commisurata ai valori sta
biliti per 1'imposta straordinaria sul patrimonio e cbe,
per l'art. 9 del t.u. 9 maggio 1950 n. 203 (art. 9 del decreto
legisl. 11 ottobre 1947 n. 1131 e art. 2 della legge 10 novem
bre 1949 n. 805), i b33cbi si valutano (ai fini dell'imposta straordinaria sul patrimonio) in base ai valori medi del
periodo 1° luglio 1946-31 marzo 1947, determinati caso
per caso. Le riassunte censure non sono fondate, ancorche la
motivazione della sentenza impugnata debba essere in
parte puntualizzata, ai sensi dell'art. 384 cod. proc. civile.
La stessa ricorrente Opera Sila non pone in dubbio cbe
gli alberi di un terreno destinati alla produzione di legna, e
caratterizzati, secondo la finalitä economico-sociale, ad
essere tagliati, debbano essere riportati nei concetto giuri dico di frutti naturali del predetto terreno, cosi come ripe tutamente affermato da questa Corte suprema (sent, n. 804 del 1940, Foro it., Rep. 1940, voce Vendita, n. 103 ; n. 770 del 1948, id., Rep. 1948, voce Frutti, n. 2 ; n. 179 del
1951, id., Eep. 1951, voce eit., n. 1 ; none,he, e proprio nella
materia di cui e causa, sent. n. 2259 del 1957, id., 1957,
I, 1172, e n. 338 del 1960, id., Eep. 1960, voce Agricoltura, n. 82). Ya anoora precisato che, poiche, come si (lira, devono intendersi esclusi dall'oggetto dei decreti presiden ziali n. 782 del 1950 e n. 579 del 1951 (e di cui alia causa),
gli alberi clie al momento dell'esproprio erano giä maturi
per il taglio, nella specie non si profila alcuna questione di
legittimitä costituzionale ne della legge di delegazione
(legge Sila), ne dei menzionati decreti (quali atti aventi
valore di legge delegata), mentre il richiamo dei limiti ac
certati dalla Corte costituzionale, entro i quali la legge Sila
consente l'espropriazione dei terreni coltivati a bosco, sara fatto solo ai fini di una esatta identificazione della
portata degli accennati decreti presidenziali. Con precedenti pronunce a Sezione semplice (sent.
2259 del 1957, eit. e n. 338 del 1960, cit.) questa Corte
suprema ebbe a statuire, in relazione ai decreti di esproprio di terreni boschivi in allora venuti in discussione, che ai
proprietari, nei cui confronti era stato proceduto alio scor
poro, si appartenevano le piante giä mature per il taglio mentre all'Ente, a cui favore si era proceduto all'espropria zione, passavano in proprietä le piante ancora in corso di
maturazione.
Queste Sezioni unite ritengono che la distinzione di
cui sõpra debba essere tenuta ferma anclie in relazione ai
decreti oggi in esame.
Come giä si e accennato, l'Ente ricorrente, al fine di
pervenire a conclusione diversa, ha denunziato che l'art.
821 cod. civ. condiziona l'acquisto della proprietä dei frutti
naturali al distacco degli stessi dalla cosa madre. Il principio richiamato õ esatto e queste Sezioni unite
hanno presente che, superando la dizione del 1° comma
del menzionato art. 821 e la distinzione di cui, in base a
tale dizione, e cenno nella Relazione ministeriale al codice
civile (n. 38), si 6 ritenuto che la separazione e necessaria
perche lo stesso proprietario della cosa madre possa consi
derarsi proprietario dei frutti, intesi, questi ultimi, quali entitä autonome rispetto alia cosa che li ha prodotti. I
concetti di cui sõpra, perõ, non sono determinanti ai fini
della presente decisione.
Infatti, come giä altra volta posto in evidenza da que sta Corte suprema (sent. n. 179 del 1951, cit.), l'elemento
della maturazione o meno dei frutti non puõ ritenersi indif
ferente ai fini della percepibilitä degli stessi, atteso che e
proprio con la maturazione che il frutto acquista una indub
bia individuality economica rispetto alia cosa madre e di
venta separabile da questa, laddove il distacco dei frutti
non ancora maturi costituisce, invece, atto pregiudizievole. Tenuto presente ciõ e tenuto presente che il diritto di
proprietä sulla cosa madre si espande natwraliter ai frutti
che ne sono il prodotto, deve dedursene che, con la matura
zione di essi, il proprietario della cosa madre diventa ti
tolare, relativamente ai frutti giä maturi, dello ius se
parandi. E deve ancora riconoscersi che tale ius separandi ha, oltre che un contenuto giuridico (potere di separare i
prodotti dalla cosa producente), anche un contenuto eco
nomico ben individuabile, che e rappresentato dal valore
venale che i frutti maturi avrebbero se separati dalla cosa
madre. Da ciõ l'ulteriore conseguenza che, ove al proprie tario della cosa madre venga precluso, senza giusto titolo, 1'esercizio dello ius separandi, ad esso proprietario compete, sotto il profilo di risarcimento del danno, il controvalore
dei frutti separabili. Con ciõ non si intende disconoscere il principio generate
che i negozi relativi alia cosa madre includono, di regola, anche i frutti (ancorche maturi) da questa non ancora se
parati. E certo, perõ, che detto principio non ha carattere
di assolutezza per i frutti maturi e quindi separabili, potendo 1'attribuzione di questi ultimi formare oggetto di diverso
accordo tra le parti interessate o di specifica disciplina legis lativa, variabile a seconda delle diverse ipotesi (art. 669,
legato di cosa fruttifera ; art. 984, spettanza dei frutti del
l'usufrutto ; art. 1615, affitto di cosa produttiva ; art. 1638,
espropriazione di fondo rustico dato in fitto ; art. 1477,
vendita di cosa produttiva). Premesso quanto sopra, e poiche deve presumersi che i
decreti di esproprio siano aderenti alle finalitä, e quindi
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87 PARTE PRIMA 88
alle limitazioni intrinseche della legge in base alia quale furono emessi, il punto decisivo nella eeonomia della pre sence controversia si e quello di aeeertare se le finalitä per
seguite dalla legge Sila (legge n. 230 del 1950) postulino o meno la necessaria acquisizione, a favore dell'Ente espro priante, anche dei frutti giä maturi.
Deye ritenersi la soluzione negativa. Infatti, poiche la legge Sila assoggetta (art. 2) ad espropriazione i terreni di propriety privata suscettibili di trasformazione, per lata ehe sia la interpretazione di tale possibilitä, oggetto della
previsione legislativa sono i terreni nella loro consistenza
intrinseca, in connessione con le finalitä della riforma, e tali finalitä, per essere di carattere duraturo, preseindono dall'elemento transeunte della fruttificazione clie si presenti giä matura al momento dell'esproprio e, come tale, pronta,
per sua naturale finalitä, al distacco dalla cosa madre.
I frutti non maturi devono seguire necessariamente
la sorte del terreno, postoclie, stante la loro non separabilitä, formano con detto terreno un tutto inscindibile.
Uguale conclusione, invece, non resterebbe giustificata
per i frutti maturi, rispetto ai quali il proprietario del ter
reno, appunto in conseguenza della maturazione di essi, era giä titolare di uno iws separandi clie non puõ ritenersi
soppresso con l'esproprio del terreno, non essendo tale
soppressione necessaria, come si e detto, alle finalitä del
l'esproprio. Nfe vale obiettare clie, nella specie, tale diritto di separa
zione, al momento dello scorporo, non era stato ancora eser
citato dal proprietario e ehe i decreti di esproprio preve dono la immediata immissione in possesso dell'Ente.
Infatti, sotto pena di una inammissibile petizione di
principio, una volta ritenuta, ai fini della riforma nonclie
ai fini del contenuto precettivo dei decreti di esproprio, la estraneitä della percezione, da parte dell'Opera Sila, dei frutti giä maturi, nulla precludeva che l'Opera, pur
dopo la immissione in possesso del terreno, avesse permesso al proprietario espropriato l'ablazione dei frutti di cui sopra, avendone l'l.l.s.s.a. fatto specifica richiesta.
La riprova di tale possibilitä e data dall'art. 6 della legge 15 marzo 1956 n. 156 che, con specifico riferimento e alia
legge n. 230 del 1950 (legge Sila, che qui interessa) e alia
legge n. 841 del 1950 (cosiddetta legge stralcio), e senza
restrizione alcuna, prevede la duplice possibilitä che gli enti
e sezioni di riforma fondiaria, all'atto della presa di possesso dei terreni, abbiano oppure non abbiano acquisito anche i
frutti pendenti. Come si e detto, la ricorrente Opera per la valorizzazione
della Sila, con il terzo mezzo del ricorso, ha denunziato che,
poiche per l'art. 7 della legge Sila, l'indennitä di esproprio 6
oom TLHiirita ai valori stabiliti per 1'imposta straordinaria
sul patrimonio ; poiche, per l'art. 9 del t.u. 9 maggio 1950
n. 203, i boächi, ai fini della predetta imposta straordinaria,
veugono valutati in base ai valori medi del periodo 1° luglio 1946-31 marzo 1947, determinati caso per caso ; atteso tutto
ciõ, l'indennizzo, a favore del proprietario espropriato, degli alberi maturi per il taglio al momento dello esproprio, co stituirebbe (secondo la ricorrente) una non giustificata maggiorazione della indennitä di scorporo.
La censura non & fondata. Poiche, ai fini dell'imposta straordinaria sul patrimonio, i criteri di valutazione dei terreni coltivati a bosco e di cui al richiamato art. 9, non
lianno carattere e3clusivo, potendo gli uffici delle imposte ritenere congrui anche i valori determinati con 1'applica zione dei coefficienti normali (come chiarito anche con appo sita circolare del Ministero delle finanze in data 10 gennaio 1950); poiche, comunque, anche la valutazione diretta,
eseguita caso per caso, puõ essere conseguente a molteplici
fattori(natura del suolo,classe del bosco, intensitä della vege t tzione, numero delle matricine, autonomia aziendale del
bosco ovvero aggregazione di esso ad un'azienda agricola); poiche i predetti svariati fattori, nonclie lo stesso elemento del grado di maturazione del bosco (richiamato dalla ricor
rente e che puõ riferirsi alia massa, in genere, degli alberi non maturi), sono indipendenti dal particolare che un de terminate numero di piante si presenterä maturo per il
taglio ad una determinata epoca preoisa ; potendo, in sin
tesi, la valutazione del capitale-terra presentarsi, an die nei
terreni eoltivati a boseo, distinta dalla valutazione dei frutti; atteso tutto ciõ, sarebbe occorsa la prova (che nel giudizio di merito non risulta accertata) ebe non solo, nella specie, la valutazione ai fini dell'imposta sul patrimonio si era di
seostata effettivamente dai eriteri di valutazione astratta, ma che la (eventuale) valutazione diretta era stata influen
zata in modo determinante dalla considerazione che un
dato numero di piante si sarebbero presentate mature per il taglio al momento con il quale poi coincise la emissione
dei decreti di esproprio. E tale prova tanto piu sarebbe
stata necessaria nella specie, in quanto non risultano con
testati (e quindi, secondo la giurisprudenza di questa Corte
suprema, possono considerarsi pacifici: sent. n. 3426 del
1957, Foro it., Rep. 1957, voce Prova civ., n. 23; n. 3642
del 1958, id., Rep. 1958, voce cit., n. 23) i rilievi di fatto
del consulente tecnico nominato dal Presidente del Tribu
nale di Cosenza, relativi al particolare che le zone espro
priate hanno natura, non solo bosehiva, ma anche semi
nativa e pascolativa. D'altra parte, giova richiamare che, poiche l'art. 4
della legge 31 dicembre 1947 n. 1629 (recante norme per la
istituzione dell'Opera per la valorizzazione per la Siia) escludeva espressamente i boschi dal piano generale di
trasformazione del comprensorio silano, la espropriabilitä dei terreni eoltivati a bosco fu posta in discussione anche
nei riguardi della legge n. 230 del 1950.
La espropriabilitä dei predetti terreni e stata ritenuta
dalla Corte costituzionale (sent. n. 66 del 1957, Foro it.,
1957, I, 929 ; n. 41 del 1959, id., 1959, I, 1625) con richiamo
alle finalitä economico-sociali della legge Siia e attraverso
considerazioni che, per essere relative alia obiettiva trasfor
mazione dei terreni eoltivati a bosco, prescindono dalla
necessitä di utilizzazione, da parte dell'Ente di riforma, di
quelle, tra le piante, che fossero giä mature per il taglio al
momento dell'esproprio. E ciõ confermando autorevolmente che l'appreusione,
da parte dell'Ente, delle piante tagliabili non e necessaria
alle finalitä della riforma, importa, da un lato, la persi
stenza, nel proprietario espropriato, dello ius separandi di
quelle piante e, correlativamente, e quando, come nella
specie, I'esercizio di tale diritto gli e stato precluso, il diritto,
per il preietto proprietario espropriato, ad essere risarcito
in misura del valore di quelle piante. Xe, sia pure da un punto di vista meramente letterale, e
possibile ricavare argomento in contrario dalle locuzioni
usate nei deoreti di esproprio di cui e causa. Infatti, se e
vero che neU'elenco allegato ai predetti decreti si parla di
boschi, sta di fatto che nella rubrica dello stesso elenco
si parla di «terreni espropriati», e, soprattutto, negli arti
coli che formano il corpo dei predetti decreti si parla esclu
sivamente di «terreni». E ciõ conferma ulteriormente che
oggetto dello scorporo sono stati i terreni e che la locuzione
« bosco », a'lop erata nell'elenco, deve intendersi nel senso
di terreno coltivato a bosco, sicche restano efficaci tutte
le considerazioni fin qui svolte per ritenere esclusa dall'og
getto dei preietti deoreti l'apprensione, a favore dell'Opera ricorrente, anche degli alberi maturi per il taglio.
Concludendo, il ricorso deve essere disatteso e la ricor
rente deve essere condannata alia perdita del deposito. Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezioni unite civili; sentenza. 14 luglio 1962, n. 1871 ; Pres.
Verzi P., Est. Lenti, P. M. Pepe (concl. conf.) ; Plo
resta (Aw. Corsaro) c. Caserta (Aw. Ciancio), Pre
fetto di Catania (Aw. dello Stato Belli).
(Dichiara inammissibile ricorso avverso Cons, c/iust. amm.
sic. 24 marzo 1960)
Sieilia I'rovvedimenti del coiaitato provincials prezzi Kccisioni <lol Gonsiylio <li ((iustizia am
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