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Sezioni unite civili; sentenza 15 maggio 1984, n. 2954; Pres. F. Greco, Est. Menichino, P. M. Fabi...

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Sezioni unite civili; sentenza 15 maggio 1984, n. 2954; Pres. F. Greco, Est. Menichino, P. M. Fabi (concl. diff.); Carraturo (Avv. L. Esposito) c. I.n.p.s. (Avv. Bellomi, Boer). Conferma Trib. Napoli 26 febbraio 1979 Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 9 (SETTEMBRE 1984), pp. 2207/2208-2213/2214 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23177302 . Accessed: 28/06/2014 13:45 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.151 on Sat, 28 Jun 2014 13:45:32 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezioni unite civili; sentenza 15 maggio 1984, n. 2954; Pres. F. Greco, Est. Menichino, P. M.Fabi (concl. diff.); Carraturo (Avv. L. Esposito) c. I.n.p.s. (Avv. Bellomi, Boer). Conferma Trib.Napoli 26 febbraio 1979Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 9 (SETTEMBRE 1984), pp. 2207/2208-2213/2214Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177302 .

Accessed: 28/06/2014 13:45

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2207 PARTE PRIMA 2208

Per quanto concerne la prima conclusione, vanno infatti con

divise le argomentazioni della società convenuta che l'impugnativa,

quando non provenga direttamente dal lavoratore o dal sindacato

cui questo notoriamentè aderisca avendo autorizzato il datore alla

trattenuta dei contributi sindacali in suo favore, deve, onde

assicurare la provenienza dall'organizzazione sindacale di appar

tenza, necessariamente essere completata dal mandato scritto del

lavoratore in favore del sindacato, apparendo innegabile che l'atto

unilaterale impugnativo del licenziamento abbia un preciso conte

nuto patrimoniale, se non in via immediata, quale condizione per un'azione giudiziaria intesa sempre a conseguire un risarcimento

del danno.

Va altresì soggiunto che, trattandosi di condizione di ammissi

bilità dell'azione, la prova dell'anticipato conferimento del man

dato rispetto all'invio dell'impugnativa deve essere fornita od

offerta già nel ricorso introduttivo del giudizio — e ciò motiva

l'ordinanza pretorile di rigetto delle prove offerte dal ricorrente

solo a seguito dell'eccezione di parte contenuta — la conclusio

ne esposta appare irrinunciabile —- diversa soluzione potrebbe sostenersi per l'impugnativa esercitata da un legale — quando

l'impugnativa del licenziamento provenga da un'organizzazione sindacale cui il lavoratore non aderisce già nel corso del rapporto di lavoro, ad evitare anche il mero sospetto che il sindacato,

vuoi per le finalità sue proprie di tutela degli interessi della

classe lavoratrice, vuoi per finalità di proselitismo, si sostituisca

nell'esercizio di quelli che sono interessi personali del singolo

lavoratore.

Per quanto concerne la seconda conclusione, premesso che

tanto la lettera 20 luglio 1983 quanto quella confermativa del 27

luglio inviate dalla società fanno espresso riferimento ad un

licenziamento ai sensi dell'art. 25 del c.c.n.l. di settore (come, del

resto, è confermato dall'adottata sospensione cautelare, possibile

ex art. 26 del detto c.c.n.l. solo in ipotesi di recesso in tronco),

va osservato che il licenziamento per mancanze contemplato dal

menzionato art. 25 è espressamente ricompreso tra i provvedimen ti disciplinari individuati dal precedente art. 23; ne consegue che

il licenziamento in esame non può sfuggire alla qualifica di

licenziamento disciplinare e che, pertanto, la sua validità è

subordinata all'osservanza dei primi tre comma dell'art. 7 1. n.

300/70 anche nell'ipotesi — è questa la portata sostanziale della

decisione costituzionale più sopra richiamata — che gli stessi non

siano stati espressamente affermati applicabili dalla normativa

collettiva disciplinante l'esercizio del potere disciplinare; ne

consegue ulteriormente, non essendo nella specie contestato dalla

società convenuta l'assunto del ricorrente di una mancata affissio

ne del codice disciplinare, che il licenziamento in questione va

dichiarato invalido in ragione della suddetta inosservanza, pro

priamente relativa al 1° comma della 1. n. 300/70. Trattasi, a

questo punto, di valutare se l'invalidità discendente dalla viola

zione dell'art. 7 possa o non possa ritenersi ricompresa nelle

diverse categorie di illegittimità del licenziamento previste dalla 1.

n. 604/66 (e meramente ribadite dall'art. 18 1. n. 300/70, innova

tivo soltanto per quanto concerne le conseguenze derivanti dall'ac

certamento dell'illegittimità del recesso), in quanto, nell'ipotesi di

risposta positiva al quesito, dovrebbe necessariamente affermarsi

l'applicabilità dell'art. 6 1. n. 604 e, quindi, l'inammissibilità

dell'azione del ricorrente per essere intervenuta la decadenza

prevista appunto dall'art. 6, in quanto per converso, nell'ipotesi di risposta negativa al quesito, dovrà affrontarsi il problema di

quali conseguenze derivino dall'accertata invalidità del licenzia

mento, posto che le conseguenze dettate dall'art. 8 1. n. 604 e

dall'art. 18 1. n. 300 non possono ritenersi automaticamente

applicabili a cause di illegittimità estranee a quel contesto norma

tivo.

Per la soluzione del problema, deve osservarsi che la 1. n.

604 distingue le cause di invalidità individuando un licenziamento

inefficace (quello orale o quello cui non abbia fatto seguito la

richiesta comunicazione di motivi — cfr. art. 2 —; al riguardo, occorre osservare — cfr. art. 6, cpv. — che per il licenziamento

orale non è prevista impugnativa nei 60 giorni a pena di

decadenza, il che spiega come il Supremo collegio — cfr.

decisione citata dal ricorrente a pag. 5 delle note autorizzate —

sia pervenuto, per tale ipotesi, a ritenere ammissibile l'azione

giudiziaria di impugnativa del licenziamento nell'ordinario termi

ne prescrizionale), un licenziamento nullo (quello determinato da

ragioni di credo politico o fede religiosa, dalla appartenenza ad

un sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacali — cfr.

art. 4) e un licenziamento annullabile (quello per cui sia accertato

che non ricorrono gli estremi della giusta causa o giustificato motivo invocati — cfr. art. 8), con ciò enucleando un sistema

completo di cause di invalidità attinenti la forma, la causa ed il

merito di quell'atto unilaterale in cui consiste appunto il licen ziamento.

Passando ad esaminare la posteriore (ma il dato non assume

rilievo) causa di invalidità introdotta dall'art. 7 1. n. 300/70 appare agevole osservare che essa attiene gli aspetti formali

procedurali — si che a prima vista potrebbe apparire assimilabile

ad un licenziamento inefficace per impiego della forma orale o

per mancata comunicazione dei richiesti motivi — non già però dell'atto di licenziamento, bensì richiesti per il sorgere in capo al

datore di lavoro del diritto all'esercizio del potere disciplinare,

presupposto necessario per la liceità di un licenziamento discipli nare.

Non riguardando, dunque, la violazione in esame né la forma, né la causa, né il merito del licenziamento (e l'affermazione, che

il giudicante ritiene valida per ciascuna delle violazioni previste dai primi tre comma dell'art. 7, con qualche dubbio peraltro per i comma 2° e 3°, appare indiscutibile con riferimento alla

violazione prevista dal 1° comma costituente oggetto specifico del presente giudizio), deve concludersi per la sua riconducibilità

nel sistema enucleato dalla 1. n. 604: al che consegue che

l'impugnativa del licenziamento, adducendo una tal violazione, non può dirsi assogettata al termine di decadenza fissato dal più volte richiamato art. 6.

L'esposta conclusione introduce — come si accennava — il

problema di individuare le conseguenze discendenti dall'afferma

zione della sussistenza di una causa di invalidità del licenziamen to non riconducibile nel sistema disciplinato — anche con riferi

mento alle conseguenze — dalla 1. n. 604, poi, per quest'aspetto, modificata dalla 1. n. 300/70.

Ritiene il giudicante che la soluzione più corretta — disde

gnando criteri in sé dubbi quali il ricorso all'analogia e all'equità — sia suggerita proprio dal rilievo dianzi svolto che la violazione in esame non colpisce — se non in via mediata e conseguenziale — l'atto di licenziamento vero e proprio, ma incide sul presup posto necessario per un licenziamento disciplinare che è costituito

dal legittimo sorgere del diritto ad esercitare il potere disciplinare; eliminato il detto presupposto, l'atto di licenziamento va definito

inefficace-inesistente e, in altri termini, inidoneo a troncare il

rapporto di lavoro, che rimane in vita nelle sue fondamentali

obbligazioni di prestazione lavorativa e di corrispettiva retribu

zione, delle quali ovviamente la prima in stato di sospensione in

forza del concludente comportamento datoriale di rifiuto di

accettare la prestazione cui il lavoratore è disposto.

Consegue all'esposta conclusione la condanna della società

convenuta all'immediato (ex art. 431 c.p.c.) pagamento in favore del ricorrente della normale retribuzione contrattuale — maggio rata, ex art. 429 c.p.c., con decorrenza dallo scadere dei singoli

periodi di paga, degli interessi legali e della rivalutazione moneta

ria, da conteggiarsi con riferimento agli indici ISTAT — a far

tempo dalla data dell'avvenuto illegittimo accertamento. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 15 mag

gio 1984, n. 2954; Pres. F. Greco, Est. Menichino, P. M. Fabi

(conci, difl.); Carraturo (Avv. L. Esposito) c. I.n.p.s. (Avv. Bel

inomi, Boer). Conferma Trib. Napoli 26 febbraio 1979.

Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Azio

ne giudiziaria — Previo procedimento amministrativo —

Disciplina — Inapplicabilità al termine per esperire l'azione

giudiziaria (Cod. civ., art. 2964, 2969; cod. proc. civ., art. 443;

disp. att. cod. proc. civ., art. 148; 1. 28 luglio 1961 n. 830,

disposizioni in materia di previdenza per gli addetti ai pubblici servizi di trasporto in concessione e miglioramento per alcune

categorie di pensionati del fondo istituito con l'art. 8 r.d.l. 19

ottobre 1923 n. 2311, art. 37; 1. 11 agosto 1973 n. 533,

disciplina delle controversie individuali di lavoro e delle con

troversie in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, art. 8).

Deve intendersi non più esperibile l'azione giudiziaria da parte di

dipendente addetto a pubblico servizio di trasporto, con la quale era stato richiesto ali I.n.p.s. di includere nella base pensionabile l'indennità di ricchezza mobile e l'indennità fissa per straordi

nario, dopo il superamento del termine di decadenza quin

quennale, decorrente dal compimento della preventiva procedu ra amministrativa (complessivamente ISO giorni dalla comunica

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

zione del provvedimento), di cui all'art. 37 l. 28 luglio 1961

n. 830 ed al quale non si applica l'art. 8 l. 533/73. (1)

Fatto. — Il Pretore di Napoli, con sentenza del 13 ottobre 1977, dichiarava inammissibile il ricorso con il quale Carraturo Salvato

re aveva chiesto che l'I.n.p.s., quale gestore del fondo per i

dipendenti dai pubblici servizi di trasporto, fosse obbligato ad

includere nella base pensionabile a proprio favore l'indennità di

ricchezza mobile e l'indennità fissa per straordinario. Ciò il

pretore riteneva perché, dopo il collocamento in pensione dal 31

maggio 1968, il Carraturo aveva presentato il reclamo in via

amministrativa il 12 gennaio 1976 e quindi la domanda giudizia ria in data 1° marzo 1977 entrambi dopo il superamento del

termine di decadenza quinquennale di cui all'art. 37 1. 28 luglio 1961 n. 830.

Su impugnazione del Carraturo l'adito Tribunale di Napoli, con sentenza in data 26 gennaio-26 febbraio 1979, rigettava l'appello. Il tribunale riteneva che, nella specie, non poteva trovare appli cazione l'art. 8 1. 11 agosto 1973 n. 533 invocato dall'appellante, non essendosi verificata una mera decadenza o inosservanza della

procedura amministrativa avverso un provvedimento negativo del l'istituto previdenziale; e che doveva trovare applicazione la

previsione dell'art. 37, 5° comma, 1. 28 luglio 1961 n. 830, sul

decorso del termine di cinque anni collegato alla scadenza della anzidetta procedura e fissato a pena di decadenza, per la propo sizione dell'azione giudiziaria e rispetto al quale non poteva rimettersi alla volontà dell'interessato il decorso relativo, con la libera presentazione del reclamo e poi della domanda giudiziale.

Il tribunale, inoltre, riteneva che detto art. 37 1. 830/61 non

poteva considerarsi abrogato dalla norma sulla prescrizione de

cennale di cui all'art. 58 1. 30 aprile 1969 n. 153 per le

prestazioni previdenziali dell'assicurazione generale obbligatoria, che era manifestamente infondata l'eccezione di illegittimità costi

tuzionale dell'art. 37 citato per contrasto con gli art. 35, 36 e 38

Cost., in confronto pure con l'art. 58 1. 153/69 per la diversità dei trattamenti previdenziali, tanto più che la successiva 1. 29

ottobre 1971 n. 889 aveva pure disciplinato il nuovo trattamento

previdenziale degli autoferrotoamvieiri.

Infine il tribunale rilevava che il provvedimento I.n.p.s. era

implicito nella liquidazione della pensione dal 1968, che la

questione della mancata comunicazione di esso era dedotta per la

prima volta in appello, e che il Carraturo avrebbe potuto richiedere all'I .n.p.s. l'inclusione delle indennità pretese nella base

pensionabile. Il Carraturo ha proposto ricorso con quattro motivi, illustrati

pure da due memorie; l'I-n.p.s. ha resistito con controricorso, ed ha poi presentato memoria. La decisione è stata rimessa a queste sezioni unite per dirimere il contrasto insorto nella sezione

lavoro sulla interpretazione dell'art. 37 1. 28 luglio 1961 n. 830.

Diritto. — Con il primo motivo il ricorrente deduce la viola zione e falsa applicazione degli art. 8 1. 11 agosto 1973 n. 533, 37

1. 28 luglio 1961 n. 830, 12 e 15 preleggi, 442 c.p.c. e 148 disp.

(1) In senso conforme, v. Cass. 27 luglio 1983, n. 5176, Foro it., 1984, I, 1351, con nota di richiami.

Con la sentenza in epigrafe, è stato risolto dalle sezioni unite il contrasto insorto nella sezione lavoro sull'interpretazione dell'art. 37 1. 28 luglio 1961 n. 830.

Le sezioni unite, in senso conforme a Cass. 27 luglio 1983, n. 5176, oit., e Cass. 28 gennaio 1983, n. 788, id., Rep. 1983, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 619, ed andando in contrario avviso a Cass. 14 maggio 1983, n. 3345, ibid., n. 620, hanno ritenuto che l'art. 8 1. 11 agosto 1973 n. 533, secondo il quale nelle procedure amministrati ve riguardanti le controversie previdenzial-i « non si tiene conto dei

vizi, delle preclusioni e delle decadenze verificatesi » riguarda solo il corso delle procedure stesse, mentre invece non può operare sull'azione

giudiziaria, la cui proposizione deve rispettare il termine quinquennale di decadenza previsto dall'art. 37 1. 830/61.

In motivazione, è stato inoltre precisato e confermato l'andamento seguito dalla Cassazione, sez. lavoro, per quanto riguarda l'operatività degli art. 8 e 9 1. 11 agosto 1973 n. 533, nel senso che non è più preclusa l'azione giudiziaria decorso il termine per il completamento della procedura amministrativa, quando tale termine, strettamente

collegato alla procedura preventiva amministrativa, rivesta carattere

procedimentale ai fini dell'esaurimento dell'iter amministrativo; quando però trattasi di pretese per far valere un diritto, le stesse rimangono soggette alle decadenze sostanziali attinenti al sorgere del relativo

diritto, non potendosi intendere applicabili gli art. 8 1. 533/73 e 148

disp. att. c.p.c. alla richiesta iniziale rivolta all'istituto assicuratore. La questione di costituzionalità dell'art. 37 1. 830/61 nella parte in

cui prevede un termine (cinque anni) inferiore a quello (dieci anni) fissato per la proposizione della domanda giudiziaria in materia di

pensione Ijn.p.s. (art. 52 1. 30 aprile 1969 n. 153) era già stata dichiarata manifestamente infondata da Cass. 28 gennaio 1983, n. 788, cit.

Il Foro Italiano — 1984 — Parte J-141.

att. stesso codice, e vizio di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5,

c.p.c.), sostenendo che l'art. 37 1. 830/61 è stato abrogato con

l'art. 8 1. 533/73; che tale ultima legge, sia con tale norma, sia

con le nuove previsioni dell'art. 443 (recte: non 442) c.p.c. e

dell'art. 148 disp. att. dello stesso ha eliminato tutti i termini di

decadenza tanto per i reclami in sede amministrativa quanto per la proposizione dell'azione giudiziaria, in materia di prestazioni

previdenziali; e che, una volta venuta meno la decadenza connes

sa all'espletamento del procedimento amministrativo, come mez

zo di tutela rispetto al provvedimento dell'istituto previdenziale, cadono anche le norme di preclusione dell'azione giudiziaria ad esso procedimento collegate.

Con il secondo motivo lo stesso ricorrente denuncia la violazione

degli art. 37 1. 830/61, 2697 c.c. e 112 c.p.c. e vizio di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), non avendo il giudice di

appello considerato che 1'I.n.p.s. non aveva dato comunicazione della liquidazione della pensione, e che perciò non sussisteva la

preclusione di cui all'art. 37 1. 830/61.

Con il terzo mezzo il Carraturo lamenta la violazione e falsa

applicazione degli art. 58 1. 30 aprile 1969 n. 153, 12 e 15

preleggi, 37 1. 28 luglio 1961 n. 830 e 16 1. 29 ottobre 1971 n.

889, nonché vizio di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.), affermando che il termine di prescrizione decennale per la domanda giudiziale in materia previdenziale {art. 58 cit.) deve trovare applicazione anche nella disciplina del fondo autoferro tramvieri con abrogazione del detto art. 37 1. 830/61, e non

potendosi ritenere mantenuto in vigore il relativo termine di decadenza quinquennale dell'art. 16 1. 889/71.

Con il quarto mezzo, infine, il ricorrente ripropone l'eccezione di illegittimità costituzionale del termine di decadenza quin quennale di cui all'art. 37 1. 830/61, in confronto al più ampio termine di prescrizione decennale dell'art. 58 1. 153/69, per preteso contrasto di tale diversità di trattamento con gli art. 3, 35, 36 e 38 Cost.

'La questione che forma oggetto del primo motivo del ricorso è stata risolta in modo difforme dalla sezione lavoro di questa Suprema corte. Invero le sentenze 28 gennaio 1983, n. 788 (Foro it., Rep. 1983, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 619) e 27 luglio 1983, n. 5176 (id., 1984, 1, 1351), hanno ritenuto che l'art. 8 1. 11 agosto 1973 n. 533 (secondo cui nelle procedure amministrative per le controversie previdenziali « non si tiene conto dei vizi, delle preclusioni e delle decadenze verificatesi »), riguarda soltanto il corso delle procedure stesse, mentre invece non può operare sulla azione giudiziaria in quanto non potrebbe sottrarre la proponibilità di questa alla condizione espressamente prevista che essa non sia ormai preclusa dal superamento del termine di cinque anni stabilito — nella materia oggetto del fondo autoferrotramvieri — dall'art. 37, 5° comma, 1. 28 luglio 1961 n. 830.

Al contrario, la sentenza 14 maggio 1983, n. 3345 (id., Rep. 1983, voce cit., n. 620), ha ritenuto che anche il termine ora detto si sarebbe trasformato in quello meramente ordinatorio per il mero fine di dichiarare la sola « improcedibilità » — e non più la « improponibilità » — della domanda giudiziaria, anche in virtù della nuova norma dell'art. 148 disp. att. c.p.c. (ex art. 9 1.

533/73) che ha abrogato le norme sulla necessità del previo esperimento delle procedure amministrative; e perciò ha concluso che anche le procedure giudiziarie, in quanto non più condiziona te da quelle amministrative, possono, come nel caso dell'art. 37, 5° comma, 1. 830/61, essere proposte anche dopo il decorso del termine di decadenza all'uopo previsto.

Le sezioni unite ritengono di condividere e di confermare la soluzione adottata dalle prime due sentenze. Invero le linee di

fondo, ormai nettameaite precisate e seguite dalla corte (sezione lavoro) circa la operatività degli art. 8 e 9 1. 11 agosto 1973 n.

533, sono le due seguenti. Da un lato è stato affermato che, in base al combinato disposto degli art. 443 c.p.c. e 148 disp. att.

c.p.c. (ex art. 9 1. 533/73), essendo le procedure amministrative

previste dalle leggi speciali ormai solo una condizione di « proce dibilità » della successiva azione giudiziaria, questa, ove sia

prevista come esercitabile entro un breve termine (es. di 60

giorni) dopo il completamento della procedura anzidetta, non è

più preclusa dal relativo decorso. E ciò perché in tali casi (es. art. 16 d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124 per pretese di contributi

I.n.a.i.l.), trattasi di termini che, pur se estranei allo stretto ambito della procedura amministrativa, sono però a questa stret tamente collegati come termine finale della complessa procedura preventiva, diretta a permettere l'esame e la decisione di merito

dell'organo amministrativo competente, cosicché il termine posto per l'inizio dell'azione giudiziaria aveva il solo scopo di creare un ostacolo diretto a consentire il raggiungimento della natura

definitiva, e non più impugnabile del provvedimento amministra

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2211 PARTE PRIMA 2212

tivo. E perciò tale termine è stato ritenuto non più operante per effetto degli art. 8 e 9 1. 533/73 (Cass. 28 novembre 1977, n. 5213,

id., Rep. 1977, voce ait., n. 302; 17 luglio 1978, n. 3582, id.,

Rep. 1978, voce cat., n. 395; 28 agosto 1979, n. 4688, id., Rep. 1979, n. 500; 22 aprile 1980, n. 2627, id., Rep. 1980, voce ciit., n. 430;

13 agosto 1981, n. 4918, id., Rep. 1981, voce cit., n. 542; 12

dicembre 1981, n. 6587, id., 1982, I, 695; 13 febbraio 1982, n. 906,

id., Rep. 1982, voce cit., n. 564).

Da un altro però, contemporaneamente, è stato ritenuto che le

citate norme dell'art. 8 1. 533/73 e il48 disp. att. c.p.c. (ex art. 9

stessa legge) non estendono il proprio ambito di applicazione alla

richiesta iniziale rivolta all'istituto assicuratore, ma presuppongo no il conflitto attuale tra l'istante e lo stesso istituto, dovendo

operare solo nei procedimenti contenziosi prescritti per la compo

sizione in sede amministrativa della controversia; in tal modo le

pretese per far valere un diritto (es. per l'indennità di disoccupa

zione, ai sensi degli art. 73 e 129 r.d.l. 1827/35, e per il

trattamento ex art. 1 e 3 1. 226/65) restano soggette alle decaden

ze sostanziali attinenti al sorgere del relativo diritto (Cass. 15

maggio 1980, n. 3225, id., Rep. 1980, voce cit., n. 437; 24 aprile

1980, n. 2738, ibid., voce Previdenza sociale, n. 675; 20 ago

sto 1980, m. 4961, ibid., voce Lavoro e previdenza (contro

versie), n. 436; 28 gennaio 1981, in. 655, id., Rep. 1981, voce

cit., n. 547; 28 gennaio 1981, n. 656, id., 1981, I, 1624; 5 giugno

1981, n. 3641, id., Rep. 1981, voce oit., n. 546; 15 ottobre 1981,

n. 5421, ibid., n. 548; 13 gennaio 1982, n. 191, id., Rep. 1982,

voce cit., n. 571; 18 febbraio 1982, n. ,1046, ibid., n. 567; 10 marzo

1982, n. 1559, ibid., n. 575; 3 giugno 1982, n. 3400, ibid., n. 570;

12 giugno 1982, n. 3581, ibid., n. 569; 15 luglio 1982, n. 4150,

ibid., voce Previdenza sociale, n. 711).

Orbene la questione in esame va risolta in relazione alla natura

di termine sostanziale per la esistenza e la vita stessa del diritto

alla specifica prestazione previdenziale fatta valere dall'assicurato,

nel senso che la sussistenza ed il connesso riconoscimento del

diritto sono sottoposti all'osservanza del detto periodo di cinque anni fissato come decadenza per la relativa proposizione (art. 37,

5° comma, 1. 28 luglio 1961 n. 830). Non si è perciò in presenza di un termine, avente carattere sempre procedimentale ai fini

dell'esaurimento dell'iter amministrativo, e della pretesa (ma

infondata) esclusione di ogni altra impugnativa (come nella prima delle due tesi sopra esposte). Ma si è in presenza di una esigenza sostanziale di nascita e di fondamento del diritto stesso; cosicché,

pur riconoscendosi che il preventivo esperimento della procedura amministrativa (art. 37, 1° e 3° comma, 1. 28 luglio 1961 n. 830

con i relativi termini), costituisce una condizione di « procedibili tà » dell'azione giudiziaria, tuttavia il termine per esperire, poi,

quest'ultima non inerisce alla pregressa procedura, ma attiene alla

stessa insorgenza del diritto (e ciò in armonia con la seconda

delle tesi illustrate). La decorrenza di tale termine di decadenza di cinque anni, poi,

essendo ancorata al compimento della preventiva procedura am

ministrativa (90 giorni dalla decisione dell'istituto per proporre ricorso al comitato di vigilanza, e 90 giorni dalla presentazione di

questo per la decisione: art. 37, 3° comma, 1. 830/61) va

necessariamente calcolata dalla scadenza teorica dei termini di

quest'ultima; e perciò risultando 180 giorni per l'iter ammini

strativo, anche il termine per la pretesa del diritto è di cinque anni oltre i detti 180 giorni. Devesi infatti rilevare che la

mancata previsione — nella legge — di una apposita decorrenza

dell'azione giudiziale, in caso di mancato ricorso amministrativo, era (nel 1961) del tutto irrilevante, trattandosi di una ipotesi di « improponibilità » dell'azione giudiziaria. Peraltro, venuta meno

tale disciplina, e stante quindi la autonomia fra i due proce dimenti, ma operando sempre la perentorietà del termine di

decadenza sulla pretesa sostanziale, consegue che la previsione astratta del procedimento amministrativo (come condizione ora di

« procedibilità » dell'azione) incide anche nell'ipotesi in cui l'inte

ressato non abbia mai o abbia tardivamente proposto il ricorso

amministrativo. Pertanto, dopo il decorso complessivo di 5 anni e

180 giorni dalla liquidazione che si intende contestare, la deca

denza del diritto e dell'azione opera, nell'ambito della normativa

generale della decadenza (art. 2964-2969 c.c.), in applicazione dell'art. 37, 5° comma, 1. 830/61.

In caso contrario sarebbero invece rimesse all'iniziativa o

all'arbitrio dell'interessato la presentazione del reclamo e quindi la decorrenza del termine di decadenza, in violazione del princi

pio generale dell'art. 2964 c.c., sulla esigenza del pronto esercizio

del diritto del soggetto. Nella specie, tale termine si è interamente esaurito prima della

proposizione del ricorso introduttivo del giudizio, dato che il

Carraturo, collocato in pensione il 31 maggio 1968, ha ritenuto di

proporre reclamo amministrativo il 12 gennaio 1976 e poi l'azione

giudiziaria il 1° marzo 1977, e cioè ben oltre i detti 5 anni e 180

giorni dalla erogazione della pensione. Né la sopraggiunta norma

tiva della 1. 11 agosto 1973 n. 533 può operare retroattivamente

su di una decadenza sostanziale che — in quanto verificatasi con

effetto preclusivo della pretesa — 11011 può essere ritenuta come

compresa nella previsione dell'inapplicabilità delle « decaden

ze... verificatesi » (art. 8 stessa legge) operante, come già detto, nei limiti precisati.

Il primo motivo del ricorso va perciò respinto, perché infonda

to.

Ugualmente deve essere disatteso il secondo motivo, in quanto il tribunale ha rilevato che la doglianza — ora ripetuta — della

mancata comunicazione della liquidazione di pensione da parte

dell'I.n.p.s. era stata tardivamente proposta in appello (art. 437

c.p.c.); e che, peraltro, la avvenuta liquidazione della pensione da

parte dell'I.n.p.s., dopo il collocamento in quiescenza dell'interes

sato, costituiva il presupposto '(in quanto atto dell'ente obbligato)

per il reclamo contro il relativo criterio di calcolo.

Anche il terzo motivo è infondato; e ciò perché la norma

dell'art. 58 1. 153/69 il quale stabilisce nel 1° comma che « le

decisioni adottate dall'I .n.p.s. in materia di pensioni possono essere impugnate in sede giudiziaria entro il termine di dieci

anni », trova applicazione solo riguardo alle decisioni dell'istituto, e non del fondo, autonomo e sostitutivo dell'I .n.p.s. (come sarà

meglio precisato in prosieguo), ed in relazione perciò al solo

trattamento pensionistico dell'assicurazione generale obbligatoria. La sfera di operatività di tale norma è perciò diversa da quella dell'art. 37 1. 28 luglio 1961 n. 830; e d'altro canto la successiva

legge sul fondo autoferrotramvieri 29 ottobre 1971 n. 889 richia

ma con l'art. '1-6, espressamente, detto art. 37, né include nella

previsione dell'art. 43, di abrogazione di alcune norme della 1.

830/61, il medesimo art. 37 (in tutto o in parte).

Devesi, perciò, esaminare l'ultimo motivo sulla pretesa illegitti mità costituzionale dell'art. 37, 5° comma, 1. 830/61 circa il

termine di -decadenza idi 5 anni dalla domanda giudiziale (oltre

quello idi- 180 giorni come precisato circa ài primo mezzo), per le

prestazioni del fondo autoferrotramvieri; in quanto inferiore al

termine pnesorizionale di 10 anni dell'art. 58 1. 30 aprile 1969 n.

153, e per contrasto con gli art. 3, 35, 36 e 38 Cost. Già questa Suprema corte, con la sentenza 28 gennaio 1983, n. 788 della sezione lavoro, ha ritenuto la manifesta infondatezza della stessa

questione in quanto la determinazione del termine di minor durata effettuata dal legislatore in relazione alla speciale materia e disciplina di tale fondo non comporta in concreto, per la

ragionevole misura con cui le esigenze della normativa speciale sono state al riguardo soddisfatte, una ingiustificata e pregiudizie vole diversità di trattamento degli iscritti a detto fondo rispetto agli assicurati della gestione generale I.n.p.s., in sé e per quanto attiene alla tutela del lavoro, nonché al diritto ad una retribuzio ne adeguata e alla previdenza e assistenza per vecchiaia e

invalidità.

Le sezioni unite ritengono pure di confermare tale orientamen

to, precisando peraltro, in ordine alla diversità di trattamento e

di disciplina fra le due forme previdenziali, le seguenti ulteriori

argomentazioni.

Il sistema di previdenza per gli autoferrotramvieri ha origini nella 1. 30 giugno 1906 n. 272, per l'iscrizione del personale addetto all'eseircizio privato di strade ferrate alla « cassa » cui era

affidata, all'epoca, l'assicurazione facoltativa per l'invalidità e la vecchiaia. Le successive 1. 14 luglio 1912 n. 835 e di. Igt. 25 marzo 1919 n. 467 estesero tale obbligo di iscrizione a tutti gli agenti di ruolo di ferrovie e tramvie (private e comunali, urbane ed extraurbane); ed anzi con il d.l. 467/19 venne istituito il « fondo speciale per la previdenza degli addetti ai pubblici servizi di trasporto », avente all'epoca, anche per mezzo del regolamento di cui al r.d. 30 settembre 1920 n. 1538, natura integrativa dell'assicurazione generale obbligatoria.

Già con il r.d!. 19 ottobre 1923 n. 2311, però, il fondo assunse la struttura « sostitutiva » dell'assicurazione generale obbligatoria; e questa fu confermata dal d.l. Igt. 28 maggio 1945 n. 402 pur prevedendo tale ultima normativa un rapporto di parziale riassi curazione fra fondo e gestione dell'assicurazione generale, con lo

scopo di limitare: i rischi a carico del fondo stesso.

Ferma, però, detta caratteristica di forma « sostitutiva » dell'as

sicurazione, altra caratteristica del fondo è stata (ed è) quella di

garantire delle prestazioni previdenziali (pensioni di vecchiaia, invalidità ordinaria, invalidità privilegiata, superstiti, ecc.) su base « retributiva ». Esse vengono ancorate al metodo di determinazio ne non secondo i criteri versati ed accreditati per ciascun agente, ma in relazione alla misura dello stipendio ed all'anzianità di

servizio, in quanto i contributi sono versati in misura proporzio nale agli stipendi e sono poi utilizzati col sistema tecnico-finan

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

ziario della « ripartizione ». Tale specificazione è determinante

perché comporta la distinzione dal sistema assicurativo della « capitalizzazione ». Infatti con tale ultimo metodo i contributi sono determinati in base a calcoli statistico-attuariali con riguardo alle possibilità del verificarsi del rischio in un ciclo molto esteso di esercizi, costituendosi cosi un'organizzazione di mezzi finanzia ri per far fronte ai rischi. Nel sistema della « ripartizione », invece, l'onere delle prestazioni da corrispondere in un esercizio è

ripartito fra tutti gli assicurati, in modo che le prestazioni non sono più in funzione dei contributi versati, ma sono questi ultimi che variano in dipendenza dell'ammontare delle prestazioni effet

tivamente corrisposte o da corrispondere nel corso dell'esercizio; e l'ente assicuratore svolge la funzione di mero distributore delle entrate percepite. Tale metodo, necessariamente, si attua con i

contributi percentuali sulle retribuzioni, e quindi comporta prestazioni pure su base retributiva.

Devesi subito precisare che, in confronto con tale metodo « retributivo » — sempre attuato nella gestione del fondo — nella assicurazione generale obbligatoria ha trovato applicazione, fino al 1° maggio 1968, soltanto il sistema di calcolo della pensione c.d. « contributivo » basato cioè sull'ammontare, opportunamente riva

lutato, dei contributi complessivamente accreditati; quindi ai sensi del d.p.r. 27 aprile 1968 n. 488 (in attuazione della delega di cui

alla J. 18 marzo 1968 n. 238) peir il periodo 1° maggio 1968-31

luglio 1976 vi era facoltà di scelta fra di più favorevole fra i

trattamenti e cioè quello « contributivo » precedente a quello « retributivo » istituito da tale d.pjr., ma previsto soltanto da

epoca successiva al 31 luglio 1976; infine, dopo tale data è io

vigore il nuovo metodo c.d. « retributivo », e cioè collegato con

l'anzianità contributiva e con la retribuzione pensionabile (d.p.r.

488/68 e nuove 1. 30 aprile 1969 n. 153, 14 aprile 1974 n. 114, 3

giugno 1375 n. 160). Da tali elementi consegue la natura del tutto diversa di

disciplina e di trattamento fra le due forine assicurative, costi

tuendo quella del fondo, anche in applicazione delle successive 1.

28 dicembre 1952 n. 445, 28 luglio 1961 n. 830 e 29 ottobre 1971

n. 889, un sistema di gran lunga migliore — nel suo unitario

complesso — .di quello deU'assiourazicKne generale obbligatoria. Basterà precisare, con riferimento alla pensione di anzianità,

che, secondo la normativa del fondo, la base retributiva è costituita dalla retribuzione relativa all'ultimo anno di servizio

(art. 20 e 21 1. 830/61 e art. 5 e 17 1. 889/71 circa le voci

pensionabili); che essa è valutata fino ad un massimo di 9/10 del suo ammontare per 36 anni di servizio utile; ed è pari a tanti

quarantesimi di tale retribuzione per quanto sono gli anni di servizio utile, entro il predetto limite di 9/10.

Al contrario, nell'assicurazione generale obbligatoria, la pensio ne è rapportata agli 80/100 (invece che 90/100), per 40 anni di servizio (in luogo di 36), della retribuzione pensionabile annua

rilevata a norma dell'art. 12 1. 30 aprile 1969 n. 153 e determina ta ai sensi dell'art. 3 1. 29 maggio 1982 n. 297 (media dei 5 anni;

applicazione del tetto massimo previsto; calcolo della settimana media e del numero delle settimane costituenti la anzianità

assicurativa; coefficiente di moltiplicazione fisso per ottenere la

pensione mensile lorda su 13 mesi). as» Dall'analisi dei due sistemi di calcolo della pensione si evince,

perciò, che il trattamento a carico del fondo di previdenza autoferrotramvieri è del tutto autonomo e più favorevole di

quello erogato a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, perché la retribuzione è assunta senza limite di « tetto », ed è

riferita agli ultimi dodici mesi di servizio, che sono indubbiamen te più favorevoli della media degli ultimi cinque anni; inoltre il

trattamento speciale « sostitutivo » garantisce la pensione fino ad

un massimo del 90 % della retribuzione pensionabile, rispetto al l'80 % liquidato dall'assicurazione generale obbligatoria.

Tale migliore trattamento è, perciò, direttamente derivante dal metodo di determinazione proporzionale dei contributi secondo le retribuzioni percepite, e cioè su tutti i compensi che costituiscono

il corrispettivo dell'opera prestata (v. art. 5 e 17 1. 889/71), tranne esplicite esclusioni; ed esso viene perciò a consistere nelle

prestazioni aventi natura ed origine « retributiva ». Questa carat

teristica è, a sua volta, dipendente dalla natura dell'opera dei

dipendenti delle aziende di trasporto, dotata di « stabilità » (v. r.d. 8 gennaio 1931 n. 148), e fornita di quella disciplina e di

quelle garanzie, costituenti un corpus unitario ed autonomo e che

hanno dato vita ad una categoria di personale molto simile, nel

trattamento complessivo, a quello degli enti pubblici (sul carattere

autonomo del fondo v. già sent. 24 luglio 1968 n. 2690, id., Rep. 1968, voce Previdenza sociale, n. 257).

Pertanto, in connessione con tali particolari note distintive del

trattamento del fondo, rivestono anche una specifica giustificazio ne le varie norme che — come quella dell'art. 37, 5° comma, in

questione — ed in altre numerose previsioni (es. art. 18 1.

830/61, 15, 23, 27, 28, 34, 35, 41 1. 889/71) — prevedono delle

ipotesi di decadenza per l'esercizio delle pretese dei dipendenti {o

superstiti) nei confronti del fondo.

Invero esse rispondono al fine di assicurare il regolare funzio namento della gestione, ad individuare tempestivamente la misura del beneficio spettante, a determinare esattamente il numero dei

beneficiari, gli oneri e le aliquote contributive, in modo da

garantire la proporzionalità fra risorse del fondo ed erogazioni, in relazione alla struttura economico-finanziaria già delineata. Ciò

comporta anche — è bene precisare — la diversità fra il fondo in questione che è « sostitutivo » e la cassa di previdenza marinara, avente, invece, natura soltanto « integrativa » dell'assi curazione generale obbligatoria; e ciò rileva ai fini della natura delle prestazioni della cassa, necessariamente accessorie e connes se a quella della stessa assicurazione generale obbligatoria, e per la cui disciplina, che pure prevede una norma di decadenza (art. 96 1. 27 luglio 1967 n. 658) è stata sollevata al riguardo questione di legittimità costituzionale (ord. 10 maggio 1977 Trib. S.M.

Capua Vetere, id., 1978, I, 1332). Ma la diversa natura del fondo in esame esclude qualunque identità di tale questione, per la estraneità di ogni possibile riferimento alle norme dell'assicura zione generale obbligatoria.

In conclusione il termine di decadenza di cui all'art. 37, 5° comma, 1. 28 luglio 1961 n. 830 trova la propria {ragione nelle particolarità distintive e nel più favorevole trattamento previden ziale del fondo, rispetto alla disciplina ed al trattamento dell'assi curazione generale obbligatoria. Pertanto esso non è in contrasto con l'art. 3 Cost., né con le altre norme costituzionali invocate perché non implica violazione dei principi di uguaglianza, essen dovi diversità di situazioni, e neppure può costituire lesione della tutela del lavoro, della retribuzione equa e proporzionata, e del diritto alle assicurazioni sociali, in confronto al diverso termine di prescrizione dell'art. 58 1. 153/69, inerente solo alle forme previdenziali previste, o connesse, per assicurazione generale ob bligatoria.

Devesi ripetere che il diverso metodo di calcolo, e versamento dei rispettivi contributi, comporta una sostanziale diversità dei metodi di accertamento ed erogazione delle corrispondenti presta zioni fra le due suddette forme assicurative e quindi giustifica la diversa normativa in esame. In conclusione anche l'eccezione di illegittimità costituzionale è manifestamente infondata e va disat tesa.

Il ricorso viene respinto. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 15 maggio 1984, n. 2947; Pres. Bologna, Est. Sensale, P. M. La Valva (conol. diff.); Omoncainare (Aw. Pesce) c. Min. finanze (Aw. dello Stato Fiumara). Conferma App. Trieste 6 maggio 1981.

Dogana — Trasporto internazionale di merci — Convenzione di Ginevra 15 gennaio 1959 — « Carnet TIR » — Esonero dal pagamento dei diritti doganali — Nozione di perimento per forza maggiore (L. 12 agosto 1962 n. 1517, ratifica ed esecuzio ne della convenzione doganale -relativa al trasporto intemazio nale delle merci coperte con libretto TIR adottata a Ginevra il 15 gennaio 1959, art. 16).

Dogana — Spedizione in cauzione delle merci — Inosservanza del termine di presentazione alla dogana di destinazione —

Presunzione di immissione al consumo — Eventi successivi —

Irrilevanza — Fattispecie (D.p.r. 23 gennaio 1973 n. 43, t.u. delle disposizioni legislative in materia doganale, art. 36, 37, 141, 145).

Nel regolare i trasporti internazionali di merci coperti da carnet TIR, l'art. 16 della convenzione di Ginevra del 15 gennaio 1959 (ratificata e resa esecutiva in Italia con l. 12 agosto 1962 n. 1517) concede l'esonero dal pagamento dei diritti e delle tasse normalmente esigibili quando la merce sia perita per causa dovuta a forza maggiore, avuto riguardo alle norme dell'ordinamento interno che regolano il perimento dovuto a tale causa. (1)

Nell'ipotesi di spedizione per ulteriori operazioni doganali da una

dogana ad un'altra, dietro rilascio della bolletta di cauzione, la mancata presentazione delle merci alla dogana di destinazione

fa presumere la definitiva immissione in consumo delle merci, a nulla rilevando che in un momento successivo allo scadere del termine assegnato per la presentazione si verifichi un'ipotesi di esclusione della presunzione di immissione delle merci in

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