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sezioni unite civili; sentenza 15 maggio 1998, n. 4918; Pres. La Torre, Est. Ianniruberto, P.M.Dettori (concl. conf.); Inps (Avv. Iovino, Lironcurti) c. Soc. Coca Cola Italia (Avv. Margiotta,Cifelli). Cassa Trib. Verona 17 febbraio 1995 e decide nel meritoSource: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 6 (GIUGNO 1998), pp. 1781/1782-1787/1788Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192630 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
siano da restituire al ricorrente (in esse comprese quelle even
tualmente versate per contributo personale dell'anno 1992 in
base all'impugnata cartella esattoriale) si impone il rinvio della
causa, per le relative valutazioni, ad altro giudice di merito, indicato nel Tribunale di Ivrea.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 15 mag
gio 1998, n. 4918; Pres. La Torre, Est. Ianniruberto, P.M.
Dettori (conci, conf.); Inps (Avv. Iovino, Lironcurti) c.
Soc. Coca Cola Italia (Avv. Margiotta, Cifelli). Cassa Trìb.
Verona 17 febbraio 1995 e decide nel merito.
Previdenza e assistenza sociale — Contributi — Condono —
Effetti — Condono con riserva — Esclusione — Conseguen ze (D.l. 29 marzo 1991 n. 103, disposizioni urgenti in materia
previdenziale, art. 9 bis; 1. 1° giugno 1991 n. 166, conversio
ne in legge, con modificazioni, del d.l. 29 marzo 1991 n. 103). Previdenza e assistenza sociale — Contributi — Condono —
Effetti sui giudizi in corso (D.l. 29 marzo 1991 n. 103, art.
9 bis; 1. 1° giugno 1991 n. 166).
La domanda di condono accolta dall'ente previdenziale fa veni
re meno ogni contestazione sull'esistenza del debito contribu
tivo, mentre la riserva di accertamento negativo del debito
apposta alla domanda stessa è priva di effetti (ma non incide
sulla validità della domanda di condono). (1) Per i giudizi pendenti, se l'adempimento degli obblighi previsti
dalla disciplina sui condoni avvenga in corso di causa, il giu dice dovrà dichiarare cessata la materia del contendere, men
tre nel caso in cui, secondo la previsione della legge, il sog
getto obbligato possa avvalersi del pagamento dilazionato, il
giudice dovrà limitarsi ad emettere un provvedimento mera
mente processuale, che non pregiudica la pretesa originaria dell'ente nel caso di decadenza del soggetto obbligato dai be
nefici del condono. (2)
(1-2) Le sezioni unite della Cassazione hanno risolto il contrasto in
sorto in seno alla sezione lavoro sull'ammissibilità o meno del c.d. con
dono con riserva; il contrasto, in particolare era sorto dopo che la Cas
sazione con sentenza 26 marzo 1997, n. 2684 (Foro it., 1997, I, 2135, con nota di richiami, e Mass. giur. lav., 1997, 477, con nota di Rondo, Contrasto nella giurisprudenza di Cassazione sulla riserva in tema di
condono previdenziale) — uniformandosi a Cass. 20 ottobre 1987, n. 7739 (Foro it., Rep. 1987, voce Previdenza sociale, n. 514) — aveva dichiarato l'inammissibilità del condono con riserva, discostandosi così
da una «consolidata» contraria giurisprudenza di legittimità (Cass. 25
maggio 1995, n. 5744, id., Rep. 1995, voce cit., n. 434; 16 aprile 1994, n. 3641, id., Rep. 1994, voce cit., n. 414; 10 giugno 1992, n. 7103,
id., Rep. 1992, voce cit., n. 407; 27 dicembre 1991, n. 13958, ibid., n. 187; 23 febbraio 1988, n. 1932, id., Rep. 1988, voce cit., n. 1059; 6 febbraio 1987, n. 1227, id., Rep. 1987, voce cit., n. 529).
Il principio affermato nella riportata sentenza, anche se pronunciato con riferimento al condono di cui al d.l. 103/91, convertito in 1. 166/91, è «estensibile» a tutti i condoni previdenziali che si sono succeduti nel
corso degli anni; negli ultimi tempi si è fatto un ricorso continuo all'i
stituto del condono, trasformandosi il condono da mezzo eccezionale
ad «ordinario» strumento di reperimento di risorse finanziarie (sul pun
to, Rondo, Brevi riflessioni sul c.d. condono previdenziale, in Mass.
giur. lav., 1997, 966). Sugli effetti processuali della domanda di condono, Id., Condono
previdenziale regolarmente perfezionato: effetti sul giudizio pendente
per accertamento del debito contributivo, in Giust. civ., 1996, I, 265
ss.; Scardili/), Crisi della sanzione e condono previdenziale, in Lavoro
e prev. oggi, 1990, 1802; Dalmasso, Brevi considerazioni sugli effetti
processuali e sostanziali della domanda di condono, in Giur. merito,
1995, 12; L. Carbone, Il condono previdenziale, in Dir. e pratica lav.,
1991, 1173.
Il Foro Italiano — 1998.
Svolgimento del processo. — Con il ricorso al Pretore di Ve
rona la Coca Cola s.r.l. conveniva in giudizio l'Inps allo scopo di sentirlo condannare alla restituzione di lire 50.482.000, versa
ta in forza dell'art. 12 1. 153/69, in quanto tale versamento — relativo a premi pagati per polizze assicurative stipulate in
favore dei dipendenti a copertura di rischi vari — aveva dato
luogo ad un indebito oggettivo. Il pretore, con sentenza 12 gennaio 1993, rigettava la domanda.
A seguito di appello della società, il Tribunale di Verona, con sentenza 13 gennaio-17 febbraio 1995, in riforma della de
cisione impugnata, accoglieva la domanda della Coca Cola s.r.l.
Osservava il tribunale che la domanda di condono previden ziale non era incompatibile con quella di accertamento negativo della pretesa contributiva e che, nella specie, vi era stata una
esplicita dichiarazione di riserva di ripetizione contenuta nella
lettera di trasmissione della domanda di condono; che il versa
mento non era stato volontario, né frutto di una libera determi
nazione, in quanto posto in essere dopo la notifica di un verba
le di accertamento dell'Inps, avverso il quale aveva proposto
ricorso, mentre la domanda di condono era stata proposta a
seguito dell'entrata in vigore del d.l. 338/90.
Per l'annullamento di tale sentenza ricorre l'Inps con tre mo
tivi. La Coca Cola s.r.l. resiste con contriricorso. Le parti han
no depositato memorie.
La causa è stata assegnata alle sezioni unite per risolvere il
contrasto, insorto in seno alla sezione lavoro, sulla legittimità della riserva apposta alla domanda di condono previdenziale.
Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo — denun
ziando violazione e falsa applicazione dell'art. 9 bis d.l. 29 marzo
1991 n. 103, convertito nella 1. 1° giugno 1991 n. 166, dell'art.
12 1. 30 aprile 1969 n. 153, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c. — assume l'Inps che i versamenti contributivi sulle somme ver
sate a finanziamento di casse, fondi e assicurazioni per garanti re prestazioni integrative a favore dei dipendenti o loro familia
ri, se effettuati prima dell'entrata in vigore della 1. 166/91, re
stano salvi, indipendentemente dal fatto che siano stati eseguiti
volontariamente, essendo tutto questo finalizzato allo scopo di
salvaguardare le prestazioni liquidate e la posizione contributi
va dei lavoratori, pur mirando il legislatore, con la legge inter
pretativa, ad eliminare tutto il contenzioso esistente sull'assog
gettabilità a contribuzione delle somme, in precedenza indicate.
Con il secondo motivo — denunziando omessa, insufficiente
e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controver
sia — assume l'Inps che il tribunale ha inteso valutare il non
richiesto requisito della volontarietà dei versamenti effettuati pri ma della 1. n. 166 sulla base di quanto ha disposto Corte cost.
26 luglio 1988, n. 885 (Foro it., Rep. 1988, voce Previdenza
sociale, n. 415), non considerando che per questa, siffatto ele
mento ricorre solo se nel caso di «versamenti effettuati dietro
perentorie ingiunzioni dell'Inps o sotto la coazione di procedure
giudiziarie o addirittura di atti esecutivi», mentre l'istituto, co
me era suo preciso dovere, aveva notificato il verbale di accer
tamento ispettivo con la contestazione dell'omissione contribu
tiva e l'avvertimento delle sanzioni previste in caso di mancato
pagamento. Con il terzo motivo — denunziando violazione e falsa appli
cazione dell'art. 2033 c.c., con vizio di motivazione — rileva
il ricorrente che il tribunale ha fatto riferimento al principio dell'indebito oggettivo, quasi che il pagamento fosse senza tito
lo, mentre nella specie, in forza delle disposizioni in vigore al
l'atto dell'accertamento ispettivo, non poteva non attivarsi per la riscossione dei contributi.
2. - La prima questione che, in ordine logico, è sottoposta all'esame di questa corte, riguarda gli effetti del condono, del
quale si è avvalso la controricorrente, la quale l'ha però accom
pagnata con la contestuale riserva di azione in sede contenziosa
della legittimità dell'obbligo contributivo.
Su questo specifico problema vi è delineato un contrasto nel
la giurisprudenza di questa corte.
Secondo l'orientamento prevalente di legittimità, di cui alle
sentenze 25 maggio 1995, n. 5744 (id., Rep. 1995, voce cit.,
n. 434), 16 aprile 1994, n. 3641 (id., Rep. 1994, voce cit., n.
414), 10 giugno 1992, n. 7103 (id., Rep. 1992, voce cit., n.
407), 27 dicembre 1991, n. 13958 (ibid., n. 187), 23 febbraio
1988, n. 1932 (id., Rep. 1988, voce cit., n. 1059), formatosi
in relazione a provvedimenti di condono previsti da leggi diver
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1783 PARTE PRIMA 1784
se, la domanda di regolarizzazione ed il successivo pagamento dei contributi e delle minori sanzioni, non incide sul contenzio
so precedentemente instaurato, non implicando rinuncia tacita
alla domanda giudiziale di accertamento, e non consente quindi al giudice di dichiarare cessata la materia del contendere per effetto della presentazione della domanda di condono.
Viceversa, secondo l'orientamento di cui alle sentenze 20 ot
tobre 1987, n. 7739 (id., Rep. 1987, voce cit., n. 518) e 26 mar
zo 1997, n. 2684 (id., 1997, I, 2135), la normativa sulla regola rizzazione agevolata degli inadempimenti contributivi, non di
versamente da quella analoga in materia tributaria, ha la finalità
essenziale di consentire la pronta esazione delle somme dovute
attinenti all'area della finanza pubblica e di eliminare il conten
zioso, con i relativi aggravi economici ed organizzativi; quindi,
pur in difetto di espressa previsione di legge al riguardo, deve
escludersi la facoltà dell'interessato di apporre alla domanda
di regolarizzazione una riserva relativa all'accertamento giudi ziale sull'effettiva esistenza del debito contributivo. Tale riser
va, se di fatto apposta, resta priva di effetti, senza incidere sul
l'efficacia della domanda di ammissione ai benefici previsti dal la legge.
Entrambi gli orientamenti in contrasto concordano nel ritene
re che la riserva, formulata in sede di domanda di condono, di richiedere l'accertamento giudiziale, o di far salvo quello in
corso, sull'effettiva debenza dei contributi, non priva di effica
cia la domanda di regolarizzazione. In particolare la sentenza
2684/97 afferma che si tratta di condizione risolutiva espressa,
apposta dal contribuente ad un atto unilaterale, la quale vitia
tur sed non vitiat, ossia, pur essendo priva di effetti, consente
comunque il conseguimento dei benefici.
3. - Gli argomenti posti a sostegno del primo orientamento, che ha avuto seguito anche in parte della dottrina, possono es
sere così riassunti.
a) La domanda di regolarizzazione ed il successivo pagamen to di quanto previsto dal provvedimento di condono non priva la parte dell'interesse all'accertamento sulla debenza dei contri
buti, né può essere considerata in alcun modo antitetica all'in
staurazione o alla prosecuzione del giudizio, in quanto una pro nuncia di accertamento sull'inesistenza dell'obbligo consentirebbe
la ripetizione di quanto pagato, mentre, in caso di pronuncia affermativa dell'obbligo, la richiesta di condono svolgerebbe la
sua efficacia riparatrice in ordine al ritardato pagamento dei
contributi, consentendo di pagare le minori sanzioni previste dal provvedimento di regolarizzazione agevolata (Cass. 13958/91,
id., Rep. 1992, voce cit., n. 187). ti) L'art. 2, 14° comma, 1. 638/83 dispone che le domande
di regolarizzazione delle posizioni contributive possano essere
proposte anche in pendenza del giudizio, ma tale norma, non
avendo disposto l'estinzione della controversia dopo la presen tazione della domanda, ha implicitamente ammesso la possibili tà che l'ente previdenziale, in caso di soccombenza, debba resti
tuire le somme riscosse con il condono, così confermando che
il legislatore non ha voluto affatto interferire sullo svolgimento del contenzioso in sede giurisdizionale; ciò a differenza di quanto avviene in caso di condono tributario, per il quale l'art. 23 d.l.
10 luglio 1982 n. 429 convertito in 1. 7 agosto 1982 n. 516, ha previsto espressamente l'incidenza sui giudizi in corso dell'i
stanza di applicazione del provvedimento di clemenza, dispo nendo l'estinzione dei giudizi medesimi (Cass. 13958/91, cit., e 5744/95, id., Rep. 1995, voce cit., n. 434).
e) Il legislatore con i provvedimenti in questione ha persegui to lo scopo di consentire all'Inps di introitare immediatamente
tutte le somme di denaro che gli erano dovute a titolo di contri
buti non versati mediante il condono delle sanzioni civili, ed
eliminare così il contenzioso pretestuosamente dilatorio, ma non
quello di permettere che esso incassasse somme che, a buon
diritto, non gli erano dovute; di qui la necessità di stabilire che
le domande di regolarizzazione presentate non avrebbero avuto
influenza sui contenziosi in corso, con la conseguenza che in
ipotesi di vittoria dei pretesi contribuenti l'ente dovrebbe resti
tuire quanto riscosso senza titolo con lo strumento del condono
(Cass. 7103/92, cit.). d) Non si può desumere l'intangibilità del pagamento fatto
in sede di condono sul rilievo che sarebbe illogico consentire
per un verso la contestazione del debito e per l'altro verso con
cedere agevolazioni che presuppongono l'inadempimento. Un
11 Foro Italiano — 1998.
tale rilievo postula infatti come unica finalità del provvedimen to legislativo l'eliminazione del contenzioso e non tiene conto
che tale finalità, certamente non assente dall'orizzonte del legis
latore, non è tuttavia né unica né esclusiva, affiancandosi all'al
tra volta a consentire all'istituto previdenziale la pronta perce zione dei contributi che esso ritiene dovuti ed anche delle som
me aggiuntive (determinate in misura ridotta), esonerandolo dalle
lungaggini e dagli aggravi delle procedure di riscossione.
Quest'ultima finalità, preminente nel sistema delineato dalle
norme, non è affatto incompatibile con la permanenza della
contestabilità giudiziaria dell'obbligazione contributiva, la cui
esclusione — incidendo su un diritto fondamentale — non può
presumersi ma deve risultare unicamente dalla legge (Cass.
7103/92, cit.). e) Con l'opposta soluzione il presunto debitore verrebbe mes
so in una situazione inammissibile, in quanto costretto a sce
gliere tra l'affrontare un giudizio, con il rischio di andare in
contro a conseguenze economicamente peggiori, ed il pagamen to delle somme previste con il condono, ma con la preclusione di ogni possibilità di ottenere in sede giudiziaria l'accertamento
negativo del preteso suo debito, donde la conseguenza che non
potrebbe essere escluso il dubbio di legittimità costituzionale, dato che il debitore verrebbe ad essere pesantemente condizio
nato nelle sue scelte.
f) Non si comprende perché in generale un soggetto è abilita
to a proporre, re melius perpensa, la domanda di ripetizione in caso di pagamento di importi non dovuti, mentre nell'ipotesi di condono gli sarebbe preclusa ogni contestazione circa la sus
sistenza del debito.
g) L'art. 8 d.p.r. 26 aprile 1957 n. 818 prevede che «i contri
buti o le quote di contributi . . . indebitamente versati non so
no computabili agli effetti del diritto alle prestazioni e della
misura di esse e sono rimborsabili al datore di lavoro anche
per la quota trattenuta al lavoratore, al quale deve essere resti
tuita», disposizione dalla quale si deve trarre la conclusione che
la contribuzione è dovuta solo nei casi previsti dalla legge e
che pertanto l'avvenuto pagamento a seguito di condono non
può precludere l'azione di accertamento negativo dell'obbligo. 4. - L'orientamento contrario espresso dalle sentenze 2684/97,
cit., e 7739/87, cit., ma che trova ampi consensi nella dottrina
e nella giurisprudenza di merito, si fonda sulle seguenti argo mentazioni.
a) La riserva, contenuta nella domanda di condono, di accer
tamento in sede giudiziale dell'esistenza dell'obbligo contributi
vo è inefficace in quanto si configura come condizione risoluti
va unilaterale apposta alla domanda non accettata dalla contro
parte, per cui tale condizione comunque non incide sulla
regolarità della richiesta di condono.
b) Quanto agli effetti della domanda di regolarizzazione sui
giudizi in corso, si rileva che, «in assenza di una esplicita previ sione legislativa, deve ritenersi che tale effetto estintivo non sia
automatico, ma possa eventualmente risultare, a seguito del
l'accertamento fattone dal giudice di merito, alla stregua dei
comportamenti processuali tenuti dalle parti, anche con riguar do all'intervenuta cessazione della materia del contendere, ov
vero alla sopravvenuta carenza di interesse a proseguire l'azio
ne»; dall'altro lato che non è necessaria un'esplicita previsione dell'estinzione dei giudizi in corso, «questa invero . . . risultan
do una conseguenza inevitabile all'esito del pagamento di quan to previsto dal condono».
c) Anche se le disposizioni sui condoni previdenziali non pre
vedono, come avviene per i condoni tributari, che in caso di
richiesta di regolarizzazione i giudizi in corso siano sospesi e
si estinguano a seguito della comunicazione dell'intervenuta li
quidazione definitiva, il silenzio del lesiglatore al riguardo non
è univoco; inoltre il fatto che vengano espressamente escluse
le spese legali dall'estinzione delle obbligazioni e degli oneri ac
cessori connessi con la denuncia ed il versamento dei contributi, «sottintende appunto l'estinzione delle relative procedure, po sto che, altrimenti, l'esclusione non avrebbe altra giustificazio ne dipendendo esclusivamente dalla soccombenza» (Cass. 2684/97, cit.).
d) Analoga è la ratio del condono previdenziale e di quello tributario perché entrambi intendono consentire la pronta esa
zione ed eliminare il contenzioso con i relativi aggravi economi
ci ed organizzativi. Ed infatti «il condono tende, per volontà
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
imperativa della legge e nell'interesse bilaterale del richiedente
e dell'amministrazione interessata, ad eliminare il contenzioso
assicurando all'ente pubblico l'immediata percezione di entrate
altrimenti sospese: consentire una domanda condizionata all'e
sito degli accertamenti, significa non assolvere alla prima delle
due esigenze, poiché evidentemente, siffatta riserva-condizione,
se consentita, diverrebbe ben presto clausola di stile ed ogni
provvedimento di condono non perverrebbe all'eliminazione delle
pendenze contenziose. Si risolverebbe pertanto in mero danno
per le amministrazioni, posto che queste perderebbero almeno
gran parte delle somme aggiuntive, senza trarre il beneficio prin
cipale dell'eliminazione delle contestazioni e in più restando espo ste a tutte le restituzioni conseguenti alle eventuali soccomben
ze» (cfr. Cass. 7739/87, cit.). 5. - Così delineati i termini del contrasto, ritengono queste
sezioni unite che la seconda delle soluzioni prospettate deve es
sere preferita. Nelle varie e numerose disposizioni, che nel tempo hanno re
golato il condono previdenziale, il legislatore ha costantemente
descritto la fattispecie come «regolarizzazione» della posizione debitoria nei confronti degli enti: orbene, se il primo criterio
che deve orientare l'interprete per cogliere la portata di una
legge è «quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse» (art. 12 disp. prel. c.c.), è evi
dente che, essendo quella espressione sinonimo di «definizio
ne», «sistemazione», «porre termine ad una pendenza», se ne
debba trarre la conseguenza che non è conciliabile con siffatta
finalità l'opinione, in forza della quale le parti possano essere
ancora abilitate ad esperire un'azione di accertamento negativo sull'esistenza dell'obbligazione, che invece secondo l'accezione
adottata dal legislatore dovrebbe essere non più contestata.
A questo elemento di carattere letterale non vale opporre che
in realtà la ratio legis sarebbe essenzialmente quella di consenti
re agli enti previdenziali, impossibilitati — come è dimostrato
dalla reiterazione nel tempo dei provvedimenti relativi — a com
battere l'evasione contributiva, di reperire in qualche modo i
fondi necessari per far fronte alle proprie finalità istituzionali, senza dover soggiacere alle lungaggini delle procedure di riscos
sione. Ed infatti, anche a voler ritenere che una delle finalità
è quella così descritta, non si comprende quale utilità possa avere
l'ente creditore nel ricevere a tacitazione della sua pretesa una
somma ridotta — e spesso in maniera notevole — rispetto a
quella che sarebbe dovuta in mancanza di condono, se poi la
somma dovrebbe essere restituita con l'aggiunta dei frutti e de
gli interessi legali dalla domanda di restituzione dell'indebito.
In proposito è il caso di ricordare che questa corte (Cass., sez.
un., 5 agosto 1994, n. 7269, id., 1994, I, 2661) ha ritenuto che
gli accessori del credito, di cui all'art. 2033 c.c., nel caso di
indebito contributivo, sono dovuti a far tempo dalla domanda
amministrativa, con la conseguenza che, ove volesse aderirsi al
la tesi qui contrastata, il soggetto interessato potrebbe chiedere
il condono ed all'atto del versamento delle somme — in misura
ridotta per effetto del condono — proporre contestualmente la
domanda di restituzione, che se accolta comporterebbe la possi bilità di ottenere anche il ristoro del danno derivante dalla mo
ra dell'ente. E, in una situazione del genere, non si comprende
quale utilità possa essere configurata per quest'ultimo, nono
stante le agevolazioni accordate alla controparte. In realtà, però, la ratio del condono è stata storicamente co
stituita anche da altre ragioni, quali, ad esempio, facilitare la
sistemazione debitoria a seguito dell'introduzione di modalità
di inasprimento delle sanzioni comminate per le omissioni con
tributive (cfr. relazione sul disegno di legge di conversione del
d.l. 12 settembre 1983 n. 463), agevolare imprese in crisi (art.
3, 2° comma, d.l. 29 marzo 1991 n. 103), proporre condizioni
più vantaggiose per la sistemazione di situazioni controverse per il caso di incertezze interpretative (art. 3, 1° comma, d.l. 29
marzo 1991 n. 103). In effetti, il condono può riguardare situa
zioni diverse, così da svolgere — più in generale — una funzio
ne incentivante il rientro nella legalità nei casi di evasione con
tributiva, alla risoluzione di posizioni debitorie controverse, al
l'estinzione di debiti, senza ricorrere ad azioni giudiziarie, pur se questi non siano contestati né nell'art, né nel quantum.
Ciò che unifica le situazioni più diverse è l'intento di offrire
al soggetto obbligato la scelta tra il mantenersi nella posizione di inadertipienza, comunque determinata o motivata, ovvero di
avvalersi della facoltà di estinguere la propria posizione debito
II Foro Italiano — 1998.
ria mediante un pagamento agevolato ed in tempi definiti. Per
questa ragione va dato credito all'opinione dottrinale che ricon
duce la fattispecie alla legislazione premiale, in forza della qua
le, a fronte del beneficio accordato, il debitore viene sollecitato
a definire la propria posizione mediante il pagamento di una
somma, diversa ed inferiore a quella dovuta, ma prefissata nel
la disciplina dello specifico condono.
Contro siffatta conclusione non vale osservare che, mentre
nel condono fiscale è sancita esplicitamente l'estinzione del giu
dizio, un effetto del genere non è previsto nel caso, che ne oc
cupa. A questo proposito è stato ricordato, per corroborare ta
le argomentazione, che il primitivo testo dell'art. 15 1. 23 di
cembre 1994 n. 724 — il quale, sia pur limitatamente al condono
agricolo, disponeva che «l'accoglimento della domanda di pa
gamento agevolato tiene luogo di una rinuncia reciproca alle
azioni legali» — non è stato mantenuto nella stesura definitiva
della predetta legge, traendosene la conseguenza che ancora una
volta il legislatore avrebbe voluto marcare la differenza del con
dono previdenziale rispetto a quello fiscale.
L'argomento, a parere di queste sezioni unite, non ha valore
determinante, in quanto la struttura del condono, per le consi
derazioni in precedenza svolte, non può non comportare il ve
nir meno della controversia sull'esistenza dell'obbligazione con
tributiva, per cui, se in occasione dei condoni fiscali, il legisla tore si è preoccupato di modulare, spesso in maniera diversa,
gli effetti sulle controversie pendenti, non per questo deve am
mettersi che nel caso di condono previdenziale possa restare in
vita una controversia, che non ha più ragion d'essere.
Per altro verso, non vi è dubbio che una differenza sostanzia
le tra i due istituti, in relazione al genere di interessi coinvolti, secondo un'opinione, diffusa nella più recente dottrina e fatta
propria, sia pure a diversi fini, da questa corte (Cass., sez. un., 7 novembre 1997, n. 10933, id., Mass., 1079), non ha fonda
mento, dato che la contribuzione prevideziale ha assunto sem
pre più nel tempo una natura «parafiscale», essendo intesa co
me prestazione imposta dalla legge a favore di un ente pubbli
co, per la realizzazione di un pubblico interesse e, quindi,
qualificabile come «imposta speciale» (perché colpisce solo de
terminate categorie o gruppi di persone, che possano anche non
avere alcun interesse alle prestazioni finanziate con tale contri
buzione). In questa prospettiva di assimilazione dei due tipi di
contributi è giustificata l'adozione di sistemi di riscossione simi
li a quelli propri del diritto tributario, come si è reso ancor
più evidente nella disciplina più recente, essendo stati previsti un sistema di versamento unitario sia per le imposte che per i contributi (art. 17 e 19 d.leg. 9 luglio 1997 n. 241), nonché
l'applicazione di identiche disposizioni in tema di liquidazione, accertamento e riscossione (art. 1 d.leg. 18 dicembre 1997 n.
462): da questo assetto normativo risulta allora ancor più raf
forzata l'idea che identico deve essere l'effetto del condono.
L'altra obiezione mossa alla tesi accolta può essere riassunta
nel duplice rilievo dell'esistenza di un principio generale di ripe tizione dell'indebito, operante anche nel caso in esame, nonché
di un dubbio di legittimità costituzionale della soluzione pro
spettata perché lesiva del diritto di difesa.
Orbene, sotto il primo profilo va detto che il pagamento ef
fettuato a seguito di condono non può mai dar luogo ad un
indebito, in quanto trae la sua ragion d'essere proprio nell'op zione da parte del soggetto, che si è fatto carico di tale paga
mento; del resto lo stesso art. 8 d.p.r. 818/57 espressamente
dispone che, trascorsi cinque anni dall'accertamento dell'inde
bito, le somme restano definitivamente acquisite alle gestioni dell'ente previdenziale, alle quali inizialmente erano state accre
ditate, donde deriva la conseguenza che, nella specifica materia, nemmeno la regola secondo cui l'ente non possa trattenere somme
non dovute ha valore assoluto.
Né si prospetta una possibile lesione del diritto di difesa con
tro la pretesa dell'ente.
Il soggetto che ritenga di non essere tenuto all'obbligo contri
butivo ha ampia possibilità di far valere le sue ragioni, sia op
ponendosi nelle sedi opportune alla domanda della controparte, sia — ove non voglia incorrere nelle sanzioni connesse al man
cato versamento — provvedendo nei termini al pagamento delle
somme pretese, in modo da restare pienamente libero di agire
per contestare la debenza delle somme e per la loro ripetizione. Ma una volta che abbia seguito la via del condono, proprio
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1787 PARTE PRIMA 1788
per la natura di questo, non ha più spazio per rimettere in di
scussione ciò che, per una scelta precisa ed assolutamente di
screzionale e per essersi avvalso di agevolazioni introdotte da
una legislazione premiale, deve invece essere inteso come definito.
Da ultimo, a conferma della soluzione accolta, è il caso di
ricordare che varie leggi, che hanno disciplinato il condono pre
videnziale, con una formula sostanzialmente simile, hanno di
sposto che «la regolarizzazione estingue . . . ogni onere acces
sorio con esclusione delle spese legali e degli aggi connessi alla
riscossione dei contributi a mezzo ruoli esattoriali» (art. 2, 5°
comma, d.l. 12 settembre 1983 n. 463 convertito in 1. 11 no
vembre 1983 n. 638; art. 3, 6° comma, d.l. 25 febbraio 1987
n. 48; art. 4, 8° comma, d.l. 30 dicembre 1987 n. 536 converti
to in 1. 29 febbraio 1988 n. 48; art. 2, 10° comma, d.l. 9 otto
bre 1989 n. 338 convertito in 1. 7 dicembre 1989 n. 389; art.
3, 8° comma, d.l. 29 marzo 1991 n. 103 convertito in 1. 1°
giugno 1991 n. 166). Orbene, siffatta previsione sottolinea che,
fra gli oneri posti a carico del soggetto tenuto al pagamento dei contributi, sono comprese anche le spese relative a procedi menti giudiziari pendenti, per cui non si giustifica come l'impli cita previsione della definizione di questi giudizi possa essere
compatibile con la possibilità di mantenere in vita quelli già
pendenti o di promuoverne di nuovi al fine di sentir accertare
l'inesistenza del debito.
Per concludere sul punto, ritiene la corte che, una volta eser
citata la facoltà di avvalersi del condono, non è possibile agire — o proseguire nell'azione — per contrastare la pretesa credito
ria dell'ente, al fine di richiedere la restituzione delle somme
versate.
6. - L'ulteriore interrogativo, che si pone, riguarda il valore
dell'apposizione alla domanda di condono della riserva circa
l'esito dell'accertamento negativo giudizialmente richiesto in or
dine alla pretesa contributiva.
Sul punto la corte non ha ragione per discostarsi dall'opinio
ne, già espressa da Cass. 2684/97, cit., che ha ravvisato in detta
clausola una condizione risolutiva unilateralmente apposta alla
domanda, in linea di principio inefficace se non è accettata dal
l'altra parte. Ma quello che più rileva è che, essendo le modali
tà ed i termini di adempimento delle obbligazioni nascenti dal
condono predisposte dalla legge, non è possibile che quegli ele
menti possano essere diversamente regolati, per cui, di fronte
ad un contenuto vincolato, se non può essere consentita l'intro
duzione di elementi estranei alla previsione legale, a maggior
ragione non è possibile apporre una clausola di riserva, che in
sostanza impedirebbe la realizzazione di quelli che sono gli sco
pi del condono, ossia l'eliminazione di ogni contestazione o pen denza tra le parti, con una più rapida riscossione delle somme
previste. Tale clausola, ove sia apposta, non può pertanto inci
dere sulla validità della domanda di condono e, quindi, vitiatur
sed non vitiat.
7. - L'ultimo aspetto del problema riguarda gli effetti della
domanda di condono sui giudizi pendenti o che dovessero esse
re successivamente proposti in forza della clausola di riserva.
Ritiene la corte che la sola domanda di condono non può
avere alcun effetto, fino a quando da parte dell'ente creditore
non sia data risposta affermativa alla richiesta. Non vi è dub
bio, infatti, che l'ente non possa sottrarsi al suo compito istitu
zionale se il condono possa essere accordato, allo scopo di evi
tare che questo diventi strumento per realizzare situazioni non
conformi alla legge: si pensi all'ipotesi di denunzia di rapporti di lavoro inesistenti o che ex lege non può essere costituito,
allo scopo di ottenere la costituzione di posizioni contributive
non consentite e per conseguire utilità comunque non dovute.
Fatta questa premessa, nel momento in cui la risposta del
l'ente sia positiva, si instaura tra le parti un nuovo regolamen
to, in forza del quale, all'obbligazione iniziale si sovrappone
un diverso assetto conforme alle condizioni previste dalla legge
sul condono: data la sostituzione legale del titolo debitorio, ces
sa ogni ragione di controversia sulla questione dell'esistenza e
consistenza dell'obbligazione contributiva originaria, per cui, nel
caso di avvenuto adempimento di quanto è prescritto dalla spe
cifica normativa sul condono, non può che aversi una decisione
di cessazione della materia del contendere.
Può accadere, peraltro, che venga prevista una rateizzazione
di modo che il pagamento del dovuto possa avvenire in un pe
riodo abbastanza ampio (l'art. 1, comma 227, 1. 23 dicembre
1996 n. 662, ad esempio, consente che all'estinzione del debito
Il Foro Italiano — 1998.
si provveda in trenta rate bimestrali). Se, come si è detto in
precedenza, con il condono si pone in essere tra le parti un
diverso titolo obbligatorio, che, da un lato, chiude ogni contro
versia sulla pretesa contributiva dell'ente e, dall'altro, offre al
contribuente la possibilità di estinguere la sua posizione debito
ria mediante un pagamento agevolato, la conseguenza è che il
giudizio non può essere definito se non con un provvedimento meramente processuale. Qualora poi il soggetto obbligato non
adempia al versamento delle somme dovute alle scadenze previ ste dalla legge, egli decade dal beneficio (art. 2, 12° comma, d.l. 483/83, ma un tale effetto è implicito nella previsione della
sospensione delle esecuzioni in corso subordinata al puntuale
pagamento delle somme dovute alle scadenze previste: v. art.
1, comma 230, della richiamata 1. 662/96), mentre la definizio
ne del precedente giudizio non può in ogni caso compromettere
l'originaria pretesa creditoria dell'ente — non più contestabile
a seguito dell'accoglimento della domanda di condono — che
pertanto sopravvive alla caducazione dai benefici già accordati.
Nell'ipotesi, infine, della parte, che, dopo aver adempiuto a
tutte le condizioni per l'operatività del condono, successivamente
proponga domanda di accertamento negativo del debito estinto,
questa non può che essere rigettata. 8. - Sulla base delle considerazioni svolte queste sezioni unite
ritengono di dover concludere nei seguenti termini.
La domanda di condono accolta dall'ente previdenziale fa ve
nir meno ogni contestazione sull'esistenza del debito contributi
vo, mentre la riserva di accertamento negativo del debito appo sta alla domanda stessa è priva di effetti, in quanto vitiatur
sed non vitiat.
Accolta la domanda, la parte ha la possibilità di estinguere la sua obbligazione mediante il versamento del dovuto secondo
le agevolazioni previste dalla normativa dei singoli condoni, ma, in caso di decadenza dal beneficio, l'ente potrà agire per il pa
gamento delle somme originariamente dovute.
Deve essere rigettata la domanda di accertamento negativo
dell'obbligo contributivo proposta dopo che siano stati adem
piuti gli obblighi previsti dalla disciplina sui condoni.
Per i giudizi pendenti, se l'adempimento di tali obblighi av
venga in corso di causa, il giudice dovrà dichiarare cessata la
materia del contendere, mentre nel caso in cui, secondo la pre visione della legge, il soggetto obbligato possa avvalersi del pa
gamento dilazionato, il giudice dovrà limitarsi ad emettere un
provvedimento meramente processuale, che non pregiudica la
pretesa originaria dell'ente nel caso di decadenza del soggetto
obbligato dai benefici del condono.
9. - Nella controversia in esame, la società ha proposto do
manda di ripetizione delle somme già versate a seguito del con
dono e, quindi, la sentenza impugnata deve essere cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, ai sensi
dell'art. 384 c.p.c. la corte, decidendo nel merito, rigetta la do
manda proposta dalla Coca Cola Italia s.r.l.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 14 mag
gio 1998, n. 4882; Pres. Genghini, Est. Ianniruberto, P.M.
Giacalone (conci, conf.); Giacomini (Avv. L. Esposito) c.
Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense (Avv. De
Stefano). Conferma Trib. Novara 11 ottobre 1994.
Avvocato — Previdenza forense — Pensione di vecchiaia —
Attualità di iscrizione all'albo professionale — Necessità (L.
20 settembre 1980 n. 576, riforma del sistema previdenziale
forense, art. 2, 3; 1. 2 maggio 1983 n. 175, interpretazione autentica dell'art. 24 ed integrazione e modifica di norme del
la 1. 20 settembre 1980 n. 576, art. 2; 1. 11 febbraio 1992
n. 141, modifiche ed integrazioni alla 1. 20 settembre 1980
n. 576, in materia di previdenza forense e di iscrizione alla
cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli avvocati
e procuratori).
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