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Sezioni unite civili; sentenza 15 novembre 1960, n. 3036; Pres. Chieppa P., Est. Marletta, P. M.Tavolaro (concl. conf.); Ospedale di S. Salvatore di Santhià (Avv. Romagnoli, Piazzano,Malinverni, Cervati) c. Pincetti (Avv. Casamassima, Verdoja, Giorgianni)Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 1 (1961), pp. 47/48-53/54Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174709 .
Accessed: 28/06/2014 08:00
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47 PARTE PRIMA 48
meno fondamentale e legislativamente garantito e ricono
sciuto, relativo alla verità ed al diritto che ciascuno ha di non vedersi attribuite, contrariamente al vero, frasi ed opinioni mai espresse, quale che ne sia il contenuto, ed a prescindere del tutto dalla circostanza relativa al se il contenuto mede simo possa, o debba, considerarsi comunque lesivo dell'onore, del prestigio, della reputazione, o del decoro dell'interessato
che, se mai, può fare insorgere un ulteriore limite, e dare, correlativamente, nei congrui casi, luogo ad ulteriori e di verse sanzioni.
La Corte di merito ha, perciò, potuto correttamente
escludere, da un canto, che la frase attribuita dalla colonna sonora del film al Bernuzzi per lodare la bontà del pro dotto Manzotin e raccomandarne l'uso alle massaie, fosse
comunque lesiva della sua reputazione, o del suo onore e, dall'altro, non meno correttamente ne ha potuto, ciono
nostante, ordinare ugualmente la soppressione dal film sul riflesso, appunto, che, secondo la Corte aveva accertato, la frase stessa mai era stata pronunziata dal Bernuzzi, che
neppure ne aveva autorizzato l'attribuzione a se mede
simo, in applicazione del diritto alla verità sulle proprie opinioni, che non può non essere riconosciuto, come ugual mente assoluto e tutelabile erga omnes, a prescindere dal contenuto dell'opinione del tutto ortodossa, morale e le
cita, ma nondimeno non vera e non corrispondente, perciò, ai fatti ed al pensiero non meno lecito del supposto autore.
Anche il secondo mezzo va, pertanto, respinto, con con
seguente rigetto del ricorso principale. (Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.
II
La Corte, ecc. — La Corte, confermando la propria giurisprudenza, ritiene di ammettere l'esistenza e la giuridica tutelabilità di un diritto alla riservatezza.
La pubblicazione in oggetto, che sotto il titolo falsa mente suggestivo « Mia cognata Claretta Petacci» annun ziava e andò infatti svolgendo la narrazione della vita in tima di Clara Petacci, ad opera di « una persona di famiglia che fino all'ultimo le visse accanto », dimostra subito, nei termini di tali premesse, l'aspetto e la portata di un fatto illecito. Violato è appunto il diritto alla riservatezza, il
quale costituisce nel vario campo di altre tipiche figure uno dei fondamentali diritti della personalità : accanto al diritto al nome, al diritto alla propria immagine, al diritto morale di autore, ecc., si pone qui il diritto al riserbo, come facoltà
giuridica di escludere ogni invadenza estranea dalla sfera della propria intimità personale e familiare. Tale diritto
esige di essere rispettato con ampiezza autonoma e assoluta, non soggetta se non alle limitazioni che appaion imposte per ragioni di ordine pubblico o di superiore interesse so ciale. Anche questo invero, non soltanto i diritti indivi duali espressamente previsti da specifiche norme legislative, è un riflesso essenziale della personalità, che occorre proteg gere contro l'usurpazione e gli abusi dei terzi : non avrebbe senso altrimenti sancire un diritto alla propria immagine (fisica), se poi dovesse ammettersi, siccome non testual mente inibita, l'intrusione nella propria vita privata, cioè infine e ancora l'abuso dell'immagine complessiva, con cretamente atteggiata ed esteriorizzata, della propria per sona e carattere. In realtà il diritto all'immagine, il diritto al nome e più propriamente il diritto al segreto epistolare, al segreto documentale e professionale non sono che manife stazioni particolari del più ampio diritto alla riservatezza : del diritto, ripetesi, di impedire che i fatti appartenenti alla sfera dell'intimità individuale siano resi pubblici e divul
gati con qualsiasi mezzo. Nè veramente può dirsi che manchi nella legge il ricono
scimento specifico e positivo di un diritto così concepito e denominato. A questo proposito gli appellanti citano giu stamente la legge 4 agosto 1955 n. 848, con cui fu data rati fica e piena esecuzione alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, appro vata dal Consiglio d'Europa e firmata a Roma il 4 novem bre 1950, e fu data inoltre esecuzione al protocollo addi
zionale, firmato a Parigi il 20 marzo 1952. L'art. 8 di detta
convenzione sancisce appunto il diritto di ognuno al ri
spetto della vita privata e familiare ( Tonte personne a droit au respect de sa vie privée et familiale, de son domicile et de sa correspondance).
Oltreché invadenti, le lamentate pubblicazioni sono anche offensive nei riguardi di ciascuno degli appellanti. Il prof. Francesco Saverio Petacci vi è rappresentato e letteralmente designato come un uomo abulico ; « un uomo clie non prendeva alcuna decisione senza prima interpel lare la moglie » ; cbe zittiva non appena sua moglie, dispotica e autoritaria, gli « lanciasse un'occhiata che non ammet teva repliche » ; un uomo « con il collo tirato fra le spalle ».
Questo è veramente un discorso spregiativo e umiliante. Miriam Petacci è definita « la piccola idiota di casa ».
L'epiteto, forse pure familiar*! e scherzoso, ma staccato così fuori dall'ambiente della sua avvertita significazione e posto in fredda evidenza a illustrare una fotografia della
Petacci, sollecita nel lettore estraneo l'impressione imme diata di un apprezzamento soltanto negativo.
Più grave e decisamente malevola è la caratterizza zione della Persichetti. Si legge che essa era il grande regi sta dei figli ; che nessuno parlava se lei non dava il via con un cenno della testa ; che interveniva nelle faccende amorose di
Clara, di Marcello, di Miriam ; che sceglieva i pretendenti di
quest'ultima. Si narra un episodio da cui è chiaramente desumibile che la Persichetti aveva sollecitato la figlia Clara a chiedere denaro all'amante. Si dice ancora che i conti in casa erano per lei motivo di gravi ansie e che l'intervento di qualche facoltoso amico servì in parte a risolvere la crisi ; che la Persichetti aveva occhi da roditore. Questa figura di donna, di moglie e di madre è così arida e sgradevole da offendere profondamente la reputazione di colei che è in tal modo rappresentata, con l'arbitrio di un giudizio perso nale e senza facoltà di difesa.
Nè alla violazione della riservatezza nè, tanto meno, a questi abusi ulteriori può darsi nella specie la giustifica zione del diritto di cronaca : manca invero evidentemente il presupposto dell'interesse pubblico. Come s'è visto, è un racconto di avvenimenti privati e personali ( « La vita intima di Clara Petacci »), svoltisi nell'ambiente riservato della famiglia, senza manifestazioni o ripercussioni che li trasferissero su un piano diverso. Erronea dunque e in concludente è l'eccezione proposta dagli appellati, di una facoltà di indagine e di promulgazione che spetterebbe loro in virtù del contrapposto diritto di pensiero e di parola :
quest'ultimo evidèntemente non potrebbe consistere nella facoltà di offendere l'altrui diritto. Certamente l'indagine e la critica storica, anche nelle forme talvolta modeste delle loro concrete manifestazioni hanno le proprie esigenze, ma
neppure ciò importa il sacrificio, in nome di esse, del diritto
personale alla riservatezza : persino quando si tratta di
persone appartenenti alla vita pubblica di un Paese, il segreto della loro vita intima deve essere rispettato : non si dà
luogo, neppure in tal caso, alla facoltà delle indiscrezioni e alle invadenze della pubblica curiosità. (Omissis)
Per questi motivi, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezioni unite civili ; sentenza 15 novembre 1960, n. 3036 ; Pres. Chieppa P., Est. Makletta, P. M. Tavolaro
(conci, conf.) ; Ospedale di S. Salvatore di Santina
(Avv. Romagnoli, Piazzano, Malinverni, Cervati) c. Pincetti (Avv. Casamassima, Verdoja, Giorgianni).
(Conferma Trib. Vercelli 20 febbraio 1959)
Contratti ayrari — Fondi rustici danneggiati da ecce zionali avversità atmosferiche — Riduzione del canone di affitto — Attribuzioni «Ielle autorità amministrative (L. 10 ottobre 1957 n. 921, ridu zione dei canoni di affitto di fondi rustici danneggiati dalle eccezionali avversità atmosferiche, art. 2).
Contratti agrari — Riduzione del canone di affitto
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 50
—- Determinazione delle zone danneggiate e «Ielle
percentuali di riduzione — Prova contraria —
Inammissibilità (L. 10 ottobre 1957 il. 921, art. 2). Contratti agrari —- Riduzione del canone di affitto
-— Determinazioni delle commissioni tecniche pro vinciali — Sottrazione al sindacato giurisdizionale — Incostituzionalità della normativa — Questione manifestamente infondata (L. 10 ottobre 1957 n. 921, art. 2; Costituzione della Repubblica, art. 3, 42, 113).
Spetta al Ministero dell'agricoltura e delle foreste determinare le provincie in cui le eccezionali avversità atmosferiche considerate dalla legge 10 ottobre 1957 n. 921 si sono
verificate, e dalle commissioni tecniche provinciali determi nare le zone danneggiate e le percentuali delle riduzioni
dei canoni di affitto ; ma non compete ne al Ministero nè alle commissioni la determinazione degli eventi giusti
ficativi delle riduzioni. (1) La determinazione da parte della commissione tecnica provin
ciale delle zone ritenute danneggiate e della percentuale di
riduzione del canone applicabile, è vincolante per la se
zione specializzata per l'equo canone, e pertanto nessuna
prova in contrario è ammissibile. (2) È manifestamente infondata la questione di illegittimità co
stituzionale dell'art. 2 della legge 10 ottobre 1957 n. 921. (3)
La Corte, ecc. — Coi tre mezzi di ricorso, anche in rela
zione alla cennata questione di costituzionalità, si muovono
censure alla impugnata sentenza, che discendono tutte dal
l'interpretazione della legge 10 ottobre 1957 n. 921. È opportuno notare che questa ebbe origine dal testo
unificato di due distinte proposte di legge : l'una (n. 2899) che, per favorire le aziende danneggiate nell'annata 1955-56
dalle avversità atmosferiche, proponeva l'applicazione, da
parte delle sezioni specializzate per l'equo fitto, delle ridu zioni determinate dalle commissioni tecniche provinciali ; l'altra (n. 3098) che, allo stesso fine, proponeva riduzioni
percentuali dei canoni, nella misura dal 20 al 40%, secondo i danni subiti nelle varie zone, da determinarsi dalle com
missioni tecniche provinciali, previa indicazione da parte del Ministero dell'agricoltura delle provincie in cui dette zone ricadevano. Il testo fu discusso e poi approvato con modifiche dalla Commissione della Camera in sede legisla tiva e poi dalla Commissione del Senato.
La legge, il cui titolo è così concepito « Riduzione dei canoni di affitto di fondi rustici danneggiati dalle ecce zionali avversità atmosferiche », all'art. 1 autorizzava il
Ministro dell'agricoltura e foreste a « stabilire », con suo
decreto, le provincie nelle quali si fossero, in tutto o in
parte del loro territorio, verificate « eccezionali avversità
atmosferiche o calamità naturali » per l'annata agraria 1956-57. Stabiliva lo stesso art. 1 che le commissioni tecni che provinciali, di cui all'art. 2 legge 18 agosto 1948 n.
1140, dovevano determinare riduzioni dei canoni di affitto
dei fondi rustici, nella misura dal 20 al 40% per ciascuna zona agricola danneggiata a seconda dei danni subiti.
Da tali disposizioni si ricavava : a) che al Ministro per l'agricoltura e foreste fu solo demandato di stabilire le pro vincie che, in tutto o in parte del loro territorio, fossero state colpite da eccezionali avversità atmosferiche o cala mità naturali incidenti sull'annata agraria 1956-57 ; b) che le commissioni tecniche provinciali, nell'ambito delle pro vincie stabilite dal Ministro, dovevano delimitare le zone
colpite, ripartendole secondo i danni riportati ed in quanto
(1-3) Non si rinvengono precedenti. La sentenza confermata, Trib. Vercelli 20 febbraio 1959, è riassunta in Foro it., Rep. 1959, voce Contratti agrari, nn. 169, 170.
La legge 10 ottobre 1957 n. 921 è pubblicata su Le Leggi, 1957, pag. 1272.
Sul carattere non vincolante per la seziono specializzata del tribunale delle determinazioni della commissione tecnica
prov., in materia di perequazione del canone, ai sensi dell'art. 4, 2° comma, legge 3 giugno 1949 n. 321, vedi Cass. 10 marzo 1955, n. 723, Foro it., Rep. 1955, voce cit., n. 316.
comportassero riduzioni perceutuali (li fatto comprese tra il 20 e il 40%.
Il Ministro per l'agricoltura emise il decreto 9 novembre 1957 così concepito : « art. 1 - Le disposizioni previste dalla
legge 10 ottobre 1957 n. 921 si applicano nelle zone delle
seguenti Provincie, colpite dalle alluvioni, dalle mareggiate, dalle gelate e dalle altre calamità naturali verificatesi, con
ricorso eccezionale nel particolare ambiente, nell'annata
agraria 1956-57 : ...» (segue l'elenco delle provincie). È subito da rilevare che nessuna determinazione degli
eventi giustificativi delle riduzioni dei canoni è contenuta nella legge nò fu comunque commessa al Ministro. Quella anzi cennata, di cui all'art. 1 decreto min., esorbita certa mente dalla delega legislativa e, tutt'al più, può at tribù ir
visi valore esemplificativo e certo non vincolante per le commissioni tecniche provinciali, chiamate ad accertare
quali zone fossero rimaste danneggiate, ed in qual misura,
dagli eventi qualificati dalla lègge (eccezionali avversità
atmosferiche o calamità naturali) come giustificativi delle stabilite riduzioni. Come si ricava dalla chiara lettera della
legge, ed è confermato dal dibattito svoltosi avanti la
Commissione legislativa della Camera, il carattere determi
nativo delle avversità atmosferiche considerate nella pre visione legislativa fu solo quello dell'eccezionalità di esso in rapporto alla zona colpita ; carattere che, peraltro, può considerarsi insito anche nell'altra categoria di eventi, le
calamità naturali. Ne deriva che, contrariamente a quanto
pur si prospetta dal patrocinio del ricorrente Ospedale eoi
primo mezzo, non è da parlare di disapplicabilità del decreto
ministeriale, per non avere elencato tutte le avversità atmo
sferiche e tutte le calamità naturali, affidando tale compito alle commissioni tecniche provinciali e di conseguente ille
gittimità ed inapplicabilità delle determinazioni della com
missione per essersi questa arrogato tale potere. Il decreto ministeriale è legittimo per ciò che rientra
nel compito demandato al Ministro, che era quello di de
terminare ed indicare le provincie in tutto o in parte col
pite da quegli eventi naturali precisati esclusivamente dalla
legge. Nell'ambito della previsione legislativa, furono chia
mati, il Ministro e le commissioni provinciali, a stabilire, entro le rispettive sfere di attribuzione, le provincie e le
singole zone di queste colpite da quegli eventi naturali. I
predetti due organi non furono quindi investiti del potere di determinare gli eventi giustificativi delle riduzioni, bensì
del mandato, interpretando ed applicando la legge, di sta
bilire le provincie e, in particolare poi, le zone di queste in cui gli eventi considerati dalla legge s'erano verificati, con un'incidenza di danni compresa nelle percentuali pre viste. In conseguenza cade anche la censura, di cui al primo mezzo, che la commissione abbia assunto quale causa di
riduzione anche le pioggie persistenti, cumulando così i
danni da avversità eccezionali con quelli da avversità
normali, perchè se, come nella specie, le piogge, per la
loro persistenza e quantità, siano venute ad assumere, in
rapporto alle normali precipitazioni atmosferiche d'una de
terminata zona, carattere d'eccezionalità, provocando danni
rientranti nell'ambito della misura prevista, è evidente che
si ricade in una delle ipotesi di eventi naturali che ammet
tono l'applicazione della legge. Non ha poi fondamento la censura che la commissione,
per la determinazione delle zone colpite, si sia esclusiva
mente riferita alle circoscrizioni territoriali di ciascun co
mune, avendo l'impugnata sentenza chiarito al riguardo che, con riferimento al territorio di ciascun comune, furono
invece determinate le zone danneggiate, con specifica esclu
sione di quelle rimaste indenni.
Al problema interpretativo dell'art. 2 si ricollegano le
censure formulate col secondo e col terzo mezzo.
L'art. 2 è così concepito : « I canoni di affitto dei fondi
rustici danneggiati, e compresi nelle provincie stabilite nel
decreto min., sono ridotti nella misura determinata dalla
commissione tecnica provinciale ai sensi dell'art. 1.
« In caso di controversia, la sezione specializzata per
l'equo canone, di cui alla legge 18 agosto 1948 n. 1140 e
successive modifiche e integrazioni, applicherà la riduzione
It. Foro Italiano — Volume KXXXTV — Parte 7-4.
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PARTE PRIMA
determinata dalla commissione tecnica provinciale ai sensi
dell'art. 1 ».
La chiara dizione del 2° comma di detto articolo porta anzitutto a ritenere, senza dubbi di sorta, che la sezione
specializzata diversamente da quanto è stabilito in tema di perequazione dei canoni (art. 4, 2° comma, legge 3 giu gno 1949 n. 321) deve, in caso di controversia, applicare
puntualmente la riduzione stabilita dalla commissione
tecnica provinciale per la zona in cui ricade il fondo in
controversia, non essendo le determinazioni della commis sione puramente indicative, perchè possano essere prese a
base del suo giudizio dal magistrato, ma strettamente vincolanti.
Riguardo al 1° comma un'interpretazione puramente letterale porterebbe a ritenere che siano suscettibili di ri
duzione i canoni relativi a fondi rustici che soddisfino alla
duplice condizione : a) che siano danneggiati ; b) che siano
compresi nelle provincie stabilite col decreto ministeriale. Dal che discenderebbe, secondo la tesi del ricorrente
Ospedale che si debba, da chi invoca la riduzione, dare la
prova che il fondo sia stato effettivamente danneggiato oltre a rientrare in una o più delle provincie menzionate nel decreto del Ministro.
Tale interpretazione è però resistita da un complesso di
argomenti, desumibili dalla stessa lettera della norma ma, soprattutto, dalla mens legis che chiaramente si ricava dalle discussioni svoltesi avanti le Commissioni legislative delle due Camere. La stretta interpretazione letterale porterebbe, anzitutto, ad un insanabile contrasto del contenuto del l'art. 2, 1° comma, con quanto stabilito nell'art. 1.
Invero fondi danneggiati e compresi nelle provincie sarebbero anche quelli pei quali si accertasse l'esistenza del danno, entro i limiti minimi stabiliti dall'art. 1, ancor ché ubicati in quelle zone delle provincie che non avessero formato oggetto di determinazione delle commissioni tec niche provinciali, in quanto queste le avessero ritenute non
danneggiate. 11 necessario coordinamento dei due articoli
porta quindi a ritenere che, nonostante la poco felice locu
zione, per « fondi danneggiati » si siano voluti intendere,
piuttosto, tutti i fondi compresi nelle zone dalle commis sioni tecniche provinciali ritenute danneggiate, e per le quali sia stata determinata la percentuale di riduzione del canone
applicabile : di tal che per tali fondi la riduzione prevista sia in ogni caso applicabile, e neppure sia ammissibile, come si sostiene dal ricorrente, la prova contraria che il fondo non sia rimasto danneggiato.
L'interpretazione è sorretta da varie altre considerazioni. I due progetti di legge, sia nel testo primitivo ria in
quello unificato, e tutto il dibattito svoltosi avanti le com missioni delle due Camere, univocamente confermano che si mirò ad istituire un sistema di riduzione dei canoni di
pronta ed automatica attuazione, che servisse a dare im mediato sollievo agli agricoltori colpiti dalle avversità ve rificatesi nell'anno agrario 1955-56 e ripetutesi nel 1956-57. Fu difatti sollecitata anche l'estensione delle provvidenze alla prima delle dette due annate. Tutti i parlamentari furono poi concordi (ed anche al Senato, dove molte obie zioni erano state sollevate al testo della legge) sulla urgente necessità di apprestare uno strumento legislativo, ancorché
imperfetto, che potesse immediatamente operare (si noti che la legge in data 10 ottobre, pubblicata nella Gazzetta
uff. del 21 ottobre ed entrata in vigore il successivo giorno 22, assegnò, da tale data, un termine di appena 20 giorni al Ministro per l'emanazione del suo decreto e di due mesi alle commissioni per la emissione delle loro determinazioni) non rispondendo allo scopo l'istituto della perequazione, rispetto al quale le determinazioni delle commissioni tecni che non sono vincolanti pel magistrato e non sempre ave vano preso in considerazione quegli eventi in relazione ai
quali si voleva provvedere. E, pur non volendo sopprimere la tutela giurisdizio
nale, si mirò ad ottenere che il sistema di riduzione dei ca noni avesse larga applicazione automatica, limitando al minimo possibile i casi di ricorso al magistrato.
Posto che a tali evidenti finalità il sistema fu predi sposto, è pure evidente che esse sarebbero rimaste del tutto
frustrate se, di volta in volta, potesse eseguirsi il preventivo accertamento sull'effettività del danno. L'ipotesi di fondo
indenne, e pur compreso in zona dichiarata colpita e sog
getta alla riduzione dei canoni, può considerarsi, pratica
mente, da escludere, posto che l'approfondimento delle
indagini da parte delle commissioni tecniche e l'adeguato frazionamento delle varie zone colpite, con esatta delimi
tazione delle stesse, rende, in concreto, impossibile l'even
tualità di errori.
Non può dubitarsi, comunque, che il sistema istituito
dalla legge in esame sia quello avanti accennato, non
nuovo peraltro nella recente legislazione agraria. La legge 23 dicembre 1955 n. 1309, emanando provvidenze ecce
zionali per gli agricoltori e pastori della Sardegna vittime
della siccità, stabilì (art. 2) una riduzione del 30% dei
canoni di affitto per l'annata 1954-55 pei terreni dei co
muni della Sardegna che, per ciascuna provincia, • veni
vano determinati dal prefetto, sentito il capo dell'ispetto rato prov. agrario. Analogamente, con la legge 16 maggio 1956 n. 497 e per la stessa annata agraria, furono ridotti
i canoni di affitto, per la parte convenuta in olive, in olio
e con riferimento ai prezzi di tali generi, dei territori dei
comuni di talune regioni indicate dalla legge ; territori da
determinarsi per ciascuna provincia dalle commissioni tecni
che provinciali, chiamate pure a determinare per ciascuna
zona agricola, sulla base dell'incidenza sulla produzione olearia delle particolari avversità atmosferiche e delle straor
dinarie infestazioni parassitarie, riduzioni percentuali com
prese tra il 20 e il 30%. D'altro canto è pur da considerare che, se la sezione
specializzata potesse essere investita dell'accertamento sul
l'effettività del danno per un fondo compreso in zona che
abbia formato oggetto delle determinazioni della commis
sione, manifesta sarebbe ed inconciliabile la contraddizione
di apprezzamento e di giudizio che si verificherebbe tutte
le volte che, pur avendo accertato un danno in misura
diversa da quella stabilita nelle determinazioni della com
missione tecnica, sarebbe tenuto il magistrato ad appli care, nel caso, la misura di riduzione predeterminata per la zona, per il valore vincolante espressamente conferito
ad essa dalla legge. E, in tal modo, il valore delle determi
nazioni della commissione resterebbe circoscritto alla mi
sura dei danni, mentre la formula dell'art. 1 chiaramente
dimostra che alla commissione si demandò un accertamento
che uniformemente operasse i suoi effetti nelle zone deter
minate e per la sussistenza e per il quantum dei danni veri
ficatisi.
Altra conferma si ricava anche dall'art. 3, 1° comma, con cui fu fatto salvo il diritto dell'affittuario alla mag
giore riduzione prevista dagli art. 1635 e 1636 cod. civile.
Se, per la perdita dei frutti in misura superiore al 50% si fece espressamente salva all'affittuario l'azione ordinaria, subordinata quindi al normale sistema probatorio, diverso
fu nell'intendimento del legislatore il sistema di riduzione, uniformemente operata per zone sulla base delle indagini affidate al Ministro e alle commissioni tecniche provinciali.
Si sostiene, col terzo mezzo, che, ove l'art. 2 si inter
pretasse nel senso affermato dalla sentenza impugnata, risulterebbe palese l'incostituzionalità della norma, per vio lazione degli art. 3, 42 e 113 Costituzione, per la disparità di trattamento che si creerebbe tra i cittadini, perchè si
opererebbe una espropriazione senza indennizzo e si sot
trarrebbe la determinazione della commissione tecnica, pur essendo lesiva di diritti, al sindacato giurisdizionale.
La questione di incostituzionalità è manifestamente infondata sotto tutti gli aspetti.
In relazione al principio di eguaglianza sancito nel l'art. 3 Cost., perchè esso non esclude che il legislatore possa dettare norme diverse per regolare situazioni diverse e che, proprio a tal fine, sia stata emanata la legge in
esame, per non creare disparità di trattamento e ristabilire
quell'equilibrio economico che appariva turbato da ecce zionali eventi naturali. Proprio con l'intendimento di rag giungere un'assoluta uniformità di criteri fu predisposto l'accertamento dei terreni danneggiati, e della entità di tali danni, attraverso l'attività di un organo tecnico parti
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53 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 54
colarmente qualificato, e super partes, che oggettivamente
potesse addivenire ad accertamenti unici per situazioni
analoghe. Nè è conferente il richiamo all'art. 42, che non ammette
l'espropriazione della privata proprietà senza indennizzo
perchè la legge in controversia è predisposta al solo fine di
ristabilire l'equilibrio di quei rapporti sinallagmatici tur
bati da eccezionali eventi.
11 riferimento all'art. 113 Cost, ancor meno è confe
rente, non essendo dalla legge n. 921 esclusa la tutela giu risdizionale, che viene solo determinata nel sistema e nelle
finalità delle provvidenze legislative in cui l'attività del
l'organo giurisdizionale resta inquadrata. Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 12 novembre 1960, n. 3026 ; Pres. Lonardo P., Est. Malfitano, P. M. Silocchi
(conci, conf.) ; Galli (Avv. Makis) c. Procuratore gen. Corte appello Milano.
(Conferma App. Milano 10 dicembre 1958)
Fallimento — Emissione tli assegni a vuoto — Ria
bilitazione — Inammissibilità (R. d. 16 marzo 1942
n. 267, disciplina del fallimento, art. 142, 145 ; r. d. 21
dicembre 1933 n. 1736, disposizioni sull'assegno ban
cario, art. 116).
La riabilitazione civile non può essere concessa al fallito che
sia stato condannato per il reato d'emissione d'assegni a vuoto. (1)
La Corte, ecc. — Con l'unico motivo del ricorso si cen
sura la sentenza impugnata per avere ritenuto che il fallito, il quale sia stato condannato per il reato di emissione di
assegno a vuoto previsto dall'art. 116, n. 2, r. decreto 21
dicembre 1923 n. 1736, non possa ottenere la riabilitazione
di cui all'art. 142 legge fall., trattandosi di condanna per delitto contro la fede pubblica. Al riguardo si deduce che
la Corte di merito avrebbe erroneamente considerato che i
reati contro la fede pubblica, il patrimonio, l'economia
pubblica, l'industria e il commercio, ai quali fa riferimento
l'art. 145 legge fall., sarebbero quelli previsti non soltanto
dal codice penale, ma anche dalle leggi penali speciali. La censura è infondata.
Esattamente la Corte di merito ha ritenuto che la con
danna per il delitto di assegno a vuoto rientri tra quelle indicate nell'art. 145 legge fall. Invero, i reati contro il
patrimonio, la fede pubblica, l'economia pubblica, l'indu
stria e il commercio, ai quali si riferisce il citato articolo,
sono quelli previsti dal codice penale e dalle leggi penali
speciali, in quanto il legislatore ha fatto tale riferimento
per indicare la obiettività giuridica dei reati che ostano
alla concessione della riabilitazione. La generica formula
zione adoperata non autorizza ad escludere dalla previsione normativa le condanne per i reati in essa indicati, previsti dalle leggi penali speciali.
Questa interpretazione trova conferma nella conside
razione che il legislatore, quando ha voluto riferirsi ai
libri, ai titoli, ai capi, e agli articoli del codice penale, li ha
espressamente richiamati, come negli art. 216, 2° comma, e 228 legge fall. D'altra parte, non è concepibile che il legis latore abbia voluto escludere dalle condanne ostative alla
riabilitazione, quelle per i reati previsti dalle leggi penali
speciali aventi la identica oggettività giuridica di quelli
previsti dal codice penale, perchè, in tale caso, si verifiche
rebbe l'assurdo che potrebbe ottenere la riabilitazione il
(1) In senso conforme Cass. 1J luglio I960 n. 1876, Foro it., Mass., 410; contra Trib. Ravenna 5 marzo 1059, iti., I960, T, 343, con ampia nota di richiami.
fallito, condannato per un furto previsto dal codice penale militare e non quello condannato per un furto previsto dal
codice penale. Nò può dubitarsi che il reato di emissione di assegno
a vuoto rientri tra quelli contro la fede pubblica. Questa Corte suprema in sede penale ha affermato che l'assegno bancario, essendo un titolo formale di credito pagabile a
vista e trasmissibile per girata, contiene virtualmente in
sè la capacità alla circolazione e quindi è atto a ingannare la fede pubblica (v. sent. 4 maggio 1950, Foro it., Rep.
1950, voce Assegno bancario, nn. 96, 97).
Costituisce, pertanto, reato contro la fede pubblica, non
solo la contraffazione o l'alterazione di un assegno bancario, ma anche la emissione di esso senza che esistano presso il
banchiere i fondi corrispondenti. La emissione di assegno a vuoto lede la fede pubblica
intesa come sicurezza delle relazioni giuridiche, perchè ha
la possibilità di trarre in inganno un numero indeterminato
di persone e tradisce la fiducia che la generalità delle per sone ripone nel documento rappresentativo del denaro esi
stente presso il banchiere.
Per questi motivi, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione II civile ; sentenza 3 novembre 1960, n. 2973 ;
Pres. Fibbi P., Est. Pkatillo, P. M. Pedace (conci,
conf.) ; Till (Avv. Agneletto) c. Sik (Avv. Basa).
(Gassa App. Trieste 2 aprile 1958)
Servitù — Passaggio con carri — Passaggio a piedi — Differenze — Fattispecie — Applicazione del
diritto civile austriaco.
Sia per il diritto civile italiano sia per quello austriaco la ser
vitù di passaggio con carri (nella specie : acquistata per
usucapione) non comporta anche la facoltà di paesaggio a piedi. (1)
(1) I piedi e i carri.
1. — Chi abbia una servitù di passaggio carraio non ha
il diritto di passare anche a piedi, senza il carro : così ha deciso
la Cassazione (riformando una sentenza della Corte di app. di
Trieste 2 aprile 1958, Foro it., Rep. 1958, voce Servitù, n. 180), e
col nostro codice non la si può facilmente contraddire. Infatti il
modo come si esercita il diritto sul fondo servente, purché non
si tratti d'una semplice modalità, è l'elemento che imprime una data fisionomia alla servitù e la contraddistingue special mente rispetto alle altre servitù della stessa categoria (v. mie
Servitù, in Commentario, Bologna, 1960, 3a ed., sub art. 1063 ;
nonché la mia nota in Giur. it., 1959, I, 2, 704 e ivi cit.). Perciò
il diritto di passaggio pedonale e il diritto di passare con carri
sono due servitù diverse : se una persona, avendo il primo, esercita il secondo e viceversa, compie atti che non riguardano l'estensione della sua servitù ma che caratterizzano una ser
vitù differente : come dire che in tal caso, quale che sia l'onere
derivante dal mutamento del modo d'esercizio, cioè anche se
l'onere diminuisce, quella persona è sempre fuori dall'esercizio
del proprio diritto. Le servitù di passaggio sono tante e furono anche per i
romani più d'una, a differenza dalla servitù di veduta, che è
sempre la stessa comunque si goda, attraverso finestre o balconi
o terrazze (v. in Giur. it., cit., la ragione di ciò : le finestre, i
balconi, ecc. non caratterizzano, le une rispetto agli altri, la
servitù, poiché sono sul fondo dominante). Passare da uno ad
un altro tipo di carro è mutamento d'una semplice modalità
d'esercizio della stessa servitù (mie Servitù, cit., pag. 291, sub
art. 1067), mentre l'andare a piedi invece che su un qualche
mezzo di trasporto costituisce mutamento del modo d'esercizio,
cioè della servitù (non così se il passaggio pedonale è pura
mente strumentale rispetto a quello carraio : v. la sentenza
annotata).
2. — Questa decisione sembrerebbe contraria alla tradizione
romanistica.
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