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Sezioni unite civili; sentenza 15 novembre 1960, n. 3036; Pres. Chieppa P., Est. Marletta, P. M....

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Sezioni unite civili; sentenza 15 novembre 1960, n. 3036; Pres. Chieppa P., Est. Marletta, P. M. Tavolaro (concl. conf.); Ospedale di S. Salvatore di Santhià (Avv. Romagnoli, Piazzano, Malinverni, Cervati) c. Pincetti (Avv. Casamassima, Verdoja, Giorgianni) Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 1 (1961), pp. 47/48-53/54 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23174709 . Accessed: 28/06/2014 08:00 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.151 on Sat, 28 Jun 2014 08:00:53 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezioni unite civili; sentenza 15 novembre 1960, n. 3036; Pres. Chieppa P., Est. Marletta, P. M.Tavolaro (concl. conf.); Ospedale di S. Salvatore di Santhià (Avv. Romagnoli, Piazzano,Malinverni, Cervati) c. Pincetti (Avv. Casamassima, Verdoja, Giorgianni)Source: Il Foro Italiano, Vol. 84, No. 1 (1961), pp. 47/48-53/54Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174709 .

Accessed: 28/06/2014 08:00

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47 PARTE PRIMA 48

meno fondamentale e legislativamente garantito e ricono

sciuto, relativo alla verità ed al diritto che ciascuno ha di non vedersi attribuite, contrariamente al vero, frasi ed opinioni mai espresse, quale che ne sia il contenuto, ed a prescindere del tutto dalla circostanza relativa al se il contenuto mede simo possa, o debba, considerarsi comunque lesivo dell'onore, del prestigio, della reputazione, o del decoro dell'interessato

che, se mai, può fare insorgere un ulteriore limite, e dare, correlativamente, nei congrui casi, luogo ad ulteriori e di verse sanzioni.

La Corte di merito ha, perciò, potuto correttamente

escludere, da un canto, che la frase attribuita dalla colonna sonora del film al Bernuzzi per lodare la bontà del pro dotto Manzotin e raccomandarne l'uso alle massaie, fosse

comunque lesiva della sua reputazione, o del suo onore e, dall'altro, non meno correttamente ne ha potuto, ciono

nostante, ordinare ugualmente la soppressione dal film sul riflesso, appunto, che, secondo la Corte aveva accertato, la frase stessa mai era stata pronunziata dal Bernuzzi, che

neppure ne aveva autorizzato l'attribuzione a se mede

simo, in applicazione del diritto alla verità sulle proprie opinioni, che non può non essere riconosciuto, come ugual mente assoluto e tutelabile erga omnes, a prescindere dal contenuto dell'opinione del tutto ortodossa, morale e le

cita, ma nondimeno non vera e non corrispondente, perciò, ai fatti ed al pensiero non meno lecito del supposto autore.

Anche il secondo mezzo va, pertanto, respinto, con con

seguente rigetto del ricorso principale. (Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.

II

La Corte, ecc. — La Corte, confermando la propria giurisprudenza, ritiene di ammettere l'esistenza e la giuridica tutelabilità di un diritto alla riservatezza.

La pubblicazione in oggetto, che sotto il titolo falsa mente suggestivo « Mia cognata Claretta Petacci» annun ziava e andò infatti svolgendo la narrazione della vita in tima di Clara Petacci, ad opera di « una persona di famiglia che fino all'ultimo le visse accanto », dimostra subito, nei termini di tali premesse, l'aspetto e la portata di un fatto illecito. Violato è appunto il diritto alla riservatezza, il

quale costituisce nel vario campo di altre tipiche figure uno dei fondamentali diritti della personalità : accanto al diritto al nome, al diritto alla propria immagine, al diritto morale di autore, ecc., si pone qui il diritto al riserbo, come facoltà

giuridica di escludere ogni invadenza estranea dalla sfera della propria intimità personale e familiare. Tale diritto

esige di essere rispettato con ampiezza autonoma e assoluta, non soggetta se non alle limitazioni che appaion imposte per ragioni di ordine pubblico o di superiore interesse so ciale. Anche questo invero, non soltanto i diritti indivi duali espressamente previsti da specifiche norme legislative, è un riflesso essenziale della personalità, che occorre proteg gere contro l'usurpazione e gli abusi dei terzi : non avrebbe senso altrimenti sancire un diritto alla propria immagine (fisica), se poi dovesse ammettersi, siccome non testual mente inibita, l'intrusione nella propria vita privata, cioè infine e ancora l'abuso dell'immagine complessiva, con cretamente atteggiata ed esteriorizzata, della propria per sona e carattere. In realtà il diritto all'immagine, il diritto al nome e più propriamente il diritto al segreto epistolare, al segreto documentale e professionale non sono che manife stazioni particolari del più ampio diritto alla riservatezza : del diritto, ripetesi, di impedire che i fatti appartenenti alla sfera dell'intimità individuale siano resi pubblici e divul

gati con qualsiasi mezzo. Nè veramente può dirsi che manchi nella legge il ricono

scimento specifico e positivo di un diritto così concepito e denominato. A questo proposito gli appellanti citano giu stamente la legge 4 agosto 1955 n. 848, con cui fu data rati fica e piena esecuzione alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, appro vata dal Consiglio d'Europa e firmata a Roma il 4 novem bre 1950, e fu data inoltre esecuzione al protocollo addi

zionale, firmato a Parigi il 20 marzo 1952. L'art. 8 di detta

convenzione sancisce appunto il diritto di ognuno al ri

spetto della vita privata e familiare ( Tonte personne a droit au respect de sa vie privée et familiale, de son domicile et de sa correspondance).

Oltreché invadenti, le lamentate pubblicazioni sono anche offensive nei riguardi di ciascuno degli appellanti. Il prof. Francesco Saverio Petacci vi è rappresentato e letteralmente designato come un uomo abulico ; « un uomo clie non prendeva alcuna decisione senza prima interpel lare la moglie » ; cbe zittiva non appena sua moglie, dispotica e autoritaria, gli « lanciasse un'occhiata che non ammet teva repliche » ; un uomo « con il collo tirato fra le spalle ».

Questo è veramente un discorso spregiativo e umiliante. Miriam Petacci è definita « la piccola idiota di casa ».

L'epiteto, forse pure familiar*! e scherzoso, ma staccato così fuori dall'ambiente della sua avvertita significazione e posto in fredda evidenza a illustrare una fotografia della

Petacci, sollecita nel lettore estraneo l'impressione imme diata di un apprezzamento soltanto negativo.

Più grave e decisamente malevola è la caratterizza zione della Persichetti. Si legge che essa era il grande regi sta dei figli ; che nessuno parlava se lei non dava il via con un cenno della testa ; che interveniva nelle faccende amorose di

Clara, di Marcello, di Miriam ; che sceglieva i pretendenti di

quest'ultima. Si narra un episodio da cui è chiaramente desumibile che la Persichetti aveva sollecitato la figlia Clara a chiedere denaro all'amante. Si dice ancora che i conti in casa erano per lei motivo di gravi ansie e che l'intervento di qualche facoltoso amico servì in parte a risolvere la crisi ; che la Persichetti aveva occhi da roditore. Questa figura di donna, di moglie e di madre è così arida e sgradevole da offendere profondamente la reputazione di colei che è in tal modo rappresentata, con l'arbitrio di un giudizio perso nale e senza facoltà di difesa.

Nè alla violazione della riservatezza nè, tanto meno, a questi abusi ulteriori può darsi nella specie la giustifica zione del diritto di cronaca : manca invero evidentemente il presupposto dell'interesse pubblico. Come s'è visto, è un racconto di avvenimenti privati e personali ( « La vita intima di Clara Petacci »), svoltisi nell'ambiente riservato della famiglia, senza manifestazioni o ripercussioni che li trasferissero su un piano diverso. Erronea dunque e in concludente è l'eccezione proposta dagli appellati, di una facoltà di indagine e di promulgazione che spetterebbe loro in virtù del contrapposto diritto di pensiero e di parola :

quest'ultimo evidèntemente non potrebbe consistere nella facoltà di offendere l'altrui diritto. Certamente l'indagine e la critica storica, anche nelle forme talvolta modeste delle loro concrete manifestazioni hanno le proprie esigenze, ma

neppure ciò importa il sacrificio, in nome di esse, del diritto

personale alla riservatezza : persino quando si tratta di

persone appartenenti alla vita pubblica di un Paese, il segreto della loro vita intima deve essere rispettato : non si dà

luogo, neppure in tal caso, alla facoltà delle indiscrezioni e alle invadenze della pubblica curiosità. (Omissis)

Per questi motivi, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezioni unite civili ; sentenza 15 novembre 1960, n. 3036 ; Pres. Chieppa P., Est. Makletta, P. M. Tavolaro

(conci, conf.) ; Ospedale di S. Salvatore di Santina

(Avv. Romagnoli, Piazzano, Malinverni, Cervati) c. Pincetti (Avv. Casamassima, Verdoja, Giorgianni).

(Conferma Trib. Vercelli 20 febbraio 1959)

Contratti ayrari — Fondi rustici danneggiati da ecce zionali avversità atmosferiche — Riduzione del canone di affitto — Attribuzioni «Ielle autorità amministrative (L. 10 ottobre 1957 n. 921, ridu zione dei canoni di affitto di fondi rustici danneggiati dalle eccezionali avversità atmosferiche, art. 2).

Contratti agrari — Riduzione del canone di affitto

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 50

—- Determinazione delle zone danneggiate e «Ielle

percentuali di riduzione — Prova contraria —

Inammissibilità (L. 10 ottobre 1957 il. 921, art. 2). Contratti agrari —- Riduzione del canone di affitto

-— Determinazioni delle commissioni tecniche pro vinciali — Sottrazione al sindacato giurisdizionale — Incostituzionalità della normativa — Questione manifestamente infondata (L. 10 ottobre 1957 n. 921, art. 2; Costituzione della Repubblica, art. 3, 42, 113).

Spetta al Ministero dell'agricoltura e delle foreste determinare le provincie in cui le eccezionali avversità atmosferiche considerate dalla legge 10 ottobre 1957 n. 921 si sono

verificate, e dalle commissioni tecniche provinciali determi nare le zone danneggiate e le percentuali delle riduzioni

dei canoni di affitto ; ma non compete ne al Ministero nè alle commissioni la determinazione degli eventi giusti

ficativi delle riduzioni. (1) La determinazione da parte della commissione tecnica provin

ciale delle zone ritenute danneggiate e della percentuale di

riduzione del canone applicabile, è vincolante per la se

zione specializzata per l'equo canone, e pertanto nessuna

prova in contrario è ammissibile. (2) È manifestamente infondata la questione di illegittimità co

stituzionale dell'art. 2 della legge 10 ottobre 1957 n. 921. (3)

La Corte, ecc. — Coi tre mezzi di ricorso, anche in rela

zione alla cennata questione di costituzionalità, si muovono

censure alla impugnata sentenza, che discendono tutte dal

l'interpretazione della legge 10 ottobre 1957 n. 921. È opportuno notare che questa ebbe origine dal testo

unificato di due distinte proposte di legge : l'una (n. 2899) che, per favorire le aziende danneggiate nell'annata 1955-56

dalle avversità atmosferiche, proponeva l'applicazione, da

parte delle sezioni specializzate per l'equo fitto, delle ridu zioni determinate dalle commissioni tecniche provinciali ; l'altra (n. 3098) che, allo stesso fine, proponeva riduzioni

percentuali dei canoni, nella misura dal 20 al 40%, secondo i danni subiti nelle varie zone, da determinarsi dalle com

missioni tecniche provinciali, previa indicazione da parte del Ministero dell'agricoltura delle provincie in cui dette zone ricadevano. Il testo fu discusso e poi approvato con modifiche dalla Commissione della Camera in sede legisla tiva e poi dalla Commissione del Senato.

La legge, il cui titolo è così concepito « Riduzione dei canoni di affitto di fondi rustici danneggiati dalle ecce zionali avversità atmosferiche », all'art. 1 autorizzava il

Ministro dell'agricoltura e foreste a « stabilire », con suo

decreto, le provincie nelle quali si fossero, in tutto o in

parte del loro territorio, verificate « eccezionali avversità

atmosferiche o calamità naturali » per l'annata agraria 1956-57. Stabiliva lo stesso art. 1 che le commissioni tecni che provinciali, di cui all'art. 2 legge 18 agosto 1948 n.

1140, dovevano determinare riduzioni dei canoni di affitto

dei fondi rustici, nella misura dal 20 al 40% per ciascuna zona agricola danneggiata a seconda dei danni subiti.

Da tali disposizioni si ricavava : a) che al Ministro per l'agricoltura e foreste fu solo demandato di stabilire le pro vincie che, in tutto o in parte del loro territorio, fossero state colpite da eccezionali avversità atmosferiche o cala mità naturali incidenti sull'annata agraria 1956-57 ; b) che le commissioni tecniche provinciali, nell'ambito delle pro vincie stabilite dal Ministro, dovevano delimitare le zone

colpite, ripartendole secondo i danni riportati ed in quanto

(1-3) Non si rinvengono precedenti. La sentenza confermata, Trib. Vercelli 20 febbraio 1959, è riassunta in Foro it., Rep. 1959, voce Contratti agrari, nn. 169, 170.

La legge 10 ottobre 1957 n. 921 è pubblicata su Le Leggi, 1957, pag. 1272.

Sul carattere non vincolante per la seziono specializzata del tribunale delle determinazioni della commissione tecnica

prov., in materia di perequazione del canone, ai sensi dell'art. 4, 2° comma, legge 3 giugno 1949 n. 321, vedi Cass. 10 marzo 1955, n. 723, Foro it., Rep. 1955, voce cit., n. 316.

comportassero riduzioni perceutuali (li fatto comprese tra il 20 e il 40%.

Il Ministro per l'agricoltura emise il decreto 9 novembre 1957 così concepito : « art. 1 - Le disposizioni previste dalla

legge 10 ottobre 1957 n. 921 si applicano nelle zone delle

seguenti Provincie, colpite dalle alluvioni, dalle mareggiate, dalle gelate e dalle altre calamità naturali verificatesi, con

ricorso eccezionale nel particolare ambiente, nell'annata

agraria 1956-57 : ...» (segue l'elenco delle provincie). È subito da rilevare che nessuna determinazione degli

eventi giustificativi delle riduzioni dei canoni è contenuta nella legge nò fu comunque commessa al Ministro. Quella anzi cennata, di cui all'art. 1 decreto min., esorbita certa mente dalla delega legislativa e, tutt'al più, può at tribù ir

visi valore esemplificativo e certo non vincolante per le commissioni tecniche provinciali, chiamate ad accertare

quali zone fossero rimaste danneggiate, ed in qual misura,

dagli eventi qualificati dalla lègge (eccezionali avversità

atmosferiche o calamità naturali) come giustificativi delle stabilite riduzioni. Come si ricava dalla chiara lettera della

legge, ed è confermato dal dibattito svoltosi avanti la

Commissione legislativa della Camera, il carattere determi

nativo delle avversità atmosferiche considerate nella pre visione legislativa fu solo quello dell'eccezionalità di esso in rapporto alla zona colpita ; carattere che, peraltro, può considerarsi insito anche nell'altra categoria di eventi, le

calamità naturali. Ne deriva che, contrariamente a quanto

pur si prospetta dal patrocinio del ricorrente Ospedale eoi

primo mezzo, non è da parlare di disapplicabilità del decreto

ministeriale, per non avere elencato tutte le avversità atmo

sferiche e tutte le calamità naturali, affidando tale compito alle commissioni tecniche provinciali e di conseguente ille

gittimità ed inapplicabilità delle determinazioni della com

missione per essersi questa arrogato tale potere. Il decreto ministeriale è legittimo per ciò che rientra

nel compito demandato al Ministro, che era quello di de

terminare ed indicare le provincie in tutto o in parte col

pite da quegli eventi naturali precisati esclusivamente dalla

legge. Nell'ambito della previsione legislativa, furono chia

mati, il Ministro e le commissioni provinciali, a stabilire, entro le rispettive sfere di attribuzione, le provincie e le

singole zone di queste colpite da quegli eventi naturali. I

predetti due organi non furono quindi investiti del potere di determinare gli eventi giustificativi delle riduzioni, bensì

del mandato, interpretando ed applicando la legge, di sta

bilire le provincie e, in particolare poi, le zone di queste in cui gli eventi considerati dalla legge s'erano verificati, con un'incidenza di danni compresa nelle percentuali pre viste. In conseguenza cade anche la censura, di cui al primo mezzo, che la commissione abbia assunto quale causa di

riduzione anche le pioggie persistenti, cumulando così i

danni da avversità eccezionali con quelli da avversità

normali, perchè se, come nella specie, le piogge, per la

loro persistenza e quantità, siano venute ad assumere, in

rapporto alle normali precipitazioni atmosferiche d'una de

terminata zona, carattere d'eccezionalità, provocando danni

rientranti nell'ambito della misura prevista, è evidente che

si ricade in una delle ipotesi di eventi naturali che ammet

tono l'applicazione della legge. Non ha poi fondamento la censura che la commissione,

per la determinazione delle zone colpite, si sia esclusiva

mente riferita alle circoscrizioni territoriali di ciascun co

mune, avendo l'impugnata sentenza chiarito al riguardo che, con riferimento al territorio di ciascun comune, furono

invece determinate le zone danneggiate, con specifica esclu

sione di quelle rimaste indenni.

Al problema interpretativo dell'art. 2 si ricollegano le

censure formulate col secondo e col terzo mezzo.

L'art. 2 è così concepito : « I canoni di affitto dei fondi

rustici danneggiati, e compresi nelle provincie stabilite nel

decreto min., sono ridotti nella misura determinata dalla

commissione tecnica provinciale ai sensi dell'art. 1.

« In caso di controversia, la sezione specializzata per

l'equo canone, di cui alla legge 18 agosto 1948 n. 1140 e

successive modifiche e integrazioni, applicherà la riduzione

It. Foro Italiano — Volume KXXXTV — Parte 7-4.

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PARTE PRIMA

determinata dalla commissione tecnica provinciale ai sensi

dell'art. 1 ».

La chiara dizione del 2° comma di detto articolo porta anzitutto a ritenere, senza dubbi di sorta, che la sezione

specializzata diversamente da quanto è stabilito in tema di perequazione dei canoni (art. 4, 2° comma, legge 3 giu gno 1949 n. 321) deve, in caso di controversia, applicare

puntualmente la riduzione stabilita dalla commissione

tecnica provinciale per la zona in cui ricade il fondo in

controversia, non essendo le determinazioni della commis sione puramente indicative, perchè possano essere prese a

base del suo giudizio dal magistrato, ma strettamente vincolanti.

Riguardo al 1° comma un'interpretazione puramente letterale porterebbe a ritenere che siano suscettibili di ri

duzione i canoni relativi a fondi rustici che soddisfino alla

duplice condizione : a) che siano danneggiati ; b) che siano

compresi nelle provincie stabilite col decreto ministeriale. Dal che discenderebbe, secondo la tesi del ricorrente

Ospedale che si debba, da chi invoca la riduzione, dare la

prova che il fondo sia stato effettivamente danneggiato oltre a rientrare in una o più delle provincie menzionate nel decreto del Ministro.

Tale interpretazione è però resistita da un complesso di

argomenti, desumibili dalla stessa lettera della norma ma, soprattutto, dalla mens legis che chiaramente si ricava dalle discussioni svoltesi avanti le Commissioni legislative delle due Camere. La stretta interpretazione letterale porterebbe, anzitutto, ad un insanabile contrasto del contenuto del l'art. 2, 1° comma, con quanto stabilito nell'art. 1.

Invero fondi danneggiati e compresi nelle provincie sarebbero anche quelli pei quali si accertasse l'esistenza del danno, entro i limiti minimi stabiliti dall'art. 1, ancor ché ubicati in quelle zone delle provincie che non avessero formato oggetto di determinazione delle commissioni tec niche provinciali, in quanto queste le avessero ritenute non

danneggiate. 11 necessario coordinamento dei due articoli

porta quindi a ritenere che, nonostante la poco felice locu

zione, per « fondi danneggiati » si siano voluti intendere,

piuttosto, tutti i fondi compresi nelle zone dalle commis sioni tecniche provinciali ritenute danneggiate, e per le quali sia stata determinata la percentuale di riduzione del canone

applicabile : di tal che per tali fondi la riduzione prevista sia in ogni caso applicabile, e neppure sia ammissibile, come si sostiene dal ricorrente, la prova contraria che il fondo non sia rimasto danneggiato.

L'interpretazione è sorretta da varie altre considerazioni. I due progetti di legge, sia nel testo primitivo ria in

quello unificato, e tutto il dibattito svoltosi avanti le com missioni delle due Camere, univocamente confermano che si mirò ad istituire un sistema di riduzione dei canoni di

pronta ed automatica attuazione, che servisse a dare im mediato sollievo agli agricoltori colpiti dalle avversità ve rificatesi nell'anno agrario 1955-56 e ripetutesi nel 1956-57. Fu difatti sollecitata anche l'estensione delle provvidenze alla prima delle dette due annate. Tutti i parlamentari furono poi concordi (ed anche al Senato, dove molte obie zioni erano state sollevate al testo della legge) sulla urgente necessità di apprestare uno strumento legislativo, ancorché

imperfetto, che potesse immediatamente operare (si noti che la legge in data 10 ottobre, pubblicata nella Gazzetta

uff. del 21 ottobre ed entrata in vigore il successivo giorno 22, assegnò, da tale data, un termine di appena 20 giorni al Ministro per l'emanazione del suo decreto e di due mesi alle commissioni per la emissione delle loro determinazioni) non rispondendo allo scopo l'istituto della perequazione, rispetto al quale le determinazioni delle commissioni tecni che non sono vincolanti pel magistrato e non sempre ave vano preso in considerazione quegli eventi in relazione ai

quali si voleva provvedere. E, pur non volendo sopprimere la tutela giurisdizio

nale, si mirò ad ottenere che il sistema di riduzione dei ca noni avesse larga applicazione automatica, limitando al minimo possibile i casi di ricorso al magistrato.

Posto che a tali evidenti finalità il sistema fu predi sposto, è pure evidente che esse sarebbero rimaste del tutto

frustrate se, di volta in volta, potesse eseguirsi il preventivo accertamento sull'effettività del danno. L'ipotesi di fondo

indenne, e pur compreso in zona dichiarata colpita e sog

getta alla riduzione dei canoni, può considerarsi, pratica

mente, da escludere, posto che l'approfondimento delle

indagini da parte delle commissioni tecniche e l'adeguato frazionamento delle varie zone colpite, con esatta delimi

tazione delle stesse, rende, in concreto, impossibile l'even

tualità di errori.

Non può dubitarsi, comunque, che il sistema istituito

dalla legge in esame sia quello avanti accennato, non

nuovo peraltro nella recente legislazione agraria. La legge 23 dicembre 1955 n. 1309, emanando provvidenze ecce

zionali per gli agricoltori e pastori della Sardegna vittime

della siccità, stabilì (art. 2) una riduzione del 30% dei

canoni di affitto per l'annata 1954-55 pei terreni dei co

muni della Sardegna che, per ciascuna provincia, • veni

vano determinati dal prefetto, sentito il capo dell'ispetto rato prov. agrario. Analogamente, con la legge 16 maggio 1956 n. 497 e per la stessa annata agraria, furono ridotti

i canoni di affitto, per la parte convenuta in olive, in olio

e con riferimento ai prezzi di tali generi, dei territori dei

comuni di talune regioni indicate dalla legge ; territori da

determinarsi per ciascuna provincia dalle commissioni tecni

che provinciali, chiamate pure a determinare per ciascuna

zona agricola, sulla base dell'incidenza sulla produzione olearia delle particolari avversità atmosferiche e delle straor

dinarie infestazioni parassitarie, riduzioni percentuali com

prese tra il 20 e il 30%. D'altro canto è pur da considerare che, se la sezione

specializzata potesse essere investita dell'accertamento sul

l'effettività del danno per un fondo compreso in zona che

abbia formato oggetto delle determinazioni della commis

sione, manifesta sarebbe ed inconciliabile la contraddizione

di apprezzamento e di giudizio che si verificherebbe tutte

le volte che, pur avendo accertato un danno in misura

diversa da quella stabilita nelle determinazioni della com

missione tecnica, sarebbe tenuto il magistrato ad appli care, nel caso, la misura di riduzione predeterminata per la zona, per il valore vincolante espressamente conferito

ad essa dalla legge. E, in tal modo, il valore delle determi

nazioni della commissione resterebbe circoscritto alla mi

sura dei danni, mentre la formula dell'art. 1 chiaramente

dimostra che alla commissione si demandò un accertamento

che uniformemente operasse i suoi effetti nelle zone deter

minate e per la sussistenza e per il quantum dei danni veri

ficatisi.

Altra conferma si ricava anche dall'art. 3, 1° comma, con cui fu fatto salvo il diritto dell'affittuario alla mag

giore riduzione prevista dagli art. 1635 e 1636 cod. civile.

Se, per la perdita dei frutti in misura superiore al 50% si fece espressamente salva all'affittuario l'azione ordinaria, subordinata quindi al normale sistema probatorio, diverso

fu nell'intendimento del legislatore il sistema di riduzione, uniformemente operata per zone sulla base delle indagini affidate al Ministro e alle commissioni tecniche provinciali.

Si sostiene, col terzo mezzo, che, ove l'art. 2 si inter

pretasse nel senso affermato dalla sentenza impugnata, risulterebbe palese l'incostituzionalità della norma, per vio lazione degli art. 3, 42 e 113 Costituzione, per la disparità di trattamento che si creerebbe tra i cittadini, perchè si

opererebbe una espropriazione senza indennizzo e si sot

trarrebbe la determinazione della commissione tecnica, pur essendo lesiva di diritti, al sindacato giurisdizionale.

La questione di incostituzionalità è manifestamente infondata sotto tutti gli aspetti.

In relazione al principio di eguaglianza sancito nel l'art. 3 Cost., perchè esso non esclude che il legislatore possa dettare norme diverse per regolare situazioni diverse e che, proprio a tal fine, sia stata emanata la legge in

esame, per non creare disparità di trattamento e ristabilire

quell'equilibrio economico che appariva turbato da ecce zionali eventi naturali. Proprio con l'intendimento di rag giungere un'assoluta uniformità di criteri fu predisposto l'accertamento dei terreni danneggiati, e della entità di tali danni, attraverso l'attività di un organo tecnico parti

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53 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 54

colarmente qualificato, e super partes, che oggettivamente

potesse addivenire ad accertamenti unici per situazioni

analoghe. Nè è conferente il richiamo all'art. 42, che non ammette

l'espropriazione della privata proprietà senza indennizzo

perchè la legge in controversia è predisposta al solo fine di

ristabilire l'equilibrio di quei rapporti sinallagmatici tur

bati da eccezionali eventi.

11 riferimento all'art. 113 Cost, ancor meno è confe

rente, non essendo dalla legge n. 921 esclusa la tutela giu risdizionale, che viene solo determinata nel sistema e nelle

finalità delle provvidenze legislative in cui l'attività del

l'organo giurisdizionale resta inquadrata. Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 12 novembre 1960, n. 3026 ; Pres. Lonardo P., Est. Malfitano, P. M. Silocchi

(conci, conf.) ; Galli (Avv. Makis) c. Procuratore gen. Corte appello Milano.

(Conferma App. Milano 10 dicembre 1958)

Fallimento — Emissione tli assegni a vuoto — Ria

bilitazione — Inammissibilità (R. d. 16 marzo 1942

n. 267, disciplina del fallimento, art. 142, 145 ; r. d. 21

dicembre 1933 n. 1736, disposizioni sull'assegno ban

cario, art. 116).

La riabilitazione civile non può essere concessa al fallito che

sia stato condannato per il reato d'emissione d'assegni a vuoto. (1)

La Corte, ecc. — Con l'unico motivo del ricorso si cen

sura la sentenza impugnata per avere ritenuto che il fallito, il quale sia stato condannato per il reato di emissione di

assegno a vuoto previsto dall'art. 116, n. 2, r. decreto 21

dicembre 1923 n. 1736, non possa ottenere la riabilitazione

di cui all'art. 142 legge fall., trattandosi di condanna per delitto contro la fede pubblica. Al riguardo si deduce che

la Corte di merito avrebbe erroneamente considerato che i

reati contro la fede pubblica, il patrimonio, l'economia

pubblica, l'industria e il commercio, ai quali fa riferimento

l'art. 145 legge fall., sarebbero quelli previsti non soltanto

dal codice penale, ma anche dalle leggi penali speciali. La censura è infondata.

Esattamente la Corte di merito ha ritenuto che la con

danna per il delitto di assegno a vuoto rientri tra quelle indicate nell'art. 145 legge fall. Invero, i reati contro il

patrimonio, la fede pubblica, l'economia pubblica, l'indu

stria e il commercio, ai quali si riferisce il citato articolo,

sono quelli previsti dal codice penale e dalle leggi penali

speciali, in quanto il legislatore ha fatto tale riferimento

per indicare la obiettività giuridica dei reati che ostano

alla concessione della riabilitazione. La generica formula

zione adoperata non autorizza ad escludere dalla previsione normativa le condanne per i reati in essa indicati, previsti dalle leggi penali speciali.

Questa interpretazione trova conferma nella conside

razione che il legislatore, quando ha voluto riferirsi ai

libri, ai titoli, ai capi, e agli articoli del codice penale, li ha

espressamente richiamati, come negli art. 216, 2° comma, e 228 legge fall. D'altra parte, non è concepibile che il legis latore abbia voluto escludere dalle condanne ostative alla

riabilitazione, quelle per i reati previsti dalle leggi penali

speciali aventi la identica oggettività giuridica di quelli

previsti dal codice penale, perchè, in tale caso, si verifiche

rebbe l'assurdo che potrebbe ottenere la riabilitazione il

(1) In senso conforme Cass. 1J luglio I960 n. 1876, Foro it., Mass., 410; contra Trib. Ravenna 5 marzo 1059, iti., I960, T, 343, con ampia nota di richiami.

fallito, condannato per un furto previsto dal codice penale militare e non quello condannato per un furto previsto dal

codice penale. Nò può dubitarsi che il reato di emissione di assegno

a vuoto rientri tra quelli contro la fede pubblica. Questa Corte suprema in sede penale ha affermato che l'assegno bancario, essendo un titolo formale di credito pagabile a

vista e trasmissibile per girata, contiene virtualmente in

sè la capacità alla circolazione e quindi è atto a ingannare la fede pubblica (v. sent. 4 maggio 1950, Foro it., Rep.

1950, voce Assegno bancario, nn. 96, 97).

Costituisce, pertanto, reato contro la fede pubblica, non

solo la contraffazione o l'alterazione di un assegno bancario, ma anche la emissione di esso senza che esistano presso il

banchiere i fondi corrispondenti. La emissione di assegno a vuoto lede la fede pubblica

intesa come sicurezza delle relazioni giuridiche, perchè ha

la possibilità di trarre in inganno un numero indeterminato

di persone e tradisce la fiducia che la generalità delle per sone ripone nel documento rappresentativo del denaro esi

stente presso il banchiere.

Per questi motivi, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione II civile ; sentenza 3 novembre 1960, n. 2973 ;

Pres. Fibbi P., Est. Pkatillo, P. M. Pedace (conci,

conf.) ; Till (Avv. Agneletto) c. Sik (Avv. Basa).

(Gassa App. Trieste 2 aprile 1958)

Servitù — Passaggio con carri — Passaggio a piedi — Differenze — Fattispecie — Applicazione del

diritto civile austriaco.

Sia per il diritto civile italiano sia per quello austriaco la ser

vitù di passaggio con carri (nella specie : acquistata per

usucapione) non comporta anche la facoltà di paesaggio a piedi. (1)

(1) I piedi e i carri.

1. — Chi abbia una servitù di passaggio carraio non ha

il diritto di passare anche a piedi, senza il carro : così ha deciso

la Cassazione (riformando una sentenza della Corte di app. di

Trieste 2 aprile 1958, Foro it., Rep. 1958, voce Servitù, n. 180), e

col nostro codice non la si può facilmente contraddire. Infatti il

modo come si esercita il diritto sul fondo servente, purché non

si tratti d'una semplice modalità, è l'elemento che imprime una data fisionomia alla servitù e la contraddistingue special mente rispetto alle altre servitù della stessa categoria (v. mie

Servitù, in Commentario, Bologna, 1960, 3a ed., sub art. 1063 ;

nonché la mia nota in Giur. it., 1959, I, 2, 704 e ivi cit.). Perciò

il diritto di passaggio pedonale e il diritto di passare con carri

sono due servitù diverse : se una persona, avendo il primo, esercita il secondo e viceversa, compie atti che non riguardano l'estensione della sua servitù ma che caratterizzano una ser

vitù differente : come dire che in tal caso, quale che sia l'onere

derivante dal mutamento del modo d'esercizio, cioè anche se

l'onere diminuisce, quella persona è sempre fuori dall'esercizio

del proprio diritto. Le servitù di passaggio sono tante e furono anche per i

romani più d'una, a differenza dalla servitù di veduta, che è

sempre la stessa comunque si goda, attraverso finestre o balconi

o terrazze (v. in Giur. it., cit., la ragione di ciò : le finestre, i

balconi, ecc. non caratterizzano, le une rispetto agli altri, la

servitù, poiché sono sul fondo dominante). Passare da uno ad

un altro tipo di carro è mutamento d'una semplice modalità

d'esercizio della stessa servitù (mie Servitù, cit., pag. 291, sub

art. 1067), mentre l'andare a piedi invece che su un qualche

mezzo di trasporto costituisce mutamento del modo d'esercizio,

cioè della servitù (non così se il passaggio pedonale è pura

mente strumentale rispetto a quello carraio : v. la sentenza

annotata).

2. — Questa decisione sembrerebbe contraria alla tradizione

romanistica.

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