Sezioni unite civili; sentenza 15 novembre 1982, n. 6084; Pres. Berri, Est. Cantillo, P. M. SgroiV. (concl. conf.); Bearzotti (Avv. Ricci, Pacia) c. Proc. gen. Corte conti e Cassa di previdenza perle pensioni ai dipendenti degli enti locali (Avv. dello Stato Mataloni). Cassa Corte conti 2 aprile1979Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 2 (FEBBRAIO 1983), pp. 359/360-367/368Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23174224 .
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PARTE PRIMA
I
CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 15
novembre 1982, n. 6084; Pres. Berri, Est. Cantillo, P. M.
Sgroi V. (conci, conf.); Bearzotti (Avv. Ricci, Pacia) c. Proc.
gen. Corte conti e Cassa di previdenza per le pensioni ai di
pendenti degli enti locali (Avv. dello Stato Mataloni). Cassa
Corte conti 2 aprile il979.
Corte dei conti — Decisione — Ricorribilità per cassazione —
Limiti — Fattispecie (R. d. 12 luglio 1934 n. 1214, t. u. delle
leggi sulla Corte dei conti, art. 71). Corte dei conti — Decisione — Ricorribilità per cassazione —
Questione pregiudiziale — Attinenza alla giurisdizione — Con
dizioni — Fattispecie (R.d. 12 luglio 1934 n. 1214, art. 71). Pensione — Controversie — Giurisdizione della Corte dei conti
— Atti amministrativi definitivi relativi ai rapporto di impie
go — Cognizione incidentale della corte — Esclusione (R. d.
12 luglio 1934 n. 1214, art. 13, 62).
È inammissibile, in quanto estranea ai motivi inerenti alla giuris dizione, per i quali soltanto possono essere impugnate per cas
sazione le decisioni della Corte dei conti, la censura con cui
si contesta la legittimazione del procuratore generale presso essa corte ad impugnare provvedimenti relativi alle pensioni dei dipendenti degli enti locali. (1)
Attiene ai limiti della giurisdizione (ed è quindi ammissibile in sede di ricorso per cassazione avverso decisione della Corte dei conti) la questione della delibabilità in via incidentale di
punto pregiudiziale, o di sua necessaria decisione in via princi pale da parte del diverso giudice fornito di giurisdizione sul
punto. (2) La Corte dei conti, nell'esercizio della giurisdizione esclusiva in
materia di pensioni, non può conoscere in via incidentale degli atti amministrativi relativi al rapporto d'impiego negli aspetti di attività di servizio, divenuti definitivi per mancata impu gnativa davanti al giudice amministrativo competente, per esclu derne l'efficacia ai fini della pensione. (3)
(1-2) In genere, circa i limiti di ricorribilità per cassazione delle de cisioni della Corte dei conti, v. Cass. 3 novembre 1981, n. 5771, Foro it., Rep. 1981, voce Corte dei conti, n. 37; 14 giugno 1980, n. 3795, id., Rep. 1980, voce cit-, n. 28; 10 dicembre 1976, n. 4589, id., Rep. 1977, voce cit., n. 47; 6 ottobre 1975, n. 3160, id., Rep. 1975, voce cit., n. 25; 12 febbraio 1973, nn. 404 e 408, id., Rep. 1973, voce cit., nn.
16, 17; 22 settembre 1971, n. 1158, id., Rep. 1971, voce cit., n. 16. Per qualche ulteriore riferimento circa le questioni proponibili in
sede di regolamento di giurisdizione, in relazione alla dedotta illegitti mità costituzionale della « giurisdizione domestica » della Corte dei
conti, cfr. Cass. 9 ottobre 1982, n. 5166, id., 1982, I, 2792, con nota di richiami.
Sulla figura del procuratore generale della Corte dei conti v. i richiami contenuti nella nota redazionale a Cass. 2 marzo 1982, n. 1282, ibid., 1596. I a
(3) In senso conforme, v. le sentenze, citate in motivazione, Cass. 12 febbraio 1972, n. 429, Foro it., Rep. 1973, voce Pensione, n. 208, e 21 settembre 1970, n. 1651, id., Rep. 1971, voce cit., n. 333; nonché C. conti, sez. Ill pens, civ., 8 aprile 1977, n. 38474, id., Rep. 1978, voce cit., n. 336; 30 luglio 1973, n. 33182, id., Rep. 1974, voce cit., n.
373; 28 agosto 1973, n. 33788, ibid., n. 374; 12 settembre 1973, n. 33761, ibid., n. 375; 19 gennaio 1971, n. 28823, id., Rep. 1971, voce cit., n. 73; 24 dicembre 1966, n. 22963, ibid., n. 335; 21 gennaio 1970, n. 26690, id., Rep. 1970, voce cit., n. 208; 15 aprile 1969, n. 25655, id., Rep. 1969, voce cit., n. 328; 6 maggio 1969, n. 26295, ibid., n. 329; 24 dicembre
1966, n. 22963, ibid., n. 330; 2 gennaio 1969, n. 25585, ibid., n. 332; 21 ottobre 1968, n. 24987, ibid., n. 334; 17 novembre 1967, n. 22059, id., Rep. 1968, voce cit., n. 288; 7 ottobre 1964, n. 18912, ibid., n. 289; 17
aprile 1968, n. 24412, ibid., n. 290; 1° agosto 1968, n. 25650, ibid., n.
291; 30 luglio 1966, n. 22038, id., Rep. 1967, voce Corte dei conti, n.
29; 20 febbraio 1965, n. 20383, ibid., voce Pensione, n. 419; 24 settem bre 1965, n. 21159, ibid., n. 420; 16 aprile 1966, n. 21866, ibid., n.
421; 18 giugno 1963, n. 18642, id., Rep. 1965, voce cit., n. 395; 24
gennaio 1964, n. 19034, ibid., n. 398; 13 febbraio 1964, n. 19227, ibid., n. 397; 3 ottobre 1964, n. 48912, ibid., n. 398; 20 febbraio 1965, n.
20383, ibid., n. 399; 4 dicembre 1963, n. 16979, id., 1964, III, 86, con
nota di richiami, e in Foro amm., 1964, II, 239, con nota di Cannada
Bartoli, Disapplicazione di provvedimento inoppugnabile e giurisdizio ne della Corte dei conti.
V. pure C. conti 3 maggio 1965, n. 20713, Foro it., Rep. 1965, voce cit., nn. 402-404; 12 giugno 1964, n. 19855, ibid., n. 422.
Per l'affermazione della giurisdizione dei T.A.R. e del Consiglio di
Stato sull'impugnazione del provvedimento di liquidazione della pen sione per mancata considerazione di particolari benefici economici
(quali quelli in favore degli ex combattenti), oltre alle decisioni ri
chiamate in motivazione Cass. 5 gennaio 1981, n. 3, id., Rep. 1981, voce Impiegato dello Stato, n. 1006; 29 ottobre 1980, n. 5804, id.,
Rep. 1980, voce Pensione, n. 19; 18 ottobre 1976, n. 3543, id., Rep.
1976, voce Impiegato dello Stato, n. 519, v. Cass, 5 gennaio 1981, n.
II
CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 25
ottobre 1982, n. 5532; Pres. Berri, Est. Vela, P. M. Corasa
niti (conci, conf.); Min. tesoro (Avv. dello Stato Mat aloni) c. Branciforti e altri (Avv. Frataccia). Cassa Cons. Stato, ad.
plen., 30 marzo 1976, n. 2.
Pensione — Assegni accessori — Ripetizione di indebito — Con
troversie — Giurisdizione della Corte dei conti (R. d. 12 lu
glio 1934 n. 1214, art. 13, 62).
Rientrano nella giurisdizione esclusiva della Corte dei conti le
controversie concernenti la ripetizione di somme indebitamen
te corrisposte a titolo di assegni accessori alla pensione del
dipendente pubblico. (4)
III
CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 19
luglio 1982, n. 4221; Pres. Berri, Est. Menichino, P. M. Co
rasaniti (conci, conf.); Min. tesoro (Avv. dello Stato Mata
loni) c. Fattibene (Avv. Luci sano). Cassa Cons. Stato, sez.
IV, 28 luglio 1977, n. 724.
Pensione — Indennità integrativa speciale — Controversie —
Giurisdizione della Corte dei conti (R. d. 12 luglio 1934 n.
1214, art. 13, 62).
Rientrano nella giurisdizione esclusiva della Corte dei conti le
controversie concernenti la spettanza dell'indennità integra tiva speciale sulla pensione del dipendente pubblico (nella
specie, trattavasi di pensione di riversibilità alla vedova). (5)
I
Svolgimento del processo. — La vicenda trae origine da un
accordo stipulato il 5 marzo 1974 dalle organizzazioni sindacali
dei dipendenti degli enti locali con gli organismi associativi di
tali enti, in base al quale furono stabiliti miglioramenti al trat
tamento retributivo dei dipendenti per il periodo dal 1° luglio 1973 al 30 giugno 1976. Successivamente, con un'intesa interve
nuta fra le stesse parti e i ministeri degli interni e del tesoro, l'accordo fu modificato nel senso che, ferma restando la decor
renza degli effetti giuridici dal 1° luglio 1973, i miglioramenti erano dovuti dal 1° gennaio 1975, mentre per il periodo prece dente era prevista un'indennità una tantum di lire 400.000;
inoltre, con 1. 29 aprile 1975 n. 177 venne disposto un miglio ramento del trattamento pensionistico, sempre a partire dal 1°
gennaio 1975.
Il comune di S. Martino del Tagliamento (come altri comuni) diede integrale esecuzione all'accordo del 1974 prima che in
tervenisse l'intesa modificativa del 12 marzo 1975 e perciò at
tribuì' ai propri dipendenti i miglioramenti economici a partire dal 1° luglio 1973, con la conseguenza che all'impiegato Pietro
Bearzotti, collocato a riposo il 26 giugno 1974, la pensione fu
iiquidata dal consiglio di amministrazione degli istituti di previ
5, id., Rep. 1981, voce cit., n. 1007, e 6 gennaio 1981, n. 45, ibid., voce Pensione, n. 59.
Nel senso che sfuggono alla giurisdizione della Corte dei conti le controversie relative al diritto di riscatto, ai fini pensionistici, di periodi di servizio, v. T.A.R. Toscana 23 gennaio 1981, n. 21, ibid., n. 43, ma contra, Cons. Stato, sez. III, 21 ottobre 1980, n. 891, ibid., n. 149.
(4-5) In senso conforme, v. (con motivazione identica alla sent. n.
5532/1982) Cass. 24 novembre 1982, n. 6351, 25 ottobre 1982, n. 5531, inedite, e 7 gennaio 1981, n. 77, Foro it., 1981, I, 2008, con nota di richiami, che però s'era pronunciata relativamente all'ipotesi di impu gnazione del provvedimento di recupero degli assegni accessori indebi tamente corrisposti, sotto il profilo dell'irripetibilità delle somme ri scosse in buona fede (profilo riguardo al quale, sulla giurisdizione, era andata di avviso contrario Cass. 15 febbraio 1980, n. 1120, id., Rep. 1980, voce Pensione, n. 206).
In senso contrario, v. C. conti, sez. un. pens, civ., 12 febbraio
1979, n. 39384, ibid., n. 8; Cons. Stato, sez. IV, 25 gennaio 1980, n. 23, ibid., n. 9; 9 novembre 1979, n. 955, ibid., n. 10.
Per T.A.R. Toscana 6 novembre 1980, n. 1003, id.. Rep. 1981, voce cit., n. 18, non rientra nella giurisdizione della Corte dei conti la controversia sul trattamento provvisorio di pensione.
Cass. 7 maggio 1981, n. 2950, id., 1982, I, 783, con nota di richiami, ha escluso che rientri nella giurisdizione esclusiva della corte la co
gnizione della domanda del dipendente pubblico collocato a riposo tendente ad ottenere la corresponsione degli interessi e della svaluta zione monetaria sugli arretrati della pensione tardivamente corrisposti.
Per riferimenti in materia pensionistica, da ultimo, cfr. C. conti 4 dicembre 1981, n. 53/c, id., 1982, III, 113, con nota di richiami ed osservazioni di C. E. Gallo.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
denza in base al nuovo trattamento, con deliberazione del 16
maggio 1978 e decreto del 24 successivo.
Risulta dalla decisione in esame che l'ufficio di controllo della
Corte dei conti presso la direzione degli istituti di previdenza
rilevò, in sede di controllo preventivo, l'illegittimità della deli
bera comunale attributiva degli aumenti dal 1° luglio 1973; ma
la sezione di controllo della stessa corte, pur convenendo su ta
le illegittimità, ritenne di dovere ugualmente ammettere a re
gistrazione il provvedimento di pensione, sulla considerazione
che la Corte dei conti, nell'esercizio delle attribuzioni di lon
trollo, non può disapplicare provvedimenti di enti pubblici ter
ritoriali, rispetto ai quali residua soltanto il generale potere di
annullamento, ex. art. 6 t. u. della legge comunale e provinciale, da parte del governo, al quale provvide a denunciare il caso.
Il provvedimento di liquidazione della pensione fu nondimeno
impugnato dal procuratore generale della corte innanzi alla terza
sezione giurisdizionale, la quale, con la decisione ora denunzia
ta del 2 aprile 1979 (riflettente anche altri giudizi riuniti parzial mente analoghi, che qui non interessano), accolse il ricorso, sta
bilendo che dal trattamento pensionistico del Bearzotti andava
detratto l'importo dei miglioramenti conferitogli in attività di
servizio con effetto dal 1° luglio 1973 e disponendo il rinvio degli atti all'amministrazione per l'adozione dei provvedimenti conse
guenziali di competenza. La corte, premesso che le casse pensioni amministrate dagli
istituti di previdenza dei dipendenti degli enti pubblici adotta
no, al pari delle gestioni pensionistiche indirette dei dipendenti statali appartenenti alle aziende autonome, il principio dell'auto
finanziamento e le relative gestioni sono poste sotto la guaran
tigia dello Sfitto, il quale è chiamato a sopperire alle esigenze di cassa, affermò che il potere di impugnativa concesso dall'art.
76 r. d. n. 1038 del 1933 al procuratore generale tutte le volte
che « sia leso l'interesse dell'erario, attraverso l'inosservanza
delle leggi dello Stato » non è limitato ai provvedimenti pen sionistici emessi dall'amministrazione statale, bensì' riguarda an
che quelli emessi dalle casse in questione e, in genere, dal c. d.
settore pubblico allargato, che emettono consimili provvedimen ti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti.
Nel merito, poi, pur dando atto che gli accordi nazionali
tra le organizzazioni degli enti territoriali e i sindacati dei di
pendenti degli stessi sono stati istituzionalizzati e resi vinco
lanti ai fini del trattamento giuridico ed economico solo con
il d. 1. n. 946 del 1977 e la relativa legge di conversione n. 43
del 1978, la corte osservò che anche prima gli enti erano vin
colati a tali accordi in quanto partecipavano direttamente al
la contrattazione e che, quindi, nelle fattispecie in esame, co
me erano tenuti ad osservare l'accordo del 5 marzo del 1974
(che aveva fissato la decorrenza degli aumenti dal 1° luglio
1973) cosi erano tenuti ad adeguarsi all'intesa del 12 marzo
1975, che aveva modificato la decorrenza al 1° gennaio 1975.
La delibera del comune di S. Martino del Tagliamento era,
dunque, illegittima perché contrastante con tale intesa e con
seguenzialmente non erano computabili in quiescenza i miglio ramenti attribuiti con effetto retroattivo rispetto al 1° gennaio 1975. Né ostava a tale accertamento la definitività del provvedi
mento, sia perché le deliberazioni degli enti locali in materia
non sono vincolanti, per le casse di pensione amministrate da
gli istituti di previdenza (tenuti a determinare il trattamento
di quiescenza in base ad una propria normativa, che indica gli emolumenti retribuiti pensionabili) e sia perché ìa Corte dei
conti in sede giurisdizionale non è tenuta all'osservanza degli atti amministrativi che ritiene illegittimi nella specifica materia
pensionistica, della quale è giudice esclusivo, ma deve disappli carli a norma degli art. 4 e 5 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E.
Infine, a conforto ulteriore della soluzione adottata, la corte
osservò che la 1. n. 177 del 1976, con la quale era stato mi
gliorato il trattamento pensionistico dei dipendenti collocati a
riposo prima del 1° gennaio 1975, costituiva in un certo senso
la contropartita della ridotta retrodatazione degli aumenti, sicché,
ove questi venissero riconosciuti validi con decorrenza dal 1°
luglio 1973, i dipendenti collocati a riposo dopo il 1° gennaio
1975 verrebbero a fruire di un trattamento deteriore rispetto ai
pensionati di epoca precedente. Avverso questa decisione il Bearzotti ha proposto ricorso af
fidato a due motivi. Resistono con controricorso il procuratore
generale presso la Corte dei conti e la cassa per le pensioni ai
dipendenti degli enti locali.
Motivi della decisione. — 1. - Nell'ordine logico-giuridico de
ve essere esaminato con precedenza il secondo motivo di ri
corso, con il quale il Bearzotti — denunziando la violazione
dell'art. 60 r. d. 1. 3 marzo 1938 n. 680 — critica la decisione
Il Foro Italiano — 1983 — Parte /-24.
della Corte dei conti per avere riconosciuto al procuratore ge nerale presso la stessa corte la legittimazione ad impugnare i
provvedimenti relativi alle pensioni dei dipendenti degli enti lo cali. Sostiene che, in forza di detta norma, la Corte dei conti abbia potestà giurisdizionale in materia solo in seguito a ricorso
degli « interessati » e della direzione generale degli istituti di pre videnza, non già ad iniziativa del procuratore generale, il quale è legittimato ad agire, invece, ex art. 76 del regolamento di pro cedura r. d. n. 1038 del 1933, soltanto per le pensioni a totale carico dello Stato, «quando sia leso l'interesse dell'erario»; nel la specie, quindi, pronunziandosi in un giudizio promosso dal
procuratore, la Corte dei conti avrebbe esorbitato dai limiti della sua giurisdizione, valutando interessi (non giuridici) estranei ad essa.
La censura è inammissibile. Posto che le decisioni della Corte dei conti sono impugnabili davanti a queste sezioni unite « per i soli motivi inerenti alla giurisdizione », l'unico vizio utilmente deducibile (ai sensi dell'art. 360, n. 1, c.p.c.) è il mancato ri
spetto, da parte di detto giudice, dei limiti esterni fissati alla
competenza giurisdizionale, sicché le sue decisioni possono esse re cassate solo quando risulti che abbia esorbitato dalla propria potestas decidendi e abbia pronunziato in materie che sono de mandate alla cognizione di un diverso apparato giurisdizionale o che sono sottratte alla cognizione di qualsiasi giudice.
Ora, l'individuazione dei soggetti legittimati ad agire innanzi ad un determinato organo giudiziale non involge un problema attinente ai limiti esterni della giurisdizione, in quanto non pone in discussione l'ambito della materia attribuita dall'ordinamento alla competenza giurisdizionale dell'organo, bensì impone di sta bilire se un determinato soggetto possa agire a tutela di inte
ressi rientranti in quella materia.
Il problema, dunque, al pari di quelli circa l'appartenenza della posizione giuridica dedotta in giudizio e alla sussistenza
dell'interesse ad agire, deve essere risolto dal giudice compe tente nella materia, in base alle norme vigenti al riguardo, e la sua soluzione può condurre ad una pronunzia di inammissibi
lità o di rigetto, non certo di difetto di giurisdizione. Nella specie, nonostante il tentativo del ricorrente di spostare
il problema sul piano degli interessi tutelabili, si tratta soltanto
di stabilire i limiti del potere di azione spettante al procura tore generale nella materia pensionistica, rimessa pila giurisdizio ne di detto organo, se, cioè, sia autonomamente legittimato ad
impugnare innanzi alla stessa corte i provvedimenti di liquida zione di pensione adottati dalla cassa per le pensioni ai dipen denti degli enti locali; e questo problema, come si è detto, rien
tra nell'ambito della sua potestas decidendi, sicché nella statui
zione sul punto si configura eccesso dall'ambito della sua sfera
giurisdizionale. 2. - A meglio intendere l'oggetto della censura di cui al se
condo mezzo, è opportuno sottolineare, in fatto, che divenne
definitiva, perché non impugnata da alcuno, la deliberazione con
la quale il comune di S. Martino del Tagliamelo riconobbe ai
propri dipendenti i miglioramenti economici e normativi, decor
renti dal 1° luglio 1973, previsti dall'accordo stipulato il 5 marzo
1974 tra gli organismi associativi degli enti locali e le organizza zioni sindacali di categoria; che del pari divenne inoppugnabile il provvedimento con il quale lo stesso comune, in base alla de
liberazione suddetta, attribuì i miglioramenti all'attuale ricorren
te, che, essendo cessato dal servizio il 5 marzo 1974, aveva di ritto a percepirli per il periodo precedente; e che perciò la pen sione fu liquidata in base ai miglioramenti medesimi e il rela
tivo decreto del consiglio di amministrazione degli istituti di pre videnza fu ammesso a registrazione dalla sezione di controllo
della Corte dei conti (la quale, con riferimento alla probabile
illegittimità delle deliberazioni comunali, si limitò a denunziare
il caso al governo, per l'eventuale esercizio del potere di annul
lamento ex art. 6 t.u. della legge comunale e provinciale).
Come pure si è detto nell'esporre la vicenda processuale, la
decisione impugnata, invece, ha ritenuto illegittimi i migliora
menti, conseguenzialmente escludendo che siano computabili ai
fini della pensione; e ha ritenuto irrilevante la definitività dei
provvedimenti dell'ente locale, essenzialmente sulla considera
zione che la Corte dei conti, nell'esercizio della giurisdizione esclusiva in materia pensionistica, può disapplicare gli atti am
ministrativi che ritenga illegittimi, a norma degli art. 4 e 5 1. 20
marzo 1865 n. 2248, ali. E.
Ciò si contesta con il motivo in esame, sostenendosi che la
corte, mentre è abilitata ad accertare se un determinato emolu
mento concesso in base al rapporto di attività abbia, o meno, i
requisiti della pensionabilità, non può spingersi a sindacare la
legittimità del provvedimento che lo ha istituito, quando questo sia diventato definitivo nell'ambito dell'ordinamento dell'ente cui
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PARTE PRIMA
apparteneva il pensionato (altrimenti verrebbe ad esercitare un
potere di annullamento che non le compete, in quanto circoscrit to all'atto liquidativo della perisione); nella specie, quindi, la
corte avrebbe invaso la sfera di giurisdizione riservata al giudice del rapporto di pubblico impiego.
3. - La censura è fondata.
Non ha consistenza, anzitutto, il dubbio circa la sua ammissi
bilità, prospettato dall'amministrazione resistente sul rilievo che
la legittimità degli atti amministrativi sopra indicati è stata esa
minata dalla Corte dei conti in via incidentale e perciò anche
questo motivo non attiene ai limiti esterni della giurisdizione.
È certamente esatto che in relazione all'esercizio del potere di
risolvere incidenter tantum le questioni pregiudiziali, spettante in via di principio ad ogni giudice, non si configurano problemi di competenza o di giurisdizione, proprio per il carattere inci
dentale della cognizione. Ma quando non si è in presenza di una
mera questione pregiudiziale, perché — in base alla disciplina della pregiudizialità nel processo della causa pregiudicata — la
controversia sull'antecedente logico debba essere decisa princi
paliter da altro giudice, in un autonomo giudizio di cui costitui
sca l'oggetto esclusivo, non soccorre più, manifestamente, la
competenza incidentale e riprendono vigore, rispetto a tale cau
sa pregiudiziale, le ordinarie regole sul riparto della competenza e della giurisdizione; e se il giudice adito, invece di sospendere il processo principale di sua competenza, statuisca sulla causa
pregiudiziale appartenente ad un diverso apparato giurisdiziona
le, la sua pronunzia è viziata per difetto di giurisdizione, risolven
dosi in tale vizio l'errore sulla spettanza della competenza inci
dentale.
Stabilire, dunque, se la controversia insorta intorno ad un
punto pregiudiziale possa essere delibata incidenter tantum dallo
stesso giudice della causa principale, costituendo una mera que stione pregiudiziale, o debba essere necessariamente decisa prin
cipaliter con apposito giudizio, costituendo, cioè, una causa pre
giudiziale, involge un problema attinente ai limiti della giurisdi zione quando, avuto riguardo al suo oggetto, tale causa pregili-" diziale appartenga ad una giurisdizione diversa da quella del
giudice della causa pregiudicata.
Appunto una siffatta questione suscita la censura in esame, in quanto occorre stabilire se la Corte dei conti, nell'esercizio
della giurisdizione esclusiva in materia di pensioni, abbia o non
abbia il potere di sindacare in via incidentale, per escluderne
l'efficacia ai fini pensionistici, la legittimità di atti amministra
tivi che, sebbene rilevanti ai fini dell 'an e del quantum della
pensione (perché incidono sull'esistenza o sulla durata dell'im
piego, sulla qualifica o sul trattamento economico conseguito,
ecc.), attengono direttamente al rapporto di attività e perciò le
relative controversie sono devolute alla giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo proprio di tale rapporto.
4. - Queste sezioni unite, in vicende analoghe a quella in esa
me, hanno già dato risposta negativa al quesito (anche allora
ritenuto, dunque, afferente alla giurisdizione), affermando che la
Corte dei conti non può esaminare in via incidentale la legitti mità di provvedimenti amministrativi definitivi riguardanti lo
status giuridico ed economico conseguito dall'impiegato nel rap
porto di pubblico impiego, ancorché costituiscano il presupposto
indispensabile per la liquidazione della pensione (sent. n. 429
del 1972, Foro it., Rep. 1973, voce Pensione, n. 208; n. 1651 del
1970, id., Rep. 1971, voce cit., n. 333).
Nella stessa linea di tendenza, volta a negare una competenza incidentale del giudice delle pensioni sulle questioni inerenti al
rapporto di attività, si collocano, poi, numerose pronunzie rela
tive a controversie nelle quali gli interessati avevano impugnato il provvedimento di liquidazione della pensione per la mancata
considerazione di determinate qualifiche o particolari benefici
economici (essenzialmente alla stregua della legge sugli ex com
battenti): si è ugualmente osservato che tali istanze, sebbene ri levanti ai fini del trattamento pensionistico, incidono sullo sta tus del dipendente e sono sempre devolute, quindi, alla cogni zione del giudice proprio del rapporto di attività, con la conse
guenza che di esse la Corte dei conti non può conoscere neppure incidenter tantum <v. sent. n. 3 del 1981, id., Rep. 1981, voce
Impiegato dello Stato, n. 1006; n. 5804 del 1980, id., Rep. 1980, voce Pensione, n. 19; nn. 51 e 182 del 1979, id., Rep. 1979, voce
cit., nn. 17-19; n. 3543 del 1976, id., Rep. 1976, voce Impiegato dello Stato, n. 519).
Gli atti inerenti al rapporto di impiego, cioè, determinano la
posizione giuridica dell'impiegato con riguardo ad una serie
aperta di conseguenze ad essa correlate, consistenti in diritti,
obblighi, prerogative, aspettative, ecc. che concorrono a forma
re, appunto, lo status dell'impiegato medesimo; in particolare, anche solo l'attribuzione di un diverso trattamento economico è fonte di molteplici diritti ed obblighi (alcuni dei quali esulano dal rapporto di impiego) ed è destinato a ripercuotersi quanto meno su due diritti conseguenziali alla cessazione del rapporto, vale a dire l'indennità di buonuscita e il trattamento pensioni stico.
Non è ammissibile, perciò, che detti provvedimenti vengano considerati legittimi nell'ambito del rapporto di pubblico impie go e illegittimi, invece, in altri rapporti che, quale quello di
pensione, si costituiscono sulla base del primo e presuppongono la medesima posizione giuridica. E si comprende come le con
troversie al riguardo debbano essere decise con efficacia di giu dicato dal competente giudice amministrativo, in sede di giuris dizione esclusiva; con la duplice conseguenza, in tema di pregiu dizialità, che la contestazione sulla legittimità del provvedimento
presupposto, ancora impugnabile davanti a quel giudice, dà sem
pre luogo ad una causa pregiudiziale (con sospensione di quella
principale) e che, per contro, ogni questione in proposito è pre clusa quando il provvedimento medesimo sia divenuto definitivr.
per effetto di giudicato o per mancata impugnativa, in quanto la
definitività dell'atto opera in tutti i campi, compreso quello pen sionistico.
In tal modo escludendosi che la competenza incidentale della
corte dei conti consenta di sindacare la legittimità di atti inop
pugnabili del rapporto di impiego, cade in radice la possibilità — sulla quale si basa la sentenza impugnata — di far ricorso al
l'istituto della disapplicazione (che implica appunto quel sinda
cato, tanto se lo si ritenga espressione della stessa competenza incidentale, quanto se lo si configuri come autonomo potere rico
nosciuto al giudice dei diritti); e deve essere ribadito il suddetto
indirizzo, che corrisponde anche a fondamentali esigenze di cer
tezza giuridica, non potendosi ammettere che, in sede di liquida zione della pensione, possano essere rimessi in discussione i prov vedimenti concernenti lo stato giuridico ed il trattamento eco
nomico del dipendente pubblico (al limite, dalla data della sua
ammissione in servizio) divenuti definitivi nell'ambito dell'ordina mento dell'ente datore di lavoro.
Né — contrariamente a quanto afferma la difesa dei resistenti —
tale limitazione della competenza incidentale della Corte dei conti
(la quale competenza sussiste, ovviamente, per ogni altra questio ne relativa a diritti, sempre con esclusione di quelle di status e degli incidenti di falso, come testualmente stabiliscono, per que sti ultimi, gli art. 9 e 11 reg. proc. 1. 11 agosto 1933 n. 1038) in terferisce con il potere-dovere del giudice delle pensioni di deli bare gli atti suddetti sotto il profilo della loro rilevanza ed effica cia alla stregua della disciplina del rapporto di quiescenza, diversa da quella del rapporto di attività (ben può accadere, ad es., che de terminati emolumenti, attribuiti al dipendente, non siano compu tabili in pensione perché sforniti dei caratteri richiesti dall'ordina
mento pensionistico); questa indagine, infatti, rientra nella pote stà giurisdizionale propria della corte e nulla ha da vedere con la
cognizione incidentale.
In definitiva, la Corte dei conti, nell'esercizio della giurisdizione esclusiva sui provvedimenti di concessione, di rifiuto o di riduzio ne della pensione (art. 13 e 62 r.d. 12 luglio 1934 n. 1214), ha il
potere di giudicare di ogni questione che investa il diritto, la misura e la decorrenza della pensione stessa (e degli altri assegni che ne costituiscono parte integrante), ma non può conoscere, nep pure in via incidentale, degli atti amministrativi relativi al rap porto di impiego negli aspetti di attività di servizio, inerenti allo status dell'impiegato, diventati definitivi per mancata impugnativa davanti al giudice amministrativo proprio di tale rapporto.
Nella specie, come si è visto (e il controllo può essere condotto da questa corte anche in fatto, in quanto relativo alla giurisdizio ne), i provvedimenti del comune di S. Martino del Tagliamento, in base ai quali i miglioramenti economici furono attribuiti all'at tuale ricorrente, erano diventati definitivi molto tempo prima del ricorso alla Corte dei conti, non essendo stati impugnati nella sede giurisdizionale competente, né il regolamento con il quale l'ente aveva recepito il nuovo trattamento, né l'atto specificamente riguardante il Bearzotti.
La decisione impugnata, quindi, non poteva esaminare la legit timità degli stessi, neppure al fine di escludere i miglioramenti dal computo della pensione, sicché, operando in tal senso, ha esorbi tato dai limiti della sua competenza giurisdizionale.
Ne consegue che, in accoglimento del ricorso, la decisione im
pugnata deve essere cassata con rinvio alla stessa Corte dei conti, affinché riesamini la controversia alla stregua del principio di di ritto sopra enunciato. (Omissis)
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
II
Rilevato in fatto. — L'adunanza plenaria del Consiglio di Stato,
provvedendo con la decisione in epigrafe indicata sui ricorsi pro
posti da Francesco Branciforti, Carlo Paravisi, Annunziata Pa
squale, Mauro Guerrini, Augusto Morri, titolari di pensione a ca
rico dello Stato, avverso i provvedimenti con i quali l'amministra
zione del tesoro aveva proceduto al recupero di somme relative
ad assegni accessori non più dovuti, per essersi essi reimpiegati
presso amministrazioni pubbliche, ha affermato la propria giurisdi zione sulla controversia ed ha ritenuto legittimi i provvedimenti, ma irripetibili le somme già versate.
In ordine alla giurisdizione ha osservato quanto segue. Poiché il trattamento di quiescenza, di cui è parte la pensione, è oggetto di un diritto soggettivo che nel rapporto di impiego pub blico trova la sua unica fonte, come è dimostrato dall'art. 123 t.u.
10 gennaio 1957 n. 3, e poiché tale rapporto è attribuito intera
mente alla giurisdizione esclusiva amministrativa, tranne che per la materia di pensione a carico dello Stato, attribuita alla giuris dizione esclusiva della Corte dei conti, vuol dire che questa è come
ritagliata da quella, come del resto è chiarito anche dall'art. 29, n. 1, t.u. 26 giugno 1924 n. 1054, laddove attribuisce al Consiglio di Stato i ricorsi relativi ai rapporti d'impiego « quando non si
tratti di materia spettante alla giurisdizione della Corte dei conti ».
Nell'ambito di tale sistema, vanno considerati gli art. 13 e 62
t.u. 12 luglio 1934 n. 1214, il primo dei quali fornisce solo una
generica indicazione della giurisdizione della Corte dei conti, men
tre il secondo lascia intendere che essa è limitata a quanto con
cerne con immediatezza, anche nella misura, il sorgere, il modifi
carsi e l'estinguersi totale o parziale del diritto alla pensione come
tale e in senso stretto, sicché ne rimane escluso il rapporto che,
pur accedendo a questo diritto o essendone presupposto non im
mediato o avendolo a proprio presupposto, non s'identifica con
esso o con il fatto giuridico da cui sorge. Ne consegue che occor
re distinguere, sulla base delle norme sostanziali che discipli nano quel diritto, fra pensione vera e propria, disciplinata nei
titoli III, IV e V del t.u. n. 1092 del 1973 ed assegni accessori,
disciplinati nel titolo VI: la prima è oggetto di provvedimento di liquidazione ed implica valutazione dei servizi computabili,
gli altri invece ne sono estranei, talora dipendono persino da
provvedimenti di organi diversi da quelli competenti a procedere alla predetta liquidazione, hanno proprie regole ed autonome
ragioni d'essere. Dunque, della prima soltanto può conoscere la
Corte dei conti, senza che valga opporre, con la Corte di cassa
zione, che il rapporto di impiego si è ormai esaurito: esso resta
la fonte di una serie di effetti che si producono fino a quando i
suoi soggetti « rimangono vincolati l'uno verso l'altro sia mercé
ad un comportamento o ad una prestazione qualsiasi ».
A questo primo profilo deve aggiungersi, per quanto attiene
alla domanda di annullamento della parte di provvedimento con
cernente il recupero delle somme già versate dall'amministrazio
re, che essa, contrariamente a quanto ha ritenuto la Corte di cas
sazione, non deve qualificarsi in base al carattere non discrezio
nale del provvedimento stesso, ma in base all'interesse che in
tende affermare e che, contrapponendosi ad un'attività dell'am
ministrazione pubblica espressa mediante atti formali e diretta
a tutelare l'interesse pubblico, alla pari, del resto, di ogni atto di
annullamento, ha natura di interesse legittimo, sul quale non può
pronunciarsi né il giudice ordinario, né la Corte dei conti, atteso
che trattasi di posizione che presuppone l'accertata carenza di
un titolo.
Di questa decisione il ministero del tesoro chiede la cassazio
ne per un unico motivo. Resistono gli attori con controricorso.
Osserva in diritto. — L'amministrazione denuncia, in rela
zione all'art. 360, n. 1, c.p.c., difetto di giurisdizione per viola
zione degli art. 29 e 30 t.u. 26 giugno 1924 n. 1054, 13 e 62 t.u.
12 luglio 1934 n. 1214, 2 e 3 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, 2033
c.c., sostenendo che il Consiglio di Stato, nell'affermare la propria
giurisdizione, non ha considerato che la giurisdizione della Corte
dei conti in materia di pensioni riguarda tutti gli atti che co
munque incidano sull'esistenza e sulla determinazione del di
ritto al relativo trattamento, ivi compresi i connessi assegni ac
cessori, dotati di funzione integrativa della pensione; ha carattere
esclusivo e perciò si estende anche a situazioni soggettive non
aventi consistenza di diritto; comunque non incide, quando si
pronuncia su provvedimenti di recupero di somme indebitamente
pagate, su atti discrezionali.
Il ricorso è pienamente fondato. Come si rammenta anche nella
decisione dell'adunanza plenaria fatta oggetto dell'attuale ricor
so, le sezioni unite hanno già ritenuto che appartenendo alla giu risdizione della Corte dei conti, in virtù degli art. 13 e 62 t.u. 12
luglio 1934 n. 1214, le controversie relative a provvedimenti del
l'amministrazione che concedono, rifiutano, o riducono il trat
tamento di pensione (sent. 29 ottobre 1974, n. 3246, Foro it., 1975, I, 344; 28 maggio 1975, n. 2155, id., Rep. 1975, voce Pensione, n. 326 a), sono assoggettate alla stessa giurisdizione anche quelle relative agli assegni accessori. Questi, infatti, hanno tutti fun zione integrativa della pensione in senso stretto, in quanto sono diretti ad adeguarne la misura minima alle reali condizioni ed
esigenze individuali e familiari del pensionato, cosf come risulta no dalla documentazione che anche a tale scopo deve essere rac colta in sede di istruzione della pratica necessaria per l'attribu zione del trattamento (sent. 27 febbraio 1976, n. 630, id., 1976,
I, 1902). Inoltre, essi non hanno alcun addentellato con il pre gresso ed ormai esaurito rapporto di impiego pubblico, all'infuori della medesima dipendenza da esso che è propria anche della
pensione in senso stretto e che — ovviamente presupposta dalle citate norme del t.u. del 1934 — non ha impedito di creare e mantenere dal 1862 in poi la predetta giurisdizione esclusiva del la Corte dei conti (v. sent. 29 gennaio 1971, n. 221, id., 1971, I, 1282; 12 maggio 1976, n. 1656, id., Rep. 1976, voce cit., n. 272; 27 ottobre 1979, n. 5507, id., Rep. 1979, voce cit., n. 252).
Quest'ultima, poi, è stata affermata, di recente, pure nel caso di domanda di pensionato diretta a contestare la legittimità del
provvedimento di recupero di detti assegni, ancorché sotto il
profilo dell'irripetibilità di quanto riscosso in buona fede, e de stinato ai bisogni alimentari, in considerazione della stretta con nessione o dipendenza delle relative questioni rispetto alla ma teria pensionistica (sent. 7 gennaio 1981, n. 77, id., 1981, I, 2008).
A mutare questi meditati giudizi — i quali, come non si è mancato di rilevare nell'ultima delle citate sentenze, hanno an che il pregio « di evitare (specie per certe categorie di persone interessate) le difficoltà di sottili distinzioni e quindi il rischio di incertezze, ancora più deprecabili in materia di giurisdizione, con pregiudizio del diritto del cittadino ad avere tempestiva giu stizia » — non valgono i rilievi addotti dall'adunanza plenaria.
Dall'ovvia presenza di apposite disposizioni sul tema degli as
segni accessori — i quali certamente non si identificano con la
pensione in senso stretto e perciò abbisognano anche di regole specifiche — non può dedursi la possibilità di scorporare quelli da questa, ai fini della giurisdizione, sia perché lo stesso argo mento toponomastico — a parte la sua intrinseca debolezza — è
svilito dall'essere la disciplina degli uni e dell'altra contenuta in un unico testo, dedicato al « trattamento di quiescenza », sia
perché, soprattutto, esso non basta ad escludere che in ogni caso si tratti di istituti i quali rientrano nella « materia » pensioni stica, sia per i soggetti cui si rivolgono, sia per la funzione ed il contenuto che li caratterizzano.
Neppure giova opporre che la ripetizione di importi di pen sione pagati ma non dovuti, è concretata in provvedimenti discre zionali preordinati alla soddisfazione dell'interesse pubblico ed incidenti su interessi legittimi, come ogni altro annullamento.
Anzitutto ciò non è del tutto esatto, perché trattasi di provve dimenti previsti da specifiche norme di legge che ne regolano minuziosamente i presupposti, i contenuti e gli effetti. Comunque, la giurisdizione di un giudice amministrativo, quando sia attri
buita, come nel caso in esame, in via esclusiva, ha una tale estensione da comprendere la tutela tanto dei diritti, quanto de
gli interessi, sicché è impossibile delimitarne l'ambito ricorrendo alla distinzione fra i due tipi di situazioni soggettive (v. anche la cit. sent. n. 77 del 1981).
Infine, se, proprio per dare un senso alla distinzione, nel prov vedimento di recupero si scorge solo una fattispecie di annulla
mento, occorre ravvisare, su di esso, la giurisdizione generale di
legittimità e non quella esclusiva del complesso tribunali ammi
nistrativi regionali - Consiglio di Stato: ma in tal caso ci si svin cola dalla premessa che trattasi di atti incidenti sul rapporto di
impiego e si introduce un ulteriore elemento di confusione in una materia che, ripetesi, richiede chiarezza più di ogni altra.
Pertanto, in accoglimento del ricorso, deve essere dichiarata la
giurisdizione della Corte dei conti sulla controversia, e la sen tenza impugnata deve essere cassata senza rinvio, a norma del
l'art. 382,. 3° comma, c.p.c. (Omissis)
III
Fatto. — Michelina Fattibene con atto notificato alla direzio
ne provinciale del tesoro di Roma ed al ministero del tesoro pro
poneva ricorso giurisdizionale al Consiglio di Stato per l'annul
lamento del provvedimento con il quale era stata dichiarata non
dovuta l'indennità integrativa speciale sulla pensione di riversi
bilità da lei goduta, essendo ella impiegata alle dipendenze del
l'E.n.p.a.s. ed era stato ordinato il rimborso delle somme prima
percepite a tale titolo.
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PARTE PRIMA
L'amministrazione del tesoro eccepiva il difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, assumendo che la giurisdizione appartene va alla Corte dei conti, trattandosi di controversia in materia di
pensione.
Il Consiglio di Stato con la decisione n. 724 dell'I 1 giugno - 28
luglio 1977 affermava la propria giurisdizione osservando quan
to segue: 1) che la giurisdizione della Corte dei conti in mate
ria di pensioni è limitata solo a quanto concerne con immedia
tezza il sorgere, il modificarsi o l'estinguersi totale o parziale del
diritto alla pensione in senso stretto, e non si estende anche agli
assegni accessori, che sono estranei al provvedimento di liquida
zione della pensione e soltanto lo presuppongono; 2) che, con
tenendo e presupponendo, necessariamente, il provvedimento che
dispone il recupero delle somme indebitamente corrisposte un
atto di annullamento di ufficio dei precedenti atti amministra
tivi in base ai quali è stato effettuato il pagamento, si configura un interesse qualificato del privato alla legittimità dell'indicato
provvedimento, soggetto quindi alla giurisdizione generale di
legittimità del Consiglio di Stato; 3) che il provvedimento di an
nullamento di ufficio di un atto amministrativo ha natura discre
zionale, implicando la valutazione circa l'opportunità di rimuo
vere effetti giuridici ed innestati ai rapporti sopravvenuti.
Avverso tale decisione la direzione prov. del tesoro di Roma
ed il ministero del tesoro hanno proposto ricorso con un unico
motivo. La Fattibene si è costituita con controricorso tardivo (in
data 1° maggio 1982), ma nel quale chiede esclusivamente la
compensazione delle spese.
Diritto. — Con l'unico mezzo del ricorso, le amministrazioni
ricorrenti deducono la violazione degli art. 29 e 30 t.u. 26 giu
gno 1924 in. 1054, 13 e 62 ,t.u. 12 luglio 1934 m. 1214, 2 e 3 1. 20
marzo 1865 n. 2248, ali. E, 2033 c.c. in relazione all'art. 360, n.
1, c.p.c. per difetto di giurisdizione; esse sostengono che erronea
mente il Consiglio di Stato avrebbe affermato la propria giurisdi zione senza considerare: 1) che la giurisdizione della Corte dei
conti in materia di pensioni riguarda tutti gli atti che comunque incidano sull'ara o sul quantum del diritto al relativo trattamento
e comprende anche il diritto ai relativi assegni accessori, aventi
funzione integrativa della pensione; 2) che la giurisdizione della
Corte dei conti ha carattere esclusivo e può conoscere anche di
situazioni soggettive non aventi consistenza di diritto; 3) che la
asserita discrezionalità dell'atto che dispone il recupero delle som
me indebitamente pagate riguarderebbe non il provvedimento che accerta l'errata corresponsione degli emolumenti e ne ordina
l'addebito, ma soltanto le modalità di recupero delle somme
pagate.
Queste sezioni unite, nell'espletamento del compito di distin
guere e determinare la sfera propria delle diverse giurisdizioni
degli organi giudiziari, hanno ritenuto che rientrano nella com
petenza giurisdizionale della Corte dei conti, a norma degli art.
13 e 62 t.u. 12 luglio 1934 n. 1214, le controversie relative a
provvedimenti dell'amministrazione che concedono, rifiutano, o
riducono il trattamento di quiescenza, ledendo il diritto dell'ex
dipendente pubblico in ordine all'ara od al quantum della pen
sione (sent. 29 ottobre 1974, n. 3246, Foro it., 1975, I, 344; 28
maggio 1975, n. 2155, id., Rep. 1975, voce Pensione, n. 326 a).
È stato, in particolare, affermato che gli assegni accessori han
no tutti funzione integrativa della pensione in senso stretto, in
quanto diretti ad adeguarne la misura minima alle reali condi
zioni ed esigenze fisiche, economiche e familiari di ogni pensio
nato, quali risultano dalla documentazione che anche a tale sco
po deve essere accolta in sede di istruzione della pratica neces
saria per l'attribuzione del trattamento (sent. 27 febbraio 1976, n.
630, id., 1976, I, 1902); e che le relative controversie non riguar dano un rapporto di pubblico impiego in corso di svolgimento
(devoluto alla giurisdizione del T.A.R. e del Consiglio di Stato),
ma coinvolgono il diritto all'assegno di pensione, o di parti inte
granti del complessivo trattamento di quiescenza del pensionato,
quali appunto l'indennità integrativa e la tredicesima mensilità
(sent. 29 gennaio 1971, n. 221, id., 1971, I, 1282; 12 maggio 1976,
n. 1656, id., Rep. 1976, voce cit., n. 272; 27 ottobre 1979, n. 5507,
id., Rep. 1979, voce cit., ti. 252).
Infine, la giurisdizione esclusiva della Corte dei conti, sempre ai sensi delle citate norme, è stata affermata pure nel caso di
domanda del pensionato diretta a contestare la legittimità del
provvedimento di recupero di detti assegni, ancorché sotto il
profilo della irripetibilità di quanto riscosso in buona fede, e de
stinato a bisogni alimentari, in considerazione della stretta con
nessione o dipendenza delle relative questioni rispetto alla mate
ria pensionistica (sent. 7 gennaio 1981, n. 77, id., 1981, I, 2008). Ed invero, a conferma e ripetizione di tali principi, basterà
nuovamente rilevare che il trattamento di pensione, spettante al
l'impiegato dopo la cessazione del rapporto di pubblico impiego,
oppure ai suoi parenti aventi diritto a titolo di reversibilità, non attiene alla posizione soggettiva di status del dipendente pubbli co, poiché solo per la disciplina di questo sussiste la competenza
giurisdizionale esclusiva del g.a. (T.A.R. e Consiglio di Stato). Il
diritto a pensione è un diritto soggettivo perfetto del titolare, che
trova bensì la causa nella preesistente o presupposta situazione
di pubblico impiego, ma che inerisce alla fase successiva al detto
rapporto, senza più comportare alcuna diretta applicazione della
disciplina del pregresso status.
Su tale diritto non può perciò estendersi la giurisdizione esclu
siva dei giudici amministrativi suddetti, e sussiste invece quella esclusiva della Corte dei conti.
Per di più, anche la liquidazione e la determinazione della mi sura della pensione, sono concretate in provvedimenti previsti da
specifiche norme di legge, e non integrano affatto degli atti di screzionali della p.a.; pertanto, trattandosi di un rapporto fon dato sui diritti del pensionato e sui corrispondenti obblighi della
p.a., disciplinato esclusivamente da norme di legge, non può sus sistere al riguardo neppure la giurisdizione generale di legitti mità del giudice amministrativo, ma interviene al riguardo solo la giurisdizione piena ed esclusiva della Corte dei conti.
A tale rilievo è pure collegata l'ulteriore considerazione che anche le regole sull'eventuale ripetibilità delle somme che si as sumono erroneamente pagate al pensionato non hanno alcuna connessione con la pretesa esistenza, esattezza, e legittimità di un atto amministrativo che abbia erogato somme che poi si so
stengono non spettanti. Al contrario, anche tali norme sulla spet tanza o meno, e quindi sulla possibilità di conseguire l'eventuale
recupero, di indennità e voci integrative, sono sempre norme
esplicite di legge inerenti al diritto sostanziale del titolare a per cepire o meno tali emolumenti. E quindi anche sotto tale profilo l'unico giudice competente è quello che ha il potere di attribuire e determinare il trattamento pensionistico.
Pertanto, in accoglimento del ricorso, deve essere dichiarata la
giurisdizione della Corte dei conti sulla controversia, e la sen tenza denunciata del Consiglio di Stato deve essere cassata senza
rinvio, ai sensi dell'art. 382, 3° comma, c.p.c., difettando tale or
gano ed anche quello di primo grado (T.A.R.) della giurisdizio ne in materia. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 13 novembre 1982, n. 6035; Pres. Marchetti, Est. Virgilio, P. M. Sgroi V. (Conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato Ange lini Rota) c. Ente autonomo acquedotto pugliese (Avv. G. Guarino, Cocivera). Cassa Comm. trib. centrale 5 aprile 1976, n. 4646.
Società e obbligazioni (imposta sulle) — Ente autonomo acque dotto pugliese — Natura — Esenzione dall'imposta — Esclu sione (R.d. 19 ottobre 1919 n. 2060, che istituisce con sede in Bari un ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'acquedotto pugliese, fissandone l'ordinamento; d.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645, t.u. sulle imposte dirette, art. 151).
L'Ente autonomo acquedotto pugliese non rientra fra i consorzi tra enti pubblici territoriali ed è perciò soggetto all'imposta sulle società. (1)
(1) Le sezioni unite — con la decisione su riportata e le altre con formi, da n. 6036 a n. 6041 — intervengono a comporre il singolarissi mo contrasto creatosi nell'ambito della medesima sezione della corte di legittimità: sez. >1 19 luglio 1979, n. 4295, e 9 ottobre 1979, n. 5224, Foro it., 1980, I, 1715.
La dissonanza tra le pronunzie, che si segnalano per l'ampiezza e la coerenza della motivazione, viene risolta in favore di Cass. 4295/ 1979 sulla base di un'attenta indagine esegetica della norma controver sa, cui si aggiunge, quale verifica della soluzione offerta dalle sezioni unite, l'interessante riferimento alla 1. 20 marzo 1975 n. 70, che, nel riordinare gli enti pubblici, include l'Ente autonomo acquedotto pu gliese in una categoria classificatoria a sé stante, distinta da quella dei consorzi tra enti locali e territoriali, separatamente considerata dal legislatore.
Anche in questa vicenda processuale, al pari di quelle che hanno dato luogo al contrasto di giurisprudenza, le commissioni tributarie avevano tutte riconosciuto l'ente quale consorzio tra Stato e province, cosi come lo definiva la 1. istitutiva 26 giugno 1902 n. 245.
Un cenno infine va fatto all'eccezione di incostituzionalità dell'art. 151 t.u. delle imposte dirette, sollevata in extremis nella discussione orale dal convenuto, disattesa senza difficoltà dal collegio giudicante, per una presunta ingiustificata disparità di trattamento tra l'ente de quo e gli altri enti espressamente menzionati dalla norma, operanti alla stregua del primo nel settore dei servizi di pubblico interesse.
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