sezioni unite civili; sentenza 15 novembre 1994, n. 9594; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est.Borrè, P.M. Aloisi (concl. parz. diff.); Regione Lombardia (Avv. Lorenzoni, Pagano) c. Aziendapubblica autoservizi Mantova (Avv. Ciociola, Genovesi); Azienda pubblica autoservizi Mantova c.Regione Lombardia. Cassa App. Milano 27 ottobre 1992Source: Il Foro Italiano, Vol. 118, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1995), pp. 2197/2198-2199/2200Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193351 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 15 no vembre 1994, n. 9594; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est.
Borre, P.M. Aloisi (conci, parz. diff.); Regione Lombardia
(Avv. Lorenzoni, Pagano) c. Azienda pubblica autoservizi
Mantova (Avv. Ciociola, Genovesi); Azienda pubblica auto
servizi Mantova c. Regione Lombardia. Cassa App. Milano 27 ottobre 1992.
Autoservizi — Lombardia — Concessionario di autolinee — Sov
venzioni — Erogazione — Ritardo — Domanda di interessi
e rivalutazione monetaria — Giurisdizione ordinaria.
Appello in materia civile — Giurisdizione ordinaria — Affer mazione in appello — Rimessione al primo giudice — Pro
nunzia sulle spese (Cod. proc. civ., art. 91, 353).
Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la cognizione della domanda con la quale il concessionario di autolinee ope ranti in Lombardia, lamentando il ritardo nel versamento del l'ammontare delle sovvenzioni accordate, chiede la condanna
della regione alla corresponsione degli interessi e della rivalu
tazione monetaria sul medesimo importo. (1) La corte d'appello, nella sentenza con la quale afferma la
giurisdizione del giudice ordinario negata dal tribunale ri
mettendo le parti avanti ad esso, deve provvedere anche
sulle spese. (2)
Svolgimento del processo. — Con citazione notificata il 24
settembre 1986 l'Azienda pubblica autoservizi di Mantova (Apam) convenne in giudizio davanti al Tribunale di Milano la regione
Lombardia, esponendo che essa attrice aveva esercitato fino al
31 dicembre 1981 il servizio di autolinee Mantova-Peschiera e
Brescia-Carpenedolo in regime di sovvenzione ai sensi della 1.
1221/52 e 1. reg. 51/80; che il pagamento delle sovvenzioni era
avvenuto, ad opera della regione Lombardia, solo I'll settem
bre 1985; che la regione, con delibera del 17 dicembre 1985,
(1) L'affermazione riassunta in massima trova puntuale riscontro nel la richiamata Cass. 3 novembre 1993, n. 10830, Foro it., Rep. 1993, voce Giurisdizione civile, n. 119, secondo cui in materia di sovvenzioni alle imprese esercenti il pubblico servizio di trasporto in regime di con
cessione, mentre le controversie attinenti alla spettanza ed alla quantifi cazione del beneficio sono devolute alla giurisdizione amministrativa, non essendo configurabili al riguardo se non interessi legittimi del con
cessionario, una volta che l'erogazione sia stata disposta, sorge un rap porto obbligatorio fra pubblica amministrazione e beneficiario, che è sostanzialmente regolato dalle norme del codice civile e soggetto alla
cognizione del giudice ordinario, cui vanno, pertanto, devolute le con troversie aventi ad oggetto la corresponsione di interessi e rivalutazione sulle somme di cui alla sovvenzione riconosciuta, ma erogata con ritardo.
Sul più generale problema della individuazione dei criteri di riparto della giurisdizione in ordine alle controversie vertenti sulla erogazione dei pubblici contributi, finanziamenti, sovvenzioni ed incentivazioni fi
nanziarie, in aggiunta a Cass. 8 marzo 1994, n. 2224, id., 1994,1, 1372, con nota di richiami, anche alla precedente Cass. 9 novembre 1992, n. 12074, id., 1993, I, 2240, con ampi riferimenti alla giurisprudenza e alla dottrina riguardanti la questione, si possono ricordare: a) Cass. 27 luglio 1993, n. 8385, id., Rep. 1993, voce cit., n. 120, per la quale in tema di finanziamento dei corsi di formazione professionale, conces so con decreto del ministro del lavoro e della previdenza sociale, con contributi in parti uguali a carico del fondo sociale europeo e della
quota statale del fondo per l'addestramento professionale, previa ap provazione, ad opera della commissione Cee, del relativo progetto pre sentato dall'amministrazione italiana, una volta esaurito il procedimen to previsto dalla normativa comunitaria (decisione Cee n. 66 del 1971
e regolamenti Cee n. 2396 del 1971 e n. 858 del 1972) e nazionale (1. n. 736 del 1973), il privato beneficiario acquista un vero e proprio dirit to (soggettivo) di credito verso l'amministrazione, che è obbligata a
corrispondere la somma indicata nel provvedimento di sovvenzione, con
la conseguenza che le controversie insorte nella fase (paritetica) di ese
cuzione del rapporto (nella specie, in relazione alla mancata erogazione del contributo statale a seguito di pretesi inadempimenti del privato nell'esecuzione del programma oggetto dell'intervento) rientrano nella
giurisdizione del giudice ordinario, riguardando l'esatto adempimento degli obblighi reciproci e la verifica dei presupposti di eseguibilità del
credito del privato e non incidendo sull'atto amministrativo di sovven
zione, né sul potere discrezionale di concessione del contributo, già eser
citato dalle autorità comunitarie e nazionali; b) Cass. 17 maggio 1993, n. 5592, ibid., voce Navigazione aerea (ordinamento), n. 6, richiamata
in motivazione, ad avviso della quale in tema di pubblico servizio
Il Foro Italiano — 1995.
aveva riconosciuto dovuti gli interessi legali di mora a far tem
po dal 1° agosto 1982 e negato il maggior danno sul rilievo
che l'azienda non lo aveva dimostrato. Chiese, pertanto, che
il tribunale accertasse il maggior danno da essa sofferto a causa
della svalutazione monetaria e condannasse la regione al relati
vo pagamento. Il Tribunale di Milano negò la propria giurisdizione, rilevan
do che i costi del ricorso al credito reso necessario dal ritardato
pagamento rientravano fra gli elementi valutativi ai fini della sov
venzione, sicché la situazione soggettiva della concessionaria Apam era riconducibile all'art. 5, 1° comma, 1. 6 dicembre 1971 n. 1034.
L'Apam propose appello alla corte di Milano, la quale, con
sentenza del 27 ottobre 1992, riformò la decisione appellata e, ritenuta la giurisdizione del giudice ordinario, rimise la causa al tribunale ai sensi dell'art. 353 c.p.c., non provvedendo sulle
spese. La corte milanese osservò che: a) era inconferente il ri
chiamo al 1° comma dell'art. 5 1. 1034/71 in quanto non era
controversa né la debenza né la misura della sovvenzione; b) non era applicabile il 2° comma del citato art. 5, non trattando
si di controversia relativa ad «indennità, canoni, corrispettivi»;
c) non era pertinente il rilievo che il ricorso al credito costituiva
uno degli elementi valutabili ai fini della sovvenzione, ciò po tendo semmai escludere il pregiudizio in concreto della creditri
ce e concernendo quindi il merito, non la giurisdizione; d) per la stessa ragione era ininfluente la circostanza secondo cui, per effetto di successive disposizioni normative, l'Apam avrebbe con
seguito l'integrale copertura di propri disavanzi per gli anni in
controversia.
Contro tale sentenza la regione Lombardia ha proposto ricor
so per cassazione sulla base di un unico motivo illustrato con
memoria. L'Apam ha resistito con controricorso, svolgendo al
tresì un motivo di ricorso incidentale.
Motivi della decisione. — (Omissis). Un più generale proble ma, che è necessario proporsi, è se, configurandosi la posizione
soggettiva dell'aspirante alla sovvenzione come interesse legitti
di trasporto aereo, nello stabilire la misura delle sovvenzioni annual mente accordabili ai concessionari del servizio, a norma dell'art. 1, 4° comma, r.d.l. n. 3176 del 1923, convertito nella 1. n. 753 del 1926, l'amministrazione non si limita a recepire il risultato delle formule ma tematiche previste nelle norme regolamentari (art. 7 d.p.r. n. 65 del
1973), ma deve assumere, quale limite immanente alle proprie determi
nazioni, l'esistenza e l'entità degli appositi stanziamenti, procedendo, in caso d'incapienza di questi, alla riduzione delle somme liquidabili in base alle predette formule; pertanto, la posizione dei concessionari
aspiranti alle sovvenzioni non è qualificabile come diritto soggettivo e la sua tutela rientra nella giurisdizione generale di legittimità del giu dice amministrativo, non ricorrendo, peraltro, alcuna ipotesi di giuris dizione esclusiva di detto giudice (art. 5 e 7 1. n. 1034 del 1971), in
quanto le sovvenzioni in questione non riguardano aspetti intrinseci della
concessione del pubblico servizio, né condizioni e modalità del suo esercizio.
(2) In senso conforme, Cass. 8 maggio 1992, n. 5504, Foro it., Rep. 1992, voce Spese giudiziali civili, n. 5, nonché tutte le altre pronunzie richiamate nella motivazione di Cass. 3 aprile 1985, n. 2273, id., 1986, I, 519, con nota redazionale, fra le quali sez. un. 12 marzo 1973, n.
665, id., 1973, I, 3181, con nota di richiami, secondo cui la sentenza di appello che, affermata la giurisdizione ordinaria negata dal tribuna
le, gli rimette la causa per la decisione del merito, legittimamente prov vede anche sulle spese del giudizio di primo grado. Per Cass. 30 dicem bre 1993, n. 12992, id., Rep. 1993, voce cit., n. 13, il giudice di appello che, affermando la giurisdizione ordinaria negata dal primo giudice gli rimette la causa, non può porre le spese del giudizio di primo grado a carico della parte risultata vittoriosa in appello sulla questione di giu risdizione, né può, ai fini della statuizione sulle spese, delibare, sia pure incidenter tantum, il merito della controversia, dovendo statuire sulle
spese del primo giudizio non in base al principio della soccombenza
virtuale, ma tenuto conto della soccombenza in relazione all'unica que
stione, dibattuta e decisa, della giurisdizione. La citata Cass. n. 2273 del 1985 ha, dal canto suo, ritenuto che il
giudice di appello, nel dichiarare la inesistenza della sentenza impugna ta, può riservare ogni decisione sulle spese dei due gradi al giudice di
prime cure al quale rimette la causa. E tale sentenza, come puntualmen te avvertito nella nota redazionale cit., si è discostata dalla giurispru denza richiamata nella sua motivazione (e ora ribadita dalle sezioni uni
te), (giurisprudenza) che, pur discutendo circa il potere-dovere del giu dice di appello di statuire anche sulle spese del primo grado di giudizio, non ha mai revocato in dubbio l'obbligo, o quanto meno, il potere, del medesimo giudice di decidere comunque sulle spese del procedimen to di secondo grado. [C. M. Barone]
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2199 PARTE PRIMA 2200
mo (in tal senso v. la citata sentenza di queste sezioni unite
5592/93, Foro it., Rep. 1993, voce Navigazione aerea (ordina
mento), n. 6), tale carattere non coinvolga anche il profilo tem
porale della fattispecie, nel senso che l'ente pubblico prowede rebbe discrezionalmente in proposito anche per quanto concer
ne il quando senza che sia possibile configurare, in favore
dell'impresa sovvenzionata, un danno risarcibile da ritardo. Al
riguardo soccorre, peraltro, un recente precedente di queste se
zioni unite (sent. 3 novembre 1993, n. 10830, ibid., voce Giuris dizione civile, n. 119), secondo il quale, in materia di sovven zioni alle imprese esercenti il pubblico servizio di trasporto in
regime di concessione, mentre le controversie attinenti alla spet tanza e alla quantificazione del beneficio sono devolute alla giu risdizione amministrativa, non essendo configurabili al riguar do se non interessi legittimi del concessionario, una volta che
l'erogazione sia stata disposta... sorge un rapporto obbligatorio fra pubblica amministrazione e beneficiario, regolato dalle nor
me del codice civile e soggetto alla cognizione del giudice ordi
nario, cui vanno, pertanto, devolute le controversie aventi ad
oggetto la corresponsione di interessi e rivalutazione sulle som
me di cui alla sovvenzione riconosciuta ma erogata in ritardo.
Tale principio non solo si attaglia al caso in esame, ma è
applicabile a fortiori, postoché, nella specie, non solo è stata
disposta la sovvenzione, ma è stato riconosciuto (e liquidato) anche il risarcimento del danno da ritardo nel pagamento, sia
pure nella misura minima di cui al 1° comma dell'art. 1224
c.c., essendo stata ritenuta non provata la ulteriore componente dello stesso diritto costituita dal maggior danno di cui al capo verso della norma citata, maggior danno che è ora oggetto della
domanda giudiziale. Ben può concludersi, quindi, con la richia
mata sentenza delle sezioni unite, che «si tratta... di una con
troversia civilistica sul danno moratorio che appartiene alla giu risdizione del giudice ordinario».
3. - Con l'unico motivo del ricorso incidentale l'Apam dedu
ce violazione degli art. 91 e 353 c.p.c., dolendosi che la corte
d'appello, nell'affermare la giurisdizione del giudice ordinario e nel rimettere la causa al tribunale, non abbia provveduto sulle
spese, rinviando la relativa pronuncia «al definitivo».
La censura è fondata. In realtà la corte milanese ha chiuso
il processo davanti a sé, sicché non avrebbe potuto rimettere
ad un momento successivo la pronuncia sulle spese. 4. - Il ricorso della regione va dunque rigettato e va dichiara
ta la giurisdizione del giudice ordinario. Va invece accolto il
ricorso incidentale dell'Apam e la sentenza impugnata deve es
sere, in relazione a tale censura, cassata, con rinvio della causa
ad altro giudice, che si designa in una diversa sezione della Cor
te d'appello di Milano.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 3 settem
bre 1994, n. 7629; Pres. Sensale, Est. Vitrone, P.M. Lanni
(conci, conf.); Ciliberto (Avv. Boschi) c. Secreti (Avv. Frat
tali Clementi). Conferma App. Catanzaro, sez. min., 19 gen naio 1993.
Camera di consiglio (procedimenti in) — Assunzione della pro va —
Delega ad un membro del collegio — Inammissibilità
(Cod. proc. civ., art. 738). Procedimento civile — Trattazione collegiale — Assunzione della
prova — Delega ad un membro del collegio — Vizio — Na
tura (Cod. proc. civ., art. 158, 161).
Competenza civile — Azione per la dichiarazione di paternità e maternità naturale di minore — Azione di condanna al pa
gamento di assegno di mantenimento e di rivalsa — Cumulo — Ammissibilità — Tribunale per i minorenni — Competen za (Cod. civ., art. 269; disp. att. cod. civ., art. 38; cod. proc. civ., art. 40).
Il Foro Italiano — 1995.
Nel giudizio avente ad oggetto la dichiarazione giudiziale di pa ternità e maternità naturale di figli minori, il quale è retto
dalle regole proprie del rito camerale, non è ammissibile la
delega da parte del collegio ad uno dei suoi componenti per
l'assunzione delle prove. (1) Nei giudizi a trattazione collegiale l'inosservanza del divieto di
delega dell'assunzione della prova a un membro del collegio dà luogo a una nullità assoluta per vizio di costituzione del
giudice, la quale soggiace al principio di conversione dei mo
il) La Suprema corte afferma il principio di cui alla massima ritenen do estensibili al rito camerale le soluzioni elaborate con riferimento al
processo del lavoro e argomentando dalla mancanza nei procedimenti in camera di consiglio della figura del giudice istruttore.
In giurisprudenza, è pacifico che nelle controversie in materia di la
voro in grado di appello le prove devono essere assunte dal collegio, che non può delegare il compito ad uno dei suoi componenti: cfr. Cass. 7 maggio 1979, n. 2608, Foro it., 1980, I, 786, con osservazioni di
Proto Pisani e Mass. giur. lav., 1980, 612, con nota di Silvetti; 14 settembre 1989, n. 3926, Foro it., Rep. 1989, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 270; 16 maggio 1991, n. 5517, id., Rep. 1991, voce
cit., n. 237; 26 novembre 1992, n. 12638, id., Rep. 1992, voce cit., n. 236; in dottrina, v. per tutti: C.M. Barone (V. Andrioli, G. Pezza
no, A. Proto Pisani), Le controversie in materia di lavoro, Bologna Roma, 1987, 878-879; Tarzia, Manuale del processo del lavoro, Mila
no, 1980, 222. Di segno opposto sono le (poco numerose, in relazione ai limiti di
ammissibilità del ricorso per cassazione ex art. Ili, 2° comma, Cost, in materia camerale) pronunce di legittimità rese sul punto con riferi mento ai procedimenti in camera di consiglio: v. Cass. 20 giugno 1978, n. 3027, Foro it., Rep. 1978, voce Filiazione, nn. 57, 63; 20 dicembre
1985, n. 6526, id., Rep. 1985, voce cit., n. 65; 21 marzo 1990, n. 2350,
id., Rep. 1990, voce cit., nn. 59, 78, 96, e Giust. civ., 1990, I, 1739 e Giur. it., 1991, I, 1, 1345, emanata in tema di immodificabilità della
composizione dell'organo giudicante, in cui si legge: «questa corte, con
specifico riferimento alla dichiarazione giudiziale di paternità naturale, ha ritenuto che il principio della immutabilità del giudice non è violato
nell'ipotesi in cui il collegio che decide in camera di consiglio sull'am
missibilità dell'azione sia diversamente composto da quello di preceden ti fasi processuali... Il principio trae fondamento giuridico dalla riscon trata possibilità anche in tale procedimento camerale che un giudice componente del collegio possa essere delegato alla raccolta di elementi da sottoporre alla piena valutazione del collegio il quale poi, esaminan do l'intero materiale probatorio raccolto, lo valuta ai fini della decisio ne...». Di tali pronunce, assunte nella stessa materia della sentenza che
si riporta, quest'ultima non dà alcun conto. La figura del giudice dele
gato per l'istruttoria è assai diffusa nella pratica, in specie per quanto riguarda il processo davanti al tribunale per i minorenni; cfr. Pazé, Il processo minorile di volontaria giurisdizione tra prassi autoritarie e
incerte prospettive, in Questione giustizia, 1988, 61 ss., spec. 65 ss., 68 ss., il quale rinviene una prassi degenerativa del processo minorile nella perdita di collegialità; sottolineato come l'istruttoria collegiale avesse un significato di immediatezza di conoscenza e autorevolezza dell'orga no, rileva l'a.: «Si è invece presto generalizzata una prassi, modellata sui procedimenti contenziosi, di nomina di un giudice istruttore che
dispone ed assume ogni prova, assimilando il giudice "relatore" di cui all'art. 738 c.p.c. al giudice delegato nei procedimenti per l'applicazio ne di misure amministrative ...e nella fase di volontaria giurisdizione del procedimento di adottabilità... In tale linea il Consiglio superiore della magistratura (circolare 12 ottobre 1984, n. 7771) ha deliberato di ammettere l'impiego anche dei componenti privati, come singoli e non all'interno del collegio, in attività istruttorie per oggetto, fini e
cognizioni congrue alla loro specifica preparazione professionale, ratifi cando cosi il passaggio dalla collegialità alla monocraticità».
Si ricorda che l'art. 710 c.p.c., come modificato dalla 1. 29 luglio 1988 n. 331 che ha introdotto il rito camerale per il giudizio di modifica delle condizioni di separazione, prevede espressamente al 2° comma che il tribunale, allorquando provvede all'ammissione di mezzi istruttori, «può delegare per l'assunzione uno dei suoi componenti». Il legislatore ha cosi introdotto una figura assai simile a quella del giudice delegato all'istruzione del codice di rito del 1865 (cfr. Pagano, in Nuove leggi civ., 1989, 367 ss., 371) quale era andato configurandosi nella prassi. Chiovenda (Principi di diritto processuale civile, Napoli, 1980, rist., 684, 713-714, 814) ricorda come la possibilità, prevista all'art. 208, di assunzione della prova all'udienza dal collegio fosse «lettera morta» essendo «invece commessa a un giudice delegato» (v. anche Cipriani, In memoria dell'udienza collegiale, in Foro it., 1994, I, 1888), rilevan done il contrasto coi valori della concentrazione e dell'oralità, i quali richiedono «in primo luogo... che il giudice del processo orale sia dall'i nizio della causa sino alla decisione costituito dalle stesse persone fisi che» dal che consegue che se «il giudice è collegiale, tutte le attività
processuali, le dichiarazioni, le prove devono svolgersi davanti al colle gio e non davanti al giudice delegato».
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