sezioni unite civili; sentenza 15 ottobre 1999, n. 714/SU; Pres. Vessia, Est. Criscuolo, P.M.Morozzo Della Rocca (concl. diff.); Min. finanze c. Österreichische Kreditversicherungs AG(Avv. Romanelli, Riz), Intercontinentale Österreichische Gesellschaft für Transport undVerkehrswesen GmbH, Flw Mietbau und Speditionsgesellschaft mbH. Conferma Comm. trib. IIgrado Bolzano 24 febbraio 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 2 (FEBBRAIO 2000), pp. 507/508-513/514Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195457 .
Accessed: 28/06/2014 11:09
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 78.24.220.173 on Sat, 28 Jun 2014 11:09:54 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE PRIMA
senza titolo un fondo agricolo e lo nega a quello che detiene
per un titolo legittimo». La censura va disattesa.
In caso di morte del proprietario di fondi rustici condotti
o coltivati direttamente da lui o dai suoi familiari l'art. 49 1.
3 maggio 1982 n. 203 prevede — infatti — il costituirsi — quale effetto ex lege (per cui è la stessa legge ad attribuire una siffatta
posizione) — di un rapporto di affitto agrario, con inizio dalla data di apertura della successione, in favore di quegli eredi che
a tale momento risultino avere esercitato o continuino ad eser
citare su detti fondi attività agricola in qualità di imprenditori
agricoli a titolo principale o di coltivatori diretti (assumendo, così, costoro la qualità di affittuari e gli altri eredi — non colti
vatori diretti e non imprenditori agricoli a titolo principale —
la qualità di concedenti). La norma nulla dice, però, nel caso in cui i fondi siano con
dotti o coltivati dai familiari del de cuius, circa il titolo in base al quale sia svolta la conduzione o coltivazione da parte dei familiari stessi, dimodoché necessariamente deve ritenersi che
tale attività non può che avvenire o in forza di un contratto
agrario o di una concessione precaria, ma le rispettive conse
guenze, allora, non possono, parimenti, non essere diverse.
Se tra il de cuius ed alcuno (o alcuni) dei suoi familiari è
stato concluso un contratto agrario avente ad oggetto fondi ru
stici appartenenti al primo non ha ragione di operare, infatti, la speciale tutela di cui al 1 ° comma dell'art. 49, poiché, come
è stato osservato, in questo caso il familiare (o i familiari), in
qualità di concessionario sulla base di un contratto agrario, con
tinuerebbe ad usufruire del godimento del fondo rustico ai sensi del 3° comma dello stesso art. 49, secondo il quale «i contratti
agrari non si sciolgono per la morte del concedente».
Diversa è, all'opposto, la situazione qualora si tratti di con
cessione precaria, al di fuori, cioè, di un contratto agrario, che
verrebbe perciò azzerata dalla morte del proprietario. È in questo caso, dunque, che soccorre la norma del 10 com
ma dell'art. 49, poiché essa finisce per proteggere la posizione di quei familiari, che, magari per spirito di rispetto, di fiducia o altro, non si sono premuniti di un atto formale di concessione
del godimento del terreno.
Conseguentemente, atteso che la norma non intende incidere
sull'attribuzione del fondo (che resta soggetta alla normativa
dettata in materia di divisione) ma solo sacrificare gli interessi
di alcuni eredi a favore di altri in vista della prosecuzione del l'unitario godimento dei fondi già presente al momento dell'a
pertura della successione, l'ambito di applicazione e di tutela del 1° comma dell'art. 49 concerne le sole ipotesi in cui si è in presenza di rapporti di fatto.
Tutela che, viceversa, come pure sottolineato in dottrina, non avrebbe ragione di operare a favore di quei soggetti (eredi) che
già prima della morte del proprietario dei fondi abbiano un titolo circa il godimento dei fondi medesimi che assicuri la con
tinuità del rapporto oltre la morte del dante causa. A detti criteri di diritto si è dunque attenuta la corte territo
riale veneziana nel caso di specie, in cui il de cuius Ferrari Giu
seppe (deceduto nel dicembre 1991) ebbe a concedere in affitto al figlio Giorgio, attuale ricorrente, il fondo agricolo per cui è controversia a partire dall'11 novembre 1982, con scadenza
pertanto al 10 novembre 1997.
Correttamente, infatti, la corte ha escluso l'applicabilità del 1° comma dell'art. 49 1. 203/82 — con decorrenza dall'apertura della successione, come preteso dal Ferrari Giorgio — rilevando invero come la fattispecie legale presupponga la coltivazione di fatto del fondo del de cuius, e non un titolo negoziale, e come in questo caso, cioè in presenza di un tale titolo, il rapporto continui — ex 3° comma dell'art. 49 — in regime negoziale con gli altri eredi.
Col secondo motivo è denunciata omessa motivazione, poiché nessuna menzione è stata fatta nella sentenza impugnata della
circostanza, provata dai documenti in atti, che esso ricorrente è coltivatore diretto e coerede con Ferrari Maria Enrica del pre cedente proprietario Ferrari Giuseppe «realizzandosi precisamente la fattispecie delineata dal 1° comma dell'art. 49 1. 203/82».
Anche questa censura va disattesa, giacché essa è da ritenersi
implicitamente considerata dalla corte d'appello, posto che la re lativa pretesa del Ferrari era preclusa dall'esistenza del contratto di affitto e dovendosi perciò escludere l'insorgenza di un rappor to forzoso (né potendo valere — nella fattispecie — la disciplina prevista per l'equiparato, la cui deduzione, peraltro, appare nuova).
Il ricorso, pertanto, va rigettato.
Il Foro Italiano — 2000.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 15 ot
tobre 1999, n. 714/SU; Pres. Vessia, Est. Criscuolo, P.M.
Morozzo Della Rocca (conci, diff.); Min. finanze c. Òster
reichische Kreditversicherungs AG (Aw. Romanelli, Riz), In
tercontinentale Òsterreichische Gesellschaft fiir Transport und
Verkehrswesen GmbH, Flw Mietbau und Speditionsgesellschaft mbH. Conferma Comm. trib. II grado Bolzano 24 febbraio 1997.
Tributi in genere — Contenzioso tributario — Tributi doganali — Ricorso contro il ruolo — Giurisdizione delle commissioni
tributarie (Cod. proc. civ., art. 5; d.l. 13 maggio 1991 n. 151,
provvedimenti urgenti per la finanza pubblica, art. 11; 1. 12
luglio 1991 n. 202, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 13 maggio 1991 n. 151, art. 1).
Ai sensi dell'art. 11, 5° comma, d.l. 13 maggio 1991 n. 151,
convertito, con modificazioni, nella l. 12 luglio 1991 n. 202, il ricorso contro il ruolo emesso per la riscossione di tributi
doganali doveva essere proposto innanzi alle commissioni tri
butarie e non innanzi al giudice ordinario: in applicazione dell'art. 5 c.p.c. la giurisdizione del giudice tributario rimane
ferma anche dopo l'abrogazione della predetta disposizione. (1)
(1) I. - Nessun precedente nella giurisprudenza della Suprema corte. La poco felice formulazione dell'art. 11, 5° comma, d.l. 13 maggio
1991 n. 151, convertito, con modificazioni, nella 1. 12 luglio 1991 n. 202 («il ricorso contro il ruolo formato ai sensi delle disposizioni di cui all'art. 67, 2° comma, lett. a, d.p.r. 28 gennaio 1988 n. 43, nonché contro i relativi avvisi di mora è proposto davanti alla commissione tributaria»; l'art. 11, 5° comma, è stato abrogato dall'art. 71, 1° com
ma, d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546 e, poi, nuovamente — dopo la modifica di quest'ultimo articolo ad opera dell'art. 12 d.l. 8 agosto 1996 n. 433, convertito, con modificazioni, nella 1. 24 ottobre 1996 n. 556 — dall'art. 37 d.leg. 26 febbraio 1999 n. 46) aveva creato un'evi dente incertezza sull'individuazione del giudice competente a pronun ziarsi sui ruoli emessi per la riscossione di tributi non compresi nell'e lenco di cui all'art. 1 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636 (i.e. nell'elenco dei tributi per i quali sussisteva la giurisdizione delle commissioni tri
butarie). Nella giurisprudenza tributaria, giungono a conclusioni analoghe a
quelle di cui in massima, ravvisando la giurisdizione delle commissioni tributarie per i ruoli emessi ex art. 67 d.p.r. 43/88 anche se non relativi ai tributi di cui all'art. 1 d.p.r. 636/72, Comm. trib. reg. Sardegna 10 novembre 1997, Foro it., Rep. 1998, voce Tributi in genere, n. 1438, e Bollettino trib., 1998, 711, con nota di L. Ciocca, Ancora in tema di giurisdizione delle commissioni tributarie-, Comm. trib. II grado Be nevento 22 giugno 1994, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 1128; Comm. trib. I grado Salerno 20 luglio 1992, id., Rep. 1993, voce cit., n. 796, e Rass. imp., 1993, 465, con nota di M.L. Consolazio, Giurisdizione delle commissioni tributarie in tema di riscossione di tasse automobili stiche-, Comm. trib. I grado Belluno 18 luglio 1992, Foro it.. Rep. 1992, voce cit., n. 1015; Comm. trib. I grado Chieti 11 maggio 1992, ibid., n. 1016, e Bollettino trib., 1993, 929, con nota di A. Voglino, Ancora suit'«incerta» competenza in ordine alle impugnazioni dei ruoli e degli avvisi di mora in materia di tasse automobilistiche (nonché in materia di imposte di fabbricazione, imposte erariali di consumo, diritti doga nali e concessioni governative)-, Comm. trib. I grado Macerata 24 feb braio 1992, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 1017, e Fisco, 1992, 5987, con nota di F. Morozzo Delia Rocca; Bollettino trib., 1992, 1107, con nota di A. Voglino, Prime conferme sulla competenza delle com missioni tributarie in ordine alle impugnazioni dei ruoli e degli avvisi di mora in materia di tasse automobilistiche (nonché in materia di im poste di fabbricazione, imposte erariali di consumo, diritti doganali e concessioni governative).
Contra, e cioè nel senso che le commissioni tributarie difettano di
giurisdizione sulle controversie non rientranti tra quelle tassativamente
previste dall'art. 1 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, v. Comm. trib. I
grado Venezia 25 marzo 1994, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 1134, e Riv. dir. trib., 1994, II, 742, con nota favorevole di R. Schlavolin, Giurisdizione sui ricorsi contro il ruolo e limiti costituzionali all'esten sione delle controversie sottoposte alle commissioni tributarie; Comm. trib. I grado Benevento 9 marzo 1993, Foro it., Rep. 1993, voce cit., n. 797, e Bollettino trib., 1993, 1329, con nota di Voglino, Epilogo della problematica sulla competenza in ordine all'impugnazione dei ruoti e degli avvisi di mora in materia di tasse automobilistiche (nonché in materia di imposte di fabbricazione, imposte erariali di consumo, diritti doganali e concessioni governative)-, Dir. e pratica trib., 1995, II, 37, con nota di L. Pesce Maineri, Competenza giurisdizionale in materia di tributi minori-, Riv. dir. trib., 1994, II, 438, con nota di M.C. Fre gni, In tema di riscossione coattiva delle tasse automobilistiche e com petenza giurisdizionale nel ricorso contro il ruolo-, Comm. trib. I grado Sassari 9 marzo 1992, Foro it., Rep. 1993, voce cit., n. 798; v. anche Comm. trib. I grado Belluno 18 maggio 1994, id., Rep. 1994, voce
This content downloaded from 78.24.220.173 on Sat, 28 Jun 2014 11:09:54 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — Con tre distinti ricorsi (poi riu
niti ai sensi dell'art. 34 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636) le società
Òsterreichische Kreditversicherungs Aktiengesellschaft, Grenzser
vice Speditions-Gesellschaft F. mbH (ora Flw Mietbau und Spe
ditionsgesellschaft mbH), e Intercontinentale-Òsterreichische Ge
sellschaft fiir Transport und Verkehrswesen GmbH impugnaro no davanti alla Commissione tributaria di primo grado di Bol
cit., n. 1133, per la quale l'art. 1 d.p.r. 636/72 «stabilisce una linea di demarcazione netta tra i 'tributi', la cui cognizione in caso di conten zioso resta affidata alla giurisdizione della commissione e la materia concernente le altre entrate patrimoniali dello Stato che, pure riscosse attraverso il ruolo, è attribuita alla competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria».
In dottrina, nello stesso senso di cui in massima, v. Voglino, La reviviscenza della problematica competenza delle commissioni tributarie sulle impugnazioni dei ruoli e degli avvisi di mora in materia di tasse automobilistiche (e di altri tributi «minori»), in Bollettino trib., 1995, 13; Id., Sugli organi competenti a conoscere delle impugnazioni dei ruoli e degli avvisi di mora in materia di imposte di fabbricazione, im
poste erariali di consumo, diritti doganali, tasse automobilistiche e con cessioni governative (note a margine dell'art. 11, 5° comma, d.l. 151/91), id., 1992, 325.
In senso contrario (nel senso cioè che l'art. 11 d.l. 151/91 non ha esteso l'ambito della giurisdizione delle commissioni tributarie), v. G.
Bellagamba, Il nuovo contenzioso tributario, Torino, 1993, 55; F. Ba tistoni Ferrara, Appunti sul processo tributario, Padova, 1995, 44; T. Baglione-S. Menchtni-M. Miccinesi-L. Castaidi-G. Gailuzzi-V. Pezzuti-F. Pistoiesi, Il nuovo processo tributario-Commentario, Mila
no, 1997, 19; B. Bellè, Esecuzione in base a ruolo e tutela giurisdizio nale, in Riv. dir. trib., 1993, I, 153; D. Caputo, Il ricorso contro il ruolo e l'avviso di mora, in Fisco, 1991, 5075; Id., Ancora in tema di contenzioso sulle tasse automobilistiche, id., 1992, 6899; E.P. For
te, Tutela sostanziale e cautelare nella riscossione in materia di dogane e accise, in Rass. dir. tecnica doganale, 1997, 7; U. Perrucci, Dove e come opporsi ai ruoli de! concessionario, in Bollettino trib., 1992, 832; N. Allegretti, La tutela cautelare nella fase di riscossione dei tributi erariali e procedimenti di sospensione della riscossione: evoluzio ne legislativa, in Fisco, 1991, 7221; S. Perrucci, Semplificazione e sem
plicità della normativa tributaria, in Bollettino trib., 1993, 474. Pari menti contrario è l'avviso dell'amministrazione (cfr. min. fin. ris. 10 ottobre 1992, n. 2345, Dir. e pratica trib., 1993, I, 22, e circ. 17 novem bre 1992, n. 69/654405, Fisco, 1992, 10524) e dell'avvocatura generale dello Stato (cfr. parere 30 novembre 1994, n. 117400, Bollettino trib., 1995, 1175).
V. anche C. Rau, L'opposizione al ruolo per i tributi «minori» sulla
presunta competenza delle commissioni tributarie, in Riv. dir. trib., 1993, I, 1099; F.P. D'Orsogna, Le commissioni tributarie sono competenti per controversie in materia di canoni demaniali?, in Rass. imp., 1992, 1328.
II. - Con riferimento alla disciplina anteriore all'entrata in vigore dell'art. 11 d.l. 151/91, v. Cass., sez. un., 14 febbraio 1992, n. 1810, Foro it., Rep. 1992, voce cit., n. 1014, per le quali la circostanza che contributi assicurativi e previdenziali (nella fattispecie corrisposti alla cassa nazionale della previdenza marinara) siano riscossi con il sistema
dei ruoli degli esattori delle imposte dirette è inidonea a portare le rela tive controversie alla cognizione del giudice tributario, spettando la stessa
al pretore quale giudice del lavoro. III. - Sull'applicabilità dell'art. 5 c.p.c. nel processo tributario, v.
T. Baglione-S. Menchini-M. Miccinesi-L. Castaldi-G. Galluzzi-V. Pezzuti-F. Pistolesi, Il nuovo processo tributario-Commentario, cit., 44; A. Finocchiaro-M. Finocchiaro, Commentario al nuovo conten
zioso tributario, Milano, 1996, 62; G. Gilardi-U. Loi-M. Scuffi, Il nuovo processo tributario - Il d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546 commen tato per articolo, Milano, 1997, 27; B. D'Angelo-A. D'Angelo, Ma nuale del nuovo processo tributario, con rassegna di giurisprudenza, Padova, 1994, 18; C. Glendi, L'influenza delle recenti modifiche al
c.p.c. sulla disciplina del processo tributario (anche in vista di una sua
progettata riforma), in Riv. dir. proc., 1992, 140. In generale, sulla
perpetuatio iurisdictionis, v. R. Oriani, Novità e conferme in tema di
«perpetuano iurisdictionis» (nota a Cass. 13 marzo 1990, n. 2032, 21
febbraio 1990, n. 1292, sez. un. 4 maggio 1989, n. 2088, e 26 aprile 1989, n. 1937), in Foro it., 1990, I, 2544, e La «perpetuano iurisdictio
nis» (art. 5 c.p.c.), id., 1989, V, 35.
Per il caso inverso a quello risolto in sentenza, v. Cass., sez. un., 23 febbraio 1999, n. 95/SU, id., Mass., 99, per le quali la giurisdizione delle commissioni tributarie prevista, per le controversie concernenti i
tributi comunali e locali, dall'art. 2, 1° comma, lett. h), d.leg. n. 546
del 1992, non sussiste in relazione ai processi pendenti alla data di en
trata in vigore della suddetta legge, atteso che, a norma dell'art. 5 c.p.c., come modificato dalla 1. n. 353 del 1990, sono ininfluenti sul processo
già iniziato i mutamenti della legge e dello stato di fatto altrimenti rile
vanti ai fini della giurisdizione e della competenza.
Il Foro Italiano — 2000.
zano la cartella di pagamento n. 2600358, per lire 7.741.058.159, emessa nei loro confronti, su disposizione della dogana di For
tezza, per diritti doganali e relativi interessi. Le predette società
sostennero che la pretesa tributaria era illegittima perché pre scritta e, comunque, infondata.
L'amministrazione delle finanze dedusse il difetto di giurisdi zione del giudice tributario in ordine alla controversia.
La commissione adita, con decisione non definitiva, dichiarò
la propria giurisdizione sulle domande proposte dalle suddette
società e, con separata ordinanza, dispose per l'ulteriore corso.
L'amministrazione finanziaria propose appello contro la men
zionata pronunzia, ma la Commissione tributaria di secondo
grado di Bolzano, con decisione depositata il 24 febbraio 1997,
respinse il gravame, confermando la giurisdizione del giudice tributario e disponendo la restituzione degli atti al giudice di
primo grado anche per le spese. Essa considerò:
che, sia pure per un breve periodo, la giurisdizione della com
missione tributaria anche in materia di diritti doganali, riscossi mediante ruoli, ma normativamente certa;
che tanto si desumeva dal combinato disposto degli art. 67
d.p.r. 28 gennaio 1988 n. 43 e 11 d.l. 13 maggio 1991 n. 151, convertito in 1. 12 luglio 1991 n. 202;
che con il d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546 si era stabilito (art. 71) di abrogare il detto art. 11 e ciò confermava che, fino al
l'entrata in vigore del detto d.leg., la giurisdizione anche nella
materia de qua era demandata alle commissioni tributarie.
Contro la suddetta decisione il ministero delle finanze ha pro
posto ricorso per cassazione (assegnato alle sezioni unite ex art.
374, 1° comma, c.p.c.), deducendo un motivo di annullamento.
Le società indicate in epigrafe resistono con controricorso ed
hanno depositato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c. Motivi della decisione. — A norma dell'art. 1, 2° comma,
d.leg. 31 dicembre 1992 n. 545, recante l'ordinamento degli or
gani speciali di giurisdizione tributaria ed organizzazione degli uffici di collaborazione, in attuazione della delega al governo contenuta nell'art. 30 1. 30 dicembre 1991 n. 413, in ciascuna
delle province di Trento e di Bolzano la giurisdizione di cui
al 1 ° comma della medesima norma è esercitata da commissioni
tributarie di primo e di secondo grado, aventi competenza sul
territorio della provincia corrispondente, alle quali si applicano
rispettivamente le disposizioni concernenti le commissioni pro vinciali e regionali compatibili con le norme di legge e dello statuto regionale che le riguardano.
Ne deriva che avverso la decisione della commissione tributa
ria di secondo grado di Bolzano è ammesso il ricorso per cassa
zione ai sensi dell'art. 62 d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546.
Con l'unico mezzo di cassazione l'amministrazione ricorrente
denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 11 d.l. n. 151
del 1991, degli art. 1 e 5 c.p.c., degli art. 82 d.p.r. n. 43 del 1973 e 70 d.p.r. n. 633 del 1972, dell'art. 1 d.p.r. n. 636 del
1972, degli art. 1 e 2 d.leg. n. 546 del 1992, nonché dei principi generali in tema di giurisdizione, del combinato disposto dei
principi e norme richiamati, e ancora motivazione omessa, in
sufficiente, contraddittoria su punto decisivo della controversia.
Richiamato il disposto dell'art. 11, 5° comma, d.l. n. 151
del 1991, sostiene che la decisione impugnata avrebbe letto tale norma come se avesse stabilito che il ruolo (e l'avviso di mora) relativo ad uno qualunque dei tributi enumerati nell'art. 67 d.p.r. n. 43 del 1988 andasse impugnato dinanzi alle commissioni tri
butarie; sicché, seguendo l'esegesi proposta dal giudice a quo, il legislatore — con quella che sarebbe palesemente una norma
integrativa delle disposizioni del d.p.r. n. 43 del 1988 — avreb
be sovvertito tutti i principi in materia di giurisdizione: per ta
luni tributi (precisamente quelli, fra quanti enumerati nell'art.
67 cit., non ricompresi nella previsione dell'art. 1 d.p.r. n. 636
del 1972) la giurisdizione si sarebbe divisa tra autorità giudizia ria ordinaria e commissioni tributarie. Ad esempio, per i diritti doganali, le cause di opposizione ad ingiunzione e quelle di rim
borso sarebbero spettate al giudice ordinario, mentre quelle di
impugnazione del ruolo o dell'avviso di mora sarebbero state
devolute alle commissioni.
Contro i principi generali della materia la giurisdizione non sarebbe stata più determinata dal tipo d'imposta, ma (in taluni
casi) anche dal tipo di atto impositivo impugnato. Ed un simile riparto di giurisdizione sarebbe da definire capriccioso e irrazio nale, privo di qualsiasi giustificazione; si sarebbe in presenza di un grave errore del legislatore in un campo così delicato co
me quello della giurisdizione.
This content downloaded from 78.24.220.173 on Sat, 28 Jun 2014 11:09:54 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
PARTE PRIMA
Invece esisterebbe la possibilità di leggere l'art. 11 cit. in mo
do ben diverso: la norma andrebbe calata nel sistema ed intesa
come se stabilisse che il ruolo o l'avviso di mora vanno impu
gnati dinanzi alle commissioni tributarie qualora il tributo (cui il ruolo o l'avviso si riferiscono) rientri nella giurisdizione delle
commissioni, mentre, se il tributo appartenga alla giurisdizione
dell'a.g.o., l'opposizione va proposta dinanzi a quest'ultima. La norma in questione non costituirebbe un esempio di tecni
ca redazionale ma una ragionevole interpretazione (più adegua trice che restrittiva) consentirebbe di evitare conseguenze aberranti.
Esaminato il contenuto del citato art. 11, il ricorrente prose
gue affermando che il completamento della normativa sulla ri
scossione, inserito nel 5° comma, troverebbe la sua ragion d'es
sere nel fatto che le imposte, elencate nell'art. 67 d.p.r. n. 43, erano riscosse mediante ingiunzione e che a seguito della rifor
ma della riscossione nulla era detto sull'impugnabilità del ruolo
sostitutivo dell'ingiunzione (come atto di riscossione coattiva). La nuova disciplina della riscossione, agevole per le imposte
già anteriormente riscosse mediante ruolo (art. 63), avrebbe ri
chiesto adattamenti in ordine alle imposte per le quali il proce dimento di riscossione era mutato (art. 67 e 68); ma, mentre
per i tributi locali l'art. 68, 3° comma, avrebbe disciplinato, con il rinvio all'art. 63, 5° comma, il ricorso contro le risultan
ze dei ruoli, nulla si sarebbe stabilito nell'art. 67. Il 5° comma
dell'art. 11 d.l. n. 151 del 1991 sarebbe stato diretto a colmare
questa lacuna; ma il legislatore, fuorviato dalla presenza di tri
buti maggiori elencati nell'art. 67 (Iva, registro, successioni) sog
getti alla giurisdizione delle commissioni, non avrebbe avvertito
che gli altri tributi minori che seguono nell'elencazione, radicati
nella giurisdizione ordinaria, avrebbero richiesto diversa di
sciplina. Si sarebbe altrimenti creato un ulteriore contrasto tra situa
zioni simili: mentre per i tributi locali il ricorso contro le risul
tanze dei ruoli sarebbe stato incanalato verso l'a.g.o. (art. 63, 5° comma, richiamato dall'art. 68, 3° comma), per le imposte indirette erariali minori soggette ad analoga disciplina del pro cedimento il ricorso contro il ruolo dovrebbe dirigersi verso le
commissioni.
Sarebbe però inconcepibile che lo stesso art. 11 (il quale nel
3° comma modifica il terzo e il quarto periodo dell'art. 16 1.
n. 408 del 1990, cioè il comma che precede la frase «resta ferma
l'azione giudiziaria di opposizione al ruolo»), possa avere nel
5° comma contraddetto a questa affermazione modificando ciò
che invece doveva restare fermo.
Pertanto, l'art. 11,5° comma, andrebbe inteso nel senso che
il ruolo di cui all'art. 67 sarebbe soggetto alle stesse impugna zioni alle quali era soggetta l'ingiunzione (come atto di riscos
sione coattiva) secondo la disciplina generale. E questo anche
in considerazione del fatto che l'impugnazione del ruolo impli cherebbe una casistica assai variegata che non poteva essere com
presa nella sbrigativa norma dell'art. 11, la cui maggiore preoc
cupazione sarebbe stata quella di escludere che l'impugnazione
potesse sospendere la riscossione.
Del resto la stessa abrogazione dell'art. 11,5° comma, d.l.
n. 151 del 1991, operata dall'art. 71 d.leg. n. 546 del 1992 con
effetto dalla data d'insediamento delle nuove commissioni tri
butarie (1° aprile 1996), rivelerebbe che l'art. 11 cit. non avreb
be prodotto mutamenti «epocali», limitandosi a dire che il ruo
lo e gli avvisi di mora, se relativi a tributi rientranti nella giuris dizione delle commissioni tributarie, andavano impugnati davanti
a queste. Andrebbe conclusivamente affermato che, anche nel vigore
dell'art. 11, 5° comma, d.l. n. 151 del 1991, l'opposizione al
ruolo e agli avvisi di mora, emessi per diritti doganali ed Iva
all'importazione, si sarebbe dovuta proporre davanti all'a.g.o.,
perché rientrante nella giurisdizione di questa. E, poiché il pre sente giudizio riguarderebbe il ruolo emesso per diritti doganali relativi ad importazioni, il giudice a quo avrebbe dovuto dichia
rare che le opposizioni proposte dalle attuali resistenti rientra
vano nella giurisdizione del giudice ordinario.
Peraltro, senza dubbio alla stregua del d.leg. n. 546 del 1992
tali azioni rientrerebbero nella giurisdizione dell'a.g.o. e non
in quella delle commissioni. Poiché la pronunzia in questa sede
impugnata risulta emessa quando era già vigente il citato d.leg., tanto sarebbe bastato a far dichiarare il difetto di giurisdizione.
Sarebbe vero, infatti, che l'art. 5 c.p.c. prevede che la giuris
II Foro Italiano — 2000.
dizione si determina con riguardo alla legge vigente al tempo della domanda. Tale norma, però, riguarderebbe il solo giudice
ordinario, mentre il giudice speciale, proprio perché tale, do
vrebbe avere giurisdizione nel momento in cui decide. L'art.
5 c.p.c. non sarebbe compatibile col processo dinanzi alle com
missioni tributarie. Le complesse censure, come sopra articolate, non hanno fon
damento e va dichiarata la giurisdizione delle commissioni tri
butarie.
Premesso che, a quanto risulta dagli atti, i ricorsi alla Com
missione tributaria di primo grado di Bolzano furono depositati il 19 ottobre 1992 (quindi sotto il vigore delle disposizioni di cui al d.l. 13 maggio 1991 n. 151, convertito con modificazioni
dalla 1. 12 luglio 1991 n. 202), deve in primo luogo osservarsi
che non è esatto l'argomento del ricorrente, secondo cui l'art.
5 c.p.c. riguarderebbe il solo giudice ordinario e non troverebbe
applicazione nel processo davanti alle commissioni tributarie.
L'art. 1, 2° comma, d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546 stabilisce
che i giudici tributari applicano le norme del medesimo decreto
e, per quanto da esse non disposto e con esse compatibili, le
norme del codice di procedura civile (si tratta di disposizione
analoga, ed anzi più ampia, rispetto alla norma di rinvio conte
nuta nell'art. 39 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636). È così formula
to un esplicito richiamo alla normativa del codice di rito civile
e, dunque, anche all'art. 5 c.p.c., che si applica perciò al pro cesso tributario. Né sussiste la pretesa incompatibilità, soltanto
enunciata ma non motivata dal ricorrente. Anzi il citato art.
5 vale senza dubbio come criterio generale applicabile a tutti
i procedimenti che seguono il modello di quello di cognizione ordinaria. E poiché proprio a tale modello è ispirata la riforma
del contenzioso tributario (v. art. 30, 1° comma, lett. g, 1. 30
dicembre 1991 n. 413), resta confermata e non esclusa la com
patibilità della detta norma con il processo dinanzi alle commis
sioni tributarie.
Ciò chiarito, ne segue che, per quanto concerne la giurisdi zione delle commissioni tributarie, tanto in fatto quanto in di
ritto la sussistenza dei criteri di attribuzione deve essere verifi
cata con riferimento al momento della proposizione del ricorso, senza che possano ripercuotersi sulla giurisdizione medesima (in assenza di diverse disposizioni specifiche) i mutamenti dell'una
o dell'altra situazione.
Orbene, premesso che nella specie — come emerge dalla deci
sione impugnata e dallo stesso ricorso per cassazione del mini
stero — si verte in tema di ricorso contro il ruolo (cartelle esat
toriali) per il pagamento di diritti doganali e relativi interessi, si deve osservare che l'art. 67 d.p.r. 28 gennaio 1988 n. 43 (re cante istituzione del servizio di riscossione dei tributi e di altre
entrate dello Stato e di altri enti pubblici, ai sensi dell'art. 1, 1° comma, 1. 4 ottobre 1986 n. 657) stabilì, nel 1° comma, che i concessionari del servizio avrebbero provveduto alla ri
scossione coattiva di una serie di tributi e di ogni altro accesso
rio ad essi relativi, contemplando espressamente nel novero dei
suddetti tributi anche i diritti doganali ed ogni altro diritto o
accessorio la cui riscossione è demandata all'amministrazione
doganale. Lo stesso art. 67, 2° comma, lett. a), nel disciplinare le mo
dalità della riscossione coattiva, dispose tra l'altro che, se, a
seguito d'invito al pagamento, atto di liquidazione, accertamen
to, rettifica o erogazione di sanzioni (atti — si noti — a loro
volta impugnabili secondo il regime dei singoli tributi di riferi mento), fossero infruttuosamente scaduti i termini di pagamen to delle somme di cui al 1 ° comma, l'ufficio finanziario compe tente avrebbe formato il ruolo relativo ai contribuenti per i quali si sarebbe proceduto alla riscossione coattiva ai sensi dell'art.
11, 3° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602.
L'art. 11, 5° comma, d.l. 13 maggio 1991 n. 151, convertito
con modificazioni dalla 1. 12 luglio 1991 n. 202 (provvedimenti
urgenti per la finanza pubblica), stabilì che il ricorso contro
il ruolo formato ai sensi delle disposizioni di cui all'art. 67, 2° comma, lett. a), d.p.r. n. 43 del 1988, nonché contro i relati
vi avvisi di mora, andava proposto davanti alla commissione
tributaria. Aggiunse che il ricorso non sospendeva la riscossio
ne, salva la facoltà in proposito dell'intendente di finanza (sen tito l'ufficio competente) fino alla decisione della commissione
di primo grado, facoltà da esercitare con provvedimento moti
vato, notificato al concessionario e al contribuente, revocabile
in caso di fondato pericolo per la riscossione.
This content downloaded from 78.24.220.173 on Sat, 28 Jun 2014 11:09:54 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Il tenore della norma ora citata, che va letta in combinato
disposto con i precetti di cui all'art. 67, 1° e 2° comma, lett.
a), d.p.r. n. 43 del 1988, impone di affermare che il ricorso
contro il ruolo fosse devoluto alle commissioni tributarie. E,
poiché la norma riguardava il ruolo «formato ai sensi delle di
sposizioni di cui all'art. 67, 2° comma, lett. a), d.p.r. 28 gen naio 1988 n. 43, nonché contro i relativi avvisi di mora», a
quest'ultima norma bisogna far capo per identificare il conte
nuto del ruolo medesimo. Ed essa si riferisce alle somme di
cui al 1° comma (dello stesso art. 67) nel cui ambito rientrano
anche i diritti doganali e ogni altro diritto o accessorio la cui
riscossione è demandata all'amministrazione doganale. Il quadro normativo ora richiamato nel suo dettato testuale
(dal quale l'interprete non può prescindere: art. 12, 1° comma,
disp. sulla legge in generale) è chiaro, e demanda alla commis
sione tributaria il ricorso contro il ruolo come sopra formato, nonché contro i relativi avvisi di mora, senza distinguere tra
i diversi tributi elencati nell'art. 67, 1° comma, d.p.r. 28 gen naio 1988 n. 43.
È vero che esso, in ordine a taluni tributi, comporta un diver
so regime processuale per i ricorsi contro gli atti di accertamen
to o rettifica e per i ricorsi contro il ruolo o gli avvisi di mora.
Ma questa conseguenza discende dal ricordato sistema normati
vo, che peraltro non può neppure esser definito privo di ragio
nevolezza, apparendo mosso dall'esigenza di uniformare in fase
di riscossione, e dopo la formazione del ruolo, i possibili rimedi
giurisdizionali. In ogni caso, si è in presenza di una scelta rientrante nella
discrezionalità del legislatore, scelta non superabile col rilievo
che quest'ultimo sarebbe stato «fuorviato» dalla presenza dei
tributi maggiori indicati nell'art. 67 cit., onde non avrebbe av
vertito che gli altri tributi minori, radicati nella giurisdizione
ordinaria, avrebbero richiesto una diversa disciplina (così a pag. 7 del ricorso per cassazione). Già si è notato che la scelta legis lativa appare ispirata ad una esigenza di uniformità nel momen
to della riscossione che non appare irragionevole, sicché il pre sunto errore nella formulazione della norma è frutto di una
mera ipotesi. Ma, a parte tale considerazione, non è consentito
all'interprete superare il dato normativo, se non quando l'ele
mento letterale sia smentito dall'interpretazione logico-sistematica idonea a palesare con certezza l'intenzione del legislatore (in
presenza di un testo equivoco), il che nella specie, per quanto
sopra osservato circa la ratio della norma in questione, non
si registra. Non può quindi essere condivisa la tesi propugnata dal ricor
rente, secondo cui l'art. 11, 5° comma, cit. andrebbe inteso
nel senso che il ruolo di cui all'art. 67 d.p.r. n. 43 del 1988
sarebbe sottoposto alle stesse impugnazioni cui era soggetta l'in
giunzione (come atto di riscossione coattiva) secondo la discipli na generale. Questa non sarebbe un'interpretazione adeguatrice o restrittiva, ma introdurrebbe nella norma una distinzione che
essa non contempla, così finendo per integrare il precetto modi
ficandone il significato: tale operazione è preclusa all'interprete
e, tra l'altro, farebbe ricadere sul destinatario della norma (nel la specie, il contribuente) le conseguenze di eventuali errori si
stematici nei quali (ipoteticamente) il legislatore sarebbe incorso.
Quanto, poi, all'argomento che il ricorrente vorrebbe desu
mere dall'avvenuta abrogazione dell'art. 11,5° comma, d.p.r. n. 151 del 1991, ad opera dell'art. 71, 1° comma, d.leg. 31
dicembre 1992 n. 546 con effetto dalla data d'insediamento del
le nuove commissioni tributarie (1° aprile 1996), deve osservarsi
che esso è reversibile. Proprio quell'abrogazione, invero, si pre sta ad essere considerata come indice di un ripensamento del
legislatore, che avrebbe inteso modificare una scelta in prece denza compiuta (consapevolmente). Del resto, che la materia
abbia costituito oggetto di valutazioni differenziate nel tempo in sede legislativa è dimostrato dalla successiva evoluzione nor
mativa: infatti, con l'art. 12, 1° comma, lett. h), d.l. 8 agosto 1996 n. 437 (convertito, con modificazioni, in 1. 24 ottobre 1996
n. 556) fu tra l'altro soppresso, nel citato art. 71, 1° comma,
d.leg. n. 546 del 1992, il richiamo all'art. 11, 5° comma, d.l.
13 maggio 1991 n. 151, convertito nella 1. 12 luglio 1991 n.
202. Lo stesso art. 11,5° comma, è stato poi novellamente abro
gato dall'art. 37 del recentissimo d.leg. 26 febbraio 1999 n. 46
(recante il riordino della disciplina della riscossione mediante
ruolo, a norma dell'art. 1 1. 28 settembre 1998 n. 337), destina
li Foro Italiano — 2000.
to ad entrare in vigore il 1° luglio 1999 (v. suppl. ord. alla
G.U. n. 53 del 5 marzo 1999). In tale contesto ipotizzare un legislatore distratto o «fuorvia
to» non è sostenibile. Si tratta invece di materia che ha subito
nel tempo varie evoluzioni normative, il che impone all'inter
prete, per evidenti esigenze di certezza del diritto (almeno come
valore tendenziale, nella situazione data), di mantenersi stretta mente aderente al dettato della legge.
Conclusivamente, alla stregua delle considerazioni che prece dono, la decisione impugnata si rivela corretta, onde il ricorso
deve essere respinto dichiarandosi la giurisdizione delle commis
sioni tributarie.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione lavoro; sentenza 9 ottobre
1999, n. 11332; Pres. Presto-ino, Est. Maiorano, P.M. Gia
calone (conci, conf.); Di Lorenzo e altra (Aw. Cavaliere,
Cerra) c. Fall. Posteraro. Cassa Trib. Paola 13 dicembre 1996.
Famiglia (regime patrimoniale delia) — Impresa familiare —
Diritti del partecipante — Quota di utili — Determinazione
(Cod. civ., art. 230 bis).
Nel determinare in via equitativa la quota di utili dovuta al
partecipante a un'impresa familiare, il giudice non può fare ricorso al parametro della retribuzione spettante ad un lavo
ratore subordinato che svolga la stessa attività. (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di Paola
Posteraro Francesca conveniva in giudizio Di Lorenzo Benedet
to e Camerieri Luigina per il pagamento della somma di lire
146.966.000, a titolo di competenze a lei spettanti per il lavoro
svolto dal luglio 1973 al giugno 1987 alle dipendenze della ditta
Gina abbigliamenti, gestita dai coniugi convenuti in regime di
comunione legale. Costituendosi in giudizio i convenuti contrastavano la doman
da, chiedendone il rigetto, perché infondata, ma il pretore la
(1) Sul punto, l'unico precedente che si rinviene nella giurisprudenza di legittimità è costituito da Cass. 18 dicembre 1992, n. 13390, Foro
it., Rep. 1993, voce Famiglia (regime patrimoniale), n. 42, e, per este
so, Nuova giur. civ., 1993, I, 609, con nota di Bontempi, cui la senten za in rassegna ha inteso conformarsi, ma che in realtà, diversamente da quanto risulta dalla massima che ne è stata estratta, sembra aver voluto escludere solo la necessità, sostenuta in quella sede dalla parte ricorrente, ma non anche la possibilità di utilizzare come parametro, per la determinazione degli utili dovuti ai partecipanti all'impresa fami
liare, «la retribuzione spettante ad un lavoratore subordinato che svol
ga la stessa attività», essendosi la corte limitata a rilevare che «nell'im
presa familiare non è configurabile una retribuzione in senso tecnico
giuridico, la quale è incompatibile con il riferimento all'entità dei risul tati conseguiti — cui è commisurato il diritto di partecipazione del com
ponente l'impresa familiare — ed è necessariamente indipendente da tali risultati, atteso il principio di proporzionalità e sufficienza che la caratterizza nel lavoro subordinato». D'altra parte, in quella pronuncia non si era fatto alcun cenno alla possibilità di una «valutazione equita tiva», che con la sentenza in rassegna è stata ritenuta senz'altro ammis
sibile, «sulla base degli elementi di valutazione forniti sempre dall'attri
ce, cui incombe l'onere probatorio», allorché il credito non può essere
quantificato «in modo esatto». Viene spontaneo, allora, osservare che
proprio il criterio dei «minimi sindacali» — al quale più volte hanno fatto ricorso i giudici di merito: v. Pret. Fermo 23 agosto 1997, Foro
it., Rep. 1998, voce cit., n. 63; Pret. Catania 27 maggio 1996, id., 1996, I, 3236, con nota di richiami — risulta il più idoneo (se non
l'unico, non essendo agevole individuarne altri e non avendone la Cas sazione indicato alcuno) a fondare una simile valutazione, in base alla
considerazione che un imprenditore, se si avvale di un lavoratore subor
dinato, certamente ne ricava utili quanto meno pari alle retribuzioni che è tenuto a corrispondergli: appare quindi semmai riduttivo, ma co
munque ragionevole, appunto «in via equitativa», commisurare la quo ta di utili, da imputare all'opera del partecipante all'impresa familiare, ai compensi che sarebbero spettati a un dipendente adibito a mansioni
analoghe. [E. Bucciante]
This content downloaded from 78.24.220.173 on Sat, 28 Jun 2014 11:09:54 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions