sezioni unite civili; sentenza 16 aprile 2004, n. 7281; Pres. Corona, Est. Foglia, P.M. Pivetti(concl. conf.); Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense (Avv. Donella, Cevolotto) c.Tusa Martorana (Avv. Romanelli, Stenico). Conferma App. Trento 20 ottobre 2000Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2004), pp. 2071/2072-2081/2082Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199550 .
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PARTE PRIMA 2072
spingeva la domanda relativamente agli altri segni registrati dalla Benetton ritenendoli sufficientemente differenziati.
La corte di Milano adita dalla Benetton in via principale ed in
via incidentale dalla Dama riformava la prima sentenza acco
gliendo in gran parte l'appello principale. Il secondo giudice,
pur sempre per ciò che ancora rileva, ravvisava nei marchi Da
ma la natura del c.d. marchio d'insieme, ovvero di segni costi
tuiti ciascuno da elementi singolarmente dotati di descrittività o
genericità, ma tuttavia suscettibili di determinare effetto distin
tivo e dunque di accedere alla tutela in questione in virtù della
combinazione della quale fanno parte, essa dotata di originalità. Riteneva pertanto che solo la loro integrale ripetizione (nella
specie, non sussistente), non essendo ravvisabile nella parola «color» la funzione di «cuore del segno» per assoluta sua gene ricità, poteva realizzare l'ipotesi contraffattiva.
Contro questa sentenza ricorre per cassazione la Dama con
unica censura. Resiste con controricorso la Benetton e deposita una memoria.
Motivi della decisione. — 1. - La ricorrente lamenta la viola
zione degli art. 8, lett. b), e 47, lett. b), r.d. n. 929 del 1942 (1.
marchi), nonché la motivazione insufficiente su punti essenziali
della controversia. Sostiene infatti l'erroneità della posizione fondamentale della corte milanese secondo la quale la parola «colors» manca di autonoma tutelabilità per assoluta genericità, cosicché essa non può fungere nemmeno da cuore del segno,
complesso o articolato che sia. Sostiene quindi la violazione
dell'art. 18, lett. b), 1. marchi che non proibisce la registrazione di un segno descrittivo ma piuttosto quella di un segno «esclusi
vamente descrittivo». Nella specie, a dire della ricorrente, come
aveva ritenuto il primo giudice si doveva riconoscere la natura
di marchio debole al segno in questione, atteso che la parola «colors» ancorché possa lasciar trasparire il prodotto che con
traddistingue non si identifica tuttavia con il medesimo al punto da risultare esclusivamente descrittivo. La parola «colors» co
stituirebbe secondo tale prospettazione il cuore di un marchio
sia pure debole, cosicché la sua ripetizione in altro segno, com
plessivamente diverso, costituirebbe contraffazione.
2. - Osserva la corte che il ricorrente ben consapevole della
giurisprudenza cha assegna al giudice del merito il potere di ac
certare in fatto la natura di un segno ovvero di stabilire se esso è
dotato della distintività che giustifica la privativa, muove da una
contestazione di carattere giuridico, accusando la corte d'ap
pello di avere dimenticato la protezione pur limitata che la legge
assegna al marchio debole. Ovvero a quel segno che pur aggan ciandosi concettualmente in qualche modo al prodotto ha tutta
via una sia pur limitata capacità distintiva, cosicché solo la sua
integrale imitazione costituisce contraffazione mentre una pur minima differenziazione la esclude.
La corte di merito tuttavia non ha commesso l'errore preteso
giacché ha ragionato in tema di marchio d'insieme, figura giuris
prudenziale che a sua volta si distingue dal più ampio genere del marchio complesso. Se quest'ultimo infatti è riconoscibile nel segno che risulta da una composizione di più elementi cia scuno dotato di capacità caratterizzante, la cui forza distintiva
tuttavia è affidata ad uno di essi costituente il c.d. cuore, asso
lutamente protetto per la sua originalità, il marchio d'insieme è
fenomeno commerciale diverso. In esso infatti si ha la mancan
za di un elemento caratterizzante (il c.d. cuore), essendo i vari
elementi tutti singolarmente mancanti di distintività. È invece la combinazione cui tali elementi danno vita, ovvero appunto il lo
ro «insieme», cha può avere, per come viene percepito dal mer
cato, un valore distintivo più o meno accentuato.
Muovendo da tali premesse che trovano il conforto di una dif
fusa dottrina e di taluni precedenti nella giurisprudenza di me rito che hanno per l'appunto determinato l'adesione della dot
trina suddetta, e che il collegio ritiene del tutto legittime, la
corte di merito è passata all'indagine di fatto che ad esso com
peteva. Ed alla stregua di questa ha escluso che la parola «co
lor» sia stata da parte della Dama inserita in un complesso di
elementi distintivi, e quindi che sia essa stessa dotata di parti colare distintività. Essa infatti, nota la sentenza impugnata, indi ca in un inglese di comune conoscenza la rilevanza dei colori in taluni prodotti, ed in ciò non implica alcuna originalità. Essa
pertanto, conclude il giudice del merito, non può essere assunta
quale cuore, nel senso chiarito, del segno in questione. In definitiva l'accertamento del giudice del merito dopo avere
escluso il marchio complesso e con esso la sua complessiva
Il Foro Italiano — 2004.
proteggibilità, ha escluso pure, per la struttura del riscontrato
marchio d'insieme, l'esistenza di un elemento in sé proteggibile
per la sua specifica distintività.
2.a. - Osserva ancora il collegio che è ben vero che la senten
za impugnata nota che i marchi della Dama non rivendicano l'e
sclusiva di una sola parola avulsa da ogni altro contesto, come
rileva la ricorrente. Ma tale affermazione non implica come ri
tiene la ricorrente, una confusione tra marchio complesso (e
dunque anche marchio d'insieme) e marchio semplice, quale sa
rebbe quello la cui rivendicazione si centrasse su di una sola pa rola trascurando le altre che lo costituiscono. In realtà con tale
espressione la corte di merito ha inteso rilevare che mai la Da
ma ebbe a sottolineare negli atti propedeutici alla registrazione il particolare rilievo della parola «color» rispetto agli altri ele
menti, e con esso il carattere di cuore del segno che oggi invece
afferma. Il predetto passaggio della sentenza impugnata rappre senta uno sviluppo argomentativo che tende a completare la
motivazione che nega all'intero segno la natura complessa. 3. -
Consegue che è infondata la doglianza di violazione di
legge allegata dalla ricorrente e che è inammissibile la parte successiva che tenta di riesaminare i fatti sostituendo all'identi
ficazione del segno compiuta dal giudice del merito con motiva
zione adeguata, una diversa, sua propria. 4. - Il ricorso deve essere rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 16
aprile 2004, n. 7281 ; Pres. Corona, Est. Foglia, P.M. Pivetti
(conci, conf.); Cassa nazionale di previdenza e assistenza fo
rense (Avv. Donella, Cevolotto) c. Tusa Martorana (Avv.
Romanelli, Stenico). Conferma App. Trento 20 ottobre
2000.
Avvocato — Previdenza forense — Pensioni — Rivalutazio
ne — Decorrenza (L. 20 settembre 1980 n. 576, riforma del
sistema previdenziale forense, art. 16; 1. 11 febbraio 1992 n.
141, modifiche ed integrazioni alla 1. 20 settembre 1980 n.
576, in materia di previdenza forense e di iscrizione alla Cas
sa nazionale di previdenza ed assistenza per gli avvocati e
procuratori, art. 8).
Gli aumenti annuali delle pensioni a carico della Cassa di pre videnza e assistenza forense correlati alla variazione dell'in
dice Istat dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai ed impiegati, devono essere applicati anche a favore dei sog
getti che abbiano conseguito il diritto a pensione nell'anno di
emissione della relativa delibera del consiglio di amministra
zione della cassa forense, a norma dell'art. 16 l. 576/80, mo
dificato dall'art. 8 l. 141/92, che prevede la decorrenza del
l'aumento dal 1° gennaio dell'anno successivo alla data del
la delibera. (1)
( 1 ) Le sezioni unite della Cassazione (chiamate questa volta non a ri solvere un contrasto giurisprudenziale all'interno della sezione lavoro, ma perché «su richiesta della cassa ricorrente, la sezione lavoro di que sta corte — ritenuto trattarsi di questioni di massima importanza ripro poste nonostante la pronunzia di queste sezioni unite n. 8684 del 1996 — ha rimesso ... gli atti al primo presidente il quale ha nuovamente investito queste sezioni unite») hanno ribadito l'orientamento di cui alla sentenza 4 ottobre 1996, n. 8684 (Foro it., 1996,1, 2992), e le deci sioni della Cassazione successive alla sentenza 8684/96 (tutte richia mate in motivazione), nel senso di cui alla riportata massima, peraltro dopo un'ampia disamina dell'intero sistema previdenziale forense ed un'analisi minuziosa delle tesi proposte dalla cassa; e ciò anche a se
guito della nuova normativa in materia (art. 8 1. 11 febbraio 1992 n. 141, che ha sostituito l'art. 16 1. 576/80).
Sul tema della rivalutazione delle pensioni erogate dalle casse di
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — Con ricorso del 29 dicembre
1999 al Pretore di Trento, l'avv. Giuseppe Martorana esponeva di aver maturato sin dal 1° aprile 1991. il diritto alla pensione di
vecchiaia, e lamentava che la Cassa nazionale di previdenza e
assistenza forense gli aveva corrisposto detta pensione in misura
erronea avendo provveduto a rivalutare i ratei corrisposti della
medesima pensione solo a far data dal gennaio 1993 anziché dal
gennaio 1992, come statuito dall'art. 16, 2° comma, 1. n. 576 del
1980. Ciò premesso, il ricorrente invocava la condanna della cassa
al pagamento, in suo favore, delle differenze risultanti per ef
fetto della rivalutazione.
La domanda veniva respinta dal pretore adito, con sentenza
del 1993, impugnata dall'avv. Martorana, e quindi riformata dal
Tribunale di Trento il quale dichiarava che la pensione del ricor
rente doveva essere determinata prendendo a base i dieci più alti
redditi annuali degli ultimi quindici anni, rivalutati del cento per cento.
La cassa forense ricorreva in Cassazione, ma questa corte,
con sentenza del 1996 rigettava il ricorso.
Sul presupposto che si fosse ormai formato il giudicato sul
punto relativo alla rivalutazione della base reddituale utile per la
liquidazione della pensione di vecchiaia, l'avv. Martorana pro
poneva nuovo ricorso al Tribunale di Trento per ottenere l'ade
guamento della pensione a decorrere dall'anno 1992, anziché
dal 1993 come fatto dalla cassa.
Il Tribunale di Trento accoglieva la domanda sull'arc ma tale
decisione veniva impugnata dalla cassa forense davanti alla
corte d'appello della stessa città, la quale confermava la senten
za di prime cure con sentenza del 20 dicembre 2000, per la cui
cassazione la medesima cassa ha proposto ricorso affidato ad un
unico motivo.
Resiste l'avv. Martorana con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative ex art. 378 c.p.c.
Su richiesta della cassa ricorrente, la sezione lavoro di questa corte — ritenuto trattarsi di questioni di massima importanza ri
proposte nonostante la pronunzia di queste sezioni unite n. 8684
del 1996 (Foro it., 1996, I, 2992) — ha rimesso, con ordinanza
interlocutoria, gli atti al primo presidente il quale ha nuova
mente investito queste sezioni unite.
Motivi della decisione. — 1. - Questione sollevata dal ricor
so. Con l'unico motivo — deducendo la violazione e falsa ap
plicazione degli art. 16, 26, 1° ed ultimo comma, e 27, ultimo
comma, 1. n. 576 del 1980 — lamenta la cassa forense che erro
neamente la sentenza impugnata ha affermato il diritto dell'in
timato alla rivalutazione della pensione già dal 1° gennaio 1994
anziché dal 1° gennaio 1995.
La censura pone, in sintesi, il seguente interrogativo: deve la
Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense, nel procede re alla rivalutazione delle pensioni di vecchiaia già liquidate in
favore degli avvocati, effettuare tale rivalutazione assumendo
come decorrenza iniziale il 1° gennaio dell'anno successivo a
quello nel corso del quale avviene il pensionamento o tali pen
sioni debbono essere rivalutate a far data dal 1° gennaio del se
condo anno successivo al maturare del diritto a pensione?
Proprio perché su tale questione viene chiesto a queste sezio
ni unite di riesaminare la propria posizione già assunta con rife
rimento a fattispecie identica (sent. 4 ottobre 1996, n. 8684),
appare necessario premettere una più ampia considerazione in
torno alla disciplina previdenziale di settore.
2. - Cenni sul sistema della previdenza forense. La cassa di
previdenza forense è stata istituita con 1. 8 gennaio 1952 n. 6,
successivamente più volte modificata. Il sistema normativo
della previdenza forense è stato poi profondamente riformato ed
analiticamente disciplinato con la 1. 20 settembre 1980 n. 576,
che ha costruito un sistema di tipo solidaristico, piuttosto che
mutualistico, caratterizzato dalla non corrispondenza tra rischi e
previdenza dei liberi professionisti. L. Carbone, La rivalutazione delle
pensioni erogate dalle casse di previdenza dei liberi professionisti,
ibid., 3438; Id., La tutela previdenziale dei liberi professionisti, Torino,
1998, 255; Id., Il blocco della perequazione automatica, in Cinelli
Persiani, Commentario della riforma previdenziale, Milano, 1995, 288.
Sulla perequazione delle pensioni in genere, Zangari, Perequazione automatica e «adeguamento» costante della pensione al metro moneta
rio: profili costituzionali, in Riv. dir. lav., 1980. II. 303.
Il Foro Italiano — 2004.
contribuzione e dalla irrilevanza della proporzionalità tra con
tributi e prestazioni previdenziali, in quanto i contributi versati
non vengono imputati alla pensione del singolo professionista, ma di essi la cassa fa una gestione collettiva, provvedendo a
determinare l'ammontare delle singole pensioni, che non posso no scendere sotto un livello minimo, secondo i parametri di leg
ge. Pertanto, alla erogazione dei vari trattamenti previdenziali
(oltre alla pensione di vecchiaia, alla quale la questione in esa
me si riferisce, la cassa eroga anche trattamenti pensionistici di
anzianità, invalidità, ed in favore dei superstiti) provvede diret
tamente la Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense,
su domanda degli aventi diritto, utilizzando i fondi derivanti dai
versamenti effettuati dagli iscritti, sotto forma di contributi sog
gettivi obbligatori (art. 10) e contributi integrativi (art. 11). L'i
scrizione alla cassa è obbligatoria per tutti i professionisti che
esercitano la professione con carattere di continuità (art. 22).
Nel sistema esistono peraltro anche delle significative devia
zioni rispetto al principio solidaristico, quali la possibilità per
gli avvocati di chiedere il rimborso dei contributi versati in caso
di mancato perfezionamento dei requisiti per aver diritto al
trattamento previdenziale. Il sistema complessivo ha caratteristiche del tutto diverse ri
spetto al sistema previdenziale dei lavoratori dipendenti, siano
essi pubblici o privati ed anche rispetto alla previdenza dettata
per artigiani e commercianti, tanto che i diversi sistemi sono so
stanzialmente non comunicanti.
Una così profonda diversità non solo nella concreta discipli
na, ma anche a livello di principi generali, preclude qualsiasi
possibilità di un richiamo alla disciplina generale per risolvere
semplici dubbi interpretativi relativi alla legge previdenziale fo
rense, ed ancor più preclude la possibilità di estensione analogi
ca delle norme generali per colmare eventuali o supposte lacune
della disciplina specifica. Invece, ai principi ispiratori della 1. n. 576 del 1980 si sono
poi richiamate varie leggi previdenziali di categoria, che hanno
provveduto a dotare di un'autonoma e compiuta disciplina i si
stemi previdenziali di numerose categorie professionali, che si
richiamano quindi a principi ispiratori simili a quelli della pre
videnza forense anche se hanno una disciplina del tutto distinta
da essa.
Il sistema normativo delineato dalla 1. n. 576 del 1980 è stato
in parte modificato dalla I. n. 141 del 1992, che però non ne ha
stravolto le linee di fondo né i principi ispiratori, introducendo
alcuni interventi sostanzialmente migliorativi, sia dal punto di
vista quantitativo che dei requisiti, del trattamento previdenziale
degli avvocati.
Circa i punti essenziali delle modifiche, è sufficiente rilevare
che la legge del 1992 ha aumentato i coefficienti da utilizzare
per il calcolo delle pensioni, ha disposto l'aumento delle pen
sioni minime, ha fissato un tetto minimo per le pensioni d'inva
lidità e indirette facendo venir meno alcune preclusioni al per
cepimento delle pensioni d'inabilità ed invalidità, ha modificato
la misura dei contributi da versare, ha introdotto il principio della infrazionabilità degli anni di iscrizione alla cassa, cosicché
sia il primo che l'ultimo anno vengono calcolati per l'intero
sebbene il professionista sia stato iscritto, in relazione ad essi,
solo per alcuni mesi.
La successiva 1. n. 335 del 1995, di riforma dell'intero siste
ma delle pensioni, afferma viceversa alcuni indirizzi program matici che sono del tutto contrastanti con l'attuale sistema della
previdenza forense (quali, nell'art. 1, il proposito di modificare i
sistemi pensionistici per adeguarli al principio contributivo).
Essa ha una parte programmatica, ed una parte di immediata
operatività anche sul sistema della previdenza forense, che sta
anche destando notevoli dubbi interpretativi, in merito ad alcuni
dei quali la cassa ha avuto già occasione di chiedere, ad esem
pio, il parere del Consiglio di Stato.
Venendo ad esaminare più da vicino le norme della 1. n. 576
del 1980 direttamente attinenti al problema interpretativo in
esame, va precisato che su tali norme in nulla ha inciso la 1. n.
335 del 1995, mentre la 1. n. 141 del 1992 ha introdotto alcune
modifiche che non hanno però in alcun modo modificato il mec
canismo di rivalutazione della pensione. Si è già visto più sopra come l'art. 2 1. 576/80 disciplina i re
quisiti per l'attribuzione del diritto alla pensione di vecchiaia e i
criteri per la determinazione dell'ammontare della stessa, e co
me il successivo art. 15 disciplina l'anzidetto meccanismo di ri
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2075 PARTE PRIMA 2076
valutazione dei redditi da considerare come base di calcolo per la determinazione dell'ammontare della pensione, al fine di
evitare che il riferimento ad un dato reale, quale quello del red
dito dichiarato ai fini Irpef, perda di attualità e conseguente mente il criterio adottato divenga ingiustificatamente penaliz zante per il professionista, a causa del diminuito potere di ac
quisto della moneta intervenuto tra l'anno di riferimento della
dichiarazione dei redditi e il momento in cui il professionista matura il diritto alla pensione.
La pensione di vecchiaia corrisposta all'avvocato, il cui am
montare sia stato determinato sulla base dei criteri indicati dal
l'art. 2, previa rivalutazione dei redditi da prendere a base di
calcolo secondo quanto previsto dall'art. 15, viene poi rivalutata
nel tempo, al fine di non far perdere potere d'acquisto alla
somma che il professionista ha il diritto di percepire. L'art. 16 — sulla cui interpretazione s'incentra la questione sottoposta all'esame di queste sezioni unite —
prevede appunto un mecca
nismo di rivalutazione delle pensioni e dei contributi così rego lato nella sua versione originaria: «Gli importi delle pensioni
erogate dalla cassa sono aumentati, in proporzione alle varia
zioni dell'indice nazionale generale dei prezzi al consumo per le
famiglie di operai ed impiegati calcolato dall'Istituto centrale di
statistica».
La variazione degli importi delle pensioni era dapprima di
sposta con decreto del ministro del lavoro e della previdenza so
ciale di concerto con il ministro di grazia e giustizia, su richiesta
del consiglio di amministrazione della cassa, con decorrenza 1°
gennaio successivo alla data del decreto ministeriale. Lo stesso
decreto, con la stessa decorrenza, adeguava nella stessa misura i
limiti di reddito di cui all'art. 2, 5° comma, all'art. 10, 1° com
ma, e il contributo minimo di cui all'art. 10, 2° comma, arro
tondando i relativi importi alle 100.000 lire più vicine per i pri mi e per il secondo, e alle 10.000 lire più vicine per il terzo.
Il nuovo testo dell'art. 16 — modificato dall'art. 8 1. 11 feb
braio 1992 n. 141 — così dispone: «Gli importi delle pensioni erogate dalla cassa sono aumen
tati, in proporzione alle variazioni dell'indice annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati calcolato dal
l'Istituto nazionale di statistica, con delibera del consiglio di
amministrazione della cassa comunicata al ministero della giu stizia ed al ministero del lavoro e della previdenza sociale per la
relativa approvazione.
L'approvazione s'intende data se non viene negata entro i due
mesi successivi alla comunicazione.
Gli aumenti hanno decorrenza dal 1° gennaio successivo alla
data della delibera.
Nella stessa misura percentuale, e con la stessa decorrenza, sono adeguati il limite della media dei redditi nonché gli sca
glioni di reddito di cui all'art. 2, i limiti di reddito di cui all'art. 10, 1° comma, e il contributo minimo di cui all'art. 10, 2°
comma, arrotondando i relativi importi alle 100.000 lire più vi
cine per i limiti e scaglioni di reddito, ed alle 10.000 lire più vi
cine per il contributo».
Quanto alla decorrenza della 1. n. 576 del 1980 ed alle norme
transitorie gli art. 26 e 27 così dispongono: Art. 26: «Sono regolate dalla presente legge le pensioni di
vecchiaia e di anzianità che maturano dal 1° gennaio del secon
do anno successivo alla sua entrata in vigore. Le pensioni di vecchiaia maturate entro la data di cui al pre
cedente comma sono regolate dalla normativa previgente; così
anche le relative pensioni di reversibilità e quelle indirette se il
pensionato, o rispettivamente l'iscritto, sia defunto prima della
stessa data».
Art. 27: «Le pensioni maturate anteriormente alla data di cui
all'art. 26, 1° comma, sono rivalutate, ai sensi dell'art. 15 (art. 16 come sostituito dall'art. 2 1. 2 maggio 1983 n. 175), con la
stessa decorrenza e nella stessa misura determinata a norma
della presente legge. La prima tabella di cui all'art. 15, 2° comma, è redatta entro
quattro mesi dall'entrata in vigore della presente legge. Per gli anni in cui l'Istat non ha calcolato l'indice di cui all'art. 16, si
fa riferimento agli indici Istat di valore più vicino allo stesso.
Le entità dei redditi di cui agli art. 2, 5° comma, 4, 2° comma, e 10, 1° e 2° comma, sono riferite all'anno di entrata in vigore della presente legge.
Per la prima applicazione dell'art. 16, si fa riferimento all'in
II Foro Italiano — 2004.
dice medio annuo relativo all'anno di entrata in vigore della
presente legge». 3. - Gli orientamenti della giurisprudenza. Il contrasto che ha
dato origine alla pronuncia n. 8684 del 1996 delle sezioni unite
vedeva contrapporsi due orientamenti: alcune pronunce affer
mavano che si dovesse dar luogo a rivalutazione anche per l'an
no immediatamente successivo alla maturazione del diritto a
pensione (Cass. 28 gennaio 1987, n. 820, id., 1987, I, 3092; 1°
dicembre 1992, n. 12808, id., Rep. 1992, voce Avvocato, n.
145), ritenendo che, nel silenzio della legge, il meccanismo di
rivalutazione dovesse operare per tutte le pensioni già maturate
alla data dell'emanazione del decreto ministeriale, senza alcuna
distinzione tra quelle maturate da pochi mesi e quelle maturate
in precedenza. In queste pronunzie si rilevava che, poiché la rivalutazione
del reddito da porre a base del calcolo dell'ammontare della
pensione si ferma al penultimo anno precedente il sorgere del
diritto a pensione, se si rivaluta la pensione dal primo anno suc
cessivo al sorgere del diritto, lo si fa necessariamente sulla base
del decreto ministeriale emesso l'anno stesso della maturazione
del diritto a pensione, il quale, nel fissare i coefficienti di riva
lutazione, tiene necessariamente conto della svalutazione inter
venuta l'anno precedente alla sua emissione, ovvero proprio di
quell'anno che non è stato preso in considerazione dall'art. 15
nel rivalutare il reddito. Per questo motivo, l'adozione di questo criterio avrebbe consentito di non creare alcun vuoto e, anzi, di
saldare tra loro, in un meccanismo di perfetta continuità, riva
lutazione del reddito e rivalutazione della pensione. Il secondo orientamento (Cass. 4 marzo 1993, n. 2609, id.,
Rep. 1993, voce cit., n. 113; 12 gennaio 1993, n. 260, id., 1993, I, 1110; 16 febbraio 1990, n. 1156, id., Rep. 1990, voce cit., n.
130) metteva invece in rilievo che il meccanismo di rivalutazio
ne previsto dai singoli decreti ministeriali si poneva indissolu
bilmente in relazione con l'arco temporale al quale faceva rife
rimento la singola variazione accertata dall'Istat e riportata nel
decreto ministeriale stesso, con la conseguenza che, riferendosi
ciascun decreto ministeriale a variazioni relative ad un arco di
tempo antecedente all'anno della sua emanazione, esso non po teva incidere sulle pensioni maturate nel corso dello stesso an
no, e che quindi non si erano ancora perfezionate nel periodo relativamente al quale era stata rilevata la variazione del costo
della vita.
Da questa considerazione, esse traevano la conseguenza che
ciascuna pensione potesse essere rivalutata soltanto a partire dal
secondo anno successivo alla sua maturazione.
Le sezioni unite, con la sentenza n. 8684 del 4 ottobre 1996
hanno fatto propria la conclusione cui perveniva il primo orien
tamento formulando il seguente principio di diritto:
In tema di pensioni a carico della Cassa di previdenza ed assi
stenza a favore degli avvocati e procuratori, il sistema di ade
guamento introdotto dall'art. 16 1. 20 settembre 1980 n. 576 —
che prevede aumenti annuali, da determinarsi con apposito de
creto interministeriale ricognitivo della variazione dell'indice
Istat dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiega ti, e da corrispondersi con decorrenza dal 1° gennaio dell'anno
successivo alla data del decreto stesso — comporta che i titolari
del diritto a pensione maturato nell'anno di emissione del de
creto interministeriale possono fruire dell'adeguamento ivi de
terminato, pur essendo l'epoca di riferimento considerata dal
decreto medesimo per la ricognizione della suddetta variazione
anteriore al momento di maturazione del diritto.
Questo principio —
applicato ad una fattispecie precedente all'entrata in vigore della 1. n. 141 del 1992 di modifica dell'art.
16 1. 576/80 — è stato poi ribadito a più riprese dalla Corte di
cassazione anche con riferimento al nuovo testo dell'art. 16 (il
quale, peraltro differisce dal precedente testo solo nella parte in
cui sostituisce al decreto interministeriale la delibera del consi
glio di amministrazione della cassa, quale provvedimento con
tenente le variazioni degli importi delle pensioni). Secondo Cass. 30 agosto 2000, n. 11409, id., Rep. 2000, voce
cit., n. 197; 8 marzo 2002, n. 3397, id., Rep. 2002, voce cit., n.
197; 10 aprile 2002, n. 5084, ibid., n. 202; 8 aprile 2002, n. 5018, ibid., n. 199; 19 maggio 2003, n. 7831, non massimata; e
ancora, Cass. 26 gennaio 2004, n. 1344, non massimata, infatti:
«Gli aumenti annuali delle pensioni a carico della cassa di
previdenza forense correlati alla variazione dell'indice Istat dei
prezzi al consumo per le famiglie degli operai ed impiegati, de
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
vono essere applicati anche a favore dei soggetti che abbiano
conseguito il diritto a pensione nell'anno di emissione della re
lativa delibera del consiglio di amministrazione della cassa, a norma dell'art. 16 1. 576/80 modificato dall'art. 8 1. 141/92 che
prevede la decorrenza dell'aumento dal 1° gennaio dell'anno successivo alla data della delibera. Quest'ultima norma si è li mitata a modificare la competenza per l'emissione dell'atto ri
cognitivo della variazione del costo della vita rilevante ai fini
pensionistici. Ne consegue che resta valido l'orientamento delle sezioni
unite 8684/96, espresso con riferimento a situazioni precedenti il 1992, essendo restato immutato il regime di adeguamento delle pensioni in questione.
Né può affermarsi che il più spedito iter dell'adeguamento —
che esclude che esso possa intervenire, come in precedenza, a distanza di anni dall'anno della variazione del costo della vita
preso in considerazione — fa venir meno la ragione di applicare
gli adeguamenti anche alle pensioni liquidate nel medesimo an no della delibera».
La sentenza 8684/96 di queste sezioni unite ha posto in rilie
vo che l'utilizzazione del solo criterio letterale di interpretazio ne della norma contenuta nell'art. 16 non poteva considerarsi
esaustivo, in quanto questa norma non indicava chiaramente
quale fosse il decreto ministeriale da applicare alla pensione maturata un determinato anno; ciò giustificava il ricorso al crite
rio teleologico operato dalla giurisprudenza precedente, anche
se tale strumento interpretativo non aveva condotto a risultati
univoci. Esse, pertanto, condividevano il primo orientamento
giurisprudenziale che aveva il pregio di consentire un raccordo
tra il meccanismo di rivalutazione della pensione e la rivaluta
zione della base di calcolo adoperata per quantificare l'am
montare originario della pensione. Le sezioni unite fondavano la propria decisione anche sul ri
scontro normativo fornito dalle norme transitorie e di attuazione
della stessa legge.
Questi i passi salienti della motivazione: «... è agevole rile
vare che 1) la 1. n. 576 disciplina ie pensioni di vecchiaia che
maturano dal 1° gennaio del secondo anno successivo alla sua
entrata in vigore', le pensioni, cioè, che maturano dal primo
giorno del 1982 (art. 26, 1° comma); 2) sino a tale data 'le pen sioni restano fisse nella misura in atto al momento dell'entrata
in vigore della presente legge' (art. 26, ultimo comma); 3) 'per la prima applicazione dell'art. 16, si fa riferimento all'indice
medio annuo relativo all'anno di entrata in vigore della presente
legge' e, quindi, testualmente, per la prima rivalutazione delle
pensioni disciplinate da questa legge, e cioè maturate non prima del 1982, si deve far riferimento agli indici di svalutazione rela
tivi all'anno rispettivamente precedente (sia pure, per la prima volta, in applicazione del medesimo art. 16, con effetto dal 1°
gennaio 1983)». E da notare che la sentenza n. 8684 del 1996 era stata pro
nunciata in riferimento ad una fattispecie precedente alle modi
fiche normative introdotte dalla 1. n. 141 del 1992, e che invece
alcune delle sentenze successive sono state emesse in fattispecie alle quali si applica l'art. 16 così come modificato dall'art. 8 1. n. 141 del 1992, ed hanno già avuto modo di affermare che sul
punto controverso la modifica apportata dalla legge del 1992
non incide (in particolare, in questo senso, v. Cass. 30 agosto 2000, n. 11409, e 8 marzo 2002, n. 3397, citate). Inoltre, le ul
time sentenze della sezione lavoro in argomento sottolineano, nel fornire una propria motivazione, che non avendo la cassa ri
corrente introdotto argomenti nuovi rispetti a quelli già esami
nati in passato, non si ravvisano elementi validi per discostarsi
dall'indirizzo interpretativo consolidatosi (così, Cass. 26 gen naio 2004, n. 1344, cit.).
4. - Le nuove argomentazioni che hanno condotto al riesame
della questione. Nonostante la pronuncia delle sezioni unite la
cassa forense ha continuato a proporre numerosi ricorsi avverso
sentenze di merito che riconoscevano — conformemente al di
sposto delle sezioni unite — il diritto alla rivalutazione della
pensione fin dal primo anno successivo alla liquidazione di essa, sino a che la sezione lavoro della corte, avendo ritenuto trattarsi
di una questione di massima di particolare importanza, in ordine
alla quale la parte ricorrente ha proposto articolate critiche alla
soluzione adottata dalle sezioni unite, ha rimesso gli atti al pri mo presidente il quale ha investito nuovamente queste sezioni
unite.
Il Foro Italiano — 2004.
I principali argomenti utilizzati dalla cassa forense possono così riassumersi:
a) non è condivisibile l'esigenza di operare un raccordo tra i due sistemi di adeguamento, quello dei redditi e quello delle
pensioni, rispondendo essi a due esigenze diverse; diversi es sendo gli elementi da rivalutare, e diversa essendo anche la fun zione della rivalutazione: nel primo caso, serve a determinare un
rapporto tra reddito e pensione rispettoso del principio di ade
guatezza delle prestazioni previdenziali, dall'altro la rivaluta
zione della pensione già liquidata serve ad evitare una diminu zione del potere d'acquisto della pensione stessa;
b) il sistema della previdenza forense si basa sul metodo c.d.
retributivo, e non contributivo, e non c'è pertanto alcuna corri
spettività tra contributi e prestazioni. La 1. n. 576 pone a base del calcolo della pensione non già il coacervo dei contributi ver sati durante tutto l'arco di tempo di iscrizione alla cassa, ma
soltanto i dieci redditi annuali più favorevoli fruiti nell'ultimo
quindicennio; c) tutto il sistema della previdenza forense delineato dalla 1.
576/80 fa riferimento, come unità cronologica fondamentale per calcolare sia l'entità della variazione che la decorrenza degli ef
fetti, all'anno solare, cioè al periodo dal 1° gennaio al 31 di cembre di ciascun anno. Inoltre, la rivalutazione dell'ultimo
reddito professionale utile ha un'incidenza del tutto eventuale e
variabile sul piano individuale: potrebbe essere del tutto inutile
se fosse un reddito più basso rispetto ad altri, e quindi non preso in considerazione nel determinare l'ammontare della pensione dovuta;
d) sotto il profilo teleologico, essendo lo scopo della norma
quello di mantenere inalterato il valore della pensione così come
essa è stata liquidata, non può riconoscersi una rivalutazione
quando il pregiudizio svalutativo non si è ancora verificato
(questo è l'argomento centrale già utilizzato in precedenza, unitamente al dato letterale tratto dal solo art. 16): diversamente
opinando — si osserva — si potrebbe arrivare al risultato non di
tenere indenne la pensione dagli effetti negativi della svaluta
zione, ma di consentire alla pensione stessa di accrescersi a pre scindere dal fenomeno svalutativo;
e) per quanto riguarda il reddito dell'anno in cui sorge il di
ritto a pensione, esso è già attualizzato in quanto si tiene conto
di esso nel computo della media dei redditi sulla base della
quale viene quantificata la pensione dovuta al professionista;
f) le norme transitorie, per loro natura, sono eccezionali, alla
portata di regola generale, ma ciononostante la sentenza n. 8684 del 1996 ha ritenuto di dover applicare la disciplina dell'art. 27, ultimo comma, dettato per le «vecchie» pensioni, anche alle
pensioni «nuove», laddove finalità dell'art. 27, ultimo comma, dovrebbe essere solo quella di rendere applicabile il sistema di
adeguamento fissato dall'art. 16 anche alle vecchie pensioni;
g) per le nuove pensioni non c'era bisogno di alcuna norma
transitoria, in quanto lo stesso art. 16 prevede che le nuove pen sioni, ossia quelle liquidate con decorrenza 1° gennaio 1983 e
maturate nel corso del 1982 sono rivalutate, tenendo conto della
svalutazione intervenuta nel corso del 1982 e quantificata nel
1983, con decorrenza 1° gennaio 1984;
h) ove si accedesse alla soluzione interpretativa fatta propria da queste sezioni unite, si avrebbe una violazione sia del princi
pio di uguaglianza che del principio di ragionevolezza, perché si
provvederebbe a rivalutare una pensione in riferimento ad un
periodo in cui il trattamento previdenziale non è ancora sorto, dando luogo a una diversità di effetti tra i vari pensionati e ad
una disparità di trattamento rispetto all'intero sistema previden ziale.
5.-1 principali argomenti di replica, a) Per la prima rivaluta
zione delle pensioni l'art. 16 1. n. 576 del 1980 fissa alcuni cri
teri per determinare la percentuale di aumento convenzionale,
uguale per tutte le pensioni e che si applicherà per tutte le pen sioni in godimento (a prescindere dal momento in cui il diritto a
tale godimento sia maturato) a partire dal 1° gennaio dell'anno
successivo all'emanazione del decreto ministeriale, prima della
riforma del 1992, o all'adozione della relativa deliberazione da
parte del consiglio d'amministrazione della cassa, dopo la ri
forma del 1992.
b) Esiste un parallelo esistente tra la disciplina dettata per la
previdenza forense e la disciplina dettata dalla 1. n. 843 del 1978
per i trattamenti previdenziali in favore dei lavoratori dipenden ti, erogati dall'Inps, che prevede la perequazione automatica
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2079 PARTE PRIMA 2080
delle pensioni a decorrere dal 1° gennaio dell'anno successivo a
quello di decorrenza della pensione.
c) Né è privo di significato che per tutte le altre gestioni pen sionistiche di lavoratori dipendenti privati e pubblici, nonché
autonomi, la prima rivalutazione operi dal primo anno imme
diatamente successivo a quello del pensionamento.
d) Una diversa lettura dell'art. 16 1. 576/80 esporrebbe la
norma al rischio d'incostituzionalità, in quanto identiche posi zioni pensionistiche verrebbero trattate diversamente.
e) I due autonomi meccanismi, di attualizzazione della media
dei redditi utilizzata per costituire la base di calcolo della pen sione. e di rivalutazione di quest'ultima, vanno in effetti raccor
dati, secondo l'interpretazione fatta propria dalla sezione unita
in precedenza, in quanto altrimenti il professionista pensionato risentirebbe negativamente della mancata rivalutazione della sua
pensione intervenuta nel primo anno della sua erogazione. 6. - Osservazioni conclusive. L'art. 16 (che è appunto la nor
ma dedicata alla rivalutazione della pensione) nulla prevede
espressamente in merito al problema applicativo in esame, li
mitandosi esso a dire che si provvede alla rivalutazione sulla ba
se della delibera (annuale, si desume dal 10 comma) della stessa
cassa, e che gli aumenti decorrono dal 1° gennaio successivo
alla data della delibera.
Tale norma non affronta perciò in alcun modo il problema
specifico della decorrenza della prima rivalutazione. Nel silen
zio della legge, parrebbe che il criterio testuale deponga a favo
re di una soluzione, per la prima rivalutazione, non difforme ed
anzi omogenea a tutte le successive rivalutazioni, in quanto, se
la legge avesse voluto, in considerazione di una o dell'altra
delle motivazioni addotte copiosamente dalla cassa di previden za, adottare una soluzione differente per la prima rivalutazione, con l'effetto di spostare in avanti di un anno tutto il meccani
smo della rivalutazione della pensione, lo avrebbe presumibil mente previsto in modo espresso.
Quanto all'art. 27, dedicato alla decorrenza delle rivalutazio
ni, esso fa riferimento alle pensioni già maturate anteriormente
all'entrata in vigore della legge (1°, 2° e 3° comma), per le quali
specifica che si rivaluteranno anch'esse secondo quanto previsto dall'art. 16, con la stessa decorrenza e nella stessa misura previ ste dalla legge, e detta i necessari accorgimenti per rendere pos sibile tale unicità di criteri di rivalutazione.
Al 4° comma chiarisce poi che per la prima applicazione del
l'art. 16 si farà riferimento all'indice medio annuo relativo al
l'entrata in vigore della legge. Nel ricorso della cassa di previdenza si rinviene più volte
l'osservazione che non potrebbe farsi uso, ai fini interpretativi, delle norme contenute nell'art. 27 in quanto norme eccezionali, dettate per le vecchie pensioni e non estensibili alle nuove.
Tuttavia, mentre i primi tre commi sono senza dubbio riferi
bili alle vecchie pensioni — ed adottano per esse lo stesso mec
canismo di rivalutazione dettato per le nuove — il 4° comma
stabilisce un criterio generale, utilizzabile per tutte le pensioni;
per le vecchie, che si attualizzeranno con i correttivi di cui ai
primi tre commi, mentre per le nuove, nella prima applicazione dell'art. 16 (che, quanto alle pensioni nuove, si applicherà ai
sensi dell'art. 26, 1° comma, per le pensioni maturate dal 1°
gennaio 1982 in poi), si farà riferimento all'indice medio annuo
relativo all'anno di entrata in vigore della legge e quindi all'in
dice medio annuo del 1981, contenente i dati di svalutazione del
198°. In particolare, dall'esame dell'art. 27, ultimo comma, posso
no trarsi alcune conseguenze: a) che esso non contiene solo norme eccezionali, né tanto
meno norme applicabili solo alle pensioni liquidate prima del
l'entrata in vigore della legge, ma al contrario che esso fissa un
meccanismo di rivalutazione unitario di tutte le pensioni; b) che la rivalutazione della pensione erogata dal 1° gennaio
1982, che viene effettuata dal 1° gennaio 1983, avviene sulla
base dell'indice del 1981 relativo al 1980 (ovvero dell'indice
medio annuo relativo all'anno di entrata in vigore della legge), e
quindi dell'indice precedente all'anno di prima erogazione, che
tiene conto della svalutazione intervenuta nell'anno ancora pre cedente.
Qualche ulteriore osservazione anche da un punto di vista te
leologico induce a ribadire l'orientamento fatto proprio da que ste sezioni unite nel 1996. In proposito si ritiene di dover qui rimarcare che, a fronte di una scarsa decisività di un'interpreta
li. Foro Italiano — 2004.
zione letterale dell'art. 16 — poiché la norma non consente di
individuare nel tempo il decreto ministeriale (o, successiva
mente al 1992, la delibera del consiglio d'amministrazione della
cassa) da applicare alla pensione maturata in un determinato an
no — assume peso più pregnante il ricorso ad un'interpretazio ne teleologia, ex art. 2 preleggi, idoneo senz'altro ad ovviare al
l'equivocità della formulazione testuale.
Non v'è dubbio che, facendo riferimento al meccanismo di
rivalutazione della pensione, se una pensione maturata nel corso
di un qualsiasi anno si rivaluta già l'anno immediatamente suc
cessivo, ciò comporta necessariamente che si prenda come base
di riferimento per operare la rivalutazione la delibera del consi
glio d'amministrazione della cassa, emessa lo stesso anno del
pensionamento, che necessariamente farà riferimento alla varia
zione intervenuta nel corso dell'anno precedente, quando il di
ritto a pensione non era ancora maturato, in tal modo ponendosi
riparo ad un pregiudizio (perdita del potere di acquisto) del
quale la pensione non ha potuto ancora risentire: ma quest'ulti
ma, solo apparentemente costituisce una irrazionalità.
Si è già visto come, nel sistema legislativo vigente, la pensio ne di vecchiaia degli avvocati, erogata dalla cassa forense si
determina sulla base della media dei più elevati dieci redditi di
chiarati ai fini Irpef dall'avvocato, tratti dalle dichiarazioni re
lative ai quindici anni solari anteriori alla maturazione del di
ritto a pensione, in base all'art. 2 1. 576/80 come risultante a se
guito delle modifiche apportate dalla 1. n. 141 del 1992.
Orbene, questi redditi vengono «attualizzati» nel loro valore
mediante la loro rivalutazione ad eccezione dell'ultimo reddito, che la legge (lo stesso art. 2) espressamente esclude dalla riva
lutazione.
Se quindi un avvocato va in pensione, la prima operazione necessaria per il calcolo della pensione è determinare il reddito
da prendere a base per il calcolo della pensione. A tal fine si
prendono in considerazione le ultime quindici dichiarazioni dei
redditi (tra le quali eventualmente anche quella redatta nel corso
dell'ultimo anno, se già esistente, in quanto quest'ultima è rela
tiva all'anno di reddito immediatamente precedente alla matura
zione del diritto a pensione). Tra queste, si scelgono le dieci di
chiarazioni che riportano i redditi più cospicui (la legge impone di considerare a questo fine solo la parte del reddito professio nale soggetta al contributo obbligatorio). A questo punto si
provvede alla rivalutazione dei redditi annuali dichiarati, esclu
so l'ultimo, secondo i criteri fissati dall'art. 15, ovvero si consi
dera il cento per cento degli aumenti fra i coefficienti relativi
all'anno di produzione dei redditi e quelli del penultimo anno
anteriore alla maturazione del diritto a pensione (art. 15, 3°
comma). Per completare l'esposizione del criterio di calcolo, si fa la
media tra i dieci migliori redditi attualizzati e a questo punto si
moltiplica il reddito così determinato per un «coefficiente di
rendimento annuo» che rende la pensione non inferiore a deter
minati minimi, ma anche non superiore a determinati massimi
(si considerano pari all'intero sia l'anno d'iscrizione che quello di cessazione dell'attività, a prescindere dalla data effettiva del
l'iscrizione; art. 4 1. n. 141 del 1992 relativo all'infrazionabilità
degli anni d'iscrizione). Perciò, il reddito prodotto nell'anno precedente alla matura
zione del diritto a pensione viene preso in considerazione due
volte dalla legge, ma a due diversi fini:
1) da una parte, l'art. 2, 2° comma, esclude l'ultimo reddito
annuale dichiarato dalla rivalutazione ai fini del calcolo del
l'ammontare dovuto come pensione; 2) dall'altra, l'art. 15, 3° comma (dedicato alla rivalutazione
dei redditi, e non delle pensioni), considera, ai fini della rivalu
tazione, il cento per cento «degli aumenti fra coefficienti relativi
all'anno di produzione dei redditi e quelli del penultimo anno
anteriore alla maturazione del diritto a pensione».
Quest'ultima norma stabilisce quindi che l'anno precedente alla maturazione del diritto a pensione non viene preso in consi
derazione ai fini della rivalutazione dei vari redditi da attualiz
zare.
Può ritenersi allora che esiste effettivamente un vuoto di at
tualizzazione relativo alla quantificazione del reddito pensiona bile, che il criterio seguito dalla sentenza di queste sezioni unite
interveniva a colmare: poiché nell'attualizzare il reddito da por re a base della pensione non si tiene conto della rivalutazione
intervenuta l'anno precedente il sorgere del diritto a pensione,
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
di quella esigenza di attualizzazione si terrà conto provvedendo a rivalutare la pensione fin dal 1° gennaio dell'anno successivo
al sorgere del diritto.
Un ulteriore argomento a favore della tesi già condivisa da
queste sezioni unite, può ricavarsi dal canone dell'interpretazio ne sistematica, che tenga conto del sistema generale di previ denza per la migliore comprensione delle forme speciali.
Non manca, anche presso la dottrina, chi ritiene che nei casi
dubbi, o anche per colmare eventuali lacune, sia corretto tener
conto del sistema generale, sia pure con prudenza, in considera
zione cioè degli istituti affini e dell'assenza di una ratio idonea
a giustificare una deviazione dal sistema generale, con l'ulterio
re precisazione che si debba tener conto solo degli istituti affini
non conformati, nelle forme speciali di previdenza, a rationes
differenti.
Orbene, non è privo di significato che, nel sistema generale
gestito dall'Inps, per quanto riguarda le prestazioni erogate col
criterio retributivo consimile a quello della cassa forense nei
profili generali, la perequazione della pensione al costo della
vita decorre, secondo la normativa più recente, dal primo giorno dell'anno successivo alla maturazione dei requisiti per il diritto
alla prestazione (cfr. art. 11,1° comma, d.leg. 30 dicembre 1992
n. 503 come poi interpretato costantemente dall'Inps senza
contestazioni). Come pure è di interesse notare che, nella gestione dell'assi
curazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i
superstiti dell'Inps, al fine del calcolo della pensione col criterio
retributivo, in modo eguale per quanto attiene allo specifico pro filo considerato, non si procede alla rivalutazione degli importi relativi all'ultimo anno, e più precisamente delle settimane del
l'anno di erogazione e di quelle collocate nell'anno solare pre cedente (cfr. art. 3 1. n. 297 del 1982 con successive integrazio
ni). Onde si potrebbe ricavare — anche per tale via — che nel si
stema generale, entro i limiti di affinità prudentemente eviden
ziati, la perequazione viene attuata con decorrenza dal primo
giorno dell'anno successivo, pur quando l'erosione inflattiva
non abbia inciso su di essa, allo scopo di realizzare un raccordo
tra l'adeguamento di secondo ordine (rivalutazione della base di
calcolo) e l'adeguamento di primo ordine (rivalutazione della
pensione in godimento sin dal momento della sua maturazione).
Per tornare alla fattispecie in questione, in sostanza, può os
servarsi che se la delibera contenente i coefficienti di rivaluta
zione necessariamente indica i dati relativi all'anno precedente la sua emissione per consentire la rivalutazione nell'anno suc
cessivo, allora, se si tiene conto, come sopra detto, che, in base
all'art. 15, la rivalutazione del reddito da porre a base di calcolo
della pensione non comprende il reddito dell'anno immediata
mente precedente alla maturazione del diritto, che non viene
attualizzato, la pensione nasce già con un problema di attualiz
zazione relativo all'ultimo anno di reddito.
In definitiva, il riferimento ad una realtà presente in epoca anteriore al sorgere del credito previdenziale, lungi dall'essere
irrazionale, risponde ad una logica compensativa utilizzando
quella realtà solo come dato parametrico, quale unico rimedio
per colmare un deficit di operatività della svalutazione la quale costituisce un dato strettamente ed incessantemente connesso
alla natura pecuniaria della prestazione pensionistica. Sotto questo aspetto la lettura già proposta, in quanto rispon
dente non solo a razionalità, ma anche all'esigenza di garantire un'effettività di protezione ad un credito che riceve dalla Co
stituzione particolare attenzione (art. 38 Cost.), sfugge anche
alle censure d'illegittimità costituzionale sollevate — in via su
bordinata — dalla cassa ricorrente.
È il caso, ancora, di osservare — per rispondere ad un rilievo
formulato dalla difesa della cassa in replica alle conclusioni del
p.g. in udienza — che se è vero che l'ultimo anno di reddito
viene rivalutato col supplemento di pensione, ex art. 2 e 7 1.
576/80, è tuttavia vero che questo può avvenire — secondo sca
denze susseguenti ivi previste — solo nell'ipotesi in cui l'avvo
cato, dopo aver maturato il diritto alla pensione di vecchiaia, re
sta iscritto ad uno degli albi professionali (degli avvocati o a
quello speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni supe
riori). Le considerazioni fin qui esposte inducono queste sezioni
unite a ribadire il proprio orientamento già esposto nella citata
sentenza del 1996, e, dunque, a respingere il ricorso della cassa
forense.
Il Foro Italiano — 2004.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 5 aprile
2004, n. 6625; Pres. Calfapietra, Est. Malpica, P.M. Mari
nelli (conci, conf.); Chierichetti e altri (Avv. Galdi) c. Con
dominio via Diego Simonetti 54, Ostia Lido (Avv. Gargiu
lo). Cassa App. Roma 11 ottobre 2000 e decide nel merito.
Comunione e condominio — Condominio negli edifici — As
semblea — Seconda convocazione — Deliberazioni —
Maggioranze (Cod. civ., art. 1136).
Ai fini dell'approvazione delle delibere adottate dall'assemblea
condominiale in seconda convocazione, devono sussistere
entrambi i quorum previsti dal 3° comma dell'art. 1136 c.c.,
e cioè occorre che la maggioranza sia tale non solo relativa
mente al numero dei votanti a favore, ma anche relativamente
al valore della proprietà da essi rappresentato. (1)
(1) Conformemente, nel senso che il quorum deliberativo previsto dal 3° comma dell'art. 1136 c.c. per la validità delle delibere condomi
niali adottate in seconda convocazione deve rappresentare la maggio ranza degli intervenuti all'assemblea, sia per numero (c.d. maggioranza
per teste), sia per valore (o per millesimi), v. Cass. 11 gennaio 1966, n.
202, Foro it.. Rep. 1966, voce Comunione e condominio, n. 281, nella
motivazione (riportata in Riv. giur. edilizia, 1966,1, 734, con nota favo
revole di L. Salis); e, tra le pronunzie di merito, Trib. Milano 27 mag
gio 1996, Foro it.. Rep. 1997, voce cit., n. 188 (e Arch, locazioni, 1997,
272) (nella specie, i condomini che avevano espresso voto contrario
erano in numero maggiore di quelli che avevano votato a favore della
delibera, e comunque il valore rappresentato da questi ultimi, sebbene
maggiore di quello rappresentato dai condomini dissenzienti, non rag
giungeva il quorum di un terzo richiesto dall'art. 1136, 3° comma,
c.c.); Trib. Monza 23 ottobre 1984, Foro it.. Rep. 1985, voce cit., n. 99
(e Arch, locazioni, 1984, 621), dove si rileva che il raggiungimento delle maggioranze «minime» previste dal 3° comma dell'art. 1136 c.c.
non costituisce condizione sufficiente per la validità delle deliberazioni
in questione, ove risulti che i voti favorevoli siano comunque inferiori a
quelli dissenzienti; nonché Trib. Palermo 22 aprile 1964, Foro it.. Rep.
1964, voce cit., n. 205. In senso difforme, invece, Trib. Roma 4 luglio 1990, id.. Rep. 1991, voce cit., n. 200 (e Arch, locazioni, 2991, 619, la
quale, pur osservando che per l'approvazione della delibera assemblea
re in seconda convocazione «occorre anche . . . che i condomini dissen
zienti siano inferiori, per numero e per valore, ai condomini che hanno
votato a favore della deliberazione», nella fattispecie ha respinto l'im
pugnazione di una delibera adottata con il voto favorevole della mag
gioranza dei condomini partecipanti all'assemblea ma con il voto con
trario di un unico condomino rappresentante la maggioranza relativa
dei millesimi presenti, argomentando che il criterio della doppia mag
gioranza stabilito dalla norma «significa soltanto che il quorum delibe
rativo in seconda convocazione deve rappresentare la maggioranza de
gli intervenuti (per numero e per valore), ma non anche che i dissen
zienti possano costituire — essi — la maggioranza solo per numero o
solo per valore»); e, in precedenza, Trib. Milano 26 novembre 1959,
Foro it., Rep. 1960, voce cit., n. 141 (secondo cui la maggioranza do
vrebbe ritenersi raggiunta anche se i condomini dissenzienti, essendo
meno di un terzo, avessero in valore più dei consenzienti). Cass. 28 gennaio 1997, n. 850, id., Rep. 1997, voce cit., n. 214.
puntualizza che la mancanza della maggioranza qualificata prescritta
per taluna delle delibere inserite all'ordine del giorno dell'assemblea
non incide sulla validità delle altre delibere adottate, il cui oggetto ri
chieda una maggioranza semplice. Nel senso che per le delibere concernenti le materie indicate dal 4°
comma dell'art. 1 136 c.c., tra le quali la nomina dell'amministratore
(nonché la sua conferma; cfr. Cass. 4 maggio 1994, n. 4269, id., Rep.
1994, voce cit., n. 184), è comunque richiesto, anche in seconda convo
cazione, il quorum deliberativo stabilito dal 2° comma (e cioè un nume
ro di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la
metà del valore dell'edificio), v. Cass. 26 aprile 1994, n. 3952, ibid., n.
225, e 9 febbraio 1980, n. 901, id.. Rep. 1980, voce cit., n. 131.
Sulla particolare maggioranza (delle sole quote millesimali) richiesta
(in deroga agli art. 1136 e 1120 c.c.) dall'art. 26, 2° comma, 1. 10/91
per la trasformazione dell'impianto centralizzato di riscaldamento con
dominiale in impianti unifamiliari a gas, cfr. Cass. 29 gennaio 2002. n.
1166, id., Rep. 2002, voce cit., n. 139; 25 maggio 2001, n. 7130, id.,
Rep. 2001, voce cit., n. 140; 26 maggio 1999, n. 5117, e 11 febbraio
1999, n. 1165, id., 1999,1, 3281, con nota di richiami.
Sul computo delle maggioranze assembleari in caso di conflitto di
interessi tra taluno dei condomini ed il condominio, v., da ultimo. Cass.
22 luglio 2002, n. 10683, id., 2003, I, 540, con nota di richiami.
Sul controllo delle quote di partecipazione al condominio ai fini del
computo delle maggioranze prescritte dall'art. 1136 c.c., cfr., inoltre,
Cass. 23 giugno 1998, n. 6202, id., Rep. 1999, voce cit.. n. 229.
In dottrina, in senso conforme alla pronunzia che si riporta, v. A. Vi
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