sezioni unite civili; sentenza 16 gennaio 1987, n. 299; Pres. Tamburrino, Est. O. Fanelli, P. M.Fabi (concl. parz. diff.); Marchisio (Avv. Menghini, Masuello) c. Cassi; Cassi (Avv. Santucci) c.Marchisio. Cassa Trib. Vercelli 4 maggio 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 4 (APRILE 1987), pp. 1065/1066-1069/1070Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179882 .
Accessed: 28/06/2014 18:30
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 78.24.223.18 on Sat, 28 Jun 2014 18:30:24 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
di considerare che dal combinato disposto dei nn. 4 e 5 del cit.
art. 279 risulta che anche tale tipo di sentenza, in quanto non
decida totalmente il merito e quindi non venga accompagnata da distinto provvedimento di separazione e di ulteriore istrutto
ria, appartiene alla categoria delle sentenze che non definiscono
(non chiudono) la causa fra le stesse parti (ad es. perché non
contiene la liquidazione delle spese in conseguenza della separa
zione) e pertanto anche ad esse si applica l'istituto dell'impugna zione differita, con tutte le sue implicazioni.
Nella specie l'appello di Valeruz — come correttamente rileva
to dalla corte di merito — era inammissibile non in quanto pro
posto in via autonoma, cioè con separata citazione e quindi al
di fuori delle forme previste per l'appello incidentale (comparsa, verbale di udienza: art. 343 c.p.c.) ma perché proposto oltre i
termini stabiliti per tale specie di appello (prima comparsa, quella che il convenuto-appellato deposita al momento della costituzio
ne in cancelleria nel termine, anteriore all'udienza di comparizio
ne, che l'art. 343 in relazione all'art. 347 fissa con rinvio a quello stabilito per il giudizio di primo grado; prima udienza avanti al
l'istruttore se non vi è stata costituzione in cancelleria; prima udien
za successiva all'ordine di integrazione del contraddittorio).
(Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 16 gen naio 1987, n. 299; Pres. Tamburrino, Est. O. Fanelli, P. M.
Fabi (conci, parz. diff.); Marchisio (Aw. Menghini, Masuel
lo) c. Cassi; Cassi (Avv. Santucci) c. Marchisio. Cassa Trib.
Vercelli 4 maggio 1984.
Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Sentenza —
Lettura del dispositivo — Omissione — Conseguenze (Cod. proc.
civ., art. 429). Locazione — Procedimento — Domanda nuova — Richiesta di
determinazione dell'indennità di avviamento commerciale in cor
so di causa — Improponibilità (Cod. proc. civ., art. 414, 420;
1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 69).
Attesa la carenza di interesse ad agire del ricorrente non può es
sere cassata, dovendosi invece soltanto correggere, la sentenza
con la quale il giudice d'appello neghi erroneamente la nullità
della sentenza di primo grado per omessa lettura del dispositi
vo e decida senz'altro la causa nel merito. (1)
(1) I. - Nuovo intervento delle sezioni unite sulle conseguenze della
omessa lettura del dispositivo in udienza da parte del giudice di lavoro.
Occorre ricordare che con la sentenza 22 giugno 1977, n. 2632 (Foro
it., 1977, I, 1638) le sezioni unite avevano affermato che l'omissione della
formalità in questione deve considerarsi quale motivo di nullità insanabi
le della sentenza per mancanza di un requisito formale indispensabile per il raggiungimento dello scopo dell'atto (art. 156, 1° comma, c.p.c.). E
ciò atteso che il vizio di omessa lettura del dispositivo in udienza compor terebbe la violazione dei principi di concentrazione e di immodificabilità
della decisione, con rilevanti ripercussioni in ordine alla esecutività del
provvedimento (che viene cosi rinviata al momento della pubblicazione della sentenza).
La dottrina (Fabbrini, Della tutela (eccessiva) di talune forme proces
suali, in Riv. dir. lav., 1978, II, 721; Andrjoli, Diritto processuale civile,
Napoli, 1979, I, 495; Luiso, Della regola de! vantaggio neI processo civi
le, in Giust. civ., 1982, I, 322; A. Proto Pisani, Lavoro (controversie individuali in materia di), voce del Novissimo digesto, appendice, Torino,
1983, § 38; Guarnieri, Sulle conseguenze, nel processo del lavoro, del
rinvio della lettura del dispositivo ad una udienza successiva, in Giur.
it., 1983, I, 1, 1285, nonché Sulla lettura del dispositivo in udienza nel
processo del lavoro, in Riv. dir. proc., 1983, 220; v. inoltre C. M. Baro
ne (V. Andrioli, G. Pezzano, A. Proto Pisani), Le controversie in
materia di lavoro, 2a ed., Bologna-Roma, 1987, 774; contra v. però
Montesano-Vaccarella, Manuale di dir. proc. del lavoro, Napoli, 1984,
188) ha reagito vivacemente alla decisione, in primo luogo contestando
che il requisito in questione possa realmente considerarsi necessario per il raggiungimento dello scopo dell'atto; in secondo luogo rilevando l'ano
malia per cui non esiste soggetto legittimato a dedurre il vizio, dato che
da un lato il soccombente non potrebbe certo dolersi della ritardata efficacia
Il Foro Italiano — 1987 — Parte 7-70.
È improponibile, in quanto domanda nuova, la domanda di de
terminazione dell'indennità di avviamento commerciale formu lata dal locatore nel corso della causa di rilascio promossa con
rito del lavoro. (2)
Svolgimento del processo. — Con ricorso del 20 settembre 1978
diretto al Pretore di Vercelli Giuseppe e Ornella Cassi, proprieta ri di un locale sito in Vercelli adibito ad esercizio commerciale
e condotto da Luigina Marchisio, assumendo la necessità di de
stinare il predetto locale a propria attività, instavano per il rila
scio immediato dell'immobile. Nel corso del giudizio, all'udienza del 24 giugno 1982, gli stessi
attori instavano per l'espletamento di consulenza tecnica al fine
di determinare l'indennità di avviamento spettante alla convenuta
in caso di accoglimento del ricorso. La convenuta si opponeva in quanto trattavasi di questione non prospettata nel ricorso in
troduttivo, ma il pretore nominava il consulente; quindi, con sen
tenza 20 giugno 1982, del cui dispositivo peraltro non dava lettura
in udienza a norma dell'art. 429 c.p.c., accoglieva la domanda, ordinava alla ricorrente il rilascio dell'immobile, determinando
in lire 8.400.000 l'indennità di avviamento da corrispondersi alla
convenuta prima della riconsegna dell'immobile.
della sentenza da eseguirsi nei suoi confronti e, dall'altro, il vincitore,
pregiudicato dalla scorrettezza, ben più lo sarebbe ove il vizio fosse rile vato e la sentenza travolta; in terzo luogo considerando che i valori della
concentrazione dell'attività processuale non sono comunque recuperati ove, cassata la sentenza d'appello affetta dal vizio in esame, il dispositivo ven
ga letto, a qualche anno di distanza, dal giudice di rinvio; in quarto luo
go auspicando, nei casi di omessa lettura del dispositivo, sanzioni disciplinari a carico dei magistrati anziché nullità pregiudizievoli per la parte.
La giurisprudenza si è prontamente uniformata all'impostazione delle sezioni unite, ripetendo il principio per cui nei casi di omessa lettura del
dispositivo (ai quali è stato equiparato quello di lettura del dispositivo in udienza non prefissata della quale le parti non hanno avuto conoscen za: Cass. 4 ottobre 1982, n. 5086, Foro it., Rep. 1983, voce Lavoro e
previdenza (controversie), n. 312 e in Giur. it., 1983, I, 1, 1286, con
nota di Guarnieri), si produce nullità della sentenza rilevabile attraverso
gli ordinari mezzi di impugnazione (Cass. 23 novembre 1984, n. 6062, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 236, precisa che il vizio non è deducibile in sede di opposizione alla esecuzione promossa con il titolo cosi forma
to). Cosicché, esulandosi dalle ipotesi tassative di rimessione della causa
al giudice di primo grado previste dagli art. 353 e 354 c.p.c., il giudice della impugnazione, rilevata la nullità, non può che esaminare e decidere
nuovamente la causa nel merito. In questo senso, da ultimo: Cass. 21
maggio 1984, n. 3121, ibid., n. 237; 19 maggio 1984, n. 3099, ibid., n.
238; 28 gennaio 1984, n. 700, ibid., n. 239; 13 dicembre 1982, n. 6834,
id., Rep. 1983, voce cit., n. 321; 18 gennaio 1983, n. 472, ibid., n. 320; 25 maggio 1983, n. 3623, ibid., n. 315). La giurisprudenza ha inoltre
precisato che la nullità in analisi deve ritenersi soggetta alla regola del
l'assorbimento nel mezzo di impugnazione, per cui non può essere dedot
ta come motivo di ricorso per cassazione ove, attenendo alla sentenza
di primo grado, non sia stata fatta valere con l'appello (cosi Cass. 15
dicembre 1984, n. 6588, id., Rep. 1984, voce cit., n. 241; 23 febbraio
1983, id., Rep. 1983, voce cit., n. 317; 18 febbraio 1983, n. 1265, ibid., n. 318).
II. - Con la sentenza in epigrafe le sezioni unite — dopo avere riaffer
mato la piena vitalità dell'orientamento inaugurato da Cass. 2632/77 —
affermano che non può essere cassata (dovendo semplicemente essere cor
retta) la sentenza con la quale il giudice d'appello, erroneamente negata la nullità della sentenza di primo grado per omessa lettura del dispositivo in udienza, decida senz'altro la causa nel merito (nello stesso senso Cass.
14 luglio 1983, n. 4844, id., Rep. 1983, voce cit., n. 319). Conclusione
che viene fondata per un verso sul principio dell'assorbimento della nulli
tà del giudizio di primo grado nei motivi di gravame (art. 161 c.p.c.) e sulla eccezionalità delle ipotesi di remissione della causa al giudice di
primo grado da parte del giudice d'appello (ipotesi fra cui non rientra
la nullità in esame: art. 353 e 354), per altro verso, sulla carenza di inte
resse del ricorrente il quale, dalla cassazione della sentenza, otterrebbe
un risultato già in precedenza conseguito: il riesame nel merito della con
troversia da parte del giudice di secondo grado. (2) Sul divieto di domande nuove nel rito del lavoro e sulla irrilevanza
dell'eventuale accettazione del contraddittorio da parte del convenuto:
Cass. 4 aprile 1985, n. 2337, Foro it., Rep. 1985, voce Lavoro e previ denza (controversie), n. 189; 12 dicembre 1985, n. 5546, ibid., n. 235; 9 maggio 1984, n. 2843. id., Rep. 1984, voce cit., n. 199; 19 dicembre
1983, n. 7488, ibid., n. 200.
Sulle questioni processuali connesse alla determinazione della indennità
di avviamento e sui possibili risvolti di legittimità costituzionale della nor
mativa che ne impone il preventivo accertamento a carico del locatore:
Corte cost. 27 maggio 1986, n. 154 e Cass. 5 dicembre 1985, n. 6100,
id., 1986, I, 2684; Corte cost., ord. 30 dicembre 1985, n. 377, 8 novem
bre 1985, n. 275, Cass. 10 maggio 1985, n. 2917, ibid., 616, tutte con
note di richiami di D. Piombo.
This content downloaded from 78.24.223.18 on Sat, 28 Jun 2014 18:30:24 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
1067 PARTE PRIMA 1068
L'appello con cui la convenuta Luigina Marchisio deduceva, fra l'altro, la nullità della sentenza per mancata lettura del dispo sitivo in udienza, veniva respinto dal Tribunale di Vercelli con
sentenza 4 maggio 1984.
In ordine all'eccezione di nullità della sentenza per la mancata
lettura del dispositivo assumeva il tribunale che per il giudizio sulle controversie di cui alla 1. 392/78 sono richiamate in quanto
applicabili le norme sul rito del lavoro, le quali tuttavia, appunto in quanto applicabili, trovano un limite in ipotesi di non possibile immediata decisione della controversia; onde l'omessa lettura del
dispositivo e la sua notificazione con il deposito della sentenza
in cancelleria costituisce una mera irregolarità formale sanata ai
sensi dell'art. 156, 1° comma, c.p.c.
Quanto alla dedotta violazione dell'art. 414 c.p.c. per difetto
di esposizione delle circostanze di fatto nell'atto introduttivo, os
servava il tribunale che la domanda non è costituita soltanto da
questo, ma anche da ogni altro atto successivo ritualmente acqui sito al processo onde è sufficiente per la sua puntualizzazione la designazione del diritto in modo da poter individuare l'azione
proposta e la sommaria esposizione del fatto che identifichi il
petitum come diritto; e poiché i ricorrenti Cassi avevano invocato
la necessità di adibire l'immobile locato alla Marchisio all'eserci
zio in proprio di attività commerciale, enunciazione nella quale erano assunti il titolo dedotto in giudizio e la motivazione che 10 sorreggeva, l'avere i ricorrenti specificato in corso di causa
le modalità di utilizzo del locale in questione completava lo svi
luppo istruttorio del processo. (Omissis)
Quanto al motivo di doglianza concernente la questione non
prospettata nel ricorso introduttivo di determinazione dell'inden
nità per perdita di avviamento, considerava il tribunale che, an corché l'istanza a provvedervi fosse stata avanzata dai ricorrenti
all'udienza del 24 giugno 1982, appariva corretta la decisione del
pretore di ammettere a tal fine la consulenza tecnica in conformi
tà dell'art. 69 1. 392/78 che ne sancisce in ogni caso la correspon sione quale base per iniziare l'esecuzione. (Omissis)
Avverso tale decisione ricorre la Marchisio per quattro motivi; resistono con controricorso i Cassi, che hanno altresì presentato memoria. Il ricorso è stato rimesso a queste sezioni unite per rilevato contrasto sulla questione oggetto del primo mezzo.
Motivi della decisione. — Col primo motivo di ricorso si cen sura la sentenza impugnata per aver ritenuto che l'omessa lettura
in udienza del dispositivo di sentenza resa, in materia locativa, secondo il rito del lavoro integra una mera irregolarità sanabile ex art. 156, 1° comma, c.p.c., laddove in forza del disposto degli art. 73, 30 e 46 1. n. 392/78 dovevano trovare nella detta materia
piena applicazione le norme dello speciale rito del lavoro fra cui
quella di cui all'art. 429, 1° comma, c.p.c., e l'omessa lettura
del dispositivo in udienza non è semplice vizio dell'atto, ma con
diziona la valida formazione della sentenza determinandone la nullità insanabile, come costantemente affermato dalla giurispru denza di questa corte.
La censura è infondata, ma non può portare alla cassazione della sentenza impugnata, per la ragione che verrà appresso evi
denziata.
La giurisprudenza di questa corte è ormai costante, dopo l'in
tervento di queste sezioni unite, nel ritenere che nelle controversie di lavoro (nonché in quelle locatizie, cui il principio è stato speci ficamente ritenuto applicabile: basti ricordare, fra le tante, le sent. 21 maggio 1984, n. 3121, Foro it., Rep. 1983, voce Lavoro e previ denza (controversie), n. 237; 15 dicembre 1984, n. 6588, ibid., n. 241; 14 luglio 1983, n. 4844, id., Rep. 1983, voce cit., n. 240; 27 novembre 1982, n. 6478, id., Rep. 1982, voce Locazione, n.
960; 25 giugno 1982, n. 3843, ibid., n. 962) l'omessa lettura del
dispositivo in udienza determina nullità insanabile della sentenza.
Qualche incertezza si è invece determinata su questioni collate
rali, quale quella se rispetti la prescrizione dell'art. 429, 1° com
ma, la lettura del dispositivo nell'udienza alla quale la causa sia stata rinviata dopo la discussione.
Peraltro nella specie trattasi di semplice e netto caso di decisio ne presa, dopo l'apposita udienza di precisazione delle conclusio
ni, mediante riserva della causa in decisione, senza lettura del
dispositivo, ma solo con successivo deposito e pubblicazione del la sentenza completa di motivazione e dispositivo.
Non vi è quindi la possibilità di prendere posizione su detti
contrasti; laddove, sull'unica questione sottoposta al giudizio di
queste sezioni unite, si ritiene di dover confermare il detto, fermo
orientamento.
11 Foro Italiano — 1987.
Invero, non può non ribadirsi, come già osservato con la sen
tenza n. 2632 del 1977 (id., 1977, I, 1638), che nel quadro della
riforma del processo del lavoro la lettura del dispositivo in udien
za appare non una formalità marginale, bensì una innovazione
qualificante nel nuovo sistema in quanto strutturalmente ordina
ta al perseguimento delle finalità di concentrazione processuale e di sollecita definizione delle controversie.
Tutta la disciplina del nuovo processo del lavoro, infatti, è im
prontata a quella esigenza e a quei principi, che trovano una del
le loro più efficaci espressioni nella lettura del dispositivo.
Questa, invero, non solo è l'atto conclusivo e contestuale di
quella tendenzialmente unica udienza in cui dovrebbe concentrar
si il processo, e testimonia quindi dell'effettività della concentra
zione, ma soprattutto, implica l'immutabilità della decisione,
rispetto alla quale la successiva stesura della motivazione ha l'u
nico scopo di esplicare le ragioni di una statuizione ormai defini
tivamente emessa, e che pertanto è insensibile anche ad ogni eventuale ius superveniens.
Del resto, il dispositivo ha autonomo rilievo anche agli effetti
di cui all'art. 431, 2° comma, c.p.c., e cioè per la possibilità di procedere all'esecuzione forzata sulla base di sola copia di es
so: anche se, come esattamente rilevato in dottrina, non può es
sere, questo, argomento per rafforzare la tesi che la pubblicazione della decisione mediante lettura del dispositivo in udienza, sanci
ta a pena di nullità, garantisce quella rapidità voluta dal legisla tore per la pienezza della tutela processuale accordata al lavoratore,
perché l'annullamento della sentenza favorevole alla parte che
avrebbe potuto nei modi anzidetti eseguirla (ma che, a causa del
l'omessa lettura, a detta esecuzione avrebbe potuto procedere an
che dopo la pubblicazione della sentenza secondo la disciplina
comune) significherebbe togliere proprio alla parte che il legisla tore ha inteso avvantaggiare anche la possibilità di procedere, sia pure in un momento successivo, all'esecuzione; invero, venen
do meno, a causa della nullità, il titolo esecutivo, detta parte dovrà attendere che questo — posto che la decisione rimanga immutata — torni in essere dopo un tempo ben maggiore di quel lo di cui essa parte è stata privata; insomma, come è stato effica
cemente notato, in punto di esecuzione l'orientamento in esame
porta al risultato di togliere al vincitore ogni tutela sol perché il giudice, errando a suo danno, lo aveva tutelato meno di quan to avrebbe dovuto.
A parte, dunque, tale considerazione, deve ribadirsi che la man
cata lettura dà luogo ad una nullità insanabile della sentenza,
che, sebbene non comminata espressamente dalla legge, ai sensi
dell'art. 156, 1° comma, c.p.c., deriva (malgrado i dubbi pro
spettati in proposito dalla dottrina) dalla mancanza di un requisi to formale indispensabile per il raggiungimento dello scopo cui
esso era finalizzato, ai sensi del 2° comma dello stesso articolo, dato che, mancando la lettura del dispositivo in udienza, viene
meno inevitabilmente l'unica possibilità di ancorare il momento
della immodificabilità della decisione alla data dell'udienza stessa
restando pertanto in via assoluta esclusa l'applicabilità del 3° com ma dello stesso art. 156.
Non si può negare che tale interpretazione non vale certo a
salvaguardare, nel processo in cui la violazione dell'art. 429, 1°
comma, si è verificata, i principi di oralità, immediatezza e con
centrazione, palese essendo che la riparazione alla detta omissio ne in un successivo giudizio sarà inevitabilmente atto staccato e lontano dal processo che la nuova decisione torna a concludere in ossequio alla forma prescritta.
Deve peraltro considerarsi che la sanzione di nullità non vale
tanto a garantire la tempestività della decisione nel processo in
cui si è verificata (prestandosi, anzi, ad ingiustizia, quando è usa
ta come strumento per far saltare il processo ad opera della parte soccombente la quale abbia, in quanto tale, interesse a rimettere
con qualunque mezzo tutto in discussione), quanto come «deter rente» nei futuri processi, dato che il giudice deve sapere che
la sua omissione è cosi gravemente sanzionata da poter far porre nel nulla la decisione da esso resa.
Pertanto, il rigore della soluzione, di dubbia utilità nel proces so cui si applica, vale, invece, con effetto diffusivo, a favorire la corretta applicazione della norma, e cioè il rispetto degli anzi detti fondamentali principi negli altri processi, e dunque a creare
quel «diritto vivente», che solo vale a conferire effettività a qual siasi sistema sanzionatorio.
Sebbene, dunque, come tutte le questioni processuali, anche
questa si presti a strumentalizzazioni a scopo dilatorio e per ten
This content downloaded from 78.24.223.18 on Sat, 28 Jun 2014 18:30:24 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
tare di rovesciare in rito un esito del processo negativo nel meri
to, la riaffermazione della norma lesa, pur se possibile causa di
inconvenienti nel processo in cui è dettata, ha una ben più pre
gnante e importante funzione di nomofilachia.
E, del resto, le conseguenze negative in termini di economia
processuale rimangono ridimensionate quando, come nella spe
cie, la violazione della norma processuale sia avvenuta in primo
grado, ed il giudice di secondo grado, sia pure erroneamente esclu
dendola, passi perciò a giudicare del merito, come appunto il
tribunale ha fatto nella presente controversia. Infatti, nel caso
che il giudice di secondo grado rilevi la nullità in questione, esso,
in base al principio dell'assorbimento delle nullità in motivi di
gravame deve — tranne che nelle ipotesi tassativamente previste
dagli art. 353 e 354 c.p.c. — trattenere la causa e decidere nel
merito, senza rimetterla al primo giudice (Cass. 21 maggio 1984,
n. 3121, id., Rep. 1984, voce Lavoro e previdenza (controversie),
n. 327; 28 gennaio 1984, n. 700, ibid., n. 239; 18 gennaio 1983, n. 472, id., Rep. 1983, voce cit., n. 320; 12 novembre 1980, n.
6062, id., Rep. 1980, voce cit., n. 207).
Ed appunto alla decisione nel merito ha proceduto, nella spe
cie, il tribunale, dato che, in conseguenza dell'errata decisione
in tema di omessa lettura del dispositivo in udienza, ha esteso
il suo esame alle altre censure formulate nell'atto di appello.
Essendo, pertanto, l'esame del merito avvenuto — secondo
quanto richiesto alla stregua del detto orientamento giurispruden
ziale — ne consegue la mancanza di interesse dell'attuale ricor
rente a denunciare nuovamente in questa sede la nullità della
sentenza di primo grado in quanto non dichiarata dal giudice
di appello cui era stata pur prospettata, perché l'eventuale rinvio
della causa ad altro giudice d'appello (non, come si è detto, al
primo, perché, non trattandosi di alcuna delle ipotesi di cui al
l'art. 354 c.p.c., il giudice di appello doveva trattenere la causa
a decidere nel merito) porterebbe allo stesso risultato (riesame
del merito) che l'attuale ricorrente ha già conseguito con la pro
nuncia su tutti i motivi di appello da parte del tribunale (cfr.
Cass. 14 luglio 1983, n. 4844. id., Rep. 1983, voce cit., n. 319).
In definitiva, il motivo non può essere accolto a causa del rile
vato difetto di interesse; peraltro, l'errata decisione del tribunale,
sul punto, va corretta, ai sensi dell'art. 384, 2° comma, c.p.c.,
riaffermandosi il principio da esso obliterato, ma ininfluente sul
dispositivo. Col secondo motivo di ricorso, reiterandosi la doglianza già
avanzata nelle fasi di merito circa la mancata esposizione, nell'at
to introduttivo del giudizio, delle circostanze di fatto e l'omessa
indicazione specifica di mezzi di prova, con la conseguente nulli
tà del ricorso indroduttivo, si censura la sentenza del tribunale
per aver ritenuto tale atto integrabile con ogni altro successivo,
e per aver omesso un esame complessivo dell'atto stesso onde
accertare se dette omissioni abbiano leso il diritto di difesa della
convenuta.
La censura è infondata. Perché sussista la nullità del ricorso
introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determina
zione dell'oggetto della domanda e per mancata esposizione degli
elementi di fatto o delle ragioni di diritto su cui si fonda la do
manda stessa, non è sufficiente l'omessa indicazione dei corri
spondenti elementi in modo formale, ma è necessario che ne sia
impossibile l'individuazione attraverso l'esame complessivo del
l'atto da compiersi di ufficio dal giudice, anche in sede di appello
(Cass. 10 novembre 1981, n. 5964, id., Rep. 1981, voce cit., n.
159; 10 gennaio 1983, id., 1983, I, 2507; 14 febbraio 1983, n.
1159, id., Rep. 1983, voce cit., n. 202; 29 novembre 1984, n.
6267, id., Rep. 1984, voce cit., n. 143; 5 luglio 1986, n. 4413,
id., Mass., 777). Ed è quanto l'impugnata sentenza ha escluso (v. narrativa),
sia pure non del tutto perspicuamente, ma in sostanza adeguan
dosi al detto principio. Onde la decisione si sottrae a censura.
Col terzo motivo si lamenta che il tribunale abbia omesso ogni
motivazione sulla eccepita improcedibilità della domanda, propo
sta dagli attori, di determinazione, previo espletamento di consu
lenza tecnica, dell'indennità per perdita dell'avviamento dovuto
alla convenuta, in quanto tale domanda non era contenuta nel
ricorso introduttivo, ma è stata avanzata in corso di causa.
La censura è fondata. Il tribunale stesso riconosce e afferma
Il Foro Italiano — 1987.
che la domanda volta a determinare l'indennità per perdita del
l'avviamento non era stata proposta nell'atto introduttivo, sibbe
ne soltanto all'udienza del 26 giugno 1982, e ciò nonostante,
malgrado la tempestiva eccezione della controparte, ha confer
mato la sentenza del pretore che su di essa aveva pronunciato: e ciò in spregio del principio secondo cui anche nel rito del lavo
ro, con ancora maggior vigore che in quello ordinario, non è
consentita la mutatio libelli, ossia l'introduzione in giudizio di
una domanda oggettivamente nuova rispetto a quella proposta con l'atto introduttivo del giudizio o nella memoria difensiva (Cass.
19 dicembre 1983, n. 7488, id., Rep. 1983, voce cit., n. 263; 5
novembre 1979, n. 5713, id., Rep. 1979, voce Appello civile, n.
4; 14 giugno 1979, n. 3364, ibid., voce Lavoro e previdenza (con
troversie), n. 174), atteso che detto nuovo rito esige che il thema
decidendum debba essere fissato in limine litis, cioè nell'atto in
troduttivo o nella memoria difensiva.
È vero che trattasi di domanda volta ad accertare un diritto
della convenuta, vale a dire proprio della parte che ora ne sostie
ne l'improponibilità per tardività; ma è pur vero che, essendo,
a norma dell'art. 69, penultimo comma, 1. n. 392 del 1978, l'ese
cuzione del provvedimento di rilascio condizionato all'avvenuta
corresponsione dell'indennità di avviamento, appare evidente l'in
teresse dell'attore, istante per il rilascio, alla qualificazione di quel
diritto, che esso non disconosce, spettante alla controparte.
Pertanto, ben poteva l'attore chiedere l'accertamento del dirit
to della convenuta (e del corrispondente suo obbligo), tant'è che
nel corso del giudizio nessuna questione è stata fatta, in proposi
to, quanto al suo interesse ad agire. Peraltro tale domanda, quale
che fosse la posizione di interesse delle parti in ordine ad essa,
andava proposta nelle forme e nei termini prescritti, vale a dire,
proveniendo dall'attore, nel ricorso introduttivo.
Essendo stata, invece, avanzata nel prosieguo del giudizio, non
può non rilevarsene, in ossequio al principio sopra richiamato,
l'improponibilità. Né può escludersi l'interesse della parte cui quell'accertamento
parrebbe viceversa giovare, a negarne l'ammissibilità, atteso che,
in tal modo, essa parte mira a paralizzare e a ritardare l'eseguibi
lità del provvedimento di rilascio, che è condizionata al versa
mento della somma della cui determinazione si discute.
Ed anche se questo è un ennesimo esempio di strumentalizza
zione e di distorsione del processo per ostacolare l'attuazione del
diritto sostanziale, non si può seguire il procuratore generale al
lorché chiede dichiararsi il difetto di interesse del ricorrente ri
guardo al motivo in esame.
Consegue che, atteso che la domanda non poteva essere propo
sta, l'impugnata sentenza va, sul punto, cassata senza rinvio (art.
382, ultimo comma, c.p.c.) (Cass. 10 settembre 1969, n. 3088,
id., Rep. 1969, voce Cassazione civile, n. 345; 25 marzo 1949,
n. 641, id., Rep. 1949, voce cit., n. 245, con espresso riferimento
a domande nuove, come tali irritualmente proposte). (Omissis)
In conclusione, corretta la motivazione sul punto oggetto del
primo motivo, questo, nonché il secondo e il quarto, vanno re
spinti, mentre, in accoglimento del terzo motivo, la impugnata sentenza va cassata senza rinvio sul punto concernente l'accogli
mento della domanda relativa alla determinazione della indennità
di avviamento. (Omissis)
This content downloaded from 78.24.223.18 on Sat, 28 Jun 2014 18:30:24 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions