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sezioni unite civili; sentenza 16 gennaio 1987, n. 299; Pres. Tamburrino, Est. O. Fanelli, P. M....

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sezioni unite civili; sentenza 16 gennaio 1987, n. 299; Pres. Tamburrino, Est. O. Fanelli, P. M. Fabi (concl. parz. diff.); Marchisio (Avv. Menghini, Masuello) c. Cassi; Cassi (Avv. Santucci) c. Marchisio. Cassa Trib. Vercelli 4 maggio 1984 Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 4 (APRILE 1987), pp. 1065/1066-1069/1070 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179882 . Accessed: 28/06/2014 18:30 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 78.24.223.18 on Sat, 28 Jun 2014 18:30:24 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezioni unite civili; sentenza 16 gennaio 1987, n. 299; Pres. Tamburrino, Est. O. Fanelli, P. M. Fabi (concl. parz. diff.); Marchisio (Avv. Menghini, Masuello) c. Cassi; Cassi (Avv.

sezioni unite civili; sentenza 16 gennaio 1987, n. 299; Pres. Tamburrino, Est. O. Fanelli, P. M.Fabi (concl. parz. diff.); Marchisio (Avv. Menghini, Masuello) c. Cassi; Cassi (Avv. Santucci) c.Marchisio. Cassa Trib. Vercelli 4 maggio 1984Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 4 (APRILE 1987), pp. 1065/1066-1069/1070Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179882 .

Accessed: 28/06/2014 18:30

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

di considerare che dal combinato disposto dei nn. 4 e 5 del cit.

art. 279 risulta che anche tale tipo di sentenza, in quanto non

decida totalmente il merito e quindi non venga accompagnata da distinto provvedimento di separazione e di ulteriore istrutto

ria, appartiene alla categoria delle sentenze che non definiscono

(non chiudono) la causa fra le stesse parti (ad es. perché non

contiene la liquidazione delle spese in conseguenza della separa

zione) e pertanto anche ad esse si applica l'istituto dell'impugna zione differita, con tutte le sue implicazioni.

Nella specie l'appello di Valeruz — come correttamente rileva

to dalla corte di merito — era inammissibile non in quanto pro

posto in via autonoma, cioè con separata citazione e quindi al

di fuori delle forme previste per l'appello incidentale (comparsa, verbale di udienza: art. 343 c.p.c.) ma perché proposto oltre i

termini stabiliti per tale specie di appello (prima comparsa, quella che il convenuto-appellato deposita al momento della costituzio

ne in cancelleria nel termine, anteriore all'udienza di comparizio

ne, che l'art. 343 in relazione all'art. 347 fissa con rinvio a quello stabilito per il giudizio di primo grado; prima udienza avanti al

l'istruttore se non vi è stata costituzione in cancelleria; prima udien

za successiva all'ordine di integrazione del contraddittorio).

(Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 16 gen naio 1987, n. 299; Pres. Tamburrino, Est. O. Fanelli, P. M.

Fabi (conci, parz. diff.); Marchisio (Aw. Menghini, Masuel

lo) c. Cassi; Cassi (Avv. Santucci) c. Marchisio. Cassa Trib.

Vercelli 4 maggio 1984.

Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Sentenza —

Lettura del dispositivo — Omissione — Conseguenze (Cod. proc.

civ., art. 429). Locazione — Procedimento — Domanda nuova — Richiesta di

determinazione dell'indennità di avviamento commerciale in cor

so di causa — Improponibilità (Cod. proc. civ., art. 414, 420;

1. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 69).

Attesa la carenza di interesse ad agire del ricorrente non può es

sere cassata, dovendosi invece soltanto correggere, la sentenza

con la quale il giudice d'appello neghi erroneamente la nullità

della sentenza di primo grado per omessa lettura del dispositi

vo e decida senz'altro la causa nel merito. (1)

(1) I. - Nuovo intervento delle sezioni unite sulle conseguenze della

omessa lettura del dispositivo in udienza da parte del giudice di lavoro.

Occorre ricordare che con la sentenza 22 giugno 1977, n. 2632 (Foro

it., 1977, I, 1638) le sezioni unite avevano affermato che l'omissione della

formalità in questione deve considerarsi quale motivo di nullità insanabi

le della sentenza per mancanza di un requisito formale indispensabile per il raggiungimento dello scopo dell'atto (art. 156, 1° comma, c.p.c.). E

ciò atteso che il vizio di omessa lettura del dispositivo in udienza compor terebbe la violazione dei principi di concentrazione e di immodificabilità

della decisione, con rilevanti ripercussioni in ordine alla esecutività del

provvedimento (che viene cosi rinviata al momento della pubblicazione della sentenza).

La dottrina (Fabbrini, Della tutela (eccessiva) di talune forme proces

suali, in Riv. dir. lav., 1978, II, 721; Andrjoli, Diritto processuale civile,

Napoli, 1979, I, 495; Luiso, Della regola de! vantaggio neI processo civi

le, in Giust. civ., 1982, I, 322; A. Proto Pisani, Lavoro (controversie individuali in materia di), voce del Novissimo digesto, appendice, Torino,

1983, § 38; Guarnieri, Sulle conseguenze, nel processo del lavoro, del

rinvio della lettura del dispositivo ad una udienza successiva, in Giur.

it., 1983, I, 1, 1285, nonché Sulla lettura del dispositivo in udienza nel

processo del lavoro, in Riv. dir. proc., 1983, 220; v. inoltre C. M. Baro

ne (V. Andrioli, G. Pezzano, A. Proto Pisani), Le controversie in

materia di lavoro, 2a ed., Bologna-Roma, 1987, 774; contra v. però

Montesano-Vaccarella, Manuale di dir. proc. del lavoro, Napoli, 1984,

188) ha reagito vivacemente alla decisione, in primo luogo contestando

che il requisito in questione possa realmente considerarsi necessario per il raggiungimento dello scopo dell'atto; in secondo luogo rilevando l'ano

malia per cui non esiste soggetto legittimato a dedurre il vizio, dato che

da un lato il soccombente non potrebbe certo dolersi della ritardata efficacia

Il Foro Italiano — 1987 — Parte 7-70.

È improponibile, in quanto domanda nuova, la domanda di de

terminazione dell'indennità di avviamento commerciale formu lata dal locatore nel corso della causa di rilascio promossa con

rito del lavoro. (2)

Svolgimento del processo. — Con ricorso del 20 settembre 1978

diretto al Pretore di Vercelli Giuseppe e Ornella Cassi, proprieta ri di un locale sito in Vercelli adibito ad esercizio commerciale

e condotto da Luigina Marchisio, assumendo la necessità di de

stinare il predetto locale a propria attività, instavano per il rila

scio immediato dell'immobile. Nel corso del giudizio, all'udienza del 24 giugno 1982, gli stessi

attori instavano per l'espletamento di consulenza tecnica al fine

di determinare l'indennità di avviamento spettante alla convenuta

in caso di accoglimento del ricorso. La convenuta si opponeva in quanto trattavasi di questione non prospettata nel ricorso in

troduttivo, ma il pretore nominava il consulente; quindi, con sen

tenza 20 giugno 1982, del cui dispositivo peraltro non dava lettura

in udienza a norma dell'art. 429 c.p.c., accoglieva la domanda, ordinava alla ricorrente il rilascio dell'immobile, determinando

in lire 8.400.000 l'indennità di avviamento da corrispondersi alla

convenuta prima della riconsegna dell'immobile.

della sentenza da eseguirsi nei suoi confronti e, dall'altro, il vincitore,

pregiudicato dalla scorrettezza, ben più lo sarebbe ove il vizio fosse rile vato e la sentenza travolta; in terzo luogo considerando che i valori della

concentrazione dell'attività processuale non sono comunque recuperati ove, cassata la sentenza d'appello affetta dal vizio in esame, il dispositivo ven

ga letto, a qualche anno di distanza, dal giudice di rinvio; in quarto luo

go auspicando, nei casi di omessa lettura del dispositivo, sanzioni disciplinari a carico dei magistrati anziché nullità pregiudizievoli per la parte.

La giurisprudenza si è prontamente uniformata all'impostazione delle sezioni unite, ripetendo il principio per cui nei casi di omessa lettura del

dispositivo (ai quali è stato equiparato quello di lettura del dispositivo in udienza non prefissata della quale le parti non hanno avuto conoscen za: Cass. 4 ottobre 1982, n. 5086, Foro it., Rep. 1983, voce Lavoro e

previdenza (controversie), n. 312 e in Giur. it., 1983, I, 1, 1286, con

nota di Guarnieri), si produce nullità della sentenza rilevabile attraverso

gli ordinari mezzi di impugnazione (Cass. 23 novembre 1984, n. 6062, Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 236, precisa che il vizio non è deducibile in sede di opposizione alla esecuzione promossa con il titolo cosi forma

to). Cosicché, esulandosi dalle ipotesi tassative di rimessione della causa

al giudice di primo grado previste dagli art. 353 e 354 c.p.c., il giudice della impugnazione, rilevata la nullità, non può che esaminare e decidere

nuovamente la causa nel merito. In questo senso, da ultimo: Cass. 21

maggio 1984, n. 3121, ibid., n. 237; 19 maggio 1984, n. 3099, ibid., n.

238; 28 gennaio 1984, n. 700, ibid., n. 239; 13 dicembre 1982, n. 6834,

id., Rep. 1983, voce cit., n. 321; 18 gennaio 1983, n. 472, ibid., n. 320; 25 maggio 1983, n. 3623, ibid., n. 315). La giurisprudenza ha inoltre

precisato che la nullità in analisi deve ritenersi soggetta alla regola del

l'assorbimento nel mezzo di impugnazione, per cui non può essere dedot

ta come motivo di ricorso per cassazione ove, attenendo alla sentenza

di primo grado, non sia stata fatta valere con l'appello (cosi Cass. 15

dicembre 1984, n. 6588, id., Rep. 1984, voce cit., n. 241; 23 febbraio

1983, id., Rep. 1983, voce cit., n. 317; 18 febbraio 1983, n. 1265, ibid., n. 318).

II. - Con la sentenza in epigrafe le sezioni unite — dopo avere riaffer

mato la piena vitalità dell'orientamento inaugurato da Cass. 2632/77 —

affermano che non può essere cassata (dovendo semplicemente essere cor

retta) la sentenza con la quale il giudice d'appello, erroneamente negata la nullità della sentenza di primo grado per omessa lettura del dispositivo in udienza, decida senz'altro la causa nel merito (nello stesso senso Cass.

14 luglio 1983, n. 4844, id., Rep. 1983, voce cit., n. 319). Conclusione

che viene fondata per un verso sul principio dell'assorbimento della nulli

tà del giudizio di primo grado nei motivi di gravame (art. 161 c.p.c.) e sulla eccezionalità delle ipotesi di remissione della causa al giudice di

primo grado da parte del giudice d'appello (ipotesi fra cui non rientra

la nullità in esame: art. 353 e 354), per altro verso, sulla carenza di inte

resse del ricorrente il quale, dalla cassazione della sentenza, otterrebbe

un risultato già in precedenza conseguito: il riesame nel merito della con

troversia da parte del giudice di secondo grado. (2) Sul divieto di domande nuove nel rito del lavoro e sulla irrilevanza

dell'eventuale accettazione del contraddittorio da parte del convenuto:

Cass. 4 aprile 1985, n. 2337, Foro it., Rep. 1985, voce Lavoro e previ denza (controversie), n. 189; 12 dicembre 1985, n. 5546, ibid., n. 235; 9 maggio 1984, n. 2843. id., Rep. 1984, voce cit., n. 199; 19 dicembre

1983, n. 7488, ibid., n. 200.

Sulle questioni processuali connesse alla determinazione della indennità

di avviamento e sui possibili risvolti di legittimità costituzionale della nor

mativa che ne impone il preventivo accertamento a carico del locatore:

Corte cost. 27 maggio 1986, n. 154 e Cass. 5 dicembre 1985, n. 6100,

id., 1986, I, 2684; Corte cost., ord. 30 dicembre 1985, n. 377, 8 novem

bre 1985, n. 275, Cass. 10 maggio 1985, n. 2917, ibid., 616, tutte con

note di richiami di D. Piombo.

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1067 PARTE PRIMA 1068

L'appello con cui la convenuta Luigina Marchisio deduceva, fra l'altro, la nullità della sentenza per mancata lettura del dispo sitivo in udienza, veniva respinto dal Tribunale di Vercelli con

sentenza 4 maggio 1984.

In ordine all'eccezione di nullità della sentenza per la mancata

lettura del dispositivo assumeva il tribunale che per il giudizio sulle controversie di cui alla 1. 392/78 sono richiamate in quanto

applicabili le norme sul rito del lavoro, le quali tuttavia, appunto in quanto applicabili, trovano un limite in ipotesi di non possibile immediata decisione della controversia; onde l'omessa lettura del

dispositivo e la sua notificazione con il deposito della sentenza

in cancelleria costituisce una mera irregolarità formale sanata ai

sensi dell'art. 156, 1° comma, c.p.c.

Quanto alla dedotta violazione dell'art. 414 c.p.c. per difetto

di esposizione delle circostanze di fatto nell'atto introduttivo, os

servava il tribunale che la domanda non è costituita soltanto da

questo, ma anche da ogni altro atto successivo ritualmente acqui sito al processo onde è sufficiente per la sua puntualizzazione la designazione del diritto in modo da poter individuare l'azione

proposta e la sommaria esposizione del fatto che identifichi il

petitum come diritto; e poiché i ricorrenti Cassi avevano invocato

la necessità di adibire l'immobile locato alla Marchisio all'eserci

zio in proprio di attività commerciale, enunciazione nella quale erano assunti il titolo dedotto in giudizio e la motivazione che 10 sorreggeva, l'avere i ricorrenti specificato in corso di causa

le modalità di utilizzo del locale in questione completava lo svi

luppo istruttorio del processo. (Omissis)

Quanto al motivo di doglianza concernente la questione non

prospettata nel ricorso introduttivo di determinazione dell'inden

nità per perdita di avviamento, considerava il tribunale che, an corché l'istanza a provvedervi fosse stata avanzata dai ricorrenti

all'udienza del 24 giugno 1982, appariva corretta la decisione del

pretore di ammettere a tal fine la consulenza tecnica in conformi

tà dell'art. 69 1. 392/78 che ne sancisce in ogni caso la correspon sione quale base per iniziare l'esecuzione. (Omissis)

Avverso tale decisione ricorre la Marchisio per quattro motivi; resistono con controricorso i Cassi, che hanno altresì presentato memoria. Il ricorso è stato rimesso a queste sezioni unite per rilevato contrasto sulla questione oggetto del primo mezzo.

Motivi della decisione. — Col primo motivo di ricorso si cen sura la sentenza impugnata per aver ritenuto che l'omessa lettura

in udienza del dispositivo di sentenza resa, in materia locativa, secondo il rito del lavoro integra una mera irregolarità sanabile ex art. 156, 1° comma, c.p.c., laddove in forza del disposto degli art. 73, 30 e 46 1. n. 392/78 dovevano trovare nella detta materia

piena applicazione le norme dello speciale rito del lavoro fra cui

quella di cui all'art. 429, 1° comma, c.p.c., e l'omessa lettura

del dispositivo in udienza non è semplice vizio dell'atto, ma con

diziona la valida formazione della sentenza determinandone la nullità insanabile, come costantemente affermato dalla giurispru denza di questa corte.

La censura è infondata, ma non può portare alla cassazione della sentenza impugnata, per la ragione che verrà appresso evi

denziata.

La giurisprudenza di questa corte è ormai costante, dopo l'in

tervento di queste sezioni unite, nel ritenere che nelle controversie di lavoro (nonché in quelle locatizie, cui il principio è stato speci ficamente ritenuto applicabile: basti ricordare, fra le tante, le sent. 21 maggio 1984, n. 3121, Foro it., Rep. 1983, voce Lavoro e previ denza (controversie), n. 237; 15 dicembre 1984, n. 6588, ibid., n. 241; 14 luglio 1983, n. 4844, id., Rep. 1983, voce cit., n. 240; 27 novembre 1982, n. 6478, id., Rep. 1982, voce Locazione, n.

960; 25 giugno 1982, n. 3843, ibid., n. 962) l'omessa lettura del

dispositivo in udienza determina nullità insanabile della sentenza.

Qualche incertezza si è invece determinata su questioni collate

rali, quale quella se rispetti la prescrizione dell'art. 429, 1° com

ma, la lettura del dispositivo nell'udienza alla quale la causa sia stata rinviata dopo la discussione.

Peraltro nella specie trattasi di semplice e netto caso di decisio ne presa, dopo l'apposita udienza di precisazione delle conclusio

ni, mediante riserva della causa in decisione, senza lettura del

dispositivo, ma solo con successivo deposito e pubblicazione del la sentenza completa di motivazione e dispositivo.

Non vi è quindi la possibilità di prendere posizione su detti

contrasti; laddove, sull'unica questione sottoposta al giudizio di

queste sezioni unite, si ritiene di dover confermare il detto, fermo

orientamento.

11 Foro Italiano — 1987.

Invero, non può non ribadirsi, come già osservato con la sen

tenza n. 2632 del 1977 (id., 1977, I, 1638), che nel quadro della

riforma del processo del lavoro la lettura del dispositivo in udien

za appare non una formalità marginale, bensì una innovazione

qualificante nel nuovo sistema in quanto strutturalmente ordina

ta al perseguimento delle finalità di concentrazione processuale e di sollecita definizione delle controversie.

Tutta la disciplina del nuovo processo del lavoro, infatti, è im

prontata a quella esigenza e a quei principi, che trovano una del

le loro più efficaci espressioni nella lettura del dispositivo.

Questa, invero, non solo è l'atto conclusivo e contestuale di

quella tendenzialmente unica udienza in cui dovrebbe concentrar

si il processo, e testimonia quindi dell'effettività della concentra

zione, ma soprattutto, implica l'immutabilità della decisione,

rispetto alla quale la successiva stesura della motivazione ha l'u

nico scopo di esplicare le ragioni di una statuizione ormai defini

tivamente emessa, e che pertanto è insensibile anche ad ogni eventuale ius superveniens.

Del resto, il dispositivo ha autonomo rilievo anche agli effetti

di cui all'art. 431, 2° comma, c.p.c., e cioè per la possibilità di procedere all'esecuzione forzata sulla base di sola copia di es

so: anche se, come esattamente rilevato in dottrina, non può es

sere, questo, argomento per rafforzare la tesi che la pubblicazione della decisione mediante lettura del dispositivo in udienza, sanci

ta a pena di nullità, garantisce quella rapidità voluta dal legisla tore per la pienezza della tutela processuale accordata al lavoratore,

perché l'annullamento della sentenza favorevole alla parte che

avrebbe potuto nei modi anzidetti eseguirla (ma che, a causa del

l'omessa lettura, a detta esecuzione avrebbe potuto procedere an

che dopo la pubblicazione della sentenza secondo la disciplina

comune) significherebbe togliere proprio alla parte che il legisla tore ha inteso avvantaggiare anche la possibilità di procedere, sia pure in un momento successivo, all'esecuzione; invero, venen

do meno, a causa della nullità, il titolo esecutivo, detta parte dovrà attendere che questo — posto che la decisione rimanga immutata — torni in essere dopo un tempo ben maggiore di quel lo di cui essa parte è stata privata; insomma, come è stato effica

cemente notato, in punto di esecuzione l'orientamento in esame

porta al risultato di togliere al vincitore ogni tutela sol perché il giudice, errando a suo danno, lo aveva tutelato meno di quan to avrebbe dovuto.

A parte, dunque, tale considerazione, deve ribadirsi che la man

cata lettura dà luogo ad una nullità insanabile della sentenza,

che, sebbene non comminata espressamente dalla legge, ai sensi

dell'art. 156, 1° comma, c.p.c., deriva (malgrado i dubbi pro

spettati in proposito dalla dottrina) dalla mancanza di un requisi to formale indispensabile per il raggiungimento dello scopo cui

esso era finalizzato, ai sensi del 2° comma dello stesso articolo, dato che, mancando la lettura del dispositivo in udienza, viene

meno inevitabilmente l'unica possibilità di ancorare il momento

della immodificabilità della decisione alla data dell'udienza stessa

restando pertanto in via assoluta esclusa l'applicabilità del 3° com ma dello stesso art. 156.

Non si può negare che tale interpretazione non vale certo a

salvaguardare, nel processo in cui la violazione dell'art. 429, 1°

comma, si è verificata, i principi di oralità, immediatezza e con

centrazione, palese essendo che la riparazione alla detta omissio ne in un successivo giudizio sarà inevitabilmente atto staccato e lontano dal processo che la nuova decisione torna a concludere in ossequio alla forma prescritta.

Deve peraltro considerarsi che la sanzione di nullità non vale

tanto a garantire la tempestività della decisione nel processo in

cui si è verificata (prestandosi, anzi, ad ingiustizia, quando è usa

ta come strumento per far saltare il processo ad opera della parte soccombente la quale abbia, in quanto tale, interesse a rimettere

con qualunque mezzo tutto in discussione), quanto come «deter rente» nei futuri processi, dato che il giudice deve sapere che

la sua omissione è cosi gravemente sanzionata da poter far porre nel nulla la decisione da esso resa.

Pertanto, il rigore della soluzione, di dubbia utilità nel proces so cui si applica, vale, invece, con effetto diffusivo, a favorire la corretta applicazione della norma, e cioè il rispetto degli anzi detti fondamentali principi negli altri processi, e dunque a creare

quel «diritto vivente», che solo vale a conferire effettività a qual siasi sistema sanzionatorio.

Sebbene, dunque, come tutte le questioni processuali, anche

questa si presti a strumentalizzazioni a scopo dilatorio e per ten

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

tare di rovesciare in rito un esito del processo negativo nel meri

to, la riaffermazione della norma lesa, pur se possibile causa di

inconvenienti nel processo in cui è dettata, ha una ben più pre

gnante e importante funzione di nomofilachia.

E, del resto, le conseguenze negative in termini di economia

processuale rimangono ridimensionate quando, come nella spe

cie, la violazione della norma processuale sia avvenuta in primo

grado, ed il giudice di secondo grado, sia pure erroneamente esclu

dendola, passi perciò a giudicare del merito, come appunto il

tribunale ha fatto nella presente controversia. Infatti, nel caso

che il giudice di secondo grado rilevi la nullità in questione, esso,

in base al principio dell'assorbimento delle nullità in motivi di

gravame deve — tranne che nelle ipotesi tassativamente previste

dagli art. 353 e 354 c.p.c. — trattenere la causa e decidere nel

merito, senza rimetterla al primo giudice (Cass. 21 maggio 1984,

n. 3121, id., Rep. 1984, voce Lavoro e previdenza (controversie),

n. 327; 28 gennaio 1984, n. 700, ibid., n. 239; 18 gennaio 1983, n. 472, id., Rep. 1983, voce cit., n. 320; 12 novembre 1980, n.

6062, id., Rep. 1980, voce cit., n. 207).

Ed appunto alla decisione nel merito ha proceduto, nella spe

cie, il tribunale, dato che, in conseguenza dell'errata decisione

in tema di omessa lettura del dispositivo in udienza, ha esteso

il suo esame alle altre censure formulate nell'atto di appello.

Essendo, pertanto, l'esame del merito avvenuto — secondo

quanto richiesto alla stregua del detto orientamento giurispruden

ziale — ne consegue la mancanza di interesse dell'attuale ricor

rente a denunciare nuovamente in questa sede la nullità della

sentenza di primo grado in quanto non dichiarata dal giudice

di appello cui era stata pur prospettata, perché l'eventuale rinvio

della causa ad altro giudice d'appello (non, come si è detto, al

primo, perché, non trattandosi di alcuna delle ipotesi di cui al

l'art. 354 c.p.c., il giudice di appello doveva trattenere la causa

a decidere nel merito) porterebbe allo stesso risultato (riesame

del merito) che l'attuale ricorrente ha già conseguito con la pro

nuncia su tutti i motivi di appello da parte del tribunale (cfr.

Cass. 14 luglio 1983, n. 4844. id., Rep. 1983, voce cit., n. 319).

In definitiva, il motivo non può essere accolto a causa del rile

vato difetto di interesse; peraltro, l'errata decisione del tribunale,

sul punto, va corretta, ai sensi dell'art. 384, 2° comma, c.p.c.,

riaffermandosi il principio da esso obliterato, ma ininfluente sul

dispositivo. Col secondo motivo di ricorso, reiterandosi la doglianza già

avanzata nelle fasi di merito circa la mancata esposizione, nell'at

to introduttivo del giudizio, delle circostanze di fatto e l'omessa

indicazione specifica di mezzi di prova, con la conseguente nulli

tà del ricorso indroduttivo, si censura la sentenza del tribunale

per aver ritenuto tale atto integrabile con ogni altro successivo,

e per aver omesso un esame complessivo dell'atto stesso onde

accertare se dette omissioni abbiano leso il diritto di difesa della

convenuta.

La censura è infondata. Perché sussista la nullità del ricorso

introduttivo del giudizio di primo grado per mancata determina

zione dell'oggetto della domanda e per mancata esposizione degli

elementi di fatto o delle ragioni di diritto su cui si fonda la do

manda stessa, non è sufficiente l'omessa indicazione dei corri

spondenti elementi in modo formale, ma è necessario che ne sia

impossibile l'individuazione attraverso l'esame complessivo del

l'atto da compiersi di ufficio dal giudice, anche in sede di appello

(Cass. 10 novembre 1981, n. 5964, id., Rep. 1981, voce cit., n.

159; 10 gennaio 1983, id., 1983, I, 2507; 14 febbraio 1983, n.

1159, id., Rep. 1983, voce cit., n. 202; 29 novembre 1984, n.

6267, id., Rep. 1984, voce cit., n. 143; 5 luglio 1986, n. 4413,

id., Mass., 777). Ed è quanto l'impugnata sentenza ha escluso (v. narrativa),

sia pure non del tutto perspicuamente, ma in sostanza adeguan

dosi al detto principio. Onde la decisione si sottrae a censura.

Col terzo motivo si lamenta che il tribunale abbia omesso ogni

motivazione sulla eccepita improcedibilità della domanda, propo

sta dagli attori, di determinazione, previo espletamento di consu

lenza tecnica, dell'indennità per perdita dell'avviamento dovuto

alla convenuta, in quanto tale domanda non era contenuta nel

ricorso introduttivo, ma è stata avanzata in corso di causa.

La censura è fondata. Il tribunale stesso riconosce e afferma

Il Foro Italiano — 1987.

che la domanda volta a determinare l'indennità per perdita del

l'avviamento non era stata proposta nell'atto introduttivo, sibbe

ne soltanto all'udienza del 26 giugno 1982, e ciò nonostante,

malgrado la tempestiva eccezione della controparte, ha confer

mato la sentenza del pretore che su di essa aveva pronunciato: e ciò in spregio del principio secondo cui anche nel rito del lavo

ro, con ancora maggior vigore che in quello ordinario, non è

consentita la mutatio libelli, ossia l'introduzione in giudizio di

una domanda oggettivamente nuova rispetto a quella proposta con l'atto introduttivo del giudizio o nella memoria difensiva (Cass.

19 dicembre 1983, n. 7488, id., Rep. 1983, voce cit., n. 263; 5

novembre 1979, n. 5713, id., Rep. 1979, voce Appello civile, n.

4; 14 giugno 1979, n. 3364, ibid., voce Lavoro e previdenza (con

troversie), n. 174), atteso che detto nuovo rito esige che il thema

decidendum debba essere fissato in limine litis, cioè nell'atto in

troduttivo o nella memoria difensiva.

È vero che trattasi di domanda volta ad accertare un diritto

della convenuta, vale a dire proprio della parte che ora ne sostie

ne l'improponibilità per tardività; ma è pur vero che, essendo,

a norma dell'art. 69, penultimo comma, 1. n. 392 del 1978, l'ese

cuzione del provvedimento di rilascio condizionato all'avvenuta

corresponsione dell'indennità di avviamento, appare evidente l'in

teresse dell'attore, istante per il rilascio, alla qualificazione di quel

diritto, che esso non disconosce, spettante alla controparte.

Pertanto, ben poteva l'attore chiedere l'accertamento del dirit

to della convenuta (e del corrispondente suo obbligo), tant'è che

nel corso del giudizio nessuna questione è stata fatta, in proposi

to, quanto al suo interesse ad agire. Peraltro tale domanda, quale

che fosse la posizione di interesse delle parti in ordine ad essa,

andava proposta nelle forme e nei termini prescritti, vale a dire,

proveniendo dall'attore, nel ricorso introduttivo.

Essendo stata, invece, avanzata nel prosieguo del giudizio, non

può non rilevarsene, in ossequio al principio sopra richiamato,

l'improponibilità. Né può escludersi l'interesse della parte cui quell'accertamento

parrebbe viceversa giovare, a negarne l'ammissibilità, atteso che,

in tal modo, essa parte mira a paralizzare e a ritardare l'eseguibi

lità del provvedimento di rilascio, che è condizionata al versa

mento della somma della cui determinazione si discute.

Ed anche se questo è un ennesimo esempio di strumentalizza

zione e di distorsione del processo per ostacolare l'attuazione del

diritto sostanziale, non si può seguire il procuratore generale al

lorché chiede dichiararsi il difetto di interesse del ricorrente ri

guardo al motivo in esame.

Consegue che, atteso che la domanda non poteva essere propo

sta, l'impugnata sentenza va, sul punto, cassata senza rinvio (art.

382, ultimo comma, c.p.c.) (Cass. 10 settembre 1969, n. 3088,

id., Rep. 1969, voce Cassazione civile, n. 345; 25 marzo 1949,

n. 641, id., Rep. 1949, voce cit., n. 245, con espresso riferimento

a domande nuove, come tali irritualmente proposte). (Omissis)

In conclusione, corretta la motivazione sul punto oggetto del

primo motivo, questo, nonché il secondo e il quarto, vanno re

spinti, mentre, in accoglimento del terzo motivo, la impugnata sentenza va cassata senza rinvio sul punto concernente l'accogli

mento della domanda relativa alla determinazione della indennità

di avviamento. (Omissis)

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