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Sezioni unite civili; sentenza 16 novembre 1982, n. 6106; Pres. Tamburrino, Est. Sensale, P. M. Fabi...

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Sezioni unite civili; sentenza 16 novembre 1982, n. 6106; Pres. Tamburrino, Est. Sensale, P. M. Fabi (concl. conf.); Rolandi ed altri (Avv. Orelli) c. Ente ospedaliero Luini Confalonieri e I.p.a.b. mons. Comi di Luino (Avv. Bellardoni, Viazzo). Regolamento di giurisdizione Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 4 (APRILE 1983), pp. 985/986-989/990 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175777 . Accessed: 28/06/2014 18:08 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.189 on Sat, 28 Jun 2014 18:08:22 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezioni unite civili; sentenza 16 novembre 1982, n. 6106; Pres. Tamburrino, Est. Sensale, P. M.Fabi (concl. conf.); Rolandi ed altri (Avv. Orelli) c. Ente ospedaliero Luini Confalonieri e I.p.a.b.mons. Comi di Luino (Avv. Bellardoni, Viazzo). Regolamento di giurisdizioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 4 (APRILE 1983), pp. 985/986-989/990Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175777 .

Accessed: 28/06/2014 18:08

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

intimati Giuseppe, Egidio ed Antonio Scassellati non si sono

costituiti nel presente giudizio. Motivi della decisione. — Il ricorso per regolamento di com

petenza è basato sui seguenti motivi: a) il pretore, avendo am

messo la prova orale al fine della delibazione della questione pre liminare di decadenza proposta dal convenuto, aveva il dovere

di pronunciare su tale questione prima di pronunciare sulla con

nessione; b) in base all'art. 40, cpv., c.p.c. la remissione della

causa al giudice del petitorio non può essere ammessa allorché

la causa principale non si trovi nella stessa fase della causa con

nessa e nel caso, allorché fu proposto il giudizio possessorio, era

no state già precisate le conclusioni nel giudizio petitorio; inol

tre, quando furono precisate le conclusioni innanzi al pretore, la

sentenza del tribunale, non definitiva, che respinse alcune ecce

zioni pregiudiziali, era in attesa di registrazione in quanto, pub blicata il 3 gennaio 1981, fu registrata il 12 febbraio 1981; quindi i due giudizi non erano in condizioni tali da essere connessi al

l'inizio del giudizio possessorio mentre in un secondo momento la connessione non era più opportuna in relazione allo stato del

l'istruzione; c) il giudizio divisorio non costituisce affatto un

giudizio petitorio poiché in esso non si controverte in ordine alla

proprietà o ad altro diritto reale sulla cosa rispetto alla quale viene chiesta la tutela possessoria, trattandosi invece di un giu dizio soltanto dichiarativo della proprietà; d) la circostanza che

essi convenuti avessero invocato il principio feci sed iure feci non comportava necessariamente la compenetrazione del giudizio

possessorio con il petitorio in quanto invece il giudicante do veva stabilire in base alla prova raccolta se esisteva il diritto

vantato e se il mutamento dello stato di fatto denunciato era

stato o no lesivo del possesso altrui; e) tra i requisiti della con

nessione di cui all'art. 704 c.p.c. è fondamentale quello che i due

giudizi (petitorio e possessorio) vertano tra le stesse p^rti e nella

fattispecie tale identità mancava in quanto Ada Scassellati, con

venuta nel giudizio di divisione, non aveva affatto agito in pos sessorio contro il germano Raffaele.

11 ricorso per regolamento di competenza è infondato (cosi come ha ritenuto il p.g. nella sua requisitoria scritta).

Secondo l'art. 704, 1° comma, c.p.c. ogni domanda relativa al

possesso, per fatti che avvengono durante la pendenza del giu dizio petitorio, deve essere proposta al giudice del petitorio. Il

capoverso di detto articolo attribuisce però — anche in tale ipo tesi — al pretore la competenza ad emettere il provvedimento di

reintegra, statuendo che in tale caso il pretore dà i provvedimen ti temporanei indispensabili e rimette le parti davanti al giudice del petitorio.

La competenza del giudice del petitorio prevista, quindi, per le azioni possessorie dall'art. 704 c.p.c., costituisce una deroga alla competenza esclusiva e funzionale del pretore e ne sono pre

supposti necessari, in base al testo del 1° comma di detta norma, la connessione oggettiva tra i giudizi, la proposizione anteriore dell'azione petitoria rispetto a quella possessoria, l'identità sog gettiva delle parti e la commissione dei fatti denunciati in pos sessorio durante la pendenza del processo che attiene alla contro

versia petitoria (vedi Cass. 471/78, id., Rep. 1978, voce Possesso

e azioni possessorie, n. 114; 3655/76, id., Rep. 1976, voce cit., n. 100). Nella fattispecie è pacifico che i fondi oggetto del giudizio

possessorio sono gli stessi circa i quali verte il giudizio di divisione

pendente davanti al Tribunale di Perugia e che tale ultimo giu dizio ebbe inizio anteriormente alla commissione dei fatti de nunciati in sede possessoria.

Nel procedere all'esame degli ulteriori requisiti richiesti per

l'applicazione dell'art. 704, 1° comma, c.p.c., va anzitutto tenuto

presente che l'identità dei soggetti sussiste per il solo fatto che

tutte le parti del giudizio possessorio siano presenti in quello po steriore (v., da ultimo, Cass. 4954/81, id., Rep. 1981, voce cit., n.

32) e nella fattispecie tale identità sussiste in quanto tutte le parti del giudizio possessorio partecipano al giudizio di divisione, men

tre non rileva affatto che a tale ultimo giudizio partecipi altresì'

un altro soggetto che non abbia mosso doglianze in sede posses

soria, cioè Ada Scassellati.

Quanto poi alla natura petitoria o meno del giudizio (di divi

sione) pendente innanzi al Tribunale di Perugia tra le stesse parti ed in ordine agli stessi (e ad altri) beni, va tenuto presente che

la natura petitoria del giudizio deve essere ravvisata in tutti i

giudizi in cui si controverta sul diritto di proprietà o su altro

diritto reale relativo alla cosa oggetto della tutela possessoria e

non invece in quelli che, pur avendo per oggetto tale cosa, siano

originati da pretese di carattere restitutorio o di altro genere, fondate su rapporti obbligatori, pretese che attengono non già allo

ius possessionis sibbene allo ius possidendi (vedi Cass. 5148/79,

id., Rep. 1979, voce cit., n. 72; 1370/76, id., Rep. 1976, voce cit.,

n. 103; 1484/75, id., Rep. 1975, voce cit., n. 107).

Orbene, se è giudizio petitorio ogni giudizio concernente la

proprietà o altro diritto reale sulla cosa della quale si contenda

in sede possessoria, è evidente che non può non ricomprendersi in tale nozione, il giudizio relativo ad un'azione, come quella

divisoria, che ha per fondamento il diritto di comproprietà/tito larità di diritto reale su cosa comune e che importa come neces

sario antecedente logico del provvedimento giudiziale conclusivo

l'accertamento del diritto medesimo e di quello degli altri parte

cipanti alla comunione. Né la natura dichiarativa del provvedi mento finale di divisione contrasta con il carattere petitorio del

l'azione (Cass. 1594/69, id., Rep. 1969, voce cit., n. 174; 2599/67,

id., Rep. 1968, voce cit., n. 152; 2122/55, id., 1956, I, 1540).

Quanto poi al requisito della pendenza del giudizio petitorio

all'epoca della commissione del fatto denunciato in possessorio, va

tenuto presente che per principio generale la connessione è ope rante quale ragione di spostamento della competenza soltanto se

le cause connesse siano pendenti nello stesso grado di giurisdi

zione, per cui in ipotesi diversa riprende vigore la regola della

competenza funzionale ed inderogabile del pretore: la portata della fattispecie contemplata dall'art. 704 c.p.c. va infatti indivi

duata in funzione delle disposizioni generali sulla essenza e su

gli effetti della connessione e tali disposizioni attribuiscono ad

essa rilevanza esclusivamente ai fini della deroga alle norme

ordinarie sulla competenza per territorio, per materia e per va

lore e non a quella per gradi per cui, se la causa petitoria pende

già in appello o in Cassazione, l'art. 704 non è applicabile in

quanto esso comporterebbe, in tali ipotesi, la perdita di uno o

di ambo i gradi della giurisdizione di merito (vedi Cass. 4944/80,

id., Rep. 1980. voce cit., n. 60; 1541/76. id., Rep. 1976, voce cit.,

n. 101: 977/72, id., Rep. 1972, voce cit., n. 123: 3975/68, id.,

Rep. 1968, voce cit., n. 123). Ed in punto le sezioni unite con

la sent. n. 1106/71 (id.. 1971, I, 2551) richiamata dal pretore han

no statuito che la pendenza in primo grado del giudizio petitorio deve sussistere al momento in cui il pretore emette la sua deci

sione e cioè stabilisce se dopo la fase relativa ai provvedimenti urgenti debba o meno trattenere la causa possessoria.

Non è quindi la « fase » del procedimento che interessa ai

fini dell'applicazione dell'art. 704 c.p.c. ma è il « grado » e nella

fattispecie i fatti denunciati in possessorio sono avvenuti quando

il giudizio petitorio era pendente in primo grado ed inoltre sia

il ricorso in possessorio che la decisione pretorile sono avvenuti

allorché il giudizio petitorio (divisione) era ancora in corso in

primo grado. Giova soggiungere che ai fini dell'applicazione o meno dell'art.

704 c.p.c. non ha alcun rilievo la circostanza che il convenuto ab

bia invocato il principio feci sed iure feci in quanto tale ecce

zione non trasforma affatto il giudizio da possessorio in petitorio:

tale eccezione comporta infatti un'indagine non già sullo ius pos

sidendi sibbene solo sullo ius possessionis del convenuto, il qua

le deduce che gli atti compiuti rientrano nell'esercizio del pos

sesso che a lui stesso compete. Quanto infine alla doglianza del ricorrente indicata sub a) nella

precedente esposizione dei motivi di ricorso, va rilevato che la

potestà del pretore di disporre prova orale per accertare l'ammis

sibilità del ricorso è stata esattamente riconosciuta dalla sent. n.

1030/78 (id., Rep. 1978, voce cit., n. 115, invocata in ricorso)

solo in relazione all'emanazione dei provvedimenti interinali che,

in base all'art. 704, cpv., c.p.c., il pretore, ove sia stato adito

in pendenza del giudice petitorio, ha il potere di emettere: tale

principio non è quindi affatto invocabile nel caso attuale in quan to la fase dei provvedimenti immediati è stata superata in sede

pretorile senza l'emissione di alcun provvedimento, per cui il

pretore, sussistendo le condizioni per l'applicazione della dero

ga, di cui all'art. 704 c.p.c., alla sua competenza per materia, non

poteva esaminare la causa nel merito ma aveva il dovere di ri

mettere la causa al tribunale quale giudice dichiarato competente

per materia dalla detta norma.

Il ricorso per regolamento di competenza va quindi rigettato, dichiarandosi esatta la declinatoria pretorile della competenza.

(Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 16

novembre 1982, n. 6106; Pres. Tamburrino, Est. Sensale, P.

M. Fabi (conci, conf.); Rolandi ed altri (Avv. Orelli) c.

Ente ospedaliero Luini Confalonieri e I.p.a.b. mons. Comi di

Luino (Avv. Bellardoni, Viazzo). Regolamento di giurisdizione.

Responsabilità contabile e amministrativa — Ente ospedaliero — Amministratori e dipendenti — Giurisdizione della Corte

dei conti — Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza —

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PARTE PRIMA

Amministratori e dipendenti — Giurisdizione ordinaria (Cost., art. 103; 1. 17 luglio 1890 n. 6972, sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, art. 30; r. d. 5 febbraio 1891 n. 99,

regolamento per l'esecuzione della 1. 17 luglio 1890 n. 6972, art. 51-56; r.d. 18 novembre 1923 n. 2440, disposizioni sull'am

ministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello

Stato, art. 83; r.d. 12 luglio 1934 n. 1214, t.u. sulla Corte dei con

ti, art. 52; 1. 21 marzo 1958 n. 259, partecipazione della Corte

dei conti al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a

cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, art. 1, 13; 1. 12 feb

braio 1968 n. 132, enti ospedalieri e assistenza ospedaliera, art. 2, 4).

Rientra nella giurisdizione della Corte dei conti l'azione di respon sabilità amministrativa promossa nei confronti di amministra

tori e dipendenti di enti ospedalieri. (1) Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario l'azione di re

sponsabilità amministrativa promossa nei confronti di ammini

stratori e dipendenti di istituzioni pubbliche di assistenza e be

neficenza. (2)

Motivi della decisione. — Con la istanza di regolamento di

giurisdizione le ricorrenti sostengono che, in relazione a entram bi i giudizi, e cioè a quello pendente davanti al Tribunale di Va

(1-2) Le sezioni unite ribadiscono un orientamento ormai da tempo consolidato, come dimostrano i numerosi precedenti richiamati in motivazione, anche se si tratta di pronunzie che affrontano il pro blema dell'ambito della giurisdizione della Corte dei conti in ge nerale e che vengono richiamate, probabilmente, proprio per tale fine: sono note le recenti non perfette coincidenze tra magistrato contabile e Corte regolatrice della giurisdizione a questo proposito, e con particolare rilievo alla responsabilità degli amministratori e funzionari degli enti di gestione (C. conti, sez. I, 16 settembre 1982, n. 103 e 26 aprile 1982, n. 53, Foro it., 1983, III, 14, con nota di richiami di R. Ferrara; Cass. 2 marzo 1982, n. 1282, id., 1982, I, 1596, con nota di richiami). La pronunzia che si riporta afferma la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti sulle questioni di responsabilità connesse alla gestione finanzaria o patrimoniale svol ta dall'amministrazione dello Stato o di qualsiasi ente pubblico non economico, richiamando Cass. 5 febbraio 1969, n. 363, id., 1969, I, 2962; 18 luglio 1979, n. 4244, id., 1980, I, 753; 8 ottobre 1979, n. 5184, ibid., 713; 19 novembre 1979, n. 6009, ibid., 670; 4 gen naio 1980, n. 2, ibid., 45, tutte con nota di richiami. Ricorda che la Corte dei conti è il principale organo della giurisdizione contabile (menzionando Corte cost. 3 giugno 1966, n. 55, id., 1966, I, 986), giustificando storicamente la deroga per la responsabilità dei dipendenti degli enti locali (richiamando Cass. 20 luglio 1968, n. 2616, id., 1968, I, 2074; 11 dicembre 1979, n. 6436, id., Rep. 1980, voce Responsa bilità contabile, n. 17).

Per ciò che concerne il caso deciso, la pronunzia ribadisce la sus sistenza della giurisdizione della Corte dei conti sulle azioni di re sponsabilità nei confronti di amministratori e dipendenti ospedalieri, giustificandola con il carattere di enti pubblici non economici dei medesimi: in termini, Cass. 18 luglio 1979, n. 4244, id., 1980, I, 753 (per i dipendenti), e C. conti, sez. I, 17 gennaio 1981, n. 1, id., 1981, III, 567 (per gli amministratori), entrambe con nota di richiami. La pronunzia, poi, giustifica la sussistenza della giurisdizione ordi naria sulle azioni di responsabilità nel caso di istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza in base alla considerazione della maggiore semplicità della loro contabilità: in termini, C. conti, sez. giur. reg. sic., 9 novembre 1978, n. 1199, id., Rep. 1979, voce cit., n. 141, e sez. I 1° dicembre 1978, id., 1980, III, 159, che ha rimesso la que stione alla Corte costituzionale (la questione della sussistenza della giurisdizione ordinaria in tema di responsabilità era stata già decisa da Corte cost. 2 giugno 1977, n. 102, id., 1977, I, 1607, nel senso dell'inammissibilità).

Il problema oggi non è più di grande attualità, stante l'attuazione della riforma sanitaria; per i dipendenti delle unità sanitarie locali, ai sensi dell'art. 28 d.p.r. 20 dicembre 1979 n. 761, sussiste la giu risdizione della Corte dei conti; in assenza di disposizione contraria, analoga è la giurisdizione nel caso di responsabilità degli ammini stratori (per i quali è prevista anche la responsabilità formale): Zuc chetti, Contratti, patrimonio e contabilità delle unità sanitarie locali, 1982, 315 ss.

Ciò ancorché si dubiti della natura delle u.s.l. e dei loro rapporti con il comune: per tutti, Falcon, Ipotesi dottrinali e giurisprudenziali sulla natura giuridica delle unità sanitarie locali, in Le regioni, 1981, 372; in particolare, per ciò che concerne la legittimazione a contrad dire, nel senso che l'u.s.l. è l'unica legittimata in caso di impugna zione di suoi provvedimenti, T.A.R. Lazio, sez. I, 19 novembre 1980, n. 1145, Foro it., 1981, III, 244 (e in Giur. it., 1982, III, 1, 23, con nota di A. M. Sandulli) e Cons. Stato, sez. V, 22 dicembre 1982, n. 906, Cons. Stato, 1982, I, 1563, che ha confermato la precedente. La sentenza del T.A.R. Lazio è stata assoggettata ad approfondito esame da Pret. Forlì 25 marzo 1982 (Foro it., 1982, I, 1432, con nota di richiami) riformata parzialmente da Trib. Bologna con sentenza decisa il 16 febbraio 1983. In tema, anche per un'esposizione aggior nata della legislazione statale e regionale, Andrioli, Le unità sani tarie locali, 1982.

rese e a quello dinanzi alla Corte dei conti, aventi per oggetto la

presunta responsabilità del defunto Bruno Zonca, per gli am

manchi contabili subiti dall'ospedale Luini Confalonieri e dal

ricovero mons. Comi e la conseguente pretesa risarcitoria nei con

fronti delle eredi dello Zonca, la giurisdizione appartiene alla

Corte dei conti, in base al combinato disposto dell'art. 13 r.d.

12 luglio 1934 n. 1214 (t.u. delle leggi sull'ordinamento della Cor

te dei conti) e dell'art. 1 1. 21 marzo 1958 n. 259, che sottopon

gono al controllo della Corte dei conti le gestioni finanziarie de

gli enti suddetti. Ciò, secondo le ricorrenti, rende operativo il di

sposto dell'art. 52 cit. t.u., il quale devolve alla cognizione della

Corte dei conti i giudizi di responsabilità contro funzionari, im

piegati e agenti, che, nell'esercizio delle loro funzioni, cagionino danno allo Stato e all'amministrazione dalla quale dipendono.

Il ricorso è fondato limitatamente all'azione promossa dal

l'ente ospedaliero Luini Confalonieri.

In materia di responsabilità per danni dei pubblici impiegati verso lo Stato, la giurisdizione della Corte dei conti trova il suo

fondamento nella norma dell'art. 83, 1° comma, r.d. 18 novem

bre 1923 n. 2440 (norme sull'amministrazione del patrimonio e

sulla contabilità dello Stato), la quale dispone che sono assog

gettati a tale giurisdizione gli impiegati che, per azione od omis

sione, anche solo colposa, nell'esercizio delle loro funzioni, ab

biano cagionato danno allo Stato, ed è riaffermata dalla dispo sizione dell'art. 52 r.d. 12 luglio 1934 n. 1274 (ordinamento della

Corte dei conti), in cui si stabilisce la sottoposizione alla giurisdi zione della Corte dei conti dei funzionari, impiegati e agenti, civili e militari, che nell'esercizio delle loro funzioni, per azioni

od omissioni, imputabili anche a sola colpa o negligenza, cagio nino danno allo Stato.

Tale giurisdizione è stata ribadita dall'art. 103, 2° comma,

Cost., la quale — come queste sezioni unite hanno più volte ri

petuto — non ha voluto soltanto garantire la corte dalla revi sione prevista dalla VI disp. trans, relativa agli organi spe ciali di giurisdizione, ma ha anche innovato rispetto alla le

gislazione anteriore, riconoscendole una competenza generale nelle materie di contabilità pubblica, intesa tale nozione come

comprensiva di tutti i rapporti relativi al pubblico denaro, in clusi quelli di responsabilità per danni nel rapporto interno di

impiego o di semplice servizio, connessi alla gestione finanziaria o patrimoniale svolta dall'amministrazione dello Stato o di qual siasi ente pubblico non economico (sent. 363/69, Foro it., 1969,

I, 2962; 4244, 5184 e 6009/79 e 2/80, id., 1980, I, 753, 713, 670

e 45).

Tale competenza generale, quindi, deve ritenersi ora sussisten

te, limitatamente ai giudizi attinenti alla particolare materia, an

che nei confronti degli amministratori, dei funzionari e degli im

piegati degli enti pubblici (non economici) in generale, purché del danno sia chiamato a rispondere un soggetto legato all'ente

da un rapporto d'impiego o di servizio e il danno medesimo sia

arrecato nell'esercizio di un'attività illecita, commissiva od omis

siva, connessa a tale rapporto, sia che ne costituisca diretta espli cazione, sia che abbia carattere strumentale o strutturale per l'esercizio della funzione stessa (sent. 6009/79, cit.).

Secondo il costante orientamento di queste sezioni unite, cioè, l'art. 103, 2° comma, Cost, ha innovato la legislazione anteriore, riconoscendo un principio fondamentale già esistente, anche se

disapplicato, secondo cui la giurisdizione della Corte dei conti

tende a seguire l'evoluzione della finanza pubblica dello Stato e

degli enti territoriali minori verso forme più complesse e artico

late su un'estesa varietà di enti pubblici. Contro la concezione di una giurisdizione generale contabile

della Corte dei conti non potrebbe obiettarsi che, se cosi fosse, la competenza dei consigli di prefettura (titolari in base alle

norme contenute nel t.u. leggi com. e prov. del 1934 di una com

petenza di primo grado, venuta meno a seguito della sentenza

della Corte costituzionale n. 55 del 1966, id., 1966, I, 986, che di

chiarò illegittime le norme relative alla composizione e al fun

zionamento di tali organi) sarebbe dovuta cessare sin dall'en

trata in vigore della Carta costituzionale; e che non sarebbe do

vuta poi residuare la competenza dell'a.g.o. per i giudizi di re

sponsabilità nei confronti dei dipendenti degli enti locali (art. 265

t.u. leggi com. e prov. del 1934). Invero — a parte il rilievo che la riserva a favore dell'a.g.o.

della giurisdizione in questi ultimi giudizi ha una giustificazio ne storica che non infirma l'esattezza dell'attribuzione di giurisdi zione alla Corte dei conti più sopra delineata sulla base del vi

gente ordinamento (sent. 2616/68, id., 1968, I, 2074; v., pure, sent. 6436/79, id., Rep. 1980, voce Responsabilità contabile, n.

17) — sta di fatto che, se — come la Corte costituzionale rilevò,

occupandosi della legittimità dei consigli di prefettura in relazio

ne all'attribuzione alla Corte dei conti di una giurisdizione di

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

carattere generale in materia di contabilità pubblica — la Corte

dei conti è il principale organo della giurisdizione contabile, nul

la autorizza a ritenere che la Costituzione abbia inteso riservarle

la competenza a conoscere di tutti i giudizi comunque vertenti

nella materia della contabilità pubblica, travolgendo quelle nor

me che, per ragioni storiche o in considerazione della speciale natura di taluni enti e dell'oggetto della loro attività, attribuiscono

eccezionalmente la competenza sui giudizi di responsabilità ad

altri organi. Si è detto, in particolare, a proposito della compe tenza di primo grado dei consigli di prefettura nelle ipotesi so

pra considerate, che non appare incompatibile con il 2° comma

dell'art. 103 Cost, che alla Corte dei conti sia conferita, nel set

tore della giurisdizione contabile relativa agli enti locali, una

competenza limitata al secondo grado: ché, anzi, l'esistenza di

una competenza di primo grado di un organo diverso non sottrae

va alla Corte dei conti qualcosa che la Costituzione avesse vo

luto riservarle (sent. 2616/68, cit.). Riconosciuto all'art. 103, 2° comma, Cost, carattere innovativo

della precedente legislazione, nel senso che ha inteso riconoscere alla Corte dei conti, in via principale, una competenza generale nelle materie di contabilità pubblica facenti capo allo Stato e a

qualsiasi enti pubblico non economico, all'art. 13 t.u. 12 luglio 1934 n. 1214, nella parte in cui attribuisce alla Corte dei conti la

competenza a giudicare sulla responsabilità per danni arrecati

all'erario da pubblici funzionari retribuiti dallo Stato, nell'eser

cizio delle loro funzioni, non può riconoscersi, come gli enti re

sistenti pretendono, carattere limitativo della giurisdizione della

Corte dei conti ai soli giudizi di responsabilità dei dipendenti dello Stato.

Né analoga limitazione può ravvisarsi nella legge sul riordi

namento degli enti pubblici e del rapporto di lavoro del perso nale dipendente (1. 20 marzo 1975 n. 70), nella parte in cui sot

topone al controllo della Corte dei conti, secondo le norme con

tenute nella 1. 21 marzo 1958 n. 259, gli enti disciplinati dalla

legge sul riordinamento (art. 30, ult. comma) e assoggetta gli

stessi, per i giudizi di responsabilità per danni dei dipendenti, alle disposizioni stabilite per gli impiegati civili dello Stato (art.

8, 3° comma), sul rilievo che dall'applicazione della legge mede

sima sono esclusi, fra gli altri, gli enti ospedalieri e le istituzioni

pubbliche di assistenza e beneficenza.

Trattasi, infatti, di norme da 'interpretarsi limitatamente al lo

ro contenuto positivo, avendo voluto esaurire, anche con riguar do al controllo amministrativo della gestione e alla competenza nei giudizi di responsabilità, la disciplina di quegli enti pubblici del cui riordinamento la legge si è occupata, lasciando impregiu dicata la disciplina generale degli altri enti (che manifestamente

la legge medesima non priva della loro natura pubblicistica), la

quale è fuori dell'oggetto e delle finalità della legge, che non può avere voluto, nella sua circoscritta sede, introdurre, per essi, in

novazioni con riguardo a materie (quali quella della contabilità

pubblica e dei giudizi di responsabilità degli impiegati) aventi una

disciplina ad hoc in altri testi normativi che quelle materie han

no inteso specificamente regolare. Alla stregua di quanto precede non può dubitarsi che il giu

dizio di responsabilità dello Zonca per i danni causati all'ente

ospedaliero Luini Confalonieri sia soggetto alla giurisdizione del

la Corte dei conti, sussistendo i requisiti della natura di ente pub blico non economico del medesimo, del carattere pubblico del

denaro oggetto della gestione e del rapporto d'impiego tra lo

Zonca e l'ente, presso il quale il primo svolgeva la funzione di

segretario generale. In particolare, sulla natura di enti pubblici non economici ri

conosciuti agli enti ospedalieri dalla costante giurisprudenza di

questa corte, affermata soprattutto con riferimento al rapporto d'impiego ma anche con riguardo ai giudizi di responsabilità (v., in proposito, sent. 4244/79, cit.), non possono sussistere dubbi alla stregua della disciplina vigente (1. 12 febbraio 1968 n. 132), nella quale sono definiti enti ospedalieri — come tali sussidiati

dal fondo nazionale ospedaliero presso il ministero della sanità

(art. 33) — gli enti pubblici che istituzionalmente provvedono al ricovero e alla cura degli infermi (art. 2) e sono riconosciuti

enti ospedalieri — di diritto cioè indipendentemente dal decreto di

riconoscimento previsto dall'art. 4, che ha natura dichiarativa

(v. sent. 3246/72, id., Rep. 1972, voce Sanità pubblica, n. 89, e, in senso conforme, Cons. Stato, sez. V, 3 novembre 1978, n.

1097, id., Rep. 1979, voce cit., n. 119) — gli enti pubblici che

al momento di entrata in vigore della legge provvedevano in via

esclusiva al ricovero e alla cura degli infermi (art. 3). Sono invece sottratte alla giurisdizione della Corte dei conti le

istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, a meno che

esse, avendo come finalità esclusiva il ricovero e la cura degli

infermi, non abbiano acquistato, ai sensi della norma poc'anzi

richiamata, la natura di enti ospedalieri (v. la sent. 3246/72 e

la decisione del Cons, di Stato n. 1097/78, entrambe citate). Tale

particolare situazione non è stata neppure dedotta nel caso con

creto; ed è significativo che il procuratore generale presso la

Corte dei conti abbia promosso l'azione di responsabilità a carico

dello Zonca con riferimento al rapporto d'impiego tra questo e

l'ente ospedaliero e non anche a quello tra lo stesso Zonca e

l'istituto ricovero mons. Comi, del quale egli era segretario. L'esclusione — che, come si è osservato, non potrebbe colle

garsi, per ragioni diverse, alle limitazioni di cui all'art. 13 t.u.

1214 del 1934 ed alla 1. 70/75 — si giustifica per il fatto che le

istituzioni in esame non solo non sono vincolate dalle leggi sulla

contabilità statale, perché non erogano spese a carico dello Stato

(art. 269 r.d. 23 maggio 1924 n. 827), ma, in materia di contabi

lità, sono assoggettate a disposizioni specifiche (art. 51-56 del

regolamento per l'esecuzione della legge sulle istituzioni pubbli che di assistenza e beneficenza, approvato con r.d. 5 febbraio 1891

n. 99), le quali sono tanto più semplici di quelle dello Stato,

quanto meno articolata è l'organizzazione dei loro uffici rispetto

agli uffici statali (in arg. v. sent. 3197/77, id., 1977, I, 2178). Non a caso, quindi, la 1. 21 marzo 1958 n. 259, nel regolare la

partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria degli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, all'art. 13 esclude la propria efficacia relativamente alle istituzioni

pubbliche di assistenza e beneficenza regolate dalla 1. 17 luglio 1890 n. 6972 e successive modificazioni, per le quali, in conside

razione dei fini perseguiti e della minore articolazione della loro

organizzazione, sono previste forme di amministrazione e di con

tabilità più semplici, tenuto conto di quanto in proposito stabili

scono le tavole di fondazione ed i rispettivi statuti. E coerente

con tale disciplina, del tutto particolare e cosi' diversa da quella che caratterizza l'amministrazione e la contabilità dello Stato e

degli enti pubblici non economici in genere, è la norma (art. 30

1. 6972 del 1890 e successive modificazioni apportate dai decreti

2841/23 e 257/27) che attribuisce le cause di responsabilità, di

pendenti dalla gestione amministrativa delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, alla competenza dei tribunali ordinari.

Trattasi di uno di quei casi, cui si è accennato, contenente una

eccezionale riserva a favore del giudice ordinario, giustificata dalla origine storica di tali istituzioni, sorte, di regola, per ef

fetto di atti privati di fondazione o come frutto di libero associa

zionismo (origine che si riflette sulla specialità della disciplina), la quale si coordina con il principio, secondo il quale la Corte

dei conti è, nel sistema vigente, il principale organo della giu risdizione contabile, e non sottrae alla corte suddetta un settore

che la Costituzione abbia davvero voluto riservarle.

Pertanto, sulla istanza di regolamento preventivo di giurisdizio

ne, proposta dalle eredi di Bruno Zonca nel giudizio pendente davanti al Tribunale di Varese per iniziativa dell'ente ospeda liero Luini Confalonieri e della istituzione pubblica di assistenza

e beneficenza ricovero mons. Comi, deve provvedersi dichiaran

dosi la giurisdizione della Corte dei conti sulla domanda propo sta dall'ente ospedaliero e la giurisdizione del giudice ordinario

in ordine alla domanda proposta dalla istituzione. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione i civile; sentenza 11 no

vembre 1982, n. 5994; Pres. Sandulli, Est. Caturani, P. M.

Pandolfelli (conci, conf.); I.n.p.s. (Avv. Belloni, Boer, Ca

salena) c. Fall. soc. Marittima Melloni. Cassa Trib. Savona 2

novembre 1979.

Privilegio — Privilegi marittimi — Priorità rispetto a quelli mo

biliari — Modifiche — Irrilevanza (Cost., art. Ill; cod. civ., art. 2750, 2751 bis, 2755, 2777, 2778; cod. nav., art. 1, 552,

556; r.d. 16 marzo 1942 n. 267, disciplina del fallimento, art. 26, 110; 1. 29 luglio 1975 n. 426, modificazioni al codice

civile e alla 1. 30 aprile 1969 n. 153, in materia di privilegi).

La priorità assoluta di grado, stabilita a favore dei privilegi ma

rittimi dall'art. 548 c. nav., opera pienamente nei confronti dei privilegi previsti dall'art. 2777 c.c., anche in presenza della

nuova formulazione che la norma ha ricevuto in seguito all'en

trata in vigore della l. 426/75. (1)

(1) Il grado assolutamente prioritario dei privilegi marittimi, ri

spetto agli altri privilegi di diritto comune, è di solito riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di cassazione rispetto a privilegi sanciti da leggi speciali, di cui nella stessa disposizione legislativa viene affermata la prevalenza rispetto ad ogni altro privilegio: v.

sent. 7 ottobre 1967, n. 2300, Foro it., Rep. 1967, voce Privilegio,

Il Foro Italiano — 1983 — Parte I- 64.

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