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Sezioni unite civili; sentenza 17 febbraio 1962, n. 318; Pres. Oggioni P. P., Est. Straniero, P. M....

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Sezioni unite civili; sentenza 17 febbraio 1962, n. 318; Pres. Oggioni P. P., Est. Straniero, P. M.Pepe (concl. conf.); Satta (Avv. Barile) c. Commissione unica per la tenuta degli albiprofessionali dei giornalisti (Avv. Ranieri, Gaeta) e Proc. gen. Corte app. RomaSource: Il Foro Italiano, Vol. 85, No. 5 (1962), pp. 961/962-965/966Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150603 .

Accessed: 25/06/2014 05:01

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

avrebbe dovuto provare il diritto di proprietà ; ma poiché risultava dalla sentenza penale 22 aprile 1954, passata in

giudicato, che Vittorio Pauli aveva acquistato dalla Sfon drini lo spago e le tele, poi venduti al Conti, mediante

contratto, cui era seguita la consegna volontaria della

merce, il contratto medesimo, annullabile nei modi e nei

termini stabiliti dalla legge (art. 1441 e segg.), aveva avuto

l'effetto di trasferire la proprietà della merce al compratore, conservando tale effetto fino all'annullamento.

Questa costruzione non è affatto errata. Che la conclu

sione del contratto di vendita tra la Soc. Sfondrini, vendi

trice, e il Pauli fosse stata determinata dal dolo di questo ultimo, è circostanza che non va discussa perchè accertata

dalla sentenza penale. Ma il dolo causarti dans, tale cioè

da determinare il consenso alla conclusione del contratto, che altrimenti non sarebbe stato concluso, non è diverso

da quello che la legge penale prevede come elemento sog

gettivo del delitto di truffa e che consiste nella coscienza

e nella volontà di procurare, con artifici e raggiri, inducendo

taluno in errore, a sè o ad altri, un ingiusto profitto con

altrui danno ; ed esso, ai sensi dell'art. 1427 cod. civ., rende annullabile, non nullo, il negozio, il quale resta in

vita fino a quando, ad iniziativa della parte interessata, non sia stato posto nel nulla mediante sentenza costitu

tiva, onde il giudice, nell'esame degli effetti del negozio, non può di ufficio dar rilievo alle circostanze, anche se

accertate, che lo renderebbero annullabile, qualora ritual

mente fatte valere.

Pertanto, la Società Sfondrini non era proprietaria della

merce, e il Conti, comprandola dal Pauli, l'acquistò a

domino e ne divenne proprietario. Il sostenere, richiamando l'art. 28, che, accertato il de

litto di truffa, non poteva parlarsi di annullamento di un

contratto mai sorto, è conseguenza di confusione di concetti.

Come accennato, il negozio giuridico, che sia effetto

del dolo, esiste ma è annullabile ; e non è l'accertamento

puro e semplice dell'esistenza del vizio della volontà che

può produrre effetti verso i terzi estranei al contratto, bensì la sentenza che pronuncia l'annullamento. Inoltre, il terzo subacquirente, che abbia acquistato in buona fede

e a titolo oneroso, non è pregiudicato dall'annullamento che

non dipende da incapacità legale (art. 1445 cod. civile). Nel caso di specie, stante la particolare situazione, non

sorgeva questione sulla buona fede.

L'art. 28 cod. proc. pen., poi, è fuori causa. Esso, nel

sancire che fuori dei casi previsti dall'articolo precedente, il giudicato penale fa stato nel giudizio civile o ammini

strativo quando in questo si controverte intorno a un

diritto, il cui riconoscimento dipende dai fatti materiali che

furono oggetto del giudizio penale, ha lo scopo di garantire la uniformità della ricostruzione dei fatti.

Se, poi, il ricorrente abbia inteso richiamare l'art. 27, basta rilevare che, secondo la prescrizione della norma,

per il principio della unità della giurisdizione il giudicato

penale di condanna, carente di statuizione sull'azione ri

paratoria, vincola il giudice civile rispetto alla sussistenza

del fatto, alla sua illiceità e alla responsabilità del con

dannato.

Ora, se contro il truffatore poteva la Società Sfondrini

agire, in virtù, del giudicato penale, per le restituzioni e

per il risarcimento (art. 185 cod. pen.), non poteva avva

lersi della stessa sentenza contro il Conti, nei confronti

del quale non vi era stata affermazione di responsabilità

per il delitto di ricettazione, bensì pronuncia di non doversi

procedere perchè estinto il reato di incauto acquisto, così

mutata l'originaria rubrica, per amnistia. (Omissis) Per questi motivi, rigetta, ecc.

Il Fobo Italiano — Volume LXXXV — Parte 7-62.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezioni unite civili ; sentenza 17 febbraio 1962, n. 318 ; Pres. Oggioni P. P., Est. Straniero, P. M. Pepe

(conci, conf.) ; Satta (Avv. Basile) c. Commissione

unica per la tenuta degli albi professionali dei giorna listi (Avv. Ranieri, Gaeta) e Proc. gen. Corte app. Eoma.

(Conferma App. Roma 15 luglio 1958)

Giornale e giornalista — Commissione unica per la

tenuta degli albi — Membri dimissionari — Vali

dità della decisione —- Fattispecie (E. d. 26 feb

braio 1928 n. 384, norme per la istituzione dell'albo

professionale dei giornalisti, art. 19 ; d. 1. 1. 23 ottobre

1944 n. 302, revisione degli albi dei professionisti, art. 1). Giornale e giornalista — Cancellazione dall'albo per

incompatibilità — Difetto di contestazione — Ir

rilevanza (E. d. 26 febbraio 1928 n. 384, art. 12, 13). Giornale e giornalista — Direttore di quotidiano —

Iscrizione nell'albo dei giornalisti professionisti — Necessità (E. d. 26 febbraio 1928 n. 384, art. 19 ; 1. 8 febbraio 1948 n. 47, disposizioni sulla stampa, art. 1, 3, 5).

Giornale e giornalista — Art. 19 legge n. 384 del 1928

e 5 legge n. 47 del 1948 — Incostituzionalità — Que stione infondata (Costituzione della Eepubblica, art.

21 ; r. d. 26 febbraio 1928 n. 384, art. 19 ; 1. 8 febbraio

1948 n. 47, art. 5).

È valida la decisione della Commissione unica per la tenuta

degli albi dei giornalisti, adottata mediante l'intervento di

membri dimissionari, ove l'accettazione delle dimissioni

non si sia ancora perfezionata con la pubblicazione sulla

Gazzetta ufficiale. (1) La cancellazione dall'albo dei giornalisti professionisti per

originaria incompatibilità non richiede necessariamente

la formale contestazione all'interessato e l'assegnazione di un termine per la difesa. (2)

Anche dopo l'entrata in vigore dell'art. 23 legge sulla stampa del 1948, sussiste per la nomina a direttore responsabile di un quotidiano la necessità dell'iscrizione nell'albo dei

giornalisti professionisti. (3) È manifestamente infondata la questione di incostituzionalità

degli art. 19 legge n. 384 del 1928 e 5 legge n. 47 del 1948,

per asserito contrasto con l'art. 21 della Costituzione. (4)

(1) La sentenza confermata, App. Roma 15 luglio 1958, è riassunta in Foro it., Hep. 1959, voce Giornale, nn. 9-11.

Non constarlo altri precedenti in termini.

(2) Le Sezioni unite, con sentenza 11 luglio 1955, n. 2199

(Foro it., 1955, I, 969), decidendo sul regolamento preventivo di

giurisdizione proposto, in relazione alla controversia decisa con

l'odierna sentenza, dalla Commissione unica per la tenuta del

l'albo dei giornalisti, ebbero già a pronunciare sulla natura del

l'organo, se cioè amministrativo o giurisdizionale, al fine di

ammettere o dichiarare inammissibile il proposto regolamento :

ritennero amministrativa l'attività svolta dalla Commissione

« almeno per quanto riguarda la tenuta degli albi ». Conformi :

Trib. Roma 21 marzo 1958, id., Rep. 1958, voce Giornale,

n. 12, che si riferisce non alla sola attività di tenuta degli albi, ma all'attività complessiva della Commissione e Cass. 14 maggio

1955, n. 1401, id., Rep. 1955, voce cit., n. 6, per quanto con

cerne le decisioni pronunciate in via disciplinare, che vengono definite « provvedimenti amministrativi ».

(3) La necessità dell'iscrizione nell'albo per l'esercizio della

professione giornalistica in genere è affermata da App. Roma

10 gennaio 1959, Foro it., I960, I, 152, con nota di richiami ed

osservazione di Scorza. Si veda ancora, specificamente sull'in

validità del contratto di lavoro stipulato fra proprietario e di

rettore di giornale non iscritto all'albo : App. Trieste 23 aprile

1951, id., 1952, I, 952.

(4) La compatibilità dell'art. 5 legge n. 47 del 1948 con

l'art. 21 della Costituzione è affermata dalla sentenza della Corte

cost. 26 gennaio 1957, n. 31, Foro it., 1957, I, 324, per quanto concerne l'onere in esso sancito della preventiva registrazione del

giornale o periodico presso la cancelleria del tribunale.

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963 PARTE PRIMA 964

La Corte, ecc. — (Omissis). Pregiudiziale, nell'ordine

logico di tale analisi, è la questione, limitata al provvedi mento 13 giugno 1953, con la quale il Satta aveva fatto

rilevare che la deliberazione di revoca dell'iscrizione nel

l'albo era intrinsecamente illegittima, perchè presa da per sone già decadute dalla carica e da qualsiasi potere o do

vere a questa inerente sin dal precedente mese di febbraio.

La questione fu dai Giudici di appello disattesa alla

stregua della premessa di diritto, secondo la quale le di

missioni dei funzionari onorari sono operative ed hanno

effetto soltanto quando siano state accettate dall'autorità

ohe, a suo tempo, ebbe a nominarli. La decisione, sufficien

temente motivata, è, d'altra parte, corretta in rapporto alla qualificazione dei membri della Commissione unica ed

al rilievo, secondo il quale l'accettazione delle loro dimis

sioni può considerarsi perfezionata soltanto con la pubblica zione fattane nella Gazzetta ufficiale del 5 febbraio 1954.

Una seconda censura investe il provvedimento del giu

gno 1953, in quanto non preceduto da una formale conte

stazione di addebiti e dall'assegnazione di un termine per la presentazione delle difese, cioè da omissioni che, ad avviso

del ricorrente, concretano violazione degli art. 12 e 13 r.

decreto n. 384 del 1928, in dipendenza della natura di

atto conclusivo di un procedimento disciplinare, propria del provvedimento medesimo.

La censura è infondata.

Il Satta fu cancellato dall'albo non per provvedimento dovuto a « mancanze professionali » previste dal cit. art. 12

o comunque a condanna penale o atto contrario ai prin

cipi della deontologia giornalistica, ma a seguito dell'accer

tamento a posteriori, in regime di tenuta dell'albo, di un

caso di incompatibilità, originaria e non infamante, che

avrebbe costituito un legittimo (ed anzi doveroso) motivo

d'impedimento alla stessa iscrizione, qualora fosse stato

tempestivamente rilevato, in sè e nei suoi possibili riflessi

negativi sulla posizione professionale del richiedente.

La cancellazione fu, in altri termini, effettuata in sede

di esercizio, da parte della Commissione, del potere di auto

controllo che, in ordine alle « ammissioni » (categoria di atti

amministrativi nella quale questo Supremo collegio ha in

quadrato le iscrizioni negli albi professionali), può, per l'ap

punto, attuarsi nell'autoannullamento dell'atto, che, in

qualsiasi momento, risulti intrinsecamente viziato, da parte della stessa autorità che ebbe a formarlo.

La natura amministrativa del procedimento (la Com

missione unica, che ha sostituito i comitati regionali pre visti dagli art. 3 e 14 decreto del 1928, non è certamente

un giudice speciale) inquadra senza dubbio, d'altra parte, il problema, ma quanto alla tutela del diritto di difesa, in una struttura men rigida. Questa Corte ha, invero,

precisato (sentenza 1° giugno 1953, r 1654, Foro it., Rep.

1953, voce Professioni intell., nn. 14, 15) che i principi della regolarità del contraddittorio e della contestazione

dell'accusa, propri del procedimento giurisdizionale, vanno

osservati con minor rigore nel procedimento amministra

tivo e che, in particolare, per la cancellazione dall'albo

professionale, il precetto della legge può dirsi soddisfatto

quando la volontà di adottare il provvedimento ed il mo

tivo che sta a base di detta volontà siano portati a cono

scenza dell'interessato in qualsiasi modo, anche sommario, ed in qualsiasi forma, purché in guisa ed in tempo tali da

porre l'interessato medesimo in grado di prospettare tem

pestivamente le sue eventuali eccezioni e ragioni. (Omissis) Il secondo motivo investe direttamente il merito della

decisione impugnata sotto il profilo della violazione e falsa

applicazione degli art. 1, 3, 5 e segg. legge sulla stampa 8

febbraio 1948 n. 47 e della violazione o falsa applicazione dell'art. 19, 1° comma, legge n. 384 del 1928.

La censura, che incide, in particolare, sull'affermazione

della Corte, secondo la quale la preventiva iscrizione nel

l'albo dei giornalisti professionisti costituisce un requisito assolutamente necessario per l'attribuzione della qualifica e delle funzioni di direttore responsabile di un giornale

quotidiano, è fondata su due ordini di argomenti, il se

condo dei quali condizionato al rigetto del primo. Con la prima parte dei suoi rilievi il ricorrente ripro

pone la tesi, già dalla Corte di Roma disattesa, secondo

la quale l'art. 19 legge 1928 deve essere interpretato nel

senso che l'iscrizione non deve essere necessariamente ante

riore alla nomina, dal momento che, in mancanza di ciò,

essa costituisce una conseguenza automatica della nomina

medesima e deve, in tal senso, essere disposta anche indipen dentemente dal possesso dei requisiti normalmente richiesti.

L'interpretazione proposta è, peraltro, resistita da argo

menti letterali, sistematici e logici di valore decisivo.

Sotto il profilo letterale, l'espressione autoritativa

«deve», adottata dal 1° comma dell'art. 19, esce, infatti,

rafforzata, per efficace argumentum a contrario, dal raf

fronto con i successivi comma, dal momento che, con questi

ultimi, il legislatore per un verso considera l'iscrizione nel

l'albo dei pubblicisti sufficiente per la direzione di pubbli cazioni periodiche diverse dal giornale quotidiano e per l'altro prevede il riconoscimento come direttore quale ti

tolo d'iscrizione soltanto per l'elenco speciale, annesso al

l'albo, ma previsto da altra disposizione della stessa legge

(art. 4), limitatamente ad alcune pubblicazioni di carattere

particolare. Sotto il profilo sistematico, d'altra parte, il

requisito della professionalità risponde sostanzialmente a

quei medesimi criteri di ordine pubblico, che sono a base

dell'art. 2229 cod. civ. ed hanno pertanto subordinato

l'esercizio delle più ragguardevoli professioni intellettuali

alla comune condizione, corretta soltanto da qualche secon

daria differenza di struttura e di efficacia, della preventiva iscrizione in apposito albo. Sotto il profilo logico, infine,

la professionalità appare particolarmente giustificata, per i direttori dei giornali quotidiani, dalle notevoli responsa bilità morali e giuridiche che ne caratterizzano l'attività

ed esigono che questa sia svolta da persone che, per aver

fatto del giornalismo una ragione essenziale di vita oltre

che di costume, diano affidamento di particolare sensibilità

ai doveri della funzione ed ai principi della deontologia. Con un secondo profilo subordinato il Satta sostiene,

peraltro, che la norma richiamata dalla Corte deve rite

nersi tacitamente abrogata ai sensi dell'art. 23 della suc

cessiva legge sulla stampa del 1948, perchè l'obbligatorietà dell'iscrizione si è resa incompatibile con la nuova regola mentazione della materia e con i principi di libertà ed indi

pendenza dell'attività giornalistica dalle interferenze del

potere esecutivo, che, autorevolmente precisati nella Rela

zione De Grasperi (Le Leggi, 1948, 225), debbono ritenersi

trasfusi nella legge. Pure questo secondo profilo non è però fondato.

Non giova, in primo luogo, l'argomento letterale che il

ricorrente trae dall'art. 3 legge del 1948, in particolare dalla menzione, quivi fatta, dei soli requisiti necessari per l'iscrizione nelle liste elettorali politiche. La norma ha ca

rattere più ampio, in quanto si riferisce anche ai direttori

di categorie di organi di stampa, per le quali neppur la

legge del 1928 richiede tassativamente l'iscrizione nell'albo

dei giornalisti professionisti. Essa non preclude pertanto la possibilità che un ulteriore requisito debba essere identi

ficato siccome necessario per la categoria particolare dei

giornali quotidiani in dipendenza di una diversa disposi zione di legge, ad essi soli relativa.

Neppur logicamente convincente è l'interpretazione data

dal ricorrente alla norma dell'art. 5, n. 3, legge del 1948

sotto il profilo che il richiamo, ivi contenuto in tema di

documentazione necessaria per la registrazione dei giornali, « ai casi in cui l'iscrizione nell'albo dei giornalisti sia ri

chiesta dalle leggi sull'ordinamento professionale », non si

gnifichi riconoscimento dell'attuale esistenza di un'obbli

gatorietà, ma rappresenti una norma proiettata esclusiva

mente nel futuro, con riferimento all'eventualità dell'ema

nazione di particolari disposizioni restrittive.

La richiesta della documentazione comprovante l'iscri

zione nell'albo non può, invero, logicamente riferirsi che a

leggi vigenti nel 1948 e note al legislatore dell'epoca, non

già a leggi future, non previste, in ogni caso, affatto even

tuali nel loro essere, e, a maggior ragione, nella possibilità di un contenuto restrittivo.

D'altra parte, l'espressa precisazione e la limitazione

in via di eccezione ad un diverso regolamento hanno ade

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

guata giustificazione logico-giuridica nell'anplicazione del

l'obbligo della registrazione anche a pubblicazioni per le

quali, come si è rilevato, nè la legge del 1948, nè quella

precedente del 1928 prescrivevano l'obbligatorietà dell'iscri

zione. Negativo e, in certo senso, controproducente è, da

ultimo, quanto alla identificazione di una volontà defini

tiva ed immanente del legislatore, il richiamo alla Rela

zione De Gasperi ed ai principi dalla stessa affermati, dal

momento che l'albo professionale è stato conservato mal

grado le critiche formulate, nel corso dei lavori preparatori, in ordine alla sua disciplina ed alla stessa possibilità della

sua sopravvivenza ed il testo dell'art. 5 è, a sua volta,

tale da dimostrare inequivocabilmente, anche se per via

indiretta, il mantenimento dell'obbligo della iscrizione.

Con un terzo motivo (di natura subordinata perchè

condizionato, nell'economia del ricorso, al rigetto del mo

tivo precedente) il Satta propone istanza di rimessione alla

Corte costituzionale per l'esame della conformità degli art.

19 legge n. 384 del 1928 e 5 legge n. 47 del 1948 all'art. 21

della Costituzione, in quanto la norma costituzionale nel

1° comma riconosce a tutti i cittadini il diritto di manife

stare liberamente il proprio pensiero con la parola, con lo

scritto e con ogni altro mezzo di diffusione, e nel 2° comma

nega che la stampa possa essere soggetta ad autorizzazione

o censura.

Sotto il primo profilo sostiene, invero, il ricorrente che

la direzione di un giornale comporta, per il direttore, la

competenza specifica ed esclusiva di impartire ai redattori

sia le direttive tecnico-professionali per lo svolgimento del

lavoro, sia le direttive politiche, proprie e dell'editore, sì

che il giornale viene a costituire l'espressione del pensiero

politico del direttore medesimo ed il mezzo col quale detto pensiero si manifesta ai terzi ; che richiedere il requi sito del controllo di una Commissione nominata dal potere esecutivo significa subordinare al potere di decisione di

detta Commissione « la possibilità per la persona dell'aspi

rante direttore di esprimere giornalisticamente il proprio

pensiero » ; che la situazione di diritto che ne sorge si ri

solve in una menomazione (o, quanto meno, in un affie

volimento) del diritto di libertà, perchè, secondo la vi

gente legge del 1928 sull'ordinamento professionale, la

Commissione unica ha, in tema di rifiuto di iscrizioni e di

cancellazioni dell'albo, un ampio potere discrezionale, reso

particolarmente evidente dalle disposizioni di cui agli art.

5, 2° "e 3° comma, e 6, 3° comma, legge medesima.

Soggiunge, d'altra parte, il Satta, sotto il secondo pro

filo, che l'art. 5 legge del 1948, pur subordinando la pub

blicazione dei giornali o periodici all'adempimento della

formalità della registrazione, dispone che quest'ultima ab

bia luogo a seguito di una constatazione obiettiva, da parte

del presidente del tribunale o di un giudice da questo dele

gato, della regolarità dei documenti presentati dagli inte

ressati e con ciò evidentemente esclude qualsiasi sindacato

discrezionale da parte dell'autorità giudiziaria e qualsiasi lesione della libertà di stampa, che, viceversa, il potere di

screzionale delle Commissioni in tema di iscrizioni e can

cellazioni, oltre a pregiudicare la libertà soggettiva di mani

festazione del pensiero da parte del direttore, può influire

negativamente, in via indiretta, attraverso i suoi riflessi

sulla registrazione, sulla sorte del giornale, condizionato,

per l'appunto, per la sua pubblicazione, all'esecuzione della

registrazione ed alla permanenza delle condizioni per questa

richieste, che il potere in questione si risolve, quindi, anche

in un potere di autorizzazione alla stampa, che la Costitu

zione vieta con riferimento non alla stampa in astratto,

ma a quel determinato indirizzo di pensiero che si mani

festa attraverso un determinato giornale.

Orbene, l'istanza del Satta va inquadrata nella duplice

indagine, che il giudice di qualsiasi grado deve svolgere,

quando dinanzi a lui viene sollevato un incidente di legit

timità costituzionale : delibazione del profilo giuridico della

questione, al fine di rilevarne in limine l'effettiva contro

vertibilità e di evitare che al giudizio della Corte costitu

zionale siano rimesse questioni manifestamente inconsi

stenti ed infondate, sollevate dalle parti soltanto a fine

dilatorio, ed accertamento, in ogni caso, della effettiva

rilevanza della questione medesima per la decisione di

merito del caso concreto.

D'altra parte, posta tale premessa, appare evidentemente

incongruo il richiamo alla possibile incostituzionalità di

quelle particolari disposizioni, che nel sistema della legge

del 1928, attribuiscono alla Commissione unica poteri di

rifiuto o di cancellazione, quando si tratti di persone che

abbiano svolto una pubblica attività in contraddizione con

gli interessi della Nazione, ovvero che, condannate alla

reclusione per un tempo inferiore ai cinque anni, siano

state dalla Commissione medesima giudicate intaccate

dalla condanna nella loro personalità morale. Il problema della costituzionalità di tali norme non si pone, invero,

affatto quale presupposto della decisione, quando il prov

vedimento impugnato sia stato, come nella specie, emesso,

nell'esercizio del potere-dovere di autoannullamento, a se

guito del tardivo riconoscimento di un originario errore in

merito al concorso, nel singolo caso concreto, di un requi

sito di professionalità, che, oltre a riferirsi al tema della

idoneità tecnica e non a quello della personalità morale o

sociale, era accertabile esclusivamente alla stregua del con

tenuto di documenti e costituiva, quindi, oggetto di valu

tazione sostanzialmente vincolata. La mancanza di un con

creto margine di discrezionalità nell'apprezzamento del re

quisito e la limitazione dell'attività della Commissione al

controllo dell'attuazione di quanto dalla legge preteso, al

l'accertamento della corrispondenza fra situazioni di fatto

e norme legislative inquadrano, invero, la fattispecie nella

sfera dei motivi che già indussero la Corte costituzionale

(sentenza 26 gennaio 1957, n. 37, Foro it., 1957, I, 185)

a negare che l'obbligo di registrazione previsto dall'art. 5

legge sulla stampa sia in contrasto con la norma dell'art.

21, 2° comma, della Costituzione.

Nè, ciò posto, può apparire comunque rilevante ai fini

del decidere una questione che, in quanto relativa ad ipo

tesi del tutto diverse ed indipendenti, non può, comunque

sia essa risolta, estendere i propri effetti giuridici all'oggetto

dell'attuale giudizio. Manifestamente infondati sono, d'altra parte, gli altri

profili di preteso contrasto con norme costituzionali. Il

diritto del cittadino di manifestare liberamente il proprio

pensiero col mezzo della stampa non viene affatto, invero,

leso o posto in pericolo da una necessità d'iscrizione, pre

vista in esclusiva funzione di un determinato aspetto del

l'attività giornalistica professionale per il quale una con

dizione soggettiva più qualificata ha sufficiente giustifica zione nel complesso di responsabilità morali e giuridiche che la direzione di un giornale comporta e che, in ogni

caso, non rappresenta un divieto legale o un impedimento

di fatto all'uso della stampa, utilizzabile, a qualsiasi fine

lecito, politico o no ch'esso sia, anche sotto forma di col

laborazione giornalistica non professionale e come modo di

esercizio di attività professionale, esclusiva o non a seguito

sempre di libera opzione individuale. Nè può sostenersi la

violazione della disposizione di cui al 2° comma dell'art.

21, dal momento che questa disposizione costituzionale con

sidera evidentemente la stampa soltanto sotto il suo pro

filo oggettivo, che l'indirizzo politico del giornale non è

opera esclusiva del direttore (ne dà conferma proprio la

norma del contratto collettivo 25 luglio 1953 cit. dal ricor

rente), che, in ogni caso, la cancellazione del Satta, se im

portava la necessità della sua sostituzione quale direttore

del quotidiano « La Nuova Sardegna », non poteva certa

mente viceversa influire nè sulla vita nè sullo stesso indi

rizzo politico del giornale, che potevano entrambi essere

tenuti fermi dall'editore con la designazione di altro diret

tore che avesse avuto in politica le stesse idee dal Satta

professate. Per questi motivi, rigetta, ecc.

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