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Sezioni unite civili; sentenza 17 giugno 1981, n. 3946; Pres. La Farina, Est. Bile, P. M. Saja...

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Sezioni unite civili; sentenza 17 giugno 1981, n. 3946; Pres. La Farina, Est. Bile, P. M. Saja (concl. conf.); Consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma (Avv. Andrioli) c. Mirelli di Teora (Avv. Codacci-Pisanelli, Benettin, Mazzarolli, Scoca), Proc. gen. Cass. e Consiglio nazionale forense. Conferma Consiglio naz. forense 20 dicembre 1974 Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1981), pp. 1871/1872-1873/1874 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23172572 . Accessed: 28/06/2014 19:04 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.220.202.75 on Sat, 28 Jun 2014 19:04:44 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezioni unite civili; sentenza 17 giugno 1981, n. 3946; Pres. La Farina, Est. Bile, P. M. Saja(concl. conf.); Consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma (Avv. Andrioli) c. Mirelli di Teora(Avv. Codacci-Pisanelli, Benettin, Mazzarolli, Scoca), Proc. gen. Cass. e Consiglio nazionaleforense. Conferma Consiglio naz. forense 20 dicembre 1974Source: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1981), pp. 1871/1872-1873/1874Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23172572 .

Accessed: 28/06/2014 19:04

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1871 PARTE PRIMA 1872

dei « compensi fissi » il cui ammontare, tenuto conto delle con venzioni nazionali, era fissato dal d. m. 24 gennaio 1963.

Trattasi, quindi di contratto a favore del terzo, e della rela tiva obbligazione unico presupposto è che sia stata effettiva mente spesa l'attività medico-ospedaliera a favore degli assicu rati dell'I.n.a.m. (il che era provato dalle somme pagate dal l'I.n.a.m. stesso a titolo di compensi fissi di spettanza dei medici di cui sopra, per gli anni 1965/66/67 e denunciate nel bilancio consuntivo dell'istituto stesso per il 1967).

Per disattendere tale impostazione difensiva dell'appellante, la corte d'appello ha dovuto affermare la necessità che le conven zioni nazionali dovessero essere recepite dai singoli contratti di carattere privatistico da stipularsi fra l'I.n.a.m. e gli enti ospe dalieri, dimenticando che gli ospedali e le case di cura sono sfornite di qualsiasi interesse in ordine alla previdenza che

l'E.n.p.a.m. esercita in favore dei medici, e che non sono stati in alcun modo parte nella convenzione F.n.o.o.m.-I.n.a.m.

Quindi, non solo non occorreva, come afferma la sentenza im

pugnata, che la convenzione fosse trasfusa nei successivi contratti che sarebbero intervenuti tra i singoli ospedali e l'I.n.a.m.; ma sarebbe stato illogico e sfornito comunque di ogni utile conse

guenza giuridica.

Quando l'I.n.a.m. autorizza il ricovero dei suoi assistiti e ne riceve la prestazione medica in ospedale, il contratto tra I.n.a.m. e medico è perfetto, e l'istituto è tenuto al pagamento del com

penso fisso e del conseguente 4 % all'E.n.p.a.m. a titolo previ denziale per gli stessi medici che hanno fornito la prestazione. Il rifiuto di tale pagamento all'E.n.p.a.m. liberamente concor dato con la convenzione F.n.o.o.m.-I.n.a.m. del 16 novembre

1964, si traduce in pura e semplice situazione debitoria in un contratto a prestazioni corrispettive, situazione del tutto diversa da quella che ha formato oggetto della giurisprudenza di que sta corte.

La censura è fondata. La sentenza impugnata si basa sull'af

fermazione, tratta da due sentenze di questa corte (la n. 2276 del 1969 e la n. 1101 del 1963) che le convenzioni stipulate tra n.n.a.m. e la F.n.o.o.m. abbiano valore di contratto nor

mativo, in quanto volte a predisporre le condizioni alle quali devono uniformarsi le particolari regolamentazioni contrattuali dei rapporti fra I.n.a.m. e singole amministrazioni ospedaliere in ordine ai ricoveri in regime assicurativo e ai relativi com

pensi spettanti ai sanitari da esse dipendenti; e sulla conclu sione che non essendo stata la clausola dell'accordo norma tivo in discussione trasfusa nelle singole convenzioni tra I.n.a.m. e ospedali essa fosse rimasta priva di rilevanza giuridica esterna.

Orbene, tali sentenze — per inciso la prima, ex professo la seconda — si riferiscono a convenzioni stipulate fra l'I.n.a.m. e la F.n.o.o.m. allo scopo di fissare preventivamente le condi zioni del rapporto contrattuale fra n.n.a.m. e i medici c. d. mu tualistici, che non potrebbero poi vincolare costoro, estranei a quella pattuizione, se non fossero trasfuse in singoli contratti individuali che alla convenzione si richiamano.

Ben si attaglia, quindi, in casi del genere, alla convenzione la natura di contratto normativo, la quale peraltro non può essere in via del tutto astratta o formale generalizzata indiscriminata mente, dovendosi, in presenza di altre convenzioni o di singole clausole fra l'ente previdenziale e l'organo professionale, vaglia re se esse siano destinate a calarsi in negozi individuali, ovvero se già contengano obbligazioni che non richiedano, per la loro efficacia, ulteriori adempimenti.

Questa indagine è completamente mancata nella sentenza im pugnata, la quale ha assiomaticamente ritenuto, richiamando, sen za analizzarle, le dette decisioni, che la clausola dell'accordo del 1964 postulasse, per la sua attuazione, pattuizioni partico lari con gli ospedali, senza indagare se essa prevedesse obbli gazioni a carico degli ospedali (i quali, ovviamente, non avreb bero potuto vedersi imposto alcun vincolo giuridico da un atto negoziale cui essi erano estranei), o se, viceversa, l'obbligazione fosse assunta unicamente dall'Ln.a.m., a beneficio diretto del destinatario dei contributi (l'E.n.p.a.m.), e indiretto dei medici ospedalieri, fruitori delle prestazioni previdenziali da detto ente erogate a fronte di detta contribuzione.

Questa, nella sua schematicità, era la questione da affrontare e da risolvere, ma elusa dal giudice del merito, il quale si è arrestato ad una sostanzialmente apodittica e meramente forma listica qualificazione della convenzione in parte qua, senza ana lizzarne gli elementi soggettivi e oggettivi e procedendo vice versa ad indagini (quale quella dell'avvenuta o meno sua re cezione) superflue in quanto determinate dall'erronea imposta zione di cui si è detto.

Andava invece esaminato — e il farlo sarà compito del giu dice di rinvio — se gli istituti ospedalieri restassero del tutto

estranei al contenuto della clausola, essendo questa destinata ad operare sul mero presupposto che i compensi fissi fossero

già stati corrisposti dall'ospedale al medico dipendente (sulla base della disciplina legale e convenzionale di essi propria); se dunque alcuna obbligazione derivasse a loro carico da detta clausola (salvo quella, meramente strumentale, e posta comun

que da un successivo decreto ministeriale, non dall'accordo in

questione); e se, di conseguenza, ai fini dell'efficacia ed opera tività della pattuizione F.n.o.o.m.-I.n.a.m. fosse o meno neces saria una qualsiasi forma di adesione o di intervento (a parte

l'adempimento della già detta obbligazione accessoria, non ine

rente, peraltro, alla efficacia giuridica della clausola in questione bensì' soltanto alla sua attuazione ed esecuzione) da parte degli istituti ospedalieri, come ad esempio una ulteriore convenzione

specificativa di quella che si assume avere carattere normativo.

Nella discussione orale la difesa del resistente I.n.a.m. ha in

sistito sulla tesi che, più che l'adesione da parte degli istituti

ospedalieri, fosse necessaria quella dei medici a cui favore il

contributo era previsto e doveva essere erogato, e a carico dei

quali era posto l'ulteriore contributo del 2 %. Ma, mentre que st'ultimo profilo è, come si vedrà appresso, uno di quelli ri

masti assorbiti nel giudizio d'appello, e che, in quanto richia

mato in questa sede, potrà ben essere preso in considerazione

dal giudice di rinvio, quanto al primo profilo va rilevato che i medici non possono considerarsi destinatari o solo benefi ciari del contributo previsto a carico dell'I.n.a.m., in quanto que sto, proprio per la sua natura di contributo previdenziale (an che se di origine convenzionale e non legale), vede come tito lare del diritto a percepirlo pur sempre e soltanto l'ente previ denziale, laddove i medici sono soltanto i beneficiari delle pre stazioni previdenziali e assistenziali da questo loro erogate, sen za che tali rispettive posizioni dell'ente e dei suoi assistiti mu

tino per il fatto che quel contributo vada accreditato in conti

individuali. È poi esatto che, come sostenuto dal resistente istituto, la

Federazione degli ordini dei medici non ha la rappresentanza dei medici (v. d. 1. 13 settembre 1946 n. 233, art. 15); ma ciò non vale ad escludere che essa federazione possa pattuire diret tamente con enti previdenziali, in quanto datori di lavoro dei

medici, una prestazione a favore dell'E.n.p.a.m. (e indirettamente dei medici): salvo a vedersi (nell'ambito dell'esame della que stione rimasta assorbita) se l'eventuale inefficacia della previsio ne di una aliquota contributiva anche a carico dei medici con

dizioni o meno l'efficacia dell'obbligazione a carico dell'I.n.a.m.

(Omissis) Per questi motivi, ecc.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 17

giugno 1981, n. 3946; Pres. La Farina, Est. Bile, P. M. Saia (conci, conf.); Consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma (Avv. Andrioli) c. Mirelli di Teora (Avv. Codacci-Pisanelli, Benettin, Mazzarolli, Scoca), Proc. gen. Cass. e Consiglio nazionale forense. Conferma Consiglio naz. forense 20 dicem bre 1974.

Avvocato e procuratore — Magistrati militari — Iscrizione di diritto negli albi professionali — Ricorso per cassazione —

Questione infondata di costituzionalità — Sentenza della Cor te costituzionale — Conseguenze — Fattispecie (Cost., art.

33; r. d. 1. 27 novembre 1933 n. 1578, ordinamento delle pro fessioni di avvocato e procuratore, art. 26, 30; legge 22 gen naio 1934 n. 36, conversione in legge, con modificazioni, del r.d. I. 27 novembre 1933 n. 1578).

A seguito di Corte cost. 22 dicembre 1980, n. 174 che ha dichiarato infondata la questione di costituzionalità degli art.

25, lett. b) e 30, lett. a) e b), r. d. I. 27 novembre 1933 n. 1578, convertito nella legge 22 gennaio 1934 n. 36, nella parte in cui stabiliscono che hanno diritto di essere iscritti nell'albo dei

procuratori e nell'albo degli avvocati coloro che per cinque anni almeno, e rispettivamente che per otto anni almeno, siano stati magistrati della giustizia militare, in riferimento all'art. 33, 5° comma, Cost., va confermata la decisione del Consiglio nazio nale forense di accoglimento della iscrizione di diritto di magi strato militare, avverso la quale sia stato proposto ricorso per cassazione unicamente sotto il profdo del dubbio di costituzio nalità di tali articoli (la Cassazione ha peraltro precisato che resta impregiudicato il problema della riconducibilità alla previ sione di tali norme delle situazioni personali dei componenti dei tribunali militari privi dello status di magistrato militare:

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

ogni questione al riguardo era, nella specie, preclusa in quanto il ricorso non si estendeva alla parte della decisione contenente

l'accertamento dei requisiti per l'iscrizione di diritto agli albi

professionali di soggetto richiedente appartenuto al tribunale

supremo militare come ufficiale d'arma e non come magistrato militare). (1)

La Corte, ecc. — Rilevato in fatto. — Il dott. Luigi Mirelli di

Teora — premesso di aver conseguito la laurea in giurisprudenza e di avere esercitato, come generale di divisione dell'esercito in

s.p.e., le funzioni di giudice nonché di presidente facente funzioni

del tribunale supremo militare — ha chiesto nel 1974 al consiglio dell'ordine degli avvocati e procuratori di Roma l'iscrizione di

diritto negli albi professionali in applicazione degli art. 26, 30 e

34 r. d. 27 novembre 1933 n. 1578, sull'ordinamento delle profes sioni di avvocato e di procuratore.

Il consiglio — rilevato che un disegno di legge di riforma della

professione forense non prevedeva più l'iscrizione se non in

favore di chi avesse superato l'esame di Stato, onde le disposizio ni invocate, consentendo l'iscrizione di diritto, apparivano in

contrasto con l'art. 33, 5° comma, Cost. — ha deliberato di

soprassedere a qualsiasi provvedimento sulla domanda.

Il dott. Mirelli, ha proposto ricorso al consiglio nazionale

forense, il quale, in contraddittorio con il consiglio dell'ordine di

Roma, con decisione del 20 dicembre 1974 (Foro it., 1974, III,

124), ha dichiarato manifestamente infondata la questione di

legittimità costituzionale delle norme citate in riferimento all'art.

33, 5° comma, Cost., in applicazione delle norme stesse ha

ordinato l'iscrizione del dott. Mirelli negli albi dei procuratori e

degli avvocati tenuti dallo stesso consiglio dell'ordine di Roma.

Contro questa decisione il consiglio dell'ordine ha proposto ricorso per cassazione, nei confronti del procuratore generale

presso la Corte di cassazione e del dott. Mirelli, il quale ha

resistito con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria

illustrativa.

Con ordinanza n. 29 del 20 gennaio 1978 (id., 1978, I, 536) le

sezioni unite hanno ritenuto non manifestamente infondata — in

riferimento all'art. 33, 5° comma, Cost. — la questione di legitti mità costituzionale degli art. 26, lett. b, e 30, lett. a e b, r.d.l. 27

novembre 1933 n. 1578, convertito in legge 22 gennaio 1934 n. 36,

nelle parti in cui attribuiscono ai magistrati militari aventi parti colari requisiti il diritto di essere iscritti negli albi professionali forensi senza il preventivo superamento di un esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio professionale. La Corte costituzionale ha

dichiarato la questione non fondata con sentenza n. 174 del 22

dicembre 1980 (id., 1981, I, 336). All'udienza del 2 aprile 1981 il resistente ha nuovamente

illustrato le proprie tesi.

Considerato in diritto. — 1. - La decisione con cui il consiglio

nazionale forense ha ordinato l'iscrizione del dott. Mirelli negli

albi professionali è stata impugnata dal consiglio dell'ordine degli

avvocati e procuratori di Roma unicamente sotto il profilo del

dubbio di costituzionalità degli art. 26, lett. b, e 30, lett. a e b,

r.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578, convertito nella legge 22 gennaio

1934 n. 36, in applicazione dei quali la richiesta di iscrizione era

stata ritenuta meritevole di accoglimento. La Corte costituzionale, con la ricordata sentenza n. 174 del

1980, ha dichiarato che tali norme — nelle parti in cui stabilisco

no che hanno diritto di essere iscritti nell'albo dei procuratori e

nell'albo degli avvocati « coloro che per cinque anni almeno » e

rispettivamente « coloro che per otto anni almeno » « siano stati

magistrati militari » — non contrastano con l'art. 33, 5° comma,

Cost, (che prescrive l'esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio

professionale), ritenendo che la legge ordinaria, pur in epoca

anteriore alla Costituzione, poteva stabilire la congruità, ai fini

dell'accertamento della capacità professionale, dell'esame di Stato

sostenuto, e sempre preceduto dalla laurea in giurisprudenza, nel

(1) Le fasi della vicenda processuale conclusa dalla sentenza delle

sezioni unite sono state ampiamente documentate su queste colonne:

Consiglio naz. forense 20 dicembre 1974, ora confermato, è riportato in

Foro it., 1975, III, 124, con nota di richiami; Corte cost. 22 dicembre

1980, n. 174, id., 1981, I, 337 (e in Giur. costi!., 1980, I, 15, con osser

vazione « a prima lettura » di Chiola) e l'ord. di rimessione delle

sezioni unite della Cassazione 13 ottobre 1977 - 20 gennaio 1978, n.

29 (rei. Bile), Foro it., 1978, I, 536, con nota di richiami, in Giur. it.,

1979, I, 1, 184, con nota di Bergonzini e in Foro amm., 1980, I, 348,

con nota di V. Caianiello. Sullo status di magistrato militare v., alla luce delle modifiche

all'ordinamento giudiziario militare di pace apportate dalla legge 7

maggio 1981 n. 180 (Le leggi, 1981, I, 774) delle quali — anche se

non rilevanti ai fini del decisum — non vi è traccia nella presente

sentenza, V. Maggi, Non è mai troppo tardi: la riforma della giustizia

militare, in questo fascicolo, V, 167.

concorso per l'accesso alla magistratura ed in particolare a quella militare.

Dopo questa sentenza alle sezioni unite compete soltanto di

dichiarare l'infondatezza del ricorso; è infatti evidente come il

consiglio nazionale forense si sia limitato ad applicare al caso

concreto — ritenendo che ne ricorressero tutti i presupposti di

fatto — disposizioni legislative conformi a Costituzione.

2. - Nell'ordinanza di rimessione della questione alla Corte

costituzionale le sezioni unite non hanno mancato di sottolineare

che, non essendo stata dal consiglio dell'ordine di Roma impugna ta la parte della decisione del consiglio nazionale forense con cui

si accertava che il dott. Mirelli aveva esercitato la magistratura militare per un tempo e ad un livello tali da consentirgli di

chiedere l'iscrizione di diritto negli albi forensi ai sensi delle

norme citate, ogni questione al riguardo era definitivamente

preclusa, onde risultavano irrilevanti i dubbi, pur astrattamente

proponibili, sull'applicabilità di quelle norme ad un soggetto che

al tribunale supremo militare di cui all'art. 43 r. d. 9 settembre

1941 n. 1022, aveva appartenuto come ufficiale d'arma e non

come magistrato militare. Di siffatta singolare peculiarità della

fattispecie è traccia anche nella sentenza della Corte costituziona

le, nella parte in cui viene respinta l'eccezione di irrilevanza della

questione di costituzionalità sollevata dall'avvocatura dello Stato

(n. 2 della parte in diritto). La precisazione appare necessaria al fine di individuare con

esattezza la portata della presente sentenza, che lascia pertanto

impregiudicato nella sua generalità il problema della riconducibi

lità alla previsione delle norme esaminate dalla Corte costituziona

le, concernenti l'iscrizione di diritto (a certe condizioni) dei

magistrati militari negli albi professionali forensi, delle situazioni

personali dei componenti dei tribunali militari privi dello status

di magistrato militare. (Omissis) Per questi motivi, ecc.

I

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione lavoro; sentenza 8 giugno

1981, n. 3695; Pres. Mirabelli, Est. Tridico, P. M. Ca^tagalli

(conci, diff.); Bozzi (Avv. Petretti, Bonavera, La China) c.

Bozzi (Avv. Barbantini, Giusta). Cassa App. Genova 16 gen

naio 1976.

Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Appello —

Forma — Nullità della notifica — Effetti (Cod. proc. civ., art.

159, 162, 330, 414, 415, 434, 435).

Nel rito del lavoro la notificazione del ricorso e del pedissequo

decreto costituisce un elemento esterno alla fattispecie introdut

tiva del giudizio d'appello la quale si perfeziona con il solo

deposito del ricorso; ove pertanto il giudice rilevi la nullità

della notifica (nella specie perché effettuata mediante la con

segna di una sola copia dell'atto impersonalmente e collettiva

mente agli eredi della parte defunta prima della emanazione

della sentenza e nei cui confronti era stato riassunto il giudizio

di primo grado) deve orinarne la rinnovazione ai sensi dell'art.

162 cod. proc. civ. e nor} dichiarare l'inammissibilità del ricorso

essendo questo un atto anteriore e diverso. (1)

li

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione lavoro; sentenza 8 giugno

1981, n. 3693; Pres. Franceschelli, Est. Monteleone, P. M.

Zema (conci, diff.); Camozzi (Avv. Moricca, Tremaglia) c. Soc.

S.e.s.a. Conferma App. Brescia 18 ottobre 1974.

Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Appello —

Termine minimo a comparire — Insufficienza — Nullità della

« vocatio in ius » — Ordine di rinnovazione — Legittimità (Cod.

proc. civ., art. 160, 162, 164, 291, 434, 435).

Nel rito del lavoro l'inosservanza della concessione dei termini

minimi a comparire nel giudizio d'appello non dà luogo a

nullità del ricorso d'appello, ma solo a nullità della succes

siva e distinta attività di vocatio in ius della controparte,

attività di cui il giudice può ordinare la rinnovazione ai sensi

dell'art. 162 cod. proc. civ. poiché il termine di cui all'art. 435,

3° comma, cod. proc. civ. non ha carattere perentorio pur

dovendo essere osservato a pena di nullità. (2)

(1-2, 4) Le tre sentenze intervengono tutte sul medesimo problema

relativo all'individuazione della disciplina applicabile alla fase c. d. di

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