Sezioni unite civili; sentenza 17 ottobre 1979, n. 5424; Pres. G. Rossi, Est. Franceschelli, P. M.Gambogi (concl. diff.); Cassa marittima meridionale (Avv. Formica, Mazziotti) c. Germano(Avv. Agostini). Regolamento di giurisdizioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 104, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1981), pp. 2053/2054-2057/2058Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23172606 .
Accessed: 25/06/2014 08:12
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 91.229.229.162 on Wed, 25 Jun 2014 08:12:35 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
2053 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
troattività della legge, nell'ordine di idee prospettato dal ricorren te con il secondo motivo. Si sostiene, cioè, che alla fattispecie andava applicata la legge anteriore all'entrata in vigore della riforma del diritto di famiglia, sia perché questa avrebbe mo
dificato lo stesso fatto generatore del danno lamentato, sia perché anche l'evento dannoso si era esaurito al momento stesso della
pronuncia di nullità del matrimonio, nel 1972.
Anche questa tesi non può essere accolta. Essa riecheggia il
principio, più volte affermato da questa corte (sentenze 23 no
vembre 1971, n. 3396, Foro it., 1972, I, 37; 8 marzo 1972, n. 655,
id., Rep. 1972, voce Tributi in genere, n. 953; 17 aprile 1972, n.
1207, ibid., n. 960; 28 gennaio 1973, n. 271, id., Rep. 1973, voce
Legge, n. 23; 2 febbraio 1973, n. 318, ibid., voce Tributi in
genere, n. 838, ed altre), secondo cui, in tema di irretroattività
delle leggi, la normativa sopravvenuta deve essere comunque appli cata quando il rapporto giuridico disciplinato, sebbene sorto
anteriormente, non abbia esaurito i suoi effetti e purché la norma
innovatrice non sia diretta a regolare il fatto o l'atto generatore del rapporto ma gli effetti di esso.
Ora, le innovazioni introdotte in questa materia dalla riforma
del 1975 sono soprattutto le seguenti: a) è prevista la correspon sione di « somme periodiche di denaro » a favore del coniuge economicamente più debole anche per il tempo successivo alla
pronuncia di nullità e pure quando l'altro coniuge, onerato di tale
disposizione, sia in buona fede e in nessun modo responsabile
riguardo alla invalidità del matrimonio (art. 129); b) la posizione del coniuge responsabile viene qualificata come « imputabilità »
della nullità del matrimonio, piuttosto che di « conoscenza » della
sua causa; c) la responsabilità è estesa al terzo cui sia imputabile la nullità; d) sono indicati alcuni criteri di liquidazione dell'in
dennità nell'ipotesi di cui all'art. 129 bis; e) è previsto anche
in questo caso l'obbligo alimentare.
Tali innovazioni non incidono direttamente sul fatto generatore di questi oneri patrimoniali, che resta sempre il matrimonio e la
sua declaratoria di nullità, mentre la diversa posizione dei coniugi vale solo a giustificare l'una o l'altra misura dell'effetto economico
previsto dalla legge. Orbene, se del fatto o dell'atto giuridico (nella specie, del
matrimonio e della sua nullità) deve giudicarsi in base alle norme
vigenti nel momento in cui esso fu posto in essere, quando una
nuova normativa prevede la risarcibilità di determinati effetti o
altre conseguenze economiche di un fatto pregresso, la normativa
stessa può essere invocata dal soggetto cui viene riconosciuto tale
diritto, purché questo non sia nel frattempo prescritto.
Non può nemmeno ritenersi, come afferma il ricorrente, che gli effetti pregiudizievoli della pronuncia di nullità del matrimonio
siano coevi alla stessa pronuncia e si esauriscano in quel momento.
È sufficiente, in proposito, considerare che la liquidazione di
« somme periodiche », di indennità che deve comprendere almeno
una « somma corrispondente al mantenimento per tre anni », di
« alimenti » da corrispondersi senza determinazione di tempo, sono evidentemente disposizioni dirette a sovvenire pregiudizi e
necessità che non si esauriscono nel momento stesso della pro nuncia di nullità del matrimonio, e che pertanto restano discipli nati dalle norme sopravvenute.
4. - Il ricorrente denunzia, infine, la falsa applicazione dell'art.
129 bis cod. civ., poiché a fondare la responsabilità prevista da
questa norma non è sufficiente la semplice riferibilità del fatto
materiale assunto dalla legge come causa di nullità ad uno dei
coniugi, ma, come risulta dalla stessa rubrica dell'articolo, si esige la sua « mala fede », ciò che nella specie sarebbe escluso.
La censura segue la sorte delle precedenti, anche se i problemi, da essa sollevati in modo perspicuo meritano attenta riflessione.
Va anzitutto tenuto presente che secondo la Corte d'appello di
Torino, « ad integrare l'imputabilità è sufficiente la colpa, e
l'obbligo della congrua indennità sorge a carico del coniuge cui è
attribuibile il fatto che egli conosceva o avrebbe dovuto conoscere
essere causa di nullità ».
Questa Suprema corte, mentre ritiene inattendibile la tesi del
ricorrente, conferma sostanzialmente la conclusione cui è pervenu
ta la sentenza impugnata, ma con le precisazioni che seguono.
Il concetto di « imputabilità », al quale fa riferimento la norma
in esame, certamente diverso da quello penalistico (art. 85 cod.
pen.), non si identifica nemmeno in quello di « mala fede »,
espressione usata impropriamente nella non decisiva rubrica del
l'articolo, ed ancor meno con quello di una « riferibilità » mera
mente materiale al coniuge che risulta direttamente coinvolto,
spesso come vittima, nella causa di invalidità del matrimonio.
Poche considerazioni sono sufficienti ad orientare verso una
diversa spiegazione della volontà normativa: a) la stessa norma
usa anche l'espressione « determinare la nullità » ed estende le
conseguenze civili a carico « del terzo al quale sia imputabile la nullità », formule incompatibili con la tesi della mala fede intesa come mera conoscenza della causa di invalidità; b) d'altra parte, l'esigenza di una distinta norma (art. 129 bis) rispetto alla
precedente (art. 129) in cui è sempre ravvisabile una riferibilità meramente materiale della causa di invalidità ad uno dei coniugi, induce a ritenere che nella seconda norma è stata prevista una diversa posizione anche soggettiva del coniuge a cui carico ven
gono poste conseguenze patrimoniali ben più pesanti. Può ritenersi, nell'ambito dell'economia della presente fattispe
cie, che, per aversi la più complessa e grave ipotesi prevista dall'art. 129 bis, occorra un doppio collegamento fra la situazione in cui si sostanzia la causa di invalidità del matrimonio ed il
coniuge a cui carico si pongono gli oneri patrimoniali a favore dell'altra parte: un obiettivo nesso eziologico ed una attribuibilità
soggettiva che, senza identificarsi con l'elemento psicologico delle
fattispecie penali previste dagli art. 139 cod. civ. e 558 cod. pen.,
giustifichi detta responsabilità quanto meno sotto il profilo della
consapevolezza del fatto invalidante e dell'omesso rifiuto di con
trarre matrimonio. Non è in particolare necessario ad integrare questo elemento soggettivo che il coniuge o il terzo, ai quali sia
imputabile la causa di nullità, abbiano dolosamente posto in
essere la situazione invalidante, né che siano consapevoli degli effetti giuridici che da essa conseguono.
I predetti elementi sussistono certamente nell'ipotesi in esame, nella quale l'invalidità del matrimonio fu determinata dalla simu
lazione unilaterale coscientemente voluta dal Massolo, a cui carico
quindi esattamente furono poste le conseguenze economiche pre viste dall'art. 129 bis cod. civile.
II ricorso deve essere, pertanto, respinto. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 17
ottobre 1979, n. 5424; Pres. G. Rossi, Est. Franceschelli, P.
M. Gambogi (conci, diff.); Cassa marittima meridionale (Avv.
Formica, Mazziotti) c. Germano (Avv. Agostini). Regola mento di giurisdizione.
Previdenza sociale — Assistenza per malattia e infortunio — Provvedimenti di accertamento dell'idoneità del marit
timo — Controversie — Giurisdizione amministrativa (R. d. 1.
14 dicembre 1933 n. 1773, accertamento della idoneità fi
sica della gente di mare; r. d. 1. 23 settembre 1937 n.
1918, assicurazione contro le malattie per la gente di mare;
legge 28 ottobre 1962 n. 1602, modifiche e integrazioni del
r.d.l. 14 dicembre 1933 n. 1773, convertito nella legge 22
gennaio 1934 n. 244; legge 16 ottobre 1962 n. 1486, disposi zioni sull'assistenza ai marittimi dichiarati temporaneamente inidonei alla navigazione).
Posto che il procedimento di accertamento della idoneità fisica e
psichica del marittimo è finalizzato alla tutela dell'interesse
pubblico, connesso con la navigazione, gli interessi propri del marittimo e dell'istituto previdenziale debbono qualificarsi come
interessi legittimi e le relative controversie appartengono alla
giurisdizione del giudice amministrativo. (1)
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo. — Il marittimo
Germano Bruno, cameriere a bordo della petroliera « S.S. Ralph O. Rhoades », sbarcava a Philadelphia il 16 maggio 1971 per malattia con diagnosi ernia inguinale bilaterale.
(1) Sul punto della giurisdizione non constano precedenti specifici. Si veda comunque Trib. Genova 11 settembre 1978 (Foro it., Rep. 1979, voce Previdenza sociale, n. 497, e, per esteso, in Riv. giur. lav., 1978.
Ili, 505, con nota di Boer, La pensione di invalidità della Cassa nazio nale previdenza marinara), ove si afferma la legittimazione passiva della cassa marinara, e non della commissione ministeriale di accertamento, risultandone implicitamente la giurisdizione dell'a.g.o.
Cass. 22 aprile 1974, n. 1137 (Foro it., 1974, I, 1642), menzionata in
motivazione e richiamata dalla difesa del marittimo a riprova dell'ap partenenza della controversia alla giurisdizione ordinaria, ha ritenuto che il marittimo, dichiarato temporaneamente inidoneo alla navigazione dopo la cessazione dell'assistenza per malattia o per infortunio, ha diritto all'indennità giornaliera pari al 75% della retribuzione già goduta con decorrenza dalla cessazione dell'assistenza e non già dalla data dell'accertamento medico di inidoneità.
In generale, sulla competenza del pretore del lavoro in materia di lavoro nautico, v. Corte cost. 20 aprile 1977, n. 66, id., 1977, I, 1031, con nota di Andrioli.
This content downloaded from 91.229.229.162 on Wed, 25 Jun 2014 08:12:35 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
2055 PARTE PRIMA 2056
Assuntj in assistenza dalla Cassa marittima veniva rimpatriato
per via aerea in Italia, curato (sottoposto anche ad intervento
chirurgico) ed indennizzato fino al 15 maggio 1972, cioè per la
durata massima prevista dall'art. 6 r. d. 1. 23 settembre 1937 n.
1918 convertito con modificazioni nella legge 24 aprile 1938 n.
831 (un anno dall'annotazione di sbarco sul ruolo) percependo due milioni di indennità di temporanea inabilità.
Dimesso dall'assistenza, in data 20 maggio 1972 veniva dall'ente
segnalato alla commissione medica permanente di primo grado
presso la capitaneria di porto di La Spezia. La commissione, in data 7 giugno 1972, giudicava il Germano
idoneo alla navigazione. Avverso tale decisione il marittimo proponeva ricorso alla
commissione medico centrale di secondo grado che confermava il
giudizio di idoneità espresso dalla commissione di primo grado.
Con ricorso notificato prima erroneamente alla Cassa marittima
tirrena, e poi, in seguito all'eccezione di carenza di legittimazione
passiva sollevata dalla predetta, alla Cassa marittima meridionale, il Germano conveniva in giudizio quest'ultima dinanzi al Pretore
di La Spezia chiedendo che fosse disposto accertamento medico'
legale per acclarare l'inidoneità ai servizi della navigazione e che
fosse conseguentemente dichiarato l'obbligo della Cassa marittima
di corrispondergli l'indennità prevista dalla legge 16 ottobre 1962
n. 1486.
Ritualmente costituitasi, la Cassa marittima meridionale rilevava
preliminarmente l'infondatezza del ricorso proposto nei suoi con
fronti chiarendo che il provvedimento che il marittimo intendeva
impugnare e cioè quello di « idoneità alla navigazione » era stato
espresso dalla commissione medica permanente di primo grado e,
successivamente, confermato in grado di appello dalla commis
sione medica centrale, organi istituiti con leggi speciali (r. d. 1. 14
dicembre 1933 n. 1773 e legge 28 ottobre 1962 n. 1602), dipen denti entrambi dal ministero della marittima mercantile e sedenti
la prima (commissione medica permanente di primo grado) presso la capitaneria di porto e la seconda (commissione centrale) presso la direzione generale del lavoro marittimo e portuale; organi, del tutto estranei alla Cassa marittima meridionale. Quindi la cassa
non poteva che attenersi a tale giudizio, il quale, a norma del 1°
comma dell'art. 14 del citato decreto del 1933, è un giudizio definitivo a tutti gli effetti sia nei riguardi della continuazione della professione marittima, sia nei riguardi del conseguimento delle previdenze di invalidità e vecchiaia, ove l'interessato si trovi nelle altre condizioni richieste dalle leggi speciali su tali materie.
All'udienza di discussione, il pretore, non tenendo in conto le
osservazioni dell'ente convenuto, disponeva consulenza tecnica e fissava una nuova udienza per il giuramento del c. t. u. In quella sede, non essendosi presentato il perito, la cassa rinnovava le
proprie eccezioni, chiarendo ancora meglio la propria tesi secondo
cui, trattandosi di un provvedimento emesso da un organo (com missione medica centrale) estraneo all'ente, e tenuto conto della
definitività del provvedimento, il marittimo avrebbe dovuto pro porre ricorso giurisdizionale dinanzi al T.A.R. competente nei confronti del ministero della marina mercantile.
Non poteva, cioè, la cassa essere condannata per una decisione non sua alla quale peraltro era obbligata ad attenersi.
Il pretore si riservava una decisione in ordine all'opportunità di revocare l'ordinanza ammissiva della consulenza tecnica; successi
vamente, sciogliendo la riserva, affermava con ordinanza la pro pria giurisdizione.
La Cassa marittima meridionale, ha proposto il presente rego lamento preventivo di giurisdizione. Resiste con controricorso il
Germano.
Motivi della decisione. — La ricorrente affida il regolamento alle argomentazioni già svolte dinanzi al pretore, e che si sono diffusamente riportate.
Il resistente sostiene che le ragioni addotte sono infondate,
perché egli ha chiesto una prestazione previdenziale, prevista in suo favore dalla legge 1486 del 1962 e quindi fa valere una
posizione di diritto soggettivo rispetto alla quale sussiste solo la
giurisdizione del giudice ordinario. Il fatto che l'accertamento
tecnico, da cui dipende la prestazione, sia reso da un ente diverso da quello che eroga la prestazione stessa è conosciuto in altri
settori della previdenza (si cita quello degli addetti ai pubblici trasporti e quello dei coltivatori diretti, con riferimento, per questi ultimi, agli accertamenti effettuati dal Servizio contributi
unificati in agricoltura) e non fa sorgere questioni di giurisdizione quando sia chiesta la prestazione nei confronti dell'ente previden ziale obbligato ad effettuarla. D'altronde, secondo il resistente,
questa Suprema corte avrebbe già implicitamente affermato la
giurisdizione del giudice ordinario in relazione al diritto all'in
dennità per cui è causa, con sentenza del 22 aprile 1974, n. 1137
(Foro it., 1974, I, 1642).
Osserva il collegio che l'indennità in questione è stata istituita
con la legge 16 ottobre 1962 n. 1486, la quale stabilisce (art.
unico) che « i marittimi che, all'atto della cessazione dell'assi
stenza per malattia o infortunio siano sottoposti, anche a loro
richiesta, a visita medica da parte della commissione di primo
grado prevista dal r. d. 1. 14 dicembre 1933 n. 1773, e se dichiara
ti temporaneamente inidonei, hanno diritto, per tutto il periodo dell'inidoneità, fino al massimo di un anno dalla dichiarazione, ad
un'indennità giornaliera pari al 75% della retribuzione goduta alla
data dell'annotazione di sbarco nel ruolo, escluso il compenso pei lavoro straordinario ».
Questa legge deve essere inquadrata nel sistema normativo
concernente l'arruolamento dei marittimi (già iscritti nelle matri
cole della gente di mare). L'art. 323 cod. nav. prescrive che l'arruolamento deve essere
preceduto da una visita medica.
Completando e aggiornando la disciplina che, in materia, è
contenuta nel r. d. 1. 14 dicembre 1933 n. 1773, la legge 28 ottobre
1962 n. 1602 ha dettato precise norme circa il procedimento amministrativo diretto all'accertamento della idoneità all'arruola
mento, accertamento che è condotto anche in vista dell'eventuale
reimbarco, a seguito di periodi di cura per malattia o infortunio.
Precisa l'art. 7 legge n. 1602 che la visita medica d'imbarco di
cui al citato art. 323 deve limitarsi a constatare l'esistenza di
malattie contagiose e di malattie acute in atto e che nel corso
della visita medica devesi tener conto possibilmente dei particolari rischi e disagi e soprattutto climatici, inerenti alla specifica desti
nazione della nave nella quale il marittimo dovrebbe imbarcarsi.
Per l'art. 3 stessa legge, gli iscritti nelle matricole della prima e
della seconda categoria della gente di mare non possono essere
arruolati se non producono un certificato, conforme al modello
approvato dal ministro per la marina mercantile, attestante la loro
attitudine fisica al lavoro al quale debbono essere impiegati a
bordo, rilasciato da un medico della competente cassa marittima
per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
della gente di mare. Precisa il successivo art. 5 che in relazione
alle visite stabilite dall'art. 3, le autorità marittime locali, su
richiesta delle casse marittime, possono sottoporre a visita di
accertamento, presso le casse stesse, i marittimi iscritti nei turni
di collocamento, anche prima della chiamata per l'imbarco, e che,
a tali effetti, le casse marittime possono prendere visione, median
te propri funzionari, degli elenchi dei marittimi in attesa di
imbarco, mentre l'art. 8 prevede il ricorso alle commissioni (di
cui agli art. 4 e 5 r. d. 1. n. 1773 del 1933) avverso l'esito delle
visite, sia da parte dell'autorità marittima, che da parte della
Cassa marittima e del marittimo, e stabilisce (al secondo comma)
che sia l'autorità che la cassa possono in ogni tempo rinviare al
giudizio della commissione di primo grado i marittimi che in se
guito ad accertamento non ritengano fisicamente idonei ai servizi
inerenti al titolo professionale, qualifica o specialità. Non può essere posto in dubbio che la disciplina ora descritta
è interamente dominata dall'interesse pubblico connesso sotto vari
aspetti alla navigazione, e che a quell'interesse è finalizzato il
procedimento di accertamento della idoneità fisica e psichica del
marittimo, che, se pure si svolge su una base prevalentemente
tecnica consiste tuttavia in un giudizio di attitudine al servizio,
considerato nel contesto delle esigenze della navigazione.
Nel rilevare questa preminenza del pubblico interesse e il
potere che in relazione ad esso è riconosciuto alla pubblica amministrazione e per essa agli organi preposti al procedimento, non si nega, ovviamente, che nel procedimento medesimo siano
coinvolti anche interessi propri del marittimo e interessi dell'isti
tuto previdenziale (Cassa marittima).
Ma le rispettive posizioni di vantaggio non possono qualificarsi che quali posizioni di interesse legittimo (si intende, nell'ambito
del procedimento e dei suoi esiti), appunto in relazione alle
finalità fondamentali della normativa e della conseguente subordi
nazione di quelle posizioni individuali allo spiegarsi dell'interesse
pubblico. D'altra parte, dall'esito del procedimento in questione possono
anche derivare posizioni di diritto soggettivo per il marittimo, sia
nei confronti dell'ente previdenziale, sia di terzi.
Dalla dichiarazione di temporanea inidoneità deriva infatti la
pretesa del marittimo (al termine dell'assistenza per infortunio
o malattia) all'indennità giornaliera: tale dichiarazione è il fatto
costitutivo del diritto all'indennità, che non viene ad esistenza se
non in relazione a tale fatto.
Poiché, ai filli dell'indicazione della giurisdizione, occore pren dere in considerazione il cosiddetto petitum sostanziale — vale a
This content downloaded from 91.229.229.162 on Wed, 25 Jun 2014 08:12:35 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
dire il petitum in correlazione non scindibile con la causa petendi — si deve considerare che, nella presente controversia, l'attore, instando per la corresponsione della indennità in questione, invo
ca necessariamente un accertamento diverso ed opposto rispetto a
quello effettuato dalla commissione medica di secondo grado in
modo definitivo; invoca, cioè, un accertamento di inidoneità tem
poranea al reimbarco, laddove la commissione ha accertato la sua
idoneità.
Ma la legge istitutiva dell'indennità, più volte citata, nulla ha
innovato quanto al procedimento finalizzato a detto accertamento,
sotto nessun profilo, né formale né sostanziale, né ha ipotizzato che l'accertamento di idoneità possa o debba essere reso unica
mente ai fini previdenziali; al contrario, solo in relazione all'osta
colo giuridico alla utilizzabilità delle capacità lavorative o profes sionali del marittimo (e quindi della sua capacità di guadagno
specifica), costituito dalla dichiarazione di temporanea inidoneità
alla navigazione, è prevista la corresponsione dell'indennità gior naliera.
Restando, quindi, integrato il già richiamato sistema normativo
nella materia di discussione, resta del pari ferma la assoluta
riserva al potere della pubblica amministrazione dell'accertamento
delle condizioni di idoneità del marittimo e la corrispondente ca
renza di potere del giudice ordinario di effettuare l'accertamento
stesso.
Né la fattispecie in esame può equipararsi — sotto il profilo della determinazione della giurisdizione — alle diverse fattispecie indicate dal resistente, nelle quali pure la prestazione da parte di
questo o quell'ente previdenziale è preceduta e condizionata da
accertamenti espletati da organi amministrativi ad esso estranei. Si
tratta invero, di fattispecie nelle quali l'accertamento è finalizzato
esclusivamente alla prestazione previdenziale e non coinvolge altro interesse oltre quello relativo all'oggetto del rapporto previ
denziale, onde l'accertamento medesimo resta nell'ambito della
posizione di diritto soggettivo che spetta all'assicurato.
Nella fattispecie in esame, invece, come si è sottolineato, il
diritto alla prestazione viene ad esistenza solo in dipendenza di
uh accertamento che è prioritariamente finalizzato all'interesse
pubblico, e, come tale, è espressione di un potere della pubblica amministrazione rispetto al quale sta una posizione di interesse
legittimo del privato.
Né vale richiamare la precedente sentenza 22 aprile 1974, n.
1137 di questa Suprema corte, la quale si è bensì occupata dell'istituto in questione, ma in una fattispecie nella quale non
veniva minimamente in discussione la dichiarazione (in quel caso
resa dalla competente commissione medica) di temporanea inido
neità del marittimo alla navigazione, bensì solamente il termine di
decorrenza dell'indennità.
Sulla base di quanto sin qui considerato, si deve, pertanto, concludere che, in quanto diretta a contestare l'accertamento di
idoneità, la domanda non appartiene alla giurisdizione del giudice
ordinario, bensì, nelle prescritte forme e nei confronti dei soggetti
legittimati, alla giurisdizione del giudice amministrativo. (Omissis) Per questi motivi, ecc.
CORTE D'APPELLO DI CATANIA; decreto 19 gennaio 1981;
Pres. D'Amico, Rei. Alicata; Soc. Emmepf petroli.
CORTE D'APPELLO DI CATANIA;
Società — Società a responsabilità limitata — Statuto — Modifi
che — Unanimità dei consensi — Clausola — Validità (Cod.
civ., art. 2486).
È valida la clausola dello statuto di società a responsabilità limitata che prescrive l'unanimità dei consensi per ogni mo
difica statutaria. (1)
(1) Non constano precedenti in termini. In dottrina conformi cfr. G.
Ragusa Maggiore, Modificabilità dello statuto di società a responsabi lità limitata, in Dir. fallim., 1981, II, 176; G. Santini, Società a
responsabilità limitata, in Commentario, a cura di Scialoja e Branca,
1971, 177. Per l'inammissibilità dell'unanimità nelle società per azioni
cfr., citata in motivazione, Cass. 15 aprile 1980, n. 2450, Foro
it., 1980, I, 1914, con ampia nota di richiami di G. Marzia
le, cui adde ora G. Niccolini, Il capitale sociale minimo, 1981, 99 ss.
In merito ai rapporti tra discipline della società per azioni e società a re
sponsabilità limitata, l'orientamento secondo il quale le lacune riscontra
bili in quest'ultima (art. 2472-2497 bis cod. civ.) possono essere colmate —
salvo che ricorrano particolari ragioni — attingendo per analogia alla
prima (v. per tutti G. Santini, cit., 11 ss.) pur in assenza di un
esplicito rinvio generale (presente invece per le società in accomandita
per azioni, art. 2461 cod. civ.; un rinvio alla disciplina della società
La Corte, ecc. — Visti gli atti allegati ed udita la relazione del
consigliere delegato, osserva: con provvedimento del 24 novembre
1980, comunicato I'll dicembre 1980, il Tribunale di Catania
rigettava il ricorso del 9 giugno 1980, con il quale il notaio
Giovanni De Rubertis chiedeva l'iscrizione nel registro delle
società dell'atto da lui ricevuto il 3 giugno 1980 recante modifica
zioni dello statuto della Emmepi petroli s.r.l., con sede in Pedara, sul rilievo che la modificazione dell'art. 14 dello statuto, compor tando l'unanimità dei soci per ogni ulteriore modifica statutaria, veniva a violare il principio di maggioranza, fondamentale per la
vita delle società di capitali ed inderogabile dalla volontà priva ta.
Avverso il provvedimento anzidetto ha proposto reclamo davan
ti a questa corte il ricorrente con atto depositato in cancelleria il
16 dicembre 1980.
Il pubblico ministero, al quale gli atti sono stati trasmessi, ha
espresso parere contrario all'accoglimento del reclamo.
Il reclamo che risulta proposto a norma dell'art. 2411 cod. civ., richiamato dall'art. 2436, a sua volta richiamato dall'art. 2494
dello stesso codice, per le società a responsabilità limitata, appare fondato.
Invero, come ha esattamente osservato il reclamante, l'art. 2486
cod. civ., che detta le regole per le deliberazioni d'assemblea delle
società a responsabilità limitata, reca: « Salvo diversa disposizio ne dell'atto costitutivo, l'assemblea ordinaria delibera con il voto
favorevole... e l'assemblea straordinaria delibera con il voto
favorevole...» e non richiama espressamente, come fa per altri
articoli, gli art. 2368 e 2369 cod. civ. che dettano regole in
materia di costituzione dell'assemblea e validità delle deliberazio
ni, sia in prima che in seconda convocazione, per le società per azioni. Non risulta, pertanto, utilizzabile l'argomento più convin
cente, quello letterale, che la Cassazione nella sentenza n. 2450
del 1980 (Foro it., 1980, I, 1914) citata nel provvedimento
reclamato, adduce a sostegno della ritenuta nullità delle clausole
che prevedono l'unanimità per le deliberazioni, per la validità
delle quali gli articoli non richiamati offrono la possibilità di
prevedere nell'atto costitutivo delle società per azioni maggioranze
più elevate, ma pur sempre maggioranze (cfr. art. 2368, 1° e 2°
comma, e 2369, 3° comma, cod civile).
La disposizione « diversa », fatta salva dall'art. 2486 cod. civ.,
può, cosi, in mancanza di limiti specifici posti dal legislatore, essere anche quella che prevede l'unanimità dei soci per la
validità delle deliberazioni dell'assemblea della società a respon sabilità limitata su determinate materie, come fa la clausola in
questione, adottata all'unanimità dai soci della società a responsa bilità limitata e inserita nell'art. 14 dello statuto modificato.
Né può ritenersi che al di là del diverso dato normativo la
soluzione adottata possa essere resistita dal principio maggiorita
rio, se si considera che sull'inderogabilità di questo per le stesse
società per azioni, ritenuta dalla Cassazione, anche con richiami a
dottrina prevalente, la dottrina appare divisa, essendo stato rileva
to, tra l'altro, da quella contraria, ma non meno autorevole, che
non si possono costringere i soci ad adottare un regolamento contrastante con i loro interessi, quando questi sono gli unici in
giuoco. Per questi motivi, accoglie il reclamo e ordina l'iscrizione nel
registro delle società della deliberazione dell'assemblea della s.r.l.
Emmepi' petroli, di cui all'atto del 3 giugno 1980, in notar
Giovanni De Rubertis, recante modificazione dello statuto sociale.
semplice è riscontrabile altresì con riguardo alle società in nome
collettivo e in accomandita semplice, art. 2293 e 2315 cod. civ.) è stato
recentemente revocato in dubbio da G. C. M. Rivolta, Società a
responsabilità limitata: precedenti storici ed orientamenti interpretativi, in Riv. dir. civ., 1980, I, 477, spec. 511-514. Le discipline della società
per azioni e a responsabilità limitata sono legate da taluni, e puntuali, richiami (art. 2475, 2476, 2478, 2482, 2487, 2488, 2491-2497 bis cod.
civ.), oltreché da un perfetto parallelismo, ciò che, secondo questo
autore, esclude che eventuali omissioni siano « omissioni qualsiasi », bensì' « omissioni qualificate dal fatto di cadere nell'ambito di una
serie continuativa di articoli richiamati »: in altre parole, il contesto
nel quale si collocano tali omissioni, le qualifiche come « statuizioni
negative, cioè manifestazioni di volontà legislativa di non estendere i
precetti considerati alla società a responsabilità limitata »: di qui
l'inammissibilità di applicare, per analogia, le norme non richiamate
delle società per azioni, la cui vigenza per le società a responsabilità limitata non può « riposare sul generico presupposto dell'omogeneità o
affinità esistente tra i due tipi di società o della loro comune matrice o
della loro appartenenza all'unico ceppo delle società di capitali ».
This content downloaded from 91.229.229.162 on Wed, 25 Jun 2014 08:12:35 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions