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Sezioni unite civili; sentenza 18 maggio 1983, n. 3417; Pres. F. Greco, Est. Ruperto, P. M. Sgroi V....

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Sezioni unite civili; sentenza 18 maggio 1983, n. 3417; Pres. F. Greco, Est. Ruperto, P. M. Sgroi V. (concl. conf.); Roberto (Avv. N. Miele, Cicala) c. Roberto (Avv. A. Sandulli) e altro. Cassa App. Napoli 3 dicembre 1980 Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 11 (NOVEMBRE 1983), pp. 2805/2806-2807/2808 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175438 . Accessed: 25/06/2014 10:14 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.109.66 on Wed, 25 Jun 2014 10:14:47 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezioni unite civili; sentenza 18 maggio 1983, n. 3417; Pres. F. Greco, Est. Ruperto, P. M. SgroiV. (concl. conf.); Roberto (Avv. N. Miele, Cicala) c. Roberto (Avv. A. Sandulli) e altro. CassaApp. Napoli 3 dicembre 1980Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 11 (NOVEMBRE 1983), pp. 2805/2806-2807/2808Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175438 .

Accessed: 25/06/2014 10:14

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

deliberazione della commissione amministratrice, soggetta all'ap

provazione del ministro di grazia e giustizia.

Ora, diversamente dai coadiutori candidati notai (cfr. Cass. n.

3646/80, id., 1980, I, 2471) gli incaricati ex art. 6 1. n. 89/13 come il Turchio, pur non acquisendo lo status professionale dei

notai nominati a seguito di pubblico concorso, sono a costoro

pienamente accomunati nell'esercizio delle funzioni, sul piano concreto dell'attività lavorativa: alla quale, come si legge nella

citata sentenza della Corte costituzionale, fa riferimento, ai fini

previdenziali, la norma di carattere generale dell'art. 38, 2°

comma, Cost.

La riconosciuta illegittimità della discriminazione operata dal

l'art. 3, 3° comma, r.d.l. n. 1324/23, conv. in 1. n. 473/25,

comporta che il trattamento di quiescenza contemplato per i

notai cessati dall'esercizio e per le loro famiglie, debba essere

corrisposto, ricorrendo i medesimi presupposti, anche agli aspi ranti al notariato, forniti dei requisiti necessari per la nomina,

temporaneamente autorizzati all'esercizio delle funzioni notarili in

virtù dell'art. 6 cit., cessati dall'esercizio ed alle loro famiglie. Da ciò consegue che la domanda con la quale la vedova ed i

figli maggiorenni di un incaricato ex art. 6 cit. defunto, chiedano

alla Cassa del notariato il trattamento di quiescenza per l'attività

svolta dal congiunto, rientra nella competenza del giudice del

lavoro per il fatto che la domanda medesima investe posizioni di

diritto soggettivo nascenti da un rapporto di carattere previdenzia le al pari dell'ipotesi che il defunto sia un notaio nominato a

seguito di pubblico concorso.

Ed è quanto basta perché si abbia una controversia previden ziale, rientrante nella previsione dell'art. 442 c.p.c., a nulla

rilevando che sia stata promossa dagli eredi del lavoratore (tra le

più recenti Cass. 3462/82, id., 1982, I, 2477; 3083/82, id., Rep.

1982, voce Impiegato dello Stato, n. 119; 2605/82, ibid., voce

Impugnazioni civili, n. 71, ed altre che sottolineano l'ampia nozione di « controversia previdenziale » accolta dal legislatore del 1973).

Quanto alla competenza territoriale non vi è dubbio che nella

specie essa sia del Pretore di Palermo, ai sensi dell'art. 444, 1°

comma, cjp.c., quale giudice del lavoro avente sede nel capoluogo della circoscrizione del tribunale in cui risiedono le istanti (Cass.

626/80, id., Rep. 1980, voce Previdenza sociale, n. 753). Trattandosi di regolamento di competenza richiesto di ufficio

dal Tribunale di Roma e data anche l'intervenuta pronuncia di

illegittimità costituzionale del cennato art. 6, si ritiene di giustizia

compensare interamente tra le parti le spese del presente giudi zio.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 18 mag

gio 1983, n. 3417; Pres. F. Greco, Est. Ruperto, P. M. Sgroi V.

(conci, conf.); Roberto (Avv. N. Miele, Cicala) c. Roberto

(Avv. A. Sandulli) e altro. Cassa App. Napoli 3 dicembre 1980.

Termini processuali in materia civile — Sospensione feriale —

Sequestro — Giudizio di convalida — Applicabilità (Cod. proc. civ., art. 680, 682; r.d. 1° gennaio 1941 n. 12, ordinamento giudi

ziario, art. 92; 1. 7 ottobre 1969 n. 742, sospensione dei termini

processuali nel periodo feriale, art. 3).

Le norme sulla sospensione dei termini nel periodo feriale non si

applicano unicamente alla fase sommaria dei procedimenti cautelari; esse pertanto si applicano al giudizio di convalida

del sequestro, sia esso trattato unitamente o separatamente al

giudizio di merito, trattandosi di un giudizio a cognizione ordinaria distinto dalla fase sommaria di concessione del seque stro. (1)

(1) La decisione si ricollega a Cass., sez. un., 5 maggio 1983, n. 3077 (Foro it., 1983, I, 1584, con nota di richiami e osserva zioni di A. Proto Pisani) che ha composto il contrasto circa i limiti di applicabilità della sospensione dei termini nel periodo feriale al procedimento per convalida di sfratto, affermando che le norme sulla sospensione non si applicano alla sola fase sommaria del

procedimento per convalida. Con la sentenza qui riportata le sezioni unite, confermando l'orien

tamento già espresso da Cass., sez. un., 20 ottobre 1978, n. 4730 (id., 1979, I, 380, con nota di richiami), e riaffermato dalla recente

3077/83, cit., hanno composto un contrasto che si era verificato per le

sezioni semplici in ordine ai limiti dì applicabilità delle norme sulla

sospensione dei termini nel periodo feriale al giudizio di convalida in tema di sequestro: ed il contrasto, come risulta dalla massima, è stato risolto nel modo più piano, affermandosi che la sospensione dei

Motivi della decisione. — Col primo motivo, denunziando

violazione dell'art. 3 1. 7 ottobre 1969 n. 742, in relazione all'art.

92 ordinamento giudiziario, nonché dell'art. 325, 1° comma, c.p.c., il ricorrente censura l'impugnata sentenza per aver dichiarato

inammissibile l'appello siccome tardivo, senza considerare che la

eccezione al principio della sospensione dei termini processuali durante il periodo feriale relativamente ai procedimenti cautelari

concerne soltanto la fase preliminare e non anche la successiva a

rito ordinario.

La censura è fondata. Giova muovere dalla premessa che la

regola generale, enunciata dall'art. 1 1. n. 742 del i969, è quella della sospensione dei termini durante il periodo feriale e che,

dunque, la deroga prevista nel successivo art. 3 ha carattere

eccezionale, con tutte le possibili implicazioni sul piano interpre tativo. Ebbene, l'art. 92 dell'ordinamento giudiziario 30 gennaio 1941 n. 12, cui detto art. 3 fa riferimento, annovera, fra le « cause

civili » che vanno trattate anche durante il periodo feriale, quelle relative « ai procedimenti cautelari ».

Ora, il sequestro, tipica misura cautelare, è regolato nella

sezione I del capo III, intitolato appunto « dei procedimenti cautelari » e inserito nel titolo I del libro !V c.p.c.

Peraltro, il relativo procedimento si articola in due fasi; la

prima, a carattere sommario, concernente la concessione del

sequestro; la seconda, a cognizione ordinaria, concernente la

convalida.

Per quest'ultima, poi, in particolare quando si versi in tema di

sequestro anteriore alla causa (ipotesi che qui interessa), sono

legislativamente previste due eventualità, e cioè che le questioni relative alla convalida vengano trattate unitamente al merito

oppure che esse vengano decise prima del merito.

In relazione a tanto, nella giurisprudenza delle sezioni semplici di questa Suprema corte si sono manifestati tre orientamenti: che

la suddetta deroga alla sospensione dei termini sia applicabile solo alla prima fase; che sia applicabile (sempre) ad entrambe le

fasi; che sia applicabile, oltre che alla prima fase, anche alla

seconda, ma solo ove il giudizio di convalida si svolga separata mente da quello di merito. Ipotesi, quest'ultima, che riguarda

appunto la fattispecie in esame, nella quale la corte d'appello ha

ritenuto ricorrere l'eccezione di cui all'art. 92 ordinamento giudi

ziario, proprio e solo perché le questioni relative alla convalida

erano state decise in primo grado separatamente dal merito.

Queste sezioni unite, prendendo posizione fra i tre indirizzi

giurisprudenziali sopra indicati, hanno già accolto il primo, con

sentenza n. 4730 del 20 ottobre 1978 (Foro it., 1979, I, 380). E

l'opinione allora espressa dev'essere ribadita, giacché non sem

brano convincenti le ragioni addotte da isolate sentenze emesse a

sezione semplice in epoca successiva (v. la n. 671 del 30 gennaio

termini si applica sempre al giudizio di convalida, si svolga questo unitamente o no alla causa di merito.

Cass. 4730/78, cit., pur essendo incentrata sull'applicabilità o no dell'art. 92 r.d. 12/41, come richiamato dall'art. 3 1. 742/69, ai

procedimenti possessori, formulò un principio esteso anche ai procedi menti cautelari in genere; e fra le due soluzioni estreme che volevano sottratto tutto l'iter dei procedimenti possessori, fase sommaria e fase a cognizione ordinaria, alla sospensione feriale dei termini da un lato, e dall'altro soggetta a sospensione anche la fase sommaria, le sezioni unite citate optarono per la soluzione intermedia, per la quale nella fase sommaria non si ha sospensione dei termini durante il periodo feriale, mentre rientra nella regola della sospensione la successiva fase a cognizione ordinaria. A questo orientamento 6i sono uniformate Cass. 22 aprile 1981, n. 2359, 25 febbraio 1981, n. 1155, 18 febbraio

1981, n. 991, id., Rep. 1981, voce Termini processuali civili, nn. 13, 25, 43; 23 ottobre 1979, n. 5535, 23 ottobre 1979, n. 5530, 12 ottobre

1979, n. 5337, 10 luglio 1979, n. 3976, id., Rep. 1979, voce cit., nn. 36-39 (sentenze relative a procedimenti cautelari e possessori in

genere); 13 gennaio 1981, n. 286, id., Rep. 1981, voce cit., n. 44, in tema di provvedimenti cautelari atipici ex art. 700 c.p.c.

Ha ritenuto invece di discostarsi dalla soluzione offerta dalle sez. un. 4730/78, Cass. 11 febbraio 1980, n. 1109, id., Rep. 1980, voce cit., n. 23, la quale, riallacciandosi ad un precedente filone giurisprudenzia le, ha riaffermato che il giudizio di convalida, anche se normalmente è riunito e deciso unitamente al merito, è da questo distinto ed

autonomo, e non soggetto alla sospensione dei termini nel periodo feriale. Cosi si erano già espresse Cass. 3 novembre 1976, n. 3995, id.,

Rep. 1976, voce cit., n. 34; 22 ottobre 1974, n. 3025, id., 1975, 1, 629, nella motivazione.

Ha disatteso l'orientamento delle sezioni unite citate, anche Cass. 30

gennaio 1979, n. 671, id., Rep. 1979, voce cit., n. 47, la quale ha

ritenuto che il giudizio di convalida non sia sospeso durante il

periodo feriale se deciso separatamente dal merito (caso di specie), ed

invece sia sospeso se deciso unitamente al merito. In questo senso si era formato un ampio filone giurisprudenziale; cfr. Cass. 10 aprile 1978, n. 1662, 25 gennaio 1978, n. 336, id., Rep. 1978, voce cit., nn.

41, 42; 12 gennaio 1977, n. 149, id., Rep. 1977, voce cit., n. 41; 4

giugno 1975, n. 2221, id., 1975, I, 1658, con nota di richiami.

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2807 , PARTE PRIMA 2808

1979, id., Rep. 1979, voce Termini processuali civ., 47; e la n. 1109 del (4 febbraio 1980, id., Rep. 1980, voce cit., n. 23) per

giustificare l'adesione all'indirizzo seguito ora anche dalla corte

d'appello.

Certamente, il giudizio di convalida gode nel nostro sistema

processuale di una sua autonomia, che lo rende ben distinto dal

giudizio di merito, come dimostra il fatto stesso che può essere

svolto e concluso separatamente da quest'ultimo, secondo l'e

spressa previsione del codice di rito civile (art. 680, 4° e 5°

comma, 682, 810, cpv.), prima della cui entrata in vigore, anzi, era solo in facoltà dell'attore proporre, in uno con la domanda « per far pronunziare sulla validità, rivocazione o conferma del

sequestro conservativo, anche quella per la condanna» (art. 931, ult. comma, c.p.c. del 1865). Funzione sua specifica, infatti, è

quella di accertare con la pienezza delle garanzie offerte dalla

cognizione ordinaria la sussistenza delle condizioni di legittimità del sequestro, già ravvisate dal giudice che questo ha concesso

sulla base d'un accertamento sommario, ed una delle quali (cioè il periculum in mora) prescinde completamente dalle questioni concernenti la sussistenza del diritto oggetto del giudizio di

merito.

Ma proprio perché tale è la funzione specifica del giudizio di

convalida, devesi ritenere che l'art. 92 ordinamento giudiziario non abbia inteso ricomprenderlo nella dizione « procedimenti cautelari », per i quali ha presupposto l'urgenza ratione materiae,

prescindendo cioè dalla « dichiarazione d'urgenza » prevista in

via generale per tutte le cause « rispetto alle quali la ritardata

trattazione potrebbe produrre grave pregiudizio alle parti ».

Come già chiarito nella succitata sentenza n. 4730 del 1978, la

ratio del citato art. 92 è quella di evitare che il ristagno delle cause durante il periodo feriale coinvolga anche quelle aventi

carattere di urgenza. Ora, l'urgenza è implicita nel concetto

stesso di cautela, la quale non può che intendersi (almeno ove si

tratti di sequestro) come strumento per evitare futuribili gravi danni. Ma, una volta procedutosi alla concessione del provvedi mento cautelare, la situazione d'urgenza richiedente l'immediato

intervento del provvedimento stesso, viene a cessare o, meglio, si

stempera in quella esigenza di celerità che genericamente informa

tutti i procedimenti ordinari di cognizione, le cui forme infatti ed

il cui rito vanno seguiti anche quando il giudizio di convalida si

svolge separatamente dal merito. L'urgenza, insomma, è correlata

alla detta funzione strumentale del provvedimento da emettere, non già all'interesse più o meno intenso che le parti possono

avere ad una sollecita conclusione del processo quando ormai la

cautela è stata dal giudice adottata, e che potrebbe riacquistare

rilevanza ai fini in esame soltanto attraverso la « dichiarazione

d'urgenza » fatta a norma del cpv. dell'art. 92 con riguardo all'ordinario processo successivo all'esecuzione del sequestro.

L'eventualità che la trattazione del merito richieda una lunga

istruzione, mentre giustifica la separazione del giudizio di conva

lida prevista dall'art. 682 c.p.c., non fa certo cambiare a questo la sua natura di procedimento ordinario, nel quale il prevedibile

pregiudizio sotteso alla specifica urgenza che giustifica la deroga al principio generale della sospensione feriale non è tipizzato come nei particolari procedimenti elencati in modo tassativo nella

prima parte del citato art. 92, ma va valutato singulatim dal

giudice al fine d'emettere l'eventuale « dichiarazione d'urgenza ».

Dichiarazione, che, d'altronde, deve formare oggetto di apposito provvedimento ai sensi del capoverso di tale articolo e che,

dunque, non può ravvisarsi — come invece sostengono i contro

ricorrenti — nell'ordinanza con cui il giudice istruttore dispone, a norma dell'art. 682 c.p.c., che le questioni relative alla convali da siano decise prima del merito.

Si deve allora concludere che a torto la corte del merito ha

ritenuto inammissibile l'appello principale, siccome proposto fuori

termine: termine, considerato scaduto nella erronea convinzione che non operasse nella specie la sospensione feriale.

L'impugnata sentenza è perciò da cassare, con rinvio ad altro

giudice perché esamini nel merito l'appello principale (e, se del

caso, quello incidentale condizionato); restando assorbiti gli altri

motivi del ricorso.

Giudice del rinvio sarà altra sezione della stessa Corte d'appel lo di Napoli. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 11

maggio 1983, n. 3243; Pres. F. Greco, Est. Caturani, P. M. Co

rasaniti (conci, diff.); Solimene (Avv. Prastaro, Bordignon) c. Comune di Treviso; Comune di Treviso (Avv. Gracis) c. Solimene. Cassa App. Venezia 13 novembre 1979.

Espropriazione per pubblico interesse — Indennità — Giudizio

di opposizione alla stima — « Ius superveniens » — Applicazio ne (L. 29 luglio 1980 n. 385, norme provvisorie sull'indennità di espropriazione di aree edificabili nonché modificazioni di

termini previsti dalle 1. 28 gennaio 1977 n. 10, 5 agosto 1978 n. 457 e 15 febbraio 1980 n. 25, art. 1, 2, 3).

Intervenuta, nelle more del giudizio di opposizione alla stima dell'indennità di espropriazione, la l. 385/80, che ha previsto l'applicazione in via provvisoria, salvo conguaglio, fino alla

definitiva sistemazione legislativa della materia, di criteri di determinazione dell'indennità analoghi a quelli dettati dall'art. 16 l. 865/71 (come modificato dall'art. 14 l. 10/77), il giudizio pendente innanzi alla Corte di cassazione deve essere rimesso in sede di merito, affinché il giudice di rinvio proceda alla determinazione dell'indennizzo con riferimento alle norme al momento vigenti. (1)

Svolgimento del processo. — Con citazione del 25 febbraio

1975, Gino Solimene convenne in giudizio il comune di Treviso dinanzi alla Corte d'appello di Venezia, proponendo opposizione alla stima dell'indennità effettuata dall'U.t.e. in lire 4.172.000 per l'espropriazione, pronunciata con decreto 22 luglio 1974 del

.presidente della giunta regionale veneta in base alla 1. 22 ottobre 1971 n. 865, di un suo terreno di mq. 11.367 sito in Treviso, da destinarsi alla costruzione di un campo sportivo.

A sostegno dell'opposizione l'istante sostenne spettargli una indennità corrispondente al valore effettivo del bene, sul presup posto della illegittimità costituzionale degli art. 16, 18 e 19 1. 22 ottobre 1971 n. 865 in relazione agli art. 3, 42 e 24 Cost.

Nella resistenza dell'ente convenuto, la Corte d'appello di Venezia con la sentenza in questa sede impugnata rigettava l'istanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale per manifesta infondatezza delle questioni sollevate (anche alla luce delle modifiche apportate nel frattempo alle norme contestate dall'art. 14 1. 28 gennaio 1977 n. 10), stabili' che l'indennità di

espropriazione era dovuta all'attore nella misura di lire

25.734.296, oltre a lire 301.320 già pagate da quest'ultimo a titolo di imposte, con gli interessi legali.

La corte del merito, pronunciatasi prima che fosse intervenuta la sentenza n. 5 del 30 gennaio 1980 della Corte costituzionale

(Foro it., 1980, I, 273), ritenne applicabili al caso di specie i nuovi criteri di determinazione dell'indennità dettati dall'art. 14 1. n. 10 del 1977, ai sensi dell'art. 19 della stessa legge, e giudicò infondata la tesi del comune di Treviso secondo cui la nuova

liquidazione in base a detti criteri, avrebbe dovuto essere effet tuata in sede opportuna cioè dall'U.t.e. su iniziativa di esso

espropriante, senza di che il giudice del merito non avrebbe potuto liquidare né accertare il quantum dell'indennità.

(1) La questione, assai rilevante sul piano applicativo, perde gran parte del suo interesse a seguito dell'intervento della Corte cost. 19 luglio 1983, n. 223, Foro it., 1983, I, 2057, con nota redazionale di C. M. Barone, la quale ha dichiarato illegittimi, per violazione degli art. 42, 3° comma, e 136, 1° comma, Cost., gli art. 1, 1" e 2° comma, e 2 1. 29 luglio 1980 n. 385.

Quanto al problema affrontato dalla corte relativo all'applicabilità delle oramai defunte « norme provvisorie » di cui alla 1. 385/80, v., negli stessi termini, Cass. 23 dicembre 1982, n. 7108, id., Rep. 1982, voce Espropriazione per p.i., n. 125, secondo la quale la declaratoria di incostituzionalità dell'art. 16 1. 22 ottobre 1971 n. 865 e la successiva 1. 29 luglio 1980 n. 385, sopravvenuta alla sentenza non definitiva che in sede di opposizione alla stima dell'indennità di espropriazione abbia affermato l'applicabilità dell'art. 16 anzidetto (come modificato dalla 1. 10/77) non possono essere rilevate nel prosieguo del giudizio per la determinazione dell'indennità alla stregua delle norme ricordate, ma devono essere rilevate dalla Corte di cassazione, dinanzi a cui la sentenza sia stata impugnata, sia pure al fine di consentire l'applicazione dello ius superveniens, con conseguen te cassazione con rinvio della sentenza stessa per una nuova quan tificazione dell'indennità in forza dello ius superveniens; Cass. 4 novembre 1982, n. 5806, ibid., n. 124; 4 novembre 1982, n. 5794, ibid., nn. 116, 136; 18 marzo 1982, n. 1754, ibid., n. 118; 21 luglio 1981, nn. 4690 e 4679, id., 1982, I, 126, con ampia nota di richiami di F. PlETROSANTI.

Una parte della motivazione dell'odierna sentenza, relativa al con trollo di legittimità della delibera comunale di perimetrazione del centro abitato — ricorso incidentale nella controversia in esame — è stata omessa in quanto identica alla pari data 3242/83, dello stesso estensore, che può leggersi in Foro it., 1983, I, 2144, con nota di richiami.

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