Sezioni unite civili; sentenza 18 ottobre 1984, n. 5246; Pres. Gambogi, Est. Ruperto, P. M.Miccio (concl. conf.); Min. esteri e tesoro (Avv. dello Stato De Francisci) c. Costanza (Avv.Coronas). Cassa Corte conti 28 maggio 1980, n. 121/BSource: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 11 (NOVEMBRE 1984), pp. 2721/2722-2723/2724Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177625 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
possibile non rispondenza precisa al vero, del suo carattere, cioè, di approssimazione alla verità, perché non si esclude affatto che
il quantum stimato possa essere di più o di meno rispetto a
quello effettivo.
Da questa differenza deriva che il rapporto tra i due istituti (e,
quindi, tra l'art. 1226 da imi lato e gli art. 2727 e 2729 dall'altro) non è di necessaria alternatività, ma può ben essere anche di
integrazione consecutiva, in quanto la legge, senza alcuna illogici
tà, consente che l'esistenza del danno possa essere presunta (al
pari di qualsiasi altro fatto per cui tale specie di prova non sia
esclusa) come fenomeno non soltanto effettivamente verificatosi, ma anche precisamente accertato almeno per quanto attiene alla
specie del suo oggetto e che — ciò ritenuto — la sua quantifica zione possa essere poi operata approssimativamente per ristorare, secondo equità, la vittima del danno che, pur avendolo certamen
te subito, sia nella ragionevole impossibilità di provarne il preciso ammontare.
Dovendosi, quindi, rigettare integralmente il ricorso principale,
quello incidentale — proposto dall'Europrogramme limitatamente
al capo della sentenza impugnata in cui si dichiara insussistente
nella specie un rapporto di concorrenza tra le parti in lite —
deve considerarsi assorbito perché proposto condizionatamente
all'accoglimento del ricorso principale. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 18 ot
tobre 1984, n. 5246; Pres. Gambogi, Est. Ruperto, P. M. Mic
cio (conci, conf.); Min. esteri e tesoro (Avv. dello Stato De
Francisci) c. Costanza (Avv. Coronas). Cassa Corte conti 28
maggio 1980, n. 121 /B.
Corte dei conti — Magistrato — Collegio dei commissari ai conti
della N.a.t.o. — Componente — Indennità di servizio all'estero — Contestazione della misura — Difetto di giurisdizione della
Corte dei conti (R,d. 12 luglio 1934 n. 1214, t.u. delle leggi sulla
Corte dei conti, art. 65; 1. 6 dicembre 1971 n. 1034, istituzione
dei tribunali amministrativi regionali, art. 7).
Le sezioni riunite della Corte dei conti difettano di giurisdizione a
conoscere del ricorso con il quale il magistrato della stessa
corte, collocato, con il suo consenso, fuori ruolo per assumere
le funzioni di componente del collegio dei commissari ai conti
della N.a.t.o., contesta la misura dell'indennità attribuitagli per il servizio da prestare in tale veste all'estero. (1)
Svolgimento del processo. — Con d.p.r. 7 ottobre 1977 (reg.to alla Corte dei conti il 20 febbraio 1978), l'allora primo referenda
rio della Corte dei conti dott. Carlo Costanza veniva collocato, col suo consenso, fuori del ruolo della magistratura della corte
stessa, a norma dell'art. 1 1. 27 luglio 1962 n. 1114, per assumere, durante il triennio 1° agosto 1977-31 luglio 1980, le funzioni di
commissario ai conti nel collegio intemazionale dei commissari ai
conti della N.a.t.o. Nello stesso decreto si disponeva che, fermo
(1) La decisione delle sez. riun. della Corte dei conti, ora an nullata dalla Cassazione, è massimata in Foro it., Rep. 1981, Corte dei conti, n. 15. A quanto consta, la Corte dei conti si è occupata di controversie promosse da suoi magistrati designati alle funzioni di
componenti del collegio dei commissari ai conti della Nja.t.o. in altre due occasioni, e cioè: a) con la dee. delle sez. riun. 14 maggio 1975, n. 60/B, id., Rep. 1975, voce cit., n. 32, che ha riconosciuto
esplicitamente la giurisdizione della corte sul ricorso in tema di trattamento economico, alla stregua di argomentazioni riprodotte e confutate nella parte motiva della riportata sentenza; b) con la dee. delle sez. riun. 21 marzo 1977, n. 72, id., Rep. 1977, voce Impiegato dello Stato, n. 1172, la quale, ritenuta implicitamente la propria giurisdizione in materia, ha affermato che l'indennità integrativa previ sta dall'art. 189 d.p.r. 5 gennaio 1967 ti. 18 non è attribuita in relazione alla richiesta dell'interessato ma è determinata dall'ammini
strazione, anche nel suo ammontare, in base ad un potere-dovere esercitato alla stregua di una valutazione discrezionale, nel compimento della quale non può omettersi di tener conto del trattamento economi co assicurato dagli altri paesi ai propri rappresentanti nel medesimo
collegio e di quello corrisposto dallo Stato italiano ai funzionari non
diplomatici in servizio continuativo all'estero. Per qualche riferimento, a proposito della manifesta infondatezza
delle questioni di legittimità costituzionale degli art. 3, 1° comma, e
65 r.d. 12 luglio 1934 n. 1214, concernenti la c.d. giurisdizione domestica
della Corte dei conti (ora abolita dall'art. 12 1. 6 agosto 1984 n. 425, Le
leggi, 1984, 1050, con devoluzione della materia ai T.A.R.), in riferimen
to agli art. 3, 24, 25, 97, 101, 104, 108, 113 Cost., Cass. 1° marzo 1983, n. 1526, id., 1983, I, 610, con nota di richiami e osservazioni di A.
Lener.
restando il trattamento economico dovutogli, era attribuita al
predetto magistrato, dalla data di decorrenza del suo collocamen to fuori ruolo, un'indennità di servizio all'estero da determinarsi con successivo provvedimento.
In esecuzione di tale ultimo disposto, con decreto del ministero
per gli affari esterni di concerto con il ministro per il tesoro, in
data 1° gennaio 1978, veniva attribuita al dott. Costanza, dal 1°
agosto 1978 e per la durata di un triennio, l'indennità di servizio
all'estero nella misura spettante per la funzione di primo consi
gliere presso la rappresentanza permanente d'Italia al consiglio atlantico in Bruxelles.
Contro tale provvedimento proponeva ricorso alle sezioni riuni
te della Corte dei conti il dott. Costanza, con atto notificato il
20-21 giugno 1978 ai ministeri degli esteri e dal tesoro, deducendo
violazione di legge nonché eccesso di potere e chiedendo l'annul
lamento del provvedimento stesso, declaratoria del suo diritto ad
un'indennità di servizio all'estero non inferiore a quella spettante
per la sede di Bruxelles ad un ministro presso rappresentanza
diplomatica, con conseguente condanna dell'amministrazione per
gli affari esteri al pagamento della differenza fra detta indennità e
quella attribuitagli col provvedimento impugnato. Il p.g. concludeva per il rigetto del ricorso; mentre l'avvocatura
generale dello Stato eccepiva preliminarmente il difetto di giuri sdizione della Corte dei conti e solo in subordine chiedeva il
rigetto del ricorso siccome infondato.
Con decisione 20 febbraio-28 maggio 1980 n. 121/B, le sezioni
riunite della Corte dei conti, dichiarata la propria giurisdizione,
accoglievano il ricorso.
Avverso la decisione hanno ricorso il ministero degli esteri e il
ministero del tesoro, deducendo un unico motivo per denunziare
il difetto di giurisdizione della Corte dei conti. Ha resistito con
controricorso il Costanza, che ha anche depositato memoria.
Motivi della decisione. — Le sezioni riunite della Corte dei
conti hanno affermato la propria giurisdizione a conoscere della
fattispecie, sull'argomento (tratto da una propria precedente sen
tenza) che « tra il collegio dei commissari ai conti della N.a.t.o. e
la Corte dei conti del nostro paese esistono parallelismo di
funzioni e convergenza di finalità che rendono evidente l'esigenza costituzionale della presenza in detto collegio internazionale di un
magistrato della Corte dei conti, il quale in esso esercita funzioni
proprie del suo stato giuridico con un trattamento economico per
il servizio all'estero {facente interamente carico al bilancio dello
Stato italiano) che è in stretta relazione funzionale con tale suo
stato giuridico e col suo rapporto d'impiego ».
L'avvocatura generale dello Stato contesta l'argomentazione,
osservando che l'esigenza costituzionale come sopra invocata,
« non trova alcun riscontro nella normativa che attualmente
regola la composizione del collegio dei commissari ai conti della
N.a.t.o., onde potrebbe, a tutto concedere, farsi questione solo di
opportunità nella scelta governativa di preferire un magistrato
della Corte dei conti ».
Sembra a questo supremo collegio che l'osservazione dell'avvo
catura generale colga nel segno.
Ai sensi dell'art. 2, 2° comma, dello statuto relativo alla
verificazione della contabilità della N.a.t.o., infatti, i membri del
collegio dei commissari « devono essere preferibilmente alti fun
zionari degli organismi nazionali di controllo finanziario dei
paesi membri o in ogni caso alti funzionari o ex alti funzionari
dotati di una conoscenza ed esperienza approfondita del controllo
contabile e della revisione delle operazioni concernenti le pubbli che finanze ». Dunque, l'appartenenza agli organismi nazionali di
contrailo finanziario dei paesi membri (oltre tutto, senza distin
zione tra controllo esterno e controllo interno, con riguardo ai
paesi che, come l'Italia, tengono separate le due forme di
controllo) costituisce solo titolo di preferenza nella scelta dei
membri del collegio; mentre imprescindibile è unicamente la
qualità di alti funzionari o {soltanto) di ex funzionari « dotati di
una conoscenza ed esperienza approfondita del controllo contabile
e della revisione delle operazioni concernenti le pubbliche finan
ze ». Qualità, codesta, che, per quanto concerne lo Stato italiano,
è indubbiamente rivestita anche da soggetti diversi dai magistrati
della Corte dei conti in attività di servizio ed in particolare, oltre
che dagli stessi magistrati ormai fuori servizio, dai funzionari ed
ex funzionari della ragioneria dello Stato.
Certo, il richiamato parallelismo intercorrente tra le funzioni
esplicate dal collegio dei commissari ai conti della N.a.t.o. e
quelle esplicate in Italia dalla Corte dei conti, può giustificare
pienamente, sotto il profilo dell'opportunità, la prassi sinora
seguita dal governo italiano di far rioadere la propria scelta su di
un magistrato della Corte dei conti. Ma ciò non significa punto
che cotale scelta rappresenti una k< esigenza costituzionale » e,
ulteriormente, come sostiene la difesa del Costanza, che le
Il Foro Italiano — 1984 — Parte I-175.
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2723 PARTE PRIMA 2724
funzioni esercitate in quel collegio dal magistrato cosi scelto
siano da considerarsi « funzioni di istituto della Corte dei conti
proiettate all'estero ».
Detta esigenza — che dovrebbe scaturire, in ipotesi, dal difetto
di fungibilità, nel nostro ordinamento, tra controllo esterno, di
esclusiva spettanza della Corte dei conti per dettato costituziona
le, e controllo interno, subordinato all'esecutivo — è qui mal
invocata, non fosse altro perché sii è di fronte a due organismi muoventi® in orbite del tutto distinte, ed esplicanti funzioni
correlate ad organizzazioni essenzialmente difformi, senza recipro che interferenze e senza neppure « convergenza (ma semmai con
sempilice analogia) di finalità ».
Qualunque sia lo status {nel paese membro della Nja.t.o.) del
soggetto disegnato a far parte del collegio dei commissari ai
conti, de funzioni da esso esercitate esprimono soltanto la posi zione rivestita dal collegio stesso: come, del resto, può evincersi
dalla stessa disposizione dell'art. 3 del sucoitato statuto, secondo
cui i membri del collegio rispondono del loro lavoro soltanto al
consiglio, hanno « uno status indipendente e non ricevono né
richiedono istruzioni da autorità diverse ».
Ne discende che la controversia in esame, attenendo esclusiva mente all'indennità spettante per la partecipazione al detto colle
gio, non può essere ricollegata al rapporto d'impiego che lega il
dott. Costanza alla Corte dei conti. All'uopo è appena il caso di
notare anche che il Costanza fu collocato fuori ruolo dalla
magistratura della Corte dei conti per assumere le funzioni presso il collegio dei commissari ai conti della N.a.t.o., con d.p.r. 7
ottobre 1977; e che il provvedimento da lui impugnato è solo il
decreto ministeriale il" gennaio 1978, con cui gli venne determina
ta l'indennità ex 1. 5 gennaio 1967 n. 18 per il servizio prestato all'estero appunto quale componente di quel collegio. Un'indennità, com'è chiaro, ricollegabile al semplice dato che il dott. Costanza
veniva a trovarsi a disposizione del ministero degli affari esteri
per l'eseraizio delle funzioni presso un organismo internazionale, e non interessante la Corte dei conti neppure sotto il profilo della
spesa. Né assume alcuna rilevanza « la parteoipazione degli organi »
di tale corte « al collocamento fuori ruolo del Costanza a norma
dell'art. 1 1. 27 luglio 1962 n. 1114 », richiamata nel controricor
so: spiegandosi, essa, col semplice fatto che il Costanza veniva in
tal modo distolto dalle sue funzioni presso l'istituto di apparte
nenza, e nient'affatto con l'asserito collegamento fra le funzioni
medesime e quelle esercitate presso il collegio internazionale.
Stante ciò, non toma applicabile nella specie la norma dell'art.
65 t.u. 12 luglio 1934 n. 1214, la quale attribuisce alla competen za giurisdizionale delle sezioni riunite della Corte dei conti « la
definizione in forma contenziosa di tutti i reclami dei suoi
impiegati ed agenti... comunque attinenti al rapporto d'impie
go », in deroga al principio generale sulla giurisdizione ammini
strativa (v. art. 7 1. 6 dicembre 1971 n. 1034), che deve invece
trovare applicazione nella specie. Pertanto, in accoglimento del
ricorso, va dichiarato il difetto di giurisdizione delle sezioni
riunite della Corte dei conti a giudioare della presente specie e,
per l'effetto, si deve annullare l'impugnata sentenza. {Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 15 otto
bre 1984, n. 5170; Pres. Santosuosso, Est. Lipari, P. M. Be
nanti {conci, conf.); Comune di Venezia <Aw. Mascarin,
Uckmar) c. Min. finanze (Avv. dello Stato Amato). Conferma Comm. trib. centrale 15 marzo 1980, n. 2534.
Tributi in genere — Commissione tributaria centrale — Com
posizione — Questione infondata di costituzionalità (Cost., art. 108; d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, revisione della di
sciplina del contenzioso tributario, art. 9, 10). Ricchezza mobile (imposta sulla) — Casa da gioco autorizzata
— Gestione diretta del comune — Proventi — Natura —
Assoggettabilità (Cod. civ., art. 2093; d.p.r. 29 gennaio 1958
n. 645, t.u. leggi sulle imposte dirette, art. 81).
È manifestamente infondata la questione di legittimità costitu zionale dell'art. 9, lett. d), f), d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, secondo cui i membri della Commissione tributaria centrale
sono scelti tra gli avvocati dello Stato e gli impiegati dell'am
ministrazione finanziaria centrale in attività di servizio o a
riposo, in riferimento all'art. 108, 2" comma, Cost. '(1)
(1) I precedenti 'invocati dalla corte a sostegno della dichiarazione di manifesta infondatezza della questione di costituzionalità dell'art. 9 d.p.r.
I proventi che il comune, autorizzato all'esercizio di casa da
gioco, ritrae dalla gestione diretta della stessa, costituendo
redditi di attività imprenditoriale e non entrate di carattere
tributario o quanto meno pubblicistico, sono soggetti all'imposta di ricchezza mobile di cat. B. (2)
Svolgimento del processo. — Con avviso notificato il 18 di
cembre 1969 l'ufficio distrettuale delle II/DD di Venezia accerta
va per l'anno 1966 a carico del comune di Venezia, fra l'altro,
redditi di R.M. di categoria B per l'importo di lire 867.180.008
determinati rettificando le risultanze delle gestioni commerciali di
cui alla dichiarazione unica dei redditi presentata per l'anno di
n. 636 del 1972 in parte qua (che A. Proto Pisani ha ritenuto
impregiudicata da Conte cost. 24 novembre 1982, n. 196, Foro it., 1983,
I, 535, evidenziandone la inidoneità a risòlvere 41 nodo dii fondo della
disciplina del djp.r. n. 636/72 ravvisato nella « difficoltà di rinvenire nella sooietà soggetti che siano neutri rispetto al fenomeno impositivo e
quindi alle controversie che ne derivano »), possono essere utilmente
integrati dalle seguenti ulteriori pronunzie: a) Comm. trib. centrale 22
febbraio 1979, n. 2936, id., Rep. 1979, voce Tributi in genere, n. 588, secondo cui è infondata, in quanto non rilevante ai fini del decidere, la
questione di legittimità costituzionale, per asserito contrasto con gli art.
76 e 108, 2° comma, Cost., dell'art, 9 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, nella parte in etri prevede che avvocati dello Stato e impiegati dell'amministrazione finanziaria siano chiamati a far parte delia Com
missione tributaria centrale, nella ipotesi in cui i componenti della sezione cui è assegnato il ricorso, che rivestono le anzidette qualifiche, siano stati già collocati a riposo, circostanza questa che ha determina to il venir meno di ogni collegamento con il precedente apparato; b) Comm. trib. centrale 6 maggio 1977, n. 5840, id., Rep. 1978, voce cit., n. 454 (annotata da Granelli, in Bollettino trib., 1978, 1228) per la
quale è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzio nale dell'art. 9 d.p.r. n. 636 del 1972, per contrasto con l'art. 102 Cost.,
dappoiché già decisa dalla Corte costituzionale nel senso che la riforma del contenzioso tributario costituisce revisione di preesistenti giurisdi zioni speciali e che essa non viola il principio di indipendenza posto dall'art. 108 Cost.; c) Cass. 21 maggio 1984, n. 3119, Foro it., Mass.,
635; 19 novembre 1979, n. 6028, id., Rep. 1980, voce cit., n. 917; 8
giugno 1979, n. 3253 e 9 maggio 1979, n. 2644, id., Rep. 1979, voce
oit., ttn. 586, 587 (ed altre più remote conformi), secondo le quali la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 9 cit., nella parte in cui consente che i componenti delia Commissione tributaria centrale
possano essere scelti fra gli avvocati dello Stato, è irrilevante, ove
prospettata per la prima volta con il ricorso per cassazione contro la
pronuncia della medesima, atteso che, vertendosi in tema di norma pro cessuale, la sua eventuale caducazione, per effetto della sentenza del la Corte costituzionale, opererebbe ex nunc, senza travolgere gli atti in precedenza compiuti in applicazione della stessa ed in difetto di preventiva deduzione di incostituzionalità; d) Corte cost. 7 giugno 1984, n. 154, id., 1984, I, 1767, con osservazioni di S.
Casamassima, per la quale è infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636, relativo alla
composizione delle commissioni tributarie, in riferimento all'art. 102 Cost.
Merita, inoltre, di essere ricordata Cons. Stato, sez. IV, 27 aprile 1982, n. 309, id., 1983, III, 6, con nota di richiami, la quale, in relazione al provvedimento di decadenza da componente della Commis sione tributaria centrale adottato nei confronti di avvocato dello Stato, collooato a riposo e iscritto all'albo dei professionisti legali, ha ritenuto che l'appartenenza a determinate categorie di pubblici funzionari è
presupposto per la legittimità della nomina a membro della Commis sione tributaria centrale, ma non è anche condizione per la conserva zione dell'incarico, soggiungendo che il sopravvenuto collocamento a
riposo nella categoria di provenienza non comporta anche la perdita dell'incarico, che segue al compimento di uno speciale limite di età.
(2) In senso conforme la coeva Cass. 15 ottobre 1984, n. 5168 (est. Lipari), che si basa, al pari della presente, sulla interpretazione coordinata dei vari precedenti giurisprudenziali, ricordarti da entrambe le pronunzie, -relativi alle implioazioni della gestione della casa da
gioco di Venezia ad opera del comune. Della parte motiva (della sentenza, che consta di 138 pagine)
corrispondente all'affermazione riassunta nella massima si pubblica soltanto il par. 7, in quanto i successivi — che ne costituiscono
esplicazione — proseguono per ben ulteriori 85 facciate di carta
bollata. Il Foro (1983, I, 93) ha già sottolineato la inusitata sovrabbondanza
di altra sentenza (24 luglio 1982, n. 4315) redatta, neanche a dirlo, dall'estensore della riportata pronuncia.
Qui bisogna aggiungere che, se i presidenti dei collegi giudicanti, venendo meno ai preoisi compiti di controllo cui sono tenuti, contìnue ranno a disinteressarsi del problema, le future sentenze prolisse come la presente (o la coeva n. 5168/84, peraltro di sole 102 pagine!) non avranno più alcuna possibilità di diffusione, perché gli addetti ai
lavori, finora pazientemente munitisi « di attrezzature da palombaro »
per consentire ai lettori di conoscere anche questi singolari aspetti di alcune pronunzie della conte, getteranno via gli scafandri per trovare definitivo scampo in superficie.
C. M. Barone
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