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sezioni unite civili; sentenza 18 ottobre 2002, n. 14831; Pres. Delli Priscoli, Est. Di Nanni, P.M....

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sezioni unite civili; sentenza 18 ottobre 2002, n. 14831; Pres. Delli Priscoli, Est. Di Nanni, P.M. Palmieri (concl. diff.); Min. finanze c. Dotti (Avv. Greco), Bergamaschi. Dichiara inammissibile ricorso avverso App. Milano 11 luglio 2000 e rimette gli atti a sezione semplice Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 3 (MARZO 2003), pp. 857/858-863/864 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23197962 . Accessed: 25/06/2014 09:42 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.36 on Wed, 25 Jun 2014 09:42:39 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezioni unite civili; sentenza 18 ottobre 2002, n. 14831; Pres. Delli Priscoli, Est. Di Nanni, P.M. Palmieri (concl. diff.); Min. finanze c. Dotti (Avv. Greco), Bergamaschi. Dichiara

sezioni unite civili; sentenza 18 ottobre 2002, n. 14831; Pres. Delli Priscoli, Est. Di Nanni, P.M.Palmieri (concl. diff.); Min. finanze c. Dotti (Avv. Greco), Bergamaschi. Dichiara inammissibilericorso avverso App. Milano 11 luglio 2000 e rimette gli atti a sezione sempliceSource: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 3 (MARZO 2003), pp. 857/858-863/864Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197962 .

Accessed: 25/06/2014 09:42

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

richiama ancora la Suprema corte, secondo la quale «... rientra

nell'esclusiva competenza del legislatore (...) statuire se e in

quale misura i rapporti, che nell'ambito dell'organizzazione

giudiziaria si creano tra organi e tra singoli, debbano influire

sulla determinazione della competenza e quali siano le soluzioni

più idonee a garantire l'indipendenza nel giudizio e il prestigio della magistratura» (cfr. Cass. 20 novembre 1991. n. 12424, id.,

Rep. 1991, voce Matrimonio, n. 244). Va in ogni caso evidenziato che, nell'attuale sistema — alla

luce dei principi che regolano l'accesso alla tutela giurisdizio nale. e la stessa ripartizione organizzativa della relativa funzio

ne, secondo la Carta costituzionale repubblicana (cfr. art. 102,

103, 108 Cost.) i giudici ordinari, da un lato, e quelli ammini

strativi con i giudici contabili (ed i giudici militari), apparten gono a comparti assolutamente separati, e «dipendono» sotto il

profilo organizzativo da organi distinti: da un lato, il ministero

della giustizia (per i giudici ordinari), la presidenza del consi

glio dei ministri (per i giudici amministrativi e contabili), il mi

nistero della difesa (per i giudici addetti ai tribunali militari, ed

alle procure presso gli stessi uffici). Pertanto, nessuna «contiguità» può essere configurata fra le

suddette categorie di giudici, sussistendo la mera «vicinanza»

territoriale dei relativi uffici, che peraltro non può giustificare la

deroga ai criteri ordinari di distribuzione sul territorio degli uf

fici giudiziari, ed al principio del giudice naturale sancito dal

l'art. 25 Cost.

Peraltro, l'eventuale ricorrenza nella singola fattispecie di

situazioni le quali possano (in via di fatto) compromettere l'in

dipendenza (e l'imparzialità) di valutazione della corte d'ap

pello competente secondo l'art. 25 c.p.c. — si pensi al consi

gliere che sia parte ricorrente in un giudizio pendente davanti al

Tar, al Consiglio di Stato (e, per la regione siciliana, il Consi

glio di giustizia amministrativa), od alla sezione giurisdizionale territoriale della Corte dei conti, ovvero si trovi rispetto ai com

ponenti del singolo organo giurisdizionale la cui attività deve

essere valutata ai sensi della legge Pinto in una delle situazioni

previste dagli art. 51 ss. c.p.c. —

potrà (ed anzi, dovrà) essere

ovviata attraverso gli istituti dell'astensione dalla partecipazio ne al collegio incaricato di decidere sul ricorso proposto ai sensi

della 1. 89/01, o l'altro della ricusazione proposta nei riguardi del singolo consigliere interessato.

Pertanto, anche sotto tale profilo l'attuale sistema processuale consente di individuare gli strumenti per ovviare —

quando

questi possano (in concreto) verificarsi — ai possibili «condi

zionamenti» dell'indipendenza (e dell'imparzialità) dei giudici delle corti territoriali chiamati a valutare l'operato dei giudici amministrativi, o contabili, senza che debba essere (ingiustifi catamente) sacrificato il principio del «giudice naturale».

La corte adita ritiene dunque di declinare la propria compe tenza a conoscere del presente ricorso, cosicché — essendosi a

sua volta dichiarata incompetente anche la Corte d'appello di

Palermo (che, in base alle disposizioni contenute nell'art. 25, 2°

comma, c.p.c., è il giudice del luogo in cui è «sorta l'obbliga zione oggetto della domanda») — deve proporre d'ufficio re

golamento di competenza alle sezioni unite civili della Suprema corte di cassazione, competenti a dirimere il predetto conflitto

(negativo), con la contestuale sospensione del presente proce dimento. per quanto è previsto dall'art. 48 c.p.c. (1° comma).

Il Foro Italiano — 2003.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 18

ottobre 2002, n. 14831; Pres. Delli Priscoli, Est. Di Nanni, P.M. Palmieri (conci, diff.); Min. finanze c. Dotti (Avv. Gre

co), Bergamaschi. Dichiara inammissibile ricorso avverso

App. Milano 11 luglio 2000 e rimette gli atti a sezione sem

plice.

Esecuzione forzata per obbligazioni pecuniarie — Espro

priazione presso terzi — Accertamento dell'obbligo del

terzo — Credito relativo a rimborso di quote d'imposta — Giurisdizione del giudice ordinario (Cod. proc. civ., art.

548; r.d. 12 luglio 1934 n. 1214, approvazione del t.u. delle

leggi sulla Corte dei conti, art. 56; d.p.r. 28 gennaio 1988 n.

43, istituzione del servizio di riscossione dei tributi e di altre

entrate dello Stato e di altri enti pubblici, ai sensi dell'art. 1, 1° comma, 1. 4 ottobre 1986 n. 657, art. 85).

Nell'espropriazione mobiliare presso terzi, ove il credito che si

intende assoggettare ad esecuzione derivi da rimborso di

quote d'imposta inesigibili dovute dalla pubblica ammini

strazione in favore del cessato esattore, debitore esecutato, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda

di accertamento dell'obbligo del terzo proposta ex art. 548

c.p.c. dal creditore pignorante. (1)

(1) Chiamata a decidere su una controversia promossa ex art. 548

c.p.c. in un'espropriazione di crediti derivanti da rimborso di quote d'imposta inesigibili, la pronuncia in rassegna esclude la possibilità di sollevare questioni di giurisdizione (nonché, in obiter, di competenza) nell'ambito del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, conce

pito come strumento — esterno alla procedura esecutiva — di verifica

dell'appartenenza del credito al debitore esecutato, giudizio devoluto alla cognizione dell'autorità giudiziaria ordinaria ed avente ad oggetto non già il rapporto sostanziale debitore (esecutato) - terzo (debitor de

bitoris), bensì ed unicamente l'esistenza del credito assoggettato ad

espropriazione. Rari i precedenti in argomento: soltanto per incidens, Cass. 29 ago

sto 1990, n. 8979, Foro it.. Rep. 1990, voce Tributi in genere, n. 2387, e Giust. civ., 1990, I, 2822, asserisce la giurisdizione delle commissioni tributarie in ipotesi di accertamento ex art. 548 c.p.c. di un credito vantato nei confronti dell'ufficio Iva; Cass. 22 dicembre 1994, n.

11053, Foro it.. Rep. 1995, voce Giurisdizione civile, n. 110, e Giust.

civ., 1995,1, 1552, in una fattispecie ordinariamente devoluta al giudice amministrativo (accertamento di un credito relativo all'erogazione di benefici da parte di un ente pubblico territoriale in favore di un ente di

assistenza), afferma la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, ritenendo la proposizione dell'istanza di accertamento estrinsecazione di un potere proprio ed autonomo del creditore procedente.

Al riguardo, le opinioni sulla natura giuridica dell'istanza ex art. 548

c.p.c., possono, a grandi linee, ricondursi a due correnti di pensiero: un

primo avviso configura l'iniziativa del procedente come un'azione sur

rogatoria esperita utendo iuribus del debitore esecutato (Allorio, Le

game tra esecuzione ed accertamento nell'esecuzione forzata presso terzi, in Problemi di diritto, Milano, 1957, 328; Bove, in Capponi

Martinetto-Sassani, L'espropriazione forzata, Torino, 1988, 365; in

giurisprudenza, Cass., sez. un., 18 dicembre 1985, n. 6460. Foro it., 1986, I, 390, con nota di Proto Pisani) o comunque la assimila al fe nomeno della sostituzione processuale (Balena, Contributo allo studio delle azioni dirette, Bari, 1990, 134); altro indirizzo, seguito dalla giu risprudenza maggioritaria, riconosce al creditore procedente la titolarità di un'azione diretta nei confronti del terzo debitor debitoris per conse

guire l'esatta individuazione del credito in executivis aggredito (tra tut

ti, Colesanti, Il terzo debitore nel pignoramento dei crediti, Milano, 1967, II, 445; Vaccarella, Espropriazione presso terzi, voce del Dige sto civ., Torino, 1992, Vili, 116; Saletti, Il giudizio di accertamento

dell'obbligo del terzo pignorato, in Riv. dir. proc., 1998, 996 ss.; così anche Cass. 2 aprile 2001, n. 4801, Foro it., Rep. 2001, voce Esecuzio ne forzata per obbligazioni pecuniarie, n. 43; 30 maggio 2000, n. 7192,

id., 2002, I, 541, con nota di Elefante, Sulla natura dell'azione di ac certamento dell'obbligo del terzo pignorato, cui si rinvia per ulteriori richiami bibliografici).

La differente nozione dell'oggetto del giudizio di accertamento rap presenta invece il criterio risolutore di questioni di giurisdizione sorte di frequente — nell'ordito normativo anteriore alla operatività del

d.leg. 29/93 — in tema di espropriazione dì crediti nascenti da rapporti di pubblico impiego: così Trib. Roma 7 luglio 1994, id., 1995, I, 678, sulla premessa che la controversia ex art. 548 c.p.c. è volta a stabilire

«se ed in che misura il pignorante può ottenere la soddisfazione del

proprio diritto», indipendentemente dalla natura pubblicistica del cre

dito de quo, attribuisce l'accertamento su detto credito alla cognizione del pretore in funzione di giudice del lavoro; in senso contrario, secon

do Pret. Roma 26 aprile 1993, ibid., il giudizio ex art. 548 c.p.c., avente

ad oggetto il rapporto sostanziale tra debitore esecutato e terzo, è sot

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859 PARTE PRIMA 860

Svolgimento del processo. — 1. - Vittorio Dotti, creditore di

Enrico Bergamaschi, ha iniziato un procedimento di espropria zione forzata contro il proprio debitore con le forme del pigno ramento presso il terzo, ministero delle finanze, debitore del

Bergamaschi per crediti da cessata attività di esattore delle im

poste dirette.

2. - Il ministero delle finanze, citato a comparire davanti al

Pretore di Milano per rendere la dichiarazione circa l'esistenza

del credito, ha dichiarato che «le domande di rimborso avanzate

dal sig. Bergamaschi Enrico, ex esattore di Arese e Pero, per la

parte finora non rimborsata, sono prive della necessaria docu

mentazione ed il conseguente diritto al rimborso».

3. - Vittorio Dotti, con atto di citazione del 28 febbraio 1994, ha convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Milano il mini

tratto alla giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria nella materia del pubblico impiego devoluta al giudice speciale (per una vicenda si

milare, Cass. 27 ottobre 1961, n. 2446, id., 1962,1, 714). La dibattuta individuazione del petitum della domanda di accerta

mento dell'obbligo del terzo costituisce poi ragione determinante di un

conflitto sorto all'inizio degli anni ottanta tra varie sezioni della Su

prema corte circa la competenza a conoscere del giudizio di accerta mento quando bene staggito fosse un credito di lavoro originato da uno dei rapporti previsti dall'art. 409 c.p.c. (da devolversi al pretore quale giudice del lavoro, secondo Cass. 21 giugno 1983, n. 4246, id.. Rep. 1984, voce cit., n. 29, e Giust. civ., 1984, I, 451; contra, per la compe tenza del tribunale, Cass. 24 giugno 1983, n. 4323. Foro it., Rep. 1984, voce cit., n. 28, e Giust. civ., 1984, I, 450. entrambe le sentenze sono annotate da Frisina, Espropriazione forzata di crediti di lavoro e regi me della competenza nel giudizio di accertamento dell'obbligo del ter

zo ex art. 549 c.p.c., ibid., 453): nel comporre il contrasto, Cass., sez.

un., 6460/85, cit., fonda la competenza per materia del pretore in fun zione di giudice del lavoro sul rilievo che oggetto del giudizio promos so ex art. 548 c.p.c. è il diritto di credito del debitore esecutato nei con fronti del terzo debitor debitoris (e non già la mera «appartenenza del credito nei rapporti tra creditore procedente e debitore esecutato»), da accertarsi — in maniera obiettivamente non dissimile da una controver sia svolta in via autonoma tra i soggetti del rapporto — con una deci sione idonea a fare stato tra tutti i legittimi contraddittori, e quindi an che nei rapporti interni tra debitore esecutato e terzo pignorato.

Conclusione in linea con l'orientamento della giurisprudenza ante riore a Cass. 6460/85, in maniera unanime incline a conferire alla sen tenza che definisce la parentesi cognitiva ex art. 548 c.p.c. autorità di cosa giudicata sostanziale nei rapporti tra debitore esecutato e debitor debitoris (cfr. Cass. 10 novembre 1979, n. 5798, Foro it., Rep. 1980, voce cit., n. 27, e Giur. it., 1980, I, 1, 842; 28 novembre 1985. n. 5901, Foro it.. Rep. 1985, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 55; Trib. Roma 14 dicembre 1983, ibid., voce Esecuzione forzata per ob

bligazioni pecuniarie, n. 22, e Giur. it., 1985, I, 2, 108) e a ravvisare

litispendenza tra il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo e la controversia per l'accertamento del diritto di credito tra debitore e terzo

(Cass. 13 gennaio 1979, n. 281, Foro it., 1979, I. 650, e Giur. it., 1980, I, 1, 163, con nota adesiva di Segrè, Diversità di una delle parti e litis

pendenza). In una visione più articolata della questione, un successivo arresto

delle sezioni unite (Cass., sez. un.. 3 febbraio 1986, n. 663, Foro it., 1986, I, 1894, con nota di Proto Pisani, e Giur. it., 1986, I, 1, 994, con nota di Amoroso, Espropriazione presso terzi e competenza del pretore de! lavoro), pone limiti all'effettiva portata della pronuncia conclusiva del giudizio: l'autorità di giudicato anche nel rapporto tra debitore e terzo rappresenta eventualità normale, non sempre operante in ragione delle limitazioni probatorie esistenti per il terzo pignorato; il problema non trova ulteriori riscontri nella successiva elaborazione della Supre ma corte, in cui — con assunto tanto costante quanto tralatizio — la

competenza per materia del giudice del lavoro viene argomentata dal l'inerenza del credito da accertare rispetto ad un rapporto di lavoro di

sciplinato dall'art. 409 c.p.c. (da ultimo, Cass. 24 novembre 1998, n.

11930, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 61; 19 giugno 1998, n. 6132, ibid., n. 62; analogamente, per la competenza per materia del pretore ai sensi dell'art. 8, 2° comma, n. 3, c.p.c. ove il credito pignorato trovi

origine in un rapporto di locazione, Cass. 3 settembre 1998, n. 8759, id., 1999,1. 168, con nota di Piombo).

Il problema del petitum del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo viene ora nuovamente affrontato ex professo dalla decisione in

rassegna. Secondo Cass. 14831/02 la controversia promossa ai sensi dell'art.

548 c.p.c. — integrante un giudizio di cognizione ordinaria che si inse risce incidentalmente nel processo esecutivo conservando tuttavia vita

propria ed autonoma — ha ad oggetto l'accertamento dell'esistenza del credito compiuto per verificare la soggezione del bene staggito all'ese

cuzione, di stretta attinenza all'azione esecutiva, senza alcuna rilevanza esterna all'ambito espropriativo. attribuito alla cognizione del «giudice

Il Foro Italiano — 2003.

stero delle finanze ed il suo debitore, chiedendo l'accertamento

del credito contestato.

4. - La domanda, rigettata dal tribunale, è stata accolta dalla

Corte d'appello di Milano con sentenza dell'I 1 luglio 2000.

La corte d'appello, riformando la sentenza del tribunale, ha

accertato in lire 236.678.798 «il credito del cessato esattore nei

confronti dell'amministrazione, oggetto di pignoramento». 5. - Per la cassazione della sentenza il ministero delle finanze

ha proposto ricorso.

Resiste con controricorso Vittorio Dotti, che ha depositato anche memoria.

Enrico Bergamaschi non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione. — 1. - La corte di appello ha dichia

rato che il credito del Bergamaschi era dimostrato dai docu

unico dell'esecuzione», per cui in siffatto processo non possono trovare

ingresso questioni di giurisdizione o competenza. Fulcro del ragionamento che sorregge tale conclusione è la diversità

tra l'accertamento dell'obbligo del terzo incidentalmente effettuato a norma dell'art. 548 c.p.c. e quello che sul medesimo obbligo può com

piersi in una controversia promossa in via autonoma tra debitore e ter

zo, disomogeneità desunta dal regime di inopponibilità al creditore pi gnorante — attore nel giudizio di accertamento — di determinati fatti estintivi o impeditivi del credito (art. 2914 e 2917 c.c.), vicende invece rilevanti nella relazione intersoggettiva corrente tra il debitore e il ter zo. La domanda di accertamento ex art. 548 c.p.c. assume, in questa prospettiva, carattere marcatamente strumentale rispetto alla soddisfa zione della pretesa azionata nella procedura espropriativa: l'interesse ad agire del creditore pignorante è infatti correlato al comportamento tenuto dal terzo pignorato, che condiziona tanto la possibilità di pro muovere il giudizio contenzioso quanto la definizione dello stesso con una sentenza che decida sull'esistenza o meno dell'obbligo (la dichia razione di quantità resa dal terzo nel corso del giudizio di cognizione determina, per la pronuncia in rassegna la cessazione della materia del contendere: sul tema, diffusamente, Scala, La cessazione della materia del contendere, Torino, 2001. 199). Sotto l'aspetto strutturale, infine, tenuto conto dell'articolazione dei procedimenti esecutivi, in linea ge nerale finalizzata ad impedirne un'eccessiva protrazione, ultroneo ri

sulterebbe, nell'espropriazione presso terzo, richiedere un accertamento munito del «carattere di verità proprio dell'accertamento giudiziale de finitivo».

Nell'approfondita motivazione della pronuncia, in cui distintamente si avverte l'influsso di un recente contributo dottrinale (muovendo da similari argomentazioni. Sa letti, op. cit.. 1021, deferisce le controver sie di accertamento dell'obbligo del terzo alla giurisdizione del giudice ordinario «anche quando il rapporto pignorato attenga a materia riser vata alla giurisdizione di un giudice speciale»), due aspetti meritano una sottolineatura.

Ricostruito il giudizio ex art. 548 c.p.c. in funzione strumentale e servente rispetto allo svolgimento dell'espropriazione, la pronuncia conclusiva statuisce soltanto sull'assoggettabilità ad esecuzione del credito pignorato ed esplica effetti unicamente in seno al procedimento esecutivo, ovvero senza alcuna efficacia nei rapporti tra debitore e ter zo: marcata è la discontinuità rispetto ai precedenti indirizzi della Su

prema corte, innanzi richiamati. Con un lapidario obiter, poi, la pronuncia che si riporta esclude la

possibilità di sollevare nel giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo anche questioni di competenza: per Cass. 14831/02, la nuova formulazione dell'art. 548 c.p.c. introdotta dalla c.d. riforma del giudi ce unico sancisce l'automatica ed esclusiva devoluzione del giudizio di accertamento al «giudice unico dell'esecuzione» territorialmente indi viduato in base al luogo di residenza del terzo (così, Groppoli, Oggetto de! pignoramento di crediti e suo accertamento in sede esecutiva, in Riv. esecuzione forzata, 2002, 259: nel senso di una competenza fun zionale ed inderogabile del giudice dell'espropriazione forzata sulla lite ex art. 548 c.p.c., si era già espressa Cass. 2 agosto 2000, n. 10123, Fo ro it., Rep. 2000, voce cit., n. 58), per cui non sembra ipotizzabile l'o

peratività di altri criteri di radicamento della causa (nemmeno per mate

ria) oppure un concorso di competenza con il giudice di pace (in questo ordine di idee, i primi contributi in materia: Pappalardo, II pignora mento presso terzi: procedimento e questioni controverse, in Riv. ese cuzione forzata, 2002, 107; Capponi, Appunti sul giudice unico di primo grado nei processi di esecuzione forzata, id., 2000. 41, nota 1 ).

In chiave problematica, non va tuttavia taciuto come l'impianto teo rico della decisione in rassegna, in specie la postulata ininfluenza della vicenda genetica del credito, oltre a cancellare in radice conflitti di giu risdizione e di competenza, elida altresì la potenziale insorgenza di

questioni di costituzione del giudice, di rito, di distribuzione degli affa ri giurisdizionali all'interno dello stesso ufficio giudiziario, devolvendo la trattazione delle controversie di accertamento dell'obbligo del terzo in ogni caso (abbia il credito da verificare origine in un contratto di af fittanza agraria, in una erogazione di pensione di guerra, in un rimborso di quote di imposta, ecc.) al giudice (monocratico) dell'esecuzione se condo le regole procedurali della cognizione ordinaria. [R. Rossi]

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

menti indicati nelle domande di rimborso, i quali provavano l'i

nesigibilità dei tributi per i quali era chiesto il rimborso, e dai

documenti prodotti dall'interessato nel giudizio di appello, i

quali ne documentavano l'ammontare.

Con il primo motivo del ricorso è denunciato il difetto di giu risdizione del giudice ordinario e la violazione e falsa applica zione degli art. 56 r.d. 12 luglio 1934 n. 1214, t.u. delle leggi sulla Corte dei conti, e 85 d.p.r. 28 gennaio 1988 n. 43, sulle

entrate dello Stato.

L'avvocatura dello Stato sostiene che, se è corretto affermare

che appartiene al giudice ordinario la cognizione in ordine al

l'accertamento dell'obbligo del terzo pignorato, nella fattispecie occorreva tenere presente che l'accertamento dell'inesigibilità delle quote chieste in rimborso dall'esattore è attività discrezio

nale dell'amministrazione finanziaria, il cui sindacato è devo

luto alla Corte dei conti a norma del d.p.r. n. 43, già richiamato.

Nella tesi della ricorrente, in caso di contestazione del rim

borso, il giudice ordinario non può esaminare il merito della

pretesa creditoria e conoscere la prova del credito, poiché la

materia gli è sottratta dalla legge. L'avvocatura sostiene, cioè, che la corte d'appello è andata al

di là della propria giurisdizione, sostituendosi all'amministra

zione finanziaria nell'esaminare il merito della controversia, valutando l'idoneità della prova documentale offerta e, altret

tanto erroneamente, ha stabilito che l'inesigibilità delle quote chieste in rimborso era stata sufficientemente provata, giungen do, così, ad accertare l'obbligo del terzo.

Il controricorrente, premesso che quella della Corte dei conti

in materia di rimborso di quote d'imposta inesigibili, chieste

dagli esattori cessati, è giurisdizione di sola impugnazione dei

provvedimenti negativi dell'intendente di finanza, replica che

quando manca quest'ultimo provvedimento, come nella specie, non v'è giurisdizione del giudice contabile e, in sede di accer

tamento dell'obbligo del terzo, la cognizione attiene all'esisten

za o meno di diritti soggettivi. Il Dotti afferma, quindi, che, ri

spetto al processo di esecuzione, esisteva la giurisdizione del

giudice ordinario, davanti al quale potevano essere fatte valere

solo questioni di merito.

2. - Il problema della verifica della giurisdizione nel giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo disciplinato dall'art. 549

c.p.c., quando il terzo è una pubblica amministrazione, è risa

lente.

2.1. - In passato quello del pignoramento di crediti presso una

pubblica amministrazione era inquadrato come problema di pi

gnorabilità, come è stato ritenuto nel caso di pignoramento del

prezzo di un contratto di appalto pubblico, a proposito del quale è stato affermato che, prima del collaudo definitivo e senza

l'adesione dell'ente appaltante, le somme dovute dall'ente pub blico all'appaltatore non erano pignorabili ai sensi dell'art. 351

1. 20 marzo 1865 n. 2248, all. F (Cass. 7 aprile 1954, n. 1089,

Foro it., Rep. 1954, voce Esecuzione forzata per obbligazioni

pecuniarie, n. 37), o in quello nel quale il terzo aveva ricono

sciuto l'esistenza del credito, ma ne aveva enunciato l'indispo nibilità, perché vincolato ad esigenze pubblicistiche dell'ammi

nistrazione pubblica (Cass., sez. un., 23 aprile 1987, n. 3932,

id., 1988, I, 1647; 17 giugno 1988, n. 4136. id.. Rep. 1989, voce cit., n. 17). In quest'ultima decisione, in verità, è detto anche

che i limiti all'espropriabilità dei beni per effetto della loro na

tura o della destinazione vincolata non escludono la giurisdizio ne del giudice ordinario sul procedimento esecutivo ovvero sul

giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, perché le ragio ni dell'impignorabilità sono deducibili con l'opposizione di cui

all'art. 615 c.p.c. 2.2. - Sotto un profilo diverso, seguendo autorevoli posizioni

dottrinali, è stato anche affermato che, nel caso di risposta ne

gativa del terzo, l'accertamento in via incidentale dell'esistenza

del diritto del creditore procedente non differisce da quello che

in ordine allo stesso diritto può essere compiuto in via autonoma

nei confronti delle sole parti del rapporto in cui si pone in essere

e che, dunque, la materia del contendere, nei due casi, è identi

ca, perché entrambe le azioni sono finalizzate a realizzare il

principio della responsabilità patrimoniale del debitore con tutti

i suoi beni, «consentendo, l'una, al creditore di far entrare nel

patrimonio del debitore [...] crediti che egli trascura di acquisi re [...] e, l'altra, di stabilire al di fuori di tali presupposti, che

un determinato bene già pignorato fa effettivamente parte di tale

patrimonio»: Cass., sez. un., 18 dicembre 1985, n. 6460, id.,

1986,1, 390.

Il Foro Italiano — 2003.

La conseguenza di questo inquadramento, subito dopo, è stata

indicata in quella che la decisione di cui all'art. 548 c.p.c. ac

quisterà autorità di giudicato sostanziale anche nel rapporto tra

debitore esecutato e terzo pignorato: Cass., sez. un., 3 febbraio

1986, n. 663, ibid., 1894; ma già sez. un. 8 novembre 1978, n.

5096, id., 1979,1, 1217. Da questo punto di vista, anche se la questione non formava

oggetto delle decisioni ora indicate, se ne doveva ricavare che la

giurisdizione era rilevante secondo la disciplina regolante le

singole materie.

2.3. - Esiste anche una posizione contraria a quella ora espo sta, la quale, sempre sul piano della giurisdizione, conduce a ri

sultati opposti. Si afferma, cioè, che nel giudizio di accertamento dell'obbli

go del terzo il creditore procedente agisce iure proprio (Cass. 23 aprile 1983, n. 2800, id., 1983,1, 1883, e 11 maggio 1968, n. 1459, id., 1968,1, 2168), creando, in questo modo, un vincolo di

appartenenza dell'azione di accertamento al processo esecutivo, il cui venir meno produce effetti negativi sull'altro giudizio.

2.4. - A questa costruzione, anche se non in modo esplicito, si

è riportata la più recente giurisprudenza di queste sezioni unite.

Chiamate a risolvere un problema nel quale la giurisdizione del

giudice ordinario era stata negata con riguardo all'accertamento

di un credito, derivante da erogazione di benefici da parte di un

ente pubblico territoriale in favore di un ente di assistenza de

bitore esecutato, le sezioni unite — richiamando come prece denti conformi le sentenze n. 678 del 1963 (id., Rep. 1963, voce

cit., n. 56), n. 2409 del 1976 (id., Rep. 1977, voce cit., n. 21) e

n. 4505 del 1989 (id.. Rep. 1989, voce cit., n. 16) — hanno rite

nuto che il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo pi

gnorato verso il debitore è un giudizio di cognizione ordinaria,

che si inserisce incidentalmente nel processo esecutivo, conser

vando vita propria ed autonoma. Esso non può che spettare al

giudice ordinario, perché, anche nel caso in cui il terzo pigno rato sia una pubblica amministrazione, si verte in tema di tutela

di posizioni di diritto soggettivo in materia estranea alla discre

zionalità della pubblica amministrazione, con la precisazione che, se per qualche motivo attinente ai rapporti tra debitore e

terzo non è configurabile un diritto di credito del debitore (in

particolare, per la natura pubblica del terzo medesimo), ne con

segue non già il difetto di giurisdizione del giudice ordinario

bensì l'infondatezza (nel merito) della pretesa del creditore pro cedente: sentenza 22 dicembre 1994, n. 11053 (id., Rep. 1994, voce cit., n. 55).

3. - Questa impostazione deve essere tenuta presente nel pro cesso oggetto del ricorso che si sta esaminando.

Anche in questo processo, infatti, si tratta di verificare se il

giudizio di accertamento promosso dal Dotti contro l'ammini

strazione delle finanze implicava anche l'accertamento del rap

porto sostanziale tra il cessato esattore e l'amministrazione

pubblica (come sostiene l'avvocatura dello Stato) o se quel giu dizio aveva ad oggetto l'esistenza del credito (come sostiene il

controricorrente). Nel primo caso, infatti, la cognizione avrebbe dovuto essere

riconosciuta in favore della giurisdizione della Corte dei conti;

nel secondo, invece, non sarebbe in predicato una questione di

giurisdizione. La risposta è che il giudizio di accertamento chiesto dal Dotti

non poteva coinvolgere il rapporto sostanziale tra amministra

zione finanziaria ed il cessato esattore; le conseguenze sono che

la censura relativa alla questione di giurisdizione come motivo

d'impugnazione è inammissibile.

4. - Le ragioni che militano in favore di questa soluzione sono

quelle che di seguito sono esposte. 4.1. - Il pignoramento

— nel sistema vigente — non è sol

tanto l'atto iniziale dell'espropriazione forzata (art. 491 c.p.c.), ma è anche l'atto con cui s'individuano e si conservano i diritti

del debitore sottoposti ad espropriazione, secondo i modi della

loro circolazione e le diverse forme dell'espropriazione forzata.

I beni individuati sono quelli appartenenti al debitore nel signi ficato indicato dall'art. 2740 c.c. e su di essi si compie l'espro

priazione: art. 2910 stesso codice.

Nel pignoramento dei crediti l'appartenenza dei beni al debi

tore esecutato è verificata con un accertamento che presenta un

grado di affidabilità, che è peculiare rispetto alle altre forme di

espropriazione. Se, infatti, nell'espropriazione mobiliare soccorre il dato della

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Page 5: sezioni unite civili; sentenza 18 ottobre 2002, n. 14831; Pres. Delli Priscoli, Est. Di Nanni, P.M. Palmieri (concl. diff.); Min. finanze c. Dotti (Avv. Greco), Bergamaschi. Dichiara

863 PARTE PRIMA 864

appartenenza diretta, costituito dal fatto che il bene si trova

presso il debitore, come si esprime l'intitolazione del capo in

troduttivo della disciplina di questa forma di esecuzione, e, nel

l'espropriazione immobiliare, l'affermazione del creditore della

stessa appartenenza si salda, sia pure in seguito all'istanza di

vendita, con la corrispondente esistenza di una trascrizione del

l'immobile nei registri immobiliari in favore del debitore, nel

pignoramento presso terzi non sono riscontrabili altrettanti

«sintomi di appartenenza» immediati.

Nell'espropriazione presso terzi soccorrono strumenti di veri

fica dell'appartenenza, che possono essere interni al processo esecutivo (e sono dati dalla dichiarazione con la quale il terzo

specifica «di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in

possesso», come recita l'art. 547, 1° comma, c.p.c.), o esterni ad

esso (e sono costituiti da un processo di cognizione volto all'ac

certamento dell'appartenenza del credito al debitore esecutato:

art. 548 e 549 del codice di rito). 4.2. - Il problema che deve essere risolto in questo giudizio

riguarda, quindi, l'efficacia di questo accertamento e, natural

mente, non può ridursi ad enunciazioni formali.

Si tratta, infatti, di stabilire se l'accertamento dell'obbligo del

terzo di cui è parola nell'art. 548 cit., che deve essere inciden

talmente compiuto con i modi indicati dalla legge, equivalga a

quello che sullo stesso diritto debitore e terzo possono compiere in via autonoma; oppure se si tratta di giudizi diversi, con con

seguenze diverse ancora sulla portata dell'accertamento e, come

si vedrà, della giurisdizione o della competenza. Ove si acceda alla prima soluzione, non sorgono dubbi sul

fatto che la cognizione appartiene alla giurisdizione del giudice

speciale; nell'altro caso resta confermata la soluzione, contraria

a quella prospettata con il ricorso, che nel giudizio di accerta

mento dell'obbligo del terzo non è ammissibile introdurre una

questione di giurisdizione. 4.3. - In favore di questa soluzione concorrono elementi ese

getici e strutturali dell'esecuzione forzata.

4.3.1. - Sul piano esegetico si deve partire dal dato letterale

dell'art. 549 c.p.c., secondo il quale la sentenza, che definisce la

corrispondente richiesta del creditore, accerta il diritto del de

bitore nei confronti del terzo.

Il dato letterale riportato, solo apparentemente, autorizza a

ritenere che l'oggetto del giudizio sia di accertamento dell'esi

stenza del rapporto sostanziale tra debitore e terzo.

Tale accertamento, infatti, potrebbe essere superfluo rispetto al processo esecutivo in corso in presenza di vicende anteriori al

pignoramento (come quella considerata dall'art. 2914, 1° com

ma, n. 2, c.c.) o successive ad esso (come quella considerata

nell'art. 2917 stesso codice), che sono rilevanti tra le parti del

rapporto, non lo sono ai fini dell'accertamento di cui qui si di

scute.

In secondo luogo, sempre sul piano esegetico, si deve consi

derare che la domanda di accertamento è strettamente collegata, come è stato anticipato, al comportamento tenuto dal terzo nel

processo esecutivo.

Se, infatti, il terzo non compare o si rifiuta di rendere la di

chiarazione, oppure sorgano contestazioni in ordine ad essa, il

creditore procedente ben può arrendersi ad esse, con la conse

guente inefficacia del pignoramento, come si ricava dall'art.

630 c.p.c., e la conseguente mancanza di ogni verifica del rap

porto sostanziale.

Un terzo argomento esegetico, favorevole alla soluzione

adottata, si ricava dalla disciplina contenuta nel 2° comma del

già citato art. 548.

La norma consente al terzo, nel corso del giudizio di primo

grado volto all'accertamento del credito, di rendere quella di

chiarazione, la cui mancanza ha aperto la fase cognitiva di cui si

sta discutendo.

Ebbene, quando il terzo si avvale di questa facoltà, la dottrina

quasi unanime ritiene che ciò provoca il venire meno della ne

cessità di un accertamento con sentenza, per avvenuta cessazio

ne della materia del contendere.

Il che è ulteriore dimostrazione della consequenzialità del

l'accertamento non al rapporto sostanziale, ma all'esistenza del

credito. In questo modo, infatti, non solo è accertata la stru

mentalità del giudizio di cui all'art. 548 cit. rispetto al processo esecutivo, ma è verificato che oggetto del giudizio di accerta

mento non è il rapporto sostanziale debitore/terzo. Se non fosse

Il Foro Italiano — 2003.

così, il terzo sarebbe arbitro dell'esito di un accertamento, che

sarebbe compiuto, secondo il comportamento del debitore, con

una sua dichiarazione anziché con una sentenza.

4.3.2. - Sul piano strutturale occorre poi considerare che, nel

sistema vigente, il processo esecutivo e la corrispondente prete sa esecutiva sono strutturati in modo da poter progredire verso il

loro naturale esito al riparo di fattori che ne provochino un'ec

cedente protrazione, com'è ritenuto per lo stesso procedimento di accertamento dell'obbligo del terzo (Cass., sez. un., 19 otto

bre 1998, n. 10369, id.. Rep. 1998, voce Termini processuali ci

vili. n. 7), ed è dimostrato dal sistema delle opposizioni agli atti

esecutivi, che neppure esse consentono la sospensione automa

tica della procedura esecutiva, ma l'emanazione dei soli prov vedimenti opportuni nei casi urgenti (Cass. 23 luglio 1991, n.

8251, id., 1992, I, 3359, e 10 febbraio 1998, n. 1354, id.. Rep. 1999, voce Esecuzione forzata in genere, n. 62, tra le altre).

Rispetto a questa finalità risulterebbe, allora, contraddittorio e

ben strano chiedere, per l'espropriazione presso terzi, un accer

tamento sull'appartenenza del credito, diversa da quella indicata

in altre forme di espropriazione, immaginando che solo nella

prima l'accertamento abbia un carattere di verità proprio del

l'accertamento giudiziale definitivo, con effetti che travalicano

le sue finalità.

5. - In conclusione, convincono della strumentalità del giudi zio di cui all'art. 548 cit., rispetto al processo esecutivo, non

solo fattori esegetici, rna elementi sostanziali, i quali indicano

che oggetto del giudizio di accertamento non è il rapporto so

stanziale debitore/terzo. Vale a dire che il giudizio di accerta

mento non ha per oggetto l'accertamento del rapporto esistente

tra il debitore esecutato ed il terzo, ma l'accertamento dell'esi

stenza del credito come oggetto della pretesa esecutiva per come

questa è stata indicata nell'atto di pignoramento. Ne deriva che, nel giudizio di cui si è detto, l'accertamento si

compie per verificare la soggezione del credito all'espropriazio ne, con riferimento al silenzio o alla dichiarazione negativa del

terzo.

Si tratta di accertamento di stretta attinenza all'azione esecu

tiva, senza rilevanza esterna e senza che nel processo possano trovare collocazione questioni di giurisdizione, alla stessa ma

niera di come, dopo la riforma dell'art. 548 operata attraverso

l'art. 98 d.leg. 19 febbraio 1998 n. 51, attributiva della cogni zione nella materia al solo giudice unico dell'esecuzione, non

hanno spazio le questioni di competenza. 6. - Concludendo sulla questione di giurisdizione vanamente

l'amministrazione delle finanze ha invocato la violazione delle

norme sulla giurisdizione, perché la domanda del Dotti apparte neva alla giurisdizione del giudice ordinario, come implicita mente ritenuto dalla sentenza impugnata.

7. - Con il secondo motivo è censurato il capo della sentenza

impugnata, che si riferisce all'accertamento del credito verso

l'amministrazione.

L'esame del motivo è devoluto alla cognizione di una sezione

semplice di questa corte, secondo le indicazioni che saranno

date dal primo presidente di questa corte.

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