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Sezioni unite civili; sentenza 18 settembre 1959, n. 2590; Pres. Oggioni P. P., Est. Giansiracusa,...

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Sezioni unite civili; sentenza 18 settembre 1959, n. 2590; Pres. Oggioni P. P., Est. Giansiracusa, P. M. Colli (concl. conf.); Morana (Avv. Palazzolo) c. Ministero trasporti Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 2 (1960), pp. 247/248-249/250 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23150970 . Accessed: 10/06/2014 23:44 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.72.111 on Tue, 10 Jun 2014 23:44:54 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezioni unite civili; sentenza 18 settembre 1959, n. 2590; Pres. Oggioni P. P., Est. Giansiracusa,P. M. Colli (concl. conf.); Morana (Avv. Palazzolo) c. Ministero trasportiSource: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 2 (1960), pp. 247/248-249/250Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23150970 .

Accessed: 10/06/2014 23:44

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247 PARTE PRIMA 248

solo i contratti di appalto sono sottoposti alla registra zione preventiva alla Corte dei conti (e perciò soggetti ai

fini fiscali al regime degli atti sottoposti a condizione so

spensiva, secondo gli art. 17 e 81 legge di registro) ; mentre

per i lavori eseguiti in economia, cioè a cottimo, è escluso

l'intervento preventivo delia stessa Corte dei conti (con

conseguente esclusione dell'applicabilità delle disposizioni ora ricordate della legge del registro).

La sentenza impugnata, pur mostrandosi su questo

punto perplessa (essa sembra dapprima inclinare alla tesi

dell'Amministrazione, parlando di « rilievi fondati ed

esatti » ; più oltre sembra accogliere la tesi contraria, affer

mando che gli organi giudiziali di prima istanza « giusta mente » avevano qualificato appalto il rapporto), in defi

nitiva ritenne irrilevante la distinzione ; e non compì di

conseguenza la indagine (che è indagine di fatto, attenendo

alla volontà delle parti) sulla natura giuridica del contratto.

Alla conclusione circa l'irrilevanza della distinzione la Corte

pervenne in base a due ordini di motivi, l'uno e l'altro però viziati da errori di diritto ; onde si impone l'annullamento

della sentenza.

A) Ritenne infatti la Corte di merito che la distinzione

fra cottimo ed appalto sia irrilevante ai fini dell'imposta di

registro, in base all'art. 55 legge di registro, ed all'art. 1

legge 19 luglio 1941 n. 771, che accomunano i due contratti.

Il riferimento alle due norme in questione non era perti nente alla controversia in esame ; la prima delle norme

citate, infatti, accomuna appalto e cottimo quanto al cal

colo dell'aliquota dell'imposta ; mentre la seconda pene

regole per distinguere i due contratti dalla compravendita. Nel caso concreto, si trattava però di stabilire, non se

il contratto in questione fosse una compravendita, o un

appalto, o un cottimo, agli effetti dell'applicazione della

misura della imposta ; ma di accertare se il regime giuridico dei due contratti sia eventualmente diverso, se conclusi

dalla pubblica Amministrazione, al fine della necessità del

l'approvazione preventiva, e della conseguente applica bilità solo all'uno di essi (l'appalto), ovvero a entrambi, delle norme relative agli atti soggetti a condizione sospen siva (con il sorgere dell'obbligo del pagamento dell'imposta soltanto a. condizione avverata, cioè ad approvazione con

cessa). Il riferimento alle disposizioni di legge su ricordate

era quindi del tutto inidoneo a decidere la controversia (e, in riferimento a tale constatazione, devono essere accolte,

per quanto di ragione, le censure contenute nel secondo e

nel terzo motivo del ricorso).

B) Quanto al secondo punto, è da premettere che la

Società resistente tenta di opporre, alla censura dell'Ammi

nistrazione ricorrente, la considerazione che il giudizio dato

dalla Corte di merito è un giudizio di fatto, insindacabile

in Cassazione.

La Corte di appello, infatti, ritenne che anche il con

tratto relativo alla esecuzione dei lavori a cottimo è sotto

posto al « visto » preventivo della Corte dei conti (donde, secondo la sentenza impugnata, la irrilevanza della distin

zione fra contratto di appalto e contratto di cottimo). Ma

come è evidente, lo stabilire se ad un contratto, avente una

determinata qualificazione giuridica, siano applicabili al

cune norme di legge, costituisce interpretazione di norme di

diritto, non un giudizio di fatto.

Nell'interpretare le norme di legge in vigore, la Corte

di appello fu tratta in equivoco dalla circostanza che indub

biamente è sottoposto a controllo di legittimità preventivo da parte della Corte dei conti il decreto del provveditorato

regionale per le opere pubbliche che approva i progetti per lavori, forniture e prestazioni entro determinati limiti di

spesa), e impegna così la spesa relativa (art. 3 decreto legisl. 18 gennaio 1945 n. 16; art. 3e 4 decreto legisl. 14 giugno 1945

n. 355). Ma quel decreto è provvedimento che esaurisce la

sua efficacia nell'ambito dell'Amministrazione, e non pone in

essere rapporti con terzi estranei. Nè, dalla necessità del

visto a quel decreto deriva, come ha invece ritenuto la

Corte di merito, la necessità che fosse sottoposto al visto

il contratto stipulato in base al progetto approvato dal Provveditorato.

Dalle norme di legge in materia risulta che il provvedi

tore, approvando il progetto, stabilisce se intende provve dere all'esecuzione dei lavori mediante contratto di appalto, ovvero mediante esecuzione in economia (l'art. 4 citato

decreto legisl. n. 16 del 1945). Nel primo caso, il contratto di appalto con terzi è sog

getto ad approvazione da parte del provveditore, ed il

decreto di approvazione a sua volta è sottoposto a registra zione preventiva alla Corte dei conti (art. 3 decreto legisl. n. 355 del 1945) ; rimanendo così, fino alla registrazione,

sospesa l'efficacia e la esecutorietà del contratto (con con

seguente applicabilità dell'art. 17 della legge del registro). Nel caso che i lavori debbano avere esecuzione in eco

nomia, invece, e cioè a cottimo, l'intervento preventivo della Corte dei conti è escluso. Infatti i lavori in economia,

per l'art. 73 del regolamento per la direzione, contabilità e collaudazione dei lavori dello Stato (r. decreto 25 maggio 1895 n. 350), vengono saldati con mandati di anticipazione,

soggetti a rendiconto.

Il rendiconto, a sua volta, è soggetto all'esame della

Corte dei conti, ma soltanto successivo (art. 9 del citato decreto n. 16 del 1945 sull'istituzione dei provveditorati

regionali delle opere pubbliche) ; controllo che perciò non

investe l'efficacia e l'esecutorietà del rapporto tra Ammi

nistrazione e cottimista (onde il relativo contratto non può essere considerato, a norma dell'art. 17 legge del registro, come sottoposto a condizione sospensiva).

Sulla base delle ora ricordate disposizioni di legge, per stabilire se sia applicabile o meno la norma ora ricordata, ai fini dell'imposta di registro, occorre accertare se un

contratto posto in essere dalla pubblica Amministrazione

sia contratto di appalto (soggetto a controllo preventivo),

oppure di cottimo (non soggetto a detto controllo). La sentenza impugnata, deve essere quindi cassata ;

sarà compito del giudice di rinvio (che dovrà attenersi all'ora enunciato principio di diritto) accertare se il con

tratto 9 ottobre 1948 sia un contratto di appalto, oppure di cottimo.

Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezioni unite civili ; sentenza 18 settembre 1959, n. 2590 ; Pres. Oggioni P. P., Est. Giansiracusa, P. M. Colli

(conci, conf.) ; Morana (Avv. Palazzolo) c. Ministero

trasporti.

(Regolamento di giurisdizione)

Impiegato dello Stato e pubblico — Stato matrico lare — Tenuta — Diritto soggettivo dell'impiegato — Insussistenza — Ellettl (Cod. civ., art. 2043 ; r. d. 30 dicembre 1923 n. 2960, stato giuridico degli impiegati dello Stato, art. 7).

L'art. 7 r. decreto 30 dicembre 1923 n. 2960, il quale stabiliva che per ogni impiegato doveva essere tenuto, presso l'uf ficio del personale della rispettiva Amministrazione cen

trale, uno stato matricolare, non riconosceva al pubblico dipendente un diritto soggettivo perfetto alla formazione e alla tenuta dello stato matricolare medesimo, onde il

giudice ordinario difetta di giurisdizione a conoscere del

l'azione di risarcimento di danni proposta dall'impiegato per pretesa inosservanza di tale norma da parte della pub blica Amministrazione. (1)

(1) Giova tener presente che l'art. 55 t. u. 10 gennaio 1957 n. 3 (statuto degli impiegati civili dello Stato) precisa che presso l'Ufficio del personale dell'Amministrazione centrale, oltre lo stato matricolare, per ogni impiegato è tenuto un fascicolo per sonale, il quale deve contenere tutti i documenti che possono interessare la carriera. Nello stato matricolare devono, invece, essere indicati : i servizi di ruolo e non di ruolo eventualmente

prestati in precedenza allo Stato e ad altri enti pubblici ; i prov vedimenti relativi alla nomina, allo stato, alla carriera e al

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249 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 250

I

La Corte, ecc. — Il ricorrente denuncia la violazione

dell'art. 2043 cod. civ. in relazione all'art. 7 r. decreto 30

dicembre 1923 n. 2960, eia falsa applicazione dell'art. 29, n. 1, t. u. 26 giugno 1924 n. 1054, censurando l'impugnata sentenza per avere la Corte di merito rigettato la domanda, in quanto questa presupponeva un accertamento (che man

cava) di competenza del Consiglio di Stato circa il modo

di comportarsi della pubblica Amministrazione relativa

mente alla formazione, tenuta e conservazione dello stato

matricolare del ricorrente, il quale pretendeva di essere

stato assunto come avventizio dalle Ferrovie dello Stato e

di essere stato poi licenziato nell'agosto del 1922, per avere

partecipato a uno sciopero, a cui fu attribuito carattere

politico. Sostiene il ricorrente che la Corte avrebbe dovuto

esaminare il merito, essendo stata dedotta una responsabi lità della pubblica Amministrazione nell'ambito dell'art.

2043, per aver omesso, rendendo impossibile la ricostruzione

del servizio prestato, ai fini delle indennità dovute, di te

nere presso l'ufficio del personale, e comunque di custo

dire, lo stato matricolare, alla cui formazione il ricorrente

vantava. un diritto soggettivo perfetto, in forza dell'art. 7

dell'indicato decreto n. 2960 del 1923.

È bene avvertire subito che la sentenza denunciata è

di « rigetto », e il rigetto implica affermazione d'un potere di giurisdizione a decidere sulla domanda che, nel caso in

esame, sotto il profilo del carattere pregiudiziale dell'ac

certamento sul punto se l'obbligo della formazione del fa

scicolo personale sussistesse anche per i dipendenti sala

riati avventizi delle Ferrovie dello Stato, fu respinta per mancanza d'un presupposto essenziale dell'azione, cioè

per mancanza d'una declaratoria da parte dell'organo

competente circa l'illegittimità della condotta omissiva

della pubblica Amministrazione convenuta.

Detto ciò non occorre altro per avvertire l'erroneità del

procedimento logico-giuridico con cui la Corte di merito,

dopo avere disintegrato gli elementi costitutivi della do

manda, attribuì contemporaneamente a organi di giuris dizione diversa il potere astratto di conoscere separata mente e rispettivamente del petitum e della eausa petendi. Nella quale credette di ravvisare un accertamento inci

dentale rientrante nella giurisdizione esclusiva del Consi

glio di Stato, pur riconoscendo di non potere far ricorso per tale accertamento all'art. 34 cod. proc. civ., il quale sup

pone la possibilità di uno spostamento della causa tra giu dici dello stesso ordine.

Donde l'asserita necessità d'una pronuncia di rigetto, mancando il mezzo processuale per far risolvere in sede

competente la questione pregiudiziale, benché il petitum, essendo diretto alla restaurazione di danni, rientrasse nella

sfera di cognizione del giudice ordinario.

La competenza del giudice ordinario è stata riconosciuta

nell'ipotesi in cui si lamenti colpa aquiliana della pubblica Amministrazione nei confronti dell'impiegato dipendente.

Ma nel caso in esame, persino in base agli elementi del

fatto costitutivo della domanda, era dubitabile che questa

potesse ricollegarsi all'ipotesi di responsabilità extracon

trattuale, supponendosi nella domanda come esistente un

rapporto di impiego o di servizio e supponendosi che la

norma dell'art. 7 decreto n. 2960 del 1923 circa l'obbligo della tenuta del fascicolo personale dovesse intendersi estesa

anche ai salariati avventizi assunti dalle Ferrovie dello

Stato (ed esclusi dalla sistemazione in ruolo), ai sensi del

l'art. 18 r. decreto 7 aprile 1925 n. 405, convertito nella

legge 21 marzo 1926 n. 597, vigente al tempo del licenzia

mento, rimaneva fermo il punto che la responsabilità at

trattamento economico, i decreti di riscatto dei servizi non di

ruolo e le decisioni giurisdizionali sugli atti predetti. È da por mente alla circostanza che nel capo III del titolo

II del detto t. u. sono elencati i diritti dei dipendenti statali, mentre l'art. 55 summenzionato è contenuto nel capo III sotto

il titolo III concernenti : rapporti informativi — organi compe tenti a compilarli — gravami — documenti.

Per riferimenti, sulla natura delle norme che regolano il

rapporto di pubblico impiego : Cass. 11 aprile 1959, n. 1073, Foro it., 1959, I, 752, con nota di richiami.

tribuita non ineriva alla lesione del precetto generale ne minem laedere, ma ineriva, secondo l'opinione dello stesso

ricorrente, alla lesione d'un preesistente obbligo, ch'egli credeva di poter ravvisare nella trasgressione d'un dovere, la cui osservanza incombeva alla pubblica Amministra zione per l'adempimento di reciproche obbligazioni rela tive allo svolgimento d'un rapporto di servizio o di lavoro, che si assumeva preesistente fra le parti.

Ora, dato per ammesso che fosse applicabile al caso in

esame l'indicato art. 7, in base al quale è per ogni impiegato, dall'Ufficio personale della rispettiva Amministrazione cen

trale, formato e tenuto uno stato matricolare, compren dente oltre che le variazioni dello stato di famiglia anche le note di qualifica, la supposta trasgressione non potrebbe aver cagionato come pretende il ricorrente, la lesione d'un diritto soggettivo perfetto, giacché l'interesse personale

dell'impiegato non riceve dalla norma indicata una prote zione diretta, ma una tutela solo riflessa e occasionale.

Invero, il dovere della tenuta dello stato matricolare è po sto dalla norma principalmente nell'interesse dell'Ammini

strazione, al fine di organizzare i ruoli, di aggiornare la po sizione dei dipendenti, di ordinare e disciplinare lo sviluppo delle carriere, onde stabilire nell'interesse del servizio una

migliore distribuzione e una più oculata utilizzazione del

personale, in base all'anzianità, alla preparazione tecn;ca, alla capacità e al rendimento, desunti dalle note carattcri

stiche allegate al fascicolo. La tenuta dello stato matrico

lare del personale dipendente inerisce perciò al dovere di

conformarsi alle norme di buona amministrazione, in

quanto è intesa a sopperire ad un'esigenza imposta nel

l'interesse generale d'una più efficiente organizzazione in

terna della pubblica Amministrazione.

Non sussiste, quindi, come pretende invece il ricorrente, un diritto soggettivo perfetto alla formazione e tenuta del

fascicolo personale, benché non possa disconoscersi che la

regolare tenuta di esso influisce, attraverso la compila zione delle note di qualifica, sugli avanzamenti e quindi anche sul trattamento economico e su quello di quiescenza, le quali posizioni subiettive trovano però tutte una prote zione solo occasionale nella norma predetta, tanto è vero

che il rapporto non cessa nè cessa il diritto allo stipendio

per il solo fatto della dispersione del fascicolo.

Poiché la pretesa inosservanza non è correlativa alla

lesione d'un diritto, non sussiste la condizione necessaria

ed essenziale per far valere davanti al giudice ordinario la

azione risarcitoria che si fonda sul concetto del danno giu

ridico, il quale è tale solo in quanto sia correlativo alla le

sione di un diritto. E pertanto, anche supponendo come

veridica la situazione prospettata con la domanda, la con

troversia in cui assumevasi cagionato un danno economico

ma non giuridico non poteva che essere devoluta al giudice

degli interessi.

Per questi motivi, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile; sentenza 7 agosto 1959, n. 2490; Pres.

Torrente P., Est. Novelli, P. M. Tavolaro (conci,

conf.) ; Finanze (Avv. dello Stato Tavassi La Greca) c. Fall. Soc. Forni (Avv. Colombo).

(Conferma App. Milano 14 gennaio 1958)

Fallimento — Insinuazione tardiva — Decadenza per mancata costituzione in giudizio — Riproponibi lità — Esclusione (E. d. 16 marzo 1942 n. 267, disci

plina del fallimento, art. 98, 101).

È inammissibile la riproposizione di una domanda di insinua

zione tardiva precedentemente proposta e non iscritta a

ruolo nel termine di cinque giorni prima dell'udienza

fissata dal giudice delegato. (1)

(1) La Cassazione affronta per la prima volta ex professo

ji, Foro Italiano — Volume LXXXIII — Parte

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