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sezioni unite civili; sentenza 19 dicembre 2003, n. 19550; Pres. Carbone, Est. Berruti, P.M. Martone...

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sezioni unite civili; sentenza 19 dicembre 2003, n. 19550; Pres. Carbone, Est. Berruti, P.M. Martone (concl. conf.); Soc. B.L. Macchine automatiche (Avv. Aureli, Caltabiano) c. Windmoller &Holscher KG (Avv. Cerulli Irelli, Trevisan). Conferma App. Bologna 26 luglio 2000 Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 9 (SETTEMBRE 2004), pp. 2463/2464-2467/2468 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23199401 . Accessed: 24/06/2014 23:29 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.121 on Tue, 24 Jun 2014 23:29:24 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 19 dicembre 2003, n. 19550; Pres. Carbone, Est. Berruti, P.M.Martone (concl. conf.); Soc. B.L. Macchine automatiche (Avv. Aureli, Caltabiano) c. Windmoller&Holscher KG (Avv. Cerulli Irelli, Trevisan). Conferma App. Bologna 26 luglio 2000Source: Il Foro Italiano, Vol. 127, No. 9 (SETTEMBRE 2004), pp. 2463/2464-2467/2468Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23199401 .

Accessed: 24/06/2014 23:29

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2463 PARTE PRIMA 2464

Svolgimento del processo. — Con decreto 21 marzo 2000 il

prefetto di Salerno rigettava l'istanza del cittadino del Marocco

Aziz Dhaim diretta ad ottenere la revoca (per ragioni sopravve nute) del decreto di espulsione adottato dal prefetto stesso e co

municatogli il 19 ottobre 1995. Avverso tale decreto, notificato

il 4 marzo 2002, il Dhaim ha proposto opposizione innanzi al

Tribunale di Salerno. L'adito giudice, costituitosi il prefetto, ha

dichiarato inammissibile il ricorso affermando che davanti al

giudice ordinario si sarebbero dovute proporre doglianze affe

renti il decreto 19 ottobre 1995 (viceversa non impugnato) e non

già quelle relative al diniego della sua revoca, che si sarebbero

dovute formulare innanzi al giudice amministrativo ma che la

tardività dell'opposizione al decreto del 1995 impediva anche di

prendere in esame quelle censure che afferivano l'atto di espul sione. Per la cassazione di tale decreto il Dhaim ha proposto ri

corso il 25 maggio 2002, al quale l'intimato prefetto non ha op

posto alcuna attività difensiva.

Motivi della decisione. — Il ricorso — che denunzia la viola

zione degli art. 2 e 13, 8° comma, d.leg. 286/98, per avere il

giudicante ignorato che al medesimo era attribuito non solo di conoscere della legittimità dell'atto di espulsione ma anche

della validità dell'atto del prefetto che rigettava l'istanza di re

voca dell'espulsione stessa — è meritevole di accoglimento. Questa corte, infatti, a sezioni unite, ha di recente e più volte

affermato (sez. un. 6635/03, Foro it., Mass., 572; 2513/02, id.,

Rep. 2002, voce Straniero, n. 171; 11725/02, ibid., n. 80) che dall'art. 2 d.leg. 286/98 deriva con chiarezza il precetto affe rente la parità di trattamento dei cittadini c.d. extracomunitari con quelli degli Stati appartenenti all'Unione europea relativa mente alla tutela dei diritti e degli interessi legittimi nei rapporti con la pubblica amministrazione e che, conseguentemente, ra

gioni di coerenza sistematica e di effettività della tutela dei di

ritti soggettivi impongono che, al pari delle opposizioni avverso i decreti di espulsione, anche i ricorsi avverso il diniego della revoca di detti decreti —

pur emanati nel vigore della disciplina di cui al d.l. 416/89 convertito in 1. 39/90 — debbano essere

soggetti al controllo del giudice ordinario nelle forme statuite dal testo unico (gli art. 13 e 13 bis d.leg. 286/98 modificati pri ma dal d.leg. 113/99 e poi dalla 1. 189/02). Nel caso sottoposto il decreto del Tribunale di Salerno si è sottratto all'osservanza di tale principio, nel mentre avrebbe dovuto esaminare il ricorso e valutare se, tra i fatti nuovi assunti a base dell'istanza di revo ca proposta dal Dhaim, rigettata il 21 marzo 2000 (e notificata

gli il 4 marzo 2002), vi fossero situazioni e condizioni che il so

pravvenuto d.leg. 286/98 consentiva di ritenere impeditive del l'esecuzione dell'espulsione del 1995.

Cassato il decreto, si rinvia al Tribunale di Salerno.

sione del prefetto — come risulta dalla lettera dell'art. 13 d.leg. 286/98 — ma anche i provvedimenti adottati dal prefetto sulle istanze di revo ca dei provvedimenti di espulsione, e, in secondo luogo, che tale con trollo deve ritenersi riservato al giudice ordinario, nelle forme previste dagli art. 13, 8° e 10° comma, e 13 bis d.leg. cit.

Cfr., altresì, Cass., sez. un., 5 agosto 2002, n. 11725, ibid., n. 80, se condo cui, mentre è rimessa al giudice ordinario la cognizione delle

impugnative avverso il decreto prefettizio di espulsione amministrativa dello straniero, rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo

ogni controversia relativa al diniego o al mancato rinnovo del permesso di soggiorno, essendo, questi ultimi, provvedimenti discrezionali e non vincolati come il decreto di espulsione ex art. 13 d.leg. 286/98.

II. - Sui limiti che incontra la giurisdizione ordinaria nel controllo sui

provvedimenti che conducono all'espulsione, v. Trib. Vercelli 17 no vembre 2001, ibid., n. 178, che ha evidenziato come, in caso di decreto

prefettizio di espulsione dello straniero conseguente al rifiuto o alla re voca del permesso di soggiorno da parte della questura, il giudice ordi nario investito del ricorso avverso il decreto prefettizio non possa sin dacare in via incidentale la legittimità dell'atto presupposto emesso dal

questore ai fini di una sua eventuale disapplicazione ex art. 5 1. 20 mar zo 1865 n. 2248, ali. E.

III. - Con precipuo riguardo alla revoca del provvedimento espulsivo, Cass. 23 maggio 2003, n. 8191, id., Mass., 744, ha stabilito che, ai sen si dell'art. 33 1. 189/02, nonché dell'art. 2 d.l. 9 settembre 2002 n. 195, convertito, con modificazioni, dalla 1. 9 ottobre 2002 n. 222, la conclu sione del procedimento di emersione di lavoro irregolare, con il rilascio del permesso di soggiorno, comporta la revoca del decreto prefettizio, già adottato, di espulsione dello straniero per mancata richiesta di quel permesso, con conseguente inammissibilità, per cessazione della mate ria del contendere, del ricorso per cassazione proposto avverso la deci sione del tribunale resa in sede d'impugnazione del detto decreto di

espulsione.

Il Foro Italiano — 2004.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 19

dicembre 2003, n. 19550; Pres. Carbone, Est. Berruti, P.M.

Martone (conci, conf.); Soc. B.L. Macchine automatiche

(Avv. Aureli, Caltabiano) c. Windmoller & Holscher KG

(Avv. Cerulli Irelli, Trevisan). Conferma App. Bologna 26

luglio 2000.

Giurisdizione civile — Convenzione di Bruxelles 27 settem

bre 1968 — Straniero — Azione di accertamento negativo — Giurisdizione del giudice italiano — Esclusione — Fat tispecie (L. 21 giugno 1971 n. 804, ratifica ed esecuzione della convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale

e protocollo, firmati a Bruxelles il 27 settembre 1968: con

venzione, art. 2, 5).

Deve dichiararsi il difetto di giurisdizione del giudice italiano a

conoscere della domanda di accertamento della mancanza di

illiceità brevettuale di una condotta di mercato e di inesisten

za di concorrenza sleale, proposta da società italiana nei

confronti di società avente sede all'estero. (1)

Svolgimento del processo. — Con citazione del 3 novembre

1994 la B.L. Macchine automatiche s.p.a. conveniva davanti al

Tribunale di Bologna la società Windmoller & Holscher chie

dendo che fosse accertato che l'attività di produzione e messa in

commercio da parte di essa attrice delle macchine insaccatrici

Compacta non costituiva violazione dei diritti di esclusiva fon

dati sul brevetto europeo per invenzione n. 0.082.955, concesso

il 22 maggio 1988 per una serie di paesi europei tra i quali l'I

talia di cui era titolare la Windmoller & Holscher, avente per titolo «dispositivo per riempire sacchi», né aveva dato luogo

pertanto a concorrenza sleale nei confronti della società tedesca

convenuta. Chiedeva quindi che in conseguenza del predetto ac

certamento negativo fosse dichiarato che alcuna obbligazione ri

sarcitoria gravava su essa attrice nei confronti della convenuta.

La convenuta resisteva, eccependo preliminarmente la caren

za di giurisdizione del giudice italiano per esservi quella del

giudice germanico ai sensi dell'art. 5, n. 3, della convenzione di

Bruxelles del 27 settembre 1968 ratificata con 1. n. 804 del

1971, ed in subordine l'incompetenza per territorio del Tribu

nale di Bologna. Contestava nel merito la pretesa. Il Tribunale di Bologna dichiarava il difetto di giurisdizione

del giudice italiano ai sensi dell'art. 5, n. 3, della convenzione di Bruxelles. Proponeva appello la B.L. Macchine automatiche e

la corte di Bologna lo respingeva. Il secondo giudice prendeva le mosse dalla nozione di «de

litto o quasi delitto» di cui alla citata norma della convenzione

rilevando che essa, secondo la giurisprudenza della corte del

Lussemburgo, deve essere considerata autonoma e tale da com

prendere ogni domanda tendente all'accertamento della respon sabilità del convenuto che non si riallaccia alla materia contrat tuale. Conseguentemente ogni processo che abbia a fondamento non già un'azione di responsabilità ovvero di accertamento della illiceità di un fatto, bensì quella della liceità di una con dotta è estraneo al criterio di collegamento di cui si tratta.

La sentenza in esame quindi respingeva la tesi dell'appellan te, secondo il quale alla fattispecie sarebbe applicabile l'art. 20

c.p.c., giacché invece tale norma potrebbe essere invocata solo

(1) In termini, in senso conforme, cit. in motivazione, Cass., sez. un., 8 agosto 1989, n. 3657, Foro it., 1990,1, 117, con nota di De Marzo, e Giust. civ., 1990, I, 1032, con nota di Lugato, Interpretazione di alcu ne disposizioni della convenzione «giudiziaria» di Bruxelles del 1968 e azioni di accertamento preventivo negativo, e Nuova giur. civ., 1990,1, 299, con nota di Spolidoro.

Conforme sull'interpretazione della nozione di «materia di delitti o

quasi delitti» di cui all'art. 5, n. 3, della convenzione, quale nozione autonoma, tendente all'accertamento della responsabilità del convenuto e non rientrante nella materia contrattuale di cui all'art. 5, n. 1, nel caso di domanda dell'attore intesa ad ottenere il riconoscimento del diritto alla pubblicazione, diffusione e distribuzione di rivista, cit. in motiva zione, Cass., sez. un., 13 febbraio 1993, n. 1821, Foro it., Rep. 1994, voce Giurisdizione civile, n. 82, e Riv. dir. internaz. privato e proc., 1994, 354.

Sull'art. 5, n. 3, della convenzione cit., in particolare sull'identifica zione del «luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto», da ultimo, Cass., sez. un., ord. 10 luglio 2003, n. 10896, Foro it., 2004,1, 1190, con nota di richiami.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

nell'ambito dei criteri di ripartizione della competenza nazio

nale. Secondo la corte bolognese l'art. 5, n. 3, della convenzio

ne pone l'accento sull'illecito compiuto e non su quello poten ziale o paventato, cosicché esso presuppone non solo che si di

scuta di un fatto che si pretende avvenuto, ma anche che di quel fatto si alleghi positivamente l'illiceità. Il che non avviene nel

caso in cui, come quello di specie, si proponga invece un'azione

finalizzata alla declaratoria di liceità di un comportamento identificata dalla sua formulazione ai sensi dell'art. 5 c.p.c.

Contro questa sentenza ricorre per cassazione con un motivo

la B.L. Macchine automatiche s.p.a. lamentando ancora l'erro

neità della esclusione della giurisdizione italiana. Resiste con

controricorso la Windmoller & Holscher. La ricorrente ha depo sitato una memoria.

Motivi della decisione. — 1. - La società ricorrente, per so

stenere la giurisdizione del giudice nazionale, afferma che la

corte di merito ha anzitutto errato nel ritenere che le formule

dell'art. 20 c.p.c., che impone la piena specularità sotto il pro filo del radicamento della competenza tra azione di accerta

mento positivo ed azione di accertamento negativo, e dell'art. 5,

n. 3, della convenzione di Bruxelles si differenziano solo nel

fatto che la norma codicistica comprende tanto le obbligazioni contrattuali quanto quelle extracontrattuali, mentre quella con

venzionale riguarda solo le obbligazioni da fatto illecito, in

quanto alle obbligazioni contrattuali la convenzione dedica la

previsione del n. 1 dello stesso art. 5. Invece l'autonomia della

nozione di delitto o di quasi delitto, secondo la ricorrente, ri

guarda solo i fatti costitutivi della responsabilità in questione la

quale non si differenzia affatto dalla nozione tipica del diritto

nazionale, di illecito extracontrattuale alla quale per l'appunto si

riferisce l'art. 20 c.p.c. In ogni causa di accertamento, tanto po sitivo che negativo, secondo questa prospettazione, il fatto giu ridico che ne forma oggetto è per definizione presentato come

lecito da una parte e come illecito dall'altra, cosicché non si può

giustificare la tesi per la quale il criterio di collegamento di cui

alla norma convenzionale si debba individuare solo nel caso in

cui l'illiceità sia affermata dall'attore anziché dal convenuto.

1.a. - In proposito la ricorrente menziona la giurisprudenza nazionale che stabilisce la medesima competenza per le azioni

di accertamento sia positivo che negativo della contraffazione

brevettuale. La ricorrente rileva pure che la giurisprudenza ci

tata dalla sentenza impugnata e segnatamente la sentenza delle

sezioni unite n. 3657 del 1989 (Foro it., 1990, I, 117) lungi dal confermarne l'impostazione ha invece, almeno implicitamente, affermato la competenza del giudice italiano per le azioni di ac

certamento negativo. Quindi sostiene che una controversia in

staurata in Italia circa la qualificazione in termini di non illiceità

brevettuale di un'attività svolta anch'essa in Italia rivela un

collegamento stretto con il giudice italiano, non minore di

quello che si riconosce in una controversia instaurata per far af

fermare l'illiceità del medesimo comportamento. 2. - Osserva il collegio che l'art. 2 della convenzione di

Bruxelles del 27 settembre 1968 stabilisce al 1° comma:

«Salve le disposizioni della presente convenzione, le persone aventi il domicilio nel territorio di uno Stato contraente sono

convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti agli or

gani giurisdizionali di tale Stato».

La norma stabilisce in tal modo il principio generale della

materia, garantendo a tutte le persone che si trovino ad essere

convenute in giudizio, incluse quelle giuridiche, il criterio di

collegamento con il giudice competente costituito dal domicilio.

Consegue a tale natura di criterio generale che le successive

previsioni della convenzione concernenti le competenze speciali enunciate nelle sezioni 2, 3 e 4, tra cui quella di cui si tratta ex

art. 5, n. 3, debbono essere interpretate comunque in modo da

non mettere a repentaglio il principio suddetto (v. Corte giust.

27 settembre 1988, causa 189/87, ibid., IV, 345, in particolare al

punto 8). La norma dell'art. 5, n. 3, dal suo canto, stabilisce una deroga

al predetto criterio del domicilio del convenuto, introducendo la

possibilità che il medesimo venga convenuto presso il giudice di

altro Stato contraente «in materia di delitti o quasi delitti, da

vanti al giudice del luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto».

2.a. - Non vi è dubbio, a parere del collegio, che la norma, sia

pure con un'espressione in parte superata (quasi delitto), faccia

riferimento, come afferma la ricorrente, all'ipotesi generale

Il Foro Italiano — 2004.

della responsabilità extracontrattuale, tuttavia la sua autonomia,

chiarita dalla giurisprudenza della corte del Lussemburgo alla

quale la Corte di cassazione nelle pronunce citate anche in sen

tenza è stata sempre attenta (v. Cass., sez. un., n. 1179/SU del

2000, id., Rep. 2001, voce Giurisdizione civile, n. 92, ed il ri chiamo a Corte giust. 27 settembre 1988, causa 189/87, e 27

ottobre 1998, causa C-51/97, id., Rep. 1999, voce cit., nn. 99,

114, 116), è data dal suo ambito, che comprende qualsiasi do

manda che da un canto non si collega ad una causa contrattuale,

ma dall'altro implica la responsabilità extracontrattuale del

convenuto. Non dunque, come la ricorrente ritiene, ogni do

manda che richiami comunque una possibile, anche futura que stione di responsabilità extracontrattuale, bensì solo una do

manda che tenda ad accertare un danno, ovvero che sia funzio

nalmente ed inevitabilmente collegata ad un tale accertamento

(v. Cass., sez. un., n. 3657 del 1989 in motivazione, esattamente

considerata dalla corte di Bologna), giacché, come la dottrina

non ha mancato di notare, l'espressione «in cui l'evento danno

so è avvenuto» impone che presupposto di tale giurisdizione de

rogatoria di quella generale di cui all'art. 2 sia un danno che si

pretende certo e, come tale, antecedente la domanda.

La ratio della eccezione, da interpretarsi per la ragione che si

è detta in modo da non compromettere il principio espresso al

l'art. 2 della convenzione ed analoga a quella che emerge da

simili disposizioni di diritto interno di vari paesi contraenti (ve

di ancora sez. un. ult. cit. al punto 4), è data dalla considerazio

ne della migliore attitudine del giudice del luogo in cui l'evento

dannoso si è, in tesi, verificato, ad accertarlo o ad escluderlo,

unitamente alle sue conseguenze. Il giudice dell'evento dannoso

è, nella materia che ne occupa, il giudice del fatto di mercato

piuttosto che dell'atto, ovvero della legittimità o della illegitti mità della posizione giuridica di natura brevettuale che si allega

(v. sez. un. n. 1821 del 1993, id., Rep. 1994, voce cit., n. 92).

Tale ratio non si ravvisa nella materia della responsabilità contrattuale nella quale l'accertamento o l'esclusione dell'e

vento dannoso coincide con quello riguardante la validità e l'ef

ficacia dell'obbligo. Cosicché, pare il caso di precisare per completezza di ragio

namento, non è richiamabile nemmeno la giurisprudenza di que ste sezioni unite che peraltro nella diversa materia della conven

zione di Lugano del 1988, resa esecutiva in Italia con la 1. n.

198 del 1992, hanno ritenuto la domanda di accertamento nega

tivo dell'esistenza di un vincolo contrattuale ricadente nella

previsione del foro speciale analogamente alle domande dirette

alla realizzazione del vincolo stesso (v. sez. un. n. 5108 del

2003, id., Mass., 436). Consegue a tale impostazione che è alla base delle citate

sentenze delle sezioni unite e dalla quale il collegio non ha ra

gione di discostarsi, che la suggestiva affermazione della ricor

rente, secondo la quale ogni domanda di accertamento della le

gittimità, ovvero della non illegittimità, di un comportamento

possiede un'altra faccia, inevitabilmente costituita dall'accer

tamento, a contrario, della illiceità, richiesto tuttavia da quegli che rispetto alla prima domanda si atteggerebbe come conve

nuto, non coglie nel segno. La domanda di accertamento negati vo della illiceità ovvero di accertamento positivo della liceità

non presuppone affatto un evento dannoso e quindi non è fun

zionale all'accertamento di un danno. Non si tratta pertanto, come afferma la società ricorrente, di domande sostanzialmente

identiche e differenziate appunto dalla diversità degli attori. Si

tratta piuttosto, beninteso nella logica autonoma dell'art. 5, n. 3,

della convenzione che si è innanzi richiamata, di domande di

verse, una delle quali è funzionale alla domanda di risarcimento

di un danno in tesi certo, e l'altra che esplicitamente lo esclude

con ciò ponendosi fuori della ipotesi derogatoria in questione. Conclusivamente nella domanda di accertamento della man

canza di illiceità brevettuale di una condotta di mercato ed in

quella conseguente di inesistenza per quel titolo, di una concor

renza sleale, non si riscontra la ratio che giustifica la deroga alla

giurisdizione del giudice del luogo del danno. L'attore che ri

chiede siffatto accertamento fonda la sua domanda sulla pretesa

inefficacia, nei suoi confronti di eventuali titoli brevettuali altrui

ovvero sulla loro inesistenza. Pertanto, consentirgli di adire il

giudice del luogo nel quale il danno non si sarebbe, per sua af

fermazione, verificato, significherebbe impedire alla controparte

di far valere, in base al danno che invece essa affermasse positi

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2467 PARTE PRIMA

vamente, il suo diritto ad agire innanzi al giudice de) luogo in cui «l'evento dannoso è avvenuto».

3. - E appena il caso di precisare che non hanno pregio le ac

cuse di cattiva lettura della giurisprudenza della Cassazione

mosse dalla ricorrente alla corte bolognese né quelle di avere

dimenticato la giurisprudenza nazionale che, nella materia della

contraffazione brevettuale, assimila quanto alla competenza del

giudice il regime delle domande di accertamento negativo a

quello delle domande di accertamento positivo. Tale giurispru denza non rileva infatti in una questione che oppone soggetti re

sidenti in Stati diversi ma tutti aderenti alla convenzione di

Bruxelles, rispetto alla quale valgono, s'è detto, il principio ge nerale di cui all'art. 2 della predetta e quindi le competenze spe ciali e le deroghe accertate in base alle nozioni che la conven

zione stessa fonda.

4. - In conclusione il ricorso deve essere rigettato e deve esse

re dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 5 di cembre 2003, n. 18654; Pres. Nicastro, Est. Chiarini, P.M.

Cafiero (conci, conf.); L. Tomaiuolo (Avv. G. Tomaiuolo) c.

Sassi (Avv. Agnusdei). Cassa App. Bari 1° giugno 2000.

Contratti agrari — Contratto per la coltivazione della bar

babietola — Durata inferiore ad un anno — Assistenza di una sola associazione di categoria — Nullità (L. 3 mag

gio 1982 n. 203, norme sui contratti agrari, art. 45). Contratti agrari — Clausole nulle — Sostituzione — Fatti

specie (Cod. civ., art. 1339, 1419; 1. 3 maggio 1982 n. 203, art. 45, 58).

E nullo il contratto per la coltivazione della barbabietola di du rata inferiore ad un anno, stipulato ex art. 45 l. 203/82, ove i

contraenti non siano stati assistiti dai rappresentanti delle ri

spettive organizzazioni professionali (nella specie, il con tratto era stato stipulato con la presenza del solo rappresen tante dell'organizzazione professionale indicato dal conce

dente). (1) Le clausole di un contratto agrario che derogano alla disciplina

legale, nulle per effetto dell'art. 58 l. 203/82, se stipulate in

violazione dell'art. 45 stessa legge, sono sostituite da quelle legali, ai sensi del combinato disposto degli art. 1339 e 1419, 2° comma, c.c. (2)

(1-2) I. - Il proprietario che aveva concesso il fondo rustico per la coltivazione stagionale della barbabietola, assistito dal rappresentante dell'organizzazione di categoria denominata centro di azione rurale di

Foggia, conveniva in giudizio innanzi alla competente sezione specia lizzata agraria il concessionario per il pagamento del canone pattuito. Il concessionario chiedeva la riduzione del canone ad equità, e l'adita se zione specializzata agraria accoglieva la domanda del concedente e

quella del concessionario, con la riduzione del canone pattuito, in

quanto la coltivazione della barbabietola, benché non stagionale né in

tercalare, era soggetta all'equo canone.

Proposto appello da parte del concedente, ed appello incidentale dal concessionario, la corte del merito dichiarava la nullità del contratto

stipulato in violazione dell'art. 45 1. 203/82, per essere intervenuto nella stipula del contratto il solo rappresentante del centro di azione ru rale su richiesta del concedente, e statuendo che non poteva aversi so stituzione delle clausole nulle con quelle legali, perché gli effetti del contratto si erano esauriti da circa tredici anni e non vi era stata do manda in tal senso.

Proposto dal concedente ricorso per cassazione, la sentenza riportata ha confermato la nullità del contratto per la coltivazione della barba bietola, per violazione dell'art. 45 1. 203/82, non essendo stati i con traenti assistiti dalle rispettive organizzazioni professionali maggior mente rappresentative a livello nazionale.

E stata richiamata la disputa se le organizzazioni professionali do

II Foro Italiano — 2004.

Svolgimento del processo. — Tomaiuolo Leonardo, proprieta

rio di un fondo ubicato in agro di Foggia, contrada Scappatura, di ettari dieci, dato in concessione a Sassi Felice per coltivarlo a

barbabietola per l'annata 1986/1987, in data 21 gennaio 1999

conveniva dinanzi alla sezione specializzata del Tribunale di

Foggia Sassi Felice — dopo che il tribunale in composizione

ordinaria si era dichiarato incompetente non potendo considera

re la coltivazione delle barbabietole una coltivazione intercalare

a norma dell'art. 56 1. 203/82 — deducendo: 1) con contratto

del 9 dicembre 1986, a scadenza 30 settembre 1987, nel centro

di azione rurale e con l'intervento del direttore di esso per spie

vessero essere necessariamente diverse, ma si è affermato che la giuris prudenza di legittimità aveva superato la detta disputa nel senso che

l'organismo professionale poteva anche essere unico, purché le parti fossero almeno assistite da due rappresentanti dei rispettivi interessi per evitarne la presunzione di conflitto.

È stato invece accolto il secondo motivo di ricorso, con il principio di cui alla massima, affermandosi che a norma dell'art. 58, 1° comma, 1. 203/82 le convenzioni in contrasto con le norme imperative di detta

legge sono nulle di pieno diritto, e la nullità è rilevabile d'ufficio dal

giudice, sottolineando che il relativo potere-dovere è indipendente dal l'attività assertiva delle parti e perciò non soggiace alle preclusioni o alle limitazioni legali come se fosse configurabile una domanda nuova o un'eccezione in senso stretto, se l'atto affetto da nullità costituisce il fatto costitutivo della domanda (sono state richiamate Cass. 26 agosto 2002, n. 12482, Foro it., Rep. 2002, voce Contratto in genere, n. 487; 6

agosto 2003, n. 11847, id., Mass., 1105). II. - La giurisprudenza che ha dato avvio alla disputa richiamata dalla

sentenza riportata, è Cass. 26 ottobre 1994, n. 8781, id., Rep. 1995, vo ce Contratti agrari, n. 67, e Dir. e giur. agr. e ambiente, 1995, 560, con nota di Masini: questa sentenza aveva affermato che sono validi i con tratti in deroga ex art. 45 1. 203/82, stipulati con la presenza di una sola

organizzazione professionale agricola, purché le parti siano assistite da due rappresentanti dei rispettivi interessi (nella specie, la sola organiz zazione professionale agricola era stata la Confagricoltura, e mentre una parte, nell'ambito della medesima organizzazione professionale, era stata assistita dall'associazione dei piccoli e medi proprietari, l'altra era stata assistita dall'associazione degli affittuari).

In argomento, Cass. 13 luglio 1993, n. 7745, Foro it., 1994, I, 476, con nota di richiami, aveva affermato che l'assistenza delle rispettive organizzazioni professionali non tutelava un interesse superiore a

quello delle parti, e configurando la norma di cui all'art. 23 1. 11/71

un'ipotesi di mera annullabilità del contratto, ne veniva di conseguenza che la mancata assistenza poteva essere fatta valere soltanto dalla parte interessata. Nello stesso senso, Cass. 27 luglio 1990, n. 7572, id., Rep. 1990, voce cit., n. 247, nella quale si precisava che l'assistenza doveva essere effettiva.

In precedenza, diversamente, Cass. 20 settembre 1978, n. 4240, id., 1979, I, 82, con nota di D. Bellantuono, aveva affermato che l'assi stenza di organi istituzionalmente qualificati doveva consistere nella

partecipazione (del giudice e dell'associazione di categoria), attiva e

cosciente, alla fase preventiva e dinamica della conciliazione, diretta alla formazione dell'accordo in deroga, e non già limitarsi alla semplice affermazione, successiva e statica, di un accordo già raggiunto. Ed ave va affermato, la richiamata sentenza, che la funzione conciliativa e

protettiva, istituzionalmente assegnata alle associazioni di categoria, ri

guardava non soltanto gli interessi dei singoli, ma anche quelli colletti vi, rappresentati dalle stesse associazioni. Conforme Cass. 14 marzo

1980, n. 1725, id., Rep. 1981, voce cit., n. 245. La questione dell'assistenza delle organizzazioni professionali per

gli accordi in deroga ex art. 23 1. 11/71, era stata posta anche da Trib. Crema 28 dicembre 1986, id., Rep. 1988, voce cit., n. 333, e Giur. agr. it., 1987, 611, con nota di Cinquetti, sotto l'aspetto che ai fini della validità delle rinunce e delle transazioni l'assistenza delle organizza zioni professionali poteva essere prestata da un dipendente dell'orga nizzazione professionale, anche se non investito di alcuna funzione di

rappresentanza. Il commento richiamato aveva sottolineato che la coin cidenza nella stessa persona di colui che doveva tutelare i contrapposti interessi della proprietà e dell'affittuario, portava ad una elisione della funzione di assistenza, con la conseguenza della mancata tutela dell'af fittuario. E si aggiungeva che la funzione conciliativa di cui all'art. 23 1. 11/71 attribuita alle organizzazioni professionali, non riguardava esclusivamente l'interesse privato del singolo assistito, ma toccava in teressi sovraordinati, di rilevanza sicuramente pubblica.

Trib. Foggia 22 luglio 1993, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 72, e Dir. e giur. agr. e ambiente, 1995, 114, con nota di Martorana, aveva ritenuto che la funzione di garanzia che le organizzazioni professionali dovevano svolgere nell'iter formativo degli accordi in deroga ex art. 45 1. 203/82, era rimessa alla loro competenza, sagacia e capacità operati va, nonché all'idoneità delle istituzioni preposte all'assistenza delle

parti a rappresentarne gli interessi in sede negoziale; ne derivava che il

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