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sezioni unite civili; sentenza 19 marzo 1997, n. 2432; Pres. Panzarani, Est. Prestipino, P.M....

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sezioni unite civili; sentenza 19 marzo 1997, n. 2432; Pres. Panzarani, Est. Prestipino, P.M. Dettori (concl. conf.); Soc. Stefin (Avv. Romoli, Rossi) c. Inps (Avv. Giordano, Fabiani, Gorga). Conferma Trib. Rimini 12 luglio 1995 Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 4 (APRILE 1997), pp. 1049/1050-1051/1052 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23191386 . Accessed: 28/06/2014 07:41 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.223.28.116 on Sat, 28 Jun 2014 07:41:01 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezioni unite civili; sentenza 19 marzo 1997, n. 2432; Pres. Panzarani, Est. Prestipino, P.M. Dettori (concl. conf.); Soc. Stefin (Avv. Romoli, Rossi) c. Inps (Avv. Giordano, Fabiani,

sezioni unite civili; sentenza 19 marzo 1997, n. 2432; Pres. Panzarani, Est. Prestipino, P.M.Dettori (concl. conf.); Soc. Stefin (Avv. Romoli, Rossi) c. Inps (Avv. Giordano, Fabiani, Gorga).Conferma Trib. Rimini 12 luglio 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 120, No. 4 (APRILE 1997), pp. 1049/1050-1051/1052Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23191386 .

Accessed: 28/06/2014 07:41

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

costituzionale (art. 3). È, infatti, evidente che — secondo la

tesi qui censurata — nella ipotesi in esame il deprezzamento del fondo, rapportando la relativa indennità al suo valore vena

le, potrebbe portare ad attribuire al suo titolare una indennità

anche maggiore rispetto a quella quantificabile, in base alla nuova

legge, in caso di espropriazione. 6.1. - L'accoglimento della censura assorbe l'esame del ricor

so incidentale, nella parte in cui esso pone in discussione la

determinazione dell'indennità di asservimento e di occupazione adottata in concreto dal giudice del merito; determinazione che

dovrà essere riconsiderata, in sede di rinvio, nell'ambito dell'ac

certamento da compiersi secondo i nuovi parametri normativi.

6.2. - Il ricorso va, invece, accolto nella parte in cui si conte

sta il criterio adottato dalla corte di appello nella determinazio

ne della indennità di occupazione.

È, infatti, evidente che gli interessi legali, cui la sentenza im

pugnata ha fatto riferimento a questo fine, devono essere com

misurati al valore venale del bene occupato, anziché ad una

percentuale da ragguagliarsi alla indennità di asservimento, non

essendoci ragione di operare una limitazione in presenza di una

occupazione totale del bene asservito.

7. - In conclusione, alla stregua delle considerazioni che pre

cedono, va accolto il ricorso principale e, in parte, va accolto

anche il ricorso incidentale.

Conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere cassata

e la causa rinviata per un nuovo esame alla Corte di appello di Catania.

Il giudice del rinvio deciderà adeguandosi ai suenunciati crite

ri interpretativi.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 19 mar

zo 1997, n. 2432; Pres. Panzarani, Est. Prestipino, P.M.

Dettori (conci, conf.); Soc. Stefin (Avv. Romoli, Rossi) c.

Inps (Avv. Giordano, Fabiani, Gorga). Conferma Trib. Ri

mini 12 luglio 1995.

Previdenza e assistenza sociale — Integrazione salariale ordina

ria — Autorizzazione — Annullamento — Domanda di cor

responsione — Giurisdizione amministrativa.

Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la cogni

zione della domanda con la quale il datore di lavoro, autoriz

zato ad anticipare ai dipendenti la integrazione salariale ordi

naria con provvedimento poi annullato dell'apposito comita

to, chiede, con la disapplicazione di siffatto provvedimento, la condanna dell'Inps alla corresponsione dell'importo della

ridetta integrazione. (1)

(1) In senso conforme, con puntualizzazione dei termini della que stione, sez. un. 10 ottobre 1994, n. 8274, Foro it., Rep. 1994, voce

Previdenza sociale, n. 527, per la quale, in tema di integrazione salaria

le, tanto quella ordinaria, autorizzata dall'Inps, quanto quella straordi

naria, autorizzata dal ministero del lavoro, l'insorgenza di posizioni di

diritto soggettivo, come tali suscettibili di tutela avanti il giudice ordi

nario, postula il provvedimento amministrativo di autorizzazione all'in

tegrazione medesima, il quale è atto caratterizzato da discrezionalità

amministrativa (che, peraltro, ad avviso della più recente sez. un. 8

gennaio 1997, n. 89, id., Mass., 8, si esaurisce nell'apprezzamento dei

fatti previsti dalla legge per la concessione del beneficio e non riguarda la estensione soggettiva dello stesso, con la conseguente estraneità al

provvedimento amministrativo della indi vidi-azione dei singoli lavorato

ri aventi diritto alla integrazione salariale, sorgendo tale diritto per ogni

singolo lavoratore dalla deferminazione sospensiva dell'obbligo retribu

tivo del datore di lavoro), sicché, prima del suo venire in essere, il

datore di lavoro ed il lavoratore sono portatori di meri interessi legitti mi rispetto ai benefici discendenti dalla disciplina normativa dell'inte

grazione, con l'ulteriore conseguenza che, ove lo stesso datore intenda

Il Foro Italiano — 1997.

Svolgimento del processo. — Con ricorso dell'I 1 febbraio 1994

la s.p.a. Stefanel Credit (già Compagnia finanziaria moda) con

veniva l'Inps davanti al Pretore di Rimini e chiedeva che il con

venuto fosse condannato a pagargli la somma di lire 238.960.000, oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria.

La ricorrente esponeva: — che con provvedimento del 26 giugno 1992, su conforme

deliberazione della competente commissione provinciale, dalla

sede Inps di Forlì era stata autorizzata ad anticipare l'integra zione salariale per un certo numero di suoi dipendenti relativa

mente a due distinti periodi del medesimo anno 1992; — che, successivamente, da parte del direttore della sede Inps

di Rimini era stato chiesto alla commissione di riesaminare l'au

torizzazione a suo tempo concessa; — che essendo stata respinta tale richiesta, il rappresentante

dell'istituto aveva proposto ricorso al comitato amministratore

della gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, con il quale aveva domandato che fossero annullate le autoriz

zazioni di integrazione salariale a suo tempo concesse; — che il ricorso, impugnato davanti al Tar per l'Emilia

Romagna (il quale, peraltro, aveva disatteso l'istanza di sospen

sione), era stato accolto dal suddetto comitato con provvedi mento del 26 novembre 1993;

— che tale provvedimento era da ritenersi illegittimo e dove

va quindi essere disapplicato dal giudice ordinario, essendo pa lese la violazione di legge per la contraddittorietà dei comporta menti posti in essere dall'istituto previdenziale, con la conse

guenza che quest'ultimo era tenuto a corrispondere l'integrazione salariale a suo tempo autorizzata.

Costituitosi in giudizio, l'istituto convenuto eccepiva in via

pregiudiziale il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e, nel merito, contestava la fondatezza della pretesa avversaria, di cui chiedeva il rigetto.

insorgere contro il diniego di autorizzazione, non può che adire il giudi ce amministrativo, ancorché la contestazione sia finalizzata alla realiz zazione del diritto al rimborso delle integrazioni anticipate. Conseguen ziale rilievo del principio dianzi ricordato, più volte emergente dalle enunciazioni della corte (cons., ad es., la richiamata Cass. 10 agosto 1989, n. 3679, id., Rep. 1989, voce cit., n. 615) è la precisazione (dovu ta a Cass. 10 ottobre 1994, n. 8275, id., Rep. 1994, voce cit., n. 526) secondo la quale, in tema di erogazione del trattamento di c.i.g. (sulla cui evoluzione normativa, cons. Papaleoni, Del Punta, Mariani, La nuova cassa integrazione guadagni e la mobilità, Cedam, Padova, 1993, con la successiva seconda nota di aggiornamento del 1994), il datore di lavoro in tanto può provvedere ai versamenti, compensandone poi gli importi con quello delle proprie obbligazioni contributive verso l'i

stituto, in quanto quest'ultimo sia effettivamente gravato dall'obbligo suddetto; pertanto, ove il datore di lavoro abbia visto rigettata la pro pria domanda di intervento della cassa integrazione, i pagamenti com

piuti in favore dei lavoratori nelle more della pronuncia del provvedi mento negativo costituiscono normale adempimento dell'obbligazione retributiva e non consentono la detrazione dei relativi importi dall'am

montare della contribuzione dovuta all'istituto assicuratore. Su una posizione non proprio coincidente con quella ribadita dalla

pronuncia in rassegna sembra, tuttavia, collocarsi sez. lav. 19 gennaio 1996, n. 415. Secondo tale pronuncia (id., Mass., 51), infatti, qualora il provvedimento di autorizzazione al trattamento di c.i.g. sia stato suc

cessivamente annullato d'ufficio dall'Inps, le erogazioni effettuate dal datore di lavoro ai lavoratori perdono ex tunc, per gli effetti retroattivi

propri dell'annullamento, il loro carattere anticipatorio delle prestazio ni a carico dell'istituto, sicché la controversia avente ad oggetto la pre tesa del datore alla restituzione delle suddette erogazioni attiene al rap porto interno fra l'istituto previdenziale e lo stesso datore, i quali sono

gli unici legittimati ad essa. Inoltre, sempre ad avviso della ridetta sent,

n. 415 del 1996, in caso di ammissione al trattamento di integrazione salariale, determinato da errore di fatto, l'Inps ha il potere di annullare

d'ufficio la relativa autorizzazione, in quanto illegittima per difetto dei

presupposti per la sua emanazione, e l'atto di annullamento, ove a sua

volta illegittimo, può essere disapplicato dal giudice ordinario ex art.

5 1. 20 marzo 1965 n. 2248, ali. E, restando peraltro escluso che il

potere di autoannullamento (sulla cui rilevanza, ai fini del riparto di

giurisdizione tra giudice ordinario e amministrativo, cons. sez. un. 13

aprile 1989, n. 1752, id., 1989, I, 1415, e ivi in nota i rilievi sul punto di C. M. Barone) trovi ostacolo nell'intervallo di tempo trascorso dal

l'emissione del provvedimento da annullare. Per quanto riguarda, infine, la questione più generale, considerata

dalle sezioni unite, della tutelabilità delle posizioni soggettive correlate

a provvedimenti amministrativi autorizzatori, v. Trib. Roma 26 feb

braio 1994, id., 1994, I, 3050, con richiami e osservazioni di S. Benini.

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1051 PARTE PRIMA 1052

Con sentenza del 24 novembre 1994 il pretore dichiarava il

proprio difetto di giurisdizione, essendo — a suo dire — com

petente a decidere la causa il giudice amministrativo e questa

decisione, impugnata dalla società, veniva confermata dal Tri

bunale di Rimini con sentenza del 12 luglio 1995.

Il tribunale osservava che l'integrazione salariale non può dirsi

concessa se non quando il provvedimento diventa definitivo do

po la pronuncia del competente comitato, con la conseguenza che nella specie la società avrebbe dovuto impugnare davanti

al giudice amministrativo il provvedimento del suddetto comita

to con il quale era stato accolto il ricorso avverso la deliberazio

ne della commissione provinciale ed era stata quindi negata l'am

missione all'integrazione salariale.

Avverso questa sentenza ricorre per cassazione la società Ste

fanel, ora denominata s.p.a. Stefin, la quale, con un unico com

plesso motivo illustrato da memoria, chiede che sia dichiarata

la giurisdizione del giudice ordinario. Resiste con controricorso

l'Inps. Motivi della decisione. — Con l'unico motivo dell'impugna

zione la società ricorrente, nel denunciare la violazione dell'art.

2 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, in relazione all'art. 360, 1° comma, n. 1, c.p.c., lamenta che il tribunale abbia dichiara

to il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e sostiene: a) che la deliberazione di autorizzazione all'integrazione salaria

le, emanata il 24 giugno 1992, non essendo stata impugnata, era divenuta definitiva; b) che questa situazione aveva fatto sor

gere un diritto soggettivo in capo ad essa società, beneficiaria

del provvedimento; c) che il ricorso, proposto dal rappresentan te dell'Inps in seno alla commissione avverso la successiva deli

berazione con la quale la medesima commissione aveva rigetta to la domanda di revoca dell'autorizzazione, era illegittimo in

quanto assunto al di fuori delle ipotesi e senza l'osservanza del

le prescrizioni previste dalla legge e dal regolamento Inps; d) che tale illegittimità deve essere accertata dal giudice ordinario

in via incidentale allo scopo dell'emanazione della chiesta pro nuncia di condanna dell'Inps all'adempimento dell'obbligazio ne relativa alla erogazione della prestazione previdenziale; e) che, in ogni caso, il giudice ordinario deve accertare, sempre in via

incidentale, l'illegittimità del provvedimento con il quale il co

mitato amministrativo ha accolto il suddetto ricorso, illegittimi tà che deriva, in primo luogo, dal fatto che la decisione è inter

venuta dopo il novantunesimo giorno dalla notificazione del ri

corso dell'Inps e, in secondo luogo, dal fatto che la decisione stessa è stata adottata da uno dei vice commissari, non legitti mato a ricevere la delega da parte del commissario.

Il ricorso è privo di fondamento. Come va preliminarmente

rilevato, in materia di integrazione salariale — tanto quella or

dinaria autorizzata dall'Inps, quanto quella straordinaria auto

rizzata dal ministero del lavoro — mentre prima del provvedi mento di autorizzazione, costituente atto di natura discreziona le e di portata costitutiva, il datore di lavoro e i lavoratori da

questo dipendenti sono portatori di meri interessi legittimi ri

spetto ai benefici discendenti dalla disciplina dettata dalla legge, con la conseguenza che, in caso di diniego dell'autorizzazione, sussiste la necessità di adire il giudice amministrativo, una volta emanato il provvedimento sorgono in capo agli interessati posi zioni di diritto soggettivo, tutelabili in quanto tali davanti al

giudice ordinario (v., fra le tante sentenze che hanno tradotto nella materia dell'integrazione salariale i principi generali detta ti in tema di ripartizione della giurisdizione fra il giudice ordi nario e quello amministrativo a seconda che si faccia valere la violazione di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo, Cass., sez. un., 10 agosto 1989, n. 3679, Foro it., Rep. 1989, voce Previdenza sociale, n. 615).

Come è necessario aggiungere, peraltro, secondo la giurispru denza è pure regola generale quella secondo cui, qualora venga d'ufficio annullato o revocato, da parte del medesimo organo che l'aveva emanato (o da diverso organo a ciò legittimato dal la legge) e in applicazione del principio di autotutela della pub blica amministrazione, il provvedimento amministrativo che aveva fatto sorgere nel privato posizioni di diritto soggettivo, tali po sizioni degradano (o si affievoliscono) in interessi legittimi, dal momento che l'annullamento e la revoca sono atti dell'ammini strazione in relazione ai quali al privato è riconosciuta una po sizione di interesse legittimo alla conservazione della situazione

Il Foro Italiano — 1997.

preesistente, la quale, per ciò solo, può essere tutelata solamen

te facendo ricorso alla giurisdizione del giudice amministrativo

(cfr., fra le tante sentenze risalenti nel tempo, Cass., sez. un., 26 ottobre 1972, n. 3268, id., Rep. 1972, voce Giurisdizione civile, n. 90; nonché Cass., sez. un., 21 febbraio 1974, n. 494,

id., 1974, I, 2074, e, più di recente, Cass., sez. un. 24 gennaio

1995, n. 820, id., Rep. 1995, voce Commercio (disciplina), n. 96, e 5 marzo 1993, n. 2670, id., Rep. 1993, voce Giurisdizione civile, n. 107). La validità di questa regola, del resto, è pure

pacificamente riconosciuta dalla dottrina, perché questa sostie

ne che il diritto soggettivo del privato, derivante da un provve dimento amministrativo di autorizzazione o di concessione, è

soggetto ad affievolimento qualora sullo stesso incida il potere

dell'organo pubblico a tutela del superiore interesse collettivo; di tal che, ove il suddetto privato — senza contestare l'esistenza

del potere che l'amministrazione ha sulla materia (v., al riguar do anche Cass., sez. un., 9 novembre 1992, n. 1207, id., Rep. 1992, voce Lavoro portuale, n. 14) — deduca che l'atto di auto

rizzazione o di concessione sia stato illegittimamente annullato

o revocato, la relativa controversia appartiene al giudice ammi

nistrativo, mentre solo successivamente, a seguito di favorevole

pronuncia, potrà essere adito il giudice ordinario allo scopo di

ottenere nei confronti della pubblica amministrazione la con

danna al risarcimento del danno (Cass., sez. un., 11 marzo 1992, n. 2957, ibid., voce Giurisdizione civile, n. 152). E in conclusio ne, quindi, per rispondere all'obiezione di fondo dedotta dalla

ricorrente, si deve affermare che la disposizione contenuta nel

l'art. 5 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, sull'abolizione del contenzioso amministrativo, deve essere rettamente intesa, do

vendo essere la stessa interpretata «in necessaria correlazione

con le altre norme contenute nella medesima legge, atteso che

il potere di disapplicare gli atti amministrativi illegittimi spetta al giudice ordinario solamente nelle materie devolute alla sua

giurisdizione e cioè nelle materie nelle quali si faccia questione di un diritto soggettivo» (così testualmente Cass., sez. un., 21

febbraio 1974, n. 494, in motivazione, sopra indicata). Nella specie, come si evince dagli atti, il provvedimento di

autorizzazione dell'integrazione salariale ordinaria, emanato nei

confronti della società ricorrente, è stato annullato dal compe tente comitato per (l'asserito) difetto delle condizioni dettate in materia dalla legge. L'attuale posizione giuridica della mede

sima ricorrente, pertanto, trae titolo non tanto dall'originario

provvedimento autorizzativo — giacché, se così fosse, non si

potrebbe seriamente obiettare, in base al primo fra tutti i prin cipi di diritto sopra enunciati, che l'eventuale inadempimento dell'ente previdenziale dovrebbe essere oggetto di esame e di

decisione da parte del giudice ordinario — quanto dal successi

vo provvedimento con il quale è stata annullata l'autorizzazione

all'integrazione salariale. Ragion per cui, in applicazione degli altri principi di diritto sopra esposti, poiché l'atto di annulla mento — del quale la società Stefin denuncia «l'illegittimità» a causa dell'asserita esistenza di numerosi vizi di violazione di

legge — ha fatto affievolire il diritto soggettivo, in precedenza sorto in capo alla medesima, in interesse legittimo, non può revocarsi in dubbio che la tutela di questa (diversa) posizione giuridica soggettiva deve essere fatta valere davanti al giudice amministrativo e non davanti al giudice ordinario.

Tenuto conto di tutti i rilievi svolti, il ricorso deve essere ri

gettato e deve essere dichiarata la giurisdizione del giudice am ministrativo.

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