sezioni unite civili; sentenza 19 novembre 1998, n. 11713; Pres. Vessia, Est. Vella, P.M. Dettori(concl. diff.); Regione Lazio (Avv. Di Majo, Chiappetti) c. Soc. F.lli Salvatore (Avv. Scozzafava,Ranaldi). Cassa senza rinvio App. Roma 10 giugno 1996Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 5 (MAGGIO 1999), pp. 1505/1506-1507/1508Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23193473 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 19 no
vembre 1998, n. 11713; Pres. Vessia, Est. Velia, P.M. Det
tori (conci, diff.); Regione Lazio (Avv. Di Majo, Chiappet
ti) c. Soc. F.lli Salvatore (Avv. Scozzafava, Ranaldi). Cas
sa senza rinvio App. Roma 10 giugno 1996.
Bellezze naturali (protezione delle) — Vincolo — Indennità —
Esclusione — Fattispecie (Cost., art. 9, 42; 1. 29 giugno 1939
n. 1497, protezione delle bellezze naturali, art. 16; 1. reg. La
zio 27 aprile 1985 n. 56, conservazione e tutela delle bellezze
naturali e paesaggistiche nel territorio dei comuni di Sonnino
e Terracina, denominato Campo Soriano, art. 3). Bellezze naturali (protezione delle) — Miniera e cava — Cessa
zione — Indennizzo — Richiesta — Giurisdizione ammini
strativa (L. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, sul contenzioso
amministrativo, art. 2; 1. reg. Lazio 27 aprile 1985 n. 56, art.
3).
Il vincolo imposto a tutela delle bellezze naturali ha carattere
ricognitivo di una qualità connaturata al bene vincolato e non
determina l'insorgenza di un diritto all'indennità per la com
pressione del diritto di proprietà, tale non potendo esser con
siderato l'equo indennizzo previsto dall'art. 3 I. reg. Lazio
27 aprile 1985 n. 56, quale misura idonea a ristorare il pre
giudizio per la cessazione dell'attività. (1)
(1) La tesi della natura dichiarativa del provvedimento d'imposizione del vincolo paesaggistico (come pure storico-artistico: sulle analogie tra
le due discipline, v. Benini, Disciplina dei beni culturali e dei beni am
bientali: punti di contatto e diversità, in Giornate teramane sull'am
biente, Milano, 1998, 92 ss.), trattandosi di semplice ricognizione di
una qualità insita al bene, che dunque è conformativo della proprietà
privata, risale a Corte cost. 29 maggio 1968, nn. 55 e 56, Foro it.,
1968, I, 1361 (v., in tema, le relazioni al convegno Trent'anni dopo:
l'impatto delle sentenze della Corte costituzionale n. 55 e n. 56 del 1968
nell'evoluzione successiva dell'ordinamento giuridico e dell'urbanistica, svoltosi a Roma il 20 aprile 1998, in Riv. giur. edilizia, 1998, II, 255
ss.), pur se non sono mancate critiche ad un'esclusione di qualsiasi in
dennizzo per l'incidenza senza limiti temporali, dei vincoli storico
paesaggistici, sulla proprietà: da ultimo, Civitarese Matteucci, Verso
la riunificazione tra vincoli urbanistici e ambientali?, in Riv. giur. am
biente, 1997, 129, propone una conformazione del bene come risultato
di complesse ponderazioni — in sede legislativa e amministrativa —
fra tutti gli interessi in gioco, indipendentemente dalla sua presunta natura, prospettando una diversa ricostruzione dei «vincoli territoriali» — e del loro regime — fondata sul criterio della «ragionevolezza».
Nella giurisprudenza amministrativa prevale nettamente la tesi della
natura dichiarativa della «notifica»: v. la nota di richiami a Cons. Sta
to, sez. VI, 8 gennaio 1998, n. 56, Foro it., 1998, III, 326, pur se
intorno all'atto di riconoscimento ruota tutta la problematica della di
screzionalità tecnica e della sua sindacabilità (in tema, Lucchetti, Tu
tela delle aree di interesse storico e discrezionalità tecnico amministrati
va, in Trib. amm. reg., 1998, II, 103; Benini, La discrezionalità dei
vincoli culturali e ambientali, in Foro it., 1998, III, 326. La discrezio
nalità comporta l'incidenza su semplici interessi legittimi ove l'assogget tamento alla tutela paesaggistica riguardi zone escluse dal vincolo gene rale e astratto di cui all'art. 1 1. 8 agosto 1985 n. 431: Cass. 25 marzo
1993, n. 3574, id., Rep. 1993, voce Bellezze naturali, n. 86). La natura eccezionale dell'art. 3 1. reg. Lazio 27 aprile 1985 n. 56
è comune ad altre disposizioni che, in materia di vincoli ambientali,
prevedono contributi o indennizzi: tra le altre, art. 16 1. 29 giugno 1939
n. 1497, riguardo ai divieti assoluti di costruzione su aree fabbricabili,
per ragione di tutela delle bellezze naturali; art. 25 I. 17 agosto 1942
n. 1150, per i vincoli imposti a giardini adiacenti a fabbricati oltre il
limite delle prescrizioni di zona (sul quale, Cass. 12 aprile 1996, n. 3473,
id., 1997, I, 1240, con nota di richiami); art. 15 1. 12 giugno 1991
n. 394, riguardo ai vincoli alle attività agro-silvo-pastorali e ad altre
attività all'interno delle aree protette. In materia di cave, la compressione dell'attività estrattiva per ragioni
di tutela delle bellezze naturali, senza previsione di indennizzo, è stata
ritenuta conforme a Costituzione (Corte cost. 26 aprile 1971, n. 79,
id., 1971, I, 1164; 20 febbraio 1973, n. 9, id., 1973, I, 971; Cons.
Stato, sez. VI, 12 gennaio 1982, n. 19, id., Rep. 1982, voce cit., nn.
19, 20; v. anche Corte cost. 9 marzo 1967, n. 20, id., 1967, I, 1135,
riguardo alla sottrazione di cave e torbiere, senza indennizzo, al pro
prietario, per l'ipotesi di inerzia nello sfruttamento), come pure la su
bordinazione al regime autorizzatorio: Corte cost. 26 aprile 1971, n.
79, cit., e 1° febbraio 1982, n. 7, id., 1982, I, 1834.
Per quanto concerne, tra l'altro, l'esercizio dell'attività estrattiva nel
la regione Lazio, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la
questione di legittimità costituzionale dell'art. 39, 4° e 5° comma, 1.
reg. 5 maggio 1993 n. 27, nella parte in cui, per le attività preesistenti
Il Foro Italiano — 1999.
Rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la domanda
di equo indennizzo previsto dall'art. 3, 2° comma, l. reg. La
zio 27 aprile 1985 n. 56, per la cessazione di attività estratti
va, disposta dalla legge medesima a tutela di bellezze naturali
e paesaggistiche. (2)
Motivi della decisione. — Con il primo motivo del ricorso
si sostiene che si sarebbe dovuta dichiarare la giurisdizione del
giudice amministrativo e che la corte d'appello ha invece ritenu
to competente l'autorità giudiziaria ordinaria perché ha inter
pretato la norma dell'art. 3 1. reg. Lazio 27 aprile 1985 n. 56
nell'erroneo significato dell'attribuzione del diritto soggettivo all'indennizzo ai proprietari delle cave site nella località Campo Soriano (compresa tra i comuni di Sonnino e Terracina) ai qua
all'imposizione di vincoli ambientali, il rilascio di nulla osta alla prose cuzione legittimerebbe per il passato un'attività penalmente sanzionata
(Corte cost. 22 ottobre 1996, n. 355, id., 1997, I, 2057). Sulla sopravve nienza del vincolo ambientale all'attività di coltivazione di cava, v. Corte
cost. 22 ottobre 1996, n. 355, id., Rep. 1996, voce cit., n. 82, nonché Cons. Stato, sez. VI, 19 maggio 1994, n. 810, id., Rep. 1994, voce
Regione, n. 312; 6 giugno 1996, n. 784, id., Rep. 1996, voce cit., n.
262. Sugli aspetti penali dell'obbligo autorizzatorio alla coltivazione delle
cave, Cass. 9 maggio 1996, Falsini, id., 1997, II, 784, con nota di Bel
fiore, nonché, con riguardo agli aspetti di illiceità della condotta alla
sopravvenienza del vincolo, Cass. 6 ottobre 1995, Fiore, id., Rep. 1996, voce Bellezze naturali, n. 83; 6 aprile 1995, Foglia, ibid., n. 84; 1°
giugno 1994, Cinotti, ibid., n. 85. In dottrina, in generale, Francario, Il regime giuridico di cave e
torbiere, Milano, 1997, e, per gli aspetti penalistici, Mendoza, Coltiva
zione di cave e protezione dell'ambiente sotto il profilo urbanistico e
paesaggistico, in Cass. pen., 1993, 162.
(2) Giurisprudenza costante in materia di concessione di contributi, finanziamenti e sovvenzioni, tutte le volte che l'erogazione è legata ad
una valutazione discrezionale dell'amministrazione (che nella fattispecie di cui alla sentenza riportata attiene al quantum della somma da eroga re, in presenza del requisito, questo di diretta derivazione dalla legge, dell'avvenuta cessazione dell'attività estrattiva nelle zone classificate mo
numento naturale dalla legge regionale): Cass. 9 novembre 1992, n.
12074, Foro it., 1993, I, 2240, con nota di richiami, e, in seguito, 3
ottobre 1996, n. 8637, id., Rep. 1996, voce Edilizia popolare, n. 15, e Giur. it., 1998, 574, sul contributo per il recupero della prima casa; 9 aprile 1994, n. 3328, Foro it., 1994, I, 1996; 14 giugno 1994, n. 5785,
id., Rep. 1995, voce Regione, n. 297, e Giur. it., 1995, I, 1, 217, con
nota di Armoni; 11 ottobre 1994, n. 8297, Foro it., 1994, I, 3002,
per i contributi della Usi ai familiari di soggetti portatori di handicap; 3 febbraio 1998, n. 1098, id., Mass., 116, riguardo al contributo per la riparazione dei danni derivanti dall'attentato terroristico in prossimi tà degli Uffizi a Firenze il 27 maggio 1993.
Analogamente, si configurano posizioni di interesse legittimo nei ri
guardi di atti di ritiro dell'amministrazione, in via di autotutela, del
provvedimento attributivo del beneficio, per vizi di legittimità o per il suo contrasto ab origine con il pubblico interesse (Cass. 5 settembre
1997, n. 8585, id., Rep. 1997, voce Giurisdizione civile, n. 88; 6 novem
bre 1998, n. 11212, id., Mass., 1169). Diversamente, ove all'autorità non sia attribuito alcun potere di valu
tazione, ma solo il controllo formale di determinati adempimenti, il
privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto all'erogazione: così
Cass. 26 gennaio 1994, n. 727, id., Rep. 1994, voce Calamità pubbli che, n. 27, e Resp. civ., 1994, 1119, con nota di Pfiffner; 8 marzo
1994, n. 2224, Foro it., 1994, I, 1372; 22 maggio 1995, n. 5604, id.,
Rep. 1995, voce Giurisdizione civile, n. 105; 18 febbraio 1997, n. 1483,
id., Rep. 1997, voce cit., n. 89, e, in extenso, Giur. it., 1998, 574,
per l'ipotesi di sospensione di finanziamenti nel settore dei trasporti
pubblici di linea. Come pure qualora il beneficio risulti accordato e
trovi la sua fonte immediata ed esclusiva nel provvedimento di attribu
zione, assumendo così natura convenzionale, dato che consegue all'ade
sione del privato alle condizioni fissate dalla pubblica amministrazione
(Cass. 5 settembre 1997, n. 8585, cit.), la posizione del privato ha con
sistenza di diritto soggettivo a fronte della contraria posizione assunta
dall'ente pubblico che non provveda alla materiale erogazione della spesa
(Cass. 27 luglio 1993, n. 8385, Foro it., Rep. 1994, voce cit., n. 115; 23 aprile 1996, n. 3819, id., Rep. 1996, voce cit., n. 73; 10 agosto
1996, n. 7405, ibid., voce Trentino-Alto Adige, n. 65; 11 maggio 1998, n. 4751, id., Mass., 503), o che faccia valere (con provvedimenti di
revoca, decadenza, sospensione, risoluzione) fatti sopravvenuti, fermo
restando l'esercizio del potere di autotutela, con riferimento al difetto
dei presupposti ex lege (Cass. 18 ottobre 1993, n. 10295, id., Rep. 1993, voce Giurisdizione civile, n. 121; 11 dicembre 1993, n. 12217, ibid., voce Mezzogiorno (provvedimenti), n. 16; 23 aprile 1996, n. 3818, id.,
Rep. 1996, voce Giurisdizione civile, n. 78; 22 ottobre 1997, n. 10373,
id., Rep. 1997, voce cit., n. 90).
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1507 PARTE PRIMA 1508
li si era ordinata con la stessa legge la cessazione di ogni attività
estrattiva e la rimozione degli impianti e delle strutture installati
per l'esercizio di esse. In particolare si osserva che la corte ha
parificato la situazione dei proprietari delle cave a quella dei
proprietari di terreni espropriati, perché pur riconoscendo che, solo in danno di questi ultimi si verifica l'effetto traslativo dei
fondi, ha ravvisato in entrambe le ipotesi un impedimento al
l'ulteriore sfruttamento dei beni e, quindi, lo «svuotamento del
contenuto economico del diritto di proprietà». A questa conclusione si obietta che: a) la 1. reg. n. 56 del
1985, intitolata «conservazione e tutela delle bellezze naturali
e paesaggistiche nel territorio dei comuni di Sonnino e Terraci
na, denominato Campo Soriano», rientra tra le leggi che, ai
sensi dell'art. 9 Cost., sono dirette alla tutela del paesaggio;
b) i beni, definiti bellezze naturali, sono tali fin dalla loro origi ne e, pertanto, le regioni che impongano un vincolo paesaggisti co su di essi, non introducono un nuovo limite alla proprietà
privata ma eseguono soltanto la ricognizione di una situazione
già esistente; c) da ciò deriva che dall'imposizione di vincoli
paesaggistici non deriva per i proprietari dei terreni il diritto
all'indennizzo ed è per questa ragione che la Corte costituziona
le ha dichiarato costituzionalmente legittimo l'art. 16 1. 29 giu
gno 1939 secondo il quale non è dovuto alcun indennizzo per i vincoli di tale natura imposti agli immobili di proprietà priva
ta; d) la regione Lazio si sarebbe potuta, perciò, limitare a com
piere la ricognizione dell'esistenza della bellezza naturale senza
prevedere alcun «indennizzo» a favore dei titolari delle imprese di sfruttamento delle cave; e) con l'art. 3 1. n. 56 del 1985 la
regione Lazio aveva, invece, contemplato l'indennizzo a van
taggio di detti soggetti allo scopo di consentire la sopravvivenza delle loro imprese; ma a tale indennizzo gli imprenditori non
avevano un diritto soggettivo; f) infatti, la giunta della regione,
pur essendo obbligata a concedere l'indennizzo, una volta ac
certato che l'istante avesse la titolarità di un'impresa di escava
zione operante nella zona vincolata, non era tenuta a versare
una somma di denaro prestabilita, dovendo determinarne l'im
porto entro i limiti del danno emergente e in maggiore o minore
misura in rapporto al grado più o meno elevato di efficienza
dell'azienda; g) non era condivisibile la conclusione del giudice di primo grado secondo cui il legislatore regionale, affermando
con il menzionato art. 3 che la giunta «determina ... un equo indennizzo per compensare ... nei limiti del danno emergente i sacrifici imposti per il vantaggio dell'utile collettivo, aveva in
teso riconoscere ai titolari delle imprese un diritto soggettivo all'intero danno emergente; questa conclusione, oltre a contra
stare con la ratio della legge regionale, si pone in contrasto con
l'art. 3 Cost, perché determinava una disparità di trattamento
a sfavore dei proprietari di terreni, non destinati ad attività estrat
tiva, i quali, pur essendo sacrificati dall'imposizione del vincolo
paesaggistico, non risultavano essere destinatari di alcun in
dennizzo».
Il motivo è fondato.
I beni immobili, qualificati di bellezza naturale, costituiscono
una categoria sin dall'origine di interesse pubblico per le parti colari qualità, previste dalla legge, che essi hanno. Pertanto, l'amministrazione pubblica, quando impone dei vincoli paesag
gistici ai beni di tale categoria, non ne modifica la qualità già esistente ma si limita a porla in risalto.
In base a questa considerazione e all'ulteriore rilievo che in
tale ipotesi non si ha alcuna compressione del diritto sui beni
essendo questi nati con il limite evidenziato dal vincolo impo sto, la Corte costituzionale ha ripetutamente negato l'esistenza
di un diritto all'indennizzo costituzionalmente garantito; e in
particolare ha precisato che questa situazione, essendo caratte
rizzata da limitazioni apportate all'esercizio del diritto di pro
prietà per assicurare la funzione sociale, non impone alcun in
dennizzo il quale è, invece, previsto soltanto nella diversa ipote si di espropriazione per interesse pubblico (art. 42 Cost.; sent,
n. 9 del 1973, Foro it., 1973, I, 971; n. 79 del 1971, id., 1971, I, 1164, e n. 56 del 1968, id., 1968, I, 1361).
La mancata previsione di un indennizzo costituzionalmente
garantito non impediva, però, alla regione Lazio l'adozione di
misure intese a ristorare il pregiudizio arrecato ai gestori delle
cave dall'ordine di cessazione di ogni attività estrattiva (inutiliz zabilità e perdita degli impianti).
La menzionata disposizione del 2° comma dell'art. 3 1. reg. n. 56 del 1985, la quale contempla l'equo indennizzo a favore
Il Foro Italiano — 1999.
degli imprenditori costretti a cessare l'attività estrattiva, è per ciò pienamente legittima e si deve soltanto accertare se con essa
si sia o non conferito un diritto soggettivo ad ottenere l'impor to di denaro dovuto a tale titolo.
Essendo inaccettabile, per le ragioni esposte, la tesi della cor
te d'appello, che ha riconosciuto il diritto soggettivo all'inden
nizzo per avere erroneamente equiparato la situazione determi
nata dalla cessazione dell'attività estrattiva a quella derivante
dall'espropriazione per pubblica utilità (equiparazione che, con
trariamente a quel che si sostiene nel controricorso, non può basarsi sulla parificazione del divieto di coltivazione delle cave
con l'imposizione di vincoli paesaggistici comportanti demoli
zione di preesistente fabbricato, costituendo tale divieto lo stes
so limite derivante all'iniziativa economica dalla tutela appre stata ai beni compresi tra le bellezze naturali), è necessario va
lutare se sia, invece, da condividere la decisione del giudice di
primo grado per il quale la norma dell'art. 3 1. reg. avrebbe
attribuito il diritto soggettivo all'indennizzo dell'intero danno
emergente (in tal senso interpretando l'espressione «nei limiti
del danno emergente») avendo richiesto come unica condizione
per conseguirlo l'esercizio regolare dell'attività estrattiva da parte
dell'impresa (alla giunta regionale, nella determinazione dell'in
dennizzo, spetterebbe, quindi, un potere valutativo di natura
meramente tecnica). Anche la soluzione del tribunale è da respingere. È pacifico nella giurisprudenza di questa corte che i privati
abbiano il diritto soggettivo agli indennizzi dopo l'esaurimento
del procedimento amministrativo previsto per l'accertamento e
la liquidazione di essi, quando cioè sia stato emesso il provvedi mento determinativo della sua entità. Prima dell'adozione di
quest'ultimo si devono distinguere gli indennizzi (sovvenzioni o contributi) che traggono origine direttamente dalla legge da
quelli nascenti da provvedimenti amministrativi. Si ritiene, in
fatti, che i destinatari di essi, mentre rispetto ai primi vantino
un vero e proprio diritto soggettivo dovendo l'amministrazione
corrisponderli senza alcun margine di discrezionalità, previa la
sola verifica dell'esistenza dei presupposti richiesti per l'eroga
zione, con riguardo ai secondi possono fare valere soltanto un
interesse legittimo, tutelabile dinanzi al giudice amministrativo, essendo conferita all'autorità pubblica una serie di poteri valu
tativi, più o meno estesi, in ordine all'an o al quantum dei be
nefici. Nella specie, l'amministrazione pubblica, pur dovendo in ogni
caso corrispondere ai sensi dell'art. 3 1. reg. n. 56 del 1985,
l'equo indennizzo alle imprese la cui attività risulti regolarmen te esercitata in base all'art. 23 1. n. 1 del 1980, ha degli ampi
poteri valutativi per quel che concerne il quantum da erogare. Ciò si evince dalla formulazione della norma secondo cui «. . .la
giunta regionale, sentita la commissione consiliare permanente,
determina, su richiesta delle ditte interessate e previo parere della
commissione regionale consultiva, ... un equo indennizzo per compensare, tra l'altro, nei limiti del danno emergente i sacrifi
ci imposti per il vantaggio dell'utile collettivo». In base a que sta disposizione la giunta è vincolata nella determinazione del
l'indennizzo esclusivamente nel senso che deve erogarlo in mi
sura non eccedente il danno emergente e in proporzione all'entità del sacrificio sofferto dall'impresa. Ad eccezione di questo limi
te, l'importo dell'indennizzo non è predeterminato con criteri
rigorosi e precisi, né deve essere pari all'intero danno emergen te, come affermato erroneamente, invece, dal tribunale; e quel che più rileva ai fini dell'esclusione del diritto soggettivo ad
ottenerlo, è la finalità per la quale la regione ne ha previsto
l'erogazione, finalità che è quella di sorreggere, nell'interesse
prevalentemente generale, l'imprenditorialità nell'ambito del suo
territorio e non di risarcire il pregiudizio causato dal vincolo
paesaggistico a una sola categoria di soggetti privati (gli eser
centi imprese di coltivazione di cave), il che avrebbe determina
to anche l'insorgenza della questione di legittimità costituziona
le adombrata dalla ricorrente per violazione dell'art. 3 Cost.
Pertanto, essendo la situazione prevista dalla norma in questio ne di interesse legittimo e non di diritto soggettivo perché il
provvedimento erogatorio dell'indennizzo, per quel che riguar da la sua quantificazione, è rimesso ai poteri discrezionali del
l'amministrazione pubblica (giunta regionale), deve accogliersi il primo motivo del ricorso, dichiararsi la giurisdizione del giu dice amministrativo, l'assorbimento degli altri motivi e cassarsi la sentenza impugnata senza rinvio.
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