+ All Categories
Home > Documents > Sezioni unite civili; sentenza 19 ottobre 1962, n. 3046; Pres. Tavolaro P. P., Est. Sparvieri, P. M....

Sezioni unite civili; sentenza 19 ottobre 1962, n. 3046; Pres. Tavolaro P. P., Est. Sparvieri, P. M....

Date post: 27-Jan-2017
Category:
Upload: lyanh
View: 212 times
Download: 0 times
Share this document with a friend
5
Sezioni unite civili; sentenza 19 ottobre 1962, n. 3046; Pres. Tavolaro P. P., Est. Sparvieri, P. M. Pepe (concl. conf.); Com. Melito Porto Salvo (Avv. Sacca Luchesi) c. Scordo (Avv. Gazzoni) e Min. lavori pubblici (Avv. dello Stato Vitucci); Min. interno c. Scordo e Com. Melito Porto Salvo; Min. lavori pubblici c. Scordo e Com. Melito Porto Salvo Source: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 5 (1963), pp. 981/982-987/988 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23152601 . Accessed: 24/06/2014 23:52 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.121 on Tue, 24 Jun 2014 23:52:40 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript

Sezioni unite civili; sentenza 19 ottobre 1962, n. 3046; Pres. Tavolaro P. P., Est. Sparvieri, P. M.Pepe (concl. conf.); Com. Melito Porto Salvo (Avv. Sacca Luchesi) c. Scordo (Avv. Gazzoni) e Min.lavori pubblici (Avv. dello Stato Vitucci); Min. interno c. Scordo e Com. Melito Porto Salvo;Min. lavori pubblici c. Scordo e Com. Melito Porto SalvoSource: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 5 (1963), pp. 981/982-987/988Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152601 .

Accessed: 24/06/2014 23:52

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 185.2.32.121 on Tue, 24 Jun 2014 23:52:40 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

981 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 982

pie e in cui non agisce quale privato, ma costituisce una

lõnga manus del giudice, verso il quale soltanto deve rispon dere e rendere eonto del suo operato, come ha piu volte

insegnato questa Suprema corte (Cass. 31 marzo 1958, n. 1099, Foro it., 1958, I, 875; 8 luglio 1953, n. 2148,

id., Rep. 1953, voce cit., n. 122, 123). II custode e difatti compreso dal codice vigente tra

gli ausiliari del giudice e non puõ essere considerato il rap

presentante delle parti litiganti, ma un gestore autonomo

ehe custodisce o amministra i beni nell'interesse di quello tra i litiganti che risultera in definitiva favorito dal giudizio di merito, sempre operando sotto la vigilanza e il controllo

del giudice ohe ne stabilisce i criteri, i limiti e le parti colari cautele da adottare (art. 676 cod. proc. civ.). Quando si riconosce dal ricorrente a tale soggetto un potere di

amministrazione, ehe potrebbe porre il problema della

autorizzazione del giudice della convalida circa la ordina

rietä o la straordinarieta dell'amministrazione stessa, si

dimentica che egli invece ha ancor piu il potere di conser

vare i beni sequestrati, che importa innanzi tutto la presa di possesso degli stessi e che costituisce il primo comando

che l'ordinanza di nomina del giudice gli imponga. II Giudice istruttore infatti con l'ordinanza in parola,

nominando sequestratario il resistente, ne fissava i com

piti, primo tra tutti «1'incarico di andare all'immediato

possesso dei beni ereditari».

L'esecuzione in questione quindi risulta legittima sia

sotto il profilo del titolo, sia sotto quello dei poteri dell'ese

cutante.

Devesi pertanto ritenere superato il secondo mezzo

del ricorso che attiene alia mancata riproposizione in sede

di precisazione delle conclusioni del giudizio di appello della mancata apposizione della formula esecutiva sul

l'ordinanza in parola, attesa la non obbligatorieta di tale

apposizione e la particolare qualifica pubblicistica rivestita

dal custode sequestratario. Si giunge cosl al terzo mezzo del ricorso con cui si

lamentano travisamento dei fatti e insufficiente e contrad

dittoria motivazione nell'avere il Tribunale ritenuto che fosse stato eseguito totalmente il sequestro, esecuzione

totale che il ricorrente nega risultasse dal verbale dell'uf

ficiale giudiziario che, se anche parlava di esecuzione del

sequestro su tutti i beni ereditari, non procedeva alia

descrizione dei beni stessi con la consegna delle chiavi

dell'immobile come prescrive l'art. 608. Comunque il

custode non avrebbe potuto avvalersi, anche dopo la

scadenza del termine di cui all'art. 675 della ordinanza

di nomina per continuare la esecuzione, essendo stati, con

l'inizio avvenuto entro il detto termine, esauriti lo scopo e la finalita del provvedimento, opponendosi il principio della consumazione degli a,tti processuali.

Anche tale mezzo e infondato. (Omissis) Ma il problema posto dal ricorso e piu ampio e gene

rale e attiene alia possibility di continuare l'esecuzione

di un sequestro, giä iniziata entro il termine dell'art. 675,

dopo la scadenza di tale termine, o alia esistenza di un

principio di consumazione degli atti processuali addotto

dal ricorrente. La soluzione affermativa, giä data al primo punto da

questa Suprema corte (Cass. 12 marzo 1960, n. 491, Foro

it., 1960, I, 1744), si affida a principi sicuri die debbono

essere confermati. Si deve ritenere infatti che il termine

di cui all'art. 675 sia un termine di perenzione per inat

tivitä della parte, e non di prescrizione o di decadenza.

Non di prescrizione, in quanto questa colpisce il diritto

sostanziale. E neanche di decadenza, in quanto con essa

si estingue una facoltä processuale, mentre 1'istanz.a di

sequestro potrebbe essere sempre riproposta, anche se

si sia lasciato trascorrere il periodo di legge senza ese

guire in modo assoluto un primo provvedimento di seque stro. Trattasi di perenzione, analogamente al precetto che diventa inefficace se non e iniziata l'esecuzione entro

i 90 giorni dalla sua notificazione, in quanto il decorso

del tempo pone solo nel nulla un atto giä efficace.

Tale termine per il sequestro ha l'unica caratteristica,

rispetto a quello citato per il precetto, che decorre non

dalla notifica ma dalla pronuncia del prowedimento, ma, se il sequestro viene eseguito anehe parzialmente entro

tale termine, si ha un primo atto di eseeuzione ehe lo

interrompe, poiclie la legge all'art. 680 distingue in mate

ria di sequestro tra primo e successivi atti di eseeuzione, da ciaseuno dei quali decorre un periodo di 15 giorni per darne notizia al sequestrato. Orbene, non solo per analogia eon la ipotesi del precetto deve considerarsi sufficiente

l'inizio di eseeuzione entro il termine di legge, ma per gli ulteriori termini e per le formal itä, cui i successivi atti di

eseeuzione del sequestro danno luogo, essi non sarebbero

ooncepibili se tutta la. eseeuzione dovesse essere compiuta entro l'unieo termine di giorni 30 dalla pronuncia. E va

aggiunto che 1'art. 683, dettando una disposizione generale

per tutti i oasi di inefficacia del sequestro, non menziona

la ipotesi dell'art. 675, onde õ logieo argomentare che

1'inefficacia di quest'ultima norma non puõ che riguardare solo l'inizio della eseeuzione del sequestro. Infatti, in ade

renza alla piü accreditata dottrina e giurisprudenza, si

deve rit.enere che il primo atto di eseeuzione metta in moto

i termini di cui all'art. 680, avendo quello di eui all'art.

675 giä concluso la sua funzione, onde il provvedimento di sequestro potrebbe condursi a completa eseeuzione sino

alia chiusura dell'istruttoria del giudizio di eonvalida. Le considerazioni che precedono servono anehe a rifiu

tare il prineipio addotto dal ricorrente di una consumazione

degli atti proeessuali. Gli atti processuali infatti possono in linea generale essere impediti solo dal trascorrere di un

termine o da preclusioni disposte dalla legge, non dal

fatto stesso della loro eseeuzione. Anehe l'estinzione di

un procedimento non estingue l'azione che puõ essere

sempre riproposta e tale prineipio 6 comune sia al giudizio di cognizione sia a quello di eseeuzione cui il sequestro puõ essere assimilato. Unica eccezione si ha per il processo di

impugnazione, per cui, proposta una impugnazione e non

pervenuta per qualsiasi motivo al suo scopo speeifico, ne õ preclusa la riproposizione. Ma trattasi di prineipio eccezionale che si pone in dubbio anehe per qualche specie di impugnazione, ma ehe deve negarsi comunque in materia

di sequestro, dove il citato art. 680 distingue tra primo e

suecessivi atti di eseeuzione. Escluso infatti che il sequestro si debba eseguire in un solo atto, non si vede come po trebbe essere ipotizzato un prineipio generale di consu

mazione processuale che non sarebbe inerente all'atto di

eseeuzione in sõ, ma sarebbe determinato dalla identitä

del bene sequestrato su cui non potrebbero essere fatti piü atti di eseeuzione, specie quando si tratta di accessori di

beni giä sequestrati. Se questo deve ritenersi per la parte privata, ancor

piü õ da ravvisare per il sequestratario il quale deve in

ogni tempo provvedere a immettersi in possesso dei beni

sequestrati per adempiere al mandato affidatogli, e del

suo ritardo deve rispondere solo al giudice che 1'ha nomi

nate, non al sequestrato, il quale puõ solo rivolgersi al

giudice per ogni sua istanza.

L'avere usato il custode la regolare formality del pre cetto per venire in possesso dei beni non puõ far dimenti

care la veste pubblicistica in cui egli agiva e i doveri ine

renti al suo munus publicum. II rigetto del ricorso porta alle conseguenze di legge. Per questi motivi, rigetta, ece.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezioni unite civili; sentenza 19 ottobre 1962, n. 3046 ; Pres. Tavolaro P. P., Est. Sparvieri, P. M. Pepe

(concl. conf.) ; Com. Melito Porto Salvo (Aw. Sacca

Luchesi) c. Scordo (Aw. Gazzoni) e Min. lavori

pubblici (Aw. dello Stato Vitucci) ; Min. interno c. Scordo e Com. Melito Porto Salvo ; Min. lavori pubblici c. Scordo e Com. Melito Porto Salvo.

(Oassa App. Roma 26 maggio 1959, 17 febbraio 1961)

Competenza e giurisdizionc in materia civile —

This content downloaded from 185.2.32.121 on Tue, 24 Jun 2014 23:52:40 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

983 PARTE PRIMA 984

Occupazione illcyittima — Annullamento dell'atto ablatorio in sede giurisdizionale amministrativa — Svolgimento di attivitä pubblica sul bone —

Diietto di giurisdizione del giudiee ordinario (Cod.

proc. civ., art. 360, n. 1 ; r. d. 26 giugno 1924 n. 1054, t. u. leggi sul Consiglio di Stato, art. 27, n. 4; legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, abolizione del oontenzioso

amministrativo, art. 4 ; legge 25 giugno 1865 n. 2359,

espropriazione per pubblica utility, art. 60, 63, 73). Giustizia amministrativa —- Giudieato — Decisione

del giudiee amministrativo — Limiti Soggettivi — Applicazione al giudizio suceessivo di risarci mento dei danni (Cod. civ., art. 2909).

II giudiee ordinario difetta di giurisdizione sulla domanda

diretta ad ottenere la restituzione del bene su cui, malgrado V annullamento, in sede giurisdizionale amministrativa,

degli atti ablativi, la pubblica Amministrazione abbia

svolto attivitä, sia pure materiale, diretta a finalitä d'ordine

pubblico (nella specie, costruzione di cimitero), spettando la eognizione delta domanda stessa al öonsiglio di Stato ai sensi delVart. 27, n. 4, t. u. sul öonsiglio di Stato. (1)

Poiehe il giudieato formatosi sulla decisione del giudiee amministrativo non ha effetti diretti nei confronti di terzi

che abbiano partecipato al giudizio, costoro non possono fondarsi sulla pronuncia di annullamento da altri otte

imta per domandare il risarcimento dei danni. (2)

(1) Conf., sotto il profilo che il proprietario del bene, che ha formato oggetto di un illegittimo prowedimento ablatorio non puõ costringere la pubblica Amministrazione a togliere le opere pubbliche abusivamente erette, Cass. 19 giugno 1961, n. 1440, Foro it., 1961,1, 1315, con osservazione critica di Andrioij, e id., 1962, I, 544, eon nota critica di Montesano.

Per 1'esclusione del risarcimento di danni per la mancata ottemperanza della pubblica Amministrazione al dovere di uni formarsi alia pronuncia di annullamento di un atto ammini strativo lesivo di interessi legittimi e per la proponibilitä in

questo caso del ricorso al Öonsiglio di Stato ai sensi dell'art. 27, n. 4, t. u. 26 giugno 1924 n. 1054, v. Oass. 23 ottobre 1961, n. 2348, id., 1962, I, 999, con nota critica di De Valles.

Sulla riparazione dei sacrifici patrimoniali imposti a tito lari di interessi legittimi da atti amministrativi illegittimi, v. i contributi del Montesano, in questo volume, IV, 41 e del Miele, ibid., 23.

La Cass. 18 maggio 1960, n. 1252, Foro it., 1960, I, 1123, con nota di richiami, eitata dalla sentenza surriportata, pur afferrnando, nella motivazione, che chi ha subito I'occupazione non puõ ottenere dal giudiee ordinario la restituzione dell'im mobile su cui la pubblica Amministrazione abbia costruito opere di carattere permanente, ha peraltro ritenuto la competenza del

giudiee stesso a disporre il rilascio deU'immobile occupato e la rinnovazione delle opere permanenti in esso costruite da un pri vate concessionario per la lavorazione di oli minerali, se l'occupa zione medesima sia diventata illegittima per decorso del termine fissato.

Con l'altra sentenza 16 giugno 1958, n. 2072, id., 1958, I, 1266, pure ricordata nella motivazione di quella riportata, la Cassazione ritenne improponibile l'azione possessoria diretta ad eliminare lo stato di fatto posto in essere per l'esecuzione di un atto amministrativo annullato con decisione, non ancora di venuta definitiva, del Consiglio di Stato.

Nella sentenza n. 2072 del 1958 or eitata si afferma che la mancanza di un prowedimento formale non fa degradare l'at t ivitA della pubblica Amministrazione al rango privatistico.

Nel senso che la domanda di retrocessione prevista dall'art. 60

legge 25 giugno 1865 n. 2359 presuppone che il bene abbia for mato oggetto di regolare espropriazione, v. Cass. 13 giugno 1959, n. 1811, id., Rep. 1959, voce Espropriazione per p. i., n. 114, eitata nella motivazione.

(2) In senso conforme, v. Cass. 5 aprile 1960, n. 774, Foro

it., Rep. 1960, voce Giustizia amministrativa, nn. 541-543 ; 10 ottobre 1955, n. 3124, id., Rep. 1955, voce cit., nn. 435, 436, eitate nella motivazione della sentenza surriferita.

Per l'inesistenza di un dovere dell'Amministrazione di esten dere gli effetti del giudieato amministrativo a soggetti diversi da

quelli che hanno partecipato al giudizio, v. Cons. Stato, Sez. IY, 8 novembre 1961, n. 540 ; Sez. VI 29 marzo 1961, n. 304, id., Rep. 1961, voce cit., nn. 466, 467.

Sui limiti subiettivi del giudieato amministrativo, v. Cons.

Stato, Sez. V, 12 dicembre 1959, n. 1023, id., 1960, III, 147, con nota di richiami.

La Corte, ecc. — Svolgimento del processo.

— II Prov

veditorato alle opere pubbliche di Catanzaro, con decreto

25 marzo 1948, dichiarava la urgenza e la indifferibilitä

dei lavori per la costruzione del nuovo oimitero del Comune

di Melito di Porto Salvo e il Prefetto di Reggio Calabria, con decreto 11 maggio 1948, autorizzava la occupazione di urgenza di un terreno sito nell'anzidetto Comune, con

trada Silipigni, di proprietä di Scordo Adriana in Nesci.

Su ricorso di Attanasio Bianca, proprietaria di un ter

reno limitrofo, del quale era stata disposta la occupazione

d'urgenza con lo stesso decreto prefettizio, il Consiglio di Stato, con decisione 23 maggio-9 giugno 1951, annullava

sia il decreto del Provveditorato sia quello prefettizio e

con successiva decisione 14 luglio-23 ottobre 1953, sempre su ricorso dellAttanasio, annullava altresi gli atti, con i

quali era stata promossa e definita la espropriazione. Con atti, 7, 8 novembre 1955 e 14 giugno 1956 la Scordo

conveniva in giudizio, davanti ai Tribunale di Roma, il

Ministero dei lavori pubblici e il Comune di Melito di

Porto Salvo per sentirli, in dipendenza delle anzidette

decisioni del Consiglio di Stato, condannare in solido alia

riconsegna deH'immobile, noncM al risarcimento dei danni

conseguenti alia illegittima occupazione ed espropriazione, da liquidarsi in lire 2.800.000 o in somma diversa, con i

relativi interessi e con il favore delle spese. II Ministero

resisteva alle istanze della Scordo ; il Comune rimaneva

contumace.

L'adito Tribunale, con sentenza 17 gennaio-28 marzo

1955, rigettava la domanda attrice.

Appellava la Scordo e la Corte d'appello di Roma, nel

contraddittorio del Ministero e nella contumacia del Co

mune, con sentenza non definitiva 8 aprile-26 maggio 1959, rilevando che le decisioni del Consiglio di Stato avevano

efficacia di giudicato anche nei confronti della Scordo

in considerazione della inscindibilitä del decreto dichia

rativo della urgenza ed indifferibilitä dei lavori, in riforma

della pronunzia impugnata, condannava il Comune alia

restituzione del terreno, il Ministero e il Comune stesso, in solido, al risarcimento dei danni, verificatisi fino al

giorno della citazione ist; tut iva del giudizio ; il solo Comune

al risarcimento dei danni successivi : danni tutti da liqui darsi nell'ulteriore corso del giudizio, per la prosecuzione del quale provvedeva con separata ordinanza.

Avverso la eitata sentenza il Comune di Melito di Porto

Salvo, autorizzato a stare in giudizio con deliberazione

23 febbraio 1960 della Giunta, ha proposto ricorso per

cassazione, deducendo due mezzi di annullamento, ai

quali resiste mediante controricorso la Scordo.

II Ministero dei lavori pubblici ha proposto a sua volta

ricorso incidentale con unico mezzo.

In tanto, dopo Pespletamento di una consulenza tecnica, la Corte di appello di Roma con sentenza definitiva 23

novembre 1960-17 febbraio 1961, procedeva alia liquida zione del danno, ponendolo, quanto a lire 160.770, a carico

solidale del Ministero e del Comune, e, quanto a lire 113.592, a carico del solo Comune, e condannava quest'ultimo e

il Ministero, in solido, alle spese del doppio grado. Avverso tale sentenza, il Ministero ha proposto ricorso

principale e il Comune ricorso incidentale, a seguito di

altra deliberazione 26 giugno 1961 della propria Giunta, deducendo entrambi un solo mezzo di annullamento.

Motivi della decisione. — II Comune di Melito di Porto

Salvo con il primo mezzo del ricorso principale proposto contro la sentenza non definitiva della Corte di appello di Roma denuncia la violazione e falsa applicazione degli art. 27, n. 4, del t. u. delle leggi sul Consiglio di Stato appro

val con r. decreto 26 giugno 1924 n. 1054 e 88 del relativo

regolamento di procedura, in relazione all'art. 360, n. 1,

cod. proc. civ., assumendo che 1'autorita giudiziaria ordi

naria fosse carente di giurisdizione in ordine alia domanda

di restituzione del terreno, proposta dalla Scordo, in base

alle decisioni del Consiglio di Stato, eitate in narrativa,

con le quali, in accoglimento dei ricorsi dellAttanasio,

erano stati annullati gli atti relativi alia occupazione di

urgenza e, quindi, alia espropriazione degli immobili occor

renti per l'opera pubblica.

This content downloaded from 185.2.32.121 on Tue, 24 Jun 2014 23:52:40 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

985 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 986

Secondo il ricorrente, postulando la pretesa della Scordo

l'obbligo del Comune di conformarsi alle pronunce del

giudice amministrativo, la domanda si sarebbe dovuta

proporre al Consiglio di Stato, al quale soltanto spette rebbe la giurisdizione a provvedere su di essa.

La censura e fondata.

Come si rileva dagli atti istitutivi del giudizio, la Scordo

aveva dedotto la pretesa che il terreno le fosse restituito

in esecuzione delle pronunoe di annullamento emesse dal

Consiglio di Stato, ed aveva, quindi, chiesto la condanna

del Ministero dei lavori pubbliei e del Comune, oltre ohe al risaroimento dei danni, anche alia riconsegna del fondo, con autorizzazione dell'istante a proeedere, se necessario, ad esecuzione forzata.

La Scordo, dunque, ha ritenuto che, con l'annullamento

del decreto del Provveditorato alle opere pubbliche, del

decreto prefettizio di occupazione di urgenza e di quello successivo di espropriazione, le Amministrazioni convenute

fossero divenute carenti di titolo per continuare ad occu

pare l'immobile e potessero, quindi, essere convenute

davanti al giudice ordinario per la condanna al rilascio

dell'immobile, mediante sentenza suscettibile di esecuzione

forzata.

Questo Supremo collegio, perõ, con giurisprudenza costante, ha affermato che la pronuncia di annullamento

elimina l'atto amministrativo formale, impugnato dinanzi

alia giurisdizione degli interessi, ma non degrada il succes

sivo comportamento della pubblica Amministrazione ad

una manifestazione di attivitä privata, in quanto non eli

mina, altresi, l'atto amministrativo necessariamente impli cito nell'attivita materiale della Amministrazione stessa, ove tale attivita sia volta, non al soddisfacimento di un

interesse meramente economico, sibbene all'attuazione, mediante, ad es., la costruzione dell'opera, di una finalitä

di ordine pubblico. In tal caso la esistenza di un atto ammi

nistrativo, sia pure non formale che, a norma dell'art. 4, 2° comma, della legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, il giu dice non puõ revocare, sottrae l'obbligo della pubblica Amministrazione di uniformarsi alia pronuncia di annul

lamento della giurisdizione amministrativa alia possibility di una coercizione specifica da parte del privato, e, per necessaria conseguenza, alia giurisdizione del giudice ordi nario (Sez. un. 18 maggio 1960, n. 1252, Foro it., 1960, I, 1123, e sentenze ivi eitate, Sez. un. 16 giugno 1958, n. 2072, id., 1958, I, 1266).

Ne a diverso avviso potrebbe pervenirsi per la consi

derazione, prospettata dalla resistente Scordo, che si

dovrebbe ritenere operante, per la mancata esecuzione

dell'opera pubblica nel termine di due anni dall'inizio della

occupazione temporanea, la decadenza di cui all'art. 73 della legge del 1865 sulle espropriazioni per pubblica utilitä, con riferimento alle norme degli art. 60 e 63 della legge stessa, concernenti l'istituto della retrocessione per effetto

del venir meno della causa, per la quale la espropriazione fu concessa.

Anche nel caso in cui sia decorso il biennio stabilito dal citato art. 73, l'ente occupante e, infatti, tenuto al

risarcimento del danno, e non alia restituzione dell'im

mobile, ove questo sia, di fatto, giä utilizzato per l'attua zione di un fine pubblico.

Quanto, poi, all'istituto della retrocessione, e da rile

vare che la relativa azione, in quanto e diretta ad ottenere

il trasferimento dei beni espropriati con effetto ex nunc, mediante una sentenza costitutiva, presuppone necessa riamente ch'essi siani stati oggetto di regolare espropria zione (Cass. 13 giugno 1959, n. 1811, Foro it., Rep. 1959, voce Espropriazione per p. i., n. 114).

Ciõ premesso, si osserva che sia il Comune sia il Mini

stero dei lavori pubbliei affermano, ma senza il suffragio di alcuna documentazione o prova, che sarebbe stato emesso dal Prefetto di Reggio Calabria altro decreto di

espropriazione in data 26 agosto 1958, n. 36091, e, che, anzi, l'opera pubblica, del tutto compiuta, sarebbe anche funzionante.

La Scordo contesta le nude deduzioni delle due Am

ministrazioni ma e meritevole di rilievo la circostanza

ch'essa, nello stesso atto introduttivo del giudizio, dichiarõ che il danno, che continuaya a subire, era aggravate» « dal fatto della abusiva tumulazione di qualche defunto nel cimitero non ancora ultimato ne diehiarato tale».

Con la quale proposizione, la Scordo, dieendo piu di

quanto abbia voluto, ha sostanzialmente ammesso che la detenzione materiale, da parte del Comune, o, comunque, delle Amministrazioni sopranominate, del fondo da lei

reclamato, era giä caratterizzato dalla destinazione, quanto meno de facto, di esso a luogo di sepoltura e perciõ al sod disfacimento di un pubblico e primario interesse : il ehe basta per concludere che la cognizione della domanda della Seordo per la restituzione del terreno spetta, non alia

giurisdizione del giudice ordinario, sibbene alia giurisdi zione del Consiglio di Stato, a norma dell'art. 27, n. 4, del t. u. 26 giugno 1924 n. 1054, applieabile, com'& noto, anche nel caso in cui si tratti della esecuzione di un giu dicato amministrativo.

II Comune, con il secondo mezzo del ricorso principale, e il Ministero dei lavori pubblici con l'unico mezzo del ricorso incidentale contro la sentenza non definitiva, ed inoltre il Ministero con l'unico mezzo del ricorso principale e il Comune con l'unico mezzo del ricorso incidentale contro la sentenza definitiva, denunciano la violazione e falsa applicazione degli art. 2909 cod. civ. e 112, 113, 115 e 116 cod. proc. civ., assumendo che la Corte del merito avrebbe erroneamente esteso, a favore della Scordo, l'effi cacia delle decisioni di annullamento emesse dal Consi

glio di Stato a seguito di ricorso di Attanasio Bianca, nonostante che la Scordo non avesse partecipato al rela tivo giudizio.

Anche tale censura, la cui disamina va fatta con rife rimento al solo capo della domanda della Scordo, concer nente il risarcimento del danno, consistente nella mancata

percezione delle rendite del fondo, e meritevole di acco

glimento. La Corte del merito, per vero, ha ritenuto in diritto

che, quando la pronuncia del giudice amministrativo si riferisce a provvedimenti di ordine generale ed imperso nale, che sono per ciõ stesso obbligatori per tutti, acquista valore di cosa giudicata nei confronti di chiunque, in

quanto, avendo quei provvedimenti un contenuto indivi

sibile, ne restano escluse la parziale eseguibilitä nei con fronti di alcuni e la invalidity nei riguardi di altri.

Premesso siffatto principio, la Corte del merito ha riconosciuto carattere d'inscindibilita all'atto di dichiara razione di urgenza e d'indifferibilita dei lavori, perche esso non si riferiva in modo particolare no al terreno della

Scordo, 116 a quello dell'Attanasio, bensi all'opera pub blica, che doveva essere eseguita.

Ma non ha la Corte del merito considerato che atto amministrativo generale e quello che si dirige ad una

plurality astratta ed indeterminata di soggetti (come, ad

es., un regolamento), e che, a norma dell'art. 39 del r. decreto 8 febbraio 1923 n. 422, la dichiarazione di urgenza e indif feribilitä delle opere pubbliche dello Stato, delle province, dei comuni e dei consorzi interessa determinati soggetti, agli effetti degli art. 71 e segg. della legge 25 giugno 1865 n. 2359, ai fini, oiob, della occupazione di determinati beni immobili necessari per la esecuzione delle opere. Trattasi, quindi di atto amministrativo che da luogo ad una situazione giuridica relativa a beni di determinati cittadini e rilevante per future attivita giuridiche, il che esclude che il decreto provveditoriale del 25 marzo 1948, dichiarativo della urgenza e indifferibilita dei lavori, annul lato dal Consiglio di Stato, põssa essere qualificato atto amministrativo generale, e, possa comunque, importare indivisibility e, quindi, efficacia del giudicato ammini strativo per la Scordo.

Le premesse considerazioni sono da ripetere anche in ordine all'assunto svolto dalla Scordo nella memoria, secondo il quale il citato decreto provveditoriale conteneva anche l'approvazione del progetto dei lavori da eseguire, la quale, in forza dell'art. 30, 2° comma, del menzionato r. decreto n. 422 del 1923, aveva il valore di una dichiara zione di pubblica utility; e, per popseguenza, l'annulla

This content downloaded from 185.2.32.121 on Tue, 24 Jun 2014 23:52:40 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

987 PARTE PRIMA 988

mento della dichiarazione stessa avrebbe travolto tutti

gli atti conseguenti, i quali sarebbero rimasti spogliati di

causa giuridica, in quanto avrebbe l'annullamento inve

stito tale dichiarazione nella sua inscindibile unitä rispetto a tutti i soggetti, cui si riferiva.

Ad ogni modo, con riferimento sia all'assunto della

Scordo sia alia decisione adottata dalla Corte del merito, assorbente e decisivo 6 il rilievo che questo Supremo col

legio ha ripetutamente affermato che le decisioni del Con

siglio di Stato in sede giurisdizionale hanno efficacia di

giudicato nei limiti previsti dall'art. 2909 cod. civ. per le

sentenze del giudice ordinario e, pertanto, deve escludersi

una efficacia diretta del giudicato amministrativo nei

coufronti di terzi interessati, che non abbiano partecipato al giudizio davanti al Consiglio di Stato, di guisa clie in

nessun caso essi possono invocare a proprio favore la pro nuncia di annullamento come titolo dimostrativo della

lesione di un diritto soggettivo, ai fini dell'azione risar

citoria, potendo, in particolare fattispecie, come quella

conseguente all'annullamento di un provvedimento collet

tivo, ammettersi, in analogia a quanto avviene nei pro cesso civile, soltanto un'efficacia riflessa del giudicato amministrativo, consistente in un mero vantaggio di fatto

per chi non ha impugnato il provvedimento, poi annullato

su ricorso di altro interessato (Cass. 5 aprile 1960, n. 774, Foro it., Rep. 1960, voce Giustizia amministrativa, nn. 541

543 ; 10 ottobre 1955, n. 3124, id., Rep. 1955, voce cit.

nn. 435, 436). Esclusa, quindi, nella specie, la possibility di esten

sione del giudicato amministrativo a favore della Scordo, le denunciate sentenze vanno, in relazione ai capi di cia

scuna concernenti il riconoscimento del diritto della Scordo

stessa al ristoro dei danni e alia liquidazione di questi, cassate senza rinvio a norma dell'art. 382, 3° comma, cod. proc. civ., per il motivo che la relativa domanda non

poteva essere proposta. Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezioni unite civili; sentenza 16 ottobre 1962, n. 2998 ; Pres. VERzi P., Est. Di Majo, P. M. Criscuoli (eoncl.

conf.) ; Lauxeti (Aw. Criscenti) c. Pres. Cons, ministri

e Min. turismo e spettacolo (Aw. dello Stato Carafa).

(Oonferma App. Roma 4 agosto 1960)

Cinematografo —- Costruzione d'immobile adibito

a spettaeoli cinematografici — Annullamento, da

parte del Consiglio di Stato, del silenzio rifiuto

sulla richiesta di nulla osta — Risarcimcnto del

danno verso la pubbliea Amministrazione —

Inammissibilita (Legge 29 dicembre 1949 n. 958,

disposizioni per la cinematografia, art. 21).

Il proprietario di area, vincolata dal piano regolatore alla

costruzione di una sala per pubblici spettaeoli, se alla

sua richiesta di nulla osta il Ministero del turismo e

dello spettacolo ha opposto il silenzio rifiuto, non pud, a seguito dell'annullamento, da parte del Gonsiglio di

Stato, di detto silenzio rifiuto, proporre avanti il giu dice ordinario domanda di risarcimento del danno nei

confronti del Ministero. (1)

La Corte, ecc. — Con i due motivi del ricorso, ehe

Bono strettamente connessi e posšono quindi essere esa

(1) Conf., a proposito di analoga situazione in tema di li cenza di commercio di vendita ai pubblico, Cass. 31 luglio 1962, n. 2294, infra, 1016, con nota di richiami.

Sul carattore discrezionale dei poteri della pubbliea Ammini strazione in tema di concessione (o diniego) di licenza edilizia, cons, la nota redazionale a Cass. 6 ottobre 1962, n. 2866, infra, 1002, ,

minati congiuntamente, il Laureti denuncia la violazione

dell'art. 2043 cod. civ., in relazione agli art. 832 e 869 stesso

codice, al r. decreto legge 6 luglio 1931 n. 981, alia legge 17 agosto 1942 n. 1150, al decreto pres. 23 febbraio 1952,

agli art. 21 e 22 legge 29 dicembre 1949 n. 958, agli art. 41, e 42 e 113 della Costituzione, nonche omesso esame di

punto decisivo. Assume il ricorrente che ha errato la Corte

di appello nel negare l'esistenza di un diritto subiettivo

del proprietario del suolo alia costruzione della sala cine

matografica. Dal regolamento legislative della materia si

deduceva l'obbligo per l'Amministrazione di non impedire che esso Laureti usasse del suo terreno per quella desti

nazione. Comunque, si aggiunge, la Corte non ha consi

derate che l'azione era proponibile, poiche nel momento

in cui veniva emesso il provvedimento di diniego (1954) sussistevano le condizioni per la concessione del nulla

osta. Le censure non hanno fondamento. Si trattava di

stabilire se fosse proponibile l'azione risarcitoria del Lau

reti contro la pubblica Amministrazione e la Corte del

merito correttamente lo ha escluso dopo aver rilevato che

costui non era titolare verso lAmministrazione medesima

di una posizione di diritto soggettivo. Per vero non si dubita che per effetto del vincolo im

posto dal piano regolatore di Roma del 1931 al terreno

del Laureti questi avesse facolta di dare al terreno stesso

la destinazione a costruzione di sala cinematografica, ma non

öaltresi da dubitare che tale facolta si sarebbe potuta legit timamente esplicare soltanto quando fosse intervenuta in

senso positivo l'autorizzazione (alia specifica costruzione) dell'autorita governativa. £ ben noto infatti che la legge 29 dicembre 1949 n. 958, dettando disposizioni per la

cinematografia, ha subordinato la costruzione, la trasfor

mazione e l'adattamento degli immobili da destinare a

sale cinematografiche al preventivo nullaosta della Presi

denza del Consiglio dei ministri (ora Ministero del turismo

e dello spettacolo, art. 21). E la concessione di tale nulla

osta rientra sicuramente nel regime giuridico delle autoriz

zazioni e implica un potere discrezionale della pubblica Amministrazione (concretantesi nella valutazione della

rispondenza di quella attivitä di costruzione alle esigenze, ambientali e temporali. del pubblico interesse), con riferi

mento al quale possono sorgere per i singoli, secondo i

principi istituzionali, interessi legittimi e non diritti sog

gettivi. £ quindi ben manifesto che, nella fattispecie concreta,

come delineata in narrativa, non era ipotizzabile un diritto

soggettivo perfetto (alia specifica costruzione) no al mo mento del diniego dell'autorizzazione (1954) nõ a quello dell'annullamento da parte del Consiglio di Stato di tale

diniego (1957), perche la facoltä di costruire il cinema era

sempre subordinata, per il suo legittimo esercizio, al rilascio

del nulla osta. II che, come 6 pacifico, avvenne nel 1957, sicche solo a detto momento poteva dirsi realizzata in

pieno la posizione di diritto soggettivo dell'odierno ricor

rente (alia specifica costruzione) : non era perciõ confi

gurabile una pretesa risarcitoria nei riguardi dell Ammini strazione per ritardo frapposto nella concessione del nulla

osta (1954-1957) se in tale periodo il Laureti non era tito

lare verso rAmministrazione stessa di quel diritto. A ragione, quindi, come alPinizio si diceva, la Corte

del merito ha dichiarato improponibile la domanda, uni

formandosi in tal modo all'mdirizzo di questo Supremo

collegio secondo cui per la proponibilitä dell'azione di

risarcimento danni contro la pubblica Amministrazione

non e sufficiente che il giudice amministrativo abbia an

nullato un atto amministrativo ma e necessario che l'atto

annullato abbia leso un diritto soggettivo del privato

(sent. n. 1217 del 1958, Foro it., 1958, I, 676 ; n. 3586 del

1958, id., Rep. 1958, voce Oompetenza civ., n. 87). Il ricorso deve pertanto essere rigettato e al rigetto

consegue la perdita del deposito. Si ravvisa compensare tra le parti le spese di questo

giudizio di cassazione.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

This content downloaded from 185.2.32.121 on Tue, 24 Jun 2014 23:52:40 PMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended