Sezioni unite civili; sentenza 19 ottobre 1962, n. 3046; Pres. Tavolaro P. P., Est. Sparvieri, P. M.Pepe (concl. conf.); Com. Melito Porto Salvo (Avv. Sacca Luchesi) c. Scordo (Avv. Gazzoni) e Min.lavori pubblici (Avv. dello Stato Vitucci); Min. interno c. Scordo e Com. Melito Porto Salvo;Min. lavori pubblici c. Scordo e Com. Melito Porto SalvoSource: Il Foro Italiano, Vol. 86, No. 5 (1963), pp. 981/982-987/988Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152601 .
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981 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 982
pie e in cui non agisce quale privato, ma costituisce una
lõnga manus del giudice, verso il quale soltanto deve rispon dere e rendere eonto del suo operato, come ha piu volte
insegnato questa Suprema corte (Cass. 31 marzo 1958, n. 1099, Foro it., 1958, I, 875; 8 luglio 1953, n. 2148,
id., Rep. 1953, voce cit., n. 122, 123). II custode e difatti compreso dal codice vigente tra
gli ausiliari del giudice e non puõ essere considerato il rap
presentante delle parti litiganti, ma un gestore autonomo
ehe custodisce o amministra i beni nell'interesse di quello tra i litiganti che risultera in definitiva favorito dal giudizio di merito, sempre operando sotto la vigilanza e il controllo
del giudice ohe ne stabilisce i criteri, i limiti e le parti colari cautele da adottare (art. 676 cod. proc. civ.). Quando si riconosce dal ricorrente a tale soggetto un potere di
amministrazione, ehe potrebbe porre il problema della
autorizzazione del giudice della convalida circa la ordina
rietä o la straordinarieta dell'amministrazione stessa, si
dimentica che egli invece ha ancor piu il potere di conser
vare i beni sequestrati, che importa innanzi tutto la presa di possesso degli stessi e che costituisce il primo comando
che l'ordinanza di nomina del giudice gli imponga. II Giudice istruttore infatti con l'ordinanza in parola,
nominando sequestratario il resistente, ne fissava i com
piti, primo tra tutti «1'incarico di andare all'immediato
possesso dei beni ereditari».
L'esecuzione in questione quindi risulta legittima sia
sotto il profilo del titolo, sia sotto quello dei poteri dell'ese
cutante.
Devesi pertanto ritenere superato il secondo mezzo
del ricorso che attiene alia mancata riproposizione in sede
di precisazione delle conclusioni del giudizio di appello della mancata apposizione della formula esecutiva sul
l'ordinanza in parola, attesa la non obbligatorieta di tale
apposizione e la particolare qualifica pubblicistica rivestita
dal custode sequestratario. Si giunge cosl al terzo mezzo del ricorso con cui si
lamentano travisamento dei fatti e insufficiente e contrad
dittoria motivazione nell'avere il Tribunale ritenuto che fosse stato eseguito totalmente il sequestro, esecuzione
totale che il ricorrente nega risultasse dal verbale dell'uf
ficiale giudiziario che, se anche parlava di esecuzione del
sequestro su tutti i beni ereditari, non procedeva alia
descrizione dei beni stessi con la consegna delle chiavi
dell'immobile come prescrive l'art. 608. Comunque il
custode non avrebbe potuto avvalersi, anche dopo la
scadenza del termine di cui all'art. 675 della ordinanza
di nomina per continuare la esecuzione, essendo stati, con
l'inizio avvenuto entro il detto termine, esauriti lo scopo e la finalita del provvedimento, opponendosi il principio della consumazione degli a,tti processuali.
Anche tale mezzo e infondato. (Omissis) Ma il problema posto dal ricorso e piu ampio e gene
rale e attiene alia possibility di continuare l'esecuzione
di un sequestro, giä iniziata entro il termine dell'art. 675,
dopo la scadenza di tale termine, o alia esistenza di un
principio di consumazione degli atti processuali addotto
dal ricorrente. La soluzione affermativa, giä data al primo punto da
questa Suprema corte (Cass. 12 marzo 1960, n. 491, Foro
it., 1960, I, 1744), si affida a principi sicuri die debbono
essere confermati. Si deve ritenere infatti che il termine
di cui all'art. 675 sia un termine di perenzione per inat
tivitä della parte, e non di prescrizione o di decadenza.
Non di prescrizione, in quanto questa colpisce il diritto
sostanziale. E neanche di decadenza, in quanto con essa
si estingue una facoltä processuale, mentre 1'istanz.a di
sequestro potrebbe essere sempre riproposta, anche se
si sia lasciato trascorrere il periodo di legge senza ese
guire in modo assoluto un primo provvedimento di seque stro. Trattasi di perenzione, analogamente al precetto che diventa inefficace se non e iniziata l'esecuzione entro
i 90 giorni dalla sua notificazione, in quanto il decorso
del tempo pone solo nel nulla un atto giä efficace.
Tale termine per il sequestro ha l'unica caratteristica,
rispetto a quello citato per il precetto, che decorre non
dalla notifica ma dalla pronuncia del prowedimento, ma, se il sequestro viene eseguito anehe parzialmente entro
tale termine, si ha un primo atto di eseeuzione ehe lo
interrompe, poiclie la legge all'art. 680 distingue in mate
ria di sequestro tra primo e successivi atti di eseeuzione, da ciaseuno dei quali decorre un periodo di 15 giorni per darne notizia al sequestrato. Orbene, non solo per analogia eon la ipotesi del precetto deve considerarsi sufficiente
l'inizio di eseeuzione entro il termine di legge, ma per gli ulteriori termini e per le formal itä, cui i successivi atti di
eseeuzione del sequestro danno luogo, essi non sarebbero
ooncepibili se tutta la. eseeuzione dovesse essere compiuta entro l'unieo termine di giorni 30 dalla pronuncia. E va
aggiunto che 1'art. 683, dettando una disposizione generale
per tutti i oasi di inefficacia del sequestro, non menziona
la ipotesi dell'art. 675, onde õ logieo argomentare che
1'inefficacia di quest'ultima norma non puõ che riguardare solo l'inizio della eseeuzione del sequestro. Infatti, in ade
renza alla piü accreditata dottrina e giurisprudenza, si
deve rit.enere che il primo atto di eseeuzione metta in moto
i termini di cui all'art. 680, avendo quello di eui all'art.
675 giä concluso la sua funzione, onde il provvedimento di sequestro potrebbe condursi a completa eseeuzione sino
alia chiusura dell'istruttoria del giudizio di eonvalida. Le considerazioni che precedono servono anehe a rifiu
tare il prineipio addotto dal ricorrente di una consumazione
degli atti proeessuali. Gli atti processuali infatti possono in linea generale essere impediti solo dal trascorrere di un
termine o da preclusioni disposte dalla legge, non dal
fatto stesso della loro eseeuzione. Anehe l'estinzione di
un procedimento non estingue l'azione che puõ essere
sempre riproposta e tale prineipio 6 comune sia al giudizio di cognizione sia a quello di eseeuzione cui il sequestro puõ essere assimilato. Unica eccezione si ha per il processo di
impugnazione, per cui, proposta una impugnazione e non
pervenuta per qualsiasi motivo al suo scopo speeifico, ne õ preclusa la riproposizione. Ma trattasi di prineipio eccezionale che si pone in dubbio anehe per qualche specie di impugnazione, ma ehe deve negarsi comunque in materia
di sequestro, dove il citato art. 680 distingue tra primo e
suecessivi atti di eseeuzione. Escluso infatti che il sequestro si debba eseguire in un solo atto, non si vede come po trebbe essere ipotizzato un prineipio generale di consu
mazione processuale che non sarebbe inerente all'atto di
eseeuzione in sõ, ma sarebbe determinato dalla identitä
del bene sequestrato su cui non potrebbero essere fatti piü atti di eseeuzione, specie quando si tratta di accessori di
beni giä sequestrati. Se questo deve ritenersi per la parte privata, ancor
piü õ da ravvisare per il sequestratario il quale deve in
ogni tempo provvedere a immettersi in possesso dei beni
sequestrati per adempiere al mandato affidatogli, e del
suo ritardo deve rispondere solo al giudice che 1'ha nomi
nate, non al sequestrato, il quale puõ solo rivolgersi al
giudice per ogni sua istanza.
L'avere usato il custode la regolare formality del pre cetto per venire in possesso dei beni non puõ far dimenti
care la veste pubblicistica in cui egli agiva e i doveri ine
renti al suo munus publicum. II rigetto del ricorso porta alle conseguenze di legge. Per questi motivi, rigetta, ece.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezioni unite civili; sentenza 19 ottobre 1962, n. 3046 ; Pres. Tavolaro P. P., Est. Sparvieri, P. M. Pepe
(concl. conf.) ; Com. Melito Porto Salvo (Aw. Sacca
Luchesi) c. Scordo (Aw. Gazzoni) e Min. lavori
pubblici (Aw. dello Stato Vitucci) ; Min. interno c. Scordo e Com. Melito Porto Salvo ; Min. lavori pubblici c. Scordo e Com. Melito Porto Salvo.
(Oassa App. Roma 26 maggio 1959, 17 febbraio 1961)
Competenza e giurisdizionc in materia civile —
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983 PARTE PRIMA 984
Occupazione illcyittima — Annullamento dell'atto ablatorio in sede giurisdizionale amministrativa — Svolgimento di attivitä pubblica sul bone —
Diietto di giurisdizione del giudiee ordinario (Cod.
proc. civ., art. 360, n. 1 ; r. d. 26 giugno 1924 n. 1054, t. u. leggi sul Consiglio di Stato, art. 27, n. 4; legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, abolizione del oontenzioso
amministrativo, art. 4 ; legge 25 giugno 1865 n. 2359,
espropriazione per pubblica utility, art. 60, 63, 73). Giustizia amministrativa —- Giudieato — Decisione
del giudiee amministrativo — Limiti Soggettivi — Applicazione al giudizio suceessivo di risarci mento dei danni (Cod. civ., art. 2909).
II giudiee ordinario difetta di giurisdizione sulla domanda
diretta ad ottenere la restituzione del bene su cui, malgrado V annullamento, in sede giurisdizionale amministrativa,
degli atti ablativi, la pubblica Amministrazione abbia
svolto attivitä, sia pure materiale, diretta a finalitä d'ordine
pubblico (nella specie, costruzione di cimitero), spettando la eognizione delta domanda stessa al öonsiglio di Stato ai sensi delVart. 27, n. 4, t. u. sul öonsiglio di Stato. (1)
Poiehe il giudieato formatosi sulla decisione del giudiee amministrativo non ha effetti diretti nei confronti di terzi
che abbiano partecipato al giudizio, costoro non possono fondarsi sulla pronuncia di annullamento da altri otte
imta per domandare il risarcimento dei danni. (2)
(1) Conf., sotto il profilo che il proprietario del bene, che ha formato oggetto di un illegittimo prowedimento ablatorio non puõ costringere la pubblica Amministrazione a togliere le opere pubbliche abusivamente erette, Cass. 19 giugno 1961, n. 1440, Foro it., 1961,1, 1315, con osservazione critica di Andrioij, e id., 1962, I, 544, eon nota critica di Montesano.
Per 1'esclusione del risarcimento di danni per la mancata ottemperanza della pubblica Amministrazione al dovere di uni formarsi alia pronuncia di annullamento di un atto ammini strativo lesivo di interessi legittimi e per la proponibilitä in
questo caso del ricorso al Öonsiglio di Stato ai sensi dell'art. 27, n. 4, t. u. 26 giugno 1924 n. 1054, v. Oass. 23 ottobre 1961, n. 2348, id., 1962, I, 999, con nota critica di De Valles.
Sulla riparazione dei sacrifici patrimoniali imposti a tito lari di interessi legittimi da atti amministrativi illegittimi, v. i contributi del Montesano, in questo volume, IV, 41 e del Miele, ibid., 23.
La Cass. 18 maggio 1960, n. 1252, Foro it., 1960, I, 1123, con nota di richiami, eitata dalla sentenza surriportata, pur afferrnando, nella motivazione, che chi ha subito I'occupazione non puõ ottenere dal giudiee ordinario la restituzione dell'im mobile su cui la pubblica Amministrazione abbia costruito opere di carattere permanente, ha peraltro ritenuto la competenza del
giudiee stesso a disporre il rilascio deU'immobile occupato e la rinnovazione delle opere permanenti in esso costruite da un pri vate concessionario per la lavorazione di oli minerali, se l'occupa zione medesima sia diventata illegittima per decorso del termine fissato.
Con l'altra sentenza 16 giugno 1958, n. 2072, id., 1958, I, 1266, pure ricordata nella motivazione di quella riportata, la Cassazione ritenne improponibile l'azione possessoria diretta ad eliminare lo stato di fatto posto in essere per l'esecuzione di un atto amministrativo annullato con decisione, non ancora di venuta definitiva, del Consiglio di Stato.
Nella sentenza n. 2072 del 1958 or eitata si afferma che la mancanza di un prowedimento formale non fa degradare l'at t ivitA della pubblica Amministrazione al rango privatistico.
Nel senso che la domanda di retrocessione prevista dall'art. 60
legge 25 giugno 1865 n. 2359 presuppone che il bene abbia for mato oggetto di regolare espropriazione, v. Cass. 13 giugno 1959, n. 1811, id., Rep. 1959, voce Espropriazione per p. i., n. 114, eitata nella motivazione.
(2) In senso conforme, v. Cass. 5 aprile 1960, n. 774, Foro
it., Rep. 1960, voce Giustizia amministrativa, nn. 541-543 ; 10 ottobre 1955, n. 3124, id., Rep. 1955, voce cit., nn. 435, 436, eitate nella motivazione della sentenza surriferita.
Per l'inesistenza di un dovere dell'Amministrazione di esten dere gli effetti del giudieato amministrativo a soggetti diversi da
quelli che hanno partecipato al giudizio, v. Cons. Stato, Sez. IY, 8 novembre 1961, n. 540 ; Sez. VI 29 marzo 1961, n. 304, id., Rep. 1961, voce cit., nn. 466, 467.
Sui limiti subiettivi del giudieato amministrativo, v. Cons.
Stato, Sez. V, 12 dicembre 1959, n. 1023, id., 1960, III, 147, con nota di richiami.
La Corte, ecc. — Svolgimento del processo.
— II Prov
veditorato alle opere pubbliche di Catanzaro, con decreto
25 marzo 1948, dichiarava la urgenza e la indifferibilitä
dei lavori per la costruzione del nuovo oimitero del Comune
di Melito di Porto Salvo e il Prefetto di Reggio Calabria, con decreto 11 maggio 1948, autorizzava la occupazione di urgenza di un terreno sito nell'anzidetto Comune, con
trada Silipigni, di proprietä di Scordo Adriana in Nesci.
Su ricorso di Attanasio Bianca, proprietaria di un ter
reno limitrofo, del quale era stata disposta la occupazione
d'urgenza con lo stesso decreto prefettizio, il Consiglio di Stato, con decisione 23 maggio-9 giugno 1951, annullava
sia il decreto del Provveditorato sia quello prefettizio e
con successiva decisione 14 luglio-23 ottobre 1953, sempre su ricorso dellAttanasio, annullava altresi gli atti, con i
quali era stata promossa e definita la espropriazione. Con atti, 7, 8 novembre 1955 e 14 giugno 1956 la Scordo
conveniva in giudizio, davanti ai Tribunale di Roma, il
Ministero dei lavori pubblici e il Comune di Melito di
Porto Salvo per sentirli, in dipendenza delle anzidette
decisioni del Consiglio di Stato, condannare in solido alia
riconsegna deH'immobile, noncM al risarcimento dei danni
conseguenti alia illegittima occupazione ed espropriazione, da liquidarsi in lire 2.800.000 o in somma diversa, con i
relativi interessi e con il favore delle spese. II Ministero
resisteva alle istanze della Scordo ; il Comune rimaneva
contumace.
L'adito Tribunale, con sentenza 17 gennaio-28 marzo
1955, rigettava la domanda attrice.
Appellava la Scordo e la Corte d'appello di Roma, nel
contraddittorio del Ministero e nella contumacia del Co
mune, con sentenza non definitiva 8 aprile-26 maggio 1959, rilevando che le decisioni del Consiglio di Stato avevano
efficacia di giudicato anche nei confronti della Scordo
in considerazione della inscindibilitä del decreto dichia
rativo della urgenza ed indifferibilitä dei lavori, in riforma
della pronunzia impugnata, condannava il Comune alia
restituzione del terreno, il Ministero e il Comune stesso, in solido, al risarcimento dei danni, verificatisi fino al
giorno della citazione ist; tut iva del giudizio ; il solo Comune
al risarcimento dei danni successivi : danni tutti da liqui darsi nell'ulteriore corso del giudizio, per la prosecuzione del quale provvedeva con separata ordinanza.
Avverso la eitata sentenza il Comune di Melito di Porto
Salvo, autorizzato a stare in giudizio con deliberazione
23 febbraio 1960 della Giunta, ha proposto ricorso per
cassazione, deducendo due mezzi di annullamento, ai
quali resiste mediante controricorso la Scordo.
II Ministero dei lavori pubblici ha proposto a sua volta
ricorso incidentale con unico mezzo.
In tanto, dopo Pespletamento di una consulenza tecnica, la Corte di appello di Roma con sentenza definitiva 23
novembre 1960-17 febbraio 1961, procedeva alia liquida zione del danno, ponendolo, quanto a lire 160.770, a carico
solidale del Ministero e del Comune, e, quanto a lire 113.592, a carico del solo Comune, e condannava quest'ultimo e
il Ministero, in solido, alle spese del doppio grado. Avverso tale sentenza, il Ministero ha proposto ricorso
principale e il Comune ricorso incidentale, a seguito di
altra deliberazione 26 giugno 1961 della propria Giunta, deducendo entrambi un solo mezzo di annullamento.
Motivi della decisione. — II Comune di Melito di Porto
Salvo con il primo mezzo del ricorso principale proposto contro la sentenza non definitiva della Corte di appello di Roma denuncia la violazione e falsa applicazione degli art. 27, n. 4, del t. u. delle leggi sul Consiglio di Stato appro
val con r. decreto 26 giugno 1924 n. 1054 e 88 del relativo
regolamento di procedura, in relazione all'art. 360, n. 1,
cod. proc. civ., assumendo che 1'autorita giudiziaria ordi
naria fosse carente di giurisdizione in ordine alia domanda
di restituzione del terreno, proposta dalla Scordo, in base
alle decisioni del Consiglio di Stato, eitate in narrativa,
con le quali, in accoglimento dei ricorsi dellAttanasio,
erano stati annullati gli atti relativi alia occupazione di
urgenza e, quindi, alia espropriazione degli immobili occor
renti per l'opera pubblica.
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985 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 986
Secondo il ricorrente, postulando la pretesa della Scordo
l'obbligo del Comune di conformarsi alle pronunce del
giudice amministrativo, la domanda si sarebbe dovuta
proporre al Consiglio di Stato, al quale soltanto spette rebbe la giurisdizione a provvedere su di essa.
La censura e fondata.
Come si rileva dagli atti istitutivi del giudizio, la Scordo
aveva dedotto la pretesa che il terreno le fosse restituito
in esecuzione delle pronunoe di annullamento emesse dal
Consiglio di Stato, ed aveva, quindi, chiesto la condanna
del Ministero dei lavori pubbliei e del Comune, oltre ohe al risaroimento dei danni, anche alia riconsegna del fondo, con autorizzazione dell'istante a proeedere, se necessario, ad esecuzione forzata.
La Scordo, dunque, ha ritenuto che, con l'annullamento
del decreto del Provveditorato alle opere pubbliche, del
decreto prefettizio di occupazione di urgenza e di quello successivo di espropriazione, le Amministrazioni convenute
fossero divenute carenti di titolo per continuare ad occu
pare l'immobile e potessero, quindi, essere convenute
davanti al giudice ordinario per la condanna al rilascio
dell'immobile, mediante sentenza suscettibile di esecuzione
forzata.
Questo Supremo collegio, perõ, con giurisprudenza costante, ha affermato che la pronuncia di annullamento
elimina l'atto amministrativo formale, impugnato dinanzi
alia giurisdizione degli interessi, ma non degrada il succes
sivo comportamento della pubblica Amministrazione ad
una manifestazione di attivitä privata, in quanto non eli
mina, altresi, l'atto amministrativo necessariamente impli cito nell'attivita materiale della Amministrazione stessa, ove tale attivita sia volta, non al soddisfacimento di un
interesse meramente economico, sibbene all'attuazione, mediante, ad es., la costruzione dell'opera, di una finalitä
di ordine pubblico. In tal caso la esistenza di un atto ammi
nistrativo, sia pure non formale che, a norma dell'art. 4, 2° comma, della legge 20 marzo 1865 n. 2248, all. E, il giu dice non puõ revocare, sottrae l'obbligo della pubblica Amministrazione di uniformarsi alia pronuncia di annul
lamento della giurisdizione amministrativa alia possibility di una coercizione specifica da parte del privato, e, per necessaria conseguenza, alia giurisdizione del giudice ordi nario (Sez. un. 18 maggio 1960, n. 1252, Foro it., 1960, I, 1123, e sentenze ivi eitate, Sez. un. 16 giugno 1958, n. 2072, id., 1958, I, 1266).
Ne a diverso avviso potrebbe pervenirsi per la consi
derazione, prospettata dalla resistente Scordo, che si
dovrebbe ritenere operante, per la mancata esecuzione
dell'opera pubblica nel termine di due anni dall'inizio della
occupazione temporanea, la decadenza di cui all'art. 73 della legge del 1865 sulle espropriazioni per pubblica utilitä, con riferimento alle norme degli art. 60 e 63 della legge stessa, concernenti l'istituto della retrocessione per effetto
del venir meno della causa, per la quale la espropriazione fu concessa.
Anche nel caso in cui sia decorso il biennio stabilito dal citato art. 73, l'ente occupante e, infatti, tenuto al
risarcimento del danno, e non alia restituzione dell'im
mobile, ove questo sia, di fatto, giä utilizzato per l'attua zione di un fine pubblico.
Quanto, poi, all'istituto della retrocessione, e da rile
vare che la relativa azione, in quanto e diretta ad ottenere
il trasferimento dei beni espropriati con effetto ex nunc, mediante una sentenza costitutiva, presuppone necessa riamente ch'essi siani stati oggetto di regolare espropria zione (Cass. 13 giugno 1959, n. 1811, Foro it., Rep. 1959, voce Espropriazione per p. i., n. 114).
Ciõ premesso, si osserva che sia il Comune sia il Mini
stero dei lavori pubbliei affermano, ma senza il suffragio di alcuna documentazione o prova, che sarebbe stato emesso dal Prefetto di Reggio Calabria altro decreto di
espropriazione in data 26 agosto 1958, n. 36091, e, che, anzi, l'opera pubblica, del tutto compiuta, sarebbe anche funzionante.
La Scordo contesta le nude deduzioni delle due Am
ministrazioni ma e meritevole di rilievo la circostanza
ch'essa, nello stesso atto introduttivo del giudizio, dichiarõ che il danno, che continuaya a subire, era aggravate» « dal fatto della abusiva tumulazione di qualche defunto nel cimitero non ancora ultimato ne diehiarato tale».
Con la quale proposizione, la Scordo, dieendo piu di
quanto abbia voluto, ha sostanzialmente ammesso che la detenzione materiale, da parte del Comune, o, comunque, delle Amministrazioni sopranominate, del fondo da lei
reclamato, era giä caratterizzato dalla destinazione, quanto meno de facto, di esso a luogo di sepoltura e perciõ al sod disfacimento di un pubblico e primario interesse : il ehe basta per concludere che la cognizione della domanda della Seordo per la restituzione del terreno spetta, non alia
giurisdizione del giudice ordinario, sibbene alia giurisdi zione del Consiglio di Stato, a norma dell'art. 27, n. 4, del t. u. 26 giugno 1924 n. 1054, applieabile, com'& noto, anche nel caso in cui si tratti della esecuzione di un giu dicato amministrativo.
II Comune, con il secondo mezzo del ricorso principale, e il Ministero dei lavori pubblici con l'unico mezzo del ricorso incidentale contro la sentenza non definitiva, ed inoltre il Ministero con l'unico mezzo del ricorso principale e il Comune con l'unico mezzo del ricorso incidentale contro la sentenza definitiva, denunciano la violazione e falsa applicazione degli art. 2909 cod. civ. e 112, 113, 115 e 116 cod. proc. civ., assumendo che la Corte del merito avrebbe erroneamente esteso, a favore della Scordo, l'effi cacia delle decisioni di annullamento emesse dal Consi
glio di Stato a seguito di ricorso di Attanasio Bianca, nonostante che la Scordo non avesse partecipato al rela tivo giudizio.
Anche tale censura, la cui disamina va fatta con rife rimento al solo capo della domanda della Scordo, concer nente il risarcimento del danno, consistente nella mancata
percezione delle rendite del fondo, e meritevole di acco
glimento. La Corte del merito, per vero, ha ritenuto in diritto
che, quando la pronuncia del giudice amministrativo si riferisce a provvedimenti di ordine generale ed imperso nale, che sono per ciõ stesso obbligatori per tutti, acquista valore di cosa giudicata nei confronti di chiunque, in
quanto, avendo quei provvedimenti un contenuto indivi
sibile, ne restano escluse la parziale eseguibilitä nei con fronti di alcuni e la invalidity nei riguardi di altri.
Premesso siffatto principio, la Corte del merito ha riconosciuto carattere d'inscindibilita all'atto di dichiara razione di urgenza e d'indifferibilita dei lavori, perche esso non si riferiva in modo particolare no al terreno della
Scordo, 116 a quello dell'Attanasio, bensi all'opera pub blica, che doveva essere eseguita.
Ma non ha la Corte del merito considerato che atto amministrativo generale e quello che si dirige ad una
plurality astratta ed indeterminata di soggetti (come, ad
es., un regolamento), e che, a norma dell'art. 39 del r. decreto 8 febbraio 1923 n. 422, la dichiarazione di urgenza e indif feribilitä delle opere pubbliche dello Stato, delle province, dei comuni e dei consorzi interessa determinati soggetti, agli effetti degli art. 71 e segg. della legge 25 giugno 1865 n. 2359, ai fini, oiob, della occupazione di determinati beni immobili necessari per la esecuzione delle opere. Trattasi, quindi di atto amministrativo che da luogo ad una situazione giuridica relativa a beni di determinati cittadini e rilevante per future attivita giuridiche, il che esclude che il decreto provveditoriale del 25 marzo 1948, dichiarativo della urgenza e indifferibilita dei lavori, annul lato dal Consiglio di Stato, põssa essere qualificato atto amministrativo generale, e, possa comunque, importare indivisibility e, quindi, efficacia del giudicato ammini strativo per la Scordo.
Le premesse considerazioni sono da ripetere anche in ordine all'assunto svolto dalla Scordo nella memoria, secondo il quale il citato decreto provveditoriale conteneva anche l'approvazione del progetto dei lavori da eseguire, la quale, in forza dell'art. 30, 2° comma, del menzionato r. decreto n. 422 del 1923, aveva il valore di una dichiara zione di pubblica utility; e, per popseguenza, l'annulla
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987 PARTE PRIMA 988
mento della dichiarazione stessa avrebbe travolto tutti
gli atti conseguenti, i quali sarebbero rimasti spogliati di
causa giuridica, in quanto avrebbe l'annullamento inve
stito tale dichiarazione nella sua inscindibile unitä rispetto a tutti i soggetti, cui si riferiva.
Ad ogni modo, con riferimento sia all'assunto della
Scordo sia alia decisione adottata dalla Corte del merito, assorbente e decisivo 6 il rilievo che questo Supremo col
legio ha ripetutamente affermato che le decisioni del Con
siglio di Stato in sede giurisdizionale hanno efficacia di
giudicato nei limiti previsti dall'art. 2909 cod. civ. per le
sentenze del giudice ordinario e, pertanto, deve escludersi
una efficacia diretta del giudicato amministrativo nei
coufronti di terzi interessati, che non abbiano partecipato al giudizio davanti al Consiglio di Stato, di guisa clie in
nessun caso essi possono invocare a proprio favore la pro nuncia di annullamento come titolo dimostrativo della
lesione di un diritto soggettivo, ai fini dell'azione risar
citoria, potendo, in particolare fattispecie, come quella
conseguente all'annullamento di un provvedimento collet
tivo, ammettersi, in analogia a quanto avviene nei pro cesso civile, soltanto un'efficacia riflessa del giudicato amministrativo, consistente in un mero vantaggio di fatto
per chi non ha impugnato il provvedimento, poi annullato
su ricorso di altro interessato (Cass. 5 aprile 1960, n. 774, Foro it., Rep. 1960, voce Giustizia amministrativa, nn. 541
543 ; 10 ottobre 1955, n. 3124, id., Rep. 1955, voce cit.
nn. 435, 436). Esclusa, quindi, nella specie, la possibility di esten
sione del giudicato amministrativo a favore della Scordo, le denunciate sentenze vanno, in relazione ai capi di cia
scuna concernenti il riconoscimento del diritto della Scordo
stessa al ristoro dei danni e alia liquidazione di questi, cassate senza rinvio a norma dell'art. 382, 3° comma, cod. proc. civ., per il motivo che la relativa domanda non
poteva essere proposta. Per questi motivi, cassa, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezioni unite civili; sentenza 16 ottobre 1962, n. 2998 ; Pres. VERzi P., Est. Di Majo, P. M. Criscuoli (eoncl.
conf.) ; Lauxeti (Aw. Criscenti) c. Pres. Cons, ministri
e Min. turismo e spettacolo (Aw. dello Stato Carafa).
(Oonferma App. Roma 4 agosto 1960)
Cinematografo —- Costruzione d'immobile adibito
a spettaeoli cinematografici — Annullamento, da
parte del Consiglio di Stato, del silenzio rifiuto
sulla richiesta di nulla osta — Risarcimcnto del
danno verso la pubbliea Amministrazione —
Inammissibilita (Legge 29 dicembre 1949 n. 958,
disposizioni per la cinematografia, art. 21).
Il proprietario di area, vincolata dal piano regolatore alla
costruzione di una sala per pubblici spettaeoli, se alla
sua richiesta di nulla osta il Ministero del turismo e
dello spettacolo ha opposto il silenzio rifiuto, non pud, a seguito dell'annullamento, da parte del Gonsiglio di
Stato, di detto silenzio rifiuto, proporre avanti il giu dice ordinario domanda di risarcimento del danno nei
confronti del Ministero. (1)
La Corte, ecc. — Con i due motivi del ricorso, ehe
Bono strettamente connessi e posšono quindi essere esa
(1) Conf., a proposito di analoga situazione in tema di li cenza di commercio di vendita ai pubblico, Cass. 31 luglio 1962, n. 2294, infra, 1016, con nota di richiami.
Sul carattore discrezionale dei poteri della pubbliea Ammini strazione in tema di concessione (o diniego) di licenza edilizia, cons, la nota redazionale a Cass. 6 ottobre 1962, n. 2866, infra, 1002, ,
minati congiuntamente, il Laureti denuncia la violazione
dell'art. 2043 cod. civ., in relazione agli art. 832 e 869 stesso
codice, al r. decreto legge 6 luglio 1931 n. 981, alia legge 17 agosto 1942 n. 1150, al decreto pres. 23 febbraio 1952,
agli art. 21 e 22 legge 29 dicembre 1949 n. 958, agli art. 41, e 42 e 113 della Costituzione, nonche omesso esame di
punto decisivo. Assume il ricorrente che ha errato la Corte
di appello nel negare l'esistenza di un diritto subiettivo
del proprietario del suolo alia costruzione della sala cine
matografica. Dal regolamento legislative della materia si
deduceva l'obbligo per l'Amministrazione di non impedire che esso Laureti usasse del suo terreno per quella desti
nazione. Comunque, si aggiunge, la Corte non ha consi
derate che l'azione era proponibile, poiche nel momento
in cui veniva emesso il provvedimento di diniego (1954) sussistevano le condizioni per la concessione del nulla
osta. Le censure non hanno fondamento. Si trattava di
stabilire se fosse proponibile l'azione risarcitoria del Lau
reti contro la pubblica Amministrazione e la Corte del
merito correttamente lo ha escluso dopo aver rilevato che
costui non era titolare verso lAmministrazione medesima
di una posizione di diritto soggettivo. Per vero non si dubita che per effetto del vincolo im
posto dal piano regolatore di Roma del 1931 al terreno
del Laureti questi avesse facolta di dare al terreno stesso
la destinazione a costruzione di sala cinematografica, ma non
öaltresi da dubitare che tale facolta si sarebbe potuta legit timamente esplicare soltanto quando fosse intervenuta in
senso positivo l'autorizzazione (alia specifica costruzione) dell'autorita governativa. £ ben noto infatti che la legge 29 dicembre 1949 n. 958, dettando disposizioni per la
cinematografia, ha subordinato la costruzione, la trasfor
mazione e l'adattamento degli immobili da destinare a
sale cinematografiche al preventivo nullaosta della Presi
denza del Consiglio dei ministri (ora Ministero del turismo
e dello spettacolo, art. 21). E la concessione di tale nulla
osta rientra sicuramente nel regime giuridico delle autoriz
zazioni e implica un potere discrezionale della pubblica Amministrazione (concretantesi nella valutazione della
rispondenza di quella attivitä di costruzione alle esigenze, ambientali e temporali. del pubblico interesse), con riferi
mento al quale possono sorgere per i singoli, secondo i
principi istituzionali, interessi legittimi e non diritti sog
gettivi. £ quindi ben manifesto che, nella fattispecie concreta,
come delineata in narrativa, non era ipotizzabile un diritto
soggettivo perfetto (alia specifica costruzione) no al mo mento del diniego dell'autorizzazione (1954) nõ a quello dell'annullamento da parte del Consiglio di Stato di tale
diniego (1957), perche la facoltä di costruire il cinema era
sempre subordinata, per il suo legittimo esercizio, al rilascio
del nulla osta. II che, come 6 pacifico, avvenne nel 1957, sicche solo a detto momento poteva dirsi realizzata in
pieno la posizione di diritto soggettivo dell'odierno ricor
rente (alia specifica costruzione) : non era perciõ confi
gurabile una pretesa risarcitoria nei riguardi dell Ammini strazione per ritardo frapposto nella concessione del nulla
osta (1954-1957) se in tale periodo il Laureti non era tito
lare verso rAmministrazione stessa di quel diritto. A ragione, quindi, come alPinizio si diceva, la Corte
del merito ha dichiarato improponibile la domanda, uni
formandosi in tal modo all'mdirizzo di questo Supremo
collegio secondo cui per la proponibilitä dell'azione di
risarcimento danni contro la pubblica Amministrazione
non e sufficiente che il giudice amministrativo abbia an
nullato un atto amministrativo ma e necessario che l'atto
annullato abbia leso un diritto soggettivo del privato
(sent. n. 1217 del 1958, Foro it., 1958, I, 676 ; n. 3586 del
1958, id., Rep. 1958, voce Oompetenza civ., n. 87). Il ricorso deve pertanto essere rigettato e al rigetto
consegue la perdita del deposito. Si ravvisa compensare tra le parti le spese di questo
giudizio di cassazione.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
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