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sezioni unite civili; sentenza 21 luglio 1999, n. 485/SU; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est....

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sezioni unite civili; sentenza 21 luglio 1999, n. 485/SU; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est. Criscuolo, P.M. Lo Cascio (concl. conf.); Filippelli (Avv. Carratelli) c. Comune di Mendicino (Avv. Lepera). Cassa App. Catanzaro 5 aprile 1995 Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 12 (DICEMBRE 1999), pp. 3521/3522-3527/3528 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23195235 . Accessed: 28/06/2014 17:41 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.172 on Sat, 28 Jun 2014 17:41:41 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 21 luglio 1999, n. 485/SU; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est.Criscuolo, P.M. Lo Cascio (concl. conf.); Filippelli (Avv. Carratelli) c. Comune di Mendicino(Avv. Lepera). Cassa App. Catanzaro 5 aprile 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 12 (DICEMBRE 1999), pp. 3521/3522-3527/3528Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23195235 .

Accessed: 28/06/2014 17:41

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

gnazione per sostituire quella precedente, viziata. Infatti, è prin

cipio pacifico che il diritto di impugnazione per cassazione non

si consuma quando, proposto un ricorso irritualmente, non sia

no ancora esauriti i termini di cui agli art. 325 e 327 c.p.c., ove non sia stata pronunciata declaratoria di inammissibilità o di improcedibilità (Cass. 27 ottobre 1993, n. 10701, Foro it.,

Rep. 1993, voce Elezioni, n. 157, e 23 luglio 1991, n. 8243,

id., Rep. 1991, voce Impugnazioni civili, n. 78). (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 21 lu

glio 1999, n. 485/SU; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est.

Criscuolo, P.M. Lo Cascio (conci, conf.); Filippelli (Avv.

Carratelli) c. Comune di Mendicino (Avv. Lepera). Cassa

App. Catanzaro 5 aprile 1995.

Espropriazione per pubblico interesse — Occupazione appro

priativa — Risarcimento del danno — Offerta o deposito del

l'indennità di occupazione — Prescrizione — Interruzione

(Cod. civ., art. 2043, 2944, 2947; 1. 25 giugno 1865 n. 2359, espropriazioni per causa di pubblica utilità, art. 24, 49; 1. 22 ottobre 1971 n. 865, programmi e coordinamento dell'edi

lizia residenziale pubblica; norme sull'espropriazione per pub blica utilità; modifiche ed integrazioni alle leggi 17 agosto 1942 n. 1150, 18 aprile 1962 n. 167, 29 settembre 1964 n.

847, ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel

settore dell'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata, art. 11, 12; d.l. 11 luglio 1992 n. 333, misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica, art. 5 bis; 1. 8 agosto 1992 n. 359, conversione in legge, con modificazioni, del d.l.

11 luglio 1992 n. 333; 1. 23 dicembre 1996 n. 662, misure

di razionalizzazione della finanza pubblica, art. 3, comma 65).

Ove si sia verificata l'occupazione appropriativa del fondo da

parte dell'amministrazione, il deposito dell'indennità di espro

prio, come anche la determinazione e l'offerta di essa, inter

rompe il corso della prescrizione del diritto al risarcimento

dei danni. (1)

(1) Conforme, la coeva Cass. 21 luglio 1999, n. 484/SU, Foro it., Mass., 852. La pronuncia muove dalla constatazione che qualora si sia consumata, con l'irreversibile trasformazione del fondo, la fattispe cie appropriativa, il riconoscimento connesso all'offerta ed al deposito dell'indennità, non potendo avere ad oggetto lo specifico diritto al qua le fanno riferimento, non può che incidere sull'unico diritto spettante al privato, quello risarcitorio, ed è interruttivo della prescrizione (effi cacia negata ad altri tipi di atti della procedura ablatoria, come la ri chiesta dell'ordine di esecuzione dei lavori e delle espropriazioni, data la loro genericità: Cass. 14 giugno 1999, n. 5860, ibid., 721; o eventuali richieste di pagamento non formulate per iscritto dal privato nei con fronti dell'ente espropriante: Cass. 14 agosto 1998, n. 8044, id., Rep. 1998, voce Espropriazione per p.i., n. 518, che esclude anche possano integrare gli estremi della rinuncia alla prescrizione le eventuali promes se di pagamento non provenienti dall'organo dell'ente a tal fine prepo sto e prive, anch'esse, di forma scritta, ovvero le proposte, dall'eviden te contenuto transattivo, formulate dall'espropriante al solo scopo di

giungere ad una bonaria composizione della controversia in atto). Argomenta la Corte di cassazione che l'atto di riconoscimento del

diritto «non è soggetto a requisiti formali e non ha carattere (almeno necessariamente) negoziale, ma può qualificarsi come atto in senso stretto, essendo sufficiente che presenti i caratteri della volontarietà e della con

sapevolezza dell'esistenza del debito». È peraltro da chiarire che la giu risprudenza citata nella motivazione delle sezioni unite a supporto del

proprio ragionamento, aggiunge (ma non lo fanno le sezioni unite) che

l'indagine sull'idoneità del preteso atto di riconoscimento a manifestare la consapevolezza del debito e sul carattere di volontarietà, è, in quanto rivolta alla ricostruzione del fatto e non all'applicazione di specifiche

Il Foro Italiano — 1999.

Motivi della decisione. — Con il primo mezzo di cassazione

il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli art.

1158 e 954 c.c., nonché dell'art. 42 Cost, in relazione all'art. 2946 c.c. e dell'art. 11 disp. sulla legge in generale, e ancora

difetto di motivazione su punto decisivo della controversia, con riferimento all'art. 360, 1° comma, nn. 3 e 5, c.p.c.

Pur dicendosi consapevole dell'orientamento di questa corte

in materia di occupazione appropriativa, censura la sentenza

impugnata per aver ritenuto che l'azione intrapresa da esso Fi

lippelli inerisse non a credito di controvalore in presenza di un lecito acquisto della proprietà a titolo originario, bensì a credi to risarcitorio per fatto illecito, come tale soggetto a prescrizio ne quinquennale.

Invero, non potrebbe ritenersi che il trasferimento di un bene

immobile dal patrimonio del privato a quello della pubblica am

ministrazione equivalga ad un illecito.

Sarebbe stato autorevolmente osservato che, trattandosi di bene

immobile, qualunque forma di acquisto che prescinda dal con

senso del proprietario dovrebbe soggiacere ad un termine di pre scrizione che potrebbe essere soltanto quello ventennale ex art. 1958 c.c. ovvero ex art. 954 c.c.

Tuttavia, se (nonostante l'inesistenza di una norma in tal sen

so) si ritenesse che l'acquisto della proprietà in capo alla pub blica amministrazione avvenga per effetto dell'occupazione e della

successiva trasformazione del bene, risulterebbe evidente che, essendosi compiuto un vero e proprio trasferimento immobilia

re, il privato — sostanzialmente espropriato — avrebbe diritto ad un «prezzo», o comunque ad un indennizzo che, avendo funzione di corrispettivo, sarebbe soggetto a prescrizione nel termine ordinario di dieci anni.

Invece ravvisare nell'attività di trasformazione radicale del fon

do, con l'irreversibile destinazione ad opera pubblica, un fatto

giuridico illecito ma produttivo di effetti acquisitivi della pro prietà, significherebbe non soltanto porsi in contraddizione con l'art. 1158, ovvero con l'art. 954 c.c., ma contrasterebbe con la previsione dell'art. 42 Cost., concernente il diritto all'inden nizzo per il privato espropriato.

norme di diritto, riservata al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata (Cass. 18 giugno 1992, n. 7548, id., Rep. 1992, voce Prescrizione e decadenza, n. 51; 27 giu gno 1996, n. 5939, id., Rep. 1997, voce cit., n. 98). In relazione all'in dirizzo giurisprudenziale minoritario (da ultimo, Cass. 26 agosto 1997, n. 8005, id., 1998, I, 139, con nota di richiami, e indicazione delle

pronunce da cui originava il contrasto, risolto dalle sezioni unite, e nota critica di De Marzo), ora avvalorato dalla sentenza che si riporta, si era in altra occasione osservato (Benini, Variazioni sul tema dell'oc

cupazione appropriativa, in Gazzetta giur., 1998, fase. 37, 1) che se

negli atti di autonomia privata l'iniziativa individuale è libera di perse guire ogni interesse socialmente apprezzabile, i provvedimenti ammini strativi sono sottoposti ad un regime di tipicità legale per quanto con cerne i requisiti di competenza e di struttura nonché l'individuazione dello specifico interesse pubblico, da perseguire attraverso ciascun tipo di provvedimento. Ne consegue che di fronte ad un atto amministrati vo, prima ancora che un problema di interpretazione dell'atto, si pone una questione di individuazione dello stesso, in ossequio al rigido regi me di tipicità: dal che sembra obbligatorio dedurre che se l'amministra zione ha posto in essere un atto, quale l'offerta d'indennità, tipicamen te regolato dalla legge, e per questo identificabile come tale, non può ravvisarsi in esso il riconoscimento di un debito di diversa natura, e inoltre più oneroso per l'amministrazione. L'interpretazione degli atti

amministrativi, inoltre, pur ispirata alle stesse regole che governano l'in

terpretazione dei contratti, deve privilegiare la ricerca della volontà del l'ente desumibile dall'elemento letterale (Cass. 28 aprile 1992, n. 5082, Foro it., Rep. 1992, voce Contratto in genere, n. 279; 13 gennaio 1994, n. 304, id., Rep. 1994, voce Atto amministrativo, n. 312), onde l'appli cabilità delle norme di cui agli art. 1367-1370 c.c. è subordinata alla

persistenza di incertezze sulla volontà del dichiarante (Cass. 30 gennaio 1979, n. 666, id., Rep. 1979, voce Contratto in genere, n. 202; 14 giu gno 1991, n. 6752, id., Rep. 1991, voce cit., n. 291).

Maraviglia, semmai, che le sezioni unite non abbiano fatto uso del l'unica chiave che temprando i rigori del principio di tipicità dell'atto

amministrativo, potesse giustificare una sistemazione dell'atto interrut tivo nella dogmatica del rapporto giuridico, ovvero l'apparenza del di ritto e la tutela dell'affidamento del terzo, peraltro non ignorata da una pronuncia, successiva a quelle citate, proprio in tema di idoneità del riconoscimento del diritto ad interrompere la prescrizione (Cass. 20 ottobre 1998, n. 10404, id., Rep. 1998, voce Prescrizione e decaden

za, n. 90). [S. Benini]

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3523 PARTE PRIMA 3524

Pertanto, non versandosi nell'ipotesi della commissione di un illecito da parte della pubblica amministrazione, il diritto del

privato al ristoro per la perdita del bene non potrebbe che se

guire il corso della prescrizione ordinaria ex art. 2946 c.c. Né potrebbe utilizzarsi, ai fini della prescrizione quinquenna

le, l'art. 3 1. 27 ottobre 1988 n. 458 in tema di edilizia agevolata (come accennato dalla pronunzia della corte territoriale), sia per ché la norma riguarderebbe ipotesi ben diversa, sia (e soprattut to) perché ciò comporterebbe l'applicazione retroattiva di una

norma di legge, in violazione dell'art. 11 delle disposizioni sulla

legge in generale. Con il secondo mezzo, poi, il ricorrente denunzia violazione

e falsa applicazione dell'art. 2947 c.c., in relazione all'art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c.

Quand'anche dovesse ritenersi che l'acquisizione del bene da

parte della pubblica amministrazione discenda da un fatto ille

cito, il termine di decorrenza della prescrizione non potrebbe coincidere con il momento dell'irreversibile trasformazione e de stinazione del fondo ad opera pubblica.

Proprio per l'assenza di qualsiasi norma che sancisca il tra sferimento in favore della pubblica amministrazione, si tratte rebbe non già d'illecito istantaneo con effetti permanenti bensì di un illecito permanente, in relazione al quale la decorrenza del termine di prescrizione si rinnoverebbe di momento in mo mento. In altre parole, gli effetti dell'illecito verrebbero a riper cuotersi in modo permanente nella sfera patrimoniale del priva to, non essendo avvenuto alcun trasferimento della proprietà.

Opinare diversamente vorrebbe dire tornare alla tesi dell'e

spropriazione sostanziale e, quindi, ancora una volta, alla pre scrizione decennale del diritto del privato.

I due motivi — che, essendo tra loro connessi, devono for mare oggetto di esame congiunto — non sono fondati.

Questa corte, con orientamento ormai consolidato, ha affer

mato il principio che, occupato dalla pubblica amministrazione

(o da un suo concessionario) illegittimamente, per mancanza del provvedimento autorizzativo o per decorrenza dei termini di occupazione legittima, un fondo di proprietà privata per l'e secuzione di un'opera pubblica, la radicale trasformazione del fondo irriversibilmente destinato alla realizzazione dell'opera pub blica produce l'acquisto a titolo originario della proprietà da

parte della pubblica amministrazione e l'insorgere del diritto del

privato al risarcimento del danno derivante dalla perdita del diritto di proprietà, diritto soggetto al termine quinquennale di

prescrizione stabilito dall'art. 2947, 1° comma, c.c., con decor renza dalla data d'integrazione dell'illecito, istantaneo ancorché con effetti permanenti (Cass., sez. un., 26 febbraio 1983, n.

1464, Foro it., 1983, I, 626; 10 giugno 1988, n. 3940, id., 1988, I, 2262; 25 novembre 1992, n. 12546, id., 1993, I, 87; 2 ottobre

1993, n. 9826, id., Rep. 1993, voce Espropriazione per p.i., n. 448; 11 ottobre 1994, n. 8290, id., Rep. 1994, voce cit., n.

266; 4 maggio 1995, n. 4853, id., 1996, I, 465; 5 agosto 1997, n. 7203, id., Rep. 1997, voce cit., n. 401; 26 gennaio 1998, n. 761, id., 1998, I, 3615).

Detto orientamento, diffusamente argomentato, non trova al cuna convincente smentita nelle censure del ricorrente, già va

gliate nelle ripetute pronunzie ora ricordate. Pertanto il collegio lo condivide e ad esso aderisce, intenden

do darvi continuità, con conseguente infondatezza dei primi due motivi del ricorso.

Con il terzo motivo di cassazione il ricorrente denunzia viola zione e falsa applicazione dell'art. 2944 c.c., nonché difetto di motivazione su punto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360, 1° comma, nn. 3 e 5, c.p.c.

La sentenza impugnata, escludendo l'efficacia interruttiva della comunicazione in data 24 settembre 1981 con la quale il sindaco rendeva noto l'avvenuto deposito dell'indennità di espropria zione, avrebbe trascurato di considerare che, nella fattispecie in esame, l'avviso di deposito dell'indennità di espropriazione sarebbe intervenuto il 24 settembre 1991 (recte: 1981), quindi in epoca successiva al 5 aprile 1980, ossia alla data del momen to consumativo dell'asserito illecito per irreversibile trasforma zione dell'immobile occupato, essendo stata realizzata l'opera pubblica dopo la scadenza del periodo di occupazione legittima.

Pertanto, essendosi consumato l'illecito il 5 aprile 1980, il decreto di espropriazione che fosse stato emesso dopo tale data sarebbe stato del tutto nullo, sicché l'offerta dell'indennità prov visoria in epoca successiva non avrebbe potuto assumere alcun

Il Foro Italiano — 1999.

significato in relazione ad un procedimento espropriativo ormai inutile ed inefficace.

Sarebbe perciò incontestabile, come affermato in dottrina, che l'offerta e il versamento dell'indennità concretino l'ipotesi del

riconoscimento di un diritto di credito della controparte e non

già l'esatta qualificazione di tale diritto, sicché, riconosciuta al

soggetto destinatario dell'ablazione la spettanza ad un ristoro

patrimoniale, sarebbe indifferente se detto riconoscimento ri

guardi il diritto al risarcimento del danno derivante da atto ille

gittimo o il diritto all'indennità per atto legittimo. Il ragionamento assumerebbe valenza ancora maggiore, con

siderando dalla parte del creditore la circostanza dell'offerta ad illecito ormai avvenuto: l'espropriato che attende di essere ri sarcito del danno subito e si vede offrire, sia pure a titolo prov visorio, un'«indennità di espropriazione» dall'amministrazione

espropriante non potrebbe dare a tale comunicazione significa to diverso da quello che la pubblica amministrazione intenda in qualche modo reintegrare la sua sfera patrimoniale, a nulla rilevando se ciò avvenga a titolo di espropriazione formale, di

espropriazione sostanziale o di risarcimento per occupazione il

legittima. Il fatto storico costituente fonte dell'offerta, cioè l'occupa

zione dell'immobile del privato, sarebbe infatti il medesimo po sto a base della pretesa risarcitoria, che conseguirebbe proprio alla mancata regolarizzazione della procedura intrapresa. Rile vante ai fini dell'interruzione ex art. 2944 c.c. sarebbe la consa

pevolezza dell'esistenza del debito.

Pertanto, dovendo ritenersi che la comunicazione dell'ordi nanza di deposito ex art. 12 1. 22 ottobre 1971 n. 865, datata 24 settembre 1981, abbia interrotto il decorso della prescrizio ne, la sentenza impugnata sarebbe viziata per aver ritenuto estinto •il diritto vantato dall'attore al momento della proposizione del la domanda (1° agosto 1986).

Infine, andrebbe sottolineato che nella fattispecie, trattandosi non già di rinunzia (in quanto alla data del 24 settembre 1981 la prescrizione non si era compiuta), bensì di atto interruttivo, la motivazione della sentenza impugnata, secondo cui l'offerta dell'indennità non sarebbe comportamento idoneo a manifesta re incompatibilità assoluta di avvalersi della prescrizione, do vrebbe considerarsi non pertinente.

È così proposto all'esame delle sezioni unite il quesito relati vo all'idoneità della comunicazione, da parte dell'ente occupan te, dell'avvenuto deposito dell'indennità di espropriazione a com

portare riconoscimento del debito risarcitorio, nascente dall'a blazione del bene per occupazione appropriativa, con conseguente effetto interruttivo del corso della prescrizione, ai sensi dell'art. 2944 c.c.

Un indirizzo, che appare prevalente, ha negato tale idoneità, sostenendo che il decorso del termine quinquennale di prescri zione resta insensibile all'eventuale successiva adozione del de creto espropriativo, o alla liquidazione, offerta e deposito del l'indennità di espropriazione, perché i relativi atti, in quanto non inerenti al credito risarcitorio, non possono integrare né riconoscimento del credito stesso, né rinuncia ad opporre la pre scrizione (Cass. 9 luglio 1989, n. 3253, id., Rep. 1989, voce

cit., n. 371; 28 marzo 1990, n. 2532, id., Rep. 1990, voce cit., n. 417; 18 ottobre 1990, n. 10159, ibid., n. 414; 11 novembre

1992, n. 12113, id., Rep. 1993, voce cit., n. 443; sez. un. 11 novembre 1992, n. 12150, id., Rep. 1992, voce cit., n. 399; 25 settembre 1993, n. 9718, id., Rep. 1994, voce cit., n. 262; 4

maggio 1994, n. 4329, id., Rep. 1995, voce cit., n. 271; 4 mag gio 1995, n. 4862, id., Rep. 1996, voce cit., n. 260; 23 settem bre 1997, n. 9368, id., Rep. 1998, voce cit., n. 513).

Al contrario, altre decisioni hannó attribuito alla richiesta di ristoro del pregiudizio economico o al riconoscimento da parte dell'amministrazione, individuabile nell'offerta dell'indennità (cui può essere equiparata la comunicazione del deposito della me

desima), il carattere interruttivo della prescrizione (Cass. 12 feb braio 1992, n. 1715, id., Rep. 1993, voce Prescrizione e deca

denza, n. 51; 25 marzo 1995, n. 3572, id., Rep. 1995, voce

Espropriazione per p.i., n. 267; 9 marzo 1996, n. 1887, id., Rep. 1996, voce Prescrizione e decadenza, n. 68; 29 marzo 1996, n. 2943, ibid., voce Espropriazione per p.i., n. 256; 23 luglio 1997, n. 6886, id., Rep. 1997, voce cit., n. 400; 26 agosto 1997, n. 8005, id., 1998, I, 139).

Il primo orientamento muove dalla differenza ontologica e quantitativa tra l'obbligazione indennitaria e quella risarcitoria.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Facendosi valere un rapporto obbligatorio, la pretesa si qualifi cherebbe in relazione al fatto costitutivo del credito: là causa

petendi sarebbe ben diversa nei due casi. La disciplina dei due

rapporti resterebbe quindi distinta, anche a seguito della ten

denziale equiparazione degli effetti economici dell'espropriazio ne rituale e del risarcimento da occupazione espropriativa. An

zi, la diversità sarebbe sottolineata dalla giurisprudenza costitu

zionale, che ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 5 bis, 6° comma, 1. n. 359 del 1992, come modificato dall'art. 1, comma 65, 1.

28 dicembre 1995 n. 549 (Corte cost. 2 novembre 1996, n. 369,

id., 1996, I, 3257) e, pur ammettendo che il risarcimento del

danno da illecito extracontrattuale possa non comportare la piena

reintegrazione patrimoniale, essendone rimessa la misura alla

discrezionalità del legislatore, ha commisurato la compatibilità dell'istituto appropriativo con i principi dell'ordinamento ad una necessaria differenziazione dell'indennità di esproprio (Corte cost. 23 maggio 1995, n. 188, ibid., 464).

Il comportamento del creditore riferito ad un'obbligazione non sarebbe significativo di un eguale intento riguardo ad altri

rapporti obbligatori con lo stesso debitore.

Parallelamente, l'eventuale manifestazione della volontà di ri

conoscere il diritto all'indennizzo (o di rinunciare ad eccepire la relativa prescrizione) non potrebbe di per sé essere assunta come dato significativo dell'intento di riconoscere la

maggio^ pretesa connessa al risarcimento.

Sempre a proposito del contegno del debitore, l'offerta e il

deposito (con relativa comunicazione) dell'indennità, peraltro determinata da organi tecnici senza rappresentanza esterna, co stituirebbero atti vincolati nel procedimento espropriativo, sic come regolato dalla 1. 22 ottobre 1971 n. 865. Oltre al fatto che il riconoscimento del diritto altrui, o la rinuncia ad un dirit to proprio da parte degli enti pubblici, sarebbero soggetti a par ticolari procedure e controlli.

L'indirizzo contrario osserva invece che, in presenza di ragio ni creditorie insuscettibili di fraintendimento, qualora il debito re riconosca di «dover dare», muovendo da qualificazioni giuri diche errate, prive però di efficacia vincolante, il dovere di cor rettezza comporterebbe la necessità di valorizzare il significato sostanziale dell'ammissione, e dunque la recessività di compor tamenti contraddittori. Nelle pronunce più recenti non si mette in discussione il principio secondo cui l'interruzione degli atti, ai quali il codice attribuisce tale effetto, presuppone la loro ri

feribilità al diritto di cui è stata eccepita l'estinzione per inerzia del titolare. Qualora però si sia consumata, con l'irreversibile

trasformazione del fondo, la fattispecie appropriati va, il rico

noscimento connesso all'offerta e al deposito dell'indennità, non

potendo avere ad oggetto lo specifico diritto al quale fanno ri

ferimento, non potrebbe che incidere sull'unico diritto spettante al privato, cioè su quello risarcitorio.

In questo quadro, fermi i principi ribaditi a proposito dei

primi due motivi del ricorso, deve osservarsi che, secondo il

tenore dell'art. 2944 c.c., «la prescrizione è interrotta dal rico

noscimento del diritto da parte di colui contro il quale il diritto

stesso può essere fatto valere». L'atto di riconoscimento non è soggetto a requisiti formali

e non ha carattere (almeno necessariamente) negoziale, ma può

qualificarsi come atto in senso stretto (Cass. 1° giugno 1991, n. 6203, id., Rep. 1991, voce Prescrizione e decadenza, n. 52; 18 giugno 1992, n. 7548, id., Rep. 1992, voce cit., n. 51; 27

giugno 1996, n. 5939, id., Rep. 1997, voce cit., n. 98), essendo sufficiente che presenti i caratteri della volontarietà (Cass. 12

luglio 1980, n. 4473, id., 1981, I, 1156) e della consapevolezza dell'esistenza del debito (Cass. 11 ottobre 1973, n. 2559, id.,

Rep. 1973, voce Usucapione, n. 28). Nell'ambito di tali concetti, qualora si sia già realizzata, du

rante il periodo di occupazione illegittima ed in mancanza del

decreto d'esproprio, l'irreversibile trasformazione del bene con

acquisto della sua proprietà (a titolo originario) in capo all'ente

pubblico, il procedimento espropriativo che sia ancora in corso

non ha più ragion d'essere, essendosi ormai prodotto l'effetto

ablatorio cui esso era preordinato (tanto che il decreto di espro

priazione, ove fosse successivamente emesso, sarebbe inutiliter

datum). All'ex proprietario, in presenza della perdita del bene per l'a

blazione subita, rimane una sola situazione giuridica tutelabile, ossia il diritto al risarcimento del danno a lui cagionato. Per

ii. Foro Italiano — 1999.

tanto, la comunicazione del deposito dell'indennità (cui sono

equiparabili la determinazione o l'offerta della stessa), eseguita

dopo l'occupazione appropriativa, non è in alcun modo riferi bile al procedimento di esproprio ormai venuto meno. Essa, tuttavia, non può sol per questo ritenersi priva di ogni effetto, in quanto comunque esiste, non presenta vizi invalidanti e rive la nella pubblica amministrazione (da cui promana) la consape volezza di essere obbligata a versare un corrispettivo a fronte

dell'apprensione del bene. In altre parole, resta idonea a mani festare che la pubblica amministrazione (cui l'avvenuto fatto ablatorio è imputabile) si considera tenuta a versare una somma diretta a ristorare il privato per la perdita subita.

Non ha rilevanza che la comunicazione del deposito dell'in dennità (o l'offerta della medesima) sia qualificata appunto co me indennità e non come risarcimento. Nel momento in cui d'indennità non può più parlarsi essendo già integrata la fatti

specie dell'illecito, l'erronea qualificazione attribuita alla som ma che si riconosce di dover versare (nell'ambito di una proce dura ritenuta erroneamente ancora in itinere) non vale a toglie re significato a tale riconoscimento, non più riferibile ad un diritto ontologicamente e causalmente diverso qual è il diritto

all'indennità, perché tale diritto più non sussiste, residuando soltanto quello al risarcimento del danno.

Non giova quindi rimarcare le indubbie differenze tra obbli

gazione indennitaria e obbligazione risarcitoria, che ovviamente non si pongono in discussione. Tali differenze sarebbero deter minanti qualora le due obbligazioni concorressero. Ma quando la prima è definitivamente venuta meno e ad essa subentra la

seconda, soltanto a questa possono essere riferiti gli ulteriori atti della pubblica amministrazione, neppur definibili peraltro come atti vincolati appunto perché il procedimento espropriati vo si è in sostanza esaurito con l'avvenuta ablazione di fatto.

D'altro canto costituirebbe un'indubbia forzatura sostenere l'assenza di ogni collegamento tra l'offerta o la comunicazione del deposito della somma, sia pure a titolo indennitario, e la vicenda ablatoria conclusasi con l'irreversibile trasformazione del suolo destinato all'esecuzione dell'opera pubblica, in vista della quale il procedimento espropriativo era stato avviato.

Tali collegamenti, invece, sussistono e risultano dall'inerenza allo stesso bene, dalla sua definitiva sottrazione al proprietario, dalla natura corrispettiva propria dell'indennizzo e del risarci

mento, dal carattere pecuniario della prestazione dovuta dal

l'ente cui il fatto ablatorio è riferibile, dalla finalità di detta prestazione, diretta comunque a ristorare l'ex proprietario per la diminuzione patrimoniale subita, riconoscendogli, quindi, il diritto a tale ristoro. Riconoscimento che non può non essere univoco nel momento in cui unica è la situazione giuridica del

soggetto che ha sofferto l'ablazione.

Conclusivamente, ed a composizione del contrasto sopra ri

chiamato, deve affermarsi che, con riferimento, all'art. 2944 c.c., nel caso in cui si sia verificata l'occupazione acquisitiva del fon

do, ma non sia stato emesso il decreto di esproprio, la comuni cazione dell'avvenuto deposito (come la determinazione e l'of

ferta) dell'indennità di espropriazione, costituendo atti di rico

noscimento del diritto al ristoro patrimoniale dell'ex proprietario, integrano atti interruttivi della prescrizione del diritto al risarci mento dei danni derivanti dalla perdita del diritto dominicale.

Alla stregua di tale principio il terzo motivo del ricorso si rivela fondato.

Infatti, come emerge dalla sentenza impugnata, l'occupazio ne acquisitiva si realizzò nella specie il 5 aprile 1980, con il

completamento dei lavori per la costruzione dell'impianto spor tivo, successivamente alla scadenza del periodo di occupazione legittima.

In quella data, dunque, si perfezionò il fatto ablatorio e con

seguentemente si esaurì il procedimento espropriativo, mentre

iniziò a decorrere la prescrizione quinquennale del diritto al ri

sarcimento del danno.

Il 24 settembre 1981 (v. pag. 9 della sentenza impugnata) eb

be luogo la comunicazione, da parte del sindaco, dell'avvenuto

deposito dell'indennità espropriativa che, in base alle considera

zioni sopra svolte, ebbe effetto interruttivo sul corso della pre scrizione.

La citazione introduttiva del giudizio fu notificata il 1° ago sto 1986, e quindi prima del compimento del suddetto termine

quinquennale.

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3527 PARTE PRIMA 3528

Ne deriva che la Corte di Catanzaro ha errato nel ritenere

prescritto il diritto al risarcimento dei danni azionato dal Fi

lippelli. Pertanto, in accoglimento del terzo motivo del ricorso, la sen

tenza impugnata deve essere cassata e la causa va rinviata per ulteriore esame ad altra sezione della Corte d'appello di Catan

zaro che si uniformerà al principio di diritto sopra enunciato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 21 lu glio 1999, n. 483/SU; Pres. Zucconi Galli Fonseca, Est.

Criscuolo, P.M. Lo Cascio (conci, conf.); Comune di Mas

sa (Avv. Feliziani) c. Lidia (Avv. Mussi, Dionisio, Raja). Cassa App. Genova 29 maggio 1995.

Espropriazione per pubblico interesse — Decreto di esproprio — Annullamento giurisdizionale — Azione di risarcimento

per occupazione appropriativa — Prescrizione — Decorrenza

(Cod. civ., art. 2043, 2935, 2947; 1. 8 agosto 1992 n. 359, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 11 luglio 1992

n. 333; 1. 23 dicembre 1996 n. 662, misure di razionalizzazio

ne della finanza pubblica, art. 3, comma 65).

Qualora il fondo privato sia stato occupato ed espropriato in

base a provvedimento successivamente annullato dal giudice

amministrativo, il diritto al risarcimento del danno per la per dita della proprietà del bene irreversibilmente trasformato e

destinato alla realizzazione dell'opera pubblica, è esercitabile

solo dal passaggio in giudicato della sentenza di annullamen

to, e da tale momento inizia a decorrere il termine di prescri zione del diritto al risarcimento. (1)

(1) Giurisprudenza costante (Cass. 30 giugno 1989, n. 3170, Foro

it., Rep. 1990, voce Espropriazione perp.i., n. 416; 15 novembre 1990, n. 11041, ibid., n. 419; 22 aprile 1992, n. 4784, id., Rep. 1992, voce

cit., n. 338; 9 settembre 1993, n. 9448, id., Rep. 1993, voce cit., n.

446; 2 gennaio 1995, n. 6, id., Rep. 1996, voce cit., n. 262; 2 luglio 1998, n. 6465, id., Rep. 1998, voce cit., n. 516): solo il passaggio in

giudicato della pronuncia di annullamento del decreto di esproprio, con l'eliminazione dell'atto ablatorio, conferisce all'occupazione carattere di arbitrarietà e solo dal suo passaggio in giudicato il diritto al risarci mento del danno può essere esercitato (Vignale, Espropriazione per pubblica utilità e occupazione illegittima, Napoli, 1998, 434).

Tale fattispecie va tenuta ben distinta dall'ipotesi in cui l'acquisto a favore dell'ente occupante si perfezioni a seguito dell'irreversibile tra sformazione del fondo, per non essere tempestivamente intervenuto l'atto conclusivo della procedura ablatoria: il decreto di esproprio emesso ol tre il termine di scadenza dell'occupazione legittima, e dopo che, all'in terno di questa, o successivamente, o indipendentemente da quest'ulti ma, la fattispecie appropriativa è maturata, è irrilevante, ed il giudice ordinario, adito dal proprietario occupato, lo considera inutiliter datum

(Cass. 25 luglio 1996, n. 6711, Foro it., Rep. 1998, voce cit., n. 332). È a tal proposito irrilevante che non siano ancora scaduti i termini di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, atteso che il potere espropriativo, pur se in astratto ancora esistente, non può in concreto essere esercitato per il venir meno dell'oggetto del decreto di espropria zione, che ormai è parte del demanio o del patrimonio indisponibile dell'ente pubblico (Cass. 22 febbraio 1994, n. 1725, id., Rep. 1994, voce cit., n. 271). In tali casi è indubbio che la lesione del diritto domi nicale, e la nascita del diritto al risarcimento, cui si riferisce la prescri zione, va fatta risalire all'irreversibile trasformazione. L'eventuale azio ne davanti al giudice amministrativo per l'annullamento del decreto di esproprio inutiliter datum non varrebbe certo da impedimento all'azio ne risarcitoria. È stato escluso, a tal proposito, che l'art. 3 1. 27 ottobre 1988 n. 458, che ha esteso le regole dell'occupazione appropriativa nel settore dell'edilizia residenziale agevolata e convenzionata, abbia confi gurato la necessità, perché si configuri l'occupazione appropriativa, di un annullamento del decreto di esproprio, che può anche mancare (Cass. 7 maggio 1996, n. 4235, in motivazione, id., Rep. 1996, voce Prescri zione e decadenza, n. 21).

Il Foro Italiano — 1999.

Motivi della decisione. — Con il primo mezzo di cassazione

il ricorrente denunzia «violazione o falsa applicazione dei prin

cipi di diritto relativi al maturarsi della prescrizione». La sentenza impugnata, pur qualificando come risarcitoria

l'azione promossa dall'attuale resistente fissandone il termine di prescrizione in cinque anni, avrebbe erroneamente escluso

che tale termine si fosse nella specie compiuto, sul presupposto che l'annullamento del provvedimento ablatorio fosse interve

nuto soltanto un anno prima dell'inizio dell'azione giudiziaria. Le due questioni (risarcimento del danno da irreversibile tra

sformazione e annullamento di un atto amministrativo) sareb

La questione circa la necessità di rivolgersi preventivamente al giudi ce amministrativo al fine di ottenere l'annullamento del decreto di espro prio emesso in costanza di occupazione, per poi rivolgersi al giudice ordinario per ottenere (ove non sia possibile la restituzione del bene) il risarcimento del danno, aveva fatto dubitare (l'ordinanza della prima sezione civile, che ha sottoposto la questione al primo presidente per l'eventuale rimessione alle sezioni unite, Cass. 29 ottobre 1997, n. 991, è riportata id., Rep. 1998, voce Espropriazione per p.i., n. 522, e Dan no e resp., 1998, 42), che nella specie ricorresse un impedimento quali ficabile come «legale» agli effetti dell'art. 2935 c.c., anche tenendo conto che la stessa illegittimità costituzionale di una norma è stata qualificata come semplice difficoltà di fatto, con la conseguente decorrenza del termine prescrizionale dalla data in cui il diritto è sorto, e non dalla dichiarazione d'illegittimità (Cass. 11 febbraio 1985, n. 1165, Foro it., Rep. 1985, voce Prescrizione e decadenza, n. 17; 19 febbraio 1987, n.

1814, id., Rep. 1987, voce cit., n. 39; 19 febbraio 1991, n. 1750, id., Rep. 1991, voce Previdenza sociale, n. 951; 27 gennaio 1993, n. 986, id., 1994, I, 1120; 27 gennaio 1998, n. 812, id., Rep. 1998, voce Infor tuni sul lavoro, n. 219; in senso contrario, tuttavia, in tema di esperibi lità dell'azione per la determinazione dell'indennità di occupazione, Cass. 1° febbraio 1996, n. 868, id., Rep. 1996, voce Espropriazione per p.i., n. 132, che ha ritenuto la decorrenza della prescrizione dalla pubblica zione sulla Gazzetta ufficiale di Corte cost. 22 ottobre 1990, n. 470, id., 1990, I, 3057, a sua volta contraddetta da Cass. 11 agosto 1998, n. 7878, id., Rep. 1998, voce cit., n. 426). L'affievolimento del diritto

soggettivo per effetto dell'atto terminale della procedura espropriativa, potrebbe non essere qualificabile come impedimento giuridico tale da

precludere al proprietario di farlo valere, nel momento in cui sia confi

gurabile una tutela in sede giurisdizionale contro l'atto amministrativo che abbia inciso sul diritto ed in presenza di meccanismi processuali che consentono di instaurare la controversia davanti al giudice ordina

rio, salva la sospensione necessaria di quest'ultimo. Da aggiungere poi che la pronuncia di anullamento del decreto di espropriazione, adottata dal giudice amministrativo, restituisce retroattivamente la situazione giu ridica alla sua originaria consistenza, e l'impedimento viene ad essere caducato ex tunc.

Al primo profilo problematico, la pronuncia in epigrafe ribatte la sostanziale differenza con la vicenda della dichiarazione di illegittimità costituzionale, con una motivazione che ricalca sostanzialmente quanto già oggetto di riflessione sulle colonne di questa rivista: secondo De

Marzo, Occupazione appropriativa e prescrizione della pretesa risarci

toria, id., 1998, I, 141: «il titolare di un interesse, al quale una norma

neghi la protezione propria del diritto soggettivo, ha di fronte a sé un'al ternativa: restare inerte o invocare quel diritto nell'appropriata sede giu risdizionale e denunciare il contrasto della norma limitativa con la Car ta fondamentale. In definitiva, nel nostro ordinamento, che consente di sollevare la questione di legittimità costituzionale solo all'interno di un processo nel quale la disposizione denunciata debba trovare applica zione, l'illegittimità di una norma non ostacola la proponibilità dell'a

zione, ma la presuppone. Al contrario, una volta che la pubblica ammi nistrazione abbia illegittimamente esercitato il potere di incidere sul di ritto del privato, questi, in forza di una scelta ordinamentale, ha l'onere di impugnare il provvedimento lesivo dinanzi al giudice amministrativo. Un diritto esercitabile dinanzi al giudice ordinario sorge solo a seguito dell'annullamento del provvedimento, che, si ripete, segue ad un'inizia tiva del privato diretta alla tutela dell'unico interesse in tale momento

protetto dal vigente sistema, attraverso l'attribuzione di una pretesa ad una pronuncia di merito: quello al corretto uso del potere ammini strativo».

Al profilo riguardante l'efficacia retroattiva della sentenza di annul lamento dell'atto di degradazione del diritto, le sezioni unite assumono

l'operatività, su un diverso piano, del principio contra non valentem

agere non currit praescriptio, rispetto alla disciplina generale in tema di durata (e decorrenza) del termine prescrizionale, nel senso che, se anche l'annullamento giurisdizionale del decreto di esproprio fa riespan dere il diritto dominicale (trasformato nel diritto al risarcimento per l'occupazione appropriativa nel frattempo maturata), e localizza la data teorica di reazione all'illecito (art. 2947 c.c.) nel momento del fatto, è indubbio che il sistema di riparto delle giurisdizioni impediva tale

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