+ All Categories
Home > Documents > Sezioni unite civili; sentenza 21 marzo 1967, n. 626; Pres. Flore P., Est. La Farina, P. M. Di Majo...

Sezioni unite civili; sentenza 21 marzo 1967, n. 626; Pres. Flore P., Est. La Farina, P. M. Di Majo...

Date post: 30-Jan-2017
Category:
Upload: vomien
View: 221 times
Download: 3 times
Share this document with a friend
4
Sezioni unite civili; sentenza 21 marzo 1967, n. 626; Pres. Flore P., Est. La Farina, P. M. Di Majo (concl. conf.); Soc. edilizia «La Marina »(Avv. Cavalieri, Messineo, Magni, De Bernardi) c. Soc. Ferrari (Avv. Arnaboldi, Sangiuolo, Airenti) Source: Il Foro Italiano, Vol. 90, No. 4 (APRILE 1967), pp. 695/696-699/700 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23155346 . Accessed: 28/06/2014 07:51 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.213.220.138 on Sat, 28 Jun 2014 07:51:57 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: Sezioni unite civili; sentenza 21 marzo 1967, n. 626; Pres. Flore P., Est. La Farina, P. M. Di Majo (concl. conf.); Soc. edilizia « La Marina » (Avv. Cavalieri, Messineo, Magni,

Sezioni unite civili; sentenza 21 marzo 1967, n. 626; Pres. Flore P., Est. La Farina, P. M. Di Majo(concl. conf.); Soc. edilizia «La Marina »(Avv. Cavalieri, Messineo, Magni, De Bernardi) c. Soc.Ferrari (Avv. Arnaboldi, Sangiuolo, Airenti)Source: Il Foro Italiano, Vol. 90, No. 4 (APRILE 1967), pp. 695/696-699/700Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23155346 .

Accessed: 28/06/2014 07:51

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 91.213.220.138 on Sat, 28 Jun 2014 07:51:57 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: Sezioni unite civili; sentenza 21 marzo 1967, n. 626; Pres. Flore P., Est. La Farina, P. M. Di Majo (concl. conf.); Soc. edilizia « La Marina » (Avv. Cavalieri, Messineo, Magni,

PARTE PRIMA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Sezioni unite civili; sentenza 31 marzo 1967, n. 713; Pres.

Scarpello P., Est. Modigliani, P. M. Di Majo (conci,

conf.); Banco di Napoli (Avv. Bugliari, Abbamonte) c. Romano.

(Regolamento di giurisdizione)

Impiegato dello Stato e pubblico — Banco di Napoli —

Controversia d'impiego — Giurisdizione ordinaria — Fat

tispecie.

La controversia d'impiego tra il Banco di Napoli e il dipen dente dispensato dal servizio per motivi di salute rientra nella cognizione del giudice ordinario. (1)

La Corte, ecc. — Il ricorrente Banco di Napoli sostiene, nella istanza per regolamento preventivo di giurisdizione, che, essendo esso un ente pubblico economico, le contro

versie relative ai rapporti di impiego con i suoi dipendenti devono essere decise dal giudice ordinario e non dal Con

siglio di Stato, del quale deve essere, quindi, negata la giuri sdizione a statuire sulla controversia in oggetto.

Il ricorso è fondato. La qualità di ente pubblico eco nomico è stata riconosciuta, con numerose pronunce "(cfr., tra le altre, le sentenze n. 1120 del 1965, Foro it., 1966, I, 126; n. 580 del 1966, id., Mass., 198), al Banco di Napoli da questa Suprema corte, la quale, a partire dalla sentenza n. 1089 del 1946 (id., 1946, I, 665), ha altresì stabilito, con nu merose e conformi decisioni (cfr., da ultimo, le sentenze n. 259 del 1965, id., 1965, I, 787; n. 1120 del 1965, cit.; n. 580 del

1966, cit.; n. 586 del 1966, id., Mass., 198), che la soppressione dell'ordinamento sindacale corporativo non ha affatto implicato la sottrazione alla giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordi naria delle controversie aventi ad oggetto rapporto di la voro o d'impiego con enti pubblici economici inquadrati sindacalmente, giacché, per quanto attiene strettamente allo

svolgimento dei rapporti stessi, l'ente si presenta, non in una posizione di supremazia, ma su un piano di parità giu ridica con i prestatori d'opera, vincolato, com'è, al pari di

loro, alla precostituita regolamentazione del rapporto. Tale

giurisdizione, di norma, va riferita anche agli atti con i

quali gli enti in discorso provvedono a estinguere i rapporti di lavoro o di impiego, giacché tali atti sono assimilabili alle manifestazioni di volontà di carattere privatistico e incidono nella sfera dei diritti soggettivi dei dipendenti; il che importa la conseguenza che il giudice ordinario ha il potere-dovere di giudicare della legittimità dei provvedi menti di licenziamento determinati da motivi di salute, senza che al riguardo possano richiamarsi i limiti posti al giudice ordinario dal carattere pubblicistico degli atti posti in essere dalla pubblica amministrazione nell'esercizio di un potere di supremazia. Vero è che recentemente questa corte (cfr., tra le altre, le sentenze n. 259 del 1965, cit.; n. 84 del 1964, id., Rep. 1964, voce Impiegato dello Stato, n. 676; n. 2071 del 1958, id., Rep. 1958, voce cit., nn. 499-501; n. 1499 del

1957, id., Rep. 1957, voce Impiegato gov. e pubbl., nn. 569

571), richiamandosi al carattere prevalentemente pubblici stico che gli enti pubblici economici assumono, per quanto riguarda la propria costituzione e la propria struttura, e alla possibilità che determinati aspetti o momenti del rap

(1) In generale nel senso che il Banco di Napoli è un ente pubblico economico e pertanto le controversie d'impiego con i suoi dipendenti sono devolute alla cognizione del giudice ordinario, cons. Cass. 26 febbraio 1966, n. 580 e n. 586, Foro it., Mass., 198; 7 giugno 1965, n. 1120, id., 1966, I, 126, con nota di richiami tra cui Cass. 15 gennaio 1964, n. 84 e 17 febbraio 1965, n. 259, richiamate al pari delle precedenti nella motivazione della presente.

Le altre sentenze della Cassazione, pure ricordate nel testo (16 giugno 1958, n. 2071, 4 maggio 1957, n. 1499, 6 agosto 1946, n. 1089), leggonsi rispettivamente nel Rep. 1958, voce Impiegato dello Stato, nn. 499-501, nel Rep. 1957, voce Impiegato gov. e pubbl., nn. 569-571 e nel Foro it., 1946, I, 665, con nota di ri chiami,

porto d'impiego o di lavoro con i propri dipendenti siano, nei singoli enti, condizionati ad esigenze di pubblico inte

resse o, comunque, attuati, modificati o estinti in funzione

di dette esigenze, ha ritenuto che, in tali casi, debba preva lere il profilo pubblicistico anche nel suo aspetto discrezio

nale, con la duplice conseguenza che i diritti soggettivi deri

vanti dal rapporto medesimo degradano a interessi legittimi e che viene meno la giurisdizione del giudice ordinario. In

tema di licenziamento, per altro, una situazione del genere, se può riguardare le ipotesi, in cui il recesso dal rapporto di lavoro sia dall'ente giustificato con ragioni di riduzione

di organico, di soppressione dell'attività, alla quale il dipen dente era addetto, o comunque attinenti all'interesse del

servizio ed a obiettive esigenze di ordinamento e funzio

namento, è manifestamente estranea al caso del Romano,

dispensato dal servizio per motivi di salute.

Alla stregua delle considerazioni svolte va dichiarata, in

accoglimento del ricorso, la giurisdizione del giudice ordi

nario a statuire sulla controversia in oggetto. Tuttavia ricor

rono giusti motivi per la totale compensazione, tra le parti, delle spese del giudizio di cassazione, non avendo, in cir

costanze analoghe, il Banco di Napoli eccepito il difetto di

giurisdizione del Consiglio di Stato, adito da propri dipen denti, ingenerando cosi in essi la convinzione della compe tenza del detto consesso.

Per questi motivi, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Sezioni unite civili; sentenza 21 marzo 1967, n. 626; Pres.

Flore P., Est. La Farina, P. M. Di Majo (conci, conf.); Soc. edilizia « La Marina » (Avv. Cavalieri, Messineo,

Magni, De Bernardi) c. Soc. Ferrari (Avv. Arnaboldi,

Sangiuolo, Airenti).

(Conferma App. Genova 25 febbraio 1966)

Ipoteca — Ipoteca giudiziale — Iscrizione in base a condanna

revocata in appello — Pendenza di ricorso avverso la

sentenza di appello — Domanda di cancellazione — Pro

ponibilità (Cod. civ., art. 2884).

Ipoteca — Ipoteca giudiziale — Iscrizione in base a condanna

revocata con sentenza di appello non ancora passata in

giudicato — Ordine di cancellazione — Ammissibilità —

Condizioni (Cod. civ., art. 2885).

Ove la iscrizione di ipoteca giudiziale sia stata effettuata in

base a sentenza di condanna di primo grado riformata in appello, la pendenza di ricorso per cassazione avverso

quest'ultima pronuncia non rende improponibile l'azione del debitore diretta al fine di ottenere la declaratoria della illegittimità della iscrizione ed il relativo ordine di cancellazione. (1)

Quando ancora non sia passata in giudicato (nella specie,

per la pendenza di ricorso per cassazione) la sentenza

d'appello che ha revocato la condanna del debitore

pronunziata in primo grado, lo stesso giudice dell'ap

pello, oppure quello separatamente adito dal debitore a questo specifico fine, possono ordinare la cancella

zione della ipoteca, alla espressa condizione che essa

venga eseguita solo dopo il passaggio in giudicato della

sentenza di revocazione della condanna che costituì titolo

per la iscrizione ipotecaria. (2)

(1-2) Negli stessi termini non si rinvengono precedenti editi. Sulla perdita di efficacia dell'ipoteca giudiziale iscritta in base a sentenza di condanna pronunziata in primo grado e poi riformata in appello, cfr. Cass. 22 maggio 1945, Foro it., Rep. 1943-45, voce Ipoteca, n. 10; 11 gennaio 1943, id., 1943, I, 260, con nota di Torrente.

Quanto al pregiudizio a carico del proprietario del bene per il permanere dell'iscrizione ipotecaria non ostante la estinzione del

This content downloaded from 91.213.220.138 on Sat, 28 Jun 2014 07:51:57 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: Sezioni unite civili; sentenza 21 marzo 1967, n. 626; Pres. Flore P., Est. La Farina, P. M. Di Majo (concl. conf.); Soc. edilizia « La Marina » (Avv. Cavalieri, Messineo, Magni,

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

La Corte, ecc. — Con l'unico motivo di ricorso la

soc. La Marina, denunciando violazione e falsa applicazione

degli art. 2818 e 2884 cod. civ. e dell'art. 324 cod. proc.

civ., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ.,

sostiene che: a) la corte di merito avrebbe errato nel

ritenere illegittima l'iscrizione delle due ipoteche effettuate

in base alla sentenza di primo grado poi riformata in ap

pello, perché, se è vero che la sentenza d'appello normal

mente riforma quella di primo grado, questo non si verifica

in materia ipotecaria, dove la legge, per dare una salda

base al sistema ipotecario, ha statuito delle forme parti

colari, tanto per l'iscrizione quanto per la cancellazione

delle ipoteche; b) la corte di merito avrebbe ancora errato

nel basare la sua pronuncia di cancellazione sull'afferma

zione che essa soc. La Marina, non appena venuta a cono

scenza della sentenza d'appello che aveva riformato quella

di primo grado, avrebbe dovuto chiedere la cancellazione

della iscrizione delle due ipoteche, perché l'art. 2884 cod.

civ. statuisce che per cancellare un'ipoteca è necessario che

chi domanda la cancellazione sia munito di una sentenza

passata in giudicato, o di un provvedimento definitivo, la

quale disposizione costituisce eccezione alle disposizioni

del codice di rito, che statuisce che tutte le sentenze di

appello sono provvisoriamente esecutive; c) contrariamente

a quanto ritenuto dalla corte di merito, nella specie, data

la pendenza del ricorso per cassazione, è ancora sub iudice

la questione base, se esista o meno la servitù non aedifi

candi sul terreno di essa soc. La Marina e, quindi, la soc.

Ferrari non avrebbe potuto iniziare il nuovo giudizio per

la cancellazione delle ipoteche, fino a quando non fosse

stata definita la questione attinente all'esistenza della ser

vitù; e ciò tanto più che la stessa soc. Ferrari non aveva

proposto nel giudizio di merito, vertito dinanzi alla corte

d'appello, istanza di cancellazione delle ipoteche nell'ipotesi

che fosse accolto il suo appello. Tali censure sono infondate. Il concetto fondamentale

che sta a base di esse si riassume nella proposizione che,

ove l'iscrizione di ipoteca giudiziale sia stata effettuata in

base a sentenza di primo grado successivamente riformata

in appello, l'azione del debitore diretta al fine di ottene

re la declaratoria di illegittimità della iscrizione e il

relativo ordine di cancellazione, a seguito della sopravve

nuta inefficacia del titolo, sia assolutamente improponibile

o inammissibile, fino a quando non sia passata in giudicato

la sentenza di riforma, o per decorso dei termini d'impu

gnazione, o per rigetto, da parte della Corte di cassazione,

del ricorso proposto contro la sentenza stessa; costituendo,

comunque, la pendenza del ricorso, ostacolo insuperabile

all'inizio di tale azione.

Ma tale proposizione non può essere accettata da questo

Supremo collegio. È noto che, per opinione quasi unanime

(benché contrastata da qualche isolata posizione dottrinale),

e conforme alla lettera della norma, le sentenze di con

danna, previste dall'art. 2818 quali titoli efficaci al fine

dell'iscrizione dell'ipoteca giudiziale, possono essere anche

sentenze di primo grado, ancorché non passate in giudicato

e non fornite della clausola di esecuzione provvisoria.

Tuttavia, dottrina e giurisprudenza concordano nel rite

nere che, se la sentenza di condanna sia riformata con

credito cui essa si riferisce, vedi Cass. 5 maggio 1962, n. 897, id.,

Rep. 1962, voce cit., n. 30. Quanto alla responsabilità del creditore

per la mancata cancellazione, Cass. 3 novembre 1956, n. 4226,

nella motivazione (id., 1956, I, 1593, con nota di richiami) ha

affermato che, iscritta ipoteca in base ad una sentenza di primo

grado poi riformata in appello, l'obbligo di colui che ha chiesto

la iscrizione di rimuovere tale situazione sorge quando la sua con

trarietà al diritto sia divenuta certa in base ad una sentenza defi

nitiva del giudice superiore, e ciò indipendentemente da ogni istanza

o da ogni atto di costituzione in mora da parte di colui che ne è

ingiustamente gravato. Per la dottrina si consultino: Rubino, L'ipoteca immobiliare

e mobiliare, 1956, pag. 534 e segg.; Gorla, Delle ipoteche, in Com

mentario, a cura di Scialoja e Branca, pag. 444 e segg.; Maiorca,

Nota su la connessione tra ipoteca e credito, in Riv. dir. ipotecario,

1962, 3; nonché di quest'ultimo A., Ipoteca (diritto civile), voce

del Novissimo digesto, 1963, IX, pag. 44.

Il Foro Italiano — Volume LXXXX — Parte 7-45.

sentenza d'appello, ovvero la pronuncia di condanna venga meno a seguito di annullamento di cassazione, l'ipoteca

giudiziale perda valore, essendo venute meno la validità e

l'efficacia del titolo; cosi' come, per altro riflesso, ove l'ipo teca non fosse stata ancora iscritta, non potrebbe certa

mente provvedersi all'iscrizione in base a quella sentenza

di primo grado ormai travolta o dalla pronuncia di riforma

0 di annullamento. Insorgono, però, a questo punto, limi

tandosi a considerare i rapporti tra la sentenza di primo

grado sulla cui base l'iscrizione è stata attuata, e la sentenza

di appello che abbia riformato in toto la pronuncia e trascu

randosi ancora più complessi problemi derivanti dall'annul

lamento della condanna in sede di legittimità e dalla pen denza di un giudizio di rinvio, alcuni problemi derivanti

essenzialmente dalla norma dell'art. 2884 cod. civ., la

quale stabilisce che la cancellazione (ove, s'intende, difetti

il consenso del creditore espresso nelle opportune forme

negoziali: art. 2882 cod. civ.), deve essere eseguita dal con

servatore soltanto quando è ordinata con sentenza passata

in giudicato (ovvero con altro provvedimento definitivo

emesso dall'autorità competente). Tale norma, che vieta la cancellazione ove il relativo

provvedimento che la dispone non abbia acquistato un

grado di stabilità definitiva, mira, ovviamente, ad evitare

1 danni che potrebbero essere cagionati da una cancellazione

illegittima, o, comunque, prematura perché derivante da

un provvedimento provvisorio e soggetto a venire meno

nella sua efficacia; essa è disposizione di carattere generale,

non limitata al caso che il titolo per l'iscrizione sia stato

una sentenza, ma è comprensiva anche di questo caso.

Risulta, in conseguenza, che rientra tra i poteri del con

servatore cui la cancellazione (più propriamente, l'annota

zione di nullità o di inefficacia) sia stata richiesta, l'accer

tamento del passaggio in giudicato della sentenza che l'ha

ordinata, facendo anche tale circostanza o condizione parte

del titolo per la cancellazione, quale che sia la ragione per

cui a questa annotazione si debba procedere.

Da tale norma si è desunto che, affinché il conservatore

abbia il potere e il dovere di obbedire all'ordine di can

cellazione di un'ipoteca giudiziale accesa sulla base di una

sentenza di primo grado, successivamente riformata in

appello, è necessario che la sentenza di riforma sia pas

sata formalmente in giudicato, derogandosi, per questo

particolare riflesso, all'efficacia esecutiva normalmente in

sita nelle sentenze pronunciate in grado di appello, benché

ancora ricorribili. È stato osservato conseguentemente che,

in tal caso, a distruggere l'apparenza derivante dall'iscri

zione non può (a parte l'ipotesi che intervenga l'assenso

del creditore) essere sufficiente la presentazione al conser

vatore della sentenza di riforma, ove non risulti che questa

sia passata in giudicato. È stato, inoltre, posto in rilievo

che, medio tempore, fino a quando, cioè, la sentenza non

sia passata in giudicato, si determina una situazione di pen

denza, che non può, tuttavia, pregiudicare il debitore, per

ché l'ipoteca non può farsi valere con l'espropriazione per

mancanza di titolo esecutivo, mentre, al contrario, una

estinzione e cancellazione immediate potrebbero pregiudicare

irrimediabilmente il credito, ove nel frattempo l'immobile

venisse alienato o assoggettato ad altre iscrizioni a favore

di terzi.

Non basta, ché dalla lettera e dallo scopo della norma

dettata dall'art. 2284 si è desunto, questa, almeno, è l'opi

nione prevalente, che non sia sufficiente fornire al conser

vatore la documentazione della verificatasi formazione del

giudicato sul rigetto dell'originaria domanda di condanna,

ma occorra che un ordine specifico di cancellazione sia

stato emanato dal giudice, e che la stessa pronuncia di tale

ordine sia passata in giudicato.

Tale ordine, che dovrebbe essere, come si è detto,

espresso e specifico, e che non potrebbe desumersi per

implicito dalla pronuncia di riforma dell'originaria con

danna, può bene essere richiesto legittimamente allo stesso

giudice di appello investito del gravame contro la sen

tenza di condanna, non ostandovi il divieto di domande

nuove in secondo grado di cui all'art. 345 cod. proc. civ., in

quanto si tratta di una domanda accessoria relativa ad un

This content downloaded from 91.213.220.138 on Sat, 28 Jun 2014 07:51:57 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 4: Sezioni unite civili; sentenza 21 marzo 1967, n. 626; Pres. Flore P., Est. La Farina, P. M. Di Majo (concl. conf.); Soc. edilizia « La Marina » (Avv. Cavalieri, Messineo, Magni,

PARTE PRIMA

fatto pregiudizievole (iscrizione dell'ipoteca giudiziale) com

piuto dalla parte vittoriosa posteriormente alla sentenza

impugnata. Se, poi, l'ordine espresso non sia stato emanato

dal giudice della riforma, perché, come nella specie, non

richiesto dall'appellante interessato, o anche per mera omis

sione del giudice, né l'altra parte acconsenta alla cancella

zione (sorgendone a suo carico l'obbligo relativo soltanto

dopo il passaggio in giudicato della sentenza di riforma), è necessario, per il debitore, promuovere un ordinario se

parato giudizio di cognizione, diretto specificamente a fare

pronunciare dal giudice l'ordine di cancellazione ( si tra

scura qui l'isolata opinione per cui, dopo il passaggio in

giudicato della sentenza di riforma, potrebbesi, anziché

instaurare un nuovo giudizio di cognizione, provocare, in

vece, un rifiuto del conservatore alla cancellazione, e, quindi, ricorrere alla più sbrigativa e sommaria procedura di re

clamo con il rito camerale prevista dagli art. 2888 cod. civ.

e 113 disp. att. cod. civ.).

E a questo punto, s'innesta il problema proprio del

ricorso in esame, se cioè una simile domanda possa essere

proposta, vale a dire, se l'ordinario separato giudizio di co

gnizione ordinaria possa essere instaurato dal debitore, e

se su di essa il giudice sia autorizzato a pronunciarsi, ordi

nando la cancellazione, quando ancora non sia passata in

giudicato, in specie, per la pendenza del ricorso per cas

sazione, la sentenza d'appello che ha revocato la condanna

del debitore.

A tale problema, inquadrato nell'ambito del sistema,

reputa questa corte che debba essere data soluzione posi tiva. Invero, dai principi sopra esposti, può argomentarsi soltanto che l'ordine di cancellazione non può essere ese

guito se non sia passata in giudicato la sentenza che revoca

la condanna del debitore, e non già che l'ordine stesso non

possa essere richiesto dalla parte e pronunciato dal giudice

prima di quel passaggio in giudicato. È da ritenere, invece,

che il giudice possa ordinare la cancellazione, prescindendo dal non ancora verificatosi evento del passaggio in giudicato, sia pure sottoponendo il proprio ordine alla espressa con

dizione che esso venga eseguito solo dopo il passaggio in

giudicato della sentenza che revoca la condanna. Con ciò,

la pronuncia del giudice si adegua concettualmente al di

sposto dell'art. 2885 cod. civ. (cancellazione sotto condizione),

per cui, « se è stato convenuto e ordinato che la cancella

zione non debba avere luogo che sotto la condizione di

nuova ipoteca, di nuovo impiego o sotto altra condizione,

la cancellazione non può essere eseguita se non si fa

constare al conservatore che la condizione è stata adem

piuta ».

In senso analogo si è espressa, sul problema in esame,

la più autorevole dottrina, osservando che, mediante tale

soluzione, viene ovviato ad ogni inconveniente, rimanendo

sospesa l'efficacia dell'ordine di cancellazione fino a quando non divenga cosa giudicata la revoca della condanna del

debitore, mentre si evita che costui sia posto nella necessità

di attendere l'esito del giudizio di cassazione prima di ini

ziare un nuovo giudizio, che può a sua volta protrarsi per

molto tempo, passando attraverso tutti i gradi di giurisdi zione. Invero, appena pronunciato dalla Cassazione il rigetto del ricorso, l'interessato potrà far eseguire dal conservatore

la cancellazione già ordinata dal giudice: solo cosi si con

ciliano le ragioni del diritto con quelle della equità, agevo

landosi, nello stesso tempo, con economia di tempo e di

spese, la liberazione del fondo da un onere illegittima mente imposto da chi ha riportato una vittoria effimera

in prima istanza.

Delineata l'efficacia della pronunzia del giudice della

cancellazione come duplicemente condizionata, espressa

mente, al passaggio in giudicato della sentenza di riforma,

e, implicitamente ed intrinsecamente, anche al passaggio in

giudicato della pronuncia stessa, nessun residuo ostacolo

di ordine concettuale si oppone a tale soluzione: non un

eventuale profilo di litispendenza, avendo il giudizio di

cancellazione un oggetto diverso da quello relativo alla

riforma della sentenza di condanna; non l'eventuale rap

porto di pregiudizialità tra il giudizio di condanna e quello

di cancellazione, giacché se tale rapporto potrebbe, per

determinazione discrezionale del giudice della cancellazione,

dar luogo alla sospensione del processo relativo (con il che,

ovviamente, verrebbero frustrate quelle sopra delineate esi

genze di economia e di celerità), tale eventualità, tuttavia,

non interferisce sulla proponibilità della domanda di cancel

lazione, e sulla validità della pronuncia relativa, ove alla

sospensione non sia stato dato luogo. Conviene, inoltre,

considerare che la tesi del ricorrente proverebbe troppo.

Infatti, risulta chiaro, da quanto sopra esposto, che la

domanda di cancellazione, cosi' come può formare oggetto di un giudizio autonomo, cosi può anche formare oggetto di un più rudimentale processo, cumulato, per ragioni di eco

nomia processuale e di connessione (valide a norma del

l'art. 345 cod. proc. civ.), con il giudizio di riforma della

sentenza di condanna; ove, in ipotesi, la tesi del ricorrente

fosse esatta, tale cumulo non sarebbe possibile, giacché il

giudice della riforma, anche se richiesto, non potrebbe emanare l'ordine, nell'ovvio difetto del presupposto con

sistente nel pregresso passaggio in giudicato della stessa

pronuncia di riforma.

Rimarrebbe, infine, da considerare astrattamente se,

presupposto che l'ordine di cancellazione, almeno quando sia emanato in un autonomo e separato giudizio, debba

essere espressamente condizionato dal giudice al passaggio

in giudicato della sentenza di riforma, non costituisca vizio

della sentenza d'appello impugnata in questa sede l'avere,

puramente e semplicemente, confermato l'ordine di can

cellazione, formalmente incondizionato e contenuto nella

sentenza di primo grado; ma su tale profilo non è il caso

di indugiarsi, in quanto esso è estraneo al thema decidendi,

essendosi la ricorrente limitata a negare in assoluto la pro

ponibilità della domanda e dell'ammissibilità della pronuncia del giudice fino a quando la sentenza di riforma della con

danna non sia passata in giudicato. Cosi pure, non occorre

soffermarsi sull'affermazione della corte di merito, che

l'avere il creditore rifiutato il proprio assenso alla cancel

lazione dell'ipoteca dopo la pronuncia della sentenza d'ap

pello costituisse un fatto illecito, produttivo di un danno

ingiusto, affermazione che può essere anche inesatta, perché l'errore addebitato alla corte di merito è che essa non

avrebbe tenuto conto che, prima del passaggio in giudicato

della sentenza che ordina la cancellazione, questa non può

essere chiesta o pretesa. La censura incide soltanto nel

l'ambito della cancellazione; ed è, di per sé, incongrua,

perché pone sullo stesso piano il conservatore dei registri

immobiliari e il creditore iscritto, come se questi, fatto

accorto della reale consistenza delle sue pretese all'ipoteca

dalla sentenza di riforma, non potesse addirittura dare un

valido assenso alla cancellazione o avesse il dovere di rifiu

tarsi. Contro la pronuncia di condanna ai danni non esiste

nel ricorso nessuna censura né esplicita né implicita.

Per questi motivi, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Sezione II civile; sentenza 9 marzo 1967, n. 555; Pres. Mar

letta P., Est. Bivona, P. M. De Ruggiero (conci, conf.);

Artero (Avv. Dodero) c. Chiavazza e Soc. condominio

Ventimiglia (Avv. Boggio Marzet, Mancuso) e Ditta

Comat (Avv. Sequi, Werthmììller).

(Cassa Trib. Torino 14 giugno 1963)

Comunione e condominio — Condominio negli edifici —

Compratore di alloggi in costruzione — Compimento del

l'edificio — Riscaldamento — Contratto di somministra

zione stipulato dall'amministratore — Effetti (Cod. civ.,

art. 1123, 1130, 1131).

Il compratore di alloggi d'uno stabile in costruzione risponde,

verso l'impresa somministratrice, del prezzo del riscal

damento (benché di questo non faccia uso in concre

to) se, compiuto l'edificio anche senza le ultime rifini

This content downloaded from 91.213.220.138 on Sat, 28 Jun 2014 07:51:57 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended