sezioni unite civili; sentenza 21 marzo 2001, n. 118/SU; Pres. Vela, Est. Prestipino, P.M.Maccarone (concl. diff.); Inps (Avv. Starnoni, Passaro) c. Di Cicco (Avv. Concetti). Cassa Trib.Avezzano 11 dicembre 1996Source: Il Foro Italiano, Vol. 124, No. 5 (MAGGIO 2001), pp. 1511/1512-1519/1520Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23196167 .
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PARTE PRIMA
specie, nella sentenza impugnata si sia fatta, comunque, appli cazione della norma sanzionatoria abrogata, si determina una
fattispecie assimilabile a quella prefigurata dall'art. 384, 1°
comma, secondo periodo, c.p.c.: infatti — posto, da un lato, che
si versa in ipotesi di doverosa applicazione di una regola giuri dica diversa da quella applicata nella sentenza impugnata; dal
l'altro, che non sono necessari, per definizione, ulteriori accer
tamenti di tatto (quello stesso fatto, un tempo punibile, non è
più considerato tale dal legislatore); ed infine, che, in attuazione
dei principi di effettività della tutela giurisdizionale e di certez za dei rapporti giuridici, è indispensabile eliminare definitiva
mente dall'ordinamento il provvedimento amministrativo vi
ziato da illegittimità sopravvenuta (per violazione del principio del favor rei, retroattivamente applicabile)
— la Corte di cassa
zione, previo annullamento della sentenza impugnata, deve, de
cidendo la causa nel merito, annullare anche il provvedimento che ha irrogato la sanzione in applicazione della norma abroga ta.
2.5. - Conseguentemente, nella specie, deve essere annullata la
sentenza impugnata e decisa la relativa causa nel merito, nel sen
so dell'annullamento dell'avviso di irrogazione delle sanzioni n.
100509 del 13 ottobre 1993 dell'ufficio Iva di Latina, impugnato dalla Cicalese G. & Sepe A. s.n.c. con ricorso alla Commissione
tributaria di primo grado di Latina del 28 luglio 1994.
Le considerazioni che precedono determinano, con ogni evi
denza, l'assorbimento di tutti i motivi proposti con entrambi i
ricorsi.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 21 marzo 2001, n. 118/SU; Pres. Vela, Est. Prestipino, P.M.
Maccarone (conci, diff.); Inps (Avv. Starnoni, Passaro) c.
Di Cicco (Avv. Concetti). Cassa Trib. Avezzano 11 dicembre
1996.
Previdenza e assistenza sociale — Pensione di invalidità —
Revoca — Ripristino o attribuzione dell'assegno di inva
lidità — Requisito contributivo (Disp. att. cod. proc. civ.,
art. 149; r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, modificazioni delle di
sposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per l'invalidità e la
vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involon
taria, art. 9; 1. 4 aprile 1952 n. 218, riordinamento delle pen sioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vec chiaia e i superstiti, art. 2; d.p.r. 27 aprile 1968 n. 488, au
mento e nuovo sistema di calcolo delle pensioni a carico del
l'assicurazione generale obbligatoria, art. 18; 1. 12 giugno 1984 n. 222, revisione della disciplina della invalidità pensio nabile, art. 1, 2, 4, 9, 12).
Nella controversia avente ad oggetto il riprìstino della pensione di invalidità revocata, si deve differenziare l'ipotesi in cui il
ripristino debba essere disposto fin dall'epoca della soppres sione senza soluzione di continuità, dall'ipotesi in cui debba
essere riconosciuto, con decorrenza successiva all'epoca della soppressione, uno dei nuovi istituti di tutela previden ziale dell'invalidità introdotti dalla l. 12 giugno 1984 n. 222; nel primo caso dovendosi accertare, anche d'ufficio, l'esi
stenza del requisito contributivo nel quinquennio antecedente
alla presentazione dell'originaria domanda di pensione in
sede amministrativa, e nel secondo caso dovendosi effettuare l'accertamento con riferimento al quinquennio antecedente
alla domanda in sede amministrativa diretta al ripristino della pensione o al momento successivo in cui il requisito ri
sulti essere stato maturato. (1)
(1) Le sezioni unite disattendono, argomentandone la carenza di va lido supporto ermeneutico, la tesi dell'unitarietà del sistema di tutela dell'invalidità pensionabile, sostenuta da diverse sentenze della sezione
Il Foro Italiano — 2001.
Motivi della decisione. — (Omissis). II. - Con la seconda cen
sura afferma il ricorrente che il tribunale, avendo riconosciuto
alla Di Cicco il diritto previsto dall'art. 1 1. 12 giugno 1984 n. 222 e avendole, quindi, attribuito l'assegno di invalidità, avreb
be dovuto verificare, in capo alla medesima Di Cicco, l'esisten
za del requisito contributivo non già in base alle vecchie dispo sizioni di legge, ma ai sensi dell'art. 4 della nuova legge. Ag
giunge l'istituto previdenziale che, a ragionare come ha fatto il
giudice dell'appello, si finirebbe con il sancire l'ultrattività della vecchia normativa solo in virtù di quanto è previsto da una
norma processuale, quella contenuta nell'art. 149 disp. att.
c.p.c., senza considerare che l'art. 10 della suddetta 1. n. 222 del
1984 detta una disciplina transitoria relativamente al passaggio dal vecchio al nuovo regime.
Questa censura, oltre ad essere ammissibile in rito, è pure fondata, nel merito, nei termini che saranno indicati.
III. - Come è necessario preliminarmente precisare al fine di
ritenere l'ammissibilità della censura, la questione che deve es
sere decisa in questo giudizio di legittimità deriva solo indiret
tamente dalla pronuncia emessa dal giudice di appello.
Quest'ultimo, nel liquidare all'assicurata, ai sensi degli art. 1
e 12, 1° comma, 1. 12 giugno 1984 n. 222 e dell'art. 149 disp. att. c.p.c., l'assegno ordinario di invalidità, ha implicitamente accertato —
pur non avendo svolto alcuna esplicita argomenta zione al riguardo
— che sussistevano tutti gli elementi costituti
vi della fattispecie discussa in giudizio — necessari, quindi, per
l'erogazione della prestazione previdenziale — ivi compreso il
requisito contributivo c.d. relativo (cfr., in ordine all'implicito
lavoro: cfr. Cass. 16 febbraio 2000, n. 1730, Foro it., Mass., 199; 6
giugno 1998, n. 5599, id., Rep. 1998, voce Previdenza sociale, n. 557; 18 marzo 1995, n. 3171, id., Rep. 1995, voce cit., n. 689; 7 aprile 1993, n. 4163, id., Rep. 1993, voce cit., n. 660; 28 marzo 1992, n. 3842, id.,
Rep. 1992, voce cit., n. 726; 17 febbraio 1992, n. 1930, ibid., n. 732; 16 novembre 1991, n. 12285, id., Rep. 1991, voce cit., n. 737; 24 giugno 1991, n. 7103, ibid., n. 742; 5 febbraio 1991, n. 1099, ibid., n. 1022; 7 febbraio 1990, n. 849, id., Rep. 1990, voce cit., n. 708; 5 maggio 1989, n. 2126, ibid., n. 736; 16 aprile 1988, n. 3013, id., Rep. 1988, voce cit., n. 1119. Tali decisioni hanno escluso che, per il ripristino della presta zione previdenziale nelle nuove tipologie dell'assegno di invalidità e della pensione di inabilità, sia necessario avere perfezionato il requisito contributivo per come «inasprito» dall'art. 4, 2° comma, 1. 222/84, ri sultando sempre sufficiente il requisito originario, previsto dall'art. 9, n. 2, r.d.l. 636/39 come modificato dall'art. 2 1. 218/52, per la conces sione della pensione di invalidità. Cass. 5 giugno 1992, n. 6921, id., 1992, I, 2640, con nota di V. Ferrari (il quale segnalava l'ambiguità della tesi dell'unitarietà, o continuità, del sistema di tutela dell'invali
dità), aveva invece ritenuto che, anche in caso di revoca della pensione di invalidità, l'accesso all'assegno di invalidità, a seguito di aggrava mento dello stato di salute successivo alla revoca, richiedesse il perfe zionamento del nuovo requisito, a tal fine potendosi ritenere valida mente computabili i periodi di fruizione della pensione di invalidità.
Il contrasto di giurisprudenza che ha determinato la rimessione alle sezioni unite è scaturito da Cass. 28 settembre 1998, n. 9684, id., Rep. 1999, voce cit., n. 570, e 16 giugno 2000, n. 8202, id., Mass., 742, che
apparentemente si sono allineate alla sent. 6921/92 cit., ma in realtà hanno adottato una soluzione ermeneutica respinta dalle sezioni unite, ritenendo che il quinquennio nel quale verificare la sussistenza del re
quisito contributivo fosse ancorato alla decorrenza della prestazione anziché, per come normativamente previsto, alla domanda di pensione.
La decisione che si riporta perviene all'affermazione del principio ri assunto in massima, pur ribadendo tale concetto, tenendo conto che Corte cost. 27 giugno 1989, n. 355, id., 1989, I, 2046, ha dichiarato
l'illegittimità costituzionale dell'art. 18 d.p.r. 488/68, nella parte in cui esclude che il requisito contributivo possa essere perfezionato anche
posteriormente alla domanda di pensione, nel corso del successivo pro cedimento amministrativo o giudiziario. E tenendo conto, altresì, che l'art. 149 disp. att. c.p.c. impone di considerare le infermità o gli ag gravamenti che sopravvengono nel corso del giudizio (sul punto, cfr. Cass. 27 marzo 2001, n. 4385, che sarà riportata in un prossimo fasci
colo). Con riferimento al diverso istituto della pensione d'invalidità civile
ai sensi della 1. 30 gennaio 1971 n. 5, Cass. 27 luglio 1996, n. 6786, id., 1997,1, 1222, con nota di richiami, ha statuito che l'omessa tempestiva impugnazione in sede amministrativa di un atto di revoca della pensio ne di invalidità civile ed una successiva domanda amministrativa di
pensione non importano di per sé acquiescenza all'atto di revoca, per cui l'accertata persistenza dei requisiti comporta la sopravvivenza del
l'originario diritto. Sul concetto atecnico di «revoca» della pensione di invalidità del re
gime Inps, cfr. Cass., sez. un., 25 settembre 1991, n. 10033, id., 1991,1, 2697, con nota di V. Ferrari.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
accertamento d'ufficio di tale requisito, Cass., sez. un., 2 giugno 1988, n. 3771, in motivazione, Foro it., Rep. 1988, voce Cassa
zione civile, n. 38). La censura ora dedotta dall'Inps, pertanto, può essere esami
nata nel merito, dato che sulla questione oggetto dell'implicita
pronuncia resa dal tribunale, attesa la decisione di rigetto della
domanda della Di Cicco emanata dal primo giudice, non si era
formata alcuna preclusione. IV. - La prestazione previdenziale, che deve essere elargita
dall'Inps in caso di evento che riduca la capacità (di guadagno in base alle disposizioni di legge che in precedenza regolavano la materia e, ora, di lavoro) dei prestatori d'opera aventi diritto
all'assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, è
subordinata, come è stato ripetutamente sostenuto da questa corte, all'esistenza di determinate condizioni (rectius, per evita
re inutili fraintendimenti, requisiti: cfr., in proposito, Cass., sez.
un., 2 giugno 1988, n. 3771, sopra indicata, che ha definito con
dizione di erogabilità della prestazione solamente l'elemento
collegato al reddito). E, in particolare, richiesta l'esistenza —
oltre che dei requisiti assicurativo e sanitario — del requisito di
attualità contributiva, detto anche requisito contributivo relativo
perché lo stesso attiene — ed è, per questo, «relativo» — al
quinquennio che precede la presentazione della domanda di
pensione in sede amministrativa.
Prima dell'entrata in vigore della 1. 12 giugno 1984 n. 222 la
disciplina concernente tale requisito era contenuta nel r.d.l. 14
aprile 1939 n. 636, il cui art. 9, n. 2, risultante dalla modifica
allo stesso apportata dall'art. 2 1. 4 aprile 1952 n. 218, stabiliva
che, in caso di riconoscimento dello stato di invalidità (oltre la
soglia minima prevista dalla legge), lo stesso era necessario per la nascita del «diritto alla pensione ... a qualunque età».
In particolare, dalla lett. a) del suddetto n. 2 era stato previsto che gli interessati potessero ottenere la pensione quando fossero
«trascorsi almeno cinque anni dalla data iniziale della assicura
zione» e risultassero versati o accreditati a loro favore i contri
buti previdenziali, il cui numero variava a seconda che si trat
tasse di contributi mensili, o settimanali, o annui, o giornalieri
(c.d. requisito assicurativo o contributivo assoluto); inoltre, dalla lett. b) — la sola che deve essere presa in esame, ai fini
della decisione della presente controversia, perché inerente al
c.d. requisito contributivo relativo — era stato disposto che il
diritto alla prestazione previdenziale potesse essere conseguito
qualora fossero stati raccolti, nel quinquennio precedente la
domanda di pensione, «almeno dodici contributi mensili... ov
vero cinquantadue settimanali... ovvero un contributo an
nuo ... ovvero centocinquantasei contributi giornalieri... per
gli uomini ... ovvero centoquattro contributi giornalieri... per le donne e i giovani».
Queste disposizioni sono state in seguito parzialmente modi
ficate dalla 1. 12 giugno 1984 n. 222, con la quale è stata attuata
la «revisione della disciplina della invalidità pensionabile». Con
la nuova legge, mentre sono state tenute ferme, in base all'art.
4, 1° comma, le norme relative al requisito assicurativo o con
tributivo assoluto (contenute, come si è detto, nella lett. a del
suddetto n. 2 dell'art. 9 r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636 sub art. 2 1. 4
aprile 1952 n. 218), è stata dettata una disciplina parzialmente diversa in ordine al requisito contributivo relativo previsto dalla
lett. b), dal momento che i contributi attinenti al quinquennio
precedente la domanda di pensione sono stati elevati, per i lavo
ratori subordinati, «a trentasei contributi mensili e centocin
quantasei contributi settimanali» (2° comma); col che, come è
stato rilevato in dottrina, ora si richiede, in relazione agli ultimi
cinque anni antecedenti la domanda di pensione, un periodo di
contribuzione minimo di tre anni e non di un anno.
V. - Facendo leva sulla nuova disposizione concernente il re
quisito contributivo c.d. relativo (art. 4, 2° comma, 1. n. 222 del
1984), l'Inps dunque sostiene che il tribunale avrebbe dovuto
compiere il necessario accertamento, in ordine a tale requisito, in maniera più rigorosa, ancorando l'indagine, da effettuarsi a
ritroso, nel giorno del riconoscimento della prestazione previ denziale attribuita alla Di Cicco (l'assegno ordinario di invali
dità), per escluderne, poi, come deve intendersi, l'esistenza.
In questi termini, l'assunto dell'istituto riflette un principio di
diritto enunciato da questa corte in due recenti sentenze, nelle
quali è stata espressa una tesi in contrasto con quanto era stato
in plurime occasioni affermato in base ad un orientamento
ormai radicato (v. i successivi punti VIII e IX). Nella prima di tali sentenze è stato asserito che, nella contro
li. Foro Italiano — 2001.
versia promossa contro l'Inps per conseguire il ripristino della
pensione di invalidità erogata secondo le disposizioni che disci
plinavano la materia prima dell'entrata in vigore della 1. n. 222
del 1984, qualora non sussistano le condizioni sanitarie per l'attribuzione della originaria prestazione poi soppressa, ma, ai
sensi dell'art. 149 disp. att. c.p.c., all'assicurato possa essere ri
conosciuto il diritto all'assegno ordinario di invalidità o la pen sione di inabilità, il requisito contributivo deve essere valutato
«in relazione al tempo dell'accertamento della ricorrenza del
requisito socio-sanitario ... posto che, in seguito alla riforma
del 1984, le disposizioni in tema di requisito contributivo (tre anni nell'ultimo quinquennio) riguardano le domande successi
ve alla data di entrata in vigore della suddetta 1. n. 222 del
1984» (Cass. 28 settembre 1998, n. 9684, id., Rep. 1999, voce
Previdenza sociale, n. 570). Nella seconda sentenza, nella quale è stata richiamata la pro
nuncia da ultimo indicata, è stato sostenuto che, una volta ac
certato che nel caso sottoposto all'esame della corte l'assicurato
aveva diritto di ottenere la pensione di inabilità, a decorrere dal
1° luglio 1990, in luogo di quella di invalidità già riconosciuta gli nella vigenza della vecchia disciplina e poi soppressa, la
sentenza impugnata doveva essere cassata, dato che il giudice di
appello non aveva appurato se per la prestazione in concreto at
tribuita «sussistessero i (più rigorosi) requisiti contributivi» (Cass. 16 giugno 2000, n. 8202, id., Mass., 742).
VI. - Poiché il giudice, nell'esame della fattispecie sottoposta al suo giudizio, deve applicare le norme del diritto positivo esi
stenti nell'ordinamento, non può essere condivisa, non trovando
riscontro nella normativa che regola la materia, la tesi espressa nelle due sentenze or ora indicate (e in questo giudizio pure in
vocata dall'Inps nonché in passato auspicata, peraltro soltanto
de iure condendo, da un'autorevole dottrina). Nell'ordinamento
giuridico previdenziale attualmente vigente, infatti, non esiste
alcuna disposizione di legge dalla quale si possa ricavare che, ai
fini dell'accertamento inerente al requisito contributivo c.d. re
lativo, debba essere preso come termine di riferimento il giorno della liquidazione della prestazione previdenziale.
Va al riguardo rilevato che la materia, per quanto concerne
l'individuazione del termine, ai fini del computo, a ritroso, del
quinquennio, continua ad essere disciplinata dall'art. 9, n. 2, r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636 sub art. 2 1. 4 aprile 1952 n. 218 (so pra esaminato nel punto IV), secondo cui i contributi, nel nume
ro indicato, debbono sussistere «nel quinquennio precedente la
domanda di pensione» (v. la norma modificatrice inserita nel
suddetto art. 2 1. n. 218 del 1952, che ha solo mutato la dizione, ma non la sostanza, della norma originaria contenuta nel r.d.l.
del 1939). Questa disposizione, pur essendo stata introdotta nell'ordi
namento previdenziale oltre sessant'anni fa, non è stata, succes
sivamente, mai sostituita né modificata, dal momento che la
modificazione, poi effettuata mediante l'art. 4, 2° comma, 1. n.
222 del 1984, ha riguardato, come si è detto (v. ancora una volta
il precedente punto IV), solamente la seconda parte della lett. b) del n. 2 inerente al numero dei contributi, ma non ha toccato la
prima parte, contenente la locuzione «nel quinquennio prece dente la domanda di pensione».
La norma in questione, pertanto, deve considerarsi tuttora vi
gente anche dopo l'entrata in vigore della normativa emanata in
epoca successiva a revisione della materia, sia perché nell'ordi
namento non si rinviene alcuna disposizione di contenuto con
trario alla stessa, sia perché l'art. 12, 2° comma, 1. n. 222 del
1984 testualmente stabilisce che, «ove non espressamente previ
sto, per le prestazioni liquidate ai sensi della presente legge val
gono le norme in vigore nelle gestioni cui le prestazioni stesse
fanno capo». Pertanto, a parte quanto si dirà nel successivo punto XI, il
contrasto su questo particolare aspetto della questione, determi
nato dalle due sentenze sopra indicate (Cass. 28 settembre 1998,
n. 9684, e 16 giugno 2000, n. 8202) rispetto al precedente indi
rizzo giurisprudenziale (in relazione al quale, cfr., in particolare, Cass. 16 novembre 1987, n. 8407, id., Rep. 1987, voce cit., n.
903, e 16 aprile 1988, n. 3013, id., Rep. 1988, voce cit., n, 1119), deve essere risolto a favore del vecchio orientamento, nel
senso che il termine, ai fini del computo a ritroso del quinquen
nio, deve essere individuato nel giorno della presentazione della
domanda in sede amministrativa e non già nel giorno di ricono
scimento della prestazione.
Questa tesi trova conferma in due disposizioni di legge, en
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PARTE PRIMA
trambe vigenti nell'ordinamento previdenziale, che dimostrano
appunto come il legislatore abbia sempre assegnato una parti colare rilevanza al giorno in cui viene presentata, in sede ammi
nistrativa, la domanda avente per oggetto la prestazione previ denziale (cfr., per le considerazioni che seguono, soprattutto Cass. 7 febbraio 1990, n. 849, id., Rep. 1990, voce cit., n. 708).
La prima norma è quella inserita nell'art. 18 d.p.r. 27 aprile 1968 n. 488, con la quale è stabilito — con una espressione let
terale della cui chiarezza non è il caso di dubitare — che la pen sione di invalidità, oltre a quella di vecchiaia, decorre «dal pri mo giorno del mese successivo a quello di presentazione della
domanda», aggiungendo «sempreché a tale data risultino perfe zionati i relativi requisiti». Su quest'ultima disposizione è stato
operato un intervento dalla Corte costituzionale, la quale, con la
sentenza 27 giugno 1989, n. 355 (id., 1989, I, 2046), ne ha di
chiarato l'illegittimità costituzionale nella parte in cui esclude
che il requisito contributivo, necessario per il conseguimento del diritto, possa essere perfezionato anche nel corso del succes
sivo procedimento amministrativo e giudiziario e, quindi, anche
successivamente, con la conseguenza che, in questo caso, la
pensione decorre dal primo giorno del mese che segue quello in
cui si è perfezionato il requisito. La seconda norma è quella contenuta nell'art. 111.12 giugno
1984 n. 222 (operante, a dire il vero, «a decorrere dall'entrata in
vigore della presente legge»), con la quale è stato disposto che
l'assicurato, che abbia presentato una domanda diretta ad otte
nere una prestazione collegata ad uno stato di invalidità (o abbia
in corso il relativo procedimento), non può presentare un'altra
domanda avente per oggetto la medesima prestazione «fino a
quando non sia esaurito Yiter di quella in corso in sede ammini
strativa o, nel caso di ricorso in sede giudiziaria, fino a quando non sia intervenuta sentenza passata in giudicato».
VII. - A conclusione dei rilievi fin qui svolti e in conformità a
quanto è stato sostenuto in una sentenza emanata dalla sezione
lavoro della corte (Cass. 20 marzo 1992, n. 3496, id., 1992, I,
2641) si deve affermare che, qualora la decorrenza della presta zione previdenziale venga stabilita in un momento successivo a
quello in cui la pensione di invalidità è stata soppressa —
per essere sorta una diversa infermità o per essersi verificato un ag
gravamento delle infermità già esistenti nel corso del procedi mento giudiziario, ai sensi dell'art. 149 disp. att. c.p.c.
— per
escludere che il requisito contributivo c.d. relativo possa essere
accertato anche in relazione ad un tempo diverso da quello della
presentazione della domanda è sufficiente il rilievo che la legge non ha mai stabilito alcun collegamento fra la verifica in que stione e la data di decorrenza dell'assegno di invalidità o della
pensione di inabilità. VIII. - Come peraltro va rilevato, all'interno della sezione la
voro della corte in precedenza era sorto, nella medesima mate
ria, un altro contrasto, diverso da quello già esaminato.
All'interno dell'indirizzo sopra riferito, in base al quale era
stato ritenuto che per valutare il requisito contributivo c.d. rela
tivo si dovesse tenere conto della domanda amministrativa, era
sorta questione se — a seguito dell'entrata in vigore della nuova
disciplina dettata dalla 1. 12 giugno 1984 n. 222 e in caso di ri
conoscimento giudiziale, ai sensi dell'art. 149 disp. att. c.p.c., di
un diritto non identico a quello soppresso (attribuzione dell'as
segno ordinario di invalidità o della pensione di inabilità in luo
go della pensione di invalidità) — dovesse aversi riguardo o alla
originaria domanda (con la quale l'assicurato aveva chiesto al
l'ente previdenziale la pensione di invalidità) o a quella, succes
siva al provvedimento di soppressione, concernente il ripristino della prestazione.
Da un lato, secondo un primo orientamento risultante da una
pluralità di sentenze succedutesi nell'arco di oltre dieci anni, era
stato affermato che, nel giudizio avente per oggetto il ripristino della pensione di invalidità, poi revocata nella vigenza sia della
vecchia che della nuova disciplina introdotta con la 1. 12 giugno 1984 n. 222, il giudice, in presenza di una infermità o di un ag
gravamento successivi alla revoca e valutabili ai sensi dell'art.
149 disp. att. c.p.c., ai fini dell'accertamento dell'esistenza del
requisito contributivo deve applicare non già le disposizioni contenute nell'art. 4, 2° comma, medesima 1. n. 222 del 1984 e
vigenti al tempo della presentazione della domanda di ripristino, ma le norme esistenti al tempo della presentazione dell'origina ria domanda della pensione di invalidità poi revocata (cfr., fra le
altre, Cass. 16 aprile 1988, n. 3013, cit.; 5 maggio 1989, n.
2126, id., Rep. 1990, voce cit., n. 736; 7 febbraio 1990, n. 849,
Il Foro Italiano — 2001.
cit.; 5 febbraio 1991, n. 1099, id., Rep. 1991, voce cit., n. 1022;
24 giugno 1991, n. 7103, ibid., n. 742; 16 novembre 1991, n. 12285, ibid., n. 737; 17 febbraio 1992, n. 1930. id., Rep. 1992, voce cit.. n. 732; 28 marzo 1992, n. 3842, ibid., n. 726; 7 aprile 1993, n. 4163, id.. Rep. 1993, voce cit., n. 660; 18 marzo 1995, n. 3171, id., Rep. 1995, voce cit., n. 689; 6 giugno 1998, n.
5599, id., Rep. 1998, voce cit., n. 557, e, da ultimo, Cass. 16
febbraio 2000, n. 1730, id., Mass., 199). Dall'altro lato, da parte di un'unica sentenza, era stato vice
versa asserito che, nell'ipotesi di cui si discute, l'attribuzione
del diritto ad una prestazione previdenziale diversa da quella
originariamente riconosciuta e poi soppressa, nel caso di nuovo
superamento della soglia di invalidità in epoca successiva al
l'entrata in vigore della 1. 12 giugno 1984 n. 222, presuppone la
maturazione del requisito contributivo nel quinquennio antece
dente la domanda amministrativa avente per oggetto il ripristino della pensione, non essendo sufficiente il requisito in base al
quale era stato originariamente riconosciuto il diritto (Cass. 5
giugno 1992, n. 6921, id., 1992,1, 2640). IX. - Il primo e prevalente indirizzo è stato fondato, oltre che
sulle disposizioni di legge indicate nel punto VI, sulle seguenti considerazioni.
IX. 1. - È stata richiamata la disposizione contenuta nell'art.
149 disp. att. c.p.c., la quale, come è stato più volte rilevato, di
spone che il giudice, nelle controversie aventi per oggetto l'in
validità pensionabile, deve valutare qualsiasi aggravamento del
l'infermità o ogni nuova malattia che siano sopravvenuti nel
corso del procedimento amministrativo o giudiziario. Poiché
questa norma trova applicazione non solo nei giudizi promossi
dagli assicurati per ottenere per la prima volta la prestazione
previdenziale collegata all'invalidità, ma anche nelle controver
sie aventi per oggetto il ripristino della prestazione in caso di
soppressione (v., in tal senso, fra le tante sentenze, Cass., sez.
un., 25 settembre 1991, n. 10033, id., 1991,1, 2697), se ne è de
dotto che la previsione di legge — che permette l'erogazione
della prestazione a distanza di tempo (anche notevole) dal gior no in cui è stata presentata la domanda amministrativa — indica
l'intento del legislatore di considerare tale domanda come un
punto di riferimento certo per la verifica dei requisiti richiesti
dalla legge e, soprattutto, di quello contributivo.
IX.2. - È stato tratto argomento dalle disposizioni contenute
negli art. 1, 6° e 10° comma, e 4, 4° comma, 1. n. 222 del 1984, che consentono all'interessato di considerare utili, ai fini della
erogazione delle prestazioni previdenziali di invalidità e di vec
chiaia, i periodi di godimento dell'assegno ordinario di invali
dità e la pensione di inabilità.
IX.3. - È stato sostenuto che gli art. 4 e 10 1. n. 222 del 1984
(il secondo contenente una norma di diritto transitorio) preve dono che i nuovi e più rigorosi parametri inerenti al requisito contributivo c.d. relativo debbono sussistere — a parte quanto è
previsto dall'art. 18 d.p.r. 27 aprile 1968 n. 488, come risultante
dalla sentenza della Corte costituzionale 27 giugno 1989, n.
355, cit. (v. il precedente punto VI) — nel giorno in cui è pre sentata la domanda amministrativa per ottenere l'assegno di in
validità o la pensione di inabilità e da questo rilievo viene tratta
la conseguenza che, qualora si controverta sul ripristino di una
pensione assoggettata al provvedimento di soppressione, per la
verifica del suddetto requisito deve aversi riguardo all'epoca della presentazione dell'originaria domanda di pensione.
IX.4. - E stato richiamato quell'indirizzo, ormai consolidato, in base al quale si afferma che il provvedimento, con il quale
l'Inps o il giudice riconoscono la prestazione previdenziale, co
stituisce un atto di semplice certazione, in quanto contiene la
verifica di uno stato di invalidità in relazione al quale l'ordina
mento attribuisce all'interessato un determinato diritto. E poiché è opinione corrente che tale principio si attaglia anche al caso di
aggravamento o di nuova malattia sopravvenuti in un giudizio avente per oggetto il ripristino della prestazione precedente mente revocata, il relativo accertamento non può che essere cor
relato, quanto all'esistenza del requisito contributivo, alla ini
ziale domanda amministrativa, dato che lo stesso si basa su
quella medesima originaria invalidità.
IX.5. - È stato pure osservato che, in base alla vecchia nor
mativa (art. 10, 2° comma, r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636), la pen sione di invalidità poteva essere soppressa in caso di recupero della capacità di guadagno del pensionato (c.d. revoca della
pensione, come impropriamente l'istituto veniva definito), mentre ora l'art. 9 1. 12 giugno 1984 n. 222 — la cui rubrica
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
parla di «revisione» dell'assegno di invalidità e della pensione di inabilità —
dispone che il titolare delle prestazioni previden ziali riconosciute dalla legge può essere sottoposto ad accerta
menti sanitari allo scopo di pervenire alla suddetta revisione
«nei casi in cui risultino mutate le condizioni che hanno dato
luogo al trattamento in atto». E, poiché l'8° comma del mede
simo art. 9 consente all'interessato di chiedere «la revisione del
provvedimento di rettifica o di revoca della prestazione ... in
caso di aggravamento delle infermità», da quest'ultima norma si
argomenta che il legislatore, il quale non a caso ha utilizzato il
termine «revisione», non può non avere voluto che il requisito contributivo sia individuato non già con riferimento alla data
della chiesta revisione, bensì all'epoca dell'originario ricono
scimento della prestazione, in tal modo intendendo suffragare una prassi che si era andata consolidando in base alla vecchia
disciplina. IX.6. - Si conclude, a compendio di tutti gli argomenti utiliz
zati — e tale conclusione viene formulata alla stregua della
enunciazione del relativo principio di diritto — che, qualora il
giudizio avente per oggetto la domanda diretta al ripristino della
pensione di invalidità, soppressa dall'Inps, si svolga dopo l'en
trata in vigore della 1. 12 giugno 1984 n. 222, il giudice, in pre senza di un aggravamento delle infermità già esistenti o del so
praggiungere di una nuova infermità nel corso del medesimo
giudizio, può riconoscere all'assicurato, nella constatata esi
stenza di uno stato invalidante previsto dalla nuova disciplina, il
diritto all'assegno ordinario di invalidità o la pensione di inabi
lità, senza che a tal fine — atteso che la vicenda del diritto alla
prestazione previdenziale va considerata come unica anche
quando si susseguono le fasi della sospensione, della rettifica o
della revoca — debba farsi applicazione delle disposizioni in
tema di requisiti contributivi dettate dall'art. 4 della suddetta 1.
n. 222 del 1984, le quali, nell'introdurre il diverso e più oneroso
requisito contributivo relativo a tre anni nell'ultimo quinquen nio (anziché a un anno, come in precedenza stabilito), riguarda no le domande successive alla data di entrata in vigore della
medesima legge; con la conseguenza che, anche in tal caso, l'e
sistenza del requisito contributivo deve essere verificata esclu
sivamente con riferimento al quinquennio antecedente la pre sentazione dell'originaria domanda di pensione in sede ammini
strativa, senza che occorra una nuova verifica all'epoca della ri
determinazione dello stato invalidante.
X. - Il secondo indirizzo era stato basato su un'unica conside
razione, essendo stato sostenuto che, in caso di soppressione della pensione di invalidità disposta nel periodo immediata
mente precedente o immediatamente successivo all'entrata in
vigore della 1. n. 222 del 1984, non è il caso di operare alcuna
distinzione nella posizione che può assumere l'interessato, il
quale, per un verso, potrebbe immediatamente contestare il
provvedimento di soppressione della prestazione e chiedere di
questa il ripristino e, per un altro verso, potrebbe fare acquie scenza al provvedimento e, solo in un secondo momento, in pre senza di una nuova infermità o di un aggravamento di una infer
mità già esistente, adire il giudice per ottenere una prestazione
previdenziale diversa dalla precedente (assegno ordinario di in
validità o pensione di inabilità in luogo della pensione di invali
dità). Qualora si realizzasse questa seconda ipotesi essendo già
vigente la nuova disciplina dettata dalla 1. n. 222 del 1984, il re
quisito contributivo dovrebbe essere valutato in base alle dispo sizioni, più rigorose, contenute nella nuova legge, con la conse
guenza che l'adesione all'altro indirizzo si risolverebbe, «sul
piano pratico, in una sollecitazione a contestare come illegittimo
ogni provvedimento di revoca o mancata conferma senza atten
dere aggravamenti delle condizioni, così da poter fruire del pre esistente requisito contributivo».
XI. - Anche se per ragioni diverse da quelle esposte nella
sentenza che ne costituisce l'espressione — dato che l'esegesi
di una disposizione di legge non può essere adottata, esclusiva
mente, in considerazione di un inconveniente che potrebbe deri
vare da una interpretazione di segno contrario e dato che, sem
mai, il prospettare quell'inconveniente può essere utile per con
fermare l'interpretazione già compiutamente assegnata alla
norma — il secondo indirizzo merita di essere condiviso.
Il primo orientamento, come si è visto, fa leva sul contenuto
di numerose disposizioni di legge, le quali, a dire di alcune delle
sentenze indicate nel punto VIII (v., soprattutto, Cass. 7 feb
braio 1990, n. 849, cit.), indicherebbero che il legislatore, anche
quando si susseguono le fasi della sospensione, della rettifica o
Il Foro Italiano — 2001.
della revoca, ha considerato la vicenda del diritto alla prestazio ne previdenziale come un unicum.
Senonché, a parte che la norma giuridica va interpretata, in
primo luogo, traendo il suo significato dalla intenzione del le
gislatore desumibile dalla connessione delle parole utilizzate
(art. 12 disp. sulla legge in generale), il vero è che tutte le di
sposizioni richiamate dal suddetto prevalente indirizzo o indica
no, ancora una volta, che l'indagine sulla esistenza del requisito contributivo c.d. relativo deve essere effettuata prendendo come
punto di riferimento il giorno della presentazione della domanda
amministrativa, ma non precisano se tale domanda debba essere
quella originaria o quella con la quale viene chiesto, dopo la
soppressione, il ripristino della pensione (v. quanto è stato espo sto nel punto VI); o enunciano regole che, non avendo diretta ed
immediata attinenza con la questione esaminata, non possono essere utilizzate allo scopo invocato (come quelle indicate nei
punti IX. 1 e IX.4); o sono contenute (come quelle menzionate
nei punti IX.2, IX.3, IX.5) in un provvedimento legislativo che è
successivo alla disposizione di legge da interpretare e con il
quale, addirittura, è stato eliminato l'istituto della soppressione della pensione e del conseguente, eventuale ripristino della pre stazione (in precedenza regolato dall'art. 10, 2° comma, r.d.l. 14
aprile 1939 n. 636), ove si consideri che attualmente è vigente l'istituto della revisione «nei casi in cui risultino mutate le con
dizioni che hanno dato luogo al trattamento in atto» e che tale
istituto può condurre ad un provvedimento di revoca o di rettifi
ca, avverso il quale l'interessato può chiedere, a sua volta, una
successiva revisione «in caso di aggravamento delle infermità»
(art. 9, 2° e 8° comma, 1. n. 222 del 1984). D'altra parte, per confutare l'argomento di fondo che viene
utilizzato a sostegno del suddetto prevalente indirizzo — quello
relativo alla unicità della vicenda — va obiettato che di unicità
si può parlare solamente se non vi sia soluzione di continuità
nell'intero iter, procedimentale e giudiziario, che attiene alla
(concessione, alla soppressione e al ripristino della) pensione, come avviene quando il giudizio promosso dall'interessato, che
contesta il provvedimento di soppressione, si conclude con l'ac
coglimento integrale della domanda (in quanto il giudice rico
nosce che l'originaria pensione era stata ingiustamente revocata
per non essere mai venuto meno lo stato invalidante). Non è
unica, viceversa, una vicenda che presenta uno iato fra un primo
periodo, in cui all'assicurato è stato elargito un determinato be
neficio, e un secondo periodo, in cui il riconoscimento ha ri
guardato un beneficio diverso (in quanto elargito nella vigenza di una nuova disciplina). In questo secondo caso l'intervallo, che è derivato dall'interruzione, impedisce di considerare l'uni
cità dell'evento, la soluzione di continuità comportando il sor
gere — con la successione, l'uno all'altro — di due distinti av
venimenti.
Per risolvere la questione, allora, si debbono richiamare le
considerazioni svolte nel precedente punto IV, quando è stato
rilevato che con la norma contenuta nell'art. 9, n. 2, lett. b), r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636 (sub art. 2 1. 4 aprile 1952 n. 218), tuttora vigente nella parte che qui interessa, era stato disposto che il diritto alla prestazione previdenziale può essere conse
guito qualora i contributi richiesti dalla legge (nel numero sta
bilito) sussistano nel quinquennio precedente la domanda di
pensione (v. anche il riferimento sopra già operato all'art. 18
d.p.r. 27 aprile 1968 n. 488, quale risultante dalla sentenza della
Corte costituzionale 27 giugno 1989, n. 355, cit.).
Applicando questa regola alla questione che ha formato og
getto del contrasto interpretativo, si deve affermare che, poiché la domanda giudiziale di ripristino della pensione di invalidità, erogata nella vigenza della vecchia normativa e poi soppressa,
può essere — oltre che rigettata — anche accolta sia integral
mente che parzialmente, dando quindi luogo tanto al ripristino
dell'originaria pensione, quanto al riconoscimento — ai sensi
dell'art. 149 disp. att. c.p.c. e, ove sia già entrata in vigore la 1.
12 giugno 1984 n. 222, a norma dell'art. 12, 1° comma, di tale
legge — di un diritto non identico a quello in precedenza rico
nosciuto all'assicurato (l'assegno ordinario di invalidità o la
pensione di inabilità), si deve distinguere a seconda che si veri
fichi l'una o l'altra fra queste due situazioni. Se il giudizio in
staurato dall'interessato si conclude con l'integrale accogli mento della pretesa dedotta in giudizio e se, pertanto, il giudice riconosce che la pensione, non ricorrendone le condizioni, non
poteva essere soppressa, la domanda di pensione, cui va riferito
«il quinquennio precedente», deve essere sempre considerata
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PARTE PRIMA 1520
quella originaria, presentata in sede amministrativa nella vigen za della vecchia disciplina (e, in tal senso, come si è detto, deve
ammettersi la sostanziale unicità della vicenda inerente alla pre stazione previdenziale, perché a nulla in tal caso rileva il succe
dersi delle varie fasi della concessione, della soppressione e del
ripristino del beneficio). Se però il giudice reputa giusto il prov vedimento di soppressione della pensione, per essere venuto
meno, al tempo della emanazione del relativo provvedimento, il
requisito sanitario e tuttavia riconosce — ai sensi dell'art. 149
disp. att. c.p.c. e, vigente lo stesso, dell'art. 12, 1° comma, 1. n.
222 del 1984 — che l'assicurato ha diritto all'assegno ordinario
di invalidità o alla pensione di inabilità per essere sopraggiunto un nuovo stato invalidante nel corso del procedimento ammini
strativo o giudiziario, la valutazione del requisito contributivo
c.d. relativo deve essere effettuata con riferimento al tempo della proposizione della domanda amministrativa di ripristino della prestazione e non in relazione al tempo della presentazione della originaria domanda di pensione; con la conseguenza che, se la domanda di ripristino è stata presentata dopo l'entrata in
vigore della 1. n. 222 del 1984, il suddetto requisito contributivo
deve essere valutato in base alle disposizioni, più rigorose, contenute nell'art. 4 di tale legge.
XII. - A tutte le argomentazioni che sono state svolte nei
punti da IV a XI deve farsi riferimento, nel comporre il contra
sto di giurisprudenza di cui si discute, ai fini della decisione della presente controversia. Pertanto, poiché il Tribunale di
Avezzano, a fronte della domanda di ripristino della pensione di
invalidità a suo tempo proposta dalla Di Cicco, ha riconosciuto
alla medesima l'assegno ordinario di invalidità senza peraltro
svolgere alcuna indagine per appurare se in capo all'assicurata
sussistesse il requisito contributivo c.d. relativo, il ricorso deve
essere accolto per quanto di ragione e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al profilo della seconda censura, dedotta con l'unico motivo, che viene accolto. La causa, per
conseguenza, deve essere rinviata ad un altro giudice, che si de
signa nella Corte di appello di L'Aquila e che dovrà uniformarsi
ai seguenti principi di diritto. «Il giudice, nella decisione della controversia avente per og
getto il ripristino della pensione di invalidità liquidata in base alle disposizioni esistenti nell'ordinamento prima dell'entrata in
vigore della 1. 12 giugno 1984 n. 222 e poi soppressa, qualora intenda provvedere, in totale accoglimento della domanda, al ri
pristino della pensione, senza soluzione di continuità, fin dall'e
poca della soppressione, deve accertare, anche d'ufficio, l'esi
stenza del requisito contributivo c.d. relativo prendendo come
termine di riferimento, per il computo a ritroso del quinquennio nel quale debbono essere conteggiati i contributi, il giorno nel
quale è stata presentata l'originaria domanda di pensione in sede
amministrativa, con la conseguente applicazione dell'art. 9, n.
2, lett. b), r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636 (sub art. 2 1. 4 aprile 1952 n. 218)».
«Qualora, viceversa, in relazione alla medesima controversia si profili l'accoglimento parziale della domanda, con il ricono
scimento, ai sensi degli art. 1, 2 e 12, 1° comma, 1. 12 giugno 1984 n. 222 (nel frattempo entrata in vigore) e 149 disp. att.
c.p.c., del diritto dell'interessato a conseguire l'assegno ordina
rio di invalidità o la pensione di inabilità con decorrenza suc
cessiva all'epoca della soppressione, il giudice deve controllare, anche d'ufficio, l'esistenza del requisito contributivo c.d. rela
tivo prendendo come termine di riferimento, per il computo a ri
troso del quinquennio nel quale debbono essere conteggiati i
contributi, il giorno nel quale è stata presentata in sede ammini
strativa la domanda diretta al ripristino della pensione, con la
conseguente applicazione dell'art. 4, 2° comma, 1. 12 giugno 1984 n. 222 ove tale domanda di ripristino sia stata presentata
dopo l'entrata in vigore della legge da ultimo indicata (o, ricor
rendone le condizioni, in base all'art. 18 d.p.r. 27 aprile 1968 n.
488, come risultante dalla sentenza della Corte costituzionale n.
355 del 1989, prendendo come termine di riferimento il giorno in cui si è maturato il suddetto requisito nel corso del procedi mento amministrativo o giudiziario)».
Il Foro Italiano — 2001.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 21
marzo 2001, n. 4020; Pres. Sommella, Est. Trifone, P.M.
Raimondi (conci, conf.); Carrozzo (Avv. De Mauro) c. Mon
tinaro (Avv. Di Biase, Cramis), Chirizzi e altri (Avv. Caprio
li). Conferma App. Lecce 16 gennaio 1998.
Locazione — Legge 392/78 — Immobili adibiti ad uso diver so dall'abitazione — Cessione di quote della società loca
trice — Prelazione del conduttore — Esclusione (L. 27 lu
glio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urba ni, art. 38, 39).
Nel caso di cessione delle quote di una società di persone, nel
cui patrimonio sia compreso un immobile locato ad uso com
merciale, al conduttore di questo non spetta il diritto di pre lazione previsto dall'art. 38 l. 392/78, neppure qualora per
effetto della cessione si determini la concentrazione in capo ad un unico soggetto dell'intera partecipazione sociale (nel
rettificare, ai sensi dell'art. 384, 2° comma, c.p.c., la motiva
zione della sentenza impugnata, la Corte di cassazione ha
precisato che l'ipotesi esaminata va tenuta distinta da quella dell'alienazione di una quota di comproprietà indivisa del
l'immobile locato, nella quale, invece, non sussistono valide
ragioni per negare l'applicabilità dell'art. 38 l. 392/78). (1)
Svolgimento del processo. — Con citazione del 30 novembre
1990 Salvatore Carrozzo conveniva in giudizio, innanzi al Tri
bunale di Lecce, Carmela, Teresa, Anna, Immacolata e Luigi Chirizzi nonché Italo Montinaro per ottenere, previo riconosci
mento del diritto di prelazione ex art. 38 1. n. 392 del 1978 e
conseguente determinazione del prezzo, il riscatto dell'immo
bile — adibito a bar, ristorante e rivendita di tabacchi — da lui
condotto in locazione e che assumeva essere stato trasferito al
Montinaro a titolo oneroso, con scrittura privata «nell'ambito di
una cessione di quote della società Chirmenti s.a.s. comprensiva
(1) La Corte di cassazione conferma, con riferimento alla prelazione urbana, l'orientamento già espresso in materia di prelazione agraria ex art. 8 1. 590/65 (v. Cass. 25 agosto 1990, n. 8732, Foro it., Rep. 1990, voce Agricoltura, n. 127, e Gìur. agr. it., 1990, 529, con nota di L. Se
rafini; 7 novembre 1983, n. 6566, richiamata in motivazione, Foro it.,
Rep. 1984, voce cit., n. 108, e, per esteso, Giur. it., 1984, I, 1, 1611, con nota di D. Memmo, e Giur. agr. it., 1984, 468, con nota di D. Dan
za), sottolineando, in estrema sintesi, come la cessione di quote della società locatrice realizzi in ogni caso una vicenda modificatrice dell'as setto personale della società stessa (vale a dire, il trasferimento dello status di socio), e non già un'alienazione (ovvero un trasferimento di
proprietà), sia pur parziale, dell'immobile locato. In senso conforme, in tema di prelazione ex art. 38 1. 392/78, v. Trib.
Genova 17 gennaio 1984, Foro it., Rep. 1985, voce Locazione, n. 336
(riportata in Riv. dir. comm., 1984, II, 225, con nota di F. Sarchi), non ché Trib. Milano 28 dicembre 1981, Foro it., Rep. 1982, voce cit., n.
1089, e Arch, locazioni, 1982, 491; in dottrina, E. Caputo, Il diritto di
prelazione nella nuova disciplina delle locazioni urbane, Padova, 1987, 82.
Alla medesima conclusione è pervenuta la giurisprudenza con riferi mento al caso di cessione del(l'intero) pacchetto azionario della società di capitali locatrice: v., da ultimo, Cass. 23 luglio 1998, n. 7209, Foro
it., 1999, I, 3017, con nota di G. La Rocca, la quale, contrariamente a
quanto precedentemente ritenuto, in tema di prelazione agraria, da Cass. 1° dicembre 1987, n. 8939, id., Rep. 1988, voce Società, n. 297
(richiamata in motivazione dalla pronunzia in epigrafe e riportata in extenso in Giur. it., 1988,1, 1, 1578, con nota di A. Ricardi), mostra di considerare irrilevante l'essere il patrimonio della società locatrice co stituito esclusivamente dall'immobile oggetto del vantato diritto di pre ferenza ex art. 38 1. 392/78, dovendo escludersi (conformemente alla
prevalente dottrina e alla giurisprudenza più recente) la configurabilità di una simulazione dell'atto costitutivo di società di capitali.
Analogamente, viene esclusa l'operatività della disciplina di cui al citato art. 38 nell'ipotesi di cessione di una quota ideale dell'edificio
comprendente l'immobile locato (v., da ultimo, Cass. 21 ottobre 1998, n. 10431, Foro it., 1999, I, 3598, con nota di richiami); così come nel caso di conferimento dell'immobile ad una società da parte del locatore
(v. Cass. 21 luglio 2000, n. 9592, id., 2000,1, 2774). Con riferimento alla differente ipotesi di vendita di una quota di
comproprietà dell'unità immobiliare oggetto del contratto di locazione, v., invece, nel senso della configurabilità del diritto di prelazione del
conduttore, Cass. 11 settembre 1990, n. 9354, id., Rep. 1991, voce Lo
cazione, n. 288 (riportata, tra l'altro, in Giur. it., 1991, I, 1, 1062, con nota di S. Giove, e Riv. giur. edilizia, 1991, I, 49, con nota di M. De Till a).
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