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Sezioni unite civili; sentenza 22 aprile 1960, n. 908; Pres. Cataldi P., Est. Favara, P. M. Tavolaro...

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Sezioni unite civili; sentenza 22 aprile 1960, n. 908; Pres. Cataldi P., Est. Favara, P. M. Tavolaro (concl. conf.); Natalucci (Avv. Linguiti) c. Ferrelli (Avv. Jossa) Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 6 (1960), pp. 943/944-945/946 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23175072 . Accessed: 28/06/2014 07:29 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.31 on Sat, 28 Jun 2014 07:29:08 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezioni unite civili; sentenza 22 aprile 1960, n. 908; Pres. Cataldi P., Est. Favara, P. M. Tavolaro(concl. conf.); Natalucci (Avv. Linguiti) c. Ferrelli (Avv. Jossa)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 6 (1960), pp. 943/944-945/946Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175072 .

Accessed: 28/06/2014 07:29

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PARTE PRIMA 944

arbitri, secondo quanto stabilito dall'Accordo intercon

federale, ed era altresì pacifico che quest'ultima Associa zione erasi rifiutata di ottemperare alla richiesta.

Ciò posto, non può certo aderirsi al principio affermato

dalla Corte del merito, la quale, pur avendo accertato

l'inosservanza da parte della Società datrice di lavoro

all'obbligo di sottoporre la controversia relativa al licen

ziamento della De Luca al collegio di conciliazione, ha

ritenuto che da essa non derivasse alla De Luca altro

diritto che non fosse quello di ottenere, in forza di una sen

tenza, la convocazione del detto collegio. Se infatti è vero

che il giudice non potrebbe, di fronte alla rilevata inadem

pienza contrattuale, sostituirsi ai rappresentanti delle parti interessate onde provvedere in loro vece ad un eventuale

ripristino del rapporto o all'assegnazione di una somma a

titolo di penale a favore del prestatore d'opera, il quale risulti essere stato licenziato senza ragioni apprezzabili, ciò non toglie che, anche in questo caso, gli effetti dell'ina

dempienza si traducano nell'obbligo posto a carico della

parte inadempiente di risarcire all'altra parte i danni che

gliene siano derivati, e che il giudice sia tenuto a stabi lirne l'esistenza e l'ammontare, anche se per pervenire a tale determinazione sia costretto in ipotesi a valutare

presuntivamente quale sarebbe stato l'esito del procedi mento arbitrale pretermesso. Nè potrebbe fondatamente

obiettarsi che il rifiuto di provvedere alla designazione di uno dei componenti del collegio arbitrale, e quindi il fatto nel quale si è concretato l'inadempimento non risale

nella specie alla stessa datrice di lavoro ma all'Associazione

industriale a cui essa è iscritta perchè, avendo la detta Associazione agito proprio nella veste di rappresentante sindacale della Società « La Precisa », tutti gli effetti

giuridici del suo comportamento non possono non attri buirsi direttamente alla Società rappresentata, rendendola

inadempiente ed obbligandola al risarcimento del danno.

(Omissis) Per questi motivi, cassa, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Sezioni unite civili ; sentenza 22 aprile 1960, n. 908 ; Pres. Cataldi P., Est. Favaka, P. M. Tavolaro (conci, conf.) ; Natalucci (Avv. Lingotti) c. Ferrelli (Avv. Jossa).

(Conferma App. Roma 20 giugno 1958)

Tasse comunali — Tassa di occupazione di suolo

pubblico—«Solve et repete»—Applicabilità (L. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, abolizione del contenzioso

amministrativo, art. 6 ; r. d. 14 settembre 1931 n. 1175, t. u. per la finanza locale, art. 48).

Tasse comunali — Tassa di occupazione tempora nea di suolo pubblico — Riscossione mediante ingiun zione— Immediata applicazione—Eliciti (L. 6 marzo 1958 n. 177, riscossione delle tasse per l'occupazione tem

poranea di spazi ed aree pubbliche di cui all'art. 195 t. u.

per la finanza locale, art. un.). Cassazione ili materia civile — Questioni nuove in

Cassazione — Improponibilità — Estremi —

Fattispecie. Solve et repete — Infondatezza della pretesa tribu

taria -— Accertamento attraverso indagini istrut torie — Derogabilità della regola — Inammissibilità

(L. 20 marzo 1865 il. 2248, ali. E, art. 6).

La regola del solve et repete è applicabile anche alla ris cossione delle tasse di occupazione di suolo pubblico. (1)

La legge 6 marzo 1958 n. 177, la quale, in tema di riscossione delle tasse di occupazione temporanea di suolo pubblico,

(1) Conforme: Cass. 16 maggio 1959, n. 1455 — ricordata nel testo — Foro it., Rep. 1959, voce Tasse comunali, n. 91-93.

ha esteso il sistema di riscossione con il procedimento privilegiato dell'ingiunzione, è di immediata applica zione, e rientrano, quindi, nella sua discipliìia anche i

procedimenti tributari sorti prima della sua entrata in

vigore, purché non ancora esauriti a tale data. (2) Non sono proponibili per la prima volta in Cassazione que

stioni nuove, mai trattate in sede di merito e per la cui soluzione occorrono anche accertamenti di fatto (nella

specie, si era dedotto per la prima volta in Cassazione che trattavasi di occupazione permanente di suolo pubblico, anziché di occupazione temporanea come erasi sostenuto nel giudizio di merito). (3)

Non può derogarsi alla regola del solve et repete allorché,

per accertare la dedotta infondatezza della pretesa tri

butaria, si debbano svolgere indagini istruttorie, ovvero si debbano risolvere questioni di fatto o di diritto, contro verse tra le parti. (4)

La Corte, ecc. — Col primo mezzo, il ricorrente deduce la violazione dell'art. 6 legge 20 marzo 1865 n. 2248 e

dell'art. 48 t. u. sulla finanza locale del 1931, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., e sostiene che non era

applicabile, nella specie, il principio del solve et repete, perchè, senza bisogno di complesse indagini, poteva rile varsi l'infondatezza della pretesa tributaria, in quanto il sistema di riscossione della tassa di occupazione di suolo

pubblico è quello dei ruoli e non quello dell'ingiunzione e

perchè l'occupazione di suolo antistante ad un bar-risto

rante non può ritenersi di carattere temporaneo, ossia occa sionale e precario, ma permanente, con la conseguente assoggettabilità all'accertamento mediante ruoli ed in nessun caso mediante ingiunzione fiscale, come operato, invece, nella specie.

Le doglianze del mezzo sono infondate. Va anzitutto ricordato che, come queste Sezioni unite

hanno già affermato con la sentenza 16 maggio 1959, n.

1455 (Foro it., Eep. 1959, voce Tasse comunali, nn. 91-93), la

regola del solve et repete è applicabile anche in tema di ri scossione delle tasse di occupazione di suolo pubblico, del che non è da dubitarsi, atteso il richiamo che il t. u. della finanza locale 14 settembre 1931 n. 1175 fa, in materia, alla legge sul registro, il cui art. 149 è, appunto, in tali sensi.

Ciò premesso, queste Sezioni unite non possono che riaffermare quanto già esse hanno affermato in ordine al valore della legge 6 marzo 1958 n. 177 con le sentenze 14 ottobre 1958, n. 3257 (Foro it., Rep. 1958, voce Tasse

comunali, nn. 116, 117) e 14 ottobre 1958, n. 3256 (ibid., n. 118). In esse è stato osservato che la legge 6 marzo 1958 n. 177, modificando il sistema di riscossione delle tasse di oc

cupazione di suolo pubblico, e meglio chiarendo la portata delle disposizioni di cui agli art. 42, 45, 48 e 50 in relazione

agli art. 274 e segg. t. u. della finanza locale, ha esteso alle sole occupazioni temporanee, di cui all'art. 195 t. u. stesso,

per quanto compatibili, le norme sull'accertamento, sulla riscossione e sulla procedura contenziosa stabilite per l'im

posta di consumo dal t. u. citato, che, come è noto, ammet

(2) Nello stesso senso Cass. 14 agosto n. 2521, 28 settem bre n. 2620, 3 ottobre n. 2657 del 1959, Foro it., Rep. 1959, voce Tasse comunali, nn. 167, 166 87 ; 14 ottobre 1958, nn. 3257 e 3256, id., Rep. 1958, voce cit., nn. 116-118, citate dalla presente sentenza, nonché Cass. 30 settembre 1958, n. 3054, ibid., n. 119.

(3) Da ultimo, vedi, Cass. 8 febbraio 1960, n. 177, Foro it., Mass., 40 ; 17 marzo 1960, n. 540, ibid., 122 ; e 30 giugno 1959, n. 2035, id., Rep. 1959, voce Cassazione civ.. n. 34 bis ; 12 feb braio 1959, n. 422, ibid., n. 35.

(4) Sul difetto temporaneo di giurisdizione dell'autorità giu diziaria ordinaria connesso con la inosservanza del precetto del solve et repete, v., da ultimo, Cass. 10 dicembre 1959, n. 3528, Foro it., 1959, I, 1816, con nota di richiami.

Sugli estremi perchè possa derogarsi alla regola del solve et repete, v. Cass. 13 aprile 1960, n. 881, che segue.

La questione d'incostituzionalità del solve et repete tributa rio è stata riconosciuta non manifestamente infondata dal Pre tore di Pavia con ordinanza 21 marzo 1960, infra, 1064, con nota di richiami.

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945 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 946

tono la riscossione con il procedimento privilegiato del

l'ingiunzione, ferma restando, per le occupazioni di carat

tere permanente, le norme di cui agli art. 274 e segg. dello

stesso t. u., e la loro riscuotibilità mediante ruoli. La pre detta legge 6 marzo 1958 n. 177, atteso il suo carattere di

legge finanziaria ed il suo contenuto eminentemente pro

cessuale, è di immediata applicazione, cosicché rientrano

nella disciplina della legge stessa anche i procedimenti tributari sorti prima della sua entrata in vigore, purché non ancora esauriti a tale data.

Nessun dubbio, pertanto, che vertendosi, nella specie in esame, in una controversia di riscossione di un'imposta

per occupazione temporanea di suolo pubblico, esattamente

è stata ritenuta improponibile l'opposizione del contri

buente, in quanto era stato omesso il previo pagamento del tributo richiesto mediante l'ingiunzione dell'Ufficio

delle imposte di consumo, col che si veniva a determinare

il temporaneo difetto di giurisdizione del giudice ordi

nario a conoscere del merito della controversia stessa, così

come hanno esattamente ritenuto i Giudici di merito.

Quanto, poi, alla seconda censura, secondo la quale i

Giudici di merito avrebbero errato nel ritenere per pacifica l'esistenza di un'occupazione temporanea, nella specie, mentre questa, data la natura dell'esercizio, non poteva che ritenersi di carattere permanente, va osservato che si

tratta di questione nuova, che il Natalucci vorrebbe intro

durre per la prima volta in questa sede.

Ora è noto che non sono proponibili per la prima volta in

Cassazione questioni nuove, mai trattate in sede di merito

e per la cui soluzione occorrono anche accertamenti di

fatto. Non potrebbe certo questa Suprema corte, perla prima

volta, stabilire se l'occupazione di suolo pubblico da parte del Natalucci abbia carattere permanente, o temporaneo, una volta che, durante tutto il giudizio di merito, un tale

dubbio non è mai sorto e l'intera causa è stata trattata sul

presupposto di una tassazione per occupazione temporanea di suolo pubblico, senza che il Natalucci si dolesse neppure del punto in esame, che era, anzi, il presupposto di tutto

il suo sistema difensivo. Nè può sostenersi che l'occupazione, che per un esercizio di bar-trattoria può farsi del suolo

antistante per l'installazione di tavolini, debba necessa

riamente avere carattere permanente, ben potendo sussi

stere anche un'occupazione puramente temporanea e limi

tata, per di più, solo a talune epoche dell'anno, secondo le

esigenze commerciali dell'esercizio medesimo, trattandosi,

comunque, di circostanza di puro fatto che non potrebbe certo essere, per la prima volta trattata o riveduta in

questa sede, attesi i limiti istituzionali del controllo da

parte di questa Suprema corte.

Col secondo motivo, poi, il ricorrente denunzia ancora

una volta la violazione dell'art. 6 legge del 1865 e dell'art. 277

t. u. finanza locale, in relazione all'art. 360, n. 5, cod. proc.

civ., anche per omesso esame di fatti e documenti deci

sivi, e sostiene che la pretesa tributaria non poteva essere

spiegata nei confronti di esso ricorrente, ma, se mai, nei

confronti della Soc. a r. 1. « Sirenetta », di cui il ricorrente

ò amministratore unico, in quanto proprietario dei tavolini

in questione. Il Natalucci deduce di avere invano esibito le

copie autentiche dell'atto costitutivo della Soc. « Sirenetta »

e della scrittura registrata, con cui la Società aveva acqui stato l'esercizio del bar-ristorante, il cui esame era di facile

indagine, cosicché la Corte di appello avrebbe errato nel

ritenere, invece, la necessità di indagini complesse. Sostiene,

ancora, il Natalucci che anche semplice sarebbe stato accer

tare che il suolo, per la cui occupazione era stata richiesta

la tassa, non era affatto comunale, ma facente parte del

demanio marittimo, per una porzione, e per un'altra di

proprietà della stessa Soc. « Sirenetta », che l'aveva acqui stato con atto not. Staderini di Roma del 20 dicembre 1954

pure prodotto in copia autentica.

Entrambe le censure sono, però, prive di fondamento.

Si deve, anzitutto, ricordare il principio secondo il

quale si deroga alla regola del solve et repete, di cui all'art. 6

legge 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, solo nei casi in cui consti

prima facie l'estraneità dell'opponente al debito di imposta, o l'inesistenza del titolo per la riscossione, quando, cioè,

sia evidente in modo assoluto ed ictu oculi l'infondatezza

della pretesa tributaria, alla stregua della situazione risul

tante dagli atti e del tutto incontestabile. Il temperamento non è, invece, ammissibile e si ritorna alla regola generale,

allorquando per pervenire a detta conclusione si debbano

svolgere indagini istruttorie, ovvero si debbano risolvere

questioni di fatto, o di diritto, controverse tra le parti,

(cfr. sul punto, da ultimo, sent. 17 maggio 1958, 11. 1605, Foro it., Kep. 1958, voce Esazione delle imposte, nn. 54,55 di queste Sezioni unite e numerose altre tutte conformi).

Ora, nella specie, è stato lo stesso ricorrente a qualifi carsi negli atti di opposizione quale proprietario del bar

ristorante « Sirenetta » in Santa Marinella, cosicché la

questione da risolvere era quella relativa al valore di tale

dichiarazione in relazione alla postuma eccezione di estra

neità al debito di imposta, nonché l'altra, anch'essa com

plessa e di non facile indagine, relativa al rilievo che poteva

acquistare nella controversia la circostanza che il Natalucci

era in ogni caso, intestatario della licenza di esercizio, così

come sostenuto dall'Ufficio impositore e, comunque, am

ministratore unico della Società.

Ancora più complessa indagine, poi, sarebbe stata ri

chiesta anche in punto di fatto per accertare la natura del

suolo occupato e per determinare se esso fosse comunale,

demaniale, o addirittura privato. Si tratta di un'eccezione

che avrebbe implicato la necessità di un'apposita istruttoria,

perchè lo stesso Ufficio impositore ha tassato solo una por zione di suolo occupato (e, precisamente, sedici metri

quadrati), cosicché bisognava accertare se tale misurazione

fosse esatta, rispetto alla superficie totale ed ai titoli, il che

importava una indagine particolarmente complessa e per nulla risolvibile prima facie, come pretende sostenere il

ricorrente per vedere discusso il merito della propria oppo sizione senza essersi curato di pagare, anzitutto, il tributo

per il cui pagamento aveva ricevuto ingiunzione, e senza

corredare la propria istanza del prescritto certificato del

l'avvenuto pagamento delle imposte e dei contributi richiesti.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezioni unite civili ; sentenza 13 aprile 1960, n. 881 ; Pres.

Cataldi P., Est. Stella Kichter, P. M. Tavolaeo

(conci, conf.) ; Manfellotto (Avv. Bianco, Diamante,

C afiero) c. Azienda soggiorno e turismo di Napoli

(Aw. Fragola).

(Conferma App. Napoli 31 gennaio 1959)

Tasse e imposte in genere —- Azione giudiziaria — De

claratoria di improponibilità — Esame di eccezione

di illegittimità costituzionale — Inammissibilità

(L. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, abolizione del con

tenzioso amministrativo, art. 6 ; 1. 11 marzo 1953

n. 87, norme sulla costituzione e sul funzionamento

della Corte costituzionale, art. 23). Solve et repete — Infondatezza « prima facie » —

Estremi — Fattispecie. Tasse comunali — Azione giudiziaria — Decadenza —

Estremi (R. d. 14 settembre 1931 n. 1175, t. u. per la

finanza locale, art. 285).

Ove razione giudiziaria in materia tributaria sia impropo nibile (per mancata osservanza del solve et repete, o per decorso di termine decadenziale), il giudice non può che

pronunciare la declaratoria d'improponibilità, senza poter

prendere in esame l'eccezione di illegittimità costituzio

nale della legge istitutiva del tributo. (1)

(1) Secondo Trib. Firenze 5 luglio 1957, Foro it., Rep.

1957, voce Tasse in gen., ìm. 158, 159, l'applicabilità del solve

et repete è pregiudiziale alla questione d'incostituzionalità della

legge istitutiva del tributo, ma, se questa è manifesta, il solve

et repete non si applicherebbe.

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