sezioni unite civili; sentenza 23 aprile 1987, n. 3947; Pres. Marziano, Est. Sensale, P. M. Paolucci(concl. conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato D'Amico) c. Zanfini (Avv. Savini, Giardini).Dichiara inammissibile ricorso avverso App. Bologna 22 giugno 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 5 (MAGGIO 1987), pp. 1417/1418-1423/1424Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23178694 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
è stata recepita — resta svincolata dalla sua vigenza nell'ordina
mento originario o rispetto alla fonte originaria, il rinvio formale
implica il riferimento ad altra norma in relazione alla fonte sua
propria, con l'effetto dell'automatico adeguamento della discipli na di cui alla norma rinviante alle modifiche della norma richia
mata; e in base a questa premessa hanno affermato il principio che quando la norma richiamante e quella richiamata apparten
gono allo stesso ordinamento, al rinvio deve tendenzialmente at
tribuirsi carattere formale, in quanto è ragionevole presumere che
le esigenze che hanno determinato la modifica della disposizione richiamata conservino valore in qualunque sede questa debba tro
vare applicazione, dunque anche nell'ambito della disciplina che
essa integra attraverso il rinvio; ciò, ovviamente, sempre che di
versamente non risulti dalla stessa disposizione di rinvio ovvero
che la ragione del richiamo non risieda in un apprezzamento di
particolare congruità della norma richiamata rispetto al sistema
cui appartiene la norma rinviante (v. sent. n. 5693 del 1981, id.,
1982, I, 75). Nella specie, l'art. 12 cit. si limita a richiamare talune disposi
zioni del codice relative alla separazione personale e alla filiazio
ne per disciplinare analoghe fattispecie correlate alla pronunzia di divorzio, ma non specificamente regolate in relazione ad esso, e risulta evidente, quindi, la finalità di assoggettare sistematica
mente i due gruppi di fattispecie — ritenute sostanzialmente omo
genee — alla medesima disciplina, ancorché con il consueto limite
della compatibilità. In particolare quanto ai provvedimenti relati
vi alla prole, poi, anche dalle disposizioni di cui all'art. 6 1. n.
898/70, modellate sulle corrispondenti in tema di separazione, si evince l'intento del legislatore di realizzare, attraverso il rinvio, una tutela sostanzialmente uguale per i figli dei coniugi divorziati
e quelli dei coniugi separati.
Inoltre, non solo non si riscontra, manifestamente, una neces
saria compenetrazione fra il sitema della disciplina del divorzio
e l'originario contenuto precettivo delle norme richiamate, ma,
all'opposto, la possibilità di automatico adeguamento al nuovo
contenuto delle stesse è in linea con la finalità suddetta e, più in generale, con l'esigenza di coordinamento con gli istituti della
separazione personale e della filiazione.
Pertanto, sia alla stregua dei criteri innanzi ricordati in via ge nerale e sia in relazione alle concrete finalità del riferimento alla
normativa codicistica, deve essere affermato il carattere non ri
cettizio del rinvio e, conseguentemente, l'applicabilità al divorzio
delle nuove disposizioni introdotte in sostituzione delle preceden
ti, tanto più che la specificità della disciplina in cui debbono ope rare è salvaguardata dal limite della possibilità e della compatibilità
dell'integrazione, stabilito con l'espressione «per quanto di
ragione». 3. - Appunto questa, come si è anticipato, è la via battuta
dalle sentenze da cui qui si dissente, le quali — pur ammettendo, ancorché in modo problematico, il carattere formale del rinvio — ritengono che l'istituto dell'attribuzione della casa familiare
sia incompatibile con gli effetti del divorzio, giacché la definitiva
cessazione della comunione coniugale renderebbe ingiustificata l'as
segnazione dell'abitazione in contrasto con il diritto soggettivo del coniuge che ne ha la disponibilità a titolo reale o personale.
L'argomento non può essere condiviso. Questa corte ha più volte precisato (anche a sezioni unite; sent. n. 2494 del 1982, id.,
1982, I, 1895) che la disposizione dell'art. 155, 4° comma, c.c., nel conferire al giudice il potere di attribuire l'abitazione della
casa familiare al coniuge affidatario di figli minorenni anche quan do non sia titolare o esclusivo titolare del diritto di godimento
(reale o personale), ha riguardo esclusivamente all'interesse della
prole, non venendo in diretta considerazione né il regime giuridi co proprio di appartenenza dell'immobile, né l'addebitabilità del
la separazione, né la necessità di mantenimento del coniuge
incolpevole. Lo stesso diritto di abitazione, costituito con il prov vedimento del giudice, è funzionalmente correlato appunto alla
presenza di prole minorenne, il quale elemento assume rilievo es
senziale sia quanto alla costituzione che alla durata del diritto
medesimo, nel duplice senso che il suo protrarsi è subordinato
alla presistenza di un conforme interesse dei figli e che esso com
pete al coniuge affidatario fin quando continuerà ad essere tale.
Nella struttura della fattispecie del peculiare istituto, cioè, non
ha rilevanza il potenziale carattere temporaneo dello stato di se
parazione, né sono determinanti le esigenze dell'assetto definitivo
o transitorio dei rapporti patrimoniali tra i coniugi, mentre l'uni
co presupposto è la presenza di figli minori, rispetto ai quali la
Il Foro Italiano — 1987.
ratio della preferenza legislativa per il loro mantenimento nella
casa familiare risulta chiarissima, in relazione alle finalità di assi
curare una pronta e conveniente sistemazione dei minori con l'af
fidatario, di impedire che essi, oltre al trauma della separazione dei genitori, abbiano a subire anche quello dell'allontanamento
dall'ambiente in cui vivono e, infine, di favorire la continuazione
della convivenza fra loro, evitando, per quanto possibile, di se
pararli. Le quali esigenze non vengono meno nei casi di scioglimento
o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e, anzi, si fanno
più pressanti proprio per la definitiva cessazione della comunione
tra i genitori e per la eventualità che questi diano vita ad altre
unioni.
In conclusione, non si riscontra l'asserita incompatibilità dell'i
stituto e perciò la norma dell'art. 155, 4° comma, c.c. deve rit
nersi applicabile, in forza del rinvio di cui all'art. 12 1. n. 898/70, anche in materia di divorzio.
4. - Si trae conferma dell'operatività del rinvio, poi, dall'art.
6 1. 27 luglio 1978 n. 392, per cui «in caso di separazione giudi
ziale, di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti
civili dello stesso, nel contratto di locazione succede al condutto
re l'altro coniuge, se il diritto di abitazione nella casa familiare
sia stato attribuito dal giudice a quest'ultimo». La disposizione è rilevante ai fini dell'esegesi dell'art. 12 cit., a conferma del ca rattere formale del rinvio, risultando cosi che il legislatore ha
considerato automaticamente estesa al regime del divorzio la di
sposizione innovativa di cui all'art. 155, 4° comma.
In definitiva, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugna ta deve essere cassata con rinvio della causa ad altro giudice, che si designa in altra sezione della Corte d'appello di Roma, la quale procederà a nuovo esame della controversia attenendosi
al seguente principio di diritto: «La disposizione dell'art. 155, 4° comma, c.c. (nel testo novellato con la 1. 19 maggio 1975
n. 151), che attribuisce al giudice della separazione personale il
potere di assegnare l'abitazione della casa familiare al coniuge cui vengono affidati figli minorenni, che non sia il titolare o l'e
sclusivo titolare del diritto di godimento (reale o personale) sul
l'immobile, è applicabile anche nei casi di scioglimento o di
cessazione degli effetti civili del matrimonio, in forza del rinvio
non ricettizio alla norma suddetta contenuto nell'art. 12 1. 1°
dicembre 1970 n. 898». (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 23 apri le 1987, n. 3947; Pres. Marziano, Est. Sensale, P. M. Pao
lucci (conci, conf.); Min. finanze (Avv. dello Stato D'Amico) c. Zanfini (Avv. Savini, Giardini). Dichiara inammissibile ri
corso avverso App. Bologna 22 giugno 1982.
Cassazione civile — Ricorso — Notifica — Procuratore domici
liatario in primo grado — Inesistenza — Conseguenze — Fatti
specie (Cod. civ., art. 47; cod. proc. civ., art. 330).
La notifica del ricorso per cassazione presso il procuratore domi
ciliatario dalla controparte indicato per il giudizio di primo grado e non presso l'altro, dalla stessa designato, in sostituzione di
quello, per l'appello è inesistente e determina la inammissibilità
dell'impugnazione. (1)
(1) Con la riportata pronuncia le sezioni unite affermano il principio riassunto in massima eliminando, cosi, le perplessità suscitate dalle diver
genti enunciazioni in precedenza formulate in argomento dalla stessa corte. Ai precedenti richiamati in motivazione, che consentono peraltro di
individuare le varie tendenze manifestatesi nella giurisprudenza della Cas
sazione, si possono, comunque, aggiungere per ulteriori riferimenti: — Cass. 30 ottobre 1984, n. 5558, Foro it., Rep. 1984, voce Cassazio
ne civile, n. 123, secondo cui la notificazione del controricorso effettua
ta, invece che nel domicilio eletto con il ricorso per cassazione, in quello eletto per il precedente giudizio di merito presso difensore il cui mandato è definitivamente cessato, è nulla con la conseguenza che l'attività difen siva concessa alla parte resistente risulta limitata alla sola partecipazione alla discussione orale;
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1419 PARTE PRIMA 1420
Svolgimento del processo. — Con ingiunzione fiscale, notifica
ta il 19 aprile 1978, l'ufficio del registro di Cesena ordinava ad
Orfeo Zanfini il pagamento della somma di lire 3.181.000, com
prensiva di soprattassa e interessi maturati, per omesso versa
mento dell'imposta una tantum 1976 di lire 1.000.000, dovuta
per l'imbarcazione da diporto di sua proprietà, iscritta nei regi stri dell'ufficio locale marittimo di Cesenatico.
Con atto di citazione notificato il 5 maggio 1978, lo Zanfini — eleggendo domicilio presso l'avvocato Giorgio Liquori, che
lo rappresentava e difendeva unitamente all'avvocato Lodovico
Giardini — conveniva davanti al Tribunale di Bologna l'ammini
strazione finanziaria dello Stato per sentir dichiarare l'illegittimi tà dell'ingiunzione, deducendo di non essere tenuto al pagamento
dell'imposta siccome esercente il servizio pubblico autorizzato di
sci nautico per conto di terzi.
Vittorioso nel giudizio di primo grado, lo Zanfini si costituiva
nel giudizio d'appello, instaurato dall'amministrazione delle fi
nanze, con elezione di domicilio presso l'avvocato Nino Damato, dal quale era rappresentato e difeso, in secondo grado, unita
mente all'avvocato Lodovico Giardini.
La Corte d'appello di Bologna confermava la decisione del tri
bunale, osservando che lo Zanfini adibiva il suo motoscafo all'e
sercizio dello sci nautico per conto di terzi, munito di
autorizzazione, nella quale si dava atto dell'idoneità del natante
al traino di sciatori nautici e si imponevano allo Zanfini varie
prescrizioni, fra le quali quella di condurre personalmente il mo
toscafo e di farsi assistere da altra persona esperta nel nuoto.
L'imbarcazione rientrava, quindi, nella categoria degli «autoscafi
destinati al servizio pubblico autorizzato», che l'art. 4, 2° com
ma, d.l. 6 luglio 1974 n. 251, convertito nella 1. 14 agosto 1974
n. 346, esentava dalla imposta una tantum istituita dallo stesso
testo legislativo. Contro tale sentenza, l'amministrazione delle finanze ha pro
posto ricorso per cassazione notificato, il 12 gennaio 1983, ad
Orfeo Zanfini «presso il suo procuratore in giudizio Giorgio Li
guori» cioè presso il procuratore domiciliatario nel giudizio di
primo grado. Chiamata la causa all'udienza del 3 luglio 1985 dinanzi alla
prima sezione di questa corte, lo Zanfini, il quale in data 7 giu
gno 1985 aveva conferito procura speciale agli avvocati Lodovico
Giardini ed Enrico Savini per essere da costoro rappresentato e
difeso nel giudizio di cassazione all'udienza suddetta, eccepiva, nel corso della discussione orale cui partecipava senza avere de
positato il controricorso, la inammissibilità del ricorso per inesi
stenza della notificazione.
La prima sezione — postosi il problema se la notificazione del
ricorso per cassazione, effettuata presso il procuratore domicilia
tario del giudizio di primo grado e non presso quello del giudizio
d'appello, sia da qualificare inesistente ovvero soltanto nulla, con
conseguenze eventualmente diverse in ordine all'ammissibilità del
ricorso; ed avendo rilevato nella giurisprudenza delle sezioni sem
plici di questa corte indirizzi non del tutto uniformi, pur dopo una pronunzia a sezioni unite nel senso della inesistenza — ha
rinviato a nuovo ruolo la trattazione del ricorso, disponendone la trasmissione al primo presidente perché ne fosse apprezzata
— Cass. 16 febbraio 1981, n. 931, id., Rep. 1981, voce cit., n. 214, per la quale la notifica del ricorso per cassazione ad istanza del procura tore della parte del precedente giudizio di merito, anziché del difensore munito del mandato speciale per la proposizione di tale ricorso, non è riferibile alla parte medesima, ed è, conseguentemente, affetta da giuridi ca inesistenza, la quale implica l'inammissibilità dell'impugnazione, a pre scindere dall'eventuale costituzione della controparte.
Per quanto riguarda, poi, l'art. 330 c.p.c. (che, secondo Cass. 1° mar zo 1986, n. 1315, id., Mass., 239, prevedendo nel 1° comma la notifica zione dell'impugnazione presso il procuratore costituito solo in mancanza di dichiarazione di residenza ed elezione di domicilio nell'atto di notifica zione della sentenza, induce a ritenere rituale la notifica dell'impugnazio ne presso la sede dell'ente che nel notificare la sentenza abbia indicato la sede medesima come proprio domicilio), sul quale pure si soffermano le sezioni unite, è il caso di ricordare che i rilievi di queste ultime non coincidono perfettamente, in parie qua, con quelli svolti in motivazione da Cass. 24 novembre 1986, n. 6908, id., 1987, I, 819, con nota di richia
mi, a sostegno, fra l'altro, dell'affermazione, secondo la quale l'elezione di domicilio personale della parte costituita in giudizio mediante procura tore domiciliatario non rileva ai fini della notificazione degli atti del giu dizio successivi alla costituzione, ivi compreso l'atto di impugnazione. [C.M. Barone]
Il Foro Italiano — 1987.
l'opportunità dell'eventuale assegnazione alle sezioni unite. Con
provvedimento del primo presidente, il ricorso suddetto è stato
assegnato alle sezioni unite, fissandosene la trattazione all'odier
na udienza.
Motivi della decisione. — La questione, preliminare di rito, del cui esame le sezioni unite sono investite essendosi formati
presso le sezioni semplici indirizzi non del tutto uniformi e coe
renti, concerne il punto se la notificazione del ricorso per cassa
zione alla controparte presso il procuratore domiciliatario del
giudizio di primo grado e non presso il procuratore domiciliata
rio del giudizio d'appello, sia da qualificare inesistente ovvero
soltanto nulla, al fine di stabilire conseguentemente se debba per venirsi alla dichiarazione d'inammissibilità del ricorso ovvero al
l'ordine di rinnovazione della notificazione ai sensi dell'art. 291
c.p.c., che queste sezioni unite hanno ritenuto applicabile anche
al giudizio di cassazione (ord. 3 maggio 1984, n. 280, Foro it.,
1985, I, 207). Come si è accennato, nelle decisioni delle sezioni semplici di
questa corte si sono manifestate, al riguardo, difformità ed incer
tezze, essendosi, da alcune, qualificata nulla e sanabile la notifi
cazione della impugnazione eseguita presso il procuratore domiciliatario del giudizio a quo e non, invece, presso quello in
dicato nell'atto di notifica della sentenza (v. sent. 8 febbraio 1983, n. 1052, id., Rep. 1983, voce Impugnazioni civili, n. 98; 23 aprile
1983, n. 2804, ibid., voce Appello civile, n. 95; 7 maggio 1980, n. 3016, id., Rep. 1980, voce Impugnazioni civili, n. 87; ed altre
precedenti conformi) e, da altre, essendosi ritenuta inammissibile
la impugnazione notificata, come nel caso in esame, non presso il procuratore domiciliatario del giudizio a quo, ma presso quello
designato per un grado o fase anteriore (v. sent. 4 dicembre 1974, n. 3967 e 24 gennaio 1974, n. 189, id., Rep. 1974, voce cit., nn. 59, 58).
Benché non sempre esplicitato dalle richiamate decisioni, si è
creduto di poter trovare un coordinamento fra le diverse soluzio
ni prospettate nel principio, secondo cui, in presenza di una vi
cenda sostitutiva di un procuratore domiciliatario ad un altro
precedente, ciò che deciderebbe della qualificazione in termini di
nullità o di inesistenza della notifica è la contiguità, o meno, tra
il grado di giudizio adito con l'impugnazione notificata e il grado nel quale è stata effettuata la elezione di domicilio, sull'implicito
presupposto che il salto di un grado nella sequenza processuale cosi delineata faccia venir meno quel predicato di «riferibilità»
del luogo e della persona (in cui ed a cui la notifica è effettuata) al destinatario dell'atto, che, per costante giurisprudenza, costi
tuisce il discrimen concettuale fra nullità e inesistenza della noti
ficazione (sent. 8 febbraio 1985, n. 1006, id., Rep. 1985, voce
cit., n. 65; 28 giugno 1984, n. 3836, 16 giugno 1984, n. 3604
e 24 maggio 1984, n. 3191, id., Rep. 1984, voce Notificazione
civile, nn. 33, 42, 13 e molte altre precedenti).
Senonché, proprio con riferimento alla ipotesi che qui interes
sa, in contrasto con l'indirizzo che, operando in tal modo il coor
dinamento, era pervenuto all'affermazione della inesistenza, altre
pronunce hanno qualificato in termini di mera nullità la notifica
zione sia del ricorso per cassazione, eseguita presso il procuratore domiciliatario del giudizio di primo grado nei confronti della parte rimasta contumace nel giudizio d'appello (sent. 5 febbraio 1983, n. 1010, id., Rep. 1983, voce Impugnazioni civili, n. 101; 6 feb
braio 1975, n. 434, id., Rep. 1975, voce cit., n. 73), ovvero costi
tuitasi con altro procuratore domiciliatario (sent. 26 settembre
1979, n. 3673, id., Rep. 1979, voce Notificazione civile, n. 29; 10 luglio 1971, n. 2231, id., Rep. 1971, voce Procedimento civile, n. 264; 7 settembre 1982, n. 4845, id., Rep. 1982, voce cit., n.
43), la quale ha ritenuto che la elezione di domicilio conserva
la sua validità per tutti i gradi del giudizio); sia dell'appello noti
ficato al procuratore che aveva rappresentato la parte nel proce dimento monitorio (sent. 2 aprile 1975, n. 1188, id., Rep. 1975, voce Notificazione civile, n. 45).
Con riguardo alla ipotesi di ricorso per cassazione nei confron
ti di una parte rimasta contumace nel giudizio di secondo grado,
queste sezioni unite, peraltro non in occasione di un esame ex
professo del contrasto, hanno ritenuto inammissibile il ricorso
in tal modo notificato, osservando che l'elezione di domicilio presso 11 procuratore è limitata — al pari della procura, anche se da
essa ontologicamente distinta — a un solo grado di giudizio, ove
non risulti il contrario, e che la notifica dell'impugnazione ad
un difensore che non abbia (più) la rappresentanza processuale della parte e non sia (più) suo domiciliatario è inesistente, in quanto
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
eseguita presso una persona e in luogo non aventi (più) alcun
riferimento con il destinatario dell'atto (sent. 20 novembre 1982, n. 6248, id., Rep. 1982, voce Impugnazioni civili, n. 88).
Peraltro, pure dopo tale pronunzia, il contrasto non può rite
nersi del tutto composto, poiché, in ipotesi omologa a quella esa
minata dalle sezioni unite, la sentenza n. 1010/83, cit., si è espressa in termini di nullità e di sanabilità della notificazione.
Dal quadro che si è delineato risulta che le diverse soluzioni
prospettate si riferiscono ad ipotesi non sempre uniformi e che
da esse può trarsi l'unica regola costante, che è quella della riferi
bilità — al destinatario dell'atto — del luogo e della persona in
cui ed a cui la notifica è effettuata, con la precisazione che il
criterio della contiguità, o meno, tra il giudizio adito con l'impu
gnazione e il grado nel quale è avvenuta la elezione di domicilio, se inteso in senso meramente temporale, non è sicuramente indi
cativo di quella riferibilità e che, pertanto, più corretto è intende
re tale criterio in senso (anche) logico e giuridico.
Occorre, per ciò, precisare che, pur se la funzione nomofilatti
ca di questa corte si esplica nella enunciazione di astratti principi di diritto, questi devono, tuttavia, essere affermati con specifico riferimento alla fattispecie dedotta, la cui soluzione costituisce, al tempo stesso, il limite e lo scopo della decisione. La ipotesi, in relazione alla quale il principio di diritto deve essere enuncia
to, è costituita, nel caso in esame, dall'avvenuta notificazione
del ricorso per cassazione al destinatario di esso presso il procu ratore domiciliatario indicato per il giudizio di primo grado inve
ce che presso il procuratore domiciliatario che la parte, costituitasi
nel giudizio d'appello, aveva indicato, per tale grado, in sostitu
zione del primo. D'altra parte, il delineatosi contrasto non può che essere risolto in relazione a fattispecie omologhe, ché, se tale
omologia non sussiste, non solo il contrasto potrebbe risultare
più apparente che reale (in quanto la diversità delle situazioni
considerate potrebbe giustificare soluzioni diverse e non incom
patibili fra loro), ma la soluzione della questione in termini più
generali potrebbe perfino vanificare l'opera chiarificatrice che si
richiede in materia.
Ciò premesso, si osserva che le disposizioni dettate dall'art.
330 c.p.c. circa il luogo di notificazione della impugnazione con
tengono tre regole da osservarsi in ordine successivo. La prima
riguarda l'ipotesi in cui la parte, che abbia effettuato la notifica
zione della sentenza, ha in questo atto indicato la residenza o
eletto il domicilio nella circoscrizione del giudice che ha emesso
la decisione. La seconda contempla il caso in cui la parte vitto
riosa non abbia dichiarato la residenza o eletto il domicilio nel
l'atto di notificazione della sentenza o non l'abbia notificata. La
terza è dettata per l'ipotesi in cui difetti la dichiarazione di resi
denza o la elezione di domicilio, sia nella notificazione che nel
giudizio, e per l'ipotesi in cui sia comunque trascorso un anno
dalla pubblicazione della sentenza (che costituisce il termine mas
simo di perpetuatio dell'ufficio del difensore o della dichiarazio
ne di residenza e della elezione di domicilio effettuate per il
giudizio), se l'impugnazione è ancora ammissibile, come, ad esem
pio, nel caso, previsto dal cpv. dell'art. 327 c.p.c., in cui la parte contumace dimostri di non avere avuto conoscenza del processo
per nullità della citazione, o della notificazione di essa, e per nul
lità della notifica degli atti di cui all'art. 292. La regola dettata nella prima ipotesi, per cui la notifica del
l'impugnazione dev'essere effettuata nella residenza dichiarata o
nel domicilio eletto nell'atto di notificazione della sentenza e nel
l'ambito della quale si collocano le questioni relative alla sorte
delle impugnazioni notificate in un luogo diverso (ad esempio, nel domicilio eletto nel giudizio a quo o in altre precedenti fasi
processuali), è sicuramente estranea al presente giudizio, poiché la sentenza impugnata non era stata notificata dalla parte vitto
riosa alla parte soccombente nel giudizio d'appello. Del pari estranea è la terza ipotesi, per cui l'impugnazione si
notifica personalmente, poiché nel caso in esame vi è stata elezio
ne di domicilio nel giudizio di secondo grado e la impugnazione è stata proposta entro l'anno dalla pubblicazione della sentenza.
La questione relativa alla inesistenza o alla nullità della notifi
cazione della impugnazione presso il procuratore domiciliatario
del giudizio di primo grado e non presso il procuratore domicilia
tario indicato per il giudizio d'appello, deve quindi esaminarsi
e risolversi nell'ambito della seconda ipotesi prevista dall'art. 330,
a norma della quale la notificazione dev'essere eseguita o presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domici
lio eletto per il giudizio a quo.
Il Foro Italiano — 1987.
Cosi impostata la questione, deve ritenersi che la notificazione
del ricorso per cassazione presso il domicilio eletto dalla contro
parte nel giudizio di primo grado, quando la stessa abbia eletto,
per il giudizio d'appello, un diverso domicilio, sia inesistente.
Ai sensi dell'art. 47 c.c., l'elezione di domicilio deve avvenire
per determinati atti o affari e, se fatta presso il procuratore ad
litem, come queste sezioni unite hanno già ritenuto con la citata
sentenza n. 6248/82, deve ritenersi limitata — al pari della procu
ra, anche se da essa ontologicamente distinta — ad un solo grado di giudizio, a meno che non risulti il contrario.
La limitazione del domicilio speciale, eletto per un determinato
atto o affare, rispetto al domicilio generale, si spiega con la con
siderazione che quest'ultimo, necessariamente unico, ha una sua
immancabile relazione con il luogo che costituisce il centro prin
cipale degli affari della persona ed è, pertanto, agevolmente iden
tificabile dai terzi, mentre tale identificazione può risultare più difficoltosa per il domicilio eletto, in quanto esso difetta di un
qualsiasi elemento obiettivo, bastando a costituirlo la specifica dichiarazione del soggetto. Se ne deduce che il domicilio eletto
non può essere dilatato oltre i limiti che ad esso assegna la legge, né quanto ai termini di riferibilità ad un determinato atto o affa
re per cui avviene l'elezione, né quanto alla sua durata tempora le. Sotto entrambi i profili, ciò che rileva è lo scopo per il quale vi fu l'elezione, la cui durata è, infatti, diversa dalla durata del
domicilio vero e proprio; quest'ultima si riferisce al permanere della situazione di fatto, mentre la prima si riferisce al permanere
degli effetti giuridici voluti con la elezione e, quindi, al permane re della volontà di chi la effettua. In conseguenza, la cessazione
dello scopo della elezione ne determina la estinzione, che si ha,
inoltre, anche prima del venir meno dello scopo, per effetto di
una diversa manifestazione di volontà delle parti, della revoca
dell'eleggente o della rinuncia della persona in cui favore si era
eletto il domicilio. Da tale impostazione si traggono i seguenti corollari.
Se la ontologica diversità della elezione di domicilio rispetto al conferimento della procura fa si che la prima possa sopravvi vere alla semplice revoca della seconda, non può tuttavia ammet
tersi tale sopravvivenza quando il conferimento di una nuova
procura sia accompagnata da una nuova elezione di domicilio, che necessariamente implica la revoca della precedente elezione
fatta per lo stesso atto o affare.
Inoltre, la cosiddetta «esecuzione litigiosa» dell'affare — che, come si è precisato in dottrina, non coincide con il concetto di
«esecuzione processuale» dell'affare medesimo, esprimendo un con
cetto più ampio, sul piano sostanziale, ma più ristretto, sul piano
processuale — in vista della quale il domicilio è eletto, non impli ca necessariamente, salvo che risulti diversamente, che la parte intenda estendere tale esecuzione a più gradi di giudizio. Ne con
segue che la norma sostanziale la quale limita la elezione di do
micilio ad un determinato affare, trasferita in campo processuale, deve intendersi nel senso di limitare la elezione di domicilio ad
un grado, nel quale l'esecuzione litigiosa dell'affare potrebbe ri
manere esaurita o, comunque, esaurirsi per volontà dell'eleggente in base a un diverso apprezzamento dell'interesse alla esecuzione
stessa, salvo che risulti la predisposizione, da parte di lui, di una
elezione estesa alle eventuali fasi ulteriori, che risultassero neces
sarie, o semplicemente volute, per esaurire la esecuzione litigiosa dell'affare. A maggior ragione, la elezione di domicilio deve in
tendersi limitata al primo grado di giudizio, quando, per il suc
cessivo grado, sia eletto un diverso domicilio, implicando tale
elezione, come si è già detto, la revoca della elezione precedente. Nella situazione considerata viene, dunque, a mancare ogni pos
sibile riferibilità, al destinatario dell'atto, della notificazione ese
guita presso il domicilio eletto per il giudizio di primo grado. La elezione di un nuovo domicilio per il giudizio d'appello,
infatti, non è, rispetto alla precedente, un evento irrilevante e,
per cosi dire, neutro, si da lasciare spazio ad indagini circa la
possibilità di affermare tale riferibilità, ma la esclude in radice, togliendo sicuramente e definitivamente di mezzo ogni residuale
collegamento fra il destinatario dell'atto e il luogo e la persona, in cui e presso cui il domicilio era stato eletto, in quanto quell'e lezione viene meno per effetto della nuova. Invero, di contiguità fra il grado di giudizio adito con l'impugnazione e il grado nel
quale era avvenuta l'elezione non è a parlarsi né in senso tempo
rale, perché fra l'uno e l'altro grado si inserisce una nuova e
diversa elezione di domicilio fatta per il grado intermedio; né
in senso logico, perché la nuova elezione non ha altro significato
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1423 PARTE PRIMA 1424
che quello di escludere il permanere della precedente; né in senso
giuridico, perché essa ne fa venire meno gli effetti, producendo effetti giuridici nuovi incompatibili con quelli ricollegabili alla pre cedente elezione.
Esclusa la riferibilità del domicilio eletto per il primo grado di giudizio al destinatario dell'atto da notificare, quando la pri ma elezione sia sostituita da una nuova e diversa elezione per il grado d'appello, la notificazione eseguita presso il primo domi
cilio eletto deve qualificarsi inesistente; e non solo non può essere
sanato attraverso la costituzione — peraltro avvenuta, nel caso
in esame, quando erano ampiamente scaduti i termini per il de
posito del controricorso — ma non consente l'applicazione del
l'art. 291 c.p.c.
Pertanto, il ricorso proposto dall'amministrazione delle finan
ze deve dichiararsi inammissibile per inesistenza della notificazio
ne. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 12 marzo
1987, n. 2561; Pres. Falcone, Est. Graziadei, P. M. Fedeli
(conci, diff.); Istituto autonomo per le case popolari di Bari
(Aw. Fazzalari, Buonamico, Minunno) c. Serpenti (Avv. Spi
nelli, Francia). Regolamento di competenza avverso Trib. Bari
27 novembre 1985.
Opere pubbliche — Appalto — Competenza arbitrale — Deroga bilità — Disciplina vigente — Applicabilità — Limiti — Conse guenze (L. 10 dicembre 1981 n. 741, ulteriori norme per l'accelerazione delle procedure per l'esecuzione di opere pub
bliche, art. 16).
L'art. 16 l. 10 dicembre 1981 n. 741 (che, nel sostituire l'art.
47 d.p.r. 16 luglio 1962 n. 1063, ha mantenuto fermo il princi
pio della derogabilità della competenza arbitrale modificando i modi e i tempi di manifestazione della volontà derogatoria) non si applica ai contratti di appalto di opere pubbliche perfe zionati prima della entrata in vigore della legge, nei quali la
cognizione degli arbitri resta validamente esclusa dalla iniziati
va giudiziale di una delle parti. (1)
Svolgimento del processo. — In accoglimento di ricorso pro
posto dall'ing. Valchirio Serpenti, il presidente del Tribunale di
Bari, con decreto del 16 ottobre 1982, ingiungeva all'Istituto au
tonomo per le case popolari della provincia di Bari il pagamento della somma di lire 116.058.840, dovuta all'istante a seguito della
risoluzione di contratto di appalto stipulato nel settembre del 1980
ed avente ad oggetto la costruzione di «alloggi-pareheggio» (riso luzione deliberata dall'ente appaltante nel maggio 1982).
(1) Sull'art. 16 1. n. 741 del 1981, del quale, a quanto consta, la Corte di cassazione si occupa ora per la prima volta, si possono consultare Cianflone, L'appalto di opere pubbliche, 1985, 1084 ss.; Scordo, La scelta del sistema di risoluzione delle controversie, ecc., in Dir. e giur., 1983, 43, il quale (p. 48-49) si pone, mostrando di volerlo risolvere nega tivamente, il problema della conformità della disposizione in parola ai
principi enunciati da Corte cost. 14 luglio 1977, n. 127, Foro it., 1977, I, 1849, con nota di richiami.
È il caso di aggiungere, comunque, che, come ritenuto, nella materia considerata, da C. M. Barone (V. Andrioli, G. Pezzano, A. Proto Pisani, Le controversie in materia di lavoro, 1987, 210), al di fuori del campo dell'appalto di opere pubbliche, il meccanismo delineato nel previ gente art. 47 d.p.r. 16 luglio 1962 n. 1063 costituisce ancora un soddisfa cente parametro di individuazione dei rimedi per rendere operante il
principio della facoltatività dell'arbitrato rituale, previsto in atti autorita tivi di carattere generale privi della specificazione delle modalità di attua zione dell'anzidetto principio.
Il Foro Italiano — 1987.
L'istituto si opponeva, eccependo in rito l'incompetenza del
giudice adito, per essere la controversia devoluta alla cognizione di arbitri; nel merito, sosteneva che la responsabilità dello sciogli mento del rapporto era del comune di Bari, per aver modificato le proprie originarie determinazioni circa l'ubicazione delle sud dette opere, e chiamava in causa il comune stesso, per essere te nuto indenne dall'eventuale soccombenza sulla domanda attrice.
Il giudice istruttore disponeva la separazione della causa fra
l'I.a.c.p. ed il comune di Bari.
Il Tribunale di Bari, con sentenza depositata il 27 novembre 1985 e comunicata il 2 dicembre 1985, disattendeva l'eccezione
d'incompetenza per l'asserita devoluzione della controversia alla
competenza arbitrale, e rigettava l'opposizione ponendo a carico
dell'opponente l'ulteriore somma di lire 18.000.000, a titolo di danno per svalutazione monetaria.
L'eccezione d'incompetenza veniva respinta in base alle seguenti osservazioni.
Il capitolato speciale del contratto d'appalto recepiva le dispo sizioni del capitolato generale per le opere di competenza del mi nistero dei lavori pubblici, di cui al d.p.r. n. 1063/62, ivi incluso l'art. 47 sul carattere facoltativo del ricorso agli arbitri.
Detto richiamo assegnava al disposto del citato art. 47 il valore di patto negoziale, il cui contenuto restava quindi indifferente alle modifiche del testo del medesimo art. 47 introdotto dalla successiva 1. n. 741/81.
Non poteva sostenersi un'applicazione diretta del capitolato ge nerale, perché si trattava di opere pubbliche esorbitanti dall'edili zia economica e popolare, affidate in appalto nell'ambito della
diversa disciplina degli interventi d'emergenza per l'attività edili zia di cui alla 1. n. 166/75. Peraltro, anche in caso contrario, si sarebbe dovuta negare l'invocabilità del nuovo testo dell'art. 47 del capitolato generale, fissato dell'art. 16 della citata legge del 1981. Quest'ultima norma, infatti, disponendo che la deroga alla competenza arbitrale è consentita solo quando espressamente
prevista nel contratto, non può incidere retroattivamente su con tratti già stipulati nella vigenza del principio della derogabilità di quella competenza per effetto di mera iniziativa in giudizio di una delle parti, perché ciò si tradurrebbe sostanzialmente in
un'inammissibile previsione di obbligatorietà dell'arbitrato.
Contro la predetta sentenza del Tribunale di Bari, ha proposto ricorso per regolamento di competenza l'istituto autonomo per le case popolari, con atto notificato a Valchirio Serpenti il 27
dicembre 1985. Il ricorrente sostiene che la causa deve essere devoluta alla co
gnizione di arbitri, denunciando l'erroneità di entrambe le consi derazioni poste dalla sentenza impugnata a sostegno dell'opposta soluzione.
In primo luogo, si osserva che la disciplina normativa, nel cui ambito è stato stipulato l'appalto, non è quella richiamata dal
tribunale, bensì quella del r.d. 28 aprile 1938 n. 1165, sulla edili zia economica e popolare; ciò comporterebbe, in applicazione del l'art. 8 di detto decreto (nonché degli art. 10 e 13 I. 6 agosto 1978 n. 457, che devolvono il finanziamento delle opere di edili zia residenziale pubblica ad apposita sezione della Cassa depositi e prestiti), l'operatività, in via normativa e diretta, non mera mente negoziale, del capitolato del 1962, e quindi anche delle
sopravvenute modificazioni del capitolato stesso di cui all'art. 16 1. n. 741/81 (con la conseguente inderogabilità della competenza arbitrale, per difètto di una specifica clausola del contratto che autorizzi la deroga).
Del resto, aggiunge il ricorrente, la controversia non potrebbe comunque sottrarsi all'innovazione introdotta dalla citata legge del 1981, alla stregua del principio generale dell'immediata ope ratività della nuova norma processuale. Valchirio Serpenti ha de
positato memoria difensiva, chiedendo il rigetto del ricorso. Il procuratore generale, con le sue conclusioni scritte, ha chie
sto, in via preliminare, che sia disposta l'integrazione del con traddittorio nei confronti del comune di Bari.
Motivi della decisione. — In via pregiudiziale, non ricorre la necessità di disporre l'integrazione del contraddittorio nei con fronti del comune di Bari, cui il ricorso per regolamento di com
petenza non è stato notificato. Detto comune, infatti, pur se formalmente indicato come parte
in causa nell'epigrafe della sentenza impugnata, non ha in effetti tale qualità, perché la sentenza medesima, nella ricostruzione del le vicende processuali, dà atto dell'intervenuta separazione (con provvedimento del giudice istruttore) dell'autonoma controversia
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