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Sezioni unite civili; sentenza 23 marzo 1983, n. 2022; Pres. F. Greco, Est. Scanzano, P. M. Sgroi V....

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Sezioni unite civili; sentenza 23 marzo 1983, n. 2022; Pres. F. Greco, Est. Scanzano, P. M. Sgroi V. (concl. conf.); Soc. Feltrinelli (Avv. Paoletti) c. Lenninger e altri (Avv. Ciabattini). Regolamento preventivo di giurisdizione Source: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 12 (DICEMBRE 1983), pp. 3089/3090-3095/3096 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23176938 . Accessed: 28/06/2014 10:55 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 193.142.30.77 on Sat, 28 Jun 2014 10:55:43 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: Sezioni unite civili; sentenza 23 marzo 1983, n. 2022; Pres. F. Greco, Est. Scanzano, P. M. Sgroi V. (concl. conf.); Soc. Feltrinelli (Avv. Paoletti) c. Lenninger e altri (Avv. Ciabattini).

Sezioni unite civili; sentenza 23 marzo 1983, n. 2022; Pres. F. Greco, Est. Scanzano, P. M. SgroiV. (concl. conf.); Soc. Feltrinelli (Avv. Paoletti) c. Lenninger e altri (Avv. Ciabattini).Regolamento preventivo di giurisdizioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 106, No. 12 (DICEMBRE 1983), pp. 3089/3090-3095/3096Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23176938 .

Accessed: 28/06/2014 10:55

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Quanto all'espressione (riferita ai « beni strumentali per l'eser cizio dell'impresa ») « da parte del loro possessore o da parte del

soggetto cui sono imputabili i redditi del possessore », essa sta a

significare, non già che gli immobili debbano far parte di

un'impresa esercitata dal loro possessore, ma è volta a precisare che l'esercizio dell'impresa dev'essere compiuto mediante utilizza zione degli immobili in modo diretto ed immediato da parte

dell'imprenditore, che ne abbia, comunque, la disponibilità in

base ad uno dei titoli ipotizzati dall'art. 32 d.p.r. n. 597/73 (ove

l'espressione « possesso » va intesa in senso non tecnico) per esercitarvi l'attività imprenditoriale.

In base alle suesposte considerazioni si rivelano prive di fonda

mento non solo la tesi sostenuta dalla c.t.c. e dalla controricor

rente Esso, ma anche quella esposta in via principale dalla

finanza, mentre devesi ritenere fondata la tesi formulata dalla

stessa in via subordinata (ofr. Cass. 6 maggio 1982, n. 2836, Foro

it., 1983, I, 153; 6 maggio 1982, n. 2839, id., Rep. 1982, voce Tributi locali, n. 132)

Consegue che il ricorso dev'essere accolto per quanto di

ragione. La decisione impugnata va, pertanto, cassata con il rinvio della

causa alla Commissione tributaria centrale per un nuovo esame. La commissione dovrà, inoltre, accertare, con motivazione ade

guata, la circostanza accidentalmente affermata da detta commis

sione nella sentenza impugnata, della effettiva sussistenza della

strumentalità dei beni immobili della soc. Esso italiana ai fini

commerciali, in relazione alla sua attività produttiva. (Omissis)

I

CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 23

marzo 1983, n. 2022; Pres. F. Greco, Est. Scanzano, P.M.

Sgroi V. (conci, conf.); Soc. Feltrinelli (Avv. Paoletti) c.

Lenninger e altri (Avv. Ciabattini). Regolamento preventivo di

giurisdizione.

oiurisdizione civile — straniero — Convenzione italo-austriaca — Fattispecie (Cod. proc. civ., art. 3; 1. 12 febbraio 1974 n. 71, ratifica ed esecuzione della convenzione tra la repubblica ita liana e la repubblica d'Austria per il riconoscimento e la esecuzione di decisioni giudiziarie in materia civile e commer

ciale, di transazioni giudiziarie e di atti notarili, conclusa a

Roma il 16 novembre 1971: convenzione, art. 12).

L'art. 12 della convenzione italo-austriaca del 16 novembre 1971 è

applicabile solo nell'ipotesi di litispendenza e non anche in

quella di continenza; pertanto la preventiva proposizione innanzi al giudice austriaco della domanda di accertamento

negativo di un credito (nella specie, indennità di anzianità) non

priva di giurisdizione il giudice italiano successivamente adito innanzi al quale sia proposta domanda di condanna oltre che di accertamento positivo del credito. (1)

<1-2) Nelle sentenze in epigrafe, le sezioni unite hanno uniformemen te ritenuto l'applicabilità dell'art. 12 della convenzione italo-austriaca del 16 novembre 1971, resa esecutiva con 1. 12 febbraio 1974 n. 71, che impone ai giudici di uno degli Stati contraenti di spogliarsi della causa qualora sia già pendente davanti ad un giudice dell'altro Stato un giudizio tra le stesse parti e sul medesimo oggetto, solamente ove tra le due cause vi sia rapporto di litispendenza e non solo di connessio ne o continenza, cosi come si è ritenuto ricorresse nei due casi di specie.

A detta rigorosa interpretazione, è pervenuta con una motivazione più approfondita Cass. n. 2022/83, argomentando principalmente dal fatto che, andando in contrario avviso, si dovrebbe ritenere che quel giudice adito, davanti al quale pende la causa di ampiezza maggiore, rilevata la pregiudizialità della causa di accertamento negativo previa mente proposta all'estero, dovrebbe sospendere la decisione in attesa di quella del giudice straniero. Ma tale soluzione presupporrebbe la efficacia automatica nel nostro ordinamento della sentenza straniera e si verrebbe altresì in tal modo a dare rilevanza ad un caso di connessione, costituita dalla pregiudiziale estera, non prevista dalla convenzione italo-austriaca quale motivo di deroga. Inoltre, nella pratica, si potrebbe verificare una sostanziale elusione del principio della tendenziale inderogabilità della giurisdizione italiana, ben poten dosi dedurre avanti al giudice straniero domanda di contenuto minimo, precludendo alla controparte la possibilità di proporre avanti al giudice italiano domanda più ampia, conforme all'intero diritto controverso.

Con riferimento alla differente disciplina della convenzione di Bru xelles del 27 settembre 1968, la quale agli art. 21, 22, 23 disciplina la connessione e la sospensione oltre alla litispendenza, v. Pret. Parma 17 giugno 1980, Foro it., 1981, I, 1455, con nota di richiami, che, dopo avere escluso la operatività dell'art. 21 della convenzione di Bruxelles

II

CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 17

marzo 1983, n. 1917; Pres. F. Greco, Est. Albanese, P.M. Sgroi V. (conci, diff.); Kronbichler (Avv. Fraccaroli, Bian

chini, Caset) c. Haymo (Avv. Fresa). Regolamento di giurisdi zione.

Giurisdizione civile — Straniero — Convenzione italo-austriaca —

Fattispecie (L. 12 febbraio 1974 n. 71: convenzione, art. 12).

Non è applicabile l'art. 12 della convenzione italo-austriaca del 16

novembre 1971, e quindi il giudice italiano non difetta di

giurisdizione, nel caso in cui sia stata preventivamente proposta innanzi al giudice austriaco domanda legata da un rapporto di connessione o di continenza con quella successivamente propo sta innanzi al giudice italiano (nella specie, il cittadino italiano, convenuto per l'adempimento di un contratto innanzi al giudice austriaco, aveva preventivamente proposto in via riconvenzionale innanzi a tale giudice domanda di nullità annullabilità e rescissione del contratto, e successivamente aveva proposto in via principale innanzi al giudice italiano, oltre alla domanda di nullità annullabilità e rescissione, anche domanda di dichiara zione di inefficacia del contratto per mancato avveramento della condizione appostavi di invadilità del contratto perchè stipulato condizionatamente in contrasto con i termini di una

precedente autorizzazione del tribunale, e di risarcimento del

danno). (2)

I

Svolgimento del processo. — Bruno Bezzi, assunto nel 1949 dalla s.p.a. fratelli Feltrinelli, in qualità di impiegato, venne nel 1957 promosso impiegato di prima categoria; poi nel 1958 venne

assegnato alla sede di Villalba con mansioni di direttore respon sabile della segheria; successivamente, nel 1959, venne trasferito a

Milano con mansioni di carattere commerciale. Con decorrenza 1° ottobre 1967 venne quindi destinato, con

la qualifica di dirigente, in Austria presso la consociata Ge brender Feltrinelli Drauland, che lo assume, con decorrenza 1° febbraio 1968, con le funzioni di direttore generale.

All'atto della destinazione in Austria, la s.p.a. f.Ili Feltrinelli versò al Bezzi la somma di lire 7.845.940 nette, per indennità di

anzianità, per ratei di gratifica di bilancio, di ferie maturate e di tredicesima mensilità, e per arretrati di ferie non godute.

In relazione a tale situazione, gli eredi del Bezzi (Herta

Lenninger, Rolando Bezzi e Cristina Bezzi) con ricorso del 13

giugno 1980 adivano il Pretore di Milano-giudice del lavoro e, affermando che l'attività prestata in Austria da de cuius si

inseriva in un unico rapporto di impiego, sostanzialmente inter corso sempre con la s.p.a. f.lli Feltrinelli, chiedevano che, accertatasi la continuità di tale rapporto, la detta società venisse

nel caso di pendenza davanti al giudice tedesco preventivamente adito ed al giudice italiano di due simmetriche ed opposte controversie, instaurate la prima dall'agente e la seconda dall'imprenditore, aventi ad oggetto la imputabilità della risoluzione di contratto di agenzia intercorso tra ditta italiana ed agente tedesco, con richiesta di condanna al risarcimento dei danni, non essendo ravvisabile né rapporto di litispendenza né di connessione né essendo possibile la riunione avanti il giudice preventivamente adito, stante la clausola contrattuale con riserva di giurisdizione del giudice italiano, ha ritenuto la opportunità della sospensione della controversia pendente avanti il giudice italiano, in attesa della definizione di quella pendente avanti il giudice tedesco, ritenendo a ciò sufficiente la connessione impropria rilevabile nel caso.

In argomento, relativamente alle due ipotesi di sospensione neces saria in caso di litispendenza, ma anche di connessione, previste dagli art. 21 e 22 della convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, ratificata e resa esecutiva con 1. 21 giugno 1971 n. 804, v. Cass. Francia 3 aprile 1978, id., Rep. 1978, voce Giurisdizione civ., n. 76, che ha ritenuto che la mancata prova che le due cause pendenti avanti giudici di Stati diversi tendevano alle riparazioni di uno stesso danno, non consentisse di ritenere la sussistenza della identità di oggetto; nonché App. Bastia 28 febbraio 1977, id., Rep. 1977, voce cit., n. 76, che ha ritenuto insufficiente ad integrare la connessione la sola circostanza che le due cause pendenti avanti giudici di Stati diversi tendevano alla riparazione di uno stesso pregiudizio.

In dottrina, v. Matscher, La nuova convenzione italo-austriaca per il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze in materia civile e commerciale, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 1975, 233; sugli istituti della litispendenza e della continenza, Franchi, in Commentario del codice di procedura civile, diretto da E. Allorio, 1973, I, 394 e 412 ss.; Andrioli, Commento, 1957, I, 134 ss.; S. Satta, Commentario, 1959, I, 171; Fantini, Continenza, voce del Novissimo digesto, 1959, iIV, 403; Fabi, Continenza, voce dell'Enciclopedia del diritto, 1961, IX, 649 ss.

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3091 PARTE PRIMA 3092

condannata a pagare l'indennità di anzianità nella misura di lire

135.481.308 (ridotta a lire 95.715.819, per la detrazione della

somma di lire 7.765.819 come sopra versate nel 1967, e di

successivi acconti), calcolata con riferimento alla intera durata del

medesimo unico rapporto.

Costituitosi il contraddittorio, la convenuta soc. f.lli Feltrinelli

eccepiva in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione del giudice adito, per la pendenza della stessa causa dinanzi al Pretore di

Villach (Austria) da essa preventivamente adito per ottenere l'ac

certamento negativo del diritto preteso dai Bezzi-Lenninger col

ricorso anzidetto. Nel merito chiedeva in via principale il rigetto di tale ricorso, ed in via subordinata la detrazione, in misura

monetariamente rivalutata, della somma versata per indennità di

anzianità nel 1967.

Con ricorso dell'I 1 agosto 1980 la stessa società ha proposto istanza di regolamento preventivo di giurisdizione. Resistono con

controricorso Herta Lenninger, Rolando e Cristina Bezzi.

Motivi della decisione. — L'art. 12 della convenzione italo-au

striaca 16 novembre 1971 per il riconoscimento e la esecuzione

di decisioni giudiziarie in materia civile e commerciale, di transa

zioni giudiziarie e di atti notarili, resa esecutiva con 1. 12

febbraio 1974 n. 71, dispone: « I tribunali di ciascuno dei due

Stati, in un procedimento instaurato davanti ad essi, si asterranno

dal giudicare sul merito della causa qualora, fra le stesse parti e

sul medesimo oggetto, sia pendente un giudizio davanti a un

tribunale dell'altro Stato la cui decisione possa essere riconosciuta ai sensi della presente convenzione ».

La ricorrente soc. Feltrinelli invoca questa disposizione per sostenere che, avendo essa preventivamente proposto dinanzi al

giudice austriaco, contro i Bezzi-Lenninger, la stessa causa da

questi poi proposta dinanzi al Pretore di Milano, il giudice italiano difetta di giurisdizione.

A ciò i controricorrenti oppongono: a) che la decisione chiesta

dalla Feltrinelli al giudice austriaco sarebbe contraria all'ordine

pubblico italiano perchè violerebbe il principio del « favore del

lavoratore » proprio del nostro ordinamento ed il principio della

infrazionabilità dell'indennità di anzianità posto dall'art. 2120 c.c., e la conseguente impossibilità di ottenere in Italia il riconoscimen

to di essa renderebbe irrilevante la dedotta litispendenza ai fini

del citato art. 12; b) che della novazione del rapporto di impiego, asserita dalla controparte come avvenuta in Italia e tra soggetti di diritto italiano, non potrebbe conoscere il giudice austriaco; c) ohe non vi è identità di oggetto tra le due cause anzidette,

perchè nel ricorso presentato dalla Feltrinelli in Austria è com

pesa una richiesta di rivalutazione monetaria dell'acconto, mentre

di ciò non è menzione nel ricorso introduttivo del giudizio

proposto in Italia; d) che la Feltrinelli, avendo proposto in

quest'ultimo giudizio la domanda riconvenzionale per ottenere

tale rivalutazione, avrebbe con ciò accettato la giurisdizione italiana.

L'istanza della società ricorrente è priva di fondamento.

Va anzitutto rilevato non essere esatto che — come i contro

ricorrenti sostengono — la soc. Feltrinelli abbia implicitamente accettato la giurisdizione del giudice italiano, col proporre do

manda riconvenzionale dinanzi al Pretore di Milano per ottenere

la rivalutazione monetaria dell'acconto (a suo tempo versato al

Bezzi per il titolo di cui è controversia).

Invero, a parte ogni considerazione sulla qualificazione di

quella richiesta (che risulta proposta in entrambi i giudizi) e sulla

rilevanza, ai fini della convenzione italo^austriaca del 16 novem

bre 1971, dell'accettazione della giurisdizione; è dato constatare

che la detta società ha pregiudizialmente — nel costituirsi dinanzi

a quel pretore — eccepito il difetto di giurisdizione. La relativa

questione, pertanto, non è preclusa.

L'art. 12 della citata convenzione, imponendo ai giudici di uno

degli Stati contraenti di spogliarsi della causa qualora avanti ad

un giudice dell'altro Stato sia pendente un giudizio tra le stesse

parti e sul medesimo oggetto, accoglie, nel rapporto tra la

giurisdizione italiana e quella austriaca, lo stesso principio che

l'art. 39, 1° comma, c.p.c adotta, in tema di competenza, nel

rapporto tra i vari giudici dello Stato; assume, cioè, a base della

normativa il concetto di litispendenza, ed introduce cosi una

deroga al principio espresso dall'art. 3 c.p.c.

Il confronto tra le due cause, ai fini del giudizio di loro

identità (necessaria affinché si abbia litispendenza), va fatto in

base ai tradizionali elementi dei soggetti, dell'oggetto e del titolo.

Nella specie (pacifica essendo l'identità dei soggetti e del titolo),

per escludere l'identità dell'oggetto non è rilevante il fatto che al

giudice austriaco sia stato chiesto l'accertamento negativo (dell'u

nitarietà del rapporto di impiego) ed al giudice italiano sia stato

chiesto il correlativo accertamento positivo.

La diversità di segno riguarda infatti il momento conclusivo

dell'indagine e non la materia che ne costituisce il contenuto. È rilevante invece — per escludere quella identità — il fatto

che, mentre al giudice austriaco è stato chiesto il mero accer

tamento, al giudice italiano sono stati chiesti dalla controparte l'accertamento e la condanna, con una domanda di ampiezza indubbiamente maggiore (corrispondente al diverso interesse di

coloro che quivi si sono resi attori). Non risulta — è il caso di precisare — che nel processo

austriaco i Bezzi-Lenninger abbiano propostò domanda riconven

zionale di condanna della Feltrinelli.

Il rapporto, tra le due cause, di cui una ha per oggetto l'accertamento negativo e l'altra il corrispondente accertamento

positivo più la condanna, si pone propriamente in termini di

contingenza e non di litispendenza (Cass. 460/76, Foro it., Rep.

1976, voce Competenza civ., n. 112; 2293/81, id., Rep. 1981, voce

cit., n. 200), perché la relativa ipotesi è quella di cause parzial mente identiche.

Rimane cosi escluso il pressupposto (l'identità totale) della

rilevanza attribuita dall'art. 12 alla prevenzione: presupposto che

va individuato col criterio dell'interpretazione restrittiva, data la

natura eccezionale di -una norma che attenua il pricipio dell'inde

rogabilità della giurisdizione.

Tutto ciò conduce a ritenere che il Pretore di Milano è fornito

di giurisdizione sulla domanda proposta dagli eredi Bezzi con il

ricorso di cui in narrativa.

In senso contrario, non sarebbe possibile applicare il citato art.

12 limitatamente a quella parte in cui tale domanda coincide con

quella proposta dinanzi al giudice austriaco; cioè affermare la

giurisdizione del giudice italiano per la domanda di condanna e

negarla riguardo alla domanda di accertamento, per quest'ultima riconoscendola a favore del giudice austriaco.

Ed invero, riguardo ad una certa pretesa, non sarebbe possibile affermare la giurisdizione in ordine alla condanna senza contem

poraneamente riconoscere la giurisdizione dello stesso giudice in

ordine all'accertamento positivo (che della condanna costituisce il

presupposto), se non ritenendo che quel giudice — rilevata la

pregiudizialità della causa di accertamento negativo previamente

proposta all'estero — debba sospendere la decisione in attesa

della decisione del giudice straniero.

Ma ad una tale soluzione si oppone un duplice ostacolo: a) la

sospensione necessaria del processo implica che la decisione

emananda nella causa pregiudiziale sia automaticamente, e per forza propria, efficace nel nostro ordinamento; e ciò non è per le

sentenze straniere, che nel nostro ordinamento possono acquistare rilevanza solo in forza, ed a condizione, della dichiarazione di

efficacia; b) ipotizzare la sospensione del processo italiano in

attesa della definizione di quello austriaco, significherebbe dare

rilevanza ad un caso di connessione, costituita dalla pregiudiziale

estera, ed introdurre cosi un motivo di deroga alla giurisdizione italiana non previsto dalla convenzione italo-austriaca (come,

invece, e previsto dall'art. 19 della convenzione italo-francese del

3 giugno 1930, resa esecutiva con 1. 7 gennaio 1932 n. 45). Non si può, d'altronde, ritenere che nel caso, gli eredi Bezzi

(certamente non obbligati a proporre domanda riconvenzionale di

condanna nel processo austriaco) avrebbero dovuto astenersi

dall'iniziativa assunta in Italia ed assumerla solo dopo l'eventuale

sentenza favorevole austriaca e previa dichiarazione della sua

efficacia, perché una tale soluzione verrebbe a comprimere indebi

tamente il diritto alla tutela giurisdizionale.

E non si può neanché affermare riguardo a tutta la causa la

giurisdizione del giudice austriaco, in quanto preventivamente

adito, considerandolo, rispetto ai giudici italiani ed ai fini della

convenzione, su un piano di equiordinazione, perché ciò si

gnificherebbe introdurre nel citato art. 12 l'ipotesi disciplinata dal

2° comma dell'art. 39 c.p.c., laddove la previsione della norma

convenzionale è limitata alla ipotesi corrispondente a quella del

1° comma di quest'ultimo articolo.

Contro la conclusione che si accoglie, non varrebbe, infine,

segnalare il pericolo che la parte convenuta all'estero eluda la

norma della convenzione proponendo in Italia una domanda

sostanzialmente identica, col solo correttivo (magari artificioso) di

una maggiore ampiezza.

L'obiezione — come tutte quelle che si risolvono nella prospet tazione di inconvenienti — non sarebbe decisiva, perché potrebbe essere vinta prospettandosi l'analogo pericolo (reso possibile dalla

tesi opposta, e reso più concreto dalla norma dell'art. 13 della

convenzione, che dichiara questa applicabile indipendentemente dalla cittadinanza) che una delle parti eluda il principio della

tendenziale inderogabilità della giurisdizione italiana, deducendo

avanti al giudice straniero una domanda di contenuto minimo

(magari artificiosamente ridotto) e precluda cosi all'altra parte la

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

possibilità di dedurre avanti al giudice italiano una più ampia domanda (che abbia in comune lo stesso contenuto minimo)

conforme all'intera portata del diritto controverso. (Omissis)

II

Svolgimento del processo. — Franz Kronbichler, cittadino ita

liano residente in Italia, citato in giudizio, quale erede dell'inter

detto fratello Josef, da Haimo Von Grebmer, anche egli italiano

residente in Italia, davanti a giudice austriaco (Landesgericht di

Insbruck) per l'adempimento dell'obbligo di stipulare in forma

valida per la relativa « intavolazione » un contratto di vendita di

immobili siti in Austria concluso in Italia dal tutore dell'incapace suo dante causa, si oppose alla domanda e chiese in via ricon

venzionale che il contratto fosse dichiarato nullo o annullato,

ovvero risolto (rescisso) deducendo che la vendita era stata

invalidamente autorizzata dal competente Tribunale di Bolzano

sul presupposto di una situazione di fatto difforme dal vero

maliziosamente prospettata dal tutore dell'incapace con certa

consapevolezza dell'acquirente Von Grebmer, per cui era stato

stabilito un prezzo inferiore alla metà dell'effettivo valore degli immobili contrattati.

Successivamente lo stesso Kronbickler, con atto notificato in

data 29-30 novembre 1974, citò il Von Grebmer davanti al

Tribunale di Bolzano e in confronto di lui propose domande per dichiarazione di inefficacia, di nullità o annullabilità, o per risoluzione (rescissione), dell'anzidetto contratto, e per risarcimen

to di danni, deducendo che non si era verificata la condizione

alla quale (illegittimamente peraltro, non avendola consentita il

provvedimento autorizzativo) il pattuito trasferimento immobiliare

era stato subordinato (autorizzazione da parte della competente autorità austriaca), che, poi, la stipulazione del contratto era stata

invalidamente autorizzata per le ragioni già fatte valere davanti

al giudice austriaco, e che, infine, gli immobili dell'incapace suo

dante causa erano stati venduti per un prezzo inferiore alla metà

del loro valore.

Il Von Grebmer resistette a tali domande, pregiudizialmente

eccependo gli effetti della situazione di litispendenza indotta dalla

relativa anteriore proposizione nel giudizio da lui iniziato davanti

al giudice austriaco, in relazione richiamando anche la previsione dell'art. 12 della convenzione conclusa il 16 novembre 1971 tra la

repubblica italiana e la repubblica di Austria, ratificata e resa

esecutiva con la 1. 12 febbraio 1974 n. 71.

Nell'udienza fissata per la precisione delle conclusioni da sotto

porre al giudizio del Tribunale di Bolzano il Kronbichler, insi

stendo sempre nelle iniziali domande, chiese inoltre espressa dichiarazione della dedotta invalidità dell'autorizzazione a vende

re conseguita dal tutore dell'incapace suo dante causa.

Il Tribunale di Bolzano con sentenza in data 28 novembre - 23

dicembre 1975 dichiarò di astenersi, a norma dell'art. 12 della

menzionata convenzione, dal giudicare sulle domande del Kronbi

chler, per considerazione della pendenza di eguale processo tra le

medesime parti anteriormente iniziato davanti al giudice austriaco

e destinato ad essere definito con sentenza riconoscibile in Italia; e tale giudizio fu confermato dalla Corte d'appello di Trento con

sentenza depositata il 9 febbraio 1979.

In relazione alle ragioni dell'impugnazione del Kronbichler la

corte osservò anzitutto che la deduzione a formale oggetto di

espressa domanda davanti al solo giudice italiano, e non anche

davanti al giudice austriaco, della contestazione della validità del

provvedimento di autorizzazione della vendita discussa non pote va valere a differenziare, per il contenuto, i processi contempora neamente pendenti davanti all'uno e all'altro giudice, in entrambi

la questione essendo stata egualmente sollevata ed egualmente rilevando in termini di accertamento pregiudiziale inerente al

controllo, chiesto sotto eguali profili, della validità e della risolu

bilità della vendita; considerò, poi, che tale accertamento necessa

riamente doveva operarsi, in relazione all'oggetto, in via mera

mente incidentale, per ciò rientrando nei poteri del giudice adito

per la definizione della lite relativa alla vendita e non compor tando pronuncia autonoma che potesse eccedere dalla sua compe

tenza; riconobbe che, a norma della convenzione ratificata con la

1. n. 71 del 1974, in ordine alla lite anzidetta il giudice austriaco

era, al pari di quello italiano, competente, data l'astratta ricono

scibilità in Italia della sentenza ad esso chiesta — discutendo le

parti di un'obbligazione da eseguirsi in Austria — luogo di

ubicazione degli immobili contrattati, e non, come invece sostenu

to dal Kronbichler, di questioni attinenti allo stato o alla capacità delle persone o alla materia successoria, riservate al giudice italiano per riguardo alla cittadinanza italiana delle parti in causa

(e dell'incapace già domiciliato in Italia, in rappresentanza del

quale la vendita era stata conclusa); e infine giudicò che, a

Il Foro Italiano — 1983 — Parte I-199.

norma dell'art. 12 della convenzione, la preventiva adizione

fattane comportava la competenza esclusiva del giudice austriaco

a conoscere di tutta la lite.

Contro tale sentenza della corte d'appello il Kronbichler ha

proposto ricorso chiedendo, sulla base di tre motivi di annulla

mento, dichiarazione della competenza esclusiva del giudice ita

liano in ordine alle domande da lui proposte in confronto del Von Grebmer. Questi resiste all'impugnazione mediante controri

corso. Il Kronbichler ha presentato memoria a norma dell'art. 378

c.p.c. Il ricorso, su segnalazione del collegio della seconda sezione

civile alla quale era stato assegnato, è stato chiamato davanti alle sezioni unite.

Motivi della decisione. — Con la sentenza impugnata è stato

ravvisato un rapporto di identità tra la causa proposta davanti al

giudice italiano dal ricorrente in confronto del resistente e quella anteriormente proposta dallo stesso ricorrente, in confronto del

medesimo resistente, davanti al giudice austriaco, mediante formu lazioni di domande riconvenzionali in giudizio in cui era stato

convenuto; è stata riconosciuta, in ordine alla causa considerata, la concorrente competenza del giudice austriaco, in base alle

previsioni della convenzione italo-austriaca per il riconoscimento

e l'esecuzione di decisioni giudiziarie in materia civile e commer

ciale conclusa a Roma il 16 novembre 1971 ratificata e resa

esecutiva con la 1. 12 febbraio 1974 n. 71; e in applicazione del criterio di prevenzione sancito dall'art. 12 di tale convenzione è stata rifiutata la chiesta pronuncia sul merito della causa, con dichiarazione di astensione dal giudizio.

Contro tale sentenza, con il ricorso di chiede che invece sia

affermata la competenza esclusiva del giudice italiano a conoscere di tutta la causa, riconoscendosi a lui riservato, e non consentito a quello austriaco, di giudicare su alcune domande in essa

proposte, o che sia negata l'identità tra le cause contemporanea mente pendenti davanti ai due diversi giudici, con conseguente affermazione anche in tal caso della competenza del giudice italiano, per non operatività della prevenzione.

Si propone cosi — sotto tale profilo rilevando il conflitto di

competenza tra giudici di ordinamenti statuali diversi — una

questione attinente alla giurisdizione (che ritualmente è stata rimessa d'ufficio, non avendovi provveduto il ricorrente, all'esame delle sezioni unite della corte, cui spetta di giudicare al riguardo a norma dell'art. 374 c.p.c., in relazione all'art. 362, n. 2).

In relazione merita subito osservare che — la giurisdizione essendo un cosi detto presupposto processuale e il ricorso contro sentenza che (anche in appello) ha deciso soltanto sulla questione di giurisdizione sostanzialmente equivalendo all'istanza di regola mento preventivo prevista dall'art. 41 c.p.c. (cfr., in motivazione, sez. un. 24 aprile 1970, n. 1184, Foro it., 1970, I, 1564) — ai fini della pronuncia sull'impugnazione, che si risolve nella denuncia di errore in procedendo (cfr. sent. 3 aprile 1980, n. 2166, id.,

Rep. 1980, voce Cassazione civ., n. 92), spettano a questa corte, secondo ricevuta univoca interpretazione, i più ampi poteri di

indagine e piena potestà e autonomia di giudizio rispetto alla decisione impugnata e alle censure ad essa mosse, dovendosi —

una volta sorto il problema, per rilievo di giudice o per, in

ipotesi condizionante, eccezione di parte — in ogni caso verifica re d'ufficio, in base a libera valutazione di tutti gli elementi anche di fatto, ritualmente acquisiti al processo, le ragioni che

valgono a fare riconoscere o a fare negare la discussa competenza (giurisdizionale) del giudice adito.

Ciò posto, è da considerare anzitutto che, vertendo la lite tra cittadini italiani egualmente residenti e domiciliati in Italia, vengono in primario rilievo le generali disposizioni degli art. 2 e 3 c.p.c., per cui la giurisdizione italiana non può essere conven zionalmente (dalle parti) derogata a favore di una giurisdizione straniera, e non è esclusa dalla pendenza davanti a un giudice straniero della medesima causa o di altra a questa connessa.

A tali fondamentali principi deroga la convenzione italo-au striaca di cui è questione, in forza della quale invece (in regime di reciprocità) talune cause tra cittadini, di uno dei due Stati, in esso residenti e domiciliati, possono essere proposte, con rilevanza della relativa pendenza agli effetti della possibilità o utilità di successiva proposizione davanti al giudice nazionale delle parti, davanti al giudice dell'altro Stato (art. 1, 3, 5, 12 e 13 della

convenzione). In particolare, per l'art. 12 i tribunali di ciascuno dei due Stati,

in un procedimento instaurato davanti ad essi, debbono astenersi dal giudicare sul merito della causa qualora, tra le stesse parti e sul medesimo oggetto, sia pendente un giudizio davanti al tribu nale dell'altro Stato la cui decisione possa essere riconosciuta ai sensi della convenzione.

Dalla riprodotta formulazione della norma appare che l'ipotiz zato conflitto delle diverse giurisdizioni, conseguente all'attribu

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Page 5: Sezioni unite civili; sentenza 23 marzo 1983, n. 2022; Pres. F. Greco, Est. Scanzano, P. M. Sgroi V. (concl. conf.); Soc. Feltrinelli (Avv. Paoletti) c. Lenninger e altri (Avv. Ciabattini).

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zione (mediante le anteriori previsioni della convenzione medesi

ma) di concorrente competenza ai giudici dell'uno e dell'altro

Stato, è regolato con riferimento a situazioni rilevanti, nell'ordi

namento interno, in termini di conflitto di competenza per ragioni

qualificate di litispendenza, ed è regolato con analoga disciplina:

perché egualmente presuppone l'identità delle parti e dell'oggetto di procedimenti successivamente instaurati davanti a giudici di

versi (identità di causa) ed egualmente si prescrive il rifiuto del

giudizio da parte del giudice della causa posteriormente proposta — differenziatamente riservandosi a questo giudice il controllo

dell'appartenenza della causa alla giurisdizione di quello primo

adito, mediante preventiva delibazione della riconoscibilità della

decisione ad esso chiesta.

Deve invece escludersi che l'art. 12 della convenzione conside

ri e regoli anche la diversa situazione alla quale ha ulteriormente

riguardo l'art. 3 c.p.c. di contemporanee pendenza davanti a

giudici diversi di cause connesse, o in rapporto di continenza

(che è una specie della connessione): perché questa situazione ha

presupposti diversi da quelli della litispendenza e ad essa l'anzi

detta disciplina non è adeguata.

Invero, il conflitto indotto dalla connessione, o continenza, non

è logicamente componibile, e concretamente non è risolto nell'or

dinamento, con un rifiuto di giudizio, che comporterebbe parziale

privazione della perseguita tutela giurisdizionale: ché invece per considerazione di esso sono sancite previsioni di coordinamento

delle attività dei diversi giudici che vi sono coinvolti, mediante

attribuzione di competenza a uno solo di essi per la unitaria

decisione (secondo il criterio della prevenzione, o secondo diverso

criterio) o mediante (temporanea) privazione di poteri giurisdizio nali in ordine a una delle cause (sospensione del processo)

ovvero anche, quando tali rimedi non abbiano in concreto

operato, mediante le regole che disciplinano il contrasto di

giudicati.

Certamente, poi, per difetto di identità o di similarità dei

presupposti e delle ragioni e dei modi di rilevanza delle conside

rate situazioni processuali, la regola dell'art. 12 della convenzione,

posta per il caso di contemporanea pendenza della stessa causa

davanti a giudici appartenenti ai due Stati contraenti, non è

utilizzabile, in tutto o in parte, per il caso di contemporanea

pendenza davanti a quei giudici di cause invece connesse o in

rapporto di continenza, per la rispettiva tipicità e differenziata

disciplina nell'ordinamento difettando le condizioni di sua appli cazione estensiva e analogica, e questa peraltro restando pre

clusa dal carattere eccezionale della deroga a norme e regole

generali dell'ordinamento (in base ai principi presupposti dell'art.

14 disp. sulla legge in generale premesse al codice civile). E tanto

più ciò è certo, perché talune convenzioni concluse dallo Stato

italiano con altri diversi Stati specificamente si riferiscono, con

distinte previsioni, alla connessione e alla continenza di cause,

ponendo al riguardo differenziata autonoma disciplina (in tal

senso particolarmente rilevano le disposizioni degli art. da 21 a

23 della convenzione con gli Stati della Comunità europea conclusa il 27 settembre 1968 e ratificata con 1. 21 giugno 1971 n.

804, presso che in coincidenza temporale con la convenzione

italo-austriaca).

Né, ovviamente, per l'espresso divieto dell'art. 3 c.p.c., sul

punto non derogato dall'art. 12 della convenzione, e per radicale

diversità di situazione, il conflitto indotto dalla contemporanea

pendenza, davanti a un giudice italiano e davanti a un giudice

austriaco, di cause connesse o in rapporto di continenza può essere composto in base alle disposizioni che tale conflitto regola no in relazione a procedimenti egualmente proposti davanti a

diversi giudici italiani.

Deve conseguentemente, non operando l'art. 12 della convenzio

ne e operando invece la comune normativa, escludersi ogni

rilevanza, in ordine allo svolgimento e alla definizione di un

procedimento davanti al giudice italiano, alla contemporanea

pendenza davanti a un giudice austriaco di un procedimento

avente ad oggetto causa connessa o in rapporto di continenza con

quella davanti a esso proposta, e, per quanto occorra, va rilevato

che i problemi in ipotesi dipendenti dalla coesistenza di autono

me pronunce dei giudici dei due Stati, ammessa la relativa

riconoscibilità, vanno risolti in base alle già menzionate regole di

composizione di conflitto tra giudicati.

Le considerazioni fin qui svolte rilevano per la decisione della

questione sottoposta all'esame di queste sezioni unite, perché nel

caso la situazione di identità di cause (litispendenza), per consi

derazione della quale i giudici del merito si sono astenuti dal

giudizio a norma dell'art. 12 della convenzione più volte ricorda

ta, in realtà non ricorre.

Invero, dal consentito (per le chiarite ragioni) libero esame

degli atti processuali risulta che, come si è già detto nella

premessa esposizione del fatto, il ricorrente, convenuto in giudizio dal resistente davanti al giudice austriaco, propose in suo con fronto causa riconvenzionale con domande di dichiarazione della

nullità o annullabilità, per dedotti vizi della relativa autorizzazio

ne, e di rescissione, per lesione, del contratto stipulato dal

rappresentante dell'incapace suo dante causa; e che invece, nella

causa da lui successivamente proposta contro il medesimo resi

stente davanti al giudice italiano, egli formulò, oltre a quelle anzidette, anche altre domande diverse per il titolo e per l'ogget to, miranti alla dichiarazione di inefficacia del contratto conside

rato, per mancato avveramento di condizione appostavi, e di sua

invalidità perché stipulato condizionatamente in contrasto con i

termini di sua autorizzazione, formulando inoltre domanda per la

condanna del resistente al risarcimento di danni. Per tale diversità qualitativa e quantitativa (di parte) del

rispettivo oggetto, la successiva proposizione e la contemporanea pendenza davanti ai giudici dei due Stati delle cause anzidette

realizza una situazione processuale — riconducibile non alla nozione della litispendenza, ma invece a quella di continenza o connessione di cause — diversa da quella che sola trova discipli na nell'art. 12 della convenzione italo-austriaca pili volte menzio nata: si che difetta un imprescindibile presupposto della operati vità di quella norma e quindi della dichiarazione di astensione dal giudicare della cui pronuncia il ricorrente si duole (se pure, essenzialmente, ma senza che — per le ragioni già dette —

possano derivarne limiti per il giudizio, in base ad argomenti diversi da quelli esposti e valorizzati).

In accoglimento della istanza di cui al ricorso, conseguentemen te la sentenza impugnata deve essere cassata, con dichiarazione della giurisdizione del giudice italiano in ordine alla causa

proposta dal ricorrente contro il resistente; e la causa va rimessa

davanti al Tribunale di Bolzano inizialmente adito, che ha

dichiarato di astenersi dal giudicare, per combinata applicazione

degli art. 382, 1° comma, e 383, ult. comma, c.p.c.., allo stesso

tribunale rimettendo di provvedere sulle spese del giudizio di

cassazione.

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione I civile; sentenza 15 marzo

1983, n. 1903; Pres. Mazzacane, Est. Lipari, P.M. Ferraiuolo

'(conci, conf.); Soc. Nabocarni (Avv. Bonifazi) c. Comp. di

assicurazioni Anglo Elementar (Avv. Bauderer, Wolf). Con

ferma App. Brescia 28 giugno 1979.

Contumacia civile — Regolare notifica della sentenza — Decor

renza del termine breve per impugnare — Inammissibilità del

gravame (Cod. proc. civ., art. 292, 325, 326, 327).

Il termine breve sancito dall'art. 326 c.p.c. decorre anche nei

confronti del convenuto contumace volontario a cui sia stata

notificata personalmente la sentenza. (1)

<1) In senso conforme, v. Cass. 22 aprile 1982, n. 2486, Foro it., Rep. 1982, voce Impugnazioni civili, n. 53; 14 ottobre 1981, n 5371, id., Rep. 1981, voce Contumacia civile, n. 4; 12 luglio 1980, n. 4476, id., Rep. 1980, voce Impugnazioni civili, nn. 29, 51; 28 giugno 1980, n. 4066, ibid., voce Notificazione civile, n. 29; 27 febbraio 1971, n. 502, id., Rep. 1971, voce Contumacia civile, n. 12.

In dottrina è favorevole all'applicazione dei termini brevi di impu gnazione, in caso di regolare notifica della sentenza, Andrioli, Diritto

processuale civile, Napoli, 1979, I, 782 ss., il quale però precisa che, in ipotesi di contumacia involontaria, la notificazione della sentenza è idonea a fare decorrere i termini acceleratori solo se effettuata « in tempo tale da rendere possibile la scadenza del termine acceleratorio a data anteriore alla scadenza del termine annuale di decadenza », laddove invece se effettuata dopo la scadenza del termine annuale di decadenza ovvero « in modo inidoneo a provocare la scadenza del termine acceleratorio a data anteriore alla scadenza del termine annuale » essa è idonea solo a fare decorrere il termine annuale in quanto segna la fine della operatività della fattispecie ex art. 327, 2° comma. Con riferimento alla contumacia volontaria, in senso favorevole alla appli cazione del termine breve per impugnare v., anche, A. Cerino Canova, Domanda nuova non notificata e impugnazione del contumace (nota a Cass. 5 aprile 1978, n. 1551, Foro it., Rep. 1978, voce Impugnazioni civili, n. 57), in Giur. it., 1979, I, 1, 108; in quest'ultima pronuncia la corte affronta in particolare, mutando il suo precedente orientamento, l'ulteriore problema dell'applicabilità del 2° comma dell'art. 327 al

convenuto regolarmente citato al quale non sia stata notificata, in corso di causa, una domanda nuova non conseguenziale a quella originaria; la Cassazione infatti, contrariamente a quanto sostenuto da Cerino Canova, ritiene di poter assimilare sulla base del com binato disposto degli art. 183, 292 e 327 c.p.c. le due ipotesi di

ignoranza assoluta dell'intero giudizio e di mancata instaurazione del contraddittorio rispetto ad una domanda nuova, cosicché la sentenza

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