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sezioni unite civili; sentenza 23 settembre 1994, n. 7845; Pres. Montanari Visco, Est. Varrone, P.M....

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sezioni unite civili; sentenza 23 settembre 1994, n. 7845; Pres. Montanari Visco, Est. Varrone, P.M. Morozzo Della Rocca (concl. conf.); Bazzu (Avv. Castaldi) c. Consiglio del collegio dei geometri ed altri. Cassa Consiglio naz. geometri 9 novembre 1992 Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 1 (GENNAIO 1996), pp. 241/242-243/244 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23190607 . Accessed: 25/06/2014 05:30 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.229.229.13 on Wed, 25 Jun 2014 05:30:53 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezioni unite civili; sentenza 23 settembre 1994, n. 7845; Pres. Montanari Visco, Est. Varrone, P.M. Morozzo Della Rocca (concl. conf.); Bazzu (Avv. Castaldi) c. Consiglio del collegio

sezioni unite civili; sentenza 23 settembre 1994, n. 7845; Pres. Montanari Visco, Est. Varrone,P.M. Morozzo Della Rocca (concl. conf.); Bazzu (Avv. Castaldi) c. Consiglio del collegio deigeometri ed altri. Cassa Consiglio naz. geometri 9 novembre 1992Source: Il Foro Italiano, Vol. 119, No. 1 (GENNAIO 1996), pp. 241/242-243/244Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23190607 .

Accessed: 25/06/2014 05:30

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

provvedimenti, è stata disposta la separazione delle altre cause,

ai sensi dell'art. 279, 2° comma, n. 5, c.p.c., e che la sentenza

de qua non contiene alcuna pronuncia sulle spese relative alla

domanda decisa, pronuncia espressamente rinviata all'esito del

l'ulteriore corso del giudizio, sicché non si può neppure parlare di implicito provvedimento di separazione nei sensi e nei termi

ni precisati delle sezioni unite nella sentenza sopra più volte citata.

La sentenza impugnata era, pertanto, suscettibile della riser

va di impugnazione differita, ex art. 361 c.p.c. Stante la fatta riserva di ricorso per cassazione differito, il

ricorso intanto proposto è, ex art. 361, 2° comma, c.p.c., allo

stato, inammissibile e tale va dichiarato.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 23 set tembre 1994, n. 7845; Pres. Montanari Visco, Est. Varro

ne, P.M. Morozzo Della Rocca (conci, conf.); Bazzu (Aw.

Castaldi) c. Consiglio del collegio dei geometri ed altri. Cas

sa Consiglio naz. geometri 9 novembre 1992.

Impiegato degli enti locali — Impiegato comunale con rapporto

«part-time» — Albo dei geometri — Iscrizione (R.d. 3 marzo

1934 n. 383, approvazione del t.u. della legge comunale e

provinciale, art. 241; 1. 29 dicembre 1988 n. 554, disposizioni in materia di pubblico impiego; d.p.c.m. 17 marzo 1989 n.

117, norme regolamentari sulla disciplina del rapporto di la

voro a tempo parziale, art. 6).

Il dipendente comunale con rapporto di lavoro part-time ha di

ritto ad essere iscritto all'albo professionale dei geometri, do

vendosi ritenere consentito l'esercizio della professione secon

do quanto disposto dall'art. 6, n. 2, d.p.c.m. 17 marzo 1989

n. 117, emanato in forza della l. 29 dicembre 1988 n. 554. (1)

(1) Dopo aver ribadito l'operatività delle incompatibilità previste per i pubblici impiegati dall'art. 60 t.u. 3/57 e dall'art. 241, 3° comma, t.u. 383/34 (anche dopo l'entrata in vigore della 1. 142/90, in mancanza

della disciplina prevista dall'art. 51, n. 8, di detta legge sulle autonomie

locali), con conseguente divieto di contestuale iscrizione agli albi pro fessionali (v. Cass. 29 luglio 1994, n. 7120, Foro it., Rep. 1994, voce

Impiegato degli enti locali, n. 45 e 16 giugno 1994, n. 5855, ibid., voce

Sanitario, n. 142, che hanno, rispettivamente, negato l'iscrizione all'al

bo dei geometri per i dipendenti degli enti locali e l'iscrizione all'albo

dei periti industriali per i dipendenti Usi), con l'importante ed innovati

va sentenza in epigrafe la Cassazione consente quanto fino ad oggi ne

gato dalla giurisprudenza ordinaria ed amministrativa: l'iscrivibilità del

pubblico dipendente all'albo professionale dei geometri, limitatamente

al caso di rapporto di lavoro part-time instaurato ai sensi del d.p.c.m. 117/89. Per riferimenti sulle incompatibilità sancite dall'art. 241 r.d.

383/34, per gli impiegati degli enti locali, e dall'art. 60 d.p.r. 3/57,

per tutti i pubblici impiegati, si vedano, rispettivamente: Tar Lombar

dia, sez. Brescia, 3 febbraio 1990, n. 55, id., 1990, III, 325 (concernen

te proprio l'iscrizione all'albo geometri di impiegato comunale) e Tar

Puglia, sez. Lecce, 26 agosto 1991, n. 530, id., 1992, III, 558, con

note di richiami. Per ulteriori riferimenti circa lo svolgimento di attività

libero-professionale da parte del medico addetto al servizio sanitario

nazionale, v. Corte cost. 23 dicembre 1993, n. 457, id., 1995, I, 62

e Tar Lazio, sez. I, 23 giugno 1993, n. 1000, ibid., Ili, 43.

Il regime delle incompatibilità nel pubblico impiego è stato sostan

zialmente confermato dal d.leg. 29/93 che, all'art. 58, ha mantenuto

ferma la disciplina dettata dagli art. 60 ss. d.p.r. 3/57 e dall'art. 6,

2° comma, d.p.c.m. 117/89, nonché le eccezioni previste per il persona

le docente della scuola e dei conservatori di musica e per il personale

medico del servizio sanitario nazionale; il legislatore delegato alla rifor

ma ha, piuttosto, nel citato art. 58, curato la limitazione dell'attribu

zione da parte delle pubbliche amministrazioni di incarichi retribuiti

a dipendenti pubblici al di fuori dei compiti d'ufficio e la istituzione

dell'anagrafe delle prestazioni extraistituzionali fornite (per riferimenti

di carattere generale sulla riforma, v. D'Antona-Corpaci-Albenzio,

La privatizzazione del pubblico impiego alla prova, ibid., V, 29).

Il Foro Italiano — 1996.

Svolgimento del processo. — Il geom. Paolino Bazzu, già

dipendente di ruolo del comune di Buddusò, a seguito della

trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a part

time, chiedeva al collegio dei geometri di Sassari di essere iscrit

to all'albo professionale per poter esercitare la libera professio ne. Avverso il provvedimento negativo il Bazzu proponeva ri

corso al Consiglio nazionale dei geometri che con decisione 14

luglio-9 novembre 1992 lo rigettava, in base alle seguenti consi

derazioni: — che il d.p.c.m. 17 marzo 1989 n. 117, contenente norme

regolamentari sulla disciplina del rapporto di lavoro a tempo

parziale, parlando di «altre prestazioni di lavoro», si riferiva

ad altro rapporto di lavoro subordinato, non anche all'esercizio

della libera professione; — che stante l'abrogazione dell'art. 241 t.u. com. e prov.

a seguito della 1. n. 142 del 1990, si applicava analogicamente

l'art. 60 dello statuto degli impiegati civili dello Stato. Ha proposto ricorso per cassazione il Bazzu, affidandolo a

tre motivi di censura; le altre parti non si sono costituite neppu

re dopo l'integrazione del contraddittorio nei confronti del pro

curatore della repubblica presso il Tribunale di Sassari. Il ricor

rente ha depositato memoria.

Motivi della decisione. — Con il primo motivo il ricorrente, denunciando la violazione e la falsa applicazione del d.p.c.m. 17 marzo 1989 n. 117, lamenta che l'impugnata decisione non

abbia rilevato che, una volta abrogato l'art. 241 t.u. com. e

prov. approvato con r.d. 3 marzo 1934 n. 383, non vi era luogo

per una interpretazione restrittiva dell'art. 6, n. 2, d.p.c.m.

117/89, cit., ove l'espressione «altre prestazioni di lavoro» si

riferiva a qualsiasi altra prestazione lavorativa, sia dipendente che libero-professionale, con il solo limite della compatibilità

con le esigenze del servizio pubblico, valutabile esclusivamente

da parte dell'amministrazione di appartenenza.

La censura è fondata. Va al riguardo ricordato l'antico e co

stante indirizzo giurisprudenziale il quale, premesso che l'art.

7 del regolamento per la professione di geometra di cui il r.d.

11 febbraio 1929 n. 274 stabilisce il divieto di iscrizione all'albo

professionale per gli impiegati dello Stato e delle altre pubbli

che amministrazioni ai quali, secondo gli ordinamenti loro ap

plicabili, sia vietato in via assoluta l'esercizio della libera pro

fessione aveva ravvisato tale incompatibilità, per gli impiegati

comunali e provinciaili, nella disposizione di cui all'art. 241, 3° comma, r.d. n. 383 del 1934, cit. (Cass. 13 maggio 1959,

n. 1409, Foro it., Rep. 1959, voce Professione intellettuali, n.

71). Principio ribadito anche dalla più recente giurisprudenza

la quale, dall'esame comparato degli art. 51, n. 8, e 59, n. 2,

1. 8 giugno 1990 n. 142 sull'ordinamento delle autonomie locali,

ha tratto la conclusione che fino all'entrata in vigore dei nuovi

statuti comunali e provinciali, restano in vigore le norme prece

denti non incompatibili e, fra queste, anche l'art. 241 t.u. com.

e prov. cit. (Cass., sez. un., 3 maggio 1991, n. 4878, id., Rep.

1991, voce cit., n. 67, in motivazione). Deve quindi riaffermarsi

l'incompatibilità assoluta tra la qualità di dipendente comunale

e l'esercizio della libera professione, proprio sulla base della

perdurante vigenza dell'art. 241 cit. (che, invece, sia l'impugna

ta sentenza che il ricorrente ritengono abrogato).

Ma i termini del problema si pongono diversamente con l'en

trata in vigore della 1. 29 dicembre 1988 n. 554 che introduce

anche in materia di pubblico impiego e con carattere di genera

lità, l'istituto del rapporto di lavoro a tempo parziale, riman

dando le norme di attuazione con una disciplina articolata ad

un apposito decreto, appunto quello n. 117 del 1989, il quale,

premesso che anche al rapporto a tempo parziale è applicabile

la normativa che regola il rapporto a tempo pieno (art. 1, n.

1), stabilisce che «al personale interessato è consentito, previa

motivata autorizzazione dell'amministrazione o dell'ente di ap

partenenza, l'esercizio di altre prestazioni di lavoro che non ar

rechino pregiudizio alle esigenze di servizio e non siano incom

patibili con le attività di istituto della stessa amministrazione o ente» (art. 6, n. 2).

Ora, l'impugnata decisione si fonda, oltre che sull'erroneo

presupposto dell'abrogazione dell'art. 241 t.u. com. e prov.,

essenzialmente su un'interpretazione restrittiva dell'espressione

«altre prestazioni di lavoro», intesa come limitata alle presta

zioni di lavoro subordinato, con l'esclusione dell'attività di libe

ra professione. Ma la tesi non regge. Con l'introduzione ad am

pio raggio, per tutti i dipendenti pubblici anche degli enti terri

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PARTE PRIMA

toriali, del rapporto di lavoro a tempo parziale, è venuta meno

la ratio del generale divieto, per tali dipendenti, dell'esercizio

della libera professione (e, quindi, dell'iscrizione al relativo al

bo professionale): destinare tutte le proprie energie lavorative

esclusivamente in favore dell'amministrazione.

Si tratta, cioè, di una norma di rottura, che per la sua specia lità si sovrappone alla regola generale dell'incompatibilità stabi lita dal cit. art. 241, con il triplice scopo di favorire l'occupa

zione, utilizzare un personale più qualificato ed agevolare i di

pendenti che vogliono una diversificazione del loro impegno lavorativo. In questa ottica, non ha più senso e sarebbe contro

producente rispetto alle mutate esigenze del mercato del lavoro

mantenere il divieto dell'esercizio della professione per quei di

pendenti che non dedicano tutto il loro impegno all'ammini

strazione; sarebbe assecondato non l'interesse generale della col

lettività, ma la chiusura anacronistica della corporazione. È suf

ficiente aggiungere che l'espressione «altre prestazioni di lavoro»,

è di per sé equivoca e, anzi, nella sua genericità non v'è motivo

per riferirla ai soli rapporti di lavoro subordinato, anche l'eser

cizio della professione risolvendosi in prestazioni lavorative. Cer

to, esiste il problema della compatibilità con le esigenze del

l'amministrazione di appartenenza; ma trattasi di problema da

verificare non in astratto, bensì' nella concretezza dei singoli ca

si, per i quali la motivata deroga consentita dalla suddetta am

ministrazione, perfettamente in grado di valutare tutti gli even

tuali riflessi negativi, può e deve ritenersi sufficiente. Non è

superfluo aggiungere che anche l'art. 241 t.u. com. e prov. cit., che stabilisce il divieto assoluto per i dipendenti comunali del

l'esercizio della professione, prevede la possibilità di autorizza

zioni derogative, in presenza di speciali motivi, da parte del

prefetto; ma, a prescindere dall'autorità legittimata a concedere

l'autorizzazione (il prefetto e non l'amministrazione di apparte

nenza), essa non è mai prevista per l'esercizio della libera pro fessione.

Concludendo, il primo motivo va accolto, restando assorbiti

gli altri due, attinenti al difetto di motivazione sul punto decisi vo dell'abrogazione dell'art. 241 cit. (secondo motivo) ed alla

violazione e falsa applicazione della 1. n. 142 del 1990 (terzo

motivo); censure peraltro in qualche misura esaminate nelle sue

sposte considerazioni.

Segue la cassazione della decisione impugnata ed il rinvio del

la causa per un nuovo esame allo stesso Consiglio nazionale a quo.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 6 settem

bre 1994, n. 7683; Pres. Montanari Visco, Est. Sotgiu, P.M.

Lugaro (conci, conf.); Sapia c. Comune di Bonassola. Con

ferma App. Genova 28 dicembre 1991.

Prescrizione e decadenza — Eccezione di prescrizione — Con

clusioni definitive — Mancata espressa riproposizione — Ef fetti (Cod. civ., art. 2937, 2938; cod. proc. civ., art. 112).

Espropriazione per pubblico interesse — Indennità calcolate in

base a criteri dichiarati incostituzionali — Azione per la ride

terminazione — Prescrizione — Termine — Decorrenza (Cod.

civ., art. 1183, 2935; 1. 25 giugno 1865 n. 2359, espropriazio ni per causa di pubblica utilità; 1. 22 ottobre 1971 n. 865, programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubbli ca; norme sull'espropriazione per pubblica utilità; modifiche

ed integrazioni delle leggi 17 agosto 1942 n. 1150, 18 aprile 1962 n. 167, 29 settembre 1964 n. 847 ed autorizzazioni di

spese per interventi straordinari nel settore dell'edilizia resi

denziale, agevolata e convenzionata, art. 16).

La mancata espressa riproposizione, nelle conclusioni definiti ve, dell'eccezione di prescrizione e la proposizione di una do

manda riconvenzionale nel merito, non costituiscono elemen

II Foro Italiano — 1996.

ti sufficienti a far presumere la rinuncia tacita all'eccezione

di prescrizione, che si ravvisa soltanto quando la condotta

del debitore è assolutamente incompatibile con la volontà di

far valere la prescrizione stessa. (1)

La prescrizione decennale del diritto alla rideterminazione del

l'indennità di espropriazione secondo nuovi criteri decorre dalla

data di emissione del decreto di esproprio, non influendo sul

dies a quo la sopravvenuta dichiarazione di incostituzionalità

dei criteri di computo originari dell'indennità stessa, pur in

assenza di stima definitiva, che influenza solo la decorrenza

del termine per proporre giudizio di opposizione fnella spe

cie, la mancata definitività della stima dipendeva dalla man

canza di valida notifica di essa e del decreto di esproprio). (2)

(1) Il principio secondo cui la rinuncia tacita alla prescrizione sussi

ste solo in presenza di un comportamento — processuale e extraproces suale — del debitore assolutamente incompatibile con la volontà di va

lersi di essa, conformemente al disposto dell'art. 2937, 3° comma, c.c., trova applicazione in numerose pronunce: in particolare, in esse si esclude

che la difesa nel merito costituisca indice significativo di una volontà

tacita del debitore di rinunciare nel corso del processo all'eccezione di

prescrizione, anche nel caso in cui la difesa di merito stessa preceda — e non segua, come nel caso di specie — la proposizione dell'eccezio ne di rito (v. Cass. 22 novembre 1990, n. 11269, Foro it., Rep. 1990, voce Prescrizione e decadenza, n. 8, che ammette la proposizione del

l'eccezione di prescrizione per la prima volta in appello, dopo che il

convenuto si è difeso nel merito in primo grado; nonché Cass. 15 otto

bre 1986, n. 6036, id.. Rep. 1987, voce cit., n. 20, che ammette la

proposizione da parte del debitore dell'eccezione pregiudiziale di pre scrizione in primo grado, ma successivamente alla instaurazione del con traddittorio nel merito).

Il fondamento di tali decisioni è individuato nella non contradditto

rietà tra l'interesse del debitore a contestare nel merito la sussistenza

o effettiva consistenza dell'obbligazione con la volontà di conservare

l'eccezione di prescrizione (v. Cass. 6036/86, cit., per la quale «il debi

tore può avere interesse, in un primo tempo, a contestare la sussistenza

dell'obbligazione, riservandosi di eccepire successivamente, se necessa

rio, l'intervenuta prescrizione»). In termini con la pronuncia in epigrafe, v. Cass. 3 agosto 1990, n.

7838, id., Rep. 1990, voce cit., n. 7 (che esclude la necessità di una

formulazione in modo specifico delle conclusioni, con espressa ripeti zione dell'eccezione di prescrizione già proposta in precedenti atti di

comparsa, perché si ritenga confermata l'eccezione stessa). In dottrina, sull'istituto della rinuncia tacita, v. Bertolli, La rinun

cia tacita alla prescrizione nella giurisprudenza della Corte di cassazio

ne, in Resp. civ., 1987, 491; Scudella, Rinuncia-Rinuncia tacita, in Nuova giur. civ., 1987, I, 322.

(2) Con la sentenza in epigrafe la Corte di cassazione pronuncia su un caso di prescrizione del diritto all'indennità di espropriazione, già

liquidata ai sensi dell'art. 16 1. 865/71, ma suscettibile di ridetermina zione secondo la 1. 2359/1865, dopo che Corte cost. 21 luglio 1983, n. 223, Foro it., 1983, I, 2057, aveva dichiarato l'illegittimità dei criteri

provvisori di stima di cui alla 1. 29 luglio 1980 n. 385 (sostanzialmente confermativi dei criteri dettati dalla 1. 865/71). Nella fattispecie, il giu dice di appello rigettava la domanda di rideterminazione per tardività della sua proposizione, seguita nel 1989 ad oltre dieci anni dalla pro nuncia del decreto di esproprio, non senza aver accertato che il procedi mento era stato contrassegnato da numerose nullità delle attività noti ziali che la 1. 865/71 impone all'espropriarne a favore dell'espropriato.

La corte si esprime nel senso che la nullità o assenza di notifiche della relazione di stima e del decreto di esproprio sono irrilevanti sulla validità ed efficacia del provvedimento ablatorio e deduce altresì, con fermando in pieno l'appello, che tali anomalie incidono soltanto sulla definitività della stima amministrativa e sul decorso del termine per pro porre il relativo giudizio di opposizione (ai sensi dell'art. 9 1. 865/71), nessuna influenza esse esercitando sul termine di prescrizione del diritto all'indennità.

A sostegno della decisione sono richiamati in motivazione alcuni pre cedenti: Cass. 12 giugno 1972, n. 1839, id., Rep. 1973, voce Espropria zione per p.i., nn. 118, 166; 6 marzo 1969, n. 706, id., 1969, I, 1828, concordi nel negare carattere recettizio al decreto di espropriazione e, quindi, l'irrilevanza della relativa notifica ai fini dell'esistenza, validità ed efficacia del provvedimento ablativo; sostanzialmente conforme, è anche Cass. 16 settembre 1983, n. 5588, id., Rep. 1983, voce cit., n.

218, per la quale la nullità della notificazione del decreto di espropria zione realizza il difetto di un momento essenziale dello stesso procedi mento espropriativo solo se è il riflesso di una irregolarità del decreto di esproprio; da ultimo, v. sez. un. 6 giugno 1994, n. 5493, id., Rep. 1994, voce cit., n. 184, nel senso della validità del decreto di occupazio ne di urgenza emanato regolarmente, ma non notificato.

Sulla influenza dell'inadempimento dell'espropriarne all'obbligo di no tifica del decreto, esclusivamente sulla decorrenza del termine per pro

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