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sezioni unite civili; sentenza 24 novembre 1997, n. 11726; Pres. La Torre, Est. Vittoria, P.M. Leo...

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sezioni unite civili; sentenza 24 novembre 1997, n. 11726; Pres. La Torre, Est. Vittoria, P.M. Leo (concl. diff.); Azienda farmaceutica municipalizzata di Ferrara (Avv. Tessarolo) c. Ina (Avv. Amici, Ranaldo). Cassa App. Roma 19 febbraio 1992 Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 9 (SETTEMBRE 1998), pp. 2495/2496-2499/2500 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23194306 . Accessed: 25/06/2014 08:56 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.20 on Wed, 25 Jun 2014 08:56:19 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Page 1: sezioni unite civili; sentenza 24 novembre 1997, n. 11726; Pres. La Torre, Est. Vittoria, P.M. Leo (concl. diff.); Azienda farmaceutica municipalizzata di Ferrara (Avv. Tessarolo)

sezioni unite civili; sentenza 24 novembre 1997, n. 11726; Pres. La Torre, Est. Vittoria, P.M.Leo (concl. diff.); Azienda farmaceutica municipalizzata di Ferrara (Avv. Tessarolo) c. Ina (Avv.Amici, Ranaldo). Cassa App. Roma 19 febbraio 1992Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 9 (SETTEMBRE 1998), pp. 2495/2496-2499/2500Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194306 .

Accessed: 25/06/2014 08:56

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2495 PARTE PRIMA 2496

le non sempre coincide col saldo contabile, emergente, come

s'è detto, dalla registrazione cronologica delle operazioni, pre

suppone l'implicito riconoscimento che alle annotazioni, di per sé considerate, non può essere collegata alcun effetto giuridico.

Né vale, in contrario, il rilievo che — come questa corte ha

deciso nella sentenza 25 luglio 1972, n. 2545 (id., 1973, I, 2211) — nei riguardi di alcune operazioni bancarie (quali, almeno di

regola, il versamento in conto mediante giroconto, o banco gi

ro, o ordine di conto) la disponibilità dell'accredito da parte del correntista-beneficiario è subordinata all'annotazione sul con

to del beneficiario.

Per vero, un siffatto effetto discende dalla circostanza che

la specifica strutura (legale o convenzionale) di talune operazio ni bancarie attribuisce alle annotazioni in conto la portata di

momento perfezionativo della fattispecie; e non già dall'intrin

seca natura dell'annotazione.

4. - Ne consegue che allorquando si verifichi lo scioglimento del conto corrente bancario, ai fini dell'identificazione del saldo

finale (diverso da quello c.d. disponibile) che deve essere paga to immediatamente, sia esso a credito del correntista o della

banca, occorre far esclusivo riferimento al risultato contabile

raggiunto attraverso la contrapposizione delle operazioni attive

o passive destinate a confluire in detto conto ed ormai perfezio

natesi, senza che a nulla rilevi la loro annotazione o no nel conto.

La conclusione determina l'insorgere dell'ulteriore problema relativo all'identificazione del momento in cui si perfezionano le singole operazioni confluenti nel conto corrente bancario, e

si verifichi quella loro coesistenza che determina il conguaglio tra le posizioni attive e passive, nonché il saldo finale.

Nei limiti rilevanti nel caso di specie, si deve dire in proposi

to, che — tenuto anche conto della disciplina positiva in tema

di pagamento delle cambiali — la chiusura dell'operazione avente

ad oggetto l'ordine impartito dal correntista alla banca di prov vedere al «ritiro» di cambiali, ossia di provvedere al loro paga

mento, coincide con il momento in cui la banca esegue l'ordine

attraverso la consegna della relativa somma al presentatore del

titolo di credito. Perciò è questo il momento in cui sorge il

suo diritto al recupero della stessa somma nei confronti dell'or

dinario, e si producono gli effetti incidenti sulla posizione atti

va del correntista.

Correlativamente, ove l'ordine del ritiro degli effetti sia stato

eseguito avanti il momento di scioglimento del contratto di con

to corrente, l'importo sborsato dalla banca fa parte, automati

camente, delle poste passive (per il correntista) del rapporto,

quand'anche, a quella data l'operazione, non sia stata ancora

annotata nella scheda bancaria, diversamente da quanto si veri

fica nella prassi bancaria: in questa, infatti, la registrazione vie

ne fatta non appena l'azienda di credito riceve l'ordine.

5. - Non ostandovi la disciplina relativa alla procedura falli

mentare, le conclusioni raggiunte valgono anche con riferimen

to all'ipotesi in cui lo scioglimento del conto corrente bancario

consegua alla dichiarazione di fallimento del correntista. Con

l'avvertenza, peraltro, che ove si tratti di un saldo a credito

della banca, questa ha solo diritto di insinuarsi nel passivo falli

mentare.

6. - Quindi, la corte del merito è realmente incorsa nel vizio

di violazione di legge denunciato nel primo profilo del motivo,

allorquando — divergendo radicalmente dai principi enunciati — ha ritenuto che, con riferimento al conto corrente bancario, le annotazioni sulla scheda della banca abbiano valore costituti

vo; che ai fini della ricostruzione del saldo finale del rapporto di conto corrente bancario scioltosi per effetto della dichiara

zione di fallimento, occorra far riferimento alla situazione con

tabile alla data di fallimento quale risultante dal «saldo conta

bile giornaliero» alla medesima data; e che, pertanto, una volta

che la relativa operazione non era stata annotata nelle schede

della Cassa dei risparmi di Forlì, il fallimento di Nadio Zarri

aveva diritto ad ottenere dalla cassa la somma di lire 24.812.134

corrispondente la «saldo contabile», alla data del fallimento dello

Zarri, del suo conto corrente bancario, posto che questa non

aveva diritto a far valere nei confronti di esso fallimento il suo

credito derivante dall'avere, in data anteriore alla sentenza di

fallimento, eseguito l'ordine impartitole dal correntista nell'am

bito del detto rapporto, di provvedere al «ritiro» di effetti

cambiari.

Il primo profilo del mezzo, pertanto, è fondato e deve essere

accolto.

Il Foro Italiano — 1998.

Tanto determina, in una con l'assorbimento del secondo pro filo obiettivamente subordinato, l'accoglimento del ricorso; la

cassazione della sentenza impugnata in relazione al profilo ac

colto; ed il rinvio ad altro giudice pariordinato — che si deter

mina nella stessa Corte d'appello di Bologna, diversa sezione — perché provveda al nuovo esame della domanda proposta dal fallimento di Nadio Zarri nei confronti della Cassa di ri sparmi di Forlì, uniformandosi ai principi enunciati.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 24 no

vembre 1997, n. 11726; Pres. La Torre, Est. Vittoria, P.M.

Leo (conci, diff.); Azienda farmaceutica municipalizzata di

Ferrara (Aw. Tessarolo) c. Ina (Aw. Amici, Ran aldo). Cassa

App. Roma 19 febbraio 1992.

Lavoro e previdenza (controversie in materia di) — Contratto

di assicurazione di dipendenti sostitutivo dell'iscrizione al fondo

indennità impiegati — Restituzione dei premi — Competenza

(Cod. proc. civ., art. 409; r.d.l. 8 gennaio 1942 n. 5, gestione

speciale degli accantonamenti dei fondi di indennità dovute

dai datori di lavoro ai propri impiegati in caso di risoluzione

del rapporto di lavoro).

La controversia concernente la restituzione, da parte dell'Ina, di somme ricevute come premi del contratto di assicurazione

di dipendenti, sostitutivo dell'iscrizione al fondo per l'inden

nità degli impiegati, stipulato dal datore di lavoro ai sensi

dell'art. 4 r.d.l. 8 gennaio 1942 n. 5, rientra nella competenza del pretore in funzione di giudice del lavoro, ex art. 409, n.

1, c.p.c. (1)

(1) Le sezioni unite avallano l'orientamento espresso, in fattispecie del tutto similare, dalla sezione lavoro con la sentenza 4 ottobre 1989, n. 3986, Foro it., Rep. 1989, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 40.

A tal fine hanno osservato, sempre con richiamo a giurisprudenza costante, che devono considerarsi controversie relative a rapporto di lavoro subordinato tutte quelle in cui la pretesa fatta valere in giudizio si ricolleghi direttamente a tale rapporto che, ancorché non costituendo

ragione della domanda, si presenti come antecedente e presupposto ne cessario della situazione di fatto in ordine alla quale viene invocata la tutela giurisdizionale; a nulla rilevando che le parti in giudizio non siano il datore di lavoro ed il lavoratore (tanto più che nella specie, hanno evidenziato le sezioni unite, la pronuncia è destinata ad incidere su dirito del lavoratore, costituendo il contratto oggetto della domanda un'assicurazione per conto di chi spetta, ex art. 1891 c.c.).

In costante applicazione di tale principio di massima, sono state con siderate devolute alla competenza del giudice del lavoro:

— la controversia promossa dal'datore di lavoro nei confronti di alcuni suoi dipendenti quali membri della r.s.a. e avente ad oggetto la richiesta di risarcimento del danno subito dall'azienda per effetto di uno sciopero proclamato dagli stessi ed effettuato con modalità ille

gittime: Cass. 2 settembre 1995, n. 9280, id., Rep. 1996, voce cit., n.

43, e Notiziario giurisprudenza lav., 1996, 269 (cfr. in tal senso anche Pret. Roma 20 febbraio 1995, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 53, e Lavoro giur., 1995, 748);

— la controversia instaurata dal lavoratore subordinato per consegui re il pagamento dell'indennità a lui spettante per il danno derivante dalla mancata attuazione della direttiva Cee n. 987 del 1980, ai sensi dell'art. 2, 7° comma, d.p.r. 80/92: v., per tutte, Cass. 11 novembre

1994, n. 9475, Foro it., 1995, I, 831, con nota di Monnini; — la controversia promossa dal datore di lavoro per ottenere dal

dipendente il rimborso di somme indebitamente percepite in relazione al pregresso rapporto di lavoro: Cass. 6 maggio 1994, n. 4419, id., Rep. 1994, voce cit., n. 60, e Impresa, 1994, 1687;

— la causa concernente la responsabilità del soggetto che, quale cu stode sequestratario giudiziario nonché amministratore della società da trice di lavoro, abbia posto in essere comportamenti tali da pregiudica re il credito retributivo del lavoratore: Cass. 8 aprile 1994, n. 3311, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 57, e Riv. giur. lav., 1995, II, 561;

— la domanda proposta dal dipendente per il risarcimento dei danni subiti a causa di un'imputazione penale derivante da denuncia sporta dal datore di lavoro in relazione a fatti connessi allo svolgimento del l'attività lavorativa: Cass. 2 marzo 1994, n. 2049, Foro it., Rep. 1995, voce cit., n. 58, e Riv. giur. lav., 1995, II, 562.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Svolgimento del processo. — 1. - L'Azienda farmaceutica mu

nicipalizzata di Ferrara conveniva in giudizio l'Ina e, con la

citazione notificata il 13 maggio 1985, lo invitava a comparire davanti al Tribunale di Roma.

Esponeva d'aver stipulato con l'Ina un contratto di assicura

zione sostitutivo dell'iscrizione al fondo per l'indennità agli im

piegati, secondo quanto previsto dall'art. 4 r.d.l. 8 gennaio 1942

n. 5, conv. in 1. 2 ottobre 1942 n. 1251. Il 16 marzo 1982, mediante formale disdetta, aveva risolto il contratto e chiesto

il rimborso delle somme versate.

Il rifiuto opposto dall'Ina a tale richiesta era da considerare

illegittimo alla luce della sopravvenuta 1. 29 maggio 1982 n.

297. La soppressione del fondo, disposta dalla legge, doveva

considerarsi avere determinato l'abrogazione dell'intero sistema

predisposto dal legislatore del 1942 e la conseguente inefficacia

delle clausole dei contratti di assicurazione, che vincolavano a

favore dei dipendenti assicurati e dei loro aventi causa le som

me versate dai datori di lavoro.

L'azienda concludeva chiedendo che l'Ina fosse condannato

a restituire le somme che gli erano state versate in esecuzione

del contratto, di cui indicava l'importo in lire 373.327.955, ed

al risarcimento del danno.

2. - L'Ina si costituiva in giudizio e resisteva all'accoglimento della domanda.

Esponeva che, con la convenzione n. 9259 del 23 settembre

1970, era stato stabilito che l'azienda, alla data di decorrenza

dell'assicurazione, avrebbe versato un premio unico pari alle

indennità di anzianità maturate a favore di ciascun dipendente assicurato e un premio annuo pari alla crescenza annua della

medesima indennità. Indennizzi e rischi considerati dal contrat

to erano i seguenti: un capitale liquidabile a scadenza, per l'ipo tesi che il dipendente assicurato fosse in vita; un capitale liqui dabile immediatamente agli aventi diritto, in caso di premorien za dell'assicurato; un capitale liquidabile immediatamente, in

caso di invalidità permanente dell'assicurato, verificatosi durante

il decorso del contratto; un valore di riscatto, in caso di defini

tiva cessazione del rapporto di lavoro, pari alla riserva matema

tica netta del contratto aumentata del valore di riscatto degli utili maturati con un minimo pari alla somma del premio unico

e del cumulo dei premi annui corrisposti dall'azienda contraente.

L'Ina sosteneva che con il contratto erano stati assunti per

ogni singolo dipendente assicurato, su una base di calcolo

demografico-attuariale, obbligazioni collegate ad eventi futuri

ed incerti, tipici di ogni contratto di assicurazione, quali gli eventi

di morte ed invalidità, oltre all'obbligazione di corrispondere l'indennità integrativa dal n. 2/B dell'art. 3 r.d.l. n. 5 del 1942:

la convenzione e la sua causa si presentavano autonome rispet to al meccanismo di accantonamento prefigurato dal legislatore del 1942 con il fondo poi soppresso dalla legge del 1982 e, nel

silenzio della legge, che aveva disposto riguardo agli accantona

menti presso il fondo, ma non anche per gli accantonamenti

attuati con i contratti di assicurazione, doveva ritenersi che il

vincolo su tali accantonamenti permanesse pur dopo l'entrata

in vigore della legge. 3. - Il Tribunale di Roma rigettava la domanda e la decisione

veniva confermata dalla corte d'appello con la sentenza 19 feb

braio 1992.

4. - I giudici di merito, dopo avere discusso gli argomenti di segno opposto desumibili dalle precedenti sentenze di questa

corte, hanno indicato le ragioni che li inducevano a preferire la soluzione della persistenza del vincolo, secondo l'impostazio ne seguita nella sentenza 10 dicembre 1987, n. 9121 (Foro it.,

Rep. 1987, voce Assicurazione (contratto), n. 103), alla tesi del

la sua cessazione, invece accolta dalla sentenza 4 ottobre 1989, n. 3986 (id., Rep. 1989, voce Lavoro e previdenza (controver

sie), n. 40). Hanno ulteriormente considerato che, nel caso sottoposto al

loro esame, la convenzione aveva avuto lo scopo di garantire al personale dipendente dall'azienda un trattamento previden ziale più ampio di quello conseguibile con l'iscrizione al fondo

e ne hanno desunto due ulteriori considerazioni: che l'annulla

mento del vincolo negoziale agirebbe in senso peggiorativo sul

trattamento di fine rapporto realizzato dal contratto, stipulato come contratto a favore di terzo; che la stipulazione di condi

zioni per il personale dipendente più favorevoli di quelle pre scritte dalla legge del 1942 costituiva conferma dell'autonomia,

rispetto al dettato legislativo, della decisione dell'azienda di ad

II Foro Italiano — 1998.

divenire al contratto assicurativo appunto al fine di vieppiù fa

vorire i propri lavoratori.

5. - L'Azienda farmaceutica municipalizzata di Ferrara ha

proposto ricorso per cassazione. L'Ina ha resistito con controri

corso. Le parti hanno ambedue depositato memorie.

Motivi della decisione. — 1. - Il ricorso contiene un motivo.

Il motivo per cui la ricorrente chiede la cassazione della sen

tenza è la violazione di norme di diritto (art. 360, n. 3, c.p.c., in relazione agli art. 1, 2, 3, 4, 8, 10 e 16 r.d.l. 8 gennaio 1942 n. 5 conv. in 1. 2 ottobre 1942 n. 1251; all'art. 2120 c.c.;

agli art. 2, 4 e 5 1. 29 maggio 1982 n. 297; agli art. 12 e 15

disp. prel. c.c.; agli art. 1362, 1371 e 1467 con riferimento agli art. 1882 ss. c.c.).

La ricorrente svolge in sinstesi tre argomenti. Il primo riprende senza varianti gli argomenti che sono stati

svolti nella sentenza 4 ottobre 1989, n. 3986 della sezione lavo

ro di questa corte; il secondo, senza far espressa menzione del

concetto, àncora il venir meno degli effetti del contratto ad una

vicenda di presupposizione ed individua nella sopravvenuta abro

gazione della disciplina del 1942 la ragione della risoluzione del

contratto di assicurazione, perché stipulato appunto sul presup

posto della vigenza di quella disciplina; il terzo è volto a dimo

strare che l'inserimento nei contratti assicurativi di condizioni

più favorevoli è un tratto non decisivo ai fini di affermare la

permanenza del vincolo sulle somme accantonate presso l'assi

curatore: ciò perché si trattava di un aspetto espressamente con

siderato dalla legge del 1942, rimasto superato dall'abrogazio

ne, contenuta nella legge del 1982, di tutte le norme che in pre cedenza disciplinavano i trattamenti di fine rapporto.

L'istituto resistente ha discusso e criticato gli argomenti espo sti nel motivo dal canto suo richiamandosi alle considerazioni

svolte nella motivazione della sentenza 10 dicembre 1987, n.

9121 della sezione prima. Le parti, infine, nelle successive memorie hanno discusso l'ar

gomento rappresentato dalla 1. 27 ottobre 1988 n. 482 dettata

per disciplinare il trattamento di quiescenza e di previdenza del

personale degli enti soppressi trasferito alle regioni, agli enti

pubblici ed alle amministrazioni dello Stato, che, all'art. 9.1, ha espressamente regolato lo svincolo delle polizze di assicura

zione stipulate per i trattamenti di fine servizio ai sensi della

legge del 1942.

2. - La corte deve pregiudizialmente rilevare che conoscere

della controversia sarebbe spettato al pretore in funzione di giu dice del lavoro (art. 409, n. 1, e 413, 1° comma, c.p.c.).

Tale competenza deve essere dichiarata di ufficio: art. 90.1, 1. 26 novembre 1990 n. 353 e 38, 1° comma, c.p.c., nel suo

testo originario. 3. - La domanda proposta dall'Azienda farmaceutica munici

palizzata di Ferrara è stata proposta per ottenere che un con

tratto di assicurazione del tipo preveduto dall'art. 4 r.d.l. 8 gen naio 1942 n. 5, che l'azienda aveva sostenuto d'aver stipulato come datore di lavoro ed in funzione di accantonamento dei

fondi per indennità di anzianità, fosse dichiarato risolto sulla

base della 1. 29 maggio 1982 n. 297 e che l'istituto assicuratore

fosse condannato a restituirle i fondi che alla data della doman

da ancora risultavano accantonati presso di lui.

Si tratta d'una controversia che, come è già stato affermato

dalla corte nella sentenza 4 ottobre 1989, n. 3986, rientra tra

quelle relative al rapporto di lavoro subordinato.

Sono infatti tali, secondo la costante giurisprudenza della corte, tutte le controversie in cui la pretesa fatta valere in giudizio si ricolleghi direttamente al detto rapporto, nel senso che que

sto, pur non costituendo la ragione della domanda, si presenti come antecedente e presupposto necessario, non meramente oc

casionale, delle situazioni di fatto in ordine al quale viene invo

cata la tutela giuisdizionale (Cass. 2 marzo 1994, n. 2049, id.,

Rep. 1994, voce cit., n. 62; 8 aprile 1994, n. 3311, ibid., n. 61; 6 maggio 1994, n. 4419, ibid., 60, tra le molte).

Nel caso il rapporto di lavoro e la disciplina del trattamento

di fine rapporto hanno costituito la ragione del contratto di

assicurazione e, secondo la domanda, la modificazione della di

sciplina legale di quel trattamento costituisce ostacolo al perdu rare della sua efficacia.

Non è d'ostacolo, d'altro canto, a che si configuri una con

troversia di lavoro la circostanza che parti del giudizio non sia

no e il datore di lavoro e il lavoratore subordinato (Cass. 9

luglio 1994, n. 6482, ibid., n. 68; 9 novembre 1994, n. 9339,

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2499 PARTE PRIMA 2500

ibid., n. 67; 11 novembre 1994, n. 9475, id., 1995, I, 831, tra le molte), anche se la corte deve osservare che, nel caso, la

pronuncia richiesta dal datore di lavoro contro l'assicuratore

è destinata ad incidere su un diritto del lavoratore.

Il contratto oggetto della domanda costituisce infatti certa

mente un'assicurazione per conto di chi spetta (art. 1891 c.c.) e la domanda, se accolta, avrebbe come effetto di far venir

meno l'obbligazione dell'assicuratore di eseguire le prestazioni

che, secondo il contratto, i dipendenti dell'azienda avrebbero

diritto di pretendere da lui al verificarsi dei casi di rischio in esso contemplati.

4. - La sentenza impugnata è cassata per violazione delle nor

me sulla competenza e la causa dovrà essere riassunta davanti

al pretore in funzione di giudice del lavoro.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 21 no vembre 1997, n. 11619; Pres. Fa vara, Est. Garofalo, P.M.

Morozzo Della Rocca (conci, diff.); Fondazione Gerini (Aw.

Favino) c. De Petris; De Petris (Aw. Vaccarella) c. Fonda

zione Gerini. Dichiara inammissibile ricorso avverso Pret. Ro

ma 23 luglio 1994.

Cassazione civile — Procura alle liti — Procura anteriore all'at

to da impugnare e contenente mandato anche «ad negotia» — Inammissibilità (Cod. proc. civ., art. 365).

Ausiliari del giudice — Curatore dell'eredità giacente — Liqui dazione del compenso — Competenza (Cod. proc. civ., art.

68; disp. att. cod. proc. civ., art. 52). Cassazione civile — Ricorso straordinario — Insufficienza e con

traddittorietà della motivazione — Inammissibilità (Cost., art.

111).

È inammissibile il ricorso per cassazione ove la procura ex art.

365 c.p.c. risulta conferita in data anteriore al provvedimento

impugnato e priva del carattere di specialità perché contenen

te mandato non solo ad litem ma anche ad negotia. (1)

Competente a liquidare il compenso al curatore dell'eredità gia cente è il pretore che lo ha nominato. (2)

(1) La massima si colloca in linea con la dominante interpretazione della Suprema corte del disposto dell'art. 365 c.p.c., nella parte in cui richiede espressamente che il ricorso per cassazione sia «sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto nell'apposito albo, munito di procura speciale».

Primo requisito necessario per garantire la «specialità» della procura ex art. 365, è costituito dalla posteriorità della stessa alla pubblicazione della sentenza impugnata con il ricorso (cfr., da ultimo, Cass. 19 marzo

1994, n. 2628, Foro it., Rep. 1994, voce Cassazione civile, n. 115, che ha ritenuto inidoneo a sanare il difetto di specialità della procura ante riore al deposito della sentenza impugnata il rilascio di procura speciale in data posteriore alla proposizione del ricorso, rilevando la successiva

procura solo al fine di abilitare il difensore del resistente a partecipare alla discussione orale; 14 luglio 1986, n. 4547, id., 1987, I, 1831, con nota di richiami; negli stessi termini, ma con riferimento alla sottoscri zione ad opera della parte di un atto di ricognizione del contenuto del

pregresso mandato, ove tale atto non possa di per sé valere come auto noma procura speciale; 18 giugno 1985, n. 3658, id., Rep. 1985, voce

civ., n. 59). (2) Con la presente pronuncia, le sezioni unite risolvono un contra

sto che si è venuto a creare tra le sezioni semplici in seguito a Cass. 24 ottobre 1995, n. 11046, Foro it., Rep. 1996, voce Successione eredi taria, n. 68, e Giust. civ., 1996, I, 388, che, ponendosi consapevolmen te in contrasto con la precedente costante giurisprudenza, ha ritenuto che la liquidazione del compenso del curatore dell'eredità giacente esuli dai poteri del giudice camerale, sulla base di due principali argomenti: in materia relativa a diritti soggettivi il giudice, in tutti i casi in cui non sia diversamente disposto, può pronunciare solo in seguito ad ordi nario giudizio contenzioso, ed inoltre deve escludersi l'applicazione de

II Foro Italiano — 1998.

Il ricorso straordinario per cassazione ex art. Ill Cost, consen

te la denuncia di violazione di legge o dell'assenza totale di

motivazione, ma non anche censure riguardanti l'insufficien te o contraddittoria esposizione dei motivi del provvedimento

impugnato. (3)

Fatto e svolgimento del processo. — 1. - Con testamento olo

grafo pubblicato l'8 giugno 1990 Alessandro Gerini nominò sua

gli art. 65 e 68 c.p.c. (che per gli ausiliari attribuiscono al giudice che li ha nominati la competenza sulla liquidazione del compenso) al cura tore dell'eredità giacente, che non adempie funzioni strumentali ad un

provvedimento giudiziario. Discostandosi da tale isolata decisione, le sezioni unite sono tornate

a confermare il tradizionale e già consolidato orientamento in tema di

liquidazione del compenso del curatore dell'eredità giacente, in conside razione del fatto che quest'ultimo costituisce un organo ausiliare del

giudice che lo ha nominato (infatti, gli art. 528 ss. c.c. attribuiscono al pretore il compito di provvedere alla conservazione del patrimonio ereditario allorché ricorrano i presupposti della giacenza; il pretore può non essere in grado di compiere da solo le relative e molteplici attività

e, quindi, doversi rivolgere ad esperti ex art. 68 c.p.c.; dalla disciplina del codice di procedura civile emerge chiaramente la strumentalità del l'attività del curatore rispetto a quella del pretore; la mancata inclusio ne del curatore nell'elenco degli ausiliari ex art. 68 c.p.c. non è di osta colo a tale interpretazione, perché non si tratta di elenco tassativo).

Conseguentemente, ha ritenuto di competenza del pretore stesso la

liquidazione del compenso del curatore, ex art. 68 c.p.c. e 52 disp. att. c.p.c.

Il codice non definisce il concetto di eredità giacente, ma si limita a stabilirne i presupposti (mancata accettazione dell'eredità da parte del chiamato ed il non essere lo stesso nel possesso dei beni ereditari), in presenza dei quali l'autorità giudiziaria — ossia, fino ad oggi, il

pretore del mandamento in cui si è aperta la successione; ma, una volta attuata la riforma di cui al d.leg. 19 febbraio 1998 n. 51 di istituzione del giudice unico di primo grado, il tribunale del circondario in cui si è aperta la successione stessa — provvede a nominare un curatore, con l'incarico di amministrare e conservare il patrimonio ereditario per il periodo intercorrente tra la morte del de cuius e l'accettazione dell'e redità.

La giurisprudenza ha progressivamente provveduto a colmare le nu merose lacune legislative — non solo del codice civile ma anche del codice di procedura — in ordine alla disciplina del curatore dell'eredità

giacente, e, per quanto in particolare concerne la disciplina della liqui dazione del compenso si è ormai consolidata sui seguenti principi:

a) La liquidazione del compenso del curatore dell'eredità giacente è di competenza del pretore che lo ha nominato, così come accade per ogni ausiliare del giudice. Né la chiusura del procedimento di eredità

giacente conseguente all'accettazione dell'eredità comporta la perdita del potere del pretore di liquidare il compenso dovuto al curatore poi ché, al contrario, ne costituisce il presupposto (Cass. 12 luglio 1991, n. 7731, Foro it., Rep. 1992, voce cit., nn. 42, 44-46).

b) Il pretore, nella liquidazione del compenso del curatore, ha poteri ampiamente discrezionali e non applica alcuna tariffa professionale, ma deve liquidarne il compenso secondo il suo prudente apprezzamento, valutando la natura, l'entità ed i risultati della gestione, e giustificando con adeguata motivazione i criteri adottati: Cass. 28 novembre 1991, n. 12767, ibid., n. 43; 12 luglio 1991, n. 7731, cit., che ha ritenuto che il pretore possa prendere in considerazione, in via orientativa, non la professione esercitata dal curatore, bensì la natura tecnica prevalente delle attività richieste per l'espletamento dell'incarico.

c) Poiché è principio di ordine generale che la garanzia del contrad dittorio debba essere applicata ai procedimenti di volontaria giurisdizio ne tutte le volte che sia identificabile un controinteressato, il curatore dell'eredità giacente, che voglia ottenere la liquidazione del compenso per l'incarico espletato, deve proporre l'istanza nei confronti degli aventi diritto all'eredità (perché sono costoro che, in ultima analisi, dovranno

corrispondergli il compenso) ed istituire nei loro riguardi il contraddit torio, a pena di nullità del procedimento di liquidazione e di inefficacia dello stesso nei confronti dei contraddittori necessari non sentiti (Cass. 29 ottobre 1987, n. 8000, id., Rep. 1987, voce Camera di consglio, n. 10; 22 maggio 1986, n. 3409, id., Rep. 1986, voce Successione eredi taria, n. 35; 13 agosto 1985, n. 4433, id.. Rep. 1985, voce Camera di consiglio, n. 5, e voce Successione ereditaria, n. 36).

d) Quanto alla natura giuridica del provvedimento di liquidazione, si ritiene che esso, sebbene adottato con procedimento di camera di

consiglio, abbia carattere giurisdizionale decisorio essendo diretto a di rimere l'eventuale conflitto di interessi tra il titolare dell'ufficio privato e coloro che sono tenuti a corrispondere il relativo compenso, nonché valore definitivo, non essendo suscettibile di riesame da parte del giudi ce che l'ha emesso. Pertanto, il provvedimento di liquidazione può es sere oggetto di impugnazione ex art. Ill Cost.: in tal senso, Cass. 21

luglio 1988, n. 4742, id., Rep. 1988, voce cit., n. 35; 29 ottobre 1987, n. 8000, cit.; 22 maggio 1986, n. 3409, cit.; 13 agosto 1985, n. 4433, cit.; 17 aprile 1981, n. 2329, id., Rep. 1981, voce Camera di consiglio,

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