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Sezioni unite civili; sentenza 25 maggio 1984, n. 3221; Pres. F. Greco, Est. Taddeucci, P. M. Sgroi...

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Sezioni unite civili; sentenza 25 maggio 1984, n. 3221; Pres. F. Greco, Est. Taddeucci, P. M. Sgroi V. (concl. conf.); Sodini (Avv. Battaglia, Corsi) c. Guidi (Avv. De Vita). Cassa App. Firenze 18 settembre 1980 Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 11 (NOVEMBRE 1984), pp. 2783/2784-2789/2790 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23177638 . Accessed: 28/06/2014 12:10 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.79 on Sat, 28 Jun 2014 12:10:57 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezioni unite civili; sentenza 25 maggio 1984, n. 3221; Pres. F. Greco, Est. Taddeucci, P. M.Sgroi V. (concl. conf.); Sodini (Avv. Battaglia, Corsi) c. Guidi (Avv. De Vita). Cassa App. Firenze18 settembre 1980Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 11 (NOVEMBRE 1984), pp. 2783/2784-2789/2790Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23177638 .

Accessed: 28/06/2014 12:10

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2783 PARTE PRIMA 2784

Tale duplice scopo è stato perseguito procedendo, da un lato, ad

una ricognizione dei diritti sindacali essenziali, prevedendo la

formazione nei luoghi di appositi organismi rappresentativi, intro

ducendo istituti nuovi nelle relazioni fra datori di lavoro e

dipendenti; da un altro lato, considerando che l'attività sindacale,

per essere efficace, deve potersi esplicare liberamente ed immedia

tamente, non sopportando essa altre limitazioni e remore che non

siano quelle derivanti dal rispetto di altri interessi, generali o

individuali, ritenuti dall'ordinamento di pari rilevanza. Appunto a soddisfare questo secondo tipo di esigenze dei diritti sindacali è

preordinato l'art. 28, ili quale, anzitutto mercé la generica previ sione di « comportamenti » del datore di lavoro non meglio determinati se non nella loro « direzione », si pone come norma di chiusura che accomuna a quelli desumibili da espresse previ sioni della legge stessa qualunque altro caso di impedimento o di limitazione dell'esercizio della libertà e dell'attività sindacale nonché del diritto di sciopero, tutti rendendoli reprimibili (v. sul

punto Cass. 15 luglio 1983, n. 4859, id., Rep. (1983, voce cit., n.

150); in secondo luogo, apprestando una procedura giudiziale di

accertamento e di rimozione dell'illecito non solo dominata dal

l'urgenza, ma anche caratterizzata da immediata effettività, tanto da essere assistita persino da misure di carattere penale.

In tale quadro, l'inserimento del requisito teleologico fra quelli tipici dell'illecito sindacale si rivela ictu oculi come un'operazione contrastante frontalmente con gli scopi della disciplina in esame

già per il fatto che subordina la tutela dei diritti sindacali non alla condizione che essi siano stati lesi o posti in pericolo dalla condotta del datore di lavoro, ma alla intenzione parva di costui,

quasi che la punizione di siffatto dolo e non la salvaguardia di

quei diritti sia stato il vero fine dell'intervento legislativo del 1970. Incongruenza codesta, che è aggravata dalla mancanza di una qualsiasi dimostrazione la quale, andando oltre l'acritica assunzione di uno dei vari significati letterali della formula normativa (di per sé neppure univoca, come s'è visto), dia ragione della differenza di trattamento fra ipotesi che presentano uguali bisogni di tutela, in tutte rimanendo identico pur sempre l'inte resse giuridicamente rilevante.

Né basta. Se si considera che l'inosservanza del decreto pretorile o della sentenza che ordinano la cessazione del comportamento antisindacaile è punita come contravvenzione, a norma dell'art. 650 c.p., si ha che secondo la tesi « teleologica » per il com

portamento penalmente illecito sarebbe richiesto un elemento

psicologico meno intenso di quello richiesto, invece, per il com

portamento illecito solo civilmente, ossia per quello anteriore alla

pronuncia del giudice, certamente meno grave.

Ben altra coerenza con le linee fondamentali della legge di mostra la interpretazione secondo cui « comportamenti diretti a »

significa « comportamenti rivolti contro », ossia comportamenti non necessariamente finalizzati al ledere e neppure immediata mente lesivi, ma solo capaci di provocare lesione all'interesse

protetto. È insomma l'aggressione in sé che viene repressa, perché già essa pone in pericolo la libertà o l'attività sindacale nell'am biente di lavoro in cui queste sono legittimate a svolgersi. Per

conseguenza, anche l'indagine sul concreto pregiudizio che possa aver subito il sindacato come effetto della condotta del datore di lavoro diviene ultronea: ciò che occorre verificare — ed è

compito da adempiere con il debito rigore, al fine di impedire che abusandosi dell'indeterminatezza dell'illecito sindacale si ri corra all'art. 28 per contrastare azioni che non riguardano i

rapporti da esso tutelati — è la obiettiva idoneità della condotta denunciata a produrre il risultato che la legge intende impedire.

Certamente, neanche questo accertamento vale ad esaurire sen z'altro l'impegno del giudice, perché la possibilità, dimostrata dalla comune esperienza, che un atto del datore di lavoro abbia

ripercussioni contemporaneamente nella materia sindacale e in

quella dei rapporti di lavoro impone di stabilire, in non pochi casi, se quell'atto sia giustificato dalla disciplina del rapporto di lavoro malgrado esso appaia contrario agli interessi del sindacato. Ma a tale esigenza — che, ove si volesse rimanere fedeli

all'orientamento giurisprudenziale qui disatteso, dovrebbe superarsi ritenendo assorbente l'intento antisindacale in quanto elemento caratterizzante dell'atto — è dato venire incontro rammentando

che, se sussiste quella giustificazione, non può esservi nel contem

po comportamento antisindacale, perché ciò si risolverebbe in una intriseca contraddittorietà dell'ordinamento, il quale non può consentire e vietare la medesima cosa. Se il provvedimento in

contestazione costituisce corretto esercizio di un diritto del datore di lavoro nei confroti del lavoratore, non solo quest'ultimo, ma

neppure il sindacato è legittimato a dolersene, in quanto non ha

ragion d'essere una tutela del sindacato che sia per un verso in contrasto con diritti altrui e per un altro verso in difesa di

posizioni individuali non meritevoli di considerazione: una tutela,

cioè, rivolta a mantenere situazioni antigiuridiche. Alla stregua delle considerazioni sin qui svolte, il ricorso

merita dunque accoglimento solo per quanto di ragione. Di

conseguenza la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa

va rimessa ad altro giudice di merito, il quale la riesaminerà

secondo le direttive sopra indicate. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 25

maggio 1984, n. 3221; Pres. F. Greco, Est. Taddeucci, P.M. Sgroi V. (conci, conf.); Sodini (Avv. Battaglia, Corsi) c. Guidi

(Aw. De Vita). Cassa App. Firenze 18 settembre 1980.

Titoli di credito — Cambiale — Azione causale — Offerta in restituzione e deposito della cambiale — Oneri — Adempi mento — Limiti (R.d. 14 dicembre 1933 n. 1669, norme sulla cambiale e il vaglia cambiario, art. 66).

Il creditore che agisca con azione causale, valendosi di cambiali

quale prova del proprio credito, può adempiere agli oneri

dell'offerta reale e del deposito dei titoli presso la cancelleria del giudice in un qualsiasi momento del giudizio di merito,

purché non oltre la precisazione delle conclusioni, ed è dispen sato dall'osservanza di tali oneri qualora l'azione cambiaria sia

prescritta. (1)

Svolgimento del processo. — Con ricorso ex art. 638 c.p.c., depositato il 4 settembre 1973 Italia Sodini chiese al presidente del Tribunale di Pistoia che fosse ingiunto a Graziana Guidi di

pagarle la somma di lire 11 milioni, oltre agli interessi ed alle

spese, producendo quale prova scritta del credito undici vaglia cambiari con scadenza in date varie comprese tra il 16 luglio ed il 20 dicembre 1970, emessi tra il 3 giugno ed il 20 agosto dello stesso anno dalla società italiana Gestione cartiere di Pietrabuona, (società a responsabilità limitata dichiarata fallita con sentenza del 6 luglio 1971) in favore della predetta Guidi e da costei

girati alla ricorrente.

(1) Viene cosi risolto il conflitto giurisprudenziale tra le sezioni della Corte di cassazione insorto a seguito di Cass. 22 giugno 1978, n. 3078, Foro it., 1979, I, 1836, con nota critica verso la costruzione in termini di presupposto processuale, ma sostanzialmente favorevole di E. Sabatelli. In tale sentenza si affermava, in contrasto con la giurisprudenza precedente della Cassazione, che l'offerta in restituzione della cambiale e il suo deposito in cancelleria, oneri prescritti al creditore cambiario che agisca ex causa, costituendo presupposti pro cessuali dell'azione causale, dovevano essere compiuti, a pena di improcedibilità della domanda, all'atto della proposizione della stessa.

Di diverso avviso sono le sezioni unite. Qui infatti, abbandonata la tradizionale impostazione in termini di presupposti processuali e condi zioni dell'azione, i giudici hanno preferito muovere dalla funzione della norma, giustamente individuata nella tutela del debitore convenu to, sia nel senso di garantirlo dal rischio di dover pagare due volte, ex causa e ex titulo, sia nel senso di offrirgli la possibilità di esperire a sua volta le azioni cambiarie cui avesse diritto, e hanno concluso nel senso che le ragioni del debitore erano sufficientemente garantite dall'adempimento di tali oneri, pur sopravveniente in corso di giudizio. Logico corollario è che la prescrizione delle azioni cambiarie dispensa l'attore dal deposito dei titoli.

'Nella dottrina più recente si vedano, tutti in senso conforme alla sentenza, Ruello, Offerta e deposito della cambiale come condizione dell'azione causale, in Banca, borsa, ecc., 1979, II, 156, Salvestroni, Offerta in restituzione e deposito della cambiale: condizioni dell'azione causale o presupposti processuali?, in Riv. dir. comm., 1979, II, 181 (il quale però preferisce parlare ancora di condizioni dell'azione), e Franzoni, Sul rapporto fra azione causale e azione cartolare, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1983, 924. Si veda anche la rassegna di Scordo, Esercizio dell'azione causale, offerta in restituzione e deposito della cambiale nella giurisprudenza e nella dottrina più recenti, in Dir. e giur., 1983, 290.

Copiosa la giurisprudenza della Cassazione successiva al 1978. Si riscontra però una sola pronuncia contraria all'indirizzo ora seguito <Cass. 11 ottobre 1979, n. 5300, Foro it., Rep. 1979, voce Titoli di credito, n. 55, ma v. pure App. Lecce 31 dicembre 1981, Giust. civ., 1982, I, 1046) e molte pronunce conformi, sia pur con accenti diversi (Cass. 26 aprile 1979, n. 2404, Foro it., Rep. 1979, voce cit., n. 61; 10 luglio 1979, n. 3947, ibid., n. 66; 16 ottobre 1979, n. 5409, ibid., n. 65; 12 luglio 1979, n. 4046, ibid., n. 86; 20 dicem bre 1980, n. 6577, id., Rep. 1980, voce oit., n. 50; 13 marzo 1980, n. 1683, ibid., n. 52; 22 luglio 1981, n. 4711, id., Rep. 1981, voce cit., n. 43, tutte citate in motivazione, cui adde Cass. 13 dicembre 1980, n. 6460, id., Rep. 1980, voce cit., n. 51; 11 novembre 1982, n. 5973, id., Rep. 1982, voce cit., n. 36; 30 luglio 1983, n. 5242, id., Rep. 1983, voce cit., n. 55).

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Avverso il decreto ingiuntivo, concesso il 10 luglio 1973 e

notificato il 13 agosto successivo, la Guidi proponeva tempestiva

opposizione, convenendo la Sodini davanti al Tribunale di Pistoia

per sentire, in via principale, dichiarare nullo il decreto ed in via

subordinata per sentir condannare la controparte al risarcimento

dei danni per un ammontare equivalente all'importo delle cambia

li, ed operare la compensazione totale tra i due crediti.

L'opponente deduceva, in linea di fatto, che, essendo ella con

la Sodini uniche socie iti parti eguali della società e rappresentan te legale di questa il marito della Sodini, di comune accordo

avevano stabilito la creazione degli undici vaglia cambiari, con

firme di girata delle socie, per ottenere più facilmente, mediante

10 sconto degli effetti, apporto di liquidità. Sosteneva, in linea di

diritto, la inesistenza di qualsiasi rapporto obbligatorio sottostante e la inammissibilità, comunque, dell'azione causale per la inosser

vanza delle prescrizioni indicate nell'art. 66 della legge cambiaria;

eccepiva, infine, tutte le prescrizioni e le decadenze delle azioni

cambiarie.

Radicatosi il contraddittorio, la Sodini instava per il rigetto della opposizione, assumendo che i vaglia cambiari erano stati

creati al fine di ottenere, mercè il loro sconto, il denaro occorren

te a sanare passività contratte dal marito della Guidi allorché

questi era stato l'amministratore della società; che quei titoli,

infine, erano stati ritirati e pagati con denaro proprio. Con sentenza del 14 giugno 1976 il tribunale rigettava la

opposizione al decreto ingiuntivo e la domanda risarcitoria ricon

venzionalmente avanzata dalla opponente. In ordine alle questioni che in questa sede di legittimità

interessano, i giudici di primo grado — premesso che la Sodini

aveva spiegato azione causale e non cambiaria, avvalendosi dei

titoli come di promesse di pagamento — osservavano che costei non era tenuta alla preventiva levata del protesto poiché la

Guidi, prenditrice dell'emittente, era priva di azione di regresso; che inoltre la Sodini aveva assolto al precetto dell'offerta reale

dei titoli cambiari ex art. 66 legge cambiaria, depositandoli in

cancelleria unitamente al ricorso per decreto ingiuntivo, ai sensi

dell'ultimo comma dell'art. 638 c.p.c., e depositandoli di nuovo in

sede di precisazione delle conclusioni nel giudizio di opposizione al decreto, sebbene quest'ultima incombenza non fosse piti neces

saria in quanto nel frattempo si era maturata la prescrizione di

ogni possibile azione cambiaria contro la opponente. Ma in accoglimento del gravame interposto dalla Guidi la

Corte d'appello di Firenze, con sentenza del 18 settembre 1980, dichiarava improcedibile l'azione causale fatta valere dalla Sodini

e revocava il decreto ingiuntivo opposto. Dopo avere precisato che nel ricorso introduttivo d titoli cambiari erano stati indicati

qual « prova scritta » del credito e che per nessuno di essi

l'azione cambiaria era prescritta all'atto dell'esercizio dell'azione

causale (ravvisato nella data, 4 luglio 1973, del deposito del

ricorso per decreto ingiuntivo), i giudici di appello aderivano

all'indirizzo di questa corte regolatrice (Cass. 22 giugno 1978, in.

3078, Foro it., il979, I, 1836), secondo cui gli adempimenti

previsti all'art. 66 legge cambiaria, dell'offerta in restituzione della

cambiale e del suo deposito presso la cancelleria del giudice

competente, sono da annoverare nella categoria dei presupposti

processuali, l'esistenza dei quali è necessario che si verifichi sin

dal momento della proposizione dell'azione, e non già al momen

to in cui sulla stessa intervenga la decisione del giudice; e

secondo cui la (necessità di quegli adempimenti non viene meno

nella ipotesi che la prescrizione dell'azione cambiaria maturi

nell'intervallo tra i predetti due momenti, di modo che la loro

inosservanza determina la improcedibilità dell'azione causale.

Per la cassazione di questa sentenza Sodini ha proposto ricorso, sulla base di due mezzi di annullamento. La Guidi ha resistito

con controricorso, ampliandone le argomentazioni con successiva

memoria. La causa è stata assegnata a queste sezioni unite a

norma del 2° comma dell'art. 374 c.p.c. Motivi della decisione. — 1. - Con il primo motivo la ricorren

te — deducendo la errata applicazione del 3° comma dell'art. 66

della legge cambiaria — sostiene che gli adempimenti ivi previsti, dell'offerta in restituzione e del deposito della cambiale, costitui

scono condizioni sostanziali dell'azione causale e non presupposti

processuali di essa, con la conseguenza della sufficienza della loro

osservanza al momento della decisione della controversia, e non

anche in quello della prescrizione dell'azione causale. Segnala su

questo punto il carattere innovativo ed isolato della pronuncia di

questa corte regolatrice (sent. n. 3078 del 1978) alla quale i

giudici di appello hanno ispirato la propria decisione, rispetto al

precedente ed al successivo insegnamento della corte medesima.

Di quest'ultima ricorda ancora il principio, secondo cui gli

adempimenti in questione debbono intendersi compiuti con la

notificazione del decreto ingiuntivo emesso in base a cambiali,

11 Foro Italiano — 1984 — Parte I-l79.

perché per l'espresso dettato degli art. 638 e 641 c.p.c. i titoli debbono rimanere depositati fino alla scadenza del termine asse

gnato per la eventuale opposizione presso la cancelleria del

giudice che ha emesso il decreto e quindi il debitore può ritirarli

previo pagamento. Con il secondo motivo, poi, lamentando la omessa motivazione

su di un punto decisivo della controversia, la ricorrente sostiene

che, contrariamente all'avviso espresso dai giudici di merito, ella aveva inteso proporre (anche) un'azione cambiaria, mutandola (o concentrandola) in quella causale allorché con la opposizione al decreto ingiuntivo la controparte aveva posto in discussione la esistenza del rapporto obbligatorio sottostante alla trasmissione dei vaglia cambiari.

2. - Evidente è la priorità logica, rispetto al primo, di questo secondo, ambiguo, motivo di annullamento, come palese ne è la fondatezza.

Sotteso alla censura è l'inespresso richiamo al principio di diritto secondo cui la proposizione cumulativa o subordinata, nello stesso giudizio, dell'azione cambiaria e dell'azione causale esclude la necessità degli adempimenti della offerta in restituzione e del deposito dei titoli di eredito (cfr. Cass. n. 3389 del 1973, id.,

iRep. 1973, voce Titoli di credito, n. 47; n. 21 del 1967, id., Rep. 1967, voce cit., n. 88; nn. 3483 e 3030 dell 1957, id., Rep. 1957, voce

cit., on. 102, 99; n. 4232 del 1954, id., Rep. 1954, voce cit., n. 182).

Senonché, sia in primo che in secondo grado, i giudici di

merito hanno con corretta motivazione (ed aderendo del resto alla tesi in quelle sedi sostenuta dalla difesa della Sodini) evinto dal rilievo che nel ricorso per decreto ingiuntivo era stato fatto

riferimento alle cambiali esclusivamente come prova documen

tale del credito la conclusione ohe la ricorrente avesse inteso far valere in giudizio soltanto l'azione causale, utilizzando i titoli

quali mere promesse di pagamento. Conclusione, questa, che oltre ad essere suffragata da costante insegnamento giurispruden ziale (cfr., tra le altre, Cass. n. 5304 del 1978, id., Rep. 1978, voce cit., n. 57; nn. 340 e 70 del 1975, id., Rep. 1975, voce

cit., nn. 53, 54; n. 1230 del 1973, id., 1973, I, 2044; n. 3899 del 1968, id., Rep. 1969, voce cit., n. 105, e n. 199 del 1955, id.,

Rep. 1955, voce Ingiunzione, n. 22), rispecchia un giudizio di

fatto, circa la interpretazione della domanda, rimesso al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità.

3. - Il rigetto del secondo motivo del ricorso rende quindi inevitabile l'esame della questione, che il primo motivo solleva, della incidenza della prescrizione dell'azione cambiaria maturata

nel corso del giudizio promosso con azione causale, sull'osservan za degli adempimenti previsti dal 3° comma dell'art. 66 della

legge cambiaria (r.d. 14 dicembre 1933 n. 1669). Sul punto questa corte regolatrice ha avuto occasione di

pronunziarsi espressamente più volte, ma indicando soluzioni

divergenti: sia nel senso della sufficienza che detti adempimenti risultino osservati al momento in cui la causa deve essere decisa

(Cass. 21 gennaio 1975, n. 242, id., Rep. 1975, voce Titoli di

credito, n. 49), con il corollario della loro superfluità quando la

prescrizione dell'azione cambiaria sia maturata dopo che l'azione

causale sia stata proposta ma prima che sia decisa (Cass. 24

ottobre 1969, n. 3481, id., Rep. 1069, voce cit., n. 101, e, in tema

di assegno bancario, Cass. 7 febbraio 1961, n. 252, id., Rep. 1961, voce cit., n. 162); sia nel senso della necessità che quegli adempimenti siano realizzati al momento della proposizione del

l'azione causale, sempre che la prescrizione dell'azione cambiaria non sia in precedenza maturata; con la conseguenza che la loro

inosservanza determina la improcedibilità della domanda, anche

se l'azione cambiaria risulti prescritta al momento della decisione

(Cass. 22 giugno 1978, n. 3078, id., Rep. 1978, voce cit., n. 54). Detto contrasto — che riflette orientamenti discordi della

dottrina, peraltro favorevole in prevalenza alla prima soluzione —

sollecita ad un riesame della funzione, natura e modalità delle

condizioni previste dal 3° comma dell'art. 66 legge cambiaria, e, in definitiva, del suo ambito di applicabilità.

4. - Basi ferme dell'indagine sono che la disposizione ora citata

mira essenzialmente a regolare il concorso dell'azione causale con

quella derivante ex titulo, dettando regole intese al loro coordi

namento; che sul decorso della prescrizione dell'azione causale

(entro il termine che le è proprio, a seconda della natura del

rapporto da cui nasce) non esercita influenza alcuna la prescri zione dell'azione cambiaria; che, venuta meno la possibilità della

coesistenza del rapporto fondamentale con il rapporto cambiario

in ragione della diversa durata dei rispettivi termini prescriziona li, diviene inoperante l'onere del portatore della cambiale che

esercita l'azione causale, di offrire al debitore la restituzione del

titolo, ormai ridotto a chirografo, e di tenerlo a disposizione

presso la cancelleria del giudice (principio di diritto costantemen

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2787 PARTE PRIMA 2788

te affermato: cfr., oltre alle decisioni sopra menzionate, Cass. n.

6577 e n. 6460 del 1980, id., Rep. 1980, voce oit., on. 50, 51; il.

3270 e n. il913 del 1976, id., Rep. 1976, voce cit., nn. 71, 72; n.

1199 del 1972, id., Rep. 1972, voce cit., n. 62; n. 1232 del 1970, id., Rep. 1970, voce cit., n. 83; n. 2300 del 1969, id., Rep. 1969, voce cit., n. 102; n. 853 del 1967, id., Rep. 1967, voce cit., n. 99; n. 1373 del I960, id., Rep. 1960, voce cit., n. 132; n. 749 del

1958, id., Rep. 1958, voce cit., n. 150; n. 4232 del 1954, id., Rep. 1954, voce cit., n. 182; n. 1952 e n. 1&13 del 1948, id., Rep. 1948, voce Effetto cambiario, nn. 34, 36).

Per quanto concerne la funzione in vista della quale gli adempimenti in questione sono imposti, è comunemente recepito l'avviso che essi debbono assolvere ad una duplice esigenza: a) di tutelare il debitore convenuto contro il rischio di pagare una seconda volta in forza dell'azione cambiaria, dopo essere stato condannato a pagare in base all'azione causale; b) di consentire al debitore adempiente — e comunque condannato al pagamento in forza del rapporto causale, poiché in tal caso il creditore

vittorioso dispone già di un titolo esecutivo — di ottenere la restituzione delle cambiali depositate presso la cancelleria, al fine di esercitare le azioni cambiarie eventualmente spettantigli. Oc

corre, a quest'ultimo riguardo, ricordare che secondo l'inse

gnamento di questa corte, sebbene l'ultima parte del 3° comma dell'art. 66 1. c., imponga al portatore delle cambiali di adempiere le formalità necessarie per conservare al debitore le eventuali

« azioni di regresso », tale espressione va intesa in senso com

prensivo di tutte le azioni cambiarie spettanti a qualsiasi debitore

esecutato, e quindi anche dell'azione cambiaria diretta che com

pete, nei confronti dell'emittente, al girante prenditore, data la ratio della norma, mirante a tutelare egualmente tutti i debitori cambiari convenuti in giudizio con azione causale (cfr. Cass. n.

2404 del 1979, id., Rep. 1979, voce Titoli di credito, n. 61; n.

4121, id., Rep. 1976, voce cit., n. 73, e n. 1913 del 1976, ibid., n.

71; n. 2530 del 1967, id., Rep. 1968, voce cit., n. 84, e n. 2510 del il 966, id., Rep. 1966, voce cit., n. 86).

5. - Ora, attesa la funzione cautelativa degli adempimenti dell'offerta in restituzione del deposito delle cambiali, intesi al

contemperamento degli interessi delle parti del giudizio ex causa — nel quadro del coordinamento tra rapporto fondamentale e

rapporto cambiario e nel perseguimento di finalità esterne al

processo — appare innegabile, conformemente a quanto la

prevalente dottrina sostiene, il carattere relativo e non assoluto della norma in esame, in quanto ancorata all'esistenza di presup

posti non sempre ricorrenti, oltre al suo valore dispositivo, in

quanto volta alla tutela di esigenze proprie e non eccedenti i limiti della privata difesa del debitore convenuto.

Ne deriva la impossibilità di attribuire agli adempimenti in

questione i connotati di veri e propri presupposti processuali, direttamente incidenti sulla costituzione del rapporto processuale; essendo di questi ultimi peculiari caratteristiche il riferimento a

profili pubblicistici del processo e la regolamentazione mediante norme processuali cogenti, sulla osservanza delle quali il giudice deve invigilare ex officio.

Né è dato ravvisare, in concreto, quale ulteriore, pubblico interesse la norma mirerebbe a soddisfare in aggiunta all'esigenza immediata di tutela della posizione giuridica soggettiva del debi

tore cambiario; dal momento che essa non detta vincoli e

condizionamenti all'esercizio dell'attività istruttoria del giudice, né

prende in considerazione interessi di soggetti estranei al rapporto causale, ma si limita ad addossare al creditore — a garanzia del debitore e sempre che ragioni di garanzia siano fondatamente invocata — oneri specifici, ma eventuali, additivi rispetto a quelli normali, di deduzione e di prova, occorrenti per il favorevole esito dell'azione.

Oneri, dunque, che pur concretandosi in modalità di esercizio del diritto sostanziale — dato che l'offerta di restituzione delle cambiali dovrebbe accompagnare la richiesta di pagamento del debito in base al rapporto causale, anche se avanzata fuori del

processo — non attengono all'area della prova legale circa il fondamento della domanda, né possono costituire oggetto di

poteri autoritativi del giudice (al quale non sarebbe certo consen tito di sopperire al mancato volontario loro adempimento con un

ordine di esibizione, strumento tipico per mettere a disposizione dell'ufficio documenti di cui si ritenga necessaria l'acquisizione al

processo), ma sono comunque collegati ad un interesse alla loro osservanza riconosciuto in capo al debitore. A quest'ultimo sol

tanto, in definitiva, di fronte alla resistenza del creditore e

sempre che ragioni obiettive di tutela sussistano, è consentito

rilevare, nel primo o nel secondo grado del giudizio, il mancato assolvimento di detti oneri quali circostanza impeditiva dell'esame nel merito della domanda: e sin tanto che tale facoltà di difesa

sussista, permane nel portatore delle cambiali, attore ex causa, il

corrispondente stato di assoggettamento al suo rispetto. In coerenza, appunto, con la costruzione ora esposta la giu

risprudenza di questa corte regolatrice ha del resto già avuto

occasione di affermare: che le condizioni poste del 2° e dal 3°

comma dell'art. 66 1. cambiaria integrano oneri finalizzati a

presiedere l'interesse del debitore cambiario (Cass. m. 6577 del

I960, id., Rep. 1980, voce cit., n. 50); che esse non costituiscono

condizioni dell'azione in senso proprio né adempimenti imposti nell'interesse pubblico (Cass. n. 972 del 1976, id., Rep. 1976, voce

cit., n. 67; nn. 3947 e 5409 del 1979, id., Rep. 1979, voce oit., nn. 65, 66); che pertanto la loro inosservanza non può essere rilevata d'ufficio (Cass. ti. 1115 del 1970, id., 1970, I, 1581, e

n. 242 del 1975, id., Rep. 1975, voce cit., n. 49); ma può solo costituire oggetto di eccezione in senso stretto i(Cass. n. 4711 del

1981, id., Rep. 1981, voce cit., n. 43); come tale non deducibile

per la prima volta in Cassazione (Cass. 4046 del 1979, id., Rep. 1979, voce cit., n. 86).

6. - Ribadita la validità del surrichiamato indirizzo — e

discontandosi da quello della sentenza n. 3078 del 1978 — la

questione del momento e delle modalità secondo i quali gli oneri

dell'offerta in restituzione e del deposito della cambiale debbono

essere soddisfatti, eccede la ricerca puramento definitoria della

loro natura ed investe l'esame della loro strumentalità: in quanto, se è vero che l'adempimento di quegli oneri crea, nell'immediato, una situazione processuale a vantaggio dell'onerato, per il chiesto

accoglimento dell'azione causale, ed in successivo e definitivo

riflesso, una situazione di tutela per il debitore perseguito, non è

men vero che qualora sia ab origine inconfigurabile o sia venuta

meno la situazione tutelandola, l'adempimento in questione si

risolve in formalismo fine a se stesso, privo di razionale giu stificazione e di concreta incidenza sulla definizione della contro

versia.

A questo punto, ove si ricordino le esigenze del debitore

cambiario che il disposto di cui al 3° comma dell'art. 66 1. cambiaria intende preservare (cfr. sopra, n. 4 sub a e sub b), è

agevole scorgere come esse siano passibili di divenire attuali solo

dopo la conclusione del giudizio sull'azione causale e debbono

quindi essere prese in esame al momento della decisione su

questa: sia perché il rischio di un secondo pagamento in forza di azione cambiaria postula una precedente condanna in base al

rapporto fondamentale sottostante, con creazione del relativo titolo esecutivo; sia perché anche la restituzione delle cambiali, in

vista dell'esperibilità di azioni cambiarie, postula l'emissione della sentenza attributiva all'uno od all'altro dei contendenti del diritto al ritiro delle cambiali staggite presso la cancelleria.

Come giustamente è stato osservato in dottrina, l'offerta ed il

deposito delle cambiali sono preordinate alla loro consegna effet tiva per il caso che l'azione causale venga accolta, ed assolvano alla funzione strumentale di mezzi al fine della (eventuale) restituzione dei titoli. E se tali sono le finalità di quegli oneri, la

interpretazione logica e teleologica della norma conclude a ritenere che essi possano essere adempiuti in ogni momento del giudizio di primo grado, o di secondo grado se in esso sono dall'interessa to fatti valere (ma comunque non oltre il momento della precisa zione delle conclusioni, onde consentire al debitore perseguito la formulazione delle proprie deduzioni circa la loro regolarità); e che inoltre la condizione di indisponibilità della cambiale implica una protrazione nel tempo del relativo adempimento (deposito) sino al passaggio in giudicato della sentenza che decide sull'a zione causale. Né a tale interpretazione osta la lettera della norma che, pur condizionando l'ammissibilità della domanda al rispetto di quegli oneri, non detta alcuna limitazione o

specificazione in ordine al tempo (dies a quo e dies ad quem) in cui debbono essere assolti, rimettendone la individuazione alla ratio della disciplina.

Seguendo, dunque, le linee di questa arazionale lettera della

disposizione in esame, merita incondizionata adesione l'insegna mento giurisprudenziale (cfr. Cass. n. 2357 del 1968, id., Rep. 1968, voce cit., n. 88; n. 1511 del 1969, id., Rep. 1969, voce cit., n. 99) secondo cui la necessità dell'acquisizione delle cambiali

agli atti del processo non è soddisfatta con la semplice produzio ne del titolo nel fascicolo di parte; mentre l'ulteriore indirizzo

(cfr. Cass. n. 2404 del 1979, cit.; n. 3389 del 1973, id., Rep. 1973, voce cit., n. 44; n. 1508 del 1972, id., Rep. 1972, voce cit., n. 60; n. 398 del 1967, id., Rep. 1967, voce cit., n. 100; n. 1825 del

1957, id., Rep. il957, voce cit., n. 100) che considera assolto l'onere del deposito con l'inserimento del titolo nel fascicolo

prodotto a corredo del ricorso per decreto ingiuntivo — stante il vincolo di indisponibilità previsto dagli art. 638 e 641 c.p.c. sino alla scadenza del termine per l'eventuale opposizione — risulta

persuasivo, ma ad esclusione della ipotesi in cui il debitore

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Page 5: Sezioni unite civili; sentenza 25 maggio 1984, n. 3221; Pres. F. Greco, Est. Taddeucci, P. M. Sgroi V. (concl. conf.); Sodini (Avv. Battaglia, Corsi) c. Guidi (Avv. De Vita). Cassa

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

opponente eccepisca l'avvenuto ritiro del titolo da parte del

creditore che abbia ottenuto il decreto ingiuntivo; poiché in tal

caso quest'ultimo sarà tenuto — quanto meno al momento della

precisazione delle conclusioni nel giudizio sulla opposizione — a

ripristinare il deposito della cambiale presso la cancelleria del

giudice, si da garantire nuovamente l'offerta attuale ed effettiva

della sua (eventuale) restituzione.

7. - A conclusione diversa deve invece pervenirsi, utilizzando le

considerazioni sin qui svolte, quando successivamente alla no

tificazione del decreto ingiuntivo e nella pendenza del giudizio di

opposizione ad esso, o comunque nel corso del giudizio pro mosso con azione causale, sia maturata la prescrizione dell'azione

cambiaria.

Verificatosi quell'evento, pur essendo ancora aperto il termine

per l'adempimento degli oneri ex art. 66 1. cambiaria, questi —

come si è visto — non assolverebbe più ad alcuna funzione

strumentale e cautelativa connessa ad esigenze endoprocessuali del debitore: dato che nessuna azione cambiaria potrebbe più

contro di lui o da lui essere intentata, e che, svanita la situazione

di possibile concorso dell'azione ex titulo con l'azione ex causa,

divengono inoperanti le regole poste per il loro coordinamento.

Ad inficiare la conclusione ora indicata non appare convincente

la prospettazione di una situazione cautelanda, in favore del

debitore cambiario, nel lasso di tempo intercorrente tra la propo sizione della domanda volta a far valere l'azione causale e la

maturazione — in corso di giudizio — della prescrizione dell'a

zione cambiaria.

Rispetto alla evenienza che nelle more processuali il titolo, se

non depositato in cancelleria, possa continuare a circolare, si è

invero paventato il pericolo (cfr. Cass. n. 3078 del 1978) che il

debitore convenuto sia chiamato in altre sede ad effettuare il

pagamento a seguito della esibizione della cambiale ad opera di

un terzo possessore, e cioè in forza di azione cambiaria da parte

di altro successivo giratario (sottinteso restando che il girante,

convenuto in giudizio dal proprio giratario con azione causale,

mai potrebbe trovarsi esposto a successiva azione ex titulo da

parte di quest'ultimo, al quale potrebbe sempre opporre, quale

contraente diretto, l'eccezione di litispendenza).

Ma anche entro i limiti in cui viene prospettato siffatto

rischio di un duplice pagamento risulta tutt'altro che dimostrato.

A parte i rilievi, pur sottolineati in senso critico dalla dottrina,

che il pericolo al quale la norma in esame intende porre rimedio

non è quello che il debitore sia, di fatto, perseguito ex causa ed

ex titulo, bensì quello che, di diritto, egli sia tenuto a pagare due

volte perché senza difese da opporre all'azione del creditore; e

che inoltre la eventuale girata della cambiale, fatta posteriormente

al protesto e dopo spirati i termini per levare questo, produce

soltanto gli effetti di una cessione ordinaria (sicché resterebbe

opponibile al cessionario, ex art. 24 e 25 1. cambiaria, se non

l'eccezione di litispendenza, quanto meno la connessione oggettiva

delle cause); sembra insuperabile la considerazione che qualora il

girante convenuto in giudizio in base al rapporto fondamentale

avesse, nella pendenza di questo, pagato la cambiale, acquistereb

be di diritto, ex art. 57 1. cambiaria, di ottenere la consegna del

titolo e di cancellare da essa la propria girata e quella dei

giratari a lui successivi. Con la conseguenza che l'attore ex causa

cadrebbe nella impossibilità non solo di offrire in restituzione e

di depositare presso la cancelleria ila cambiale, ma sinanche di

esibirla in giudizio onde dimostrare la permanenza della vantata

qualità di essere il portare del titolo, mentre al convenuto

sarebbe agevole fornire la prova documentale contraria.

A ragione, dunque, dottrina e giurisprudenza concordano nel

l'individuare il pericolo che la norma in esame intende stornare,

nella evenienza che il debitore perseguito sia tenuto a pagare in

base ad azione cambiaria dopo essere stato condannato a pagare

in base ad azione causale, e non anche nella evenienza opposta

(ed irrealizzabile) che sia condannato a pagare in forza del

rapporto causale dopo avere soddisfatto il credito in base al

rapporto cartolare.

In definitiva, le ragioni di più intenso rigore ispiratrici della

sentenza n. 3078 del 1978 di questa corte, non possono essere

condivise e deve essere ribadito il principio di diritto secondo cui

il creditore che agisce con azione causale, valendosi di cambiali

quali prova del proprio credito, è dispensato dalla osservanza

degli oneri dell'offerta reale dei titoli e del loro deposito presso

la cancelleria del giudice qualore l'azione cambiaria sia prescritta,

anche se la prescrizione sia maturata dopo che l'azione causale

sia stata proposta. La sentenza impugnata, il cui decisum è sorretto dalla negazio

ne del surrichiamato principio, deve pertanto essere cassata e la

causa deve essere rimessa, per il nuovo esame, al giudice del

rinvio.

8. - A scongiurare le inevitabilità del rinvio non giovano le

argomentazioni svolte dalla resistente nei propri scritti difensivi, secondo cui a questa corte regolatrice sarebbe dato apprestare —

esercitando i poteri correttivi previsti dall'art. 384 c.p.c. — una diversa motivazione a sostegno della decisione impugnata.

Adduce al riguardo la Guidi: a) che l'azione causale non avrebbe potuto essere, in alcun caso, accolta perché la Sodini a suo tempo non aveva accertato mediante protesto la mancanza di

pagamento dei titoli cambiari da parte dell'emittente società; b) che ad identico risultato reiettivo sarebbe stato necessario perve nire considerando che le cambiali in questione erano ormai

pregiudicate. Senonché l'assunto sub a) propone una questione di diritto

costantemente risolta, in dottrina ed in giurisprudenza, nel senso

opposto a quello propugnato: nel senso, cioè, che il protesto è

necessario per l'esercizio dell'azione causale solo quando occorre

conservare al debitore le azioni di regresso e che l'osservanza di

quella formalità va esclusa nel caso in cui l'azione causale sia stata proposta o contro il prenditore della cambiale, che non ha

alcuna azione di regresso (ma può esercitare nei confronti del

l'obbligato principale soltanto l'azione diretta: cfr. Cass. n. 972

del 1976) ovvero contro lo stesso obbligato principale ((traente o

emittente) cui non compete alcuna azione cambiaria (cfr. Cass. n. 2404 del 1979; n. 3389 del 1973; n. 2626 del 1971, id., Rep. 1971, voce cit., n. 48; n. 2530 del 1967; m. 2510 del 1966; n. 2018 del

1064, id., 1964, I, 2137; n. 2081 del 1961, id., Rep. 1961, voce

cit., li. 110; n. 1373 del 1960; n. 3702 del 1956, id., Rep. 1956, voce cit., n. 131).

L'assunto sub b) introduce, a sua volta, una questione chiara

mente di fatto, come tale rimessa alla discrezionale valutazione

del giudice del merito, in quanto postula l'accertamento — non

certo consentito in questa sede di legittimità — se l'azione

cambiaria sia prescritta senza colpa del prenditore, oppure in

conseguenza della inerzia di questo. Il giudice del rinvio, che si designa in una diversa sezione

della Corte d'appello di Firenze, procederà, dunque, al nuovo

esame della causa attenendosi ai principi di diritto superiormente affermati. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; Sezione lavoro; sentenza 16 maggio 1984, n. 3005; Pres. Bonelli, Est. Panzarani, P. M. Ferraiuolo

(conci, diff.); Cocca (Aw, Ventura, Moreni) c. Soc. CO.ME. TRA. (Aw. Calabrese, Grassi). Conferma Trib. Brescia 15

dicembre 1980.

Lavoro (rapporto) — Cassa integrazione guadagni — Anticipazio ne del trattamento di integrazione salariale nelle more del

procedimento — Obbligo del datore di lavoro — Rigetto della domanda di ammissione alla c.i.g. — Conseguenze (D.l.lgt. 9 novembre 1945 n. 788, istituzione della cassa per l'integrazio ne dei guadagni degli operai dell'industria, art. 12; 1. 20 maggio 1975 n. 164, provvedimenti per la garanzia del salario, art. 2).

Nelle more del procedimento di ammissione alla c.i.g., il datore

di lavoro è obbligato ad anticipare ai dipendenti sospesi un

trattamento economico corrispondente a quello di integrazione salariale e, nel caso in cui detto procedimento si concluda con

esito negativo (nella specie, il lavoratore era stato escluso dal

trattamento di integrazione per avere rassegnato le dimissioni al

termine del periodo di sospensione dal lavoro), le somme

versate devono essere considerate come parte della retribuzione, al cui integrale pagamento lo stesso datore di lavoro è tenuto

in base al contratto, secondo i principi di diritto comune e con

il solo limite della sopravvenuta impossibilità della prestazio ne. (1)

(1) La sentenza riportata analizza i meccanismi della c.i.g. e i

conseguenti riflessi sulle posizioni soggettive delle parti del rapporto di

lavoro subordinato, arrivando alle seguenti conclusioni: a) il datore di

lavoro ha l'obbligo di anticipare ai dipendenti un trattamento corri

spondente a quello di integrazione salariale sin dal momento di

attuazione delle sospensioni e prima ancora che l'intervento della c.i.g. sia autorizzato dal competente organo; b) nell'ipotesi di diniego dell'autorizzazione, le prestazioni economiche anticipate dal datore di lavoro non costituiscono altro che una parte della retribuzione dovuta ai lavoratori sospesi in virtù della struttura sinallagmatica su cui

poggia la lex contractus, tranne che ricorra una causa di esonero

dall'obbligazione retributiva corrispondente ad impossibilità sopravvenu ta della prestazione. Mentre la parte finale della seconda proposizione (quella cioè dell'operatività dei principi di diritto comune qualora il

procedimento amministrativo si esaurisca senza l'intervento della c.i.g.),

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