sezioni unite civili; sentenza 25 ottobre 2002, n. 15063; Pres. Cantillo, Est. Paolini, P.M. Cinque(concl. diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato Criscuoli) c. Starita. Conferma Comm. trib. IIgrado Bolzano 10 marzo 1998Source: Il Foro Italiano, Vol. 126, No. 3 (MARZO 2003), pp. 831/832-835/836Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23197960 .
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PARTE PRIMA 832
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 25
ottobre 2002, n. 15063; Pres. Cantillo, Est. Paolini, P.M.
Cinque (conci, diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato Cri
scuoli) c. Starita. Conferma Comm. trib. II grado Bolzano 10
marzo 1998.
Tributi in genere — Dichiarazione dei redditi — Correzione — Ammissibilità (D.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, disposi zioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui
redditi, art. 9; d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito, art. 38).
E in linea di principio emendabile la dichiarazione dei redditi che sia frutto di un errore del dichiarante nella relativa reda
zione — sia tale errore testuale o extratestuale, di fatto o di
diritto — quando da essa possa derivare l'assoggettamento
del dichiarante medesimo ad oneri contributivi diversi, e più gravosi, di quelli che per legge devono restare a suo cari
co. (1)
Svolgimento del processo. — Anna Maria Starita, con istanza
prodotta ai termini dell'art. 38 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602 il 2 dicembre 1994, chiese all'ufficio dell'amministrazione finan
ziaria competente al riguardo il rimborso di Irpef versata per il
1993 in assunta eccedenza sul dovuto a seguito della mancata
indicazione, nella dichiarazione presentata per detto anno, di un
(1) Le sezioni unite si pronunciano sulla rilevanza dell'errore com messo dal contribuente in sede di dichiarazione, componendo il contra sto insorto all'interno della prima e della quinta sezione (v. Cass., ord. 30 gennaio 2001, n. 78, Foro it., Rep. 2001, voce Tributi in genere, n. 1158, e Dir. e pratica trib., 2001, II, 254, con nota di Succio, La rettifi cabilità della dichiarazione dei redditi da parte del contribuente al va
glio delle sezioni unite). La questione (su cui le sezioni unite si sono di nuovo pronunciate
con sentenza 6 dicembre 2002, n. 17394, Foro it., Mass., 1292, e Fisco 1, 2002, 7706, che ha confermato il principio di diritto riassunto in
massima) è tradizionalmente ricondotta a quella della emendabilità ov vero della ritrattabilità della dichiarazione errata (in questi termini si
presenta, ad esempio, la vicenda esaminata da Cass. 9 febbraio 1999, n. 1088, Foro it., Rep. 1999, voce cit., n. 1145, ad avviso della quale per la rettifica della dichiarazione dei redditi già presentata non è previsto alcun termine specifico e pertanto la stessa può essere prodotta se non si siano verificate preclusioni di natura processuale o concernenti la contestazione del debito tributario), ma si risolve anche nel dubbio in torno alla possibilità di rappresentare al giudice tributario — normal mente in sede di impugnativa del ruolo emesso sulla base della dichia razione stessa o di accertamento del diritto del contribuente alla ripeti zione di imposte indebitamente versate — circostanze omesse nella de nuncia o in questa erroneamente rappresentate.
In giurisprudenza, non sembra contestato il principio che vuole la
possibilità di far valere gli errori eventualmente commessi dal contri buente in suo danno allorché gli stessi siano desumibili ab intrinseco dai dati contenuti nella dichiarazione stessa (v., ex plurimis e da ultimo, Cass. 6 dicembre 2001, n. 15438, id.. Rep. 2001, voce Valore aggiunto (imposta), n. 340; 1° agosto 2000, n. 10055, id.. Rep. 2000, voce cit., n.
285). Negli altri casi, non vi è però identità di vedute: da un lato, si pone
un orientamento che — sul presupposto che le dichiarazioni fiscali del contribuente, costituendo il momento di avvio di un procedimento di diritto pubblico, come tale caratterizzato da esigenze di razionale svol
gimento e dall'aspirazione al conseguimento di risultati e di stabilità, comportano l'automatismo degli effetti propri degli atti giuridici in senso stretto —
nega al contribuente, che non lo avesse fatto nei ri stretti termini previsti per la presentazione della dichiarazione stessa, la
possibilità di correggere gli errori commessi (così, Cass. 28 novembre 2001, n. 15078, id., Rep. 2001, voce Tributi in genere, n. 1159, relativa ad un'ipotesi di correzione della dichiarazione integrativa presentata ex 1. 413/91, e 25 luglio 1997, n. 6957, id., Rep. 1997, voce cit., n. 853); da un altro lato, un diverso filone ammette che si possa far valere ogni tipo di errore commesso al momento della dichiarazione (cfr. Cass. 12
giugno 2002, n. 8362, id., Mass., 604, in motivazione, e 10 settembre 2001, n. 11545, id., Rep. 2001, voce Riscossione delle imposte, n. 114, secondo la quale il rigoroso regime legale che regola il modo ed il tem
po di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi non costitui sce argomento decisivo al fine di escludere la ripetibilità di imposte versate in base ad una dichiarazione errata, ancorché l'errore non sia immediatamente desumibile dal testo della dichiarazione stessa).
Per ulteriori riferimenti, v. la nota a Cass. 9 aprile 1997, n. 3080, id., 1998, I, 2269 (e Rass. trib., 1998, 197, con nota di Nussi; Dir. e pratica trib., 1998, II. 972, con nota di Piccardo; Corriere trib., 1997, 2005. con nota di Lupi; Bollettino trib., 1997, 1387, con nota di D'Andrea),
Il Foro Italiano — 2003.
onere deducibile ex art. 10 d.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917 rap
presentato da una somma pagata a titolo di perdita di avvia
mento.
La Starita, quindi, impugnò ai sensi degli art. 15 ss. d.p.r. 26
ottobre 1972 n. 636 il silenzio-rifiuto opposto della pubblica amministrazione suindicata all'istanza cennata dinanzi alla
Commissione tributaria di primo grado di Bolzano, all'epoca
operante, ma tale commissione, con decisione 6 febbraio 1996,
rigettò il suo reclamo.
Sull'appello di Anna Maria Starita, la Commissione tributaria
di secondo grado di Bolzano istituita con d.leg. 31 dicembre
1992 n. 545, pronunciando sulla vertenza, attribuitale a mente
dell'art. 72 d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, con sentenza del 10
marzo 1998, accolto il gravame e riformata la pronuncia del
primo giudice, sanzionò il diritto dell'appellante di conseguire il
rivendicato rimborso: motivò la decisione, innanzi tutto, rile
vando che, in linea di principio, «la dichiarazione dei redditi
non costituisce la fonte dell'obbligazione tributaria, ma rappre senta solo un momento del procedimento di accertamento e ri
scossione dell'imposta sul reddito», sicché «per ogni somma er
roneamente dichiarata e versata il contribuente può richiedere
all'amministrazione finanziaria la restituzione di quanto inde
bitamente pagato»; traendo, in secondo luogo, da tale premessa il corollario che, avendo la Starita provato di non aver tenuto
conto nella dichiarazione dei redditi presentata nel 1994 — per
per la quale il rimborso di quanto versato sulla scorta della dichiarazio ne dei redditi può validamente fondarsi sulla deduzione di un errore di fatto non percepibile dalla lettura della sola dichiarazione, ma dimo strabile mediante la prospettazione di circostanze ulteriori e diverse da
quelle indicate a suo tempo nella dichiarazione, e 7 maggio 1997, n.
3978, Foro it., 1998, I, 2269, ad avviso della quale la ripetizione di
quanto versato in corrispondenza all'imponibile dichiarato, mentre non è ancorabile ad elementi fattuali ulteriori e diversi da quelli indicati (e, in particolare, da errore di calcolo o da errore materiale in quanto svista evincibile dagli stessi dati offerti con la dichiarazione dei redditi) può essere reclamata soltanto quando, fermi restando i dati enunciati, risulti indebito il pagamento, in assenza di norma che lo imponga.
In dottrina, v. La Rocca, La ritrattabilità delle dichiarazioni fiscali alla luce delle novità rese daI d.p.r. 435/01 e a seguito dell'attesa pro nuncia delle sezioni unite della Suprema corte di cassazione depositata Io scorso 25 ottobre 2002, in Fisco 1, 2002, 6841; Cicala, Le sezioni unite sulla ritrattabilità della dichiarazione fiscale. Verso una piena parità tra amministrazione e contribuente?, ibid., 6477; Capolupo, Rettifica della dichiarazione. Verso una soluzione definitiva, ibid., 6604; Perrucci, Ritrattazione, integrazione e rettifica delle dichiara zioni fiscali, in Bollettino trib., 2002, 1610; Restivo, In tema di ritrat tabilità della dichiarazione dei redditi, ibid., 2002, 1661; Ferranti, La correzione della dichiarazione «a favore» del contribuente attende la
pronuncia delle sezioni unite, in Corriere trib., 2002, 2677; Donatelli, La rettifica della dichiarazione dei redditi: tra capacità contributiva, principio di legalità e buona fede nei rapporti tra contribuente ed am ministrazione finanziaria, in Riv. dir. trib., 2001, II, 383; La Rocca, La ritrattabilità delle dichiarazioni fiscali alla luce degli orientamenti della Suprema corte di cassazione, in Fisco, 2001, 6593; Baggio, La correzione della dichiarazione tributaria tra tutela dell'interesse fi scale e fonte legale dell'obbligazione tributaria, in Riv. dir. trib.. 1999, I, 1031 ; Dolce, Note in tema di ritrattabilità della dichiarazione dei redditi, in Rass. trib., 2001, 745.
Sulla questione della emendabilità della dichiarazione di successio
ne, v., come emblematiche dei diversi orientamenti che si fronteggiano in giurisprudenza (e in attesa della probabile pronuncia delle sezioni unite, sollecitata da Cass., ord. 13 novembre 2002, n. 15977, Fisco 1, 2002, 7244), Cass. 20 giugno 2002, n. 8972, Foro it., Mass., 640, e Riv. dir. trib., 2002, II, 723, con nota di Baggio, Sulla ritrattabilità della di chiarazione fiscale, per la quale il contribuente può procedere alla retti fica di errori di qualsiasi genere anche dopo la scadenza del termine per la sua presentazione, e 10 luglio 1998, n. 6700, Foro it., Rep. 1998, vo ce Successioni (imposta), n. 45, secondo la quale in materia tributaria è
principio generale che, al di fuori delle ipotesi di errori materiali o di calcolo, in cui peraltro è obbligo dell'amministrazione procedere d'uf ficio alle relative correzioni, le rettifiche devono necessariamente per venire entro gli stessi termini previsti per la dichiarazione che si inten de correggere; conseguentemente la rettifica della dichiarazione di suc cessione deve essere presentata entro lo stesso termine di sei mesi dal
l'apertura della successione previsto dall'art. 39, 1° comma, d.leg. 346/90 per la presentazione della dichiarazione.
Sui profili relativi alla ripetizione delle imposte versate in conse
guenza di dichiarazione fiscale errata, v. anche Cass., sez. un., 9 gen naio 2003, n. 120, in questo fascicolo, I, 758.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
il 1993 — della discussa perdita di avviamento, l'imposta dalla
stessa realmente dovuta era da ricalcolare e ridurre con riferi
mento all'onere deducibile correlativo.
Il ministero delle finanze ricorre, con un motivo, per la cassa
zione della sentenza surrichiamata, notificatagli il 24 marzo
1998. Anna Maria Starita, cui il ricorso è stato notificato il 23 mag
gio 1998, si è astenuta da ogni attività difensiva nella presente sede.
Il giudizio, in un primo tempo assegnato alla sezione tributa
ria della corte, a seguito di ordinanza di questa in data 30 gen naio 2001, è stato rimesso a queste sezioni per la soluzione della
questione, risolta in senso difforme in sentenze delle sezioni
semplici, concernente l'attitudine di un'istanza di rimborso a
rettificare in senso favorevole al contribuente la dichiarazione
dei redditi dal medesimo tempestivamente presentata. Motivi della decisione. — Il ministero delle finanze, con il
mezzo articolato a supporto del ricorso, deduce che la pronuncia nei sensi illustrati resa sulla fattispecie dalla Commissione tri
butaria di secondo grado di Bolzano dovrebbe essere ravvisata
passibile di cassazione siccome inficiata da «violazione e falsa
applicazione dell'art. 38 d.p.r. 602/73, nonché dagli art. 8 e 9
d.p.r. 600/73, modificato dall'art. 14 1. 408/90» e inoltre da
«motivazione omessa e contraddittoria su un punto essenziale
della controversia».
La pubblica amministrazione ricorrente, più specificamente,
dopo aver evidenziato che il giudice del merito, «rilevando che
la dichiarazione dei redditi non costituisce fonte dell'obbliga zione tributaria, ma solo un momento del procedimento di ac
certamento e di riscossione, ne ha tratto la conclusione che per
ogni somma erroneamente dichiarata e versata può essere chie
sta la restituzione», assume che «la decisione è palesemente il
legittima sia perché apertamente violativa delle norme di legge» come sopra accampate inosservate, «e sia perché non sussiste
alcun nesso logico tra la premessa e la conseguenza che se ne
vorrebbe far discendere», giacché «l'indiscussa natura procedi mentale e non sostanziale della dichiarazione dei redditi non
implica affatto ... la sua modificabilità ogni qual volta emerga un errore successivamente alla sua presentazione»: puntualizza, al riguardo, che «il legislatore ha sottoposto la dichiarazione dei
redditi a rigorose modalità di redazione e a vincolanti termini di
presentazione (art. 8 e 9 d.p.r. 600/73) giustificati proprio dalla
necessità di regolare tale atto — quale prima e necessaria fase
del procedimento di accertamento — sia sotto il profilo formale
che temporale, sicché alla denuncia annuale viene attribuita
portata tendenzialmente completa ed esaustiva inerente a tutte le
vicende rilevanti ai fini impositivi», e che «in tale sistema nor
mativo, la possibilità di modifica delle dichiarazioni è contenuta
dal legislatore in limiti molto rigorosi, circoscritti dalla precisa fissazione dei casi in cui è ammessa la modifica e il conse
guente rimborso di quanto erroneamente versato (art. 38 d.p.r.
602/73), nonché dei termini e modi di presentazione della di
chiarazione integrativa (art. 9, ultimo comma, d.p.r. 600/73, come modificato dall'art. 14 1. 408/90)».
La pubblica amministrazione anzidetta soggiunge, quindi, che, «per quanto concerne la presente controversia ... l'errore
denunciato dalla contribuente non rientra tra i casi riconosciuti
rilevanti dall'art. 38 d.p.r. 600/73», posto che, alla stregua della
giurisprudenza di legittimità (fondata «sulla considerazione che
le prescrizioni di forma e di tempo previste dagli art. 8 e 9 d.p.r. 600/73 sarebbero vanificate da un regime di emendabilità —
della dichiarazione — non ancorato al carattere materiale e alla
testuale riconoscibilità dell'errore» ed alla evincibilità di questo «dalla stessa denuncia annuale e dai dati con essa forniti»), con
riguardo alle somme versate in conformità della denuncia dei
redditi, si deve negare al contribuente la possibilità di reclamare
il rimborso adducendo la detraibilità dall'imponibile di passività ed esborsi non indicati nella denuncia medesima, atteso che
l'errore di fatto influente per tale rimborso, ai sensi dell'art. 38
d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, è soltanto quello materiale, cioè
da ascriversi a mezza svista desumibile dai dati offerti con la di
chiarazione annuale, e che le prescrizioni di forma e di tempo fissate per questa dichiarazione dagli art. 8 e 9 d.p.r. 29 settem
bre 1973 n. 600 non sono compatibili con una revisione a poste
riori, tramite azione di rimborso, del suo contenuto, eventual
mente emendabile (esclusivamente) con apposita dichiarazione
integrativa a norma dell'art. 14 1. 29 dicembre 1990 n. 408: po
II Foro Italiano — 2003.
ne in risalto, a questo proposito, che «tali, requisiti di materia
lità non ricorrono nel caso di specie in quanto è pacifico tra le
parti che l'indennità corrisposta dalla contribuente a terzi per
perdita di avviamento non era stata esposta nella dichiarazione
dei redditi». Il ministero delle finanze prospetta, altresì, che «l'errore de
nunciato dalla contribuente neppure potrebbe rilevare sotto il
profilo dell'ignoranza dell'esistenza totale o parziale dell'ob
bligo di versamento previsto dall'art. 38 d.p.r. 602/73 accanto
all'errore materiale come presupposto di rimborso» perché «an
che il c.d. errore di diritto, quale quello derivante dall'inclusio
ne nell'imponibile di una posta esente, è stato riconosciuto rile
vante» dalla surrichiamata giurisprudenza di legittimità solo
«purché ciò non implichi variazione dei dati a suo tempo forniti
in ordine alla natura ed alla consistenza della posta medesima», «sicché nel caso di specie la mancata esposizione dell'indennità
in esame nella dichiarazione dei redditi ne preclude comunque la rilevanza anche sotto il profilo» in argomento.
Ai fini della pronuncia sul come sopra strutturato ricorso, oc
corre affrontare, e risolvere, la dibattuta questione —
già reite
ratamente decisa in senso difforme da sentenze rese in tempi di
versi da questa Suprema corte, e sulla quale, perciò, a mente
dell'art. 374, 2° comma, c.p.c., è stato richiamato l'intervento di
queste sezioni unite — che attiene alla rettificabilità, ed ai limiti
della rettificabilità, delle dichiarazioni dei contribuenti, e, in
particolare, per quanto qui rileva, delle dichiarazioni dei redditi, di cui agli art. 1 ss. d.p.r. 29 settembre 1973 n. 600, nel caso in
cui i dichiaranti intendano far valere errori, assunti, commessi
nella redazione degli atti in discorso per sottrarsi ad una esposi zione debitoria, dopo la redazione stessa, riscontrata eccedente
il legalmente dovuto nel pagamento dei tributi.
Sul tema, avuto riguardo ai limiti entro i quali non può non
essere, comunque, contenuta la motivazione di ogni sentenza, anche della sentenza destinata a risolvere un contrasto manife
statosi nella giurisprudenza di legittimità ai sensi della dianzi
citata norma del codice di rito, è da dire che, a prescindere dal
richiamo a precedenti più remoti, basati su opinioni ormai rite
nute superate e non più condivisili, nel vasto, e tutt' altro che or
ganico, panorama giurisprudenziale, allo stato, fondamental
mente, si fronteggiano due confliggenti filoni.
Un primo orientamento, che sembrerebbe maggioritario, e
che ha trovato sistematica e lucida espressione nella recente
Cass. n. 10055 del 1° agosto 2000 (Foro it., Rep. 2000, voce
Valore aggiunto (imposta), n. 285), resa in tema di Iva, e re
cante, però, enunciazioni di carattere generale, trasponibili alla
dichiarazione dei redditi, afferma che le dichiarazioni fiscali dei
contribuenti, integrando il momento di avvio, di un, più o meno
articolato, procedimento di diritto pubblico (volto all'accerta
mento del concreto contenuto dei rapporti tributari ai quali si ri
feriscono) da intendersi, in quanto tale, ispirato ad esigenze di
razionale svolgimento e di conseguimento, quanto più rapido
possibile, di risultati di stabilità, comportano l'automatismo di
effetti proprio degli atti giuridici in senso stretto, e, perciò, de
vono aversi per assoggettate a vincoli di forma e di tempo che
ne implicano una sostanziale irretrattabilità: da questa conse
guendo che, al di fuori delle ipotesi di errori materiali o di cal
colo, non richiedenti una vera e propria rettifica, essendo desu
mibili ab intrinseco dal testo stesso dell'atto, le dichiarazioni
medesime possono essere ravvisate emendabili e ritrattabili
esclusivamente nei termini accordati espressamente dalla legge
per la presentazione di una valida dichiarazione (cfr., nello stes
so senso, Cass. n. 6957 del 25 luglio 1997, id., Rep. 1997, voce
Tributi in genere, n. 853). La rigorosa enunciazione di principio considerata, peraltro,
non solo nell'arresto citato, ma anche in altri costituenti espres sione dello stesso orientamento, trova un temperamento nella
puntualizzazione secondo cui nel caso di mancata rettifica della
dichiarazione nei termini suddetti la possibilità da addurre errori
di fatto o di diritto intervenuti nella redazione dell'atto ed inci
denti sull'obbligazione tributaria può, comunque, esprimersi nei
limiti nei quali la legge preveda il diritto al rimborso, ovvero in
sede di opposizione a provvedimenti impositivi dell'ammini
strazione finanziaria intesi a far valere una maggiore pretesa tri
butaria.
Un secondo orientamento, minoritario, viceversa, non ha esi
tato ad affermare l'emendabilità da parte del contribuente degli
errori, anche non materiali e di calcolo, contenuti nella dichiara
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PARTE PRIMA 836
zione sul rilievo che la dichiarazione non ha valore confessorio
o costitutivo del debito di imposta, ma si inserisce, come atto
iniziale, nell'ambito di un procedimento amministrativo volto
all'accertamento ed alla riscossione dei tributi legalmente do
vuti, sempre che la rettifica, intesa ad evidenziare l'inesistenza
di fatti realmente giustificativi del prelievo venga operata entro
ragionevoli limiti di tempo (cfr., per tutte, Cass. n. 3080 del 9
aprile 1997, id., 1998, I, 2269; n. 1088 del 9 febbraio 1999, id., Rep. 1999, voce cit., n. 1145).
Il contrasto riscontrato nella giurisprudenza si ripropone, in
termini analoghi, nella dottrina: in questa, peraltro, il dibattito
sui confliggenti assunti, alimentato dalla frammentarietà e dalla
carenza di sistematicità del quadro normativo, si svolge in modo
più organico e lineare, non essendo condizionato da quell'esi
genza di rapportare le norme alle singole vicende processuali
sottoposte, talvolta in termini affatto peculiari, alla cognizione dei giudizi che incide sulla configurazione delle enunciazioni ri
cavabili dalle sentenze.
Anche in dottrina, dunque, nell'ormai prevalentemente, per non dire universalmente, recepito presupposto della natura non
negoziale e della portata non dispositiva della dichiarazione dei
redditi, nonché della irriducibilità di questa alla nozione, tutta
civilistica, della confessione, e, quindi, sulla premessa che l'atto
considerato integra una esternazione di scienza e/o di giudizio sui fatti dichiarati, si contrappongono due linee di tendenza che,
prendendo le mosse da una divergenza di opinioni sulla valenza
dichiarativa o costitutiva da attribuirsi alla dichiarazione — e,
derivatamente, all'accertamento — rispetto alla nascita del de
bito di imposta, affermano e negano, rispettivamente, con sfu
mature diverse, la ritrattabilità, totale o parziale, della dichiara
zione stessa, privilegiando l'una l'esigenza di ragguagliare il ca
rico fiscale alla capacità contributiva del singolo contribuente e
di improntare i rapporti fra questo e l'erario all'osservanza dei
principi della buona fede e della correttezza sostanziale dell'a
zione amministrativa, e ponendo l'accento l'altra sulla necessi
tà, assunta imprescindibile, di dare stabilità, quanto più possi bile immediata, ai rapporti tributari, sia unitariamente che com
plessivamente considerati, sì da consentire all'amministrazione
finanziaria la pronta acquisizione di certezze sulla entità e sul
l'andamento delle entrate fiscali.
E, tuttavia, non può non sottolinearsi come nei tempi più re
centi sia dato cogliere il prevalere di un sempre più compatto orientamento dottrinale per il quale sono da intendersi senz'al
tro rimovibili gli effetti della dichiarazione che si appalesi frutto
di errore (di fatto o di diritto, testuale o extratestuale), con il
solo limite di un collegamento, almeno tendenziale, della rite
nuta rimovibilità agli istituti sostanziali e processuali presenti nell'ordinamento quanto alla possibilità che si dia luogo ad un
rimborso di imposta e alla rimozione di atti impositivi, essendo,
perciò, destinate a restare irretrattabili soltanto le dichiarazioni
riferite a rapporti tributari che, per il trascorrere del tempo e/o
per il sopravvenire di decadenze, si debbano ritenere esauriti.
Queste sezioni unite, fra le tesi in contrasto, ritengono cor
retta e accettabile, in particolare in relazione alla normativa ap
plicabile alla situazione controversa ratione temporis, quella che
afferma, in linea di principio, emendabile e ritrattabile ogni di
chiarazione dei redditi che risulti, comunque, frutto di un errore
del dichiarante nella relativa redazione, sia tale errore testuale o
extratestuale, di fatto o di diritto, quando da essa possa derivare
l'assoggettamento del dichiarante medesimo ad oneri contribu
tivi diversi, e più gravosi, di quelli che per legge devono restare
a suo carico.
In proposito, giova evidenziare, innanzi tutto, che nessun li
mite temporale all'emendabilità ed alla ritrattabilità della di
chiarazione dei redditi integrante risultante di errori del genere di quelli in argomento può essere desunto da dettato delle dispo sizioni contenute nel 7° ed 8° comma dell'art. 9 d.p.r. 29 set
tembre 1973 n. 600, nel testo stato vigente negli anni 1993 e
1994, nei quali si è realizzata la fattispecie di cui è causa.
Tali disposizioni (per le quali, rispettivamente, «le dichiara
zioni presentate entro un mese dalla scadenza del termine sono valide salvo il disposto del 6° comma dell'art. 46», mentre «le
dichiarazioni presentate con ritardo superiore si considerano
omesse a tutti gli effetti ...», e «la dichiarazione ... può co
munque essere integrata, salvo il disposto del 5° comma del
l'art. 54, per correggere errori ed omissioni mediante successiva
dichiarazione ..., da presentare entro il termine per la presenta
li. Foro Italiano — 2003.
zione della dichiarazione per il secondo periodo di imposta suc
cessivo, sempreché non siano iniziati accessi, ispezioni o verifi
che, o la violazione non sia stata comunque contestata, ovvero
non siano stati notificati gli inviti e le richieste di cui all'art.
32»), di vero, per come reso manifesto dal loro tenore letterale, hanno riguardo alla rimozione di omissioni ed alla eliminazione
di errori suscettibili di importare un pregiudizio per l'erario, e
non attengono alla emendabilità ed alla ritrattabilità di dichiara
zioni idonee, perché oggettivamente errate, di pregiudicare il
contribuente dichiarante.
In secondo luogo, è da dire che, sul piano sistematico, la ri
scontrabilità di una, in linea di massima generalizzata, possibi lità di rettificare o di ritirare, in tutto o in parte, la dichiarazione
dei redditi non può non essere fatta discendere e dalla relativa
natura di atto non negoziale e non dispositivo, recante una mera
esternazione di scienza e di giudizio, da avere, come tale, per in
linea di principio modificabile nell'acquisizione di nuovi ele
menti di conoscenza e di valutazione sui dati riferiti e/o valutati, e dal fatto che essa non costituisce il titolo dell'obbligazione tributaria, ma integra un momento dell 'iter procedimentale inte
so all'accertamento di tale obbligazione ed al soddisfacimento
delle ragioni erariali che ne sono l'oggetto, e, da ultimo, della
considerazione che si rivelerebbe difficilmente compatibile con
i principi costituzionali della capacità contributiva (art. 53, 1°
comma, Cost.) e dell'oggettiva correttezza dell'azione ammini
strativa (art. 97, 1° comma. Cost.) un sistema legislativo che, radicalmente negando la rettificabilità della dichiarazione, si
proponesse di sottoporre il contribuente dichiarante, sulla base
di tale atto, ad un prelievo fiscale sostanzialmente e legalmente indebito.
Con riferimento specifico alla rimovibilità degli effetti di una
dichiarazione dei redditi riscontrata, comunque, erronea, vengo no poi in rilievo, in particolare, per quanto in questo giudizio
specificamente interessa, la norma dell'art. 38, 1° comma, d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, nel testo, qui applicabile, previgente alla novellazione disposta con 1. 13 maggio 1999 n. 133, per la
quale «il soggetto che ha effettuato il versamento diretto può
presentare all'intendente di finanza nella cui circoscrizione ha
sede l'esattoria presso la quale è stato eseguito il versamento
istanza di rimborso entro il termine decadenziale di diciotto me
si dalla data del versamento, nel caso di errore materiale, dupli cazione ed inesistenza totale o parziale dell'obbligo di versa
mento», nonché le disposizioni degli art. 16, 1° e 7° comma,
d.p.r. 26 ottobre 1972 n. 636 e 19, 1° comma, lett. g), d.leg. 31
dicembre 1992 n. 546, contemplanti il ricorso ai rimedi giuris dizionali contro la reiezione, espressa o tacita, dell'istanza re
stitutoria cennata.
Al riguardo, è da puntualizzare che la portata della lettera
della prima delle disposizioni citate appare tale da far ritenere, senza ombra di dubbio, che la domanda recuperatoria in essa
prevista possa essere esperita, ovviamente nel termine della
norma stessa stabilito, per ottenere la restituzione anche del tri buto diretto versato in autotassazione, e, perciò, anche delle im
poste pagate in adempimento degli obblighi risultanti dalla di
chiarazione sull'allegato presupposto dell'erroneità. Per qual siasi ragione, di tale atto, e, quindi, della rimovibilità, e della
necessità della rimozione, dei relativi effetti, denunciati, com
portanti adempimento di obbligazioni tributarie da riscontrare
legalmente inesistenti (non essendovi motivo per opinare che
l'esperimento della domanda considerata possa essere ravvisato
consentito solo in funzione della ripetizione, da parte del sosti
tuto d'imposta o del sostituito, dei soli tributi erariali versati
dopo essere stati oggetto di previa ritenuta). Corollario dei postulati fin qui enunciati è che, nel caso in
esame, il ricorso, basato unicamente sull'asserzione della non
rettificabilità a posteriori della dichiarazione tramite azione di
rimborso, nella, incontestata, tempestività dell'intervenuto espe rimento di questa, non può non essere ravvisato destituito di
fondamento e, perciò, rigettato.
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