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sezioni unite civili; sentenza 26 febbraio 1987, n. 2050; Pres. Granata, Est. Taddeucci, P. M....

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sezioni unite civili; sentenza 26 febbraio 1987, n. 2050; Pres. Granata, Est. Taddeucci, P. M. Caristo (concl. conf.); Consorzio di bonifica E. Villoresi (Avv. E. Romanelli, Ribolzi) c. Comune di Cernusco sul Naviglio (Avv. Boitani, Bassani) e altro. Regolamento preventivo di giurisdizione Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1987), pp. 2135/2136-2143/2144 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23179734 . Accessed: 28/06/2014 17:16 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 91.238.114.64 on Sat, 28 Jun 2014 17:16:50 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 26 febbraio 1987, n. 2050; Pres. Granata, Est. Taddeucci, P. M.Caristo (concl. conf.); Consorzio di bonifica E. Villoresi (Avv. E. Romanelli, Ribolzi) c. Comunedi Cernusco sul Naviglio (Avv. Boitani, Bassani) e altro. Regolamento preventivo digiurisdizioneSource: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 1987), pp. 2135/2136-2143/2144Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179734 .

Accessed: 28/06/2014 17:16

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2135 PARTE PRIMA 2136

409, n. 3, c.p.c. (Cass. 3 ottobre 1979, n. 5071, Foro it., Rep.

1979, voce Lavoro e previdenza (controversie), n. 99).

Pertanto, il ricorso va accolto e va dichiarata la competenza

per valore del Tribunale di Milano, in virtù della clausola di de

roga della competenza territoriale specificamente approvata ai sensi

dell'art. 1341 c.c. (Omissis)

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 26 feb

braio 1987, n. 2050; Pres. Granata, Est. Taddeucci, P. M.

Caristo (conci, conf.); Consorzio di bonifica E. Villoresi (Avv.

E. Romanelli, Ribolzi) c. Comune di Cernusco sul Naviglio

(Avv. Boitani, Bassani) e altro. Regolamento preventivo di

giurisdizione.

Bonifica — Consorzi — Obbligazione di contribuenza — Riscos

sione — Legittimità — Giurisdizione ordinaria — Ripartizione

e quantificazione — Giurisdizione amministrativa (Cod. civ.,

art. 860; r.d. 13 febbraio 1933 n. 215, nuove norme per la

bonifica integrale, art. 8, 13, 21, 59; d.p.r. 23 giugno 1962

n. 947, norme sui consorzi di bonifica in attuazione della dele

ga prevista dall'art. 31 1. 2 giugno 1961 n. 454, art. 8).

Sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario le domande

relative alla inesistenza in radice del potere impositorio dei con

sorzi di bonifica a carico degli utenti della falda acquifera e

le domande attinenti alla illegittimità, per difetto di titolo o

di potere, della riscossione contributiva; sono, invece, devolute

alla giurisdizione del giudice amministrativo le questioni che

investono i criteri di ripartizione e di quantificazione dell'onere

contributivo a carico degli utenti suddetti. (1)

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 2 feb

braio 1987, n. 946; Pres. Granata, Est. R. Sgroi, P. M. Fabi

(conci, conf.); Consorzio per la bonifica della Capitanata (Aw.

Compagno) c. Bosco (Avv. D'Angelo), Buzzerio ed altri. Cas

sa App. Bari 14 giugno 1979.

Bonifica — Consorzi — Intasamento di canali — Riduzione in

pristino in danno del privato — Provvedimento prefettizio di

imposizione delle spese — Opposizione — Legittimazione pas

siva (R.d. 8 maggio 1904 n. 368, regolamento per l'esecuzione

del t.u. della 1. 22 marzo 1900 n. 195 e della 1. 7 luglio 1902

n. 333, sulle bonificazioni delle paludi e dei terreni paludosi,

art. 153, 154).

(1-3) Giurisprudenza costante sulla natura tributaria dei contributi di

bonifica, sul riparto di giurisdizione per la cognizione delle relative con

troversie, sui presupposti dell'obbligo di contribuzione: v. la coeva Cass.

n. 2049/87, inedita; 18 giugno 1986, n. 4081, Foro it., 1986, I, 2046;

9 dicembre 1983 n. 7302, id., 1984, I, 423, con note di richiami, cui

adde, sulla natura dei consorzi di bonifica, Cass. 3 maggio 1986, n. 2991,

id., 1986, I, 2784; sulla competenza del tribunale delle acque, Cass. 10

luglio 1986, n. 4479, id., Mass., 792.

Nulla in termini sulla massima sub 2; per l'affermazione della legitti

mazione passiva del consorzio concessionario dell'opera e non dell'ente

al quale i beni demaniali sono intestati, v. Trib. sup. acque 14 giugno

1985, n. 31, id., Rep. 1985, voce Bonifica, n. 5; per la insussistenza di

un potere generale di controllo repressivo dello Stato sulla amministrazio

ne dei consorzi di bonifica, v. T.A.R. Lazio, sez. I, 17 novembre 1976,

n. 679, id., Rep. 1977, voce cit., n. 4.

Nulla in termini sulla natura del regolamento di cui al r.d. n. 368/1904,

secondo la massima sub 3, ma nessun dubbio sulla sua persistente vigen

za, anche dopo le riforme legislative in materia, nelle decisioni che hanno

fatto applicazione delle norme in esso contenute (con particolare riferi

mento a quelle di carattere sanzionatorio): v. Cass. 15 novembre 1973,

Pandolfelli, id., Rep. 1974, voce Acque pubbliche, n. 83 e voce Bonifica,

n. 7; Cons. Stato, sez. I, 9 marzo 1973, n. 270, ibid., voce Regione,

n. 139 (che ritiene sussistente la competenza prefettizia anche dopo il

passaggio alla regione delle materie relative alla bonifica e alla pesca).

Per altri utili riferimenti sul regolamento in questione, cfr. la nota di

A. Noccelli a T.A.R. Lazio, sez. I, 19 giugno 1975, n. 655, id., 1976,

III, 335.

Il Foro Italiano — 1987.

Bonifica — Consorzi — Obbligo di pagamento delle spese di ri

pristino — Giurisdizione ordinaria (Cost., art. 23; disp. sulla

legge in generale, art. 15; r.d. 22 marzo 1900 n. 195, t.u. della

legge sulle bonificazioni delle paludi e dei terreni paludosi, art.

61; r.d. 8 maggio 1904 n. 368, art. 153, 154; r.d. 13 febbraio

1933 n. 215, art. 4, 52, 100).

Il consorzio di bonifica è legittimato passivo nel procedimento

giudiziale di contestazione da parte del privato dell'obbligo di

rimborso delle spese dell'esecuzione d'ufficio delle opere di ri

pristino dei canali di bonifica, ancorché il provvedimento am

ministrativo di liquidazione del credito del consorzio sia stato

emesso dal prefetto in forza dei poteri attribuitigli dall'art. 154

r.d. 8 maggio 1904 n. 368. (2) Il regolamento di cui al r.d. 8 maggio 1904 n. 368, per l'esecuzio

ne delle disposizioni contenute nel t.u. 22 marzo 1900 n. 195

sulle opere di bonificazione, ha natura di «regolamento delega

to» e quindi può incidere in materia riservata alta legge; detto

regolamento deve, altresì, ritenersi tuttora in vigore perché non

abrogato tacitamente od espressamente da alcuna norma suc

cessiva e non contrastante con iprincipi dettati dall'art. 23 Cost,

(in motivazione, la corte ha anche confermato la giurisdizione

ordinaria in quanto trattavasi di controversia sulla esistenza di

una obbligazione di pagamento, con esame incidenter tantum

de! provvedimento di autotutela della p.a.). (3)

Svolgimento del processo. — Il consorzio di bonifica E. Villo

resi — sulle premesse che nel novero dei propri fini statutari vi

erano, tra gli altri, quelli della migliore utilizzazione delle acque

superficiali e sotterranee e della tutela della falda acquifera sot

terranea al comprensorio di propria pertinenza comprendente il

territorio di numerosi comuni lombardi; e che tra i soggetti con

sorziati vi erano anche gli enti locali operanti nel comprensorio

medesimo, in quanto interessati alla gestione ed all'utilizzo delle

acque — adottava con deliberazione consortile n. 394 del 25 lu

glio 1979, un nuovo piano di riparto delle contribuenze.

Partendo dal rilievo della stretta interconnessione tra la gestio

ne della rete irrigua consortile e l'esercizio della pratica della irri

gazione a scopo agricolo con la ricarica della falda freatica per

effetto della percolazione, negli strati sottostanti, delle acque di

sperse sui terreni irrigati, il consorzio perveniva alla conclusione

che dal rimpinguamento della falda acquifera sotterranea traesse

ro vantaggio anche coloro che, proprietari e gestori di acquedotti

pubblici o privati, o di aziende non agricole, venivano ad essere

agevolati nella utilizzazione di quelle acque, rinvenendole a quota

meno profonda, con beneficio proporzionale al quantitativo di

acqua emunto.

Con deliberazione n. 605 del 27 agosto 1981 il consorzio emet

teva pertanto i ruoli di contribuenza a carico degli utenti della

falda che, sotto la specie di acquedotti pubblici, erano beneficiati

dall'azione di tutela della falda medesima, stabilendo un importo

unitario di lire 3 per ogni metro cubo di acqua erogata, previa

detrazione del 20% sull'erogazione totale perché presuntivamente

utilizzata solo per fini potabili.

Con deliberazione n. 4 del 2 dicembre 1982 adottava un nuovo

piano di classifica e di riparto delle contribuenze (impostato sul

rilievo che le acque derivate e distribuite erano destinate per il

20% all'agricoltura e per l'80% all'acquifero sotterraneo); piani

poi aggiornati con delibera n. 8 del 26 aprile 1983.

Il comune di Cernusco sul Naviglio, ricevute le notificazioni

delle cartelle esattoriali emesse dal consorzio di bonifica nell'ago

sto del 1983, per la riscossione dei contributi posti a carico dei

cosi detti utenti della falda acquifera, reagiva alla imposizione

citando, con ricorso notificato il 10 novembre 1983 davanti al

T.A.R. per la Lombardia l'intimante consorzio, la Cassa di ri

sparmio delle province lombarde, quale ente gestore della esatto

ria comunale, ed il comitato interministeriale per la politica agricola

ed alimentare (C.I.P.A.A.) affinché fossero annullate le delibera

zioni consortili relative all'approvazione del nuovo piano di

* * *

A metà giugno è improvvisamente mancato Alfredo Noccelli: il capo

verso che precede queste righe richiama una delle complesse note del col

laboratore generoso che negli ultimi anni come consigliere di Stato estensore

di importanti decisioni (anche della adunanza plenaria) aveva contribui

to, con il medesimo slancio, ad arricchire questa raccolta di giurispruden

za, nella sua parte senza dubbio più qualificante.

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

riparto della contribuenza, alla liquidazione dei contributi ed alla

emissione dei ruoli di pagamento, nonché la delibera del

C.I.P.A.A. n. 288 del 20 ottobre 1980. (Omissis) Avuta poi notifica delle cartelle esattoriali emesse nel marzo

del 1984, il comune di Cernusco sul Naviglio conveniva in giudi zio davanti al Tribunale di Milano, mediante citazione notificata

il 18 giugno 1984, il consorzio di bonifica E. Villoresi, contestan

do la legittimità di quelle (e delle anteriori) pretese di pagamento.

(Omissis) Gli enti convenuti si costituivano nei due giudizi, e nella pen

denza di essi il consorzio di bonifica ha proposto ricorso per re

golamento preventivo di giurisdizione, illustrato con memoria.

Nel segnalare le perplessità ingenerate dalla contemporanea de

voluzione alla cognizione di giudici diversi, ordinario ed ammini

strativo, di questioni in gran parte connesse, il ricorrente si è

comunque rimesso alla statuizione in questa sede adottanda in

tema di giurisdizione. Il comune intimato, costituitosi con controricorso, ha sostenu

to (anche mediante memoria) la preponderanza delle ragioni mili

tanti a favore della individuazione della competenza nel giudice

ordinario, essendo le liti sostanziate, nel complesso, dalla conte

stazione del potere del consorzio di imporre contributi a carico

di esso comune.

Il comitato interministeriale per la politica agricola ed alimen

tare e la Cassa di risparmio delle province lombarde — chiamate

nel giudizio per la necessaria integrazione del contraddittorio, in

ossequio ad ordinanza del 30 gennaio 1986 — non si sono, in

questa sede, costituite.

Motivi della decisione. — Soccorrono, per la soluzione della

proposta questione di giurisdizione, principi di diritto ripetute volte affermati da questa corte regolatrice; principi dei quali, per la

verità, nessuna delle parti sollecita una revisione critica, quanto

piuttosto ed unicamente una applicazione pratica, per la discrimi

nazione in concreto — fra tutte le domande attorno alle quali in sede di merito controvertono — di quelle devolute all'esame

del giudice ordinario rispetto a quelle riservate alla cognizione del giudice amministrativo.

Cosi, anzitutto non è contestato l'ormai consolidato insegna mento giurisprudenziale, secondo cui la decisione sulla giurisdi zione è determinata, ai sensi dell'art. 386 c.p.c., dall'oggetto della

domanda; oggetto che non va identificato con il solo petitum formale (nella specie: annullamento di atti e provvedimenti am

ministrativi) ma deve essere considerato in stretto coordinamento

con la causa petendi (cosi detto petitum sostanziale) ed in relazio

ne alla intrinseca natura della situazione giuridica soggettiva di

cui si lamenti la lesione, ed alla reale protezione (immediata e diretta od occasionale e riflessa) a quella situazione assicurata dal giudice amministrativo le contestazioni relative ai criteri di

ripartizione della spesa tra i soggetti consorziati ed alla misura del contributo.

Discriminazione, questa, delle rispettive sfere di competenza giu risdizionale, che ricalca la linea distintiva tra la inesistenza, in radice del potere impositiva, per esorbitanza dai limiti entro cui esso è per legge attribuito al consorzio, e lo scorretto esercizio del potere medesimo, per errori od abusi inficianti gli aspetti di discrezionalità caratterizzanti alcuni momenti del suo uso.

Occorre, infatti, considerare che i contributi in questione, oltre ad essere espressamente qualificati dalla legge (art. 21, 1° com

ma, r.d. n. 215 del 1933) come oneri reali gravanti sui fondi dei

contribuenti, rientrano nella categoria generale dei tributi (cfr. Cass. n. 662 del 1979, Foro it., 1980, I, 208) e si risolvono in

obbligazioni pubbliche a prestazione patrimoniale imposta a pri vati (cfr. Cass. n. 1531 del 1976, id., 1976, I, 2142), come tali rette dal principio fondamentale di cui all'art. 23 Cost.

E riguardo a tale principio la Corte costituzionale ha già avuto occasione di precisare (sentenza n. 4 del 1957, id., 1957, I, 202) che esso esige non soltanto che il potere di imporre una presta zione abbia base in una legge, ma anche che la legge, attributiva del potere, indichi i criteri idonei a delimitare la discrezionalità dell'ente impositore nell'esercizio del potere attribuitogli; ed an cora (v. sentenze n. 55 del 1963, id., 1963, I, 1040, e n. 5 del

1967, id., 1967, I, 420) che le norme codicistiche e quelle conte nute nel citato t.u. del 1933 consentono di riscontrare direttive e criteri idonei a delimitare il predetto potere impositorio del con sorzio nell'ambito del suo esercizio in concreto.

Ora, se è evidente che tra tali criteri di fondo assume valore

primario e fondamentale quello della tendenziale corrispondenza

li Foro Italiano — 1987.

e proporzionalità tra misura del contributo e grado del beneficio

conseguito e conseguibile per effetto dell'opera del consorzio (ve di art. 860 c.c., art.11 r.d. n. 215 del 1933, art. 18 t.u. n. 523

del 1904) è del pari indubitabile che proprio nel momento della

comparativa valutazione dei vantaggi, diretti ed indiretti, attuali

o futuri dei soggetti singoli chiamati alla contribuenza, e nel con

seguenziale momento della ripartizione parcellare tra essi degli oneri di spesa, distinguendo a seconda che esse siano sopportate nell'interesse della totalità, o di gruppi o categorie, dei consorzia

ti, il consorzio resta investito di funzioni e compiti discrezionali

e perequativi a fronte dei quali non è configurabile, nel privato, una posizione di diritto soggettivo come tale passibile di tutela

davanti al giudice ordinario. Se cosi non fosse, del resto la legitti mazione a contrastare la domanda del singolo che davanti al giu dice ordinario lamenti la eccessiva misura del contributo impostogli, dovrebbe essere riconosciuta a tutti gli altri consorziati i quali

per effetto dell'eventuale accoglimento di quella domanda, ver

rebbero ad essere onerati di una maggiore quota di contribuenza, stante il principio di totale copertura di spesa di cui all'art. 8

d.p.r. n. 947 del 1962.

La consistenza di interesse legittimo, propria della posizione

soggettiva oggetto di valutazione discrezionale da parte della p.a.

legittima, invece, la devoluzione alla competenza del giudice am

ministrativo delle impugnazioni relative al piano di classificazio

ne dei beni compresi entro il perimetro consorziale ed al piano di ripartizione delle spese, in cui il primo si riflette (come, del

resto, è previsto espressamente in materia di consorzi per opere di bonifica di prima categoria dall'art. 27, n. 10, t.u. n. 1054

del 1924 e dall'art. 7, 1° comma, 1. n. 1034 del 1971, istitutiva

dei T.A.R.; controversie, queste, per loro natura suscettibili di

soluzione non attraverso una mera disapplicazione del provvedi mento impugnato, ma mediante la conferma o l'annullamento, anche per ragioni di merito, del provvedimento stesso.

Al di fuori di questo campo, che investe la determinazione del

quantum del contributo, ogni altra domanda, sorretta dalla pre tesa violazione del diritto soggettivo a non sottostare alla imposi zione contra legem od extra legem di una prestazione patrimoniale a carattere pubblico-tributario, rimane devoluta alla cognizione del giudice ordinario, quale che sia il profilo della dedotta illegit timità: attenga essa al momento della investitura, in capo all'en

te, del potere impositorio di cui quello intenda avvalersi, o al

momento della individuazione dei soggetti tenuti alla contribuen

za ed al momento della riscossione del tributo stesso (la quale ai sensi dell'art. 21 t.u. n. 215 del 1933 deve avvenire secondo

le norme che regolano la esazione delle imposte dirette). Alla stregua dei principi di diritto sopra affermati, passando

in rassegna le questioni nelle varie sedi di merito sollevate dal

comune, è dato riscontrare ed è opportuno precisare quanto segue.

A) Sono devolute alla competenza giurisdizionale del giudice ordinario: a) le domande relative alla inesistenza, in radice, di

un potere impositorio, sotto l'aspetto attivo e passivo, a carico dei cosi detti «utenti della falda acquifera» (questioni sub nn.

1, 2, 3 e 4 della elencazione ut sopra seguita nella esposizione delle vicende processuali); b) le domande attinenti alla illegittimi tà, per difetto di titolo o di potere, della riscossione contributiva

(questioni sub nn. 6, 7 ed 8 della elencazione). Deve escludersi,

peraltro, che attraverso l'esame e la soluzione delle questioni so

praindicate il giudice ordinario possa addivenire — secondo quanto richiestogli in linea subordinata — ad una modifica o sostituzio ne dei criteri ripartitivi della contribuenza.

B) Sono devolute alla competenza giurisdizionale del giudice

amministrativo, le questioni che investono questi ultimi criteri (n. 5 e n. 9 dell'elenco) e che, in definitiva, impingono sul quantum dell'addebito di un qualche onere contributivo a carico degli utenti della falda.

Non spetta, in questa sede ed a questa corte, stabilire la prece denza temporale, la priorità logica e la pregiudizialità giuridica secondo cui le controversie, rispettivamente devolute, dovranno

essere delibate, separatamente, dal giudice ordinario e da quello amministrativo; trattandosi di problema riservato al loro potere ordinario ed estraneo al tema del presente giudizio. (Omissis)

II

Svolgimento del processo. — Con citazione notificata il 13 aprile 1977 Nazario Bosco esponeva che nel 1972 alcune guardie giurate

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2139 PARTE PRIMA 2140

del consorzio di bonifica della Capitanata avevano redatto verba

le di contravvenzione contro di lui, Antonio Buzzerio e Vitanto

nio Fina, titolari di aziende per la lavorazione del marmo, poiché,

secondo gli accertamenti eseguiti, le acque di rifiuto provenienti

da dette aziende e scaricate nel canale Vallone dell'Elee, avevano

provocato l'interramento e l'intasamento del canale medesimo.

La prefettura di Foggia, a seguito di detti verbali, aveva, con

propri decreti, fatto obbligo alle ditte contravvenzionate, ai sensi

dell'art. 153 r.d. 8 maggio 1904 n. 368, di ridurre la situazione

dei luoghi allo stato pristino, pena l'esecuzione in danno da parte

del consorzio, che difatti vi aveva provveduto, in quanto le ditte

non avevano osservato l'ordine del prefetto. La relativa nota spe

se, vistata dal prefetto a norma dell'art. 154 del citato regola

mento, era stata iscritta nei ruoli dell'esattoria comunale di

Apricena e notificata al Bosco, per il pagamento della somma

di lire 14.036.888. La ditta Bosco, con la citazione suddetta, conveniva in giudi

zio dinanzi al Tribunale di Lucerà l'esattoria comunale di Aprice

na, Antonio Buzzerio e Vitantonio Fina, per sentir dichiarare non

dovuto il pagamento della somma indicata e, in via subordinata,

porre i due terzi della somma indicata, le ditte Buzzerio e Fina,

contestando l'esistenza dei poteri esercitati dalla p.a. nell'imposi

zione di prestazioni personali (ordine di ripristino) e patrimoniali

(conversione in pagamento della somma di denaro per l'eseguito

ripristino d'ufficio), in difetto di una legge regolante la materia,

in contrasto con l'art. 23 Cost.

L'esattoria si costituiva, eccependo che aveva agito in confor

mità del ruolo e che doveva ritenersi legittimato passivo l'ente

impositore. Si costituivano anche il Buzzerio e Giacinto Gina,

muovendo alcune eccezioni che in questa sede non è necessario

riassumere.

Il consorzio per la bonifica della Capitanata interveniva volon

tariamente in giudizio, eccependo il difetto di giuridizione del giu

dice ordinario, l'incompetenza (per essere la materia appartenente

alla cognizione del tribunale delle acque) e l'infondatezza della

domanda, attesa la legittimità degli atti con cui era stato richiesto

il pagamento della somma. (Omissis)

Motivi della decisione. — Col primo motivo il consorzio per

la bonifica della Capitanata deduce la violazione delle norme sul

litisconsorzio necessario e degli art. 153 e 154 r.d. 8 maggio 1904

n. 368, nonché dell'art. 378 1. 20 marzo 1865 n. 2248, all. F,

con conseguente difetto di legittimazione passiva ad causarti ed

incompetenza ex art. 25 c.p.c., osservando che il consorzio ha

operato in veste di mero esecutore materiale del prefetto di Fog

gia, autore dell'ordine di ripristino a carico dei contravventori,

dell'ordine al consorzio di effettuare la materiale esecuzione d'uf

ficio del disposto ripristino e della liquidazione della nota alle

relative spese a carico dei contravventori; pertanto il prefetto era

legittimo — se non unico — contraddittore rispetto alle contesta

zioni mosse dai predetti contravventori ed alle domande da co

storo avanzate, mentre il consorzio, avendo agito quale nudus

minister, difettava di legittimazione passiva ad causam.

Il ricorrente aggiunge che è privo di consistenza l'argomento

addotto dalla corte d'appello, secondo cui il visto prefettizio sa

rebbe un atto di puro controllo, dal momento che la normativa

vistata non attribuisce ad alcun organo diverso dal prefetto il

potere di amministrazione attiva, postulato dalla pretesa qualifi

cazione dell'atto del visto come controllo, mentre ai consorzi di

bonifica non sono attribuiti compiti di sorta; e conclude nel sen

so che dall'accoglimento del motivo deriva l'in

competenza del Tribunale di Lucerà, in base alla regola del foro

erariale ex art. 25 c.p.c.

Il motivo è infondato, benché alcune argomentazioni del con

sorzio colgano un errore della motivazione della sentenza im

pugnata. L'art. 154 r.d. 8 maggio 1904 n. 368 (norma tuttora vigente

e legittima, come sarà dimostrato nell'esame del terzo motivo)

dispone: «Il prefetto, sentito il trasgressore... provvede al rim

borso a di lui carico delle spese degli atti e dell'esecuzione d'uffi

cio, rendendone esecutiva la nota e facendone riscuotere l'importo

nelle forme e non i privilegi delle pubbliche imposte». Il provve

dimento del prefetto non è un semplice visto di esecutorietà (atto

di controllo) di un atto del consorzio che ha provveduto all'ese

cuzione d'ufficio dei lavori ordinati, a norma degli art. 153 e

157 r.d. n. 368, ma è l'atto che contiene l'ordine di rimborso

Il Foro Italiano — 1987.

delle spese sostenute dall'esecutore, a carico del contravventore,

e cioè il provvedimento amministrativo che recepisce la nota delle

spese anticipate dal consorzio e che costituisce titolo per l'esazio

ne del suo importo con le stesse forme delle imposte (e cioè a

mezzo dell'esattoria comunale). Si tratta di un provvedimento che

accerta un debito del soggetto passivo, a favore di un soggetto

che non è la medesima autorità che «liquida» il credito, ma è

l'ente che ha erogato la spesa che deve essere rimborsata e che

pertanto è titolare del corrispondente diritto di credito (come ha

esattamente ritenuto il giudice di secondo grado, con statuizione

che sul punto non è neppure impugnata). La controversia ha per

oggetto l'esistenza dell'obbligazione, per la contestazione del po

tere della p.a. (prefetto) di accertare e liquidare il debito; l'atto

amministrativo prefettizio è oggetto di sindacato incidenter tan

tum, al fine di stabilire se esista o meno un diritto di credito

del consorzio nei confronti dei contravventori e se esso trovi le

gittimamente un titolo nel provvedimento del prefetto. Da ciò

deriva la conseguenza che il prefetto non doveva partecipare al

giudizio, stante la limitazione della contestazione del Bosco all'i

nesistenza di un credito del consorzio nei suoi confronti, per pre

teso difetto di una norma di legge che prevedesse quel potere

del prefetto di accertare e liquidare il credito. Invero, i soggetti

del rapporto obbligatorio sono il debitore (e cioè il contravvento

re) da un lato ed il creditore (e cioè il consorzio esecutore delle

opere di ripristino d'ufficio) dall'altro, e la causa ha per oggetto

tale rapporto, in ordine al quale l'atto prefettizio di imposizione

dell'obbligo del rimborso si pone come semplice antecedente logico

giuridico, da esaminare incidenter tantum, ai fini della sua even

tuale disapplicazione da parte del giudice ordinario.

Con il secondo motivo, il consorzio lamenta l'ultrapetizione

e la mancanza di vocatio in ius, osservando che mai nessuna do

manda era stata rivolta contro il consorzio ricorrente, che aveva

spiegato soltanto intervento adesivo a favore della convenuta Banca

popolare di Apricena (esattore comunale).

Il motivo è fondato. Poiché l'esattore è semplice agente della

riscossione di un credito del consorzio, in base al provvedimento

prefettizio di cui supra, il ricorrente aveva la figura di interve

niente adesivo autonomo o litisconsortile, facendo valere un pro

prio diritto nei confronti dell'attore Bosco, per cui doveva

accertarsi l'inesistenza o l'esistenza dell'obbligazione di costui pro

prio nei confronti dell'interveniente, titolare di una propria auto

noma legittimazione a contraddire la domanda del Bosco (e titolare

del diritto di impugnazione). Con il terzo motivo, il consorzio deduce la violazione e falsa

applicazione dell'art. 23 Cost., degli art. 153 e 154 r.d. 8 maggio

1904 n. 368, dell'art. 378 1. 20 marzo 1865 n. 2248, all. F, del

l'art. 61 r.d. 22 marzo 1900 n. 195, dell'art. 131 r.d. 30 dicembre

1923 n. 3256, dell'art. 119 r.d. 13 febbraio 1933 n. 215, nonché

mancanza di motivazione su punto decisivo, osservando: a) l'in

vocazione dell'art. 23 Cost., non è pertinente, dato che si verte

sulle conseguenze sanzionatorie della violazione del divieto di in

quinare, per nulla contestato e mai investito di censure; b) la

soggezione al potere regolamentare esiste nei casi di ingerenza

del privato nell'ambito di beni facenti parte del demanio pubbli

co dello Stato (quali sono le acque pubbliche e le pertinenze di

una bonifica pubblica). Ciò risulta dall'art. 823, 2° comma, c.c.,

oltre che dai principi generali dell'autotutela amministrativa, in

cui rientra il potere di disciplinare l'esercizio della medesima; c)

la delega contenuta nell'art. 61 t.u. n. 195 del 1900 esclude il

carattere regolamentare delle norme in questione, tanto è vero

che sono pienamente valide le norme penali dello stesso regola

mento n. 368 del 1904; d) gli art. 153 e 154 costituiscono la mera

riproduzione dell'art. 378 1. n. 2248, all. F, del 1865, dato che

nella specie si trattava della tutela di diritti demaniali su acque

pubbliche. Le successive vicende della legislazione sulla bonifica

non hanno inciso sul citato art. 378; ed anche ammesso che la

disciplina regolamentare fosse più dettagliata di quella legislativa,

in quest'ultima si riscontrano quei criteri sufficienti per escludere

la violazione dell'art. 23 Cost.

Infine, il ricorrente deduce il vizio di motivazione in ordine

al mancato esame del punto decisivo dell'esclusiva paternità in

capo al prefetto degli atti impositivi. Il motivo è fondato. La sentenza impugnata ha ritenuto abro

gata la normativa degli art. 153-157 r.d. n. 368 del 1904, tanto

in base alla norma di immediata applicazione dell'art. 23

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Cost., quanto in base all'art. 119 r.d. 13 febbraio 1933 n. 215, contenente nuove norme sulla bonifica integrale. Né l'una né l'al

tra argomentazione può condividersi.

Il t.u. 22 marzo 1900 n. 195 (avente forza di legge) all'art.

61 (riproduttivo dell'art. 25 1. 18 giugno 1899) disponeva: «Col regolamento da emanarsi per l'esecuzione della presente

legge, le disposizioni del titolo III, capo VII della legge 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, saranno applicate alle opere di bonificazione di prima e seconda categoria eseguite o da eseguirsi, con le modi

ficazioni rese necessarie dalla natura delle opere stesse. Alle me

desime opere di bonificazione saranno pure estese le disposizioni

degli art. 374, 375, 376, 377, 378 e 379 della predetta legge 20

marzo 1865».

Il regolamento emanato in esecuzione di tale previsione (r.d. 8 maggio 1904 n. 368) per la parte contenente l'estensione alle

opere di bonificazione delle disposizioni sulle acque e delle altre richiamate della legge sulle opere pubbliche del 1865, e cioè per quanto riguarda il titolo VI (disposizioni di polizia) diviso nel

capo I (art. da 132 a 140, disposizioni per la conservazione delle

opere di bonificamento e loro pertinenze), nel capo II (art. da 141 a 158: delle contravvenzioni) e nel capo III (art. 159-160:

disposizioni speciali) è da qualificare, secondo l'ordinamento del le fonti normative allora vigente, regolamento «delegato» e cioè un regolamento che (pur conservando i caratteri formali propri, e cioè quello per cui esso non può contraddire alla legge e quello per cui può essere abrogato da un regolamento posteriore) è espres samente previsto dalla legge per disciplinare una materia che ap partiene al campo proprio delle leggi. La legge attribuisce al potere esecutivo la facoltà di regolare quella materia, in luogo e vece della legge stessa e cioè superando i limiti che la potestà regola mentare di solito incontra. La qualifica di «delegato» deriva ap punto dall'investitura del potere di dettare norme giuridiche in un campo in cui, per i principi generali la competenza sarebbe

propria del potere legislativo. L'attribuzione di competenza in una

materia che è disciplinata dalla legge comporta la facoltà del po tere esecutivo di emanare norme giuridiche anche in deroga di norme legislative formali esistenti. La legge che prevede la «dele

ga» al potere esecutivo (da distinguere dalla delega legislativa e cioè dall'attribuzione del potere di emanare norme con efficacia di legge formale) è una legge sulla produzione di norme, avente la funzione di determinare la fonte del diritto nella materia previ sta, che sarà regolata dalle norme regolamentari emanate dal ca

po dello Stato. A prescindere dal limite espressamente rimosso dalla legge di delegazione, restano fermi tutti gli altri limiti pro pri del regolamento (cfr. Cass., sez. un., 15 febbraio 1978, n.

701, id., Rep. 1978, voce Previdenza sociale, n. 701; sez. I 1°

aprile 1982, n. 2006, id., Rep. 1982, voce Cassazione civile, n. 103). Nella specie, l'art. 61 citato prevede il contenuto di alcune nor

me del regolamento, nella materia della polizia e delle contrav venzioni relative alle opere di bonifica (e cioè in una materia che è attribuita in via generale alla competenza delle leggi) fissando il contenuto di tali norme con espresso richiamo alle corrispon denti norme della legge generale sulle opere pubbliche del 1865, con facoltà di quelle modifiche rese necessarie dalla natura delle

opere di bonifica. Tale attribuzione di potestà normativa — con i caratteri già indicati — è stata esercitata col regolamento appro vato con r.d. 8 maggio 1904 n. 368, titolo VI, già richiamato. Una volta esercitato il potere attribuito dalla legge, la norma re

golamentare vive di vita propria, finché non è abrogata da una successiva norma che può essere sia legislativa che regolamentare (per quanto si è detto) e vive con l'efficacia originaria caratteri

stica, che è quella di regolare una materia riservata alla legge. Il collegio osserva che non esiste alcuna norma successiva in for za della quale il titolo VI del regolamento del 1904 possa ritenersi

espressamente e tacitamente abrogato. Esso, ovviamente, è rima sto in vigore quando è stato emanato il nuovo testo unico sulle bonifiche approvato con r.d. 30 dicembre 1923 n. 3256.

Invero, la circostanza che il t.u. del 1923 contenesse un artico lo 131 del tutto identico all'art. 61 t.u. del 1900, non significava affatto che la potestà regolamentare «delegata» dovesse essere di nuovo esercitata nella materia della polizia e delle contravven zioni relative alle opere di bonifica, in quanto l'art. 131 t.u. del 1923 — per la sua natura meramente riproduttiva dell'art. 61 t.u. del 1900 — si limitava a confermare quella «delega», ma non toglieva efficacia alle norme regolamentari già emanate con l'ulteriore esercizio della delega.

Il Foro Italiano — 1987.

Il r.d. 13 febbraio 1933 n. 215 (avente valore di legge formale, in virtù della delega legislativa contenuta nell'art. 13 1. 24 dicem

bre 1928 n. 3134) in nessun punto (tranne che in un cenno conte

nuto nell'art. 4, a proposito della pubblicazione «con le modalità

stabilite dal regolamento» del piano generale di bonifica) prevede un regolamento di esecuzione. Da un punto di vista generale, l'omissione non aveva rilievo, dal momento che — essendo stata

nel frattempo emanata la 1. 31 gennaio 1926 n. 100 che all'art.

1 attribuiva al governo il potere di emanare con decreto reale

le norme giuridiche necessarie per disciplinare l'esecuzione delle

leggi — si sarebbero potute emanare le norme regolamentari di

esecuzione in virtù di detta normativa generale. Ma, poiché non

è stato emanato un nuovo regolamento di esecuzione, è opinione

pacifica in dottrina e giurisprudenza che sia rimasto in vigore il r.d. n. 368 del 1904. Esso è rimasto in vigore «integralmente», non avendo alcun rilievo la circostanza che l'art. 119 r.d. del

1933 abbia abrogato, fra l'altro, il r.d. 30 dicembre 1923 n. 3256

e, quindi, anche l'art. 131 che prevedeva il regolamento «delega to» con la prefigurazione di una normativa sulla polizia e sulle

contravvenzioni. Invero, l'abrogazione della norma sulla produ zione giuridica comportava soltanto che il governo non potesse

più esercitare quei poteri, per il futuro; ma non toglieva effetto

alle norme già prodotte e vigenti, e neppure eliminava, dall'en

trata in vigore del r.d. del 1933, l'efficacia peculiare derivante dalla qualità di norme regolamentari «delegate» degli art. 132-160

del r.d. del 1904 n. 368. Ciò risponde ad un principio inerente

alla successione delle norme sulla produzione giuridica: per esem

pio, con l'entrata in vigore della Costituzione del 1948, le norme

già emanate alla stregua dell'ordinamento costituzionale preesi stente sono rimaste in vigore con la forza originaria loro propria, da valutarsi secondo l'ordinamento allora vigente (salva l'abroga zione successiva o il giudizio di costituzionalità, per quanto attie

ne al loro contenuto, ma non alla fonte di produzione, v. Corte

cost. 22 giugno 1971, n. 143, id., 1971, I, 1755; 4 maggio 1970, n. 67, id., 1970, I, 1827; 29 marzo 1972, n. 56, id., 1972, I, 1177).

L'abrogazione degli art. da 132 a 160 r.d. n. 368 potrebbe so

stenersi soltanto in forza dei principi stabiliti dall'art. 15 disp.

prel. c.c., ma nessuna delle ipotesi ivi previste si è verificata: non

l'abrogazione espressa, che ha riguardato la norma sulla produ zione giuridica e non la norma «prodotta»; non l'incompatibilità fra il r.d. del 1933 e gli articoli più volte citati; non la nuova

regolamentazione dell'intera materia già regolata dagli art. 132-160 r.d. n. 368.

In proposito basterà osservare quanto segue: a) l'art. 52 r.d. 13 febbraio 1933 n. 215 (contenuto nel titolo IV: dei lavori e

degli intervenuti antinofelici) dispone: «sono estese alle materie

contemplate nel presente titolo in quanto applicabili, le disposi zioni degli art. 375, 377, 378 e 379 1. 20 marzo 1865 n. 2248 sui lavori pubblici» mentre al 1° comma richiama l'art. 374 della

legge suddetta. Si tratta di una norma analoga al 2° comma del l'art. 61 t.u. 22 marzo 1900 n. 195, in forza del quale è stato emanato il titolo VI del regolamento del 1904 n. 368. Nella mate ria degli intervenuti antianofelici il legislatore del 1933 ha esteso una disciplina tratta dalla legge sui lavori pubblici, attinente alla tutela dei lavori nei confronti dei contravventori privati (c.d. «au

totutela»). Sarebbe assurdo pensare che il medesimo legislatore abbia ritenuto, nel momento in cui operava detta estensione, di dover abrogare invece una disciplina in materia di polizia ed au totutela attinente alle opere principali di bonifica; il legislatore, al contrario, è partito dal presupposto evidente che la disciplina (richiamata per altre opere dell'art. 52) fosse ancora vigente per le opere di bonifica per cui non era necessario dettare nuove nor me in proposito; b) l'art. 100 r.d. del 1933 regola la destinazione

degli introiti delle pene pecuniarie comminate dalle vigenti leggi in difesa delle opere pubbliche di bonifica; e tali pene erano pro prio quelle previste dagli art. 142-144 r.d. del 1904, emanate in virtù della «delega» contenuta nell'art. 61 t.u. del 1900, che quin di erano presupposti tuttora vigenti; c) l'art, unico 1. 18 ottobre 1948 n. 1291 (si noti bene, emanata dopo l'entrata in vigore della Costituzione del 1948) ha modificato il n. 3 dell'art. 143 da ulti mo citato, che il legislatore del 1948 riteneva, pertanto, ancora

vigente; d) l'argomento esposto dalla corte d'appello, secondo cui nel 1933 non si intese conservare in vigore la normativa di cui si tratta, in ossequio a pretesi nuovi principi sulla divisione fra potestà legislativa e regolamentare, per quanto attiene alla

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2143 PARTE PRIMA 2144

materia dell'autotutela amministrativa delle opere di bonifica, non

trova corrispondenza nell'ordinamento vigente nel 1933 che —

dal punto di vista dell'ordinamento costituzionale delle fonti del

diritto — era il medesimo di quello vigente nel 1904.

Concludendo, poiché le materie della polizia, delle contravven

zioni e dell'autotutela amministrativa inerenti alle opere di boni

fica non sono state regolate ex novo totalmente dal r.d. del 1933

sulla bonifica integrale e poiché non esiste incompatibilità con

esso, sono rimaste in vigore le norme anteriori degli art. da 132

a 160 del regolamento del 1904.

Per quanto riguarda il rapporto tra le suddette norme e l'art.

23 Cost., esso andrebbe impostato non già in termini di «abroga

zione» da parte dell'art. 23 (esulando manifestamente le ipotesi

di cui all'art. 15 disp. prel. c.c.) ma bensì' in termini di eventuale

disapplicazione da parte del giudice ordinario, per contrasto fra

la normativa regolamentare e la normativa costituzionale che pre

scriveva una riserva «relativa» di legge (cfr. la dizione «in base

alla legge» contenuta nell'art. 23 Cost.). Ma un'approfondita di

samina del punto sarebbe del tutto inutile, dal momento che alla

normativa regolamentare, per il suo carattere già indicato, an

drebbe attribuita validità anche alla stregua dei criteri dettati dal

l'art. 23 Cost., in punto di sufficienza dei criteri previsti dalla

legge per attribuire alla p.a. il potere di stabilire prestazioni per

sonali o patrimoniali (cfr., da ultimo, Corte cost. 5 febbraio 1986,

n. 34, id., 1986, I, 608). Invero la legge del 1900 prestabiliva in maniera più che esau

riente (anche in base ai parametri costituzionali sopravvenuti) il

contenuto della normativa regolamentare, attraverso il richiamo

puntuale di norme della legge sui lavori pubblici del 1865 estese

alle opere di bonifica. A maggior ragione, pertanto, si applicano

i principi già enunciati da questa corte con sentenza 5 febbraio

1975, n. 427 (id., Rep. 1975, voce Legge, nn. 25, 26) per una

ipotesi in cui la legge anteriore alla Costituzione non predetermi

nava i contenuti della disposizione regolamentare attinente alla

previsione di una prestazione patrimoniale a favore della p.a. ed

a carico dei privati. Concludendo, non è necessario esaminare se veramente quelle

previste dagli art. 153 e 154 del regolamento n. 368 del 1904 sono

«prestazioni» nel senso di cui all'art. 23 Cost., dato che non si

pone neppure il problema di un ipotetico contrasto fra la norma

tiva suddetta e l'art. 23. Piuttosto, è da sottolineare che tale nor

mativa prevede una autotutela della p.a. inerente a beni pubblici,

in base ad una norma di legge che ne ha autorizzato l'emanazio

ne; essa realizza, pertanto, uno dei casi rientranti nell'ambito del

2° comma dell'art. 823 c.c. che, secondo la più corretta opinio

ne, è una norma direttamente precettiva per quanto riguarda l'e

stensione del codice civile ai beni pubblici, mentre è norma

puramente di rinvio alle disposizioni di legge che nei singoli casi

autorizza l'autotutela in via amministrativa.

E poiché la normativa sull'autotutela delle opere di bonifica

è basata sulla norma di produzione giuridica dell'art. 61 della

legge del 1900, il regolamento del 1904 (di cui si è dimostrata

la persistente vigenza e validità) poteva essere applicato nella fat

tispecie di cui è causa. Tale affermazione non comporta peraltro — come implicitamente presupposto dall'ordinanza della I sezio

ne in base alla quale la causa è stata rimessa alle sezioni unite

— l'affermazione del difetto di giurisdizione del giudice ordina

rio, in virtù del principio secondo cui, di fronte ai poteri di auto

tutela dei beni pubblici, esistenti in capo alla p.a. la posizione

del privato è di interesse legittimo (Cass., sez. un., 12 giugno

1979, n. 3301, id., Rep. 1979, voce Giurisdizione civile, n. 89).

Invero, la presente lite ha per oggetto la dichiarazione di esisten

za o inesistenza di una obbligazione di somma di denaro e la

richiesta di ripetizione di indebito, per illegittimità del titolo am

ministrativo determinativo del debito medesimo; il petitum so

stanziale riguarda una posizione di diritto soggettivo, e cioè

l'integrità del patrimonio del soggetto privato che sostiene l'inesi

stenza di una obbligazione a favore, non della p.a. che ha deter

minato il suo debito, ma del terzo (consorzio di bonifica) titolare

del credito (corrispondente a quello che viene liquidato in sede

di esecuzione forzata ai sensi dell'art. 614 c.p.c.)

Richiamando gli argomenti già esposti in sede di esame del pri

mo motivo, si deve sottolineare che, nella lite riguardante il cre

dito del consorzio, il provvedimento di autotutela è sindacato

incidenter tantum, nel senso che il giudizio sulla esistenza del cre

dito è condizionato (in relazione anche ai limiti della contestazio

ne mossa dal privato, che non ha contestato le modalità di

Il Foro Italiano — 1987.

determinazione del debito, ma soltanto il potere di determinarlo) dall'accertamento dell'esistenza di un potere della p.a. (prefetto) e cioè dal sindacato incidenter tantum del provvedimento emana

to a norma dell'art. 154 del regolamento del 1904. Invero, il pri

vato non tanto fa valere la sua posizione verso la p.a. che ha

emanato l'ordine di ripristino dello stato dei luoghi e successiva

mente l'ordine di rimborsare le spese del ripristino d'ufficio; quanto

deduce la sua posizione di terzo debitore verso l'ente pubblico

consorzio di bonifica), dandosi luogo pertanto ad una controver

sia su diritti soggettivi, con cognizione incidentale di atti ammini

strativi da parte dell'a.g.o. Poiché detta cognizione incidentale è stata effettuata dal giudi

ce d'appello con violazione dei principi enunciati da questa corte,

la sentenza impugnata deve essere cassata, con rimessione della

causa ad altro giudice (che si designa nella Corte d'appello di

Lecce).

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 25 feb

braio 1987, n. 2010; Pres. D'Avino, Est. Rotunno, P. M. Fa

bi (conci, conf.); Ospedale Maggiore di Milano (Avv. E.

Romanelli, Carones) c. Condominio di via Bari, 24, 26, 30,

32, Milano ed altri. Conferma App. Milano 25 marzo 1983.

Comunione e condominio — Azione «confessoria servitutis» contro

condominio — Richiesta di rimozione di opere condominiali — Rappresentanza processuale dell'amministratore — Obbligo

di chiamata in giudizio di tutti i condomini (Cod. civ., art. 1131).

L 'actio confessoria servitutis, laddove rivolta non solo ad accer

tare l'esistenza e l'estensione di una servitù prediale a carico

di uno stabile condominiale ma anche ad ottenere la rimozione

delle opere condominiali dalle quali la servitù risulta impedita,

non può essere esercitata nei confronti del solo amministrato

re, ma richiede la partecipazione al giudizio di tutti i con domini. (1)

(1) La pronuncia ribadisce due importanti profili circa la legittimazione

processuale dell'amministratore di condominio ex art. 1130 e 1131 c.c.

Quanto al primo, secondo la corte di legittimità tutte le volte in cui

sorgono controversie in tema di negatoria o, come nel caso in esame,

confessoria di servitù costituite a favore o a carico di edificio condomi

niale, quest'ultimo ben può essere rappresentato in giudizio dal suo am

ministratore sempreché, tuttavia, l'indagine si limiti a dirimere una questione relativa all'esistenza o all'estensione della servitù medesima. In tali fran

genti, infatti, la materia del contendere afferisce non alle singole proprie tà — e quindi all'interesse — dei singoli partecipanti alla comunione ma

investe l'intero condominio, o una sua parte comune, dimodoché la legit

timazione processuale dell'amministratore non appare in discussione (sul

punto v. Cass. 29 aprile 1982, n. 2717, Foro it., Rep. 1982, voce Comu

nione e condominio, n. 103; 6 novembre 1975, n. 3751, id., Rep. 1975,

voce cit., n. 65). Il principio, esteso da Cass. 29 maggio 1976, n. 1950,

id., Rep. 1976, voce cit., n. 61, a qualunque azione reale concernente

le parti comuni di un condominio, alla luce dell'art. 1131, 2° comma,

c.c., appare pacifico anche in dottrina (v. per tutti, Branca, Comunione

e condominio negli edifici, in Commentario, a cura di Scialoja e Bran

ca, Bologna-Roma, 1982, 596 s.). Laddove invece, e siamo al secondo

profilo, le azioni de quibus siano dirette a perseguire l'ulteriore obiettivo

di ottenere la rimozione di opere comuni attraverso le quali la servitù

viene esercitata od impedita, affiancandosi alla funzione di accertamento

anche quella di carattere repressivo destinata a riflettersi sulle situazioni

giuridiche dei singoli condomini, si rende necessaria la partecipazione al

giudizio di tutti i componenti del condominio (a prescindere — precisa

la corte — da ogni questione circa la sussistenza o meno di una concor

rente legittimazione passiva dell'amministratore). Nello stesso senso si erano

pronunciate Cass. 6 dicembre 1984, n. 6396, Foro it., Rep. 1985, voce

cit., n. 80, con note di Berri, Considerazioni in tema di litisconsorzio

necessario ed interruzione del processo in materia condominiale, e Troc

ker, Litisconsorzio necessario e ordine di integrazione del contradditto

rio nell'«actio negatoria servitutis» in materia condominiale, entrambe

in Giur. it., 1985, I, 1, 939 e 942; 25 maggio 1973, n. 1539, Foro it.,

Rep. 1973, voce cit., n. 147. Analogamente, Cass. 4 maggio 1964, n.

1066, id., 1964, I, 1822, ha negato la legittimazione dell'amministratore

convenuto in un'azione promossa dal proprietario del fondo contiguo

all'edificio condominiale e volta ad ottenere la rimozione forzosa del mu

ro perimetrale.

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