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sezioni unite civili; sentenza 27 agosto 1998, n. 8498; Pres. Sgroi, Est. Corona, P.M. Morozzo Della...

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sezioni unite civili; sentenza 27 agosto 1998, n. 8498; Pres. Sgroi, Est. Corona, P.M. Morozzo Della Rocca (concl. diff.); Comune di Palermo (Avv. Aitò, Farulla, La Marca) c. Galioto. Cassa Pret. Palermo 7 settembre 1995 Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 11 (NOVEMBRE 1998), pp. 3197/3198-3201/3202 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23192437 . Accessed: 24/06/2014 22:59 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.78.109.12 on Tue, 24 Jun 2014 22:59:05 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 27 agosto 1998, n. 8498; Pres. Sgroi, Est. Corona, P.M. MorozzoDella Rocca (concl. diff.); Comune di Palermo (Avv. Aitò, Farulla, La Marca) c. Galioto. CassaPret. Palermo 7 settembre 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 121, No. 11 (NOVEMBRE 1998), pp. 3197/3198-3201/3202Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192437 .

Accessed: 24/06/2014 22:59

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

a norma dell'art. 106 c.p.c. dall'assicurato convenuto (Cass. 30

maggio 1995, n. 6074, id., Rep. 1995, voce cit., n. 220). 2.1. - Infondato è anche il terzo motivo di ricorso (che si

esamina prima del secondo per necessità di sistematica espositi

va), con cui il ricorrente lamenta la mancanza, l'insufficienza

e la contraddittorietà della motivazione, per aver ritenuto la

sentenza impugnata un concorso di colpa.

Anzitutto, non può condividersi l'assunto del controricorren

te secondo cui le sentenze pronunciate dal giudice di pace se

condo equità (perché di valore inferiore ai due milioni di lire) non sarebbero impugnabili per vizio di motivazione.

Va preliminarmente rilevato che, a norma dell'art. 113, 2°

comma, c.p.c., il giudice di pace decide secondo equità le cause

il cui valore non eccede lire due milioni.

A differenza di quanto prevedeva il precedente (sostituito) 2° comma dell'articolo in questione, relativamente al giudice

conciliatore, che doveva osservare i principi regolatori della ma

teria (così come modificato dall'art. 3 1. 399/84), eguale previ sione non sussiste per l'attuale formulazione dell'art. 113, 2°

comma, c.p.c., relativamente alle decisioni del giudice di pace secondo equità.

Trattasi di un'ipotesi di giudizio secondo equità previsto già dal 1° comma dello stesso articolo come eccezione al principio della legalità della decisione giudiziaria («nel pronunciare sulla

causa il giudice deve seguire le norme di diritto, salvo che la

legge gli attribuisca il potere di decidere secondo equità»).

Più specificamente si tratta dell'equità c.d. formativa o sosti

tutiva, che si ha quando il giudice si sostituisce integralmente

all'applicazione della norma positiva (a fronte dell'equità sup

pletiva o integrativa, che si ha quando la valutazione equitativa del giudice serve a completare la definizione della fattispecie

su aspetti o conseguenze che la norma applicabile abbia non

espressamente definito). Secondo una definizione assai diffusa il giudizio secondo equità

è la giustizia del caso concreto, ottenuta dal giudice tramite un

adattamento dei principi giuridici alla peculiarità della singola

fattispecie, che implica una valutazione più libera e elastica di

quanto normalmente consentito all'interprete dalle norme di di

ritto, attraverso la formulazione della regola decisoria nel caso

concreto.

Tale regola, che normalmente tende a dare rilievo alla natura

ed ai motivi soggettivi di comportamenti giuridicamente rile

vanti, può essere tratta da criteri giuridici o da criteri etici, so

ciali ed economici, diffusi nella coscienza comune.

L'equità non investe le regole processuali.

Da ciò consegue, anzitutto, che è denunciabile, senza limiti,

la violazione di regole processuali, non avendo l'art. 113 c.p.c.

inteso comunque dr ormalizzare il giudizio di equità (Cass., sez.

I, 1° dicembre 1993, n. 11855, id., Rep. 1994, voce Cassazione

civile, n. 27). Inoltre, quando il giudice di pace, tenuto a pronunciarsi se

condo equità, abbia deciso «secondo la legge» deve intendersi

che abbia implicitamente ritenuto la coincidenza della legge con

l'equità, senza che sia tenuto ad esprimerlo con la dovuta moti

vazione, né ciò comporta che egli abbia effettuato una decisio

ne secondo strictum ius in luogo di decisione secondo equità.

Ne consegue che la sentenza pronunciata dal giudice di pace

secondo equità, ai sensi dell'art. 113 c.p.c., il quale attiene alla

decisione nel merito, fermo restando l'obbligo dell'osservanza

delle norme processuali, può essere impugnata con il ricorso

per cassazione, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c., soltanto per

violazione dei limiti del giudizio di equità, costituiti dalle norme

della Costituzione, dai principi generali dell'ordinamento.

Va tuttavia ben distinta l'equità dalla discrezionalità e dal

l'arbitrio, dovendo avere il giudizio secondo equità una struttu

ra logica e valutativa articolata.

Ne consegue che è insindacabile il momento del giudizio equi

tativo (Cass., sez. Ili, 2 maggio 1996, n. 4011, Foro it., Rep. 1996, voce Procedimento civile davanti al pretore e al giudice

di pace, n. 19) — salvo l'applicabilità dell'art. 360, n. 4 (ex art. 132, n. 4, c.p.c.), nei casi di inesistenza, perplessità od ap

parenza della motivazione sul criterio di equità — pur quando il giudice di pace abbia applicato norme di diritto, dichiarando

espressamente o dando per implicita la loro corrispondenza a

regole di equità (Cass., sez. I, 1° dicembre 1993, n. 11855). Inoltre, rileva anche il vizio di cui all'art. 360, n. 5, se con

cerne punti decisivi di fatto, in rapporto di causalità logica ri

II Foro Italiano — 1998.

spetto alla soluzione equitativa adottata (Cass. 15 febbraio 1995, n. 1630, id., Rep. 1995, voce Cassazione civile, n. 38).

Premesso ciò, va rilevato che nella fattispecie non è censura

bile la determinazione del criterio equitativo ritenuto dal giudi ce di pace, secondo cui anche il conducente di autoveicolo, fa

vorito dal diritto di precedenza, anche se conseguente ad un

segnale di «stop» a carico del conducente di autoveicolo prove niente da altra strada che con la prima si intersechi, deve, in

ogni caso, rallentare la velocità nell'approssimarsi all'incrocio.

2.2. - In punto di fatto il giudice di pace ha ritenuto che

l'attore nell'approssimarsi all'incrocio non aveva rallentato la

velocità ed in ciò ha individuato il suo comportamento colposo. Va rilevato che la valutazione delle risultanze processuali ai

fini della ricostruzione delle modalità dell'incidente e dell'accer

tamento dell'efficienza causale spiegata nella causazione dello

stesso dal comportamento dei due conducenti è riservata al giu

dice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità, salvo

che sotto il profilo della motivazione (Cass. 23 maggio 1975, n. 2057, id., Rep. 1975, voce Circolazione stradale, n. 56; 28

gennaio 1972, n. 238, id., Rep. 1972, voce cit., n. 315). Nella fattispecie, la sentenza impugnata, con motivazione im

mune da censure rilevabili in questa sede di legittimità, ha rite

nuto che sulla base della deposizione del teste Pensa e dell'og

gettiva violenza dell'urto, quale risulta dai danni riportati, por ta a ritenere che l'attore non avesse rallentato la velocità

nell'approssimarsi all'incrocio.

Le censure sul punto del ricorrente si risolvono in una diversa

lettura delle risultanze processuali, inammissibile in sede di sin

dacato di legittimità. (Omissis)

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 27 ago

sto 1998, n. 8498; Pres. Sgroi, Est. Corona, P.M. Morozzo

Della Rocca (conci, diff.); Comune di Palermo (Avv. Aitò,

Farulla, La Marca) c. Galioto. Cassa Pret. Palermo 7 set

tembre 1995.

Edilizia e urbanistica — Sanzioni amministrative — Impugna zione — Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (L.

28 gennaio 1977 n. 10, norme per l'edificabilità dei suoli, art.

16; 1. 24 novembre 1981 n. 689, modifiche al sistema penale,

art. 12, 28; 1. 28 febbraio 1985 n. 47, norme in materia di

controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero

e sanatoria delle opere edilizie, art. 10, 26; 1. reg. Sicilia 10 agosto 1985 n. 37, nuove norme in materia di controllo del

l'attività urbanistico-edilizia, riordino urbanistico e sanatoria

delle opere abusive, art. 9).

Rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo

l'impugnazione avverso la sanzione pecuniaria inflitta per l'o

messa comunicazione al sindaco dell'inizio dei lavori e la man

cata trasmissione della relazione tecnica di asseverazione, in

relazione ad opere edilizie interne consistenti nella tampona

tura di veranda, per le quali l'art. 9 I. reg. Sicilia esclude

l'obbligo di concessione e autorizzazione. (1)

(1) I. - La giurisdizione amministrativa esclusiva per le controversie

attinenti le sanzioni in materia urbanistico-edilizia, è affermata, da ulti

mo, da Cass. 24 febbraio 1996, n. 1467, Foro it., Rep. 1996, voce

Edilizia e urbanistica, n. 617, e 20 ottobre 1995, n. 10923, ibid., n.

618; per ulteriori precedenti, v. la nota di richiami a Cass. 14 febbraio

1995, n. 1571, id., 1996, I, 216.

Sulla persistente vigenza dell'art. 16 1. 28 gennaio 1977 n. 10, per

avere la 1. 28 febbraio 1985 n. 47 sostituito gli art. 15, 17 e 32 1. 10/77

(ma non il 16), v. Cass. 8 gennaio 1992, n. 106, id., 1992, I, 1799,

con nota di richiami; 13 dicembre 1995, n. 12796, id., Rep. 1995, voce

cit., n. 689; la norma è altresì applicabile in rapporto alle sanzioni pre

viste in materia edilizia da norme anteriori alla 1. 10/77: Cass. 6 no

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3199 PARTE PRIMA 3200

Motivi della decisione. — 1. - A fondamento del ricorso, il

ricorrente deduce:

1.1. - Difetto di giurisdizione. L'opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione di pagamento

della sanzione pecuniaria per l'infrazione edilizia, resa dal sin

daco, andava proposta davanti al giudice amministrativo, la cui

giurisdizione esclusiva sussiste se le contestazioni afferiscono al

1 'an o al quantum della pretesa creditoria.

1.2. - Violazione e falsa applicazione di leggi e principi in materia urbanistico-edilizia e, in particolare, violazione della 1. 24 novembre 1981 n. 689.

La norma sulla prescrizione quinquennale sancita dall'art. 28

della legge richiamata non trova applicazione in materia di re

pressione degli abusi edilizi. 1.3. - Violazione e falsa applicazione dell'art. 91 c.p.c. Avendo l'aw. Giuseppe Galioto presentato l'opposizione per

sonalmente e non quale legale di se stesso, non era applicabile l'art. 91 c.p.c., riguardante la presenza di un legale difensore

del ricorrente.

vembre 1990, n. 10675, id., Rep. 1990, voce cit., n. 599; 19 dicembre

1990, n. 12028, ibid., n. 398. Sul carattere speciale della norma, applicabile anche dopo l'entrata

in vigore della normativa generale in materia di sanzioni amministrative

(l'art. 12 1. 24 novembre 1981 n. 689 fa espressamente salve le diverse

disposizioni), Cass. 3 maggio 1991, n. 4872, id., Rep. 1991, voce cit., n. 580; 16 maggio 1991, n. 5507, ibid., n. 581.

Sulla configurabilità della giurisdizione esclusiva anche ove le sanzio ni amministrative siano previste dalla normativa regionale, Cass. 8 ago sto 1989, n. 3661, id., Rep. 1989, voce cit., n. 694; 30 gennaio 1991, n. 906, id., Rep. 1991, voce cit., n. 579; 3 giugno 1992, n. 6783, id., Rep. 1992, voce cit., n. 644; 22 novembre 1996, n. 10326, id., Rep. 1996, voce Sicilia, n. 247.

II. - Nella disciplina statale, per la tamponatura di balconi o verande, siccome determinante nuova volumetria o modificativa della sagoma degli edifici, è stata sempre considerata necessaria la concessione edili zia (Cons. Stato, sez. V, 22 luglio 1992, n. 675, id., Rep. 1993, voce Edilizia e urbanistica, n. 398. Conf. Cass. 19 aprile 1989, Bindi, id., Rep. 1990, voce cit., n. 350; 14 febbraio 1983, Tomassoni, id., Rep. 1984, voce cit., n. 343; 14 febbraio 1983, Ambri, ibid., n. 344; 14 feb braio 1983, Di Bonaventura, ibid., n. 345; 4 dicembre 1987, Sanchini, id., Rep. 1988, voce cit., n. 318, per cui tali opere non possono essere considerate di manutenzione straordinaria, restauro o pertinenza assog gettabili a semplice autorizzazione, e la mancanza di concessione è pu nibile ai sensi dell'art. 20 1. 47/85; secondo Cass. 14 febbraio 1983, Annibali, id., Rep. 1984, voce cit., n. 351, e 14 febbraio 1983, Gaspar rini, ibid., n. 353, tali lavori sono soggetti a semplice autorizzazione, la cui mancanza non costituisce reato, soltanto quando consistano nella chiusura di un balcone o comunque di uno spazio assai limitato, con finalità di protezione dall'azione di agenti atmosferici esterni, in modo da assicurare una più completa funzionalità dell'immobile).

III. - Secondo l'art. 9 1. reg. sic. 10 agosto 1985 n. 37, non è conside rato aumento di superficie utile o di volume, né modificazione della sagoma della costruzione la chiusura di verande o balconi con strutture

precarie. Ciò appare in contrasto con i principi stabiliti dalla legislazio ne statale (la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5 1. reg. cit., nella parte in cui sostituirebbe all'obbligo di concessione quello di autorizzazione per impianto di prefabbricati ad una sola elevazione non adibiti ad uso abitativo, è stata dichiarata manifestamente infonda ta per erroneità dei presupposti interpretativi da parte del giudice a quo-. Corte cost., ord. 18 giugno 1997, n. 187, id., 1998, I, 1039, con nota di richiami). Sulla violazione dei limiti della potestà legislativa re

gionale, nell'ipotesi di previsione che i comuni prescrivano concessione anziché autorizzazione per le variazioni d'uso senza opere edilizie, Cor te cost. 23 luglio 1997, n. 259, id., Rep. 1997, voce Regione, n. 225, e nell'ipotesi in cui sia previsto l'obbligo di autorizzazione anziché con cessione: Corte cost. 21 novembre 1997, n. 345, Giust. civ., 1998, I, 329. La questione potrebbe aver perso di attualità, o comunque essere riconsiderata alla luce della nuova disciplina, di cui all'art. 7, lett. e), 1. 4 dicembre 1993 n. 493, come modificato dall'art. 2, 60° comma, 1. 23 dicembre 1996 n. 662, che dando estensione generalizzata alla de nuncia inizio attività, avrebbe implicitamente abrogato l'art. 26 1. 47/85 (in tal senso, Abbina, Concessione edilizia, autorizzazione edilizia e de nuncia inizio attività alla luce della l. n. 662 del 1996, art. 2, 60° com ma; della l. n. 135 del 1997, art. 11, nonché della l. n. 127 del 1997, in Riv. giur. edilizia, 1997, III, 514).

Sulla denuncia di inizio attività, nel quadro della semplificazione dei procedimenti abilitativi all'attività edilizia, v. Turco Liveri, La disci plina delle opere interne, in Riv. giur. urbanistica, 1996, 471; Marzaro Gamba, L'individuazione degli interventi edilizi soggetti a denuncia di inizio: aspetti problematici, id., 1997, 255; Id., Sulla legittimazione a realizzare opere edilizie previa denuncia di inizio all'amministrazione: «condizioni» e sanzioni in base alla l. n. 662 del 1996, ibid., 441.

Il Foro Italiano — 1998.

2.1. - La questione di diritto, che la Suprema corte deve risol

vere per decidere la controversia, è se tra le materie comprese nella giurisdizione esclusiva dei giudici amministrativi rientri l'op posizione alla sanzione pecuniaria prevista dalla 1. reg. sic. 10

agosto 1985 n. 37 (in modo conforme alla 1. statale 28 febbraio

1985 n. 47, art. 10 e 26), per l'omessa comunicazione al sindaco

dell'inizio dei lavori e per la mancata presentazione della rela

zione tecnica, concernente le opere interne non soggette a con

cessione o ad autorizzazione.

Per l'art. 16 1. 28 gennaio 1977 n. 10, invero, i ricorsi giuris dizionali contro il provvedimento, con il quale la concessione

viene data o negata, nonché contro la determinazione e la liqui dazione del contributo o delle sanzioni previste dagli art. 15

e 18 sono devoluti alla competenza dei tribunali amministrativi.

2.2. - Secondo la 1. 24 novembre 1981 n. 689, concernente

le modifiche al sistema penale e le sanzioni pecuniarie in gene

re, l'autorità competente, se ritiene sussistente la violazione, de

termina la somma dovuta e ne ingiunge il pagamento (art. 18);

l'opposizione contro l'ordinanza-ingiunzione si propone davan

ti al pretore del luogo, in cui è stata commessa la violazione

(art. 22); la sentenza, che conclude il giudizio, è inappellabile, ma ricorribile per cassazione (art. 23, ultimo comma). Il diritto

di riscuotere le somme dovute per le violazioni indicate dalla

legge si prescrive nel termine di cinque anni dal giorno in cui è stata commessa la violazione (art. 28).

Le disposizioni contemplate dalla legge si osservano per tutte

le violazioni, per le quali è prevista la sanzione amministrativa

del pagamento di una somma di denaro, anche quando questa sanzione non è contemplata in sostituzione di una sanzione pe

nale, «in quanto applicabili e salvo che non sia diversamente

stabilito» (art. 14). 2.3. - A fondamento dell'ordinanza-ingiunzione, emessa dal

comune di Palermo per il pagamento della sanzione pecuniaria, l'amministrazione comunale richiamò l'art. 9 1. 10 agosto 1985

n. 37 della regione Sicilia, secondo cui non sono soggette a con

cessioni né ad autorizzazioni le opere interne alle costruzioni. Pe

raltro, «contestualmente all'inizio dei lavori, il proprietario del

l'unità immobiliare deve presentare al sindaco una relazione a

firma di un professionista abilitato alla progettazione, che asse

veri le opere da compiere e il rispetto delle norme di sicurezza

e delle norme igienico-sanitarie vigenti. Le sanzioni, di cui al

l'art. 10 1. 28 febbraio 1985 n. 47, ridotte di un terzo, si applica no anche nel caso di mancata presentazione della relazione».

Il testo riproduce il precetto della 1. statale 28 febbraio 1985

n. 47, che — ai sensi del collegato disposto degli art. 10 e 26 — nel caso di opere interne non soggette a concessione, né ad

autorizzazione, prevede una sanzione pecuniaria non inferiore

alle lire 500.000 per l'omessa presentazione al sindaco, conte stualmente all'inizio dei lavori, della relazione tecnica.

2.3. - Intorno alla giurisdizione in materia urbanistico-edilizia, la giurisprudenza afferma che la giurisdizione esclusiva del giu dice amministrativo, che è prevista dall'art. 16 1. 28 gennaio 1977 n. 10 sui ricorsi avverso i provvedimenti irrogativi di san

zioni pecuniarie, resta ferma anche dopo la nuova disciplina delle sanzioni amministrative introdotta dalla 1. 24 novembre 1981 n. 689, che devolve al pretore il giudizio di opposizione, dato che l'art. 12 di tale ultima legge, nel contemplare in via

generale l'applicazione di quella disciplina a tutte le violazioni

punite in via amministrativa con il pagamento di una somma

di denaro, fa espressamente salva «diversa disposizione», quale appunto il citato art. 16 (Cass., sez. un., 18 aprile 1988, n.

3047, Foro it., Rep. 1988, voce Edilizia e urbanistica, n. 567). L'art. 16 1. n. 10 del 1977, invero, configura una norma specia le e, come tale, resta applicabile nonostante la sopravvenienza della nuova disciplina generale delle sanzioni pecuniarie ammi

nistrative, introdotta dalla 1. 24 novembre 1981 n. 689 (Cass., sez. un., 7 luglio 1988, n. 4496, ibid., n. 569).

Fissato il principio, la giurisprudenza precisa che l'art. 16 1.

28 gennaio 1977 n. 10 — che attribuisce alla giurisdizione esclu siva del giudice amministrativo la cognizione di tutte le conte

stazioni dell'intimato avverso l'ordinanza-ingiunzione, irrogan te una sanzione pecuniaria per una infrazione edilizia, siano esse inerenti all'an o al quantum della pretesa creditoria, ovve ro alla illegittimità del pregresso procedimento di accertamento — trova applicazione, in virtù della sua natura di precetto di

portata generale (nell'ambito della specialità configurata dalla

materia urbanistico-edilizia), anche quando l'ordinanza-in

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

giunzione attenga ad un illecito edilizio previsto e punito da

una disposizione diversa dalla citata legge, pure se a questa po steriore (Cass., sez. un., 20 ottobre 1995, n. 10923, id., Rep.

1996, voce cit., n. 618; 19 dicembre 1990, n. 12028, id., Rep. 1990, voce cit., n. 398; 6 novembre 1990, n. 10675, ibid., n. 599). Ovverosia anche dopo la nuova disciplina dell'attività urbanistico-edilizia disposta dalla 1. 28 febbraio 1985 n. 47, il cui art. 16, attinente alla diversa materia della riscossione del

relativo credito, non abroga, né modifica il predetto art. 16

1. n. 10 del 1977 (Cass., sez. un., 3 maggio 1991, n. 4872, id., Rep. 1991, voce cit., n. 580).

La giurisprudenza aggiunge, infine, che giurisdizione esclusi

va del giudice amministrativo, prevista dal ricordato art. 16 1.

n. 10 del 1977, trova applicazione anche rispetto alle violazioni

contemplate da norme regionali (Cass., sez. un., 22 novembre

1996, n. 10326, id., Rep. 1996, voce Sicilia, n. 247; 3 giugno 1992, n. 6783, id., Rep. 1992, voce Edilizia e urbanistica, n. 644; 30 gennaio 1991, n. 906, id., Rep. 1991, voce cit., n. 579).

2.4. - La soluzione della questione proposta si ricava dalla

ratio della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia urbanistico-edilizia.

La specialità della giurisdizione esclusiva in materia urbanistico

edilizia si giustifica in quanto le controversie comportano sem

pre, da parte del giudice, una indagine ed un apprezzamento in ordine all'esercizio dei poteri spiegati dalla pubblica ammini strazione, in funzione degli interessi generali. Ciò sia che venga

impugnato il provvedimento, con il quale la concessione è data

o negata, sia che venga impugnata la determinazione e la liqui dazione del contributo o delle sanzioni previste dagli art. 15

e 18 1. n. 10 del 1977 (e successive modificazioni). La stessa ragione di specialità si riscontra anche nell'ipotesi

esaminata, il cui carattere peculiare e qualificante non è dato

dal tipo di sanzione comminata, sibbene dalla norma che si as

sume violata, trattandosi di norma diretta a consentire l'eserci

zio dei controlli da parte dell'amministrazione sull'attività

urbanistico-edilizia posta in essere dai privati. Invero, lo scopo

dell'obbligo di comunicare all'amministrazione comunale l'ini

zio dei lavori e di trasmettere un'adeguata relazione tecnica è

quello di dare modo all'amministrazione di effettuare i controlli

e di stabilire se le opere iniziate sono o no esenti da concessione

o da autorizzazione.

Poiché sussiste la stessa ratio, deve ritenersi rientrare nella

giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo l'impugnazio ne proposta contro la sanzione pecuniaria inflitta, ai sensi del

l'art. 9 1. 10 agosto 1985 n. 37 della regione Sicilia, per l'omes

sa comunicazione al sindaco dell'inizio dei lavori e la mancata

trasmissione della relazione tecnica, concernente opere interne

non soggette a concessione o ad autorizzazione.

Pertanto, deve dichiararsi la giurisdizione esclusiva del giudi

ce amministrativo.

3. - L'accoglimento del primo motivo di ricorso comporta

l'assorbimento degli altri due. Alla dichiarazione della giurisdi

zione esclusiva del giudice amministrativo segue la cassazione

senza rinvio della sentenza impugnata.

CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 26 ago sto 1998, n. 8460; Pres. Baldassarre, Est. Corona, P.M.

Ceniccola (conci, diff.); Lancerotto (Aw. Loiacono, Mela

no Bosco) c. Condominio via Romagnano 2, Torino. Cassa

App. Torino 27 aprile 1995.

Comunione e condominio — Condominio negli edifici — Con domino — Diritto di visionare la documentazione condomi

niale — Limiti (Cod. civ., art. 1130, 1175, 1713).

Il potere del singolo condomino di ottenere dall'amministratore

l'esibizione dei documenti contabili riguardanti il condominio

può essere esercitato non soltanto in sede di rendiconto an

nuale, ma in ogni tempo, senza necessità di specificare la ra

Ii Foro Italiano — 1998.

gione per cui si intende prendere visione o estrarre copia dei

documenti medesimi, sempre che l'esercizio di tale potere non

si risolva in un intralcio all'amministrazione, non sia contra

rio ai principi di correttezza ed i relativi costi siano assunti

dal condomino istante. (1)

(1) La sentenza si pone in consapevole contrasto con Cass. 5 aprile 1984, n. 2220, Foro it., Rep. 1985, voce Comunione e condominio, n. 87 (per esteso in Giust. civ., 1985, I, 1189, con nota di Cerchiara), secondo cui l'esercizio del diritto del singolo condomino di ottenere

dall'amministratore l'esibizione di determinati documenti contabili, se

non avviene (come di norma) in occasione dell'assemblea convocata per

l'approvazione del rendiconto annuale, presuppone la deduzione e la

dimostrazione di un concreto e specifico interesse al riguardo. Con l'odierna pronunzia, mutando indirizzo, la corte ritiene, invece,

che non vi sia ragione per impedire ai singoli condomini di esercitare, in ogni tempo e senza necessità di giustificazioni di sorta, i poteri di

vigilanza e di controllo sullo svolgimento dell'attività di gestione delle

cose, dei servizi e degli impianti comuni, ai medesimi spettanti in forza

del rapporto di mandato con l'amministratore; incombendo semmai a

quest'ultimo, ove intenda non esaudire la richiesta di esibizione della

documentazione contabile, «dimostrare l'insussistenza di qualsivoglia in teresse effettivo in capo ai condomini istanti, perché i documenti perso nalmente non li riguardano, ovvero l'esistenza di motivi futili o inconsi

stenti e comunque contrari alla correttezza». Punto di forza nell'iter

argomentativo della sentenza assume, dunque, il rilievo che il rapporto di mandato «intercorre tra i singoli condomini e l'amministratore» (af fermazione questa su cui v. anche, di recente, Cass. 27 settembre 1996, n. 8530, Foro it., 1997, I, 872; per un approfondimento sul tema v., inoltre, V. Colonna, Uniti e divisi: il (particolare) rapporto tra ammi

nistratore e condomini, ibid., 1149). Al principio precedentemente affermato da Cass. 2220/84, cit., ha

aderito fino ad oggi (ma vedi, in senso difforme, Pret. Torino 14 otto

bre 1996, Arch, locazioni, 1997, 1052) la giurisprudenza di merito, che

si è rifatta ad esso, in particolare, per escludere che il singolo condomi

no possa rimettere in discussione, oltre il termine di decadenza previsto dall'art. 1137 c.c. (in riferimento al quale, v., da ultimo, Cass. 9 luglio 1997, n. 6205, Foro it., 1998, I, 178, con nota di richiami di D. Piombo

e nota di A. Celeste), il rendiconto regolarmente approvato dall'as

semblea condominiale e, quindi, l'obbligo di pagamento della quota di spese di sua spettanza: v. Trib, Milano 7 marzo 1996, id., Rep. 1997, voce cit., n. 192 (e Arch, locazioni, 1997, 108), e 23 maggio 1988, Foro

it., Rep. 1989, voce cit., n. 162 (e Arch, locazioni, 1989, 111); nonché Giud. pace Casamassima 24 ottobre 1995, Foro it., Rep. 1995, voce

cit., n. 179 (nella cui motivazione, riportata in Arch, locazioni, 1995,

894, si osserva che «l'amministratore è in pratica il mandatario dell'as

semblea condominiale, atteso che questa gli conferisce l'incarico e il

relativo rapporto lega tali parti e non il singolo condomino»). L'inam

missibilità di una contestazione tardiva dei conti da parte del singolo condomino è stata, del resto, in più occasioni sottolineata anche dalla corte di legittimità, la quale ha conseguentemente escluso che l'ammini

stratore, per ottenere il pagamento delle quote di spese comuni risultan

ti dal bilancio consuntivo approvato dall'assemblea dei condomini con

la maggioranza prescritta, abbia l'onere di sottoporre all'esame dei sin

goli condomini morosi i documenti giustificativi delle spese effettuate,

espletandosi il relativo controllo in sede di approvazione del bilancio:

v. Cass. 23 luglio 1988, n. 4751, Foro it., Rep. 1989, voce cit., n. 141, e 23 maggio 1981, n. 3402, id., Rep. 1981, voce cit., n. 86.

Trib. Milano 30 novembre 1995, id.. Rep. 1997, voce cit., n. 193, osserva peraltro che, se di regola «l'approvazione del rendiconto in se

de assembleare rappresenta di per sé fatto impeditivo dell'ulteriore eser

cizio di poteri di controllo sulla gestione economica da parte del singolo

condomino», così non è, tuttavia, nell'ipotesi in cui la delibera dell'as

semblea condominiale sia affetta da invalidità per eccesso di potere sot

to il profilo procedimentale e/o sostanziale, come quando risulti prova to che l'assemblea «abbia malamente fatto uso della propria discrezio

nalità in danno della posizione del singolo condomino esprimendo il

proprio benestare nei confronti dell'operato dell'amministratore che abbia

in concreto impedito il singolo di una verifica documentale preventiva ovvero che abbia esposto costi non corrispondenti ad esborsi di effetti

va competenza della collettività» (sul concetto di eccesso di potere rife

rito alle deliberazioni dell'assemblea condominiale, cfr. anche Cass. 27

gennaio 1988, n. 731, id., Rep. 1988, voce cit., n. 138). Sulle conseguenze della mancata messa a disposizione di ciascun con

domino della documentazione giustificativa delle spese effettuate, da

parte dell'amministratore, prima dell'assunzione della delibera condo

miniale di approvazione del rendiconto, v. anche, con riferimento a

controversie insorte nell'ambito dello stesso condominio sull'approva zione del rendiconto relativo a due differenti esercizi annuali, App. Mi

lano 1° ottobre 1993, id., Rep. 1994, voce cit., n. 201 (in extenso,

in Arch, locazioni, 1994, 579, ad avviso della quale la suddetta man

canza comporta di per sé l'annullamento della delibera assembleare,

per violazione di legge, ove tempestivamente impugnata — nel termine

di cui all'art. 1137 c.c. — da parte del condomino assente o dissenzien

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