Sezioni unite civili; sentenza 27 febbraio 1984, n. 1377; Pres. Gambogi, Est. Virgilio, P. M.Miccio (concl. diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato Angelini Rota) c. Cassa di risparmio diVolterra. Conferma Comm. trib. centrale 16 maggio 1979, n. 1329Source: Il Foro Italiano, Vol. 107, No. 4 (APRILE 1984), pp. 949/950-953/954Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23175959 .
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
l'esigenza, nella soggetta materia, di riferirsi esclusivamente agli istituti propri del trattamento di quiescenza previsto per i dipen denti del determinato ente di cui si tratta.
In proposito è opportuno accennare come sia un incontro
vertibile dato di fatto e di diritto che nella molteplicità degli enti
pubblici esistenti nell'ordinamento sia e possa essere diversa, da
ente ad ente, la disciplina del trattamento di quiescenza, o per
precise disposizioni di legge o per regolamenti degli enti o per le
normative contrattuali collettive, espressamente richiamate dal
menzionato art. 4.
Avendo riguardo alla fattispecie, i dipendenti dei consorzi di
bonifica fruiscono di un trattamento di quiescenza di fine rappor to consistente essenzialmente nella pensione a totale carico del
consorzio, il che si inquadra, come osserva la citata sentenza
delle sezioni unite del Supremo collegio, in una forma di previ denza equivalente all'indennità di anzianità (art. 2120 c.c.), quale
appunto è la pensione; né peraltro viene contestato dall'I.n.p.s. che il trattamento di quiescenza dei dipendenti dai consorzi sia
favorevole al lavoratore che va in pensione. Pertanto, posto
quanto sopra, non c'è dubbio che sul trattamento di quiescenza da cessato rapporto di lavoro siano dovuti ex lege i « benefici
combattentistici »; ma pretenderne l'estensione al trattamento
pensionistico derivante dall'assicurazione generale obbligatoria
I.n.p.s., senza che esigenza logica o quasi identità di situazioni
giuridiche lo autorizzino, è del tutto arbitrario.
Ed infatti la pensione proveniente dall'assicurazione generale
obbligatoria si fonda su una base contributiva raggiunta, su un
determinato numero di anni dalla costituzione del rapporto (che è
di natura assicurativa: arg. ex art. 1886 c.c.) e sul raggiungimen to di un determinato limite di età; mentre il trattamento di
quiescenza per il lavoratore, quando il rapporto di lavoro viene a
cessare, è strettamente connesso, in situazione di dipendenza, a
tale rapporto medesimo: come si evince dall'art. 2120 c.c. in
relazione all'alinea dell'art. 2121 c.c., nonché dagli ultimi due
capoversi dell'art. 10 r.d.l. 13 novembre 1924 n. 1825 (e successiva
modifica di cui alla 1. 18 dicembre 1960 n. 1581).
Pertanto, nel silenzio della legge n. 336/70, posto bene in
chiaro dalle ricordate sentenze del Supremo collegio, e considera
ta la diversità di struttura dei due istituti in questione, la
pensione da assicurazione generale obbligatoria e il trattamento di
quiescenza a fine rapporto di lavoro, deve altresì' escludersi la
possibilità di interpretazione estensiva od analogica della 1. n.
336/70. Del resto, neanche nella 1. n. 824/71, integrativa della 1.
336/70, si trova alcun riferimento al trattamento pensionistico dell'assicurazione generale obbligatoria I.n.p.s.
Al riguardo si osserva che in detta legge (come del resto in
quella del 1970) la ricorrente espressione « servizio », riferita ai
destinatari del benefici combattentistici (indicati univocamente
come « dipendenti »), non conforta certamente la tesi sostenuta
dall'I.n.p.s., poiché senza dubbio fra lo stesso I.n.p.s. e la
generalità degli assicurati obbligatoriamente ex lege non esiste
rapporto di servizio ovvero dipendenza alcuna.
Neppure il riferimento alPLn.p.s. di cui al cpv. dell'art. 6 1. n.
824/71 suffraga la tesi del ricorrente.
È nota infatti l'esistenza, nell'ambito dell'I.n.p.s., accanto al
regime generale dell'assicurazione generale obbligatoria concernen
te appunto la generalità dei lavoratori dipendenti ed autonomi
assicurati ex lege, anche di numerosi regimi speciali (sorti per
ragioni diverse, anche meramente contingenti) sostitutivi od inte
grativi di quello generale: tali regimi riguardano particolari
categorie di lavoratori.
Posto quanto sopra, considerando che il primo capoverso
dell'art. 6 stabilisce una situazione di parità fra l'I.n.p.s., indicato
infatti insieme con altri enti, e questi stessi, certamente erogatori di trattamento per fine rapporto di lavoro, ma non della pensione
proveniente dall'assicurazione generale obbligatoria istituzional
mente affidata solo all'I.n.p.s., si deve concludere che in tale art.
6 l'I.n.p.s. è preso in considerazione esclusivamente come gestore dei fondi speciali poco sopra ricordati, fondi erogatori del tratta
mento dovuto per fine rapporto di lavoro agli iscritti: sicché ogni
problema di benefici combattentistici da aggiungere al trattamento
previdenziale pensionistico proveniente dall'assicurazione generale
obbligatoria resta fuori causa.
Segnatamente, assumere come fa il ricorrente, nel tentativo di
far rientrare nel 1° cpv. dell'art. 6 anche l'I.n.p.s quale erogatore
della pensione di assicurazione generale obbligatoria, che l'istituto
non gestisca affatto uno specifico trattamento di quiescenza per numerosi enti, ma gestisca solo l'assicurazione generale obbligato
ria e le sue forme sostitutive ed integrative, non è esatto: resta
incontestabile, infatti, che i c.d. fondi speciali, integrativi o
sostitutivi che siano, presso l'I.n.p.s. erogano agli iscritti il tratta
mento di quiescenza per fine rapporto di lavoro, tale essendo la
loro peculiare destinazione.
Che, anzi, a volte si pone una relazione fra un determinato
fondo ed il contratto collettivo di settore sul trattamento di « fine
lavoro » dei lavoratori, vale a dire con possibilità per questi ultimi di opzione o per il trattamento previsto dalla normativa
collettiva ovvero per quello del fondo (cfr. art. 31 1. 31 marzo
1956 n. 293 per il personale dell'E.n.el. e delle aziende elettriche
private). Infine si deve aggiungere che, qualora rispondesse al
vero la tesi del ricorrente, il legislatore nella 1. n. 336/70 e nella
1. n. 824/71 (attuativa, modificativa ed integrativa della prima) avrebbe reso palese la sua volontà data l'imponenza della que stione e la complessa e multiforme gestione I.n.p.s.; non avrebbe
mancato di porre un cenno normativo e chiarificatore; il legisla tore avrebbe stabilito, fra l'altro, in maniera categorica l'arco di
tempo in cui l'I.n.p.s. quale gestore dell'assicurazione generale
obbligatoria dovesse rientrare nelle somme che aveva anticipato
(2° cpv. dell'art. 6); avrebbe stabilito se i fondi necessari a termine
del succitato art. 6, cpv., fossero da attingersi dal « fondo pensioni dei lavoratori dipendenti » (art. 12 d.p.r. 30 aprile 1970 n. 639)
oppure altrove; e soprattutto avrebbe espressamente precisato se i
benefici combattenstici fossero da applicare alla sola pensione di
vecchiaia e non anche a quella di anzianità (art. 22 1. 30 aprile 1969 n. 153) o di invalidità.
Nessun cenno in proposito si ritrova nelle due leggi del 1970 e
del 1971: sicché in definitiva è da escludere, anche in relazione a
quanto dianzi detto, che dall'interpretazione dell'art. 6 succitato
possa desumersi l'intenzione legislativa di concedere benefici
combattentistici anche sulla pensione dell'assicurazione generale
obbligatoria. Orbene l'impugnata sentenza, con motivazione immune da vizi
logico-giuridici, esattamente ed esaurientemente interprentando,
contrariamente a quanto si afferma in ricorso, i testi legislativi
concernenti la soggetta materia, ha rigettato, in piena conformità
con quanto statuito dalla citata sentenza delle sezioni unite,
l'appello proposto dall'istituto.
E in aggiunta a quanto già osservato in ordine alle deduzioni
del ricorrente occorre dire che l'impugnativa della sentenza quivi
in esame si risolve in una mera interpretazione di comodo dei
testi legislativi suddetti senza riuscire a dimostrare quali sarebbe
ro, in sede di giudizio di merito, le violazioni commesse relati
vamente alle norme citate dal ricorrente in adempimento di
quanto dispone l'art. 366, n. 4, c.p.c. In particolare si palesa apodittica l'affermazione che i due
istituti inerenti il rapporto di lavoro, ossia la pensione e l'inden
nità di anzianità, siano previsti da norme inderogabili.
Di vero l'art. 2120 c.c. prevede esclusivamente l'indennità di
anzianità e ne autorizza la sostituzione con forme equivalenti,
dando, peraltro, spazio in tale maniera all'autonomia contrattuale
collettiva nelle sue scelte.
Né può ricevere consenso l'indimostrata affermazione secondo
cui la pensione corrisposta dal consorzio, come trattamento di
quiescenza da fine rapporto, sarebbe in sostanza solo un'indennità
di anzianità impropriamente chiamata pensione e derivante da un
trattamento volontario « integrativo », fatto dal consorzio, rispetto
alla pensione da assicurazione generale obbligatoria; anzi occorre
al riguardo considerare che, nella soggetta materia, l'esistenza di
un fondo integrativo deve essere dimostrata ponendo l'accento
prioritariamente sulla sua costituzione (quale ne sia la forma),
conformemente a quanto deve dedursi, fra l'altro, anche dall'art.
15, 5° comma, 1. 20 febbraio 1958 n. 5, citato dal ricorrente.
Da ultimo, a nulla rileva il sostenere, in ordine all'assicurazione
generale obbligatoria, la sua natura di « denominatore comune »
di tutti i trattamenti previdenziali previsti dall'ordinamento: a
nulla rileva, poiché, in ogni caso, ciò non toglie che i benefici
previsti dalle 1. n. 336/70 e n. 824/71 siano applicabili, in forza
di quanto suesposto e considerato, unicamente al trattamento
spettante al lavoratore dipendente per fine rapporto di lavoro e
non alla pensione previdenziale derivante dall'assicurazione obbli
gatoria gestita dall'I .n.p.s. Pertanto il motivo del ricorso deve essere rigettato e con ciò
stesso il ricorso medesimo. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; Sezioni unite civili; sentenza 27 feb
braio 1984, n. 1377; Pres. Gambogi, Est. Virgilio, P. M. Mic
cio (conci, diff.); Min. finanze (Avv. dello Stato Angelini
Rota) c. Cassa di risparmio di Volterra. Conferma Comm. trib.
centrale 16 maggio 1979, n. 1329.
Entrata (imposta sulla) — Assegni bancari I.c.c.r.i. — Importi
liquidati dalPI.c.c.r.i. a favore delle casse di risparmio —
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PARTE PRIMA
Assoggettabilità — Esclusione (L. 19 giugno 1940, n. 762, conversione in legge del r.d.l. 9 gennaio 1940 n. 2, istituzione
dell'i.g.e., art. 1).
Gli importi liquidati dall'Istituto di credito delle casse di rispar mio italiane alla singole casse di risparmio in relazione al
servizio di emissione e pagamento di assegni tratti da queste sull'istituto vanno configurati come interessi derivanti da rap
porti di conto corrente; pertanto è esclusa la loro assoggettabi lità all'i.g.e. ai sensi dell'art. 1, lett. f), l. 19 giugno 1940 n.
762.(1)
Svolgimento del processo. — Con decisione del 13 luglio 1977
la commissione tributaria di II grado di Pisa respingeva l'appello
proposto dall'ufficio del registro di Volterra avverso la decisione
della commissione provinciale che aveva accolto il ricorso della
Cassa di risparmio di Volterra tendente alla declaratoria di
illegttimità della pretesa dell'ufficio di assoggettare all'i.g.e., per
gli anni dal 1968 al 1972, le somme che la cassa aveva riscosso
dal proprio istituto centrale di categoria (Istituto di credito delle
casse di risparmio italiane - I.c.c.r.i.) a titolo di interessi sulle
giacenze giornaliere dei mezzi finanziari procurati all'istituto at
traverso l'emissione di assegni iltalcasse per suo conto.
Su ricorso proposto dall'ufficio, la Commissione tributaria cen
trale con la decisione del 16 maggio 1979, ora impugnata, confermava la statuizione anzidetta sulla base di queste argomen tazioni: a) le somme sulle quali si faceva valere la pretesa fiscale
hanno natura e carattere di interessi su conti correnti reciproci fra istituti di credito; b) le casse di risparmio procedono all'ac
creditamento, in favore dell'istituto, delle somme versate dai
clienti per la emissione di assegni, mentre vengono addebitati gli
importi pagati a vista ai portatori dei titoli; c) l'istituto corri
sponde alle casse di risparmio gli interessi per i giorni effettivi di
circolazione degli assegni, cioè per il tempo durante il quale l'istituto ha la disponibilità della valuta.
Avverso la indicata decisione l'amministrazione delle finanze ha
proposto ricorso per cassazione con unico motivo, illustrato anche
con memoria. La Cassa di risparmio di Volterra non si è
costituita in questa sede.
Motivi della decisione. — Deduce la ricorrente che erronea
mente la Commisione tributaria centrale ha attribuito natura di
interessi (corrisposti dall'I.c.c.r.i. alle casse di risparmio) alle
somme versate dall'istituto alle dette casse, mentre avrebbe dovu
to ritenere che le casse assumono — rispetto alle indicate somme — la qualità non di creditore e di depositante, bensì di deposita rio e di debitore, e sono perciò tenute a corrispondere all'istituto
(depositante) i relativi interessi, e non già a riscuoterli.
Per tali ragioni, le somme percepite dalle casse di risparmio vanno assoggettate all'i.g.e., in quanto esse hanno necessariamente
natura di corrispettivi di un servizio (art. 3 1. 19 giugno 1940 n.
762). Le sezioni unite sono chiamate a pronunciarsi su una
questione decisa in modo non uniforme dalla prima sezione civile
della corte.
Con le sentenze n. 933 del 1979 (Foro it., Rep. 1979, voce En
trata (imposta), n. 9) e n. 2404 del 1980 (id., Rep. 1980, voce
Complementare sul reddito (imposta), n. 2) è stato affermato
(1) Le sezioni unite, intervengono a dirimere il contrasto giurispru denziale sorto in ordine alla qualificazione, ai fini della assoggettabilità all'i.g.e., degli importi liquidati dall'I.c.c.r.i alle singole casse di
risparmio per il servizio di emissione e pagamento assegni. I giudici, dopo aver ripercorso il travaglio della I sezione della corte di
legittimità, hanno concluso per l'applicabilità a detti proventi dell'esen zione fiscale, ex art. 1, lett. /), 1. 762/40, accogliendo quindi la tesi di Cass. 1° luglio 1982, n. 3951, Foro it., Rep. 1982, voce Entrata
(imposta sulla), n. 9, e 17 giugno 1981, n. 3938, id., 1983, I, 104, con nota di richiami di Pascuzzi, oltre che per l'indicazione delle puntate precedenti della vicenda, anche per l'annotazione di Cass. 29 giugno 1982, n. 3898, ivi riportata (alla quale sono conformi le sentenze nn.
3899, 3900, 3901 in pari data depositate) che aveva affermato il principio secondo il quale le somme versate dall'I.c.c.r.i. erano
assoggettabili ad i.g.e. ai sensi dell'art. 3, lett. c), 1. 726/40. La sentenza in epigrafe, per esplicita ammissione, è risolta in chiave
tutta fiscale e non si occupa, come invece era avvenuto ad es. in Cass.
3938/81 della qualificazione dell'assegno I.c.c.r.i. A questo proposito va ricordato che la vicenda è sorta in relazione ai vecchi assegni I.c.c.r.i., di recente sostituiti da assegni circolari come illustrato nella citata nota a Cass. 3898/82 e 3938/81.
Nello stesso senso della massima v. anche Comm. trib. centrale 18 marzo 1982, n. 1395, id., Rep. 1982, voce cit., n. 10.
Sull'indagine che il giudice di merito è tenuto a compiere ai fini della qualificazione delle somme in questione v. Cass. 19 maggio 1981, n. 3293, ibid., n. 11.
In dottrina, in argomento, v. Gianfelici, Sull'assoggettabilità ad
i.g.e. dei compensi corrisposti per il servizio di emissione e pagamento assegni, in Dir. e pratica trib., 1982, II, 775.
che le somme corrisposte dall'Istituto di credito delle casse
di risparmio italiane a una cassa di risparmio per il servizio di
emissione e di pagamento di assegni da essa tratti, a richiesta dei
olienti, sull'istituto medesimo rappresentano non già interessi do
vuti su un deposito in conto corrente, ma si configurano come
compensi pagati dall'I .c.c.r.i. per l'espletamento della indicata
attività giuridica, in forza di un rapporto di mandato, e perciò le somme anzidette sono assoggettabili all'i.g.e. a norma dell'art. 3
r.d.l. 9 gennaio 1940 n. 2, convertito nella 1. 19 giugno 1740 n. 762.
Con le sentenze n. 3898 del 1982 (id., 1983, I, 104), n. 3899, 3900 e 3901 del 1982 (id., Rep. 1982, voce Entrata (impo sta), nn. 6-8) è stata egualmente affermata la tassabilità delle
stesse somme in quanto non costituiscono interessi di puro
impiego di capitale, rientranti nella esenzione di cui all'art. 1, lett. /, r.d. 1. n. 2 del 1940, ma utili inerenti all'attività imprendi toriale della cassa di risparmio, cioè interessi alla produzione dei
quali concorrono insieme capitale e lavoro, come tali compresi nella categoria B dell'art. 85 d.p.r. 29 gennaio 1958 n. 645, ai fini
dell'imposta di ricchezza mobile.
Con le sentenze n. 3938 del 1981 {id., 1982, I, 104) e n. 3951
del 1982 i(id., Rep. 1982, voce cit., n. 9) è stato invece ritenuto
che le somme liquidate dall'I .c.c.r.i. a una cassa di risparmio sul
conto particolare relativo alla emissione ed estinzione di assegni tratti dalla cassa sull'istituto, a richiesta dei clienti, corrispondono a un credito della cassa per il capitale versato dal cliente e
fornito al trattario (I.c.c.r.i.) a copertura degli assegni, con la
funzione di corrispettivo per l'uso di tale capitale: corrispettivo determinato in rapporto al periodo di circolazione dei titoli, e
pertanto le somme stesse configurano interessi su movimenti di
capitale, non computati nel conto generale esistente tra i due
istituti, esenti da i.g.e. secondo l'art. 1, 1° comma, lett. f, r.d.l. n.
2 del 1940.
Delineato il panorama della giurisprudenza di questa corte sul
complesso problema, le sezioni unite ritengono di dover premette re che nella presente controversia non esiste, sul piano del
concreto svolgimento del rapporto tra -I.c.c.r.i. {che ha versato le
somme della cui tassabilità si discute) e l'istituto bancario credi
tore (che le ha riscosse), alcuna sostanziale contestazione che
possa involgere indagini di fatto rilevanti ai fini della decisione.
Secondo gli elementi concreti esposti (o presupposti) nella
statuizione impugnata, il rapporto tra i due istituti si è svolto
(relativamente al fenomeno versamento-riscossione della somme in
esame) attraverso momenti che possono essere cosi' descritti: 1)
versamento, da parte del cliente, dell'importo degli assegni ri
chiesti ed emissione immediata dei titoli ad opera della cassa di
risparmio con contestuale accreditamento (nel giorno stesso) del
l'importo stesso all'I.c.c.r.i. (trattario) e correlativo addebito a
proprio carico, quale normale traente, nel conto generale esistente
tra i due istituti, in cui sono contabilizzate anche tutte le altre
operazioni bancarie svoltesi tra essi; 2) dalla data di accredita
mento, pur mancando una materiale trasmissione di denaro, l'I.c.c.r.i. poteva liberamente disporre ai suoi fini, per operazioni anche diverse, della valuta versata dal cliente alla cassa; 3) il
pagamento degli assegni poteva essere effettuato non soltanto dal
trattario (I.c.c.r.i.), ma anche dalla medesima cassa emittente co
me da ognuna delle altre casse consorziate con l'I.c.c.r.i., le quali ultime erano autorizzate, in virtù di un mandato extracartolare, ad estinguere l'assegno per conto del trattario, cioè con pagamen to da valere come fatto di quest'ultimo; 4) tale pagamento era
registrato nella stessa data a debito dell'I.c.c.r.i., per conto del
quale era effettuato, e a credito della cassa che aveva estinto
l'assegno; 5) per ciascuna cassa o istituto consorziato l'I.c.c.r.i., oltre il conto generale, manteneva un altro conto particolare sul
movimento degli assegni, nel quale erano annotati soltanto i
movimenti di valuta relativi alle emissioni e alle estinzioni degli
assegni tratti da una stessa cassa (anche se i titoli fossero stati
poi estinti da altre casse) con annotazioni inverse rispetto a
quelle del conto generale, nel senso cioè che nel giorno di
emissione la somma corrispondente a ciascun assegno era registra ta a credito della cassa emittente, mentre la stessa somma era
registrata a debito nel giorno in cui si verificava l'estinzione del
titolo, in modo da evidenziare — per ciascuna cassa — la durata
della circolazione di ciascun assegno emesso dalla medesima
cassa, cioè il periodo di tempo (intercorrente tra la data di
emissione e quella di estinzione del titolo) durante il quale il
trattario I.c.c.r.i. aveva avuto la disponibilità della provvista; 6) interessi calcolati secondo i normali criteri erano contabilizzati sia
nel conto generale che in quello particolare: nel primo venivano annotate tutte indistintamente le operazioni intercorse tra i due
istituti, per cui il conguaglio degli interessi poteva presentarsi in
attivo o in passivo (a credito o a debito) per ciascuna cassa a
seconda dello sbilancio giornaliero, ma nel detto conto generale relativamente e limitatamente al movimento degli assegni matura
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
vano interessi generalmente passivi per le casse, in quanto le
emissioni di assegni costituivano appunto poste passive del conto e determinavano perciò altrettanti debiti, per i relativi importi, della cassa verso l'I.c.c.r.i.; nel conto particolare invece, riguar dante esclusivamente i movimenti di valuta degli assegni emessi dalla medesima cassa, gli interessi erano generalmente attivi per quest'ultima perché in tale conto particolare le emissioni venivano
annotate come partite attive per la cassa, la quale in tal modo
risultava creditrice dell'I.c.c.r.i. dell'importo degli assegni in circo
lazione e finché durava la circolazione.
Sulla base di questo meccanismo paradigmatico, il quale ripro duce adeguatamente il fenomeno economico che qui interessa, va
affrontata e risolta la questione della assoggettabilità all'i.g.e. delle
somme liquidate dall'I .c.c.r.i alle casse di risparmio o ad altri
istituti convenzionati a titolo di interessi per la valuta rimasta « giacente » durante la circolazione degli assegni.
Il quesito consiste nello stabilire se anche a tali interessi, come
per quelli risultanti dal conto generale esistente tra i due istituti
di credito, possa ritenersi applicabile la norma di esenzione di cui
all'art. 1, 2° comma, lett. /, r.d.l. n. 2 del 1940, la quale menziona « gli interessi derivanti dal puro impiego di capitale, classificabili
agli effetti dell'imposta di ricchezza mobile in categoria A, i
dividendi e gli interessi derivanti dall'impiego di capitali in titoli
dello Stato, di altri enti pubblici e delle società per azioni, nonché gli interessi derivanti da depositi bancari o da rapporti di
conto corrente, nonché quelli derivanti da risconto tra aziende di
credito o da risconto o anticipazioni presso l'istituto di emis
sione ».
Queste sezioni unite ritengono che il contrasto giurisprudenzia le vada risolto in senso conforme alla tesi accolta nelle sentenze
n. 3938 del 1981 e n. 3951 del 1982, con le quali è stata
affermata l'applicabilità agli interessi di cui si discute della
esenzione fiscale.
Poiché la questione costituente oggetto di dibattito ha natura
esclusivamente tributaria, essa va esaminata con riferimento agli
aspetti peculiari che tale natura comporta. Dal concreto meccanismo delle operazioni intercorse tra
l'I.c.c.r.i. e le casse di risparmio o altri istituti convenzionati
risulta che la precipua finalità del cosiddetto « conto speciale
assegni » era quella di evidenziare per quanto tempo, rispetto a
ciascun assegno, fosse rimasta « giacente » — presso l'istituto che
aveva emesso il titolo — la somma versata dal cliente, onde
poter calcolare gli interessi dovuti dall'I.c.c.r.i. sulla somma stessa
nel periodo compreso tra data di emissione e data di estinzione
di ogni assegno. In definitiva, poiché la coesistenza e le interferenze tra i due
conti (generale e speciale) determinavano una situazione anomala, sul piano economico, perché nel primo conto, attraverso l'imme
diato accreditamento all'I .c.c.r.i. delle somme versate dai clienti,
le casse di risparmio risultavano prevalentemente a debito (in
quanto il numero delle emissioni di assegni superava di regola,
per ciascun istituto, quello delle estinzioni di eguali titoli), le
parti intesero ovviare alla detta situazione con il sistema del
conto speciale, che rifletteva unicamente la reale posizione delle
due banche circa il movimento degli assegni. Il conto speciale era preordinato a una funzione di riequilibrio
della situazione, al fine di evitare che l'I.c.c.r.i. — per il periodo di tempo compreso tra data di emissione e data di estinzione
di ciascun assegno — cumulasse sostanzialmente due vantaggi, cioè la disponibilità della valuta, che gli era immediatamente
accreditata e della quale poteva liberamente disporre, e la perce zione degli interessi relativi, in quanto in base all'accredito delle
somme nel conto generale l'istituto figurava creditore nei confron
ti delle casse.
Questa situazione, che evidenzia il fenomeno economico nella
sua vera essenza, è sufficiente a far ritenere che le somme versate
dell'I.c.c.r.i. alle casse, in base al conteggio risultante dal conto
speciale, vanno annoverate, agli effetti che qui interessano, nel
l'ambito di applicazione di cui all'art. 1, lett. /, r.d. 9 gennaio 1940 n. 2, convertito nella 1. 19 giugno 1940 n. 762.
Sulla qualificazione formale delle somme anzidette come inte
ressi non esiste sostanziale contrasto, perché non è contestato che
esse fossero commisurate alla entità delle somme rimaste giacenti nelle casse di risparmio a disposizione dell'I.c.c.r.i., e che fossero
inoltre calcolate in percentuale e con riguardo al tempo di
giacenza delle somme stesse, cioè con riferimento al momento
della consegna della valuta da parte del cliente, fino al momento
della estinzione del titolo.
Di fronte a questi chiari elementi rivelatori della natura delle
somme in esame i(che presentano i requisiti tipici degli interessi)
non è concettualmente possibile, in base al sostrato di fatto
costituente il presupposto della decisione impugnata, ritenere che
le indicate somme fossero destinate ad assolvere una funzione
diversa da quella di corrispettivo per il godimento del denaro, da
parte dell'I.c.c.r.i., nei termini indicati dal conto speciale. La norma della cui applicabilità alla fattispecie in esame si
discute (lett. / citata), oltre gli interessi derivanti dal puro
impiego di capitale, previsti all'inizio della disposizione, assogget ta a identica disciplina fiscale anche altre categorie di interessi, senza porre alcuna distinzione — per tali ulteriori categorie —
tra interessi classificabili in cat. A o B agli effetti della imposta di r.m.
Dalla struttura letterale della norma, nella quale è ripetuta più
volte la congiunzione « nonché », risulta chiaramente che le
numerose fattispecie di interessi previste nella complessa disposi zione sono state accomunate nel beneficio della esenzione, ma
sono state invece enucleate autonomamente quanto alle loro
connotazioni, per cui sarebbe arbitrario ritenere che a tutta la
gamma degli interessi previsti nella lettera / sia riferibile il
requisito della classificabilità in serie A per l'imposta della r.m.,
come è richiesto nella prima parte della norma soltanto per gli interessi derivanti dal puro impiego di capitale.
Sulla base di questi rilievi, e considerando inoltre che nella
lett. / dell'art. 1 r.d.l. n. 2 del 1940 non è stabilita alcuna
limitazione, con riguardo al caso degli interessi derivanti « da
rapporti di conto corrente », circa i requisiti soggettivi delle parti tra le quali il conto corrente si svolge, è evidente che anche per
gli istituti di credito vale la regola della esenzione, ove si tratti
appunto di interessi derivanti da rapporti di conto corrente.
Né alla previsione della norma (lett. /) può ritenersi comunque estranea la categoria degli interessi percepiti dalle aziende di
credito in conseguenza di operazioni bancarie, in quanto nella
stessa disposizione sono elencati gli interessi derivanti da « riscon
to tra aziende di credito o da risconto o anticipazioni presso l'istituto di emissione ».
In conclusione, una volta accertato che gli interessi di cui si
discute nella presente controversia trovano la loro collocazione,
agli effetti dell'imposta generale sull'entrata, nella esaminata nor
ma di esenzione (perché attinenti a rapporto di conto corrente tra
l'I.c.c.r.i. e le casse di risparmio o altri istituti convenzionati)
resta automaticamente esclusa la possibilità del loro inquadramen to nelle diverse ipotesi degli « interessi attivi a qualunque titolo
percepiti... da istituti e aziende in dipendenza dell'esercizio del
credito, non classificabili ai fini dell'imposta di r.m. in cat. A e
delle provvigioni e corrispettivi percetti per operazioni e servizi
compiuti a favore dei clienti » (previste dall'art. 3, lett. c, r.d. 1.
n. 2 del 1940 tra le entrate tassabili). Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
CORTE DI CASSAZIONE; Sezione lavoro; sentenza 21 feb
braio 1984, n. 1248; Pres. Santulli, Est. Corsaro, P. M. Leo
(conci, conf.); Vergari ed altri (Avv. Vergari, Cassola) c.
I.n.p.s. (Avv. Petrina, Romoli, Del Vecchio). Conferma Trib.
Ancona 23 novembre 1977.
Previdenza sociale — Contributi — Esercenti attività professionali — Sgravio — Esclusione (D.l. 6 ottobre 1972 n. 552, ulteriori
provvidenze a favore delle popolazioni dei comuni delle Mar
che colpiti dal terremoto, art. 28; 1. 2 dicembre 1972 n. 734, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 6 ottobre
1972 n. 552, art. unico).
Il beneficio dello sgravio contributivo a favore delle aziende indu
striali, artigiane e commerciali operanti nel territorio delle Mar
che colpito da sisma non è applicabile agli esercenti attività pro
fessionali. (1)
Svolgimento del processo. — Vergari Luigi, (et coeteri) pro
fessionisti, ricorrevano al Pretore di Ancona, in data 12 febbraio
1976, per sentire dichiarare il diritto allo sgravio contributivo
previsto dall'art. 28 d.l. 6 ottobre 1972 n. 552, modificato dalla 1.
2 dicembre 1972 n. 734 e l'annullamento, siccome illegittimi, delle
prescrizioni e dei provvedimenti emessi nei loro confronti dal
l'I.n.p.s., sull'erroneo presupposto che il suddetto beneficio non
fosse applicabile ai liberi professionisti. Il convenuto I.n.p.s. si
costituiva in giudizio, per chiedere il rigetto delle domande. 11
pretore le accoglieva con sentenza del 5 dicembre 1976 (Foro it.,
(1) Non risultano precedenti in termini. La sentenza Pret. Ancona 6 dicembre 1976, Foro it., Rep.
1977, voce Previdenza sociale, n. 190, che ha deciso la questione in
primo grado in senso opposto alla Cassazione, si può leggere per esteso in Previdenza sociale, 1977, 650.
Il Foro Italiano — 1984 — Parte I-62.
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