sezioni unite civili; sentenza 27 maggio 1999, n. 297/SU; Pres. Iannotta, Est. Roselli, P.M.Morozzo Della Rocca (concl. conf.); Mengoni (Avv. Mengoni, Cochetti, Villa, Scognamiglio) c.Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense (Avv. Prosperetti). Cassa Trib. Trento 13novembre 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 7/8 (luglio-agosto 1999), pp. 2203/2204-2207/2208Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194980 .
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2203 PARTE PRIMA 2204
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 27 mag
gio 1999, n. 297/SU; Pres. Iannotta, Est. Roselli, P.M.
Morozzo Della Rocca (conci, conf.); Mengoni (Avv. Men
goni, Cochetti, Villa, ScooNAMioLio) c. Cassa nazionale di
previdenza e assistenza forense (Avv. Prosperetti). Cassa
Trib. Trento 13 novembre 1995.
Avvocato — Previdenza forense — Pensione di vecchiaia —
Rivalutazione dei redditi pensionabili — Criteri di applicazio ne (Cost., art. 3, 97; 1. 20 settembre 1980 n. 576, riforma
del sistema previdenziale forense, art. 2, 3, 15).
La rivalutazione dei redditi rilevanti per it calcolo delle medie
di riferimento delle pensioni di vecchiaia degli avvocati deve
avvenire, ai sensi dell'art. 15 I. n. 576 del 1980, sulla base
di un coefficiente unico, riferito agli indici Istat, per tutti gli anni da prendere in considerazione ai fini del calcolo. (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso del 15 settembre
1994 al Pretore di Trento, Flavio Mengoni esponeva di percepi
re, quale avvocato, una pensione di vecchiaia con decorrenza
dal 1° febbraio 1994, a carico della Cassa nazionale di previ denza e assistenza forense (allora denominata Cassa nazionale
di previdenza e assistenza degli avvocati e procuratori). Ai sensi
del decreto del 25 settembre 1990, emesso dal ministro del lavo
ro e della previdenza sociale di concerto col ministro di grazia e giustizia secondo la previsione dell'art. 13, 2° comma, 1. 20
settembre 1980 n. 576, i redditi percepiti durante la vita profes sionale e costituenti la base di calcolo della pensione erano stati
rivalutati nella misura del cento per cento degli indici Istat, ma
solo a partire da quelli conseguiti dopo il 1° gennaio 1991, mentre
quelli precedenti erano stati rivalutati solo del settantacinque
per cento, vale a dire secondo la misura deliberata anteriormen
te all'entrata in vigore del detto decreto ministeriale.
Sostenendo l'applicabilità di questo, ossia la rivalutabilità con
indice pieno, con riferimento a tutti i redditi annuali e senza
limiti di tempo, il Mengoni chiedeva che la cassa fosse condan
nata a pagare la differenza di pensione, nella misura da deter
minare in corso di causa.
Costituitasi la convenuta, il pretore rigettava la domanda con
decisione del 13 gennaio 1995, confermata con sentenza 13 no
vembre 1995 dal tribunale, il quale riteneva infondata la pretesa del pensionato, anzitutto perché l'art. 13, 2° comma, cit., pre vedeva una rivalutazione periodica della base di calcolo della
pensione, ossia dei redditi, con riferimento all'andamento mu
tevole dell'inflazione e perciò senza che le attuali valutazioni
della pubblica amministrazione potessero essere riferite ad anni
passati ed eventualmente lontani: la loro efficacia retroattiva
(1) Le sezioni unite, con la riportata decisione hanno risolto il con trasto che si era verificato all'interno della sezione lavoro della Cassa zione in ordine ai criteri di applicazione da seguire a seguito della varia zione dei coefficienti di rivalutazione dei redditi pensionabili in base al d.m. 5 settembre 1990.
Si erano pronunciate per l'applicazione di un coefficiente unico per tutti gli anni presi in considerazione ai fini del calcolo della pensione di vecchiaia (e non solamente sui redditi prodotti dal 1° gennaio 1991), e quindi in senso conforme alla riportata sentenza delle sezioni unite, Cass. 15 aprile 1996, n. 3521, Foro it., 1996, I, 3438, con nota di L. Carbone, La rivalutazione delie pensioni erogate dalle casse di previ denza dei liberi professionisti; Pret. Palermo 26 gennaio 1998, id., 1998, I, 1096; Trib. Trento 8 giugno 1994, id., Rep. 1997, voce Avvocato, n. 218, e Prev. forense, 1995, fase. 1, 39 (oltre alle sentenze di Cassa zione citate in motivazione).
Per l'applicazione del coefficiente di rivalutazione di cui al d.m. 5 settembre 1990 solo sui redditi prodotti dal 1° gennaio 1991, si erano invece pronunciate, Cass. 7 febbraio 1998, n. 1311, Foro it., 1998, I, 1096; Pret. Rovereto 7 marzo 1994, id., Rep. 1994, voce cit., n. 122; Pret. Trento 29 gennaio 1993, Prev. forense, 1993, fase. 4, 50.
La sentenza riportata si evidenzia perché, anche se non richiesto dalle parti (come viene precisato in motivazione), afferma il principio (già peraltro in vigore nella previdenza dei geometri: Cass. 18 settembre 1997, n. 9265, Foro it., 1997, I, 3556, con nota adesiva all'estensione del principio affermato in sentenza a tutte le casse di previdenza dei liberi professionisti privatizzate) dell'applicabilità della «nuova» misura di ri valutazione dei redditi di cui al d.m. 5 settembre 1990, anche alle pen sioni liquidate prima del 1° gennaio 1991 (con conseguente diritto alla
riliquidazione di tutte le pensioni in corso). Sui criteri di rivalutazione delle pensioni forensi, Cass., sez. un., 4
ottobre 1996, n. 8684, id., 1996, I, 2992. In dottrina, L. Carbone, La tutela previdenziale dei liberi professionisti, Torino, 1998, 298.
Il Foro Italiano — 1999.
avrebbe dovuto essere stabilita espressamente nella 1. n. 576 del
1980. Inoltre, posto che il d.m. in questione era pacificamente dettato per i soli avvocati collocati in pensione dopo il 1 ° gen naio 1991, una rivalutazione così generosa come quella pretesa dal Mengoni avrebbe determinato una troppo forte disparità di trattamento in danno degli avvocati pensionati prima di quella data. Infine l'interpretazione più equa era stata sostenuta nella
richiesta rivolta ai ministri dal consiglio di amministrazione del
la cassa, a norma del 3° comma dell'art. 13 cit., dalla quale non risultava che i detti organi avessero dissentito e che perciò doveva essere considerata alla stregua di una motivazione del
decreto.
Contro questa sentenza ricorre per cassazione il Mengoni. Con
troricorre la cassa, la quale ha altresì presentato una memoria
e, considerata una giurisprudenza sfavorevole della sezione la
voro di questa corte, ha chiesto al primo presidente l'assegna zione del ricorso alle sezioni unite. Il primo presidente ha di
sposto in conformità giacché frattanto si è verificato un contra
sto di giurisprudenza sulla questione di diritto sottoposta dal
ricorrente (art. 374 c.p.c.). In prossimità dell'udienza davanti a queste sezioni unite en
trambe le parti hanno depositato memorie. Dopo la discussione
in udienza la controricorre'nte ha depositato osservazioni scritte
in replica al pubblico ministero.
Motivi della decisione. — 1. - Col primo motivo il ricorrente
lamenta la violazione degli art. 2, 13, 15 1. 20 settembre 1980
n. 576, di riforma del sistema previdenziale forense, e del d.m.
25 settembre 1990 nonché difetto di motivazione.
Egli nota che l'art. 15 1. cit. prevede un sistema di rivaluta
zione dei redditi, già percepiti dai professionisti e costituenti
la base di calcolo delle pensioni di vecchiaia, riferito al quin
quennio anteriore alla maturazione del diritto a pensione (art. 2, 1° comma, 1. cit.) e non suscettibile di essere spezzato. Erra
ta sarebbe perciò la sentenza qui impugnata, che riferisce il nuovo
e più favorevole indice di rivalutazione stabilito nel decreto mi
nisteriale cit. ai soli redditi percepiti dopo la sua entrata in vi
gore. Ad avviso del ricorrente il nuovo indice andava riferito
senza distinzioni temporali a tutti i redditi del suddetto decennio.
Col secondo motivo egli denunzia la violazione dell'art. 13
1. cit. ed illogicità della motivazione (art. 360, n. 5, c.p.c.), os
servando che la possibilità, attribuita dal 2° comma dell'art. 13 all'autorità amministrativa, di variare «annualmente» la per centuale di rivalutazione dei redditi è ben compatibile con l'ef
ficacia retroattiva della rivalutazione, mentre la decorrenza dal
primo giorno dell'anno successivo serve soltanto per la prepara zione burocratica dell'applicazione della norma.
Col terzo motivo il ricorrente, invocando l'art. 3 1. 7 agosto 1990 n. 241 in materia di motivazione dell'atto amministrativo e di esclusione del dovere di motivare gli atti normativi o a
contenuto generale, afferma in sostanza l'irrilevanza del parere fornito dalla cassa previdenziale ai ministri che emisero il decre to di cui sopra.
2. - I tre motivi, da esaminare insieme per la loro connessio
ne, sono fondati.
La migliore comprensione della questione sottoposta alla cor te richiede la riproduzione dei testi normativi invocati, nelle parti che qui interessano.
L'art. 2 1. n. 576 del 1980, modificato dall'art. 2 1. 2 maggio 1983 n. 175, disponendo in materia di pensione di vecchiaia
spettante agli avvocati, dice che essa «è pari, per ogni anno di effettiva iscrizione e contribuzione, all'1,50 per cento (eleva to all'I,75 con 1. 11 febbraio 1992 n. 141) della media dei più elevati dieci redditi professionali dichiarati dall'iscritto ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche — Irpef — risul
tanti dalle dichiarazioni relative ai quindici anni solari anteriori alla maturazione del diritto a pensione» (1° comma).
Il successivo art. 15 dispone: «Le entità dei redditi da assu mere per il calcolo delle medie di riferimento delle pensioni . . .
sono rivalutate secondo l'andamento dell'indice Istat di cui al
l'art. 16 (ossia dell'indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati calcolato dal l'Istituto centrale di statistica)» (1° comma). «Ai fini della riva lutazione si considera il settantacinque per cento degli aumenti fra i coefficienti relativi all'anno di produzione dei redditi e
quelli del penultimo anno anteriore alla maturazione del diritto a pensione» (3° comma). «La percentuale di cui sopra può esse re variata con la procedura di cui all'art. 13, 2° comma, tenuto conto dell'andamento finanziario della cassa» (4° comma).
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Il richiamato art. 13 stabilisce che la variazione può essere
annuale e deve essere disposta «con decreto del ministro del
lavoro e della previdenza sociale di concerto con il ministro di
grazia e giustizia, con effetto dal 1° gennaio successivo» (2°
comma). «I provvedimenti di cui ai commi precedenti sono adot
tati sentito il parere del consiglio di amministrazione della cas
sa, o su richiesta motivata di questo, e sono pubblicati sulla
Gazzetta ufficiale» (3° comma). Con decreto del 25 settembre 1990, G.U. 26 novembre 1990,
n. 258, il ministro del lavoro e della previdenza sociale, di con
certo con il ministro di grazia e giustizia, «esaminata la delibera
n. 160.90. del 27 aprile 1990 con la quale il consiglio di ammi
nistrazione della cassa ha proposto l'elevazione da settantacin
que a cento della percentuale di cui all'art. 15, 3° comma, 1.
20 settembre 1980 n. 576 . . vista la richiesta formulata dalla
cassa con nota n. 317/P del 14 maggio 1990; viste le condizioni
tecnico-finanziarie della cassa; decreta: ... a decorrere dal 1°
gennaio 1991 la percentuale di cui all'art. 15, 3° comma, è ele
vata dal settantacinque al cento per cento».
3. - Le questioni che possono essere poste all'interprete da
questi testi normativi sono:
1) se la misura di rivalutazione dei redditi, aumentata dal
decreto ministeriale ora detto, debba applicarsi a tutti i profes sionisti pensionati, compresi quelli con pensione liquidata pri ma del 1° gennaio 1991, data di entrata in vigore del decreto.
La risposta positiva a tale questione è stata data da questa corte
con riguardo alla pensione dei geometri: per questa vi era stato
un decreto (d.m. 19 gennaio 1988 n. 29) di rivalutazione del
coefficiente di rendimento e la corte ritenne doversi riliquidarle
tutte, senza limiti di tempo, stante che qualsiasi limite avrebbe
determinato illogiche discriminazioni (Cass. 11 dicembre 1995, n. 12675, Foro it., Rep. 1997, voce Professioni intellettuali, n.
245, e 18 settembre 1997, n. 9265, id., 1997, I, 3556). Alla stre
gua di questa interpretazione la data indicata nel decreto mini
steriale segnerebbe solo il momento a partire dal quale andreb
be effettuato il computo della nuova pensione e questa andreb
be corrisposta, escluso ogni diritto a quote arretrate.
Differente è invece la fattispecie presa in esame dalla senten
za della Corte costituzionale con la sentenza 22 febbraio 1990, n. 72 (id., Rep. 1990, voce Previdenza sociale, n. 611). Qui una norma di legge (art. 21, 6° comma, 1. 11 marzo 1988 n.
67) aveva disposto a fini perequativi un nuovo e più favorevole
calcolo del reddito onde attribuire una quota aggiuntiva della
pensione Inps ed eliminare così un trattamento discriminatorio
già segnalato dalla stessa Corte costituzionale con una sentenza
monito. La sentenza n. 72 del 1990, cit., ritenne in via interpre tativa che la quota aggiuntiva spettasse anche ai lavoratori col
locati in pensione prima dell'entrata in vigore della legge citata,
ma senza alcuna riliquidazione della pensione originaria (così anche Cass. 11 ottobre 1997, n. 9929, id., Rep. 1997, voce cit., n. 864).
Occorre dire che la soluzione positiva della questione qui po sta non sembra poter essere adottata per la decisione della pre sente controversia. Essa non è sostenuta, e nemmeno presuppo
sta, dal professionista ricorrente né al riguardo si è svolto il
contraddittorio.
L'art. 25 1. n. 141 del 1992, richiamato dalla difesa della cas
sa nelle osservazioni depositate ex art. 379 c.p.c., riguarda la
riliquidazione delle pensioni «in corso» alla data della sua en
trata in vigore, sulla base dei nuovi e più alti coefficienti di
rendimento stabiliti nel precedente art. 1. Esso è perciò estra
neo alla questione posta dal ricorso per cassazione e di cui ora
si dirà. 2) Altra questione che la normativa in esame pone all'inter
prete è se — vista la sua applicazione ai soli ex avvocati con
pensione liquidata successivamente al 1° gennaio 1991 — la nuova
e più alta misura di rivalutazione valga solo per i redditi perce
piti dopo tale data oppure anche per quelli percepiti prima.
Tale questione è stata risolta in senso sfavorevole alla cassa
e favorevole al pensionato, vale a dire nel senso della rivaluta
zione col nuovo e maggior indice di tutti i redditi, percepiti
prima e dopo il 1991, da alcune sentenze di questa corte: 15
aprile 1996, n. 3521, id., 1996, I, 3438; 22 maggio 1996, n. 4744, e 25 maggio 1996, nn. 4825, 4826, 4827, 4838 (tutte non
massimate, n.d.r.) le quali si fondano sui seguenti argomenti:
a) non è consentito interpretare un'unica legge, contenente
la normativa sulla liquidazione del trattamento pensionistico agli
Il Foro Italiano — 1999.
iscritti, in modo da permettere differenti trattamenti solo in ba
se alla data di produzione di reddito: l'applicazione del nuovo coefficiente di rivalutazione ai soli redditi percepiti dal 1991 com
porterebbe che redditi annuali eguali sarebbero rivalutati diver
samente sol perché conseguiti in anni diversi;
b) l'equilibrio finanziario della cassa non sarebbe turbato ir
reparabilmente dall'aumento degli esborsi per pensioni, conse
guenti all'estensione della rivalutazione ad anni anteriori al 1991.
Al contrario, esso può essere conservato con quegli strumenti
correttivi che la 1. n. 576 del 1980, modificata dalla 1. 11 feb
braio 1992 n. 141, assicura sia sul piano delle entrate, con l'au
mento dei contributi, che su quello delle uscite, con la riduzione
della percentuale di rivalutazione dei redditi;
c) il decreto ministeriale di aumento del coefficiente di rivalu
tazione fu adottato su richiesta della cassa previdenziale, che
previde la decorrenza del nuovo coefficiente solo da una certa
data, né gli autori, ossia i ministri del lavoro e della giustizia, manifestarono alcun dissenso in proposito. Tuttavia, secondo
le sentenze ora in esame, ciò non assume alcuna rilevanza inter
pretativa, stante che l'art. 3, 2° comma, 1. n. 241 del 1990 sul
procedimento amministrativo non impone la motivazione per
gli atti generali, quali i decreti ministeriali.
Questo orientamento giurisprudenziale è contrastato da altre,
più recenti, sentenze, le quali obiettano come i suddetti argo menti non trovino fondamento nella lettera della 1. n. 576 e
delle sue sopra ricordate modificazioni; come la logica del siste
ma previdenziale degli avvocati faccia riferimento al bilancio
consuntivo della cassa e ad una verifica quadriennale dell'equi librio di gestione (art. 13, 4° comma), con la conseguente ed
eventuale necessità di variazioni ex nunc dei debiti (prestazioni) e dei crediti (contributi); ed infine come la contraria tesi possa
portare a vistose disparità di trattamento tra professionisti an
dati in pensione prima e dopo il 1° gennaio 1991 (Cass. 7 feb
braio 1998, n. 1311, id., 1998, I, 1096; 9 marzo 1998, n. 2617,
id., Rep. 1998, voce Avvocato, n. 239). Il primo di questi due orientamenti appare a queste sezioni
unite meritevole di essere condiviso.
4. - Anzitutto la lettera delle disposizioni di legge sopra ripor tate offre indicazioni per sé esaurienti.
L'art. 2, 1° comma, 1. n. 576 del 1980 parla, come s'è visto, di redditi risultanti dalle dichiarazioni d'imposta relative ai quin dici anni solari anteriori alla maturazione del diritto a pensione, e non dice che essi possano essere rivalutati in misura diversa
a seconda degli anni di produzione. Ed è antico canone inter
pretativo quello secondo cui ove il legislatore non distinse nep
pure all'interprete è dato di distinguere. Né elementi favorevoli alla distinzione emergono dai lavori
preparatori della legge, dai quali (relazione alla proposta di leg
ge n. 117, presentata alla camera dei deputati il 20 giugno 1979,
pag. 2) risulta soltanto che «si è preferito indicare il periodo di dieci anni per il calcolo del reddito medio, onde non favorire
dichiarazioni di reddito artificiose (possibili per un periodo più breve) e per poter comprendere un periodo di tempo più signifi cativo per la remuneratività della professione. Il reddito di cia
scun anno deve essere indicizzato, per evitare le iniquità deri
vanti da notevoli svalutazioni monetarie».
La legge non offre poi ai ministri del lavoro e della giustizia alcun altro potere se non quello di variare l'indice di rivaluta
zione, senza alcuna discriminazione fra i redditi del quindicen nio: ed infatti il decreto ministeriale in questione con la sua
semplice espressione «a decorrere dal 1° gennaio 1991» non of
fre alcun sostegno all'opposta tesi.
5. - Le sentenze emesse da questa corte nel 1996 fanno poi riferimento (e gli atti di parte dell'attuale giudizio di cassazione
fanno cenno) alla richiesta motivata, formulata dal consiglio d'amministrazione della cassa previdenziale e diretta al ministro
ai sensi del riportato art. 13, 3° comma, 1. n. 576 del 1980:
si tratta della richiesta n. 160 del 1990, preceduta da quella n.
538 del 1987, a suo tempo non accolta dall'autorità deliberante
per ragioni che qui non interessano. Le dette sentenze (come
pure quella del Tribunale di Trento qui impugnata) danno per
pacifico che queste richieste limitino l'utilizzabilità del nuovo
coefficiente di rivalutazione al tempo successivo all'entrata in
vigore dell'emanando decreto ministeriale, ma osservano che esse
furono poi disattese in parte qua dai ministri, i quali aumenta
rono il coefficiente di rivalutazione, ma senza discriminazioni
temporali; né essi, aggiungono le sentenze, avevano il dovere
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2207 PARTE PRIMA 2208
di motivare tale dissenso, poiché per gli atti amministrativi ge nerali la legge (art. 3 1. 7 agosto 1990 n. 241) non richiede moti
vazione.
In proposito si deve anzitutto rilevare che le dette richieste
ben possono essere adoperate per interpretare il decreto, giac ché la giurisprudenza di questa corte, insieme alla dottrina una
nime, ritiene che l'interpretazione dell'atto amministrativo, ge nerale o singolare, non sia necessariamente e soltanto testuale
ma ben possa far riferimento a mezzi estrinseci quali gli atti
procedimentali, così come per la legge si fa ricorso ai lavori
preparatori (Cass. 23 luglio 1966, n. 2007, id., Rep. 1966, voce
Atto amministrativo, n. 77). Ciò premesso, bisogna tuttavia aggiungere che le suddette ri
chieste motivate — le quali non possono essere interpretate di
rettamente dalla corte poiché non costituiscono norme di diritto
ai sensi dell'art. 1 preleggi ma possono essere esaminate onde
controllare la motivazione della sentenza impugnata ed art. 360, n. 5, c.p.c. — fanno bensì riferimento ai «redditi percepiti»
dopo una certa data (il 1988 fu poi spostato dai ministri al
1991), ma tale formula non fu poi seguita nel decreto ministe
riale, il quale si limita ad elevare l'indice di rivalutazione «a
partire dal 1° gennaio 1991», senza distinguere tra redditi per
cepiti prima e dopo quella data. Il decreto dispone dunque in
senso letteralmente conforme alla legge, senza che su di esso
possa influire la difforme (e neppure del tutto chiaramente espres
sa) volontà del soggetto richiedente, ossia della cassa.
6. - Quanto agli effetti finanziari particolarmente onerosi —
che la cassa previdenziale prospetta come conseguenti all'orien
tamento giurisprudenziale favorevole ai pensionati, richiaman
do anche la necessità di equilibrio del bilancio, pena la liquida
zione, imposta dal sopravvenuto d.leg. 30 giugno 1994 n. 509 — essi non possono avere alcun peso in questo giudizio di legit
timità, ma richiederebbero indagini di fatto e comunque sareb
bero da imputare non già agli organi, come quelli giudiziari, investiti dell'interpretazione-applicazione della legge bensì alle
scelte politico-economiche espresse dal legislatore e dall'autori
tà amministrativa e da queste, eventualmente, sempre modifi
cabili. 7. - Alla tesi di questa non giova neppure la prospettazione
della diversità di trattamento dei redditi, di egual misura e con
seguiti nello stesso anno, a seconda che l'avvocato abbia cessa
to la propria attività prima o dopo il 1° gennaio 1991. Tale
diversità consegue certamente all'accoglimento della tesi soste
nuta dagli avvocati in questo processo, ma anzitutto è da rileva re che anche la tesi opposta comporta una disparità di tratta
mento tra redditi di pari importo e conseguiti in anni diversi, onde l'argomento non sarebbe sufficiente di per sé a sciogliere il dilemma interpretativo.
Occorre poi ricordare che secondo una costante giurispruden za della Corte costituzionale è da escludere la violazione del
principio d'eguaglianza enunciato dall'art. 3 Cost, quando, nel
l'ambito della stessa categoria di cittadini, le differenze di trat
tamento siano determinate dalla diversità dei presupposti tem
porali (Corte cost. n. 311 del 1995, id., Rep. 1996, voce Came
ra di commercio, n. 19; n. 175 del 1997, id., 1997, I, 3469; n. 409 del 1998).
Resta poi affidata alla discrezionalità del legislatore l'even
tuale correzione di queste disparità. Risulta ad esempio in di
scussione nel parlamento un disegno di legge (atti senato, XII
legislatura, n. 400) di modifica della 1. n. 576 del 1980 ed inteso
all'aumento delle pensioni degli avvocati più anziani. Il disegno è giustificato (pag. 3 della relazione) con le condizioni economi
che particolarmente floride della cassa.
8. - La cassa controricorrente prospetta ancora dubbi di legit timità costituzionale.
Sarebbe irragionevole, ossia contrastante con l'art. 3, 2° com
ma, Cost., «il venir meno del dovuto rispetto della volontà e
autonomia dell'ente previdenziale ... il quale è proprio in base
alla voluntas legis il soggetto istituzionalmente propulsore di ogni variazione del coefficiente» (pag. 9 della memoria).
Configgerebbe poi col principio di buon andamento della pub blica amministrazione (art. 97, 1° comma, Cost.) una legge non
rispettosa della «giusta distribuzione delle competenze all'inter
no dell'apparato amministrativo nonché, più in generale, dei
criteri di organizzazione delle procedure amministrative» (pag. 10 della memoria).
La prima questione è manifestamente infondata poiché, co
li. Foro Italiano — 1999.
me s'è detto sopra, la voluntas legis è nel senso di attribuire
alla cassa, debitrice della prestazione previdenziale, solamente
un potere propositivo e non anche un potere determinativo del
contenuto della prestazione, onde l'interpretazione qui accolta
dell'art. 15 1. n. 576 del 1980 non comprime in alcun modo
la sua autonomia.
La seconda questione è manifestamente inammissibile per man
cata precisazione dei suoi termini, specie considerato che, dopo l'entrata in vigore del d.leg. n. 509 del 1984, la cassa è persona
giuridica di diritto privato. 9. - In conclusione il ricorso dev'essere accolto e la sentenza
impugnata va cassata con rinvio ad altro collegio d'appello, che
si designa nel Tribunale di Rovereto e che deciderà uniforman
dosi al seguente principio di diritto: «La rivalutazione dei red
diti rilevanti per il calcolo delle medie di riferimento delle pen sioni di vecchiaia degli avvocati deve avvenire, ai sensi dell'art.
15 1. n. 576 del 1980, sulla base di un coefficiente unico, riferito
agli indici Istat, per tutti gli anni da prendere in considerazione
ai fini del calcolo».
CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 19 mag
gio 1999, n. 4840; Pres. Cantillo, Est. Marziale, P.M. Ca
fiero (conci, diff.); Min. finanze c. Cerusico. Conferma Comm. trib. centrale 24 ottobre 1995, n. 3411.
Tributi in genere — Agevolazioni per l'acquisto di prima casa — Duplice successivo godimento — Ammissibilità (L. 22 aprile 1982 n. 168, misure fiscali per lo sviluppo dell'edilizia abitati
va, art. 1; d.l. 7 febbraio 1985 n. 12, misure finanziarie in
favore delle aree ad alta tensione abitativa, art. 2; 1. 5 aprile 1985 n. 118, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 7 febbraio 1985 n. 12, art. 1; 1. 23 dicembre 1998 n. 448, misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo svilup
po, art. 7).
L'acquirente di un immobile — prima casa — che abbia già
usufruito delle agevolazioni di cui all'art. 1 l. 22 aprile 1982
n. 168, può successivamente, nel caso di un nuovo acquisto, avvalersi anche dei benefici fiscali previsti dall'art. 2 d.l. 7
febbraio 1985 n. 12, convertito, con modificazioni, nella l. 5 aprile 1985 n. 118. (1)
(1) In senso conforme, v. Cass. 29 aprile 1999, n. 4309, Foro it., Mass., fase. 5, e 4 giugno 1999, n. 5488, ibid.; Comm. trib. reg. Abruzzo 25 settembre 1997, id., Rep. 1998, voce Tributi in genere, n. 1382; Comm. trib. prov. Novara 10 marzo 1998, ibid., n. 1383; contra, Cass. 12 set tembre 1998, n. 9093, id., 1998, I, 3134, con nota di richiami, cui add e, nel senso di cui in massima, Comm. trib. I grado Chiavari 3 gennaio 1994, Bollettino trib., 1994, 576 (m); Comm. trib. I grado Grosseto 18 maggio 1991, id., 1992, 550 (m), nonché, nel senso della non cumu labilità dei benefici ex 1. 168/82 e di quelli ex d.l. 12/85, Comm. trib. I grado Treviso 9 dicembre 1993, id., 1994, 575 (m); 16 novembre 1993, ibid, (m); Comm. trib. I grado Livorno 5 novembre 1991, id., 1992, 551 (m).
La Suprema corte giunge alla conclusione di cui in massima sulla base delle seguenti considerazioni:
a) l'art. 2, 1° comma, d.l. 7 febbraio 1985 n. 12, nell'individuare tra le condizioni richieste per l'applicazione del beneficio fiscale riserva to all'acquirente di prima casa quella «di non avere già usufruito delle
agevolazioni previste dal presente comma», è assai preciso e non contie ne alcun riferimento ai benefici accordati dalle norme precedentemente in vigore;
b) il riferimento alle agevolazioni previste dalle leggi anteriori conte nuto nell'art. 3, 2° comma, 1. 31 dicembre 1991 n. 415 riguarda solo i trasferimenti successivi al 31 dicembre 1991 e non può comunque esse re considerato espressione di un principio generale, implicitamente de sumibile dall'ordinamento;
c) l'art. 7 1. 23 dicembre 1998 n. 448 (Le leggi, 1999, I, 156) espressa mente prevede — con efficacia retroattiva — la possibilità di godere tanto dei benefici di cui all'art. 2 d.l. 12/85, quanto di quelli di cui all'art. 1 1. 168/82.
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