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sezioni unite civili; sentenza 27 maggio 1999, n. 297/SU; Pres. Iannotta, Est. Roselli, P.M. Morozzo...

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sezioni unite civili; sentenza 27 maggio 1999, n. 297/SU; Pres. Iannotta, Est. Roselli, P.M. Morozzo Della Rocca (concl. conf.); Mengoni (Avv. Mengoni, Cochetti, Villa, Scognamiglio) c. Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense (Avv. Prosperetti). Cassa Trib. Trento 13 novembre 1995 Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 7/8 (luglio-agosto 1999), pp. 2203/2204-2207/2208 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23194980 . Accessed: 25/06/2014 01:40 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 185.2.32.121 on Wed, 25 Jun 2014 01:40:52 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 27 maggio 1999, n. 297/SU; Pres. Iannotta, Est. Roselli, P.M.Morozzo Della Rocca (concl. conf.); Mengoni (Avv. Mengoni, Cochetti, Villa, Scognamiglio) c.Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense (Avv. Prosperetti). Cassa Trib. Trento 13novembre 1995Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 7/8 (luglio-agosto 1999), pp. 2203/2204-2207/2208Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194980 .

Accessed: 25/06/2014 01:40

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2203 PARTE PRIMA 2204

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 27 mag

gio 1999, n. 297/SU; Pres. Iannotta, Est. Roselli, P.M.

Morozzo Della Rocca (conci, conf.); Mengoni (Avv. Men

goni, Cochetti, Villa, ScooNAMioLio) c. Cassa nazionale di

previdenza e assistenza forense (Avv. Prosperetti). Cassa

Trib. Trento 13 novembre 1995.

Avvocato — Previdenza forense — Pensione di vecchiaia —

Rivalutazione dei redditi pensionabili — Criteri di applicazio ne (Cost., art. 3, 97; 1. 20 settembre 1980 n. 576, riforma

del sistema previdenziale forense, art. 2, 3, 15).

La rivalutazione dei redditi rilevanti per it calcolo delle medie

di riferimento delle pensioni di vecchiaia degli avvocati deve

avvenire, ai sensi dell'art. 15 I. n. 576 del 1980, sulla base

di un coefficiente unico, riferito agli indici Istat, per tutti gli anni da prendere in considerazione ai fini del calcolo. (1)

Svolgimento del processo. — Con ricorso del 15 settembre

1994 al Pretore di Trento, Flavio Mengoni esponeva di percepi

re, quale avvocato, una pensione di vecchiaia con decorrenza

dal 1° febbraio 1994, a carico della Cassa nazionale di previ denza e assistenza forense (allora denominata Cassa nazionale

di previdenza e assistenza degli avvocati e procuratori). Ai sensi

del decreto del 25 settembre 1990, emesso dal ministro del lavo

ro e della previdenza sociale di concerto col ministro di grazia e giustizia secondo la previsione dell'art. 13, 2° comma, 1. 20

settembre 1980 n. 576, i redditi percepiti durante la vita profes sionale e costituenti la base di calcolo della pensione erano stati

rivalutati nella misura del cento per cento degli indici Istat, ma

solo a partire da quelli conseguiti dopo il 1° gennaio 1991, mentre

quelli precedenti erano stati rivalutati solo del settantacinque

per cento, vale a dire secondo la misura deliberata anteriormen

te all'entrata in vigore del detto decreto ministeriale.

Sostenendo l'applicabilità di questo, ossia la rivalutabilità con

indice pieno, con riferimento a tutti i redditi annuali e senza

limiti di tempo, il Mengoni chiedeva che la cassa fosse condan

nata a pagare la differenza di pensione, nella misura da deter

minare in corso di causa.

Costituitasi la convenuta, il pretore rigettava la domanda con

decisione del 13 gennaio 1995, confermata con sentenza 13 no

vembre 1995 dal tribunale, il quale riteneva infondata la pretesa del pensionato, anzitutto perché l'art. 13, 2° comma, cit., pre vedeva una rivalutazione periodica della base di calcolo della

pensione, ossia dei redditi, con riferimento all'andamento mu

tevole dell'inflazione e perciò senza che le attuali valutazioni

della pubblica amministrazione potessero essere riferite ad anni

passati ed eventualmente lontani: la loro efficacia retroattiva

(1) Le sezioni unite, con la riportata decisione hanno risolto il con trasto che si era verificato all'interno della sezione lavoro della Cassa zione in ordine ai criteri di applicazione da seguire a seguito della varia zione dei coefficienti di rivalutazione dei redditi pensionabili in base al d.m. 5 settembre 1990.

Si erano pronunciate per l'applicazione di un coefficiente unico per tutti gli anni presi in considerazione ai fini del calcolo della pensione di vecchiaia (e non solamente sui redditi prodotti dal 1° gennaio 1991), e quindi in senso conforme alla riportata sentenza delle sezioni unite, Cass. 15 aprile 1996, n. 3521, Foro it., 1996, I, 3438, con nota di L. Carbone, La rivalutazione delie pensioni erogate dalle casse di previ denza dei liberi professionisti; Pret. Palermo 26 gennaio 1998, id., 1998, I, 1096; Trib. Trento 8 giugno 1994, id., Rep. 1997, voce Avvocato, n. 218, e Prev. forense, 1995, fase. 1, 39 (oltre alle sentenze di Cassa zione citate in motivazione).

Per l'applicazione del coefficiente di rivalutazione di cui al d.m. 5 settembre 1990 solo sui redditi prodotti dal 1° gennaio 1991, si erano invece pronunciate, Cass. 7 febbraio 1998, n. 1311, Foro it., 1998, I, 1096; Pret. Rovereto 7 marzo 1994, id., Rep. 1994, voce cit., n. 122; Pret. Trento 29 gennaio 1993, Prev. forense, 1993, fase. 4, 50.

La sentenza riportata si evidenzia perché, anche se non richiesto dalle parti (come viene precisato in motivazione), afferma il principio (già peraltro in vigore nella previdenza dei geometri: Cass. 18 settembre 1997, n. 9265, Foro it., 1997, I, 3556, con nota adesiva all'estensione del principio affermato in sentenza a tutte le casse di previdenza dei liberi professionisti privatizzate) dell'applicabilità della «nuova» misura di ri valutazione dei redditi di cui al d.m. 5 settembre 1990, anche alle pen sioni liquidate prima del 1° gennaio 1991 (con conseguente diritto alla

riliquidazione di tutte le pensioni in corso). Sui criteri di rivalutazione delle pensioni forensi, Cass., sez. un., 4

ottobre 1996, n. 8684, id., 1996, I, 2992. In dottrina, L. Carbone, La tutela previdenziale dei liberi professionisti, Torino, 1998, 298.

Il Foro Italiano — 1999.

avrebbe dovuto essere stabilita espressamente nella 1. n. 576 del

1980. Inoltre, posto che il d.m. in questione era pacificamente dettato per i soli avvocati collocati in pensione dopo il 1 ° gen naio 1991, una rivalutazione così generosa come quella pretesa dal Mengoni avrebbe determinato una troppo forte disparità di trattamento in danno degli avvocati pensionati prima di quella data. Infine l'interpretazione più equa era stata sostenuta nella

richiesta rivolta ai ministri dal consiglio di amministrazione del

la cassa, a norma del 3° comma dell'art. 13 cit., dalla quale non risultava che i detti organi avessero dissentito e che perciò doveva essere considerata alla stregua di una motivazione del

decreto.

Contro questa sentenza ricorre per cassazione il Mengoni. Con

troricorre la cassa, la quale ha altresì presentato una memoria

e, considerata una giurisprudenza sfavorevole della sezione la

voro di questa corte, ha chiesto al primo presidente l'assegna zione del ricorso alle sezioni unite. Il primo presidente ha di

sposto in conformità giacché frattanto si è verificato un contra

sto di giurisprudenza sulla questione di diritto sottoposta dal

ricorrente (art. 374 c.p.c.). In prossimità dell'udienza davanti a queste sezioni unite en

trambe le parti hanno depositato memorie. Dopo la discussione

in udienza la controricorre'nte ha depositato osservazioni scritte

in replica al pubblico ministero.

Motivi della decisione. — 1. - Col primo motivo il ricorrente

lamenta la violazione degli art. 2, 13, 15 1. 20 settembre 1980

n. 576, di riforma del sistema previdenziale forense, e del d.m.

25 settembre 1990 nonché difetto di motivazione.

Egli nota che l'art. 15 1. cit. prevede un sistema di rivaluta

zione dei redditi, già percepiti dai professionisti e costituenti

la base di calcolo delle pensioni di vecchiaia, riferito al quin

quennio anteriore alla maturazione del diritto a pensione (art. 2, 1° comma, 1. cit.) e non suscettibile di essere spezzato. Erra

ta sarebbe perciò la sentenza qui impugnata, che riferisce il nuovo

e più favorevole indice di rivalutazione stabilito nel decreto mi

nisteriale cit. ai soli redditi percepiti dopo la sua entrata in vi

gore. Ad avviso del ricorrente il nuovo indice andava riferito

senza distinzioni temporali a tutti i redditi del suddetto decennio.

Col secondo motivo egli denunzia la violazione dell'art. 13

1. cit. ed illogicità della motivazione (art. 360, n. 5, c.p.c.), os

servando che la possibilità, attribuita dal 2° comma dell'art. 13 all'autorità amministrativa, di variare «annualmente» la per centuale di rivalutazione dei redditi è ben compatibile con l'ef

ficacia retroattiva della rivalutazione, mentre la decorrenza dal

primo giorno dell'anno successivo serve soltanto per la prepara zione burocratica dell'applicazione della norma.

Col terzo motivo il ricorrente, invocando l'art. 3 1. 7 agosto 1990 n. 241 in materia di motivazione dell'atto amministrativo e di esclusione del dovere di motivare gli atti normativi o a

contenuto generale, afferma in sostanza l'irrilevanza del parere fornito dalla cassa previdenziale ai ministri che emisero il decre to di cui sopra.

2. - I tre motivi, da esaminare insieme per la loro connessio

ne, sono fondati.

La migliore comprensione della questione sottoposta alla cor te richiede la riproduzione dei testi normativi invocati, nelle parti che qui interessano.

L'art. 2 1. n. 576 del 1980, modificato dall'art. 2 1. 2 maggio 1983 n. 175, disponendo in materia di pensione di vecchiaia

spettante agli avvocati, dice che essa «è pari, per ogni anno di effettiva iscrizione e contribuzione, all'1,50 per cento (eleva to all'I,75 con 1. 11 febbraio 1992 n. 141) della media dei più elevati dieci redditi professionali dichiarati dall'iscritto ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche — Irpef — risul

tanti dalle dichiarazioni relative ai quindici anni solari anteriori alla maturazione del diritto a pensione» (1° comma).

Il successivo art. 15 dispone: «Le entità dei redditi da assu mere per il calcolo delle medie di riferimento delle pensioni . . .

sono rivalutate secondo l'andamento dell'indice Istat di cui al

l'art. 16 (ossia dell'indice nazionale generale annuo dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati calcolato dal l'Istituto centrale di statistica)» (1° comma). «Ai fini della riva lutazione si considera il settantacinque per cento degli aumenti fra i coefficienti relativi all'anno di produzione dei redditi e

quelli del penultimo anno anteriore alla maturazione del diritto a pensione» (3° comma). «La percentuale di cui sopra può esse re variata con la procedura di cui all'art. 13, 2° comma, tenuto conto dell'andamento finanziario della cassa» (4° comma).

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

Il richiamato art. 13 stabilisce che la variazione può essere

annuale e deve essere disposta «con decreto del ministro del

lavoro e della previdenza sociale di concerto con il ministro di

grazia e giustizia, con effetto dal 1° gennaio successivo» (2°

comma). «I provvedimenti di cui ai commi precedenti sono adot

tati sentito il parere del consiglio di amministrazione della cas

sa, o su richiesta motivata di questo, e sono pubblicati sulla

Gazzetta ufficiale» (3° comma). Con decreto del 25 settembre 1990, G.U. 26 novembre 1990,

n. 258, il ministro del lavoro e della previdenza sociale, di con

certo con il ministro di grazia e giustizia, «esaminata la delibera

n. 160.90. del 27 aprile 1990 con la quale il consiglio di ammi

nistrazione della cassa ha proposto l'elevazione da settantacin

que a cento della percentuale di cui all'art. 15, 3° comma, 1.

20 settembre 1980 n. 576 . . vista la richiesta formulata dalla

cassa con nota n. 317/P del 14 maggio 1990; viste le condizioni

tecnico-finanziarie della cassa; decreta: ... a decorrere dal 1°

gennaio 1991 la percentuale di cui all'art. 15, 3° comma, è ele

vata dal settantacinque al cento per cento».

3. - Le questioni che possono essere poste all'interprete da

questi testi normativi sono:

1) se la misura di rivalutazione dei redditi, aumentata dal

decreto ministeriale ora detto, debba applicarsi a tutti i profes sionisti pensionati, compresi quelli con pensione liquidata pri ma del 1° gennaio 1991, data di entrata in vigore del decreto.

La risposta positiva a tale questione è stata data da questa corte

con riguardo alla pensione dei geometri: per questa vi era stato

un decreto (d.m. 19 gennaio 1988 n. 29) di rivalutazione del

coefficiente di rendimento e la corte ritenne doversi riliquidarle

tutte, senza limiti di tempo, stante che qualsiasi limite avrebbe

determinato illogiche discriminazioni (Cass. 11 dicembre 1995, n. 12675, Foro it., Rep. 1997, voce Professioni intellettuali, n.

245, e 18 settembre 1997, n. 9265, id., 1997, I, 3556). Alla stre

gua di questa interpretazione la data indicata nel decreto mini

steriale segnerebbe solo il momento a partire dal quale andreb

be effettuato il computo della nuova pensione e questa andreb

be corrisposta, escluso ogni diritto a quote arretrate.

Differente è invece la fattispecie presa in esame dalla senten

za della Corte costituzionale con la sentenza 22 febbraio 1990, n. 72 (id., Rep. 1990, voce Previdenza sociale, n. 611). Qui una norma di legge (art. 21, 6° comma, 1. 11 marzo 1988 n.

67) aveva disposto a fini perequativi un nuovo e più favorevole

calcolo del reddito onde attribuire una quota aggiuntiva della

pensione Inps ed eliminare così un trattamento discriminatorio

già segnalato dalla stessa Corte costituzionale con una sentenza

monito. La sentenza n. 72 del 1990, cit., ritenne in via interpre tativa che la quota aggiuntiva spettasse anche ai lavoratori col

locati in pensione prima dell'entrata in vigore della legge citata,

ma senza alcuna riliquidazione della pensione originaria (così anche Cass. 11 ottobre 1997, n. 9929, id., Rep. 1997, voce cit., n. 864).

Occorre dire che la soluzione positiva della questione qui po sta non sembra poter essere adottata per la decisione della pre sente controversia. Essa non è sostenuta, e nemmeno presuppo

sta, dal professionista ricorrente né al riguardo si è svolto il

contraddittorio.

L'art. 25 1. n. 141 del 1992, richiamato dalla difesa della cas

sa nelle osservazioni depositate ex art. 379 c.p.c., riguarda la

riliquidazione delle pensioni «in corso» alla data della sua en

trata in vigore, sulla base dei nuovi e più alti coefficienti di

rendimento stabiliti nel precedente art. 1. Esso è perciò estra

neo alla questione posta dal ricorso per cassazione e di cui ora

si dirà. 2) Altra questione che la normativa in esame pone all'inter

prete è se — vista la sua applicazione ai soli ex avvocati con

pensione liquidata successivamente al 1° gennaio 1991 — la nuova

e più alta misura di rivalutazione valga solo per i redditi perce

piti dopo tale data oppure anche per quelli percepiti prima.

Tale questione è stata risolta in senso sfavorevole alla cassa

e favorevole al pensionato, vale a dire nel senso della rivaluta

zione col nuovo e maggior indice di tutti i redditi, percepiti

prima e dopo il 1991, da alcune sentenze di questa corte: 15

aprile 1996, n. 3521, id., 1996, I, 3438; 22 maggio 1996, n. 4744, e 25 maggio 1996, nn. 4825, 4826, 4827, 4838 (tutte non

massimate, n.d.r.) le quali si fondano sui seguenti argomenti:

a) non è consentito interpretare un'unica legge, contenente

la normativa sulla liquidazione del trattamento pensionistico agli

Il Foro Italiano — 1999.

iscritti, in modo da permettere differenti trattamenti solo in ba

se alla data di produzione di reddito: l'applicazione del nuovo coefficiente di rivalutazione ai soli redditi percepiti dal 1991 com

porterebbe che redditi annuali eguali sarebbero rivalutati diver

samente sol perché conseguiti in anni diversi;

b) l'equilibrio finanziario della cassa non sarebbe turbato ir

reparabilmente dall'aumento degli esborsi per pensioni, conse

guenti all'estensione della rivalutazione ad anni anteriori al 1991.

Al contrario, esso può essere conservato con quegli strumenti

correttivi che la 1. n. 576 del 1980, modificata dalla 1. 11 feb

braio 1992 n. 141, assicura sia sul piano delle entrate, con l'au

mento dei contributi, che su quello delle uscite, con la riduzione

della percentuale di rivalutazione dei redditi;

c) il decreto ministeriale di aumento del coefficiente di rivalu

tazione fu adottato su richiesta della cassa previdenziale, che

previde la decorrenza del nuovo coefficiente solo da una certa

data, né gli autori, ossia i ministri del lavoro e della giustizia, manifestarono alcun dissenso in proposito. Tuttavia, secondo

le sentenze ora in esame, ciò non assume alcuna rilevanza inter

pretativa, stante che l'art. 3, 2° comma, 1. n. 241 del 1990 sul

procedimento amministrativo non impone la motivazione per

gli atti generali, quali i decreti ministeriali.

Questo orientamento giurisprudenziale è contrastato da altre,

più recenti, sentenze, le quali obiettano come i suddetti argo menti non trovino fondamento nella lettera della 1. n. 576 e

delle sue sopra ricordate modificazioni; come la logica del siste

ma previdenziale degli avvocati faccia riferimento al bilancio

consuntivo della cassa e ad una verifica quadriennale dell'equi librio di gestione (art. 13, 4° comma), con la conseguente ed

eventuale necessità di variazioni ex nunc dei debiti (prestazioni) e dei crediti (contributi); ed infine come la contraria tesi possa

portare a vistose disparità di trattamento tra professionisti an

dati in pensione prima e dopo il 1° gennaio 1991 (Cass. 7 feb

braio 1998, n. 1311, id., 1998, I, 1096; 9 marzo 1998, n. 2617,

id., Rep. 1998, voce Avvocato, n. 239). Il primo di questi due orientamenti appare a queste sezioni

unite meritevole di essere condiviso.

4. - Anzitutto la lettera delle disposizioni di legge sopra ripor tate offre indicazioni per sé esaurienti.

L'art. 2, 1° comma, 1. n. 576 del 1980 parla, come s'è visto, di redditi risultanti dalle dichiarazioni d'imposta relative ai quin dici anni solari anteriori alla maturazione del diritto a pensione, e non dice che essi possano essere rivalutati in misura diversa

a seconda degli anni di produzione. Ed è antico canone inter

pretativo quello secondo cui ove il legislatore non distinse nep

pure all'interprete è dato di distinguere. Né elementi favorevoli alla distinzione emergono dai lavori

preparatori della legge, dai quali (relazione alla proposta di leg

ge n. 117, presentata alla camera dei deputati il 20 giugno 1979,

pag. 2) risulta soltanto che «si è preferito indicare il periodo di dieci anni per il calcolo del reddito medio, onde non favorire

dichiarazioni di reddito artificiose (possibili per un periodo più breve) e per poter comprendere un periodo di tempo più signifi cativo per la remuneratività della professione. Il reddito di cia

scun anno deve essere indicizzato, per evitare le iniquità deri

vanti da notevoli svalutazioni monetarie».

La legge non offre poi ai ministri del lavoro e della giustizia alcun altro potere se non quello di variare l'indice di rivaluta

zione, senza alcuna discriminazione fra i redditi del quindicen nio: ed infatti il decreto ministeriale in questione con la sua

semplice espressione «a decorrere dal 1° gennaio 1991» non of

fre alcun sostegno all'opposta tesi.

5. - Le sentenze emesse da questa corte nel 1996 fanno poi riferimento (e gli atti di parte dell'attuale giudizio di cassazione

fanno cenno) alla richiesta motivata, formulata dal consiglio d'amministrazione della cassa previdenziale e diretta al ministro

ai sensi del riportato art. 13, 3° comma, 1. n. 576 del 1980:

si tratta della richiesta n. 160 del 1990, preceduta da quella n.

538 del 1987, a suo tempo non accolta dall'autorità deliberante

per ragioni che qui non interessano. Le dette sentenze (come

pure quella del Tribunale di Trento qui impugnata) danno per

pacifico che queste richieste limitino l'utilizzabilità del nuovo

coefficiente di rivalutazione al tempo successivo all'entrata in

vigore dell'emanando decreto ministeriale, ma osservano che esse

furono poi disattese in parte qua dai ministri, i quali aumenta

rono il coefficiente di rivalutazione, ma senza discriminazioni

temporali; né essi, aggiungono le sentenze, avevano il dovere

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2207 PARTE PRIMA 2208

di motivare tale dissenso, poiché per gli atti amministrativi ge nerali la legge (art. 3 1. 7 agosto 1990 n. 241) non richiede moti

vazione.

In proposito si deve anzitutto rilevare che le dette richieste

ben possono essere adoperate per interpretare il decreto, giac ché la giurisprudenza di questa corte, insieme alla dottrina una

nime, ritiene che l'interpretazione dell'atto amministrativo, ge nerale o singolare, non sia necessariamente e soltanto testuale

ma ben possa far riferimento a mezzi estrinseci quali gli atti

procedimentali, così come per la legge si fa ricorso ai lavori

preparatori (Cass. 23 luglio 1966, n. 2007, id., Rep. 1966, voce

Atto amministrativo, n. 77). Ciò premesso, bisogna tuttavia aggiungere che le suddette ri

chieste motivate — le quali non possono essere interpretate di

rettamente dalla corte poiché non costituiscono norme di diritto

ai sensi dell'art. 1 preleggi ma possono essere esaminate onde

controllare la motivazione della sentenza impugnata ed art. 360, n. 5, c.p.c. — fanno bensì riferimento ai «redditi percepiti»

dopo una certa data (il 1988 fu poi spostato dai ministri al

1991), ma tale formula non fu poi seguita nel decreto ministe

riale, il quale si limita ad elevare l'indice di rivalutazione «a

partire dal 1° gennaio 1991», senza distinguere tra redditi per

cepiti prima e dopo quella data. Il decreto dispone dunque in

senso letteralmente conforme alla legge, senza che su di esso

possa influire la difforme (e neppure del tutto chiaramente espres

sa) volontà del soggetto richiedente, ossia della cassa.

6. - Quanto agli effetti finanziari particolarmente onerosi —

che la cassa previdenziale prospetta come conseguenti all'orien

tamento giurisprudenziale favorevole ai pensionati, richiaman

do anche la necessità di equilibrio del bilancio, pena la liquida

zione, imposta dal sopravvenuto d.leg. 30 giugno 1994 n. 509 — essi non possono avere alcun peso in questo giudizio di legit

timità, ma richiederebbero indagini di fatto e comunque sareb

bero da imputare non già agli organi, come quelli giudiziari, investiti dell'interpretazione-applicazione della legge bensì alle

scelte politico-economiche espresse dal legislatore e dall'autori

tà amministrativa e da queste, eventualmente, sempre modifi

cabili. 7. - Alla tesi di questa non giova neppure la prospettazione

della diversità di trattamento dei redditi, di egual misura e con

seguiti nello stesso anno, a seconda che l'avvocato abbia cessa

to la propria attività prima o dopo il 1° gennaio 1991. Tale

diversità consegue certamente all'accoglimento della tesi soste

nuta dagli avvocati in questo processo, ma anzitutto è da rileva re che anche la tesi opposta comporta una disparità di tratta

mento tra redditi di pari importo e conseguiti in anni diversi, onde l'argomento non sarebbe sufficiente di per sé a sciogliere il dilemma interpretativo.

Occorre poi ricordare che secondo una costante giurispruden za della Corte costituzionale è da escludere la violazione del

principio d'eguaglianza enunciato dall'art. 3 Cost, quando, nel

l'ambito della stessa categoria di cittadini, le differenze di trat

tamento siano determinate dalla diversità dei presupposti tem

porali (Corte cost. n. 311 del 1995, id., Rep. 1996, voce Came

ra di commercio, n. 19; n. 175 del 1997, id., 1997, I, 3469; n. 409 del 1998).

Resta poi affidata alla discrezionalità del legislatore l'even

tuale correzione di queste disparità. Risulta ad esempio in di

scussione nel parlamento un disegno di legge (atti senato, XII

legislatura, n. 400) di modifica della 1. n. 576 del 1980 ed inteso

all'aumento delle pensioni degli avvocati più anziani. Il disegno è giustificato (pag. 3 della relazione) con le condizioni economi

che particolarmente floride della cassa.

8. - La cassa controricorrente prospetta ancora dubbi di legit timità costituzionale.

Sarebbe irragionevole, ossia contrastante con l'art. 3, 2° com

ma, Cost., «il venir meno del dovuto rispetto della volontà e

autonomia dell'ente previdenziale ... il quale è proprio in base

alla voluntas legis il soggetto istituzionalmente propulsore di ogni variazione del coefficiente» (pag. 9 della memoria).

Configgerebbe poi col principio di buon andamento della pub blica amministrazione (art. 97, 1° comma, Cost.) una legge non

rispettosa della «giusta distribuzione delle competenze all'inter

no dell'apparato amministrativo nonché, più in generale, dei

criteri di organizzazione delle procedure amministrative» (pag. 10 della memoria).

La prima questione è manifestamente infondata poiché, co

li. Foro Italiano — 1999.

me s'è detto sopra, la voluntas legis è nel senso di attribuire

alla cassa, debitrice della prestazione previdenziale, solamente

un potere propositivo e non anche un potere determinativo del

contenuto della prestazione, onde l'interpretazione qui accolta

dell'art. 15 1. n. 576 del 1980 non comprime in alcun modo

la sua autonomia.

La seconda questione è manifestamente inammissibile per man

cata precisazione dei suoi termini, specie considerato che, dopo l'entrata in vigore del d.leg. n. 509 del 1984, la cassa è persona

giuridica di diritto privato. 9. - In conclusione il ricorso dev'essere accolto e la sentenza

impugnata va cassata con rinvio ad altro collegio d'appello, che

si designa nel Tribunale di Rovereto e che deciderà uniforman

dosi al seguente principio di diritto: «La rivalutazione dei red

diti rilevanti per il calcolo delle medie di riferimento delle pen sioni di vecchiaia degli avvocati deve avvenire, ai sensi dell'art.

15 1. n. 576 del 1980, sulla base di un coefficiente unico, riferito

agli indici Istat, per tutti gli anni da prendere in considerazione

ai fini del calcolo».

CORTE DI CASSAZIONE; sezione I civile; sentenza 19 mag

gio 1999, n. 4840; Pres. Cantillo, Est. Marziale, P.M. Ca

fiero (conci, diff.); Min. finanze c. Cerusico. Conferma Comm. trib. centrale 24 ottobre 1995, n. 3411.

Tributi in genere — Agevolazioni per l'acquisto di prima casa — Duplice successivo godimento — Ammissibilità (L. 22 aprile 1982 n. 168, misure fiscali per lo sviluppo dell'edilizia abitati

va, art. 1; d.l. 7 febbraio 1985 n. 12, misure finanziarie in

favore delle aree ad alta tensione abitativa, art. 2; 1. 5 aprile 1985 n. 118, conversione in legge, con modificazioni, del d.l. 7 febbraio 1985 n. 12, art. 1; 1. 23 dicembre 1998 n. 448, misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo svilup

po, art. 7).

L'acquirente di un immobile — prima casa — che abbia già

usufruito delle agevolazioni di cui all'art. 1 l. 22 aprile 1982

n. 168, può successivamente, nel caso di un nuovo acquisto, avvalersi anche dei benefici fiscali previsti dall'art. 2 d.l. 7

febbraio 1985 n. 12, convertito, con modificazioni, nella l. 5 aprile 1985 n. 118. (1)

(1) In senso conforme, v. Cass. 29 aprile 1999, n. 4309, Foro it., Mass., fase. 5, e 4 giugno 1999, n. 5488, ibid.; Comm. trib. reg. Abruzzo 25 settembre 1997, id., Rep. 1998, voce Tributi in genere, n. 1382; Comm. trib. prov. Novara 10 marzo 1998, ibid., n. 1383; contra, Cass. 12 set tembre 1998, n. 9093, id., 1998, I, 3134, con nota di richiami, cui add e, nel senso di cui in massima, Comm. trib. I grado Chiavari 3 gennaio 1994, Bollettino trib., 1994, 576 (m); Comm. trib. I grado Grosseto 18 maggio 1991, id., 1992, 550 (m), nonché, nel senso della non cumu labilità dei benefici ex 1. 168/82 e di quelli ex d.l. 12/85, Comm. trib. I grado Treviso 9 dicembre 1993, id., 1994, 575 (m); 16 novembre 1993, ibid, (m); Comm. trib. I grado Livorno 5 novembre 1991, id., 1992, 551 (m).

La Suprema corte giunge alla conclusione di cui in massima sulla base delle seguenti considerazioni:

a) l'art. 2, 1° comma, d.l. 7 febbraio 1985 n. 12, nell'individuare tra le condizioni richieste per l'applicazione del beneficio fiscale riserva to all'acquirente di prima casa quella «di non avere già usufruito delle

agevolazioni previste dal presente comma», è assai preciso e non contie ne alcun riferimento ai benefici accordati dalle norme precedentemente in vigore;

b) il riferimento alle agevolazioni previste dalle leggi anteriori conte nuto nell'art. 3, 2° comma, 1. 31 dicembre 1991 n. 415 riguarda solo i trasferimenti successivi al 31 dicembre 1991 e non può comunque esse re considerato espressione di un principio generale, implicitamente de sumibile dall'ordinamento;

c) l'art. 7 1. 23 dicembre 1998 n. 448 (Le leggi, 1999, I, 156) espressa mente prevede — con efficacia retroattiva — la possibilità di godere tanto dei benefici di cui all'art. 2 d.l. 12/85, quanto di quelli di cui all'art. 1 1. 168/82.

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