sezioni unite civili; sentenza 28 gennaio 2002, n. 1006; Pres. Delli Priscoli, Est. Proto, P.M.Palmieri (concl. conf.); Dell'Osa (Avv. Di Benedetto, Ciammaichella) c. Prefetto di Pescara. CassaPret. Pescara 22 febbraio 1997Source: Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 5 (MAGGIO 2002), pp. 1419/1420-1423/1424Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23198349 .
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PARTE PRIMA 1420
La normale relazione tra opere di bonifica ed assetto idro
geologico del territorio ha costituito per il legislatore ragione
per una equiparazione di tali opere a quelle idrauliche, equipa razione operata una volta per tutte sul piano normativo, per esi
genze di certezza.
3.4. - Questa portata della norma ne spiega l'applicazione,
compiuta dalla giurisprudenza, anche nell'ambito dell'ulteriore
settore di competenza dei tribunali regionali delle acque pubbli che, previsto dalla lett. e) dell'art. 140 e rappresentato dalle
controversie per risarcimento del danno dipendenti da opere
eseguite dalla pubblica amministrazione, opere tra le quali sono
state costantemente considerate come comprese le opere di bo
nifica, in ragione di tale loro qualificazione ed a prescindere dalla indagine su una concreta incidenza dell'opera sul regime delle acque pubbliche (Cass. 10 luglio 1986, n. 4479, id., 1987, I, 82; 21 maggio 1988, n. 3540, id., Rep. 1989, voce cit., n. 107).
3.5. - Acquisito che le controversie, su diritti soggettivi, deri vanti da provvedimenti ordinati ad opere di bonifica, rientrano
nella materia delle acque pubbliche attribuita alla competenza dei tribunali regionali delle acque pubbliche (competenza loro
conservata dall'art. 34, 3° comma, lett. b, d.leg. 31 marzo 1998
n. 80, sub art. 7, 1° comma, 1. 21 luglio 2000 n. 205), di questo dato sistematico si può e deve fare applicazione per l'interpreta zione della nozione provvedimenti in materia acque pubbliche
impiegata nell'art. 143, lett. a). La stessa esigenza di certezza che ha presieduto alla equipa
razione delle opere di bonifica alle opere idrauliche ai fini della competenza dei tribunali regionali delle acque pubbliche sussi
ste a proposito della delimitazione della giurisdizione del Tribu nale superiore delle acque pubbliche.
Del resto, non è possibile individuare sul piano sistematico un
ragionevole motivo per considerare in ogni caso l'opera di boni
fica alla stregua di un'opera idraulica, quando si faccia questio ne di diritti soggettivi dipendenti dalla sua esecuzione, e per an dare invece alla ricerca della concreta incidenza dell'opera sul
regime delle acque pubbliche, quando a proposito dei medesimi
provvedimenti si faccia questione di interessi legittimi. 4. - La questione di giurisdizione posta con il ricorso va dun
que risolta statuendo che rientrano nella giurisdizione di legit timità del Tribunale superiore delle acque pubbliche, configu rata dall'art. 143, lett. a), t.u. 11 dicembre 1933 n. 1175, i ricor si avverso provvedimenti ablatori ordinati all'esecuzione di ope re di bonifica, ed in particolare i ricorsi avverso i piani di ri composizione fondiaria, costituendo la natura di opera di boni
fica sufficiente criterio di collegamento.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 28 gennaio 2002, n. 1006; Pres. Delli Priscoli, Est. Proto, P.M.
Palmieri (conci, conf.); Dell'Osa (Avv. Di Benedetto,
Ciammaichella) c. Prefetto di Pescara. Cassa Pret. Pescara
22 febbraio 1997.
Sanzioni amministrative e depenalizzazione — Opposizione — Deposito dell'ordinanza-ingiunzione — Omissione —
Conseguenze (L. 24 novembre 1981 n. 689, modifiche al si stema penale, art. 22).
Sanzioni amministrative e depenalizzazione — Giudizio di opposizione
— Sentenza del pretore — Cassazione — Rin
vio al tribunale (L. 24 novembre 1981 n. 689, art. 22; d.leg. 30 dicembre 1999 n. 507, depenalizzazione dei reati minori e riforma del sistema sanzionatorio, ai sensi dell'art. 1 1. 25
giugno 1999 n. 205, art. 98).
Nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa l'inos
servanza del dovere dell'opponente di depositare l'ordinan
za-ingiunzione notificatagli non comporta di per sé l'inam
missibilità dell'opposizione, ove la tempestività della stessa
Il Foro Italiano — 2002.
possa essere accertata in forza di produzioni successive o di
altre parti. ( 1 ) In seguito alla cassazione con rinvio di una sentenza del pretore
pronunciata in un giudizio di opposizione ad ordinanza
ingiunzione ai sensi dell'art. 22 l. 24 novembre 1981 n. 689,
instaurato anteriormente all'assegnazione della competenza in materia al giudice di pace (disposta dall'art. 98 d.leg. 30
dicembre 1999 n. 507), il giudizio va rinviato al tribunale del
luogo in cui è stata commessa la violazione. (2)
(1) Le sezioni unite risolvono il contrasto sorto tra le sezioni sempli ci in ordine agli effetti della mancata produzione, da parte dell'oppo nente, dell'ordinanza-ingiunzione notificata, nel giudizio contro san zioni amministrative ai sensi dell'art. 22 1. 24 novembre 1981 n. 689.
Secondo un primo orientamento, strettamente aderente al testo lette rale dell'art. 22, 3° comma, 1. 24 novembre 1981 n. 689, il mancato de
posito col ricorso dell'ordinanza-ingiunzione notificata, costituiva cau sa di inammissibilità dell'opposizione (cfr. Cass. 10 marzo 1993, n.
2898, Foro it., Rep. 1993, voce Sanzioni amministrative e depenalizza zione, n. 101). La ragione di questo orientamento era che a carico del
l'opponente sarebbe stata la prova della tempestività del ricorso e la
prova avrebbe potuto essere fornita da lui solo attraverso il deposito dell'ordinanza-ingiunzione.
Un secondo orientamento, meno rigido del primo, sosteneva che il
deposito dell'ordinanza-ingiunzione notificata da parte dell'opponente non potesse ritenersi richiesto a pena di inammissibilità, essendo fina lizzato al solo accertamento della tempestività del ricorso. Pertanto,
qualora nel corso del giudizio l'autorità che aveva emesso l'ordinanza
ingiunzione notificata l'avesse prodotta in giudizio, il ricorso sarebbe stato ammissibile, in quanto il giudice sarebbe stato comunque in grado di accertare la tempestività o meno del ricorso (cfr. Giud. pace Bologna 20 novembre 1995, id.. Rep. 1996, voce cit., n. 176; Cass. 1° giugno 1994, n. 5327, id., Rep. 1994, voce cit., n. 96).
In base ad un terzo indirizzo, senz'altro maggioritario, dal mancato
deposito in giudizio dell'ordinanza-ingiunzione notificata non si poteva desumere l'intempestività del ricorso. Pertanto, secondo questo indiriz
zo, il giudice poteva dichiarare l'inammissibilità dell'opposizione in limine litis con ordinanza, ai sensi dell'art. 23, 1° comma, 1. 689/81, solo se dall'opposizione risultasse già evidente la tardività del ricorso; invece se la tardività non emergeva fin dall'inizio e semplicemente ri
sultava incerta e non provata la data di notifica dell'ordinanza
ingiunzione, l'opposizione doveva essere dichiarata inammissibile a conclusione del giudizio, con sentenza (Cass. 30 luglio 1999, n. 8276, id., Rep. 1999, voce cit., n. 135; 29 ottobre 1998, n. 10802, id., Rep. 1998, voce cit., n. 83; 25 agosto 1997, n. 7952, id., Rep. 1997, voce
cit., n. 170; 8 agosto 1997, n. 7385, ibid., n. 182; 10 marzo 1997, n.
2138, ibid., n. 179; 2 settembre 1996, n. 8017, id., Rep. 1996, voce cit., n. 174; 13 marzo 1996, n. 2084, ibid., n. 173; cfr. anche Cerbo, Le san zioni amministrative, Milano, 1999, 278). Le sezioni unite hanno ade rito a quest'ultimo orientamento, rilevando che il deposito dell'ordi
nanza-ingiunzione non è richiesto a pena di decadenza dall'art. 22, 3°
comma, 1. 689/81. La conclusione delle sezioni unite per l'opposizione a ordinanza
ingiunzione corrisponde all'orientamento più recente sull'art. 645 c.p.c. in tema di opposizione a decreto ingiuntivo.
In base a un orientamento meno recente, l'omessa produzione da
parte dell'opponente della copia notificata del decreto ingiuntivo avrebbe reso improcedibile l'opposizione, in conseguenza dell'impos sibilità per il giudice di verificare la tempestività dell'opposizione stes sa (cfr. Cass. 13 luglio 1983, n. 4762, Foro it., Rep. 1983, voce Ingiun zione (procedimento), n. 24; 13 aprile 1981, n. 2181, id., Rep. 1981, voce cit., n. 50). L'orientamento più recente ritiene, invece, che l'o messa produzione della copia notificata del decreto ingiuntivo non
comporti l'improcedibilità dell'opposizione, ma rilevi ai fini della de claratoria d'inammissibilità della stessa, per non aver l'opponente for nito la prova del rispetto del termine di decadenza ai sensi dell'art. 641
c.p.c. (cfr. Pret. Ferrara 22 ottobre 1993, id., Rep. 1994, voce cit., n. 32; Cass. 22 maggio 1992, n. 6147, id., Rep. 1992, voce cit., n. 45; 27 lu
glio 1990, n. 7580, id., Rep. 1990, voce cit., n. 39), sempre che tale
prova non si evinca dai documenti depositati (cfr. Cass. 1° dicembre
2000, n. 15387, id., Rep. 2000, voce cit., n. 45; 2 giugno 1999, n. 5342, id., Rep. 1999, voce cit., n. 62; 16 febbraio 1993, n. 1920, id., Rep. 1993, voce cit., n. 43; 19 settembre 1992, n. 10736, id., Rep. 1992, vo ce cit., n. 30; 25 gennaio 1990, n. 435, id., Rep. 1990, voce cit., n. 40; 19 ottobre 1988, n. 5678, id., Rep. 1988, voce cit., n. 40; 16 gennaio 1985, n. 84, id., Rep. 1985, voce cit., n. 57; 19 aprile 1982, n. 2387, id., 1982, I, 1905, con nota di Pezzano).
(2) Le sezioni unite confermano l'orientamento secondo cui, una volta cassata, dopo l'entrata in vigore del d.leg. 19 febbraio 1998 n. 51 sull'istituzione del giudice unico, una pronuncia resa dai pretore in un
giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, il giudizio va rin viato al tribunale, risultando irrilevante (perché successivo all'inizio del giudizio) il d.leg. 30 dicembre 1999 n. 507, che ha attribuito al giù
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — Il sig. Luca Mario Dell'Osa,
con ricorso al Pretore di Pescara depositato il 22 febbraio 1997,
propose opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione con la
quale gli era stata irrogata la sanzione pecuniaria di lire 434.000
per violazione dell'art. 143, 12° comma, cod. strada.
Il pretore, con provvedimento in calce al ricorso, dichiarò l'i
nammissibilità del ricorso stesso, in base al rilievo che dalla do
cumentazione prodotta non risultava che l'ordinanza-ingiun zione fosse stata notificata il 24 gennaio 1997, come dedotto dal
ricorrente.
Avverso questa decisione il Dell'Osa ha proposto ricorso per cassazione con un unico motivo.
Con ordinanza del 5 ottobre 1999 la terza sezione civile ha
trasmesso gli atti del processo al primo presidente, che ne ha di
sposto l'assegnazione alle sezioni unite per la soluzione del
contrasto di giurisprudenza, consistente nell'ambito delle sezio
ni semplici, sugli effetti derivanti dalla mancata allegazione al
ricorso in opposizione della copia dell'ordinanza notificata.
Il ricorrente ha depositato memorie.
Motivi della decisione. — 1. - Con l'unico motivo del ricorso
il Dell'Osa lamenta che il pretore, dichiarando inammissibile il ricorso in opposizione da lui proposto, non abbia considerato
che, secondo l'art. 22 1. n. 689 del 1981, alla mancata allegazio ne dell'ordinanza-ingiunzione non consegue alcuna sanzione, essendo possibile ovviare all'omissione e, comunque, valutare
la tempestività dell'opposizione in base alla documentazione
prodotta dall'amministrazione opposta. E rileva che nella specie con l'atto di opposizione era stata prodotta copia dell'ordinanza
inviata a mezzo del servizio postale, mancando unicamente la
busta e non contenendo l'ordinanza alcuna relata.
2. - La questione che la censura propone — se alla mancata
allegazione dell'ordinanza notificata al ricorso proposto ex art.
22 1. n. 689 del 1981 consegua o non l'inammissibilità dell'op posizione
— è stata oggetto di contrastanti pronunce da parte di
questa corte.
Un primo orientamento è costituito dalla sentenza 10 marzo
1993, n. 2898 (Foro it., Rep. 1993, voce Sanzioni amministrati
ve e depenalizzazione, n. 101). Nel rigettare il ricorso avverso la
decisione pretorile che aveva dichiarato inammissibile l'opposi zione, la corte ha osservato che l'art. 22, 3° comma, 1. n. 689 del
1981, disponendo che al ricorso deve essere allegata l'ordinanza
notificata, «consente al pretore di accertare immediatamente se
il termine di trenta giorni previsto per la proposizione dell'op
posizione, termine che decorre dalla notifica dell'ordinanza, sia
stato o meno osservato. Ed infatti, come si desume dai primi due commi del successivo art. 23, il pretore, dopo il deposito dei
ricorso, è tenuto ad accertare previamente la tempestività del
medesimo, dichiarandolo nell'ipotesi negativa inammissibile, con l'ordinanza ivi prevista». Secondo questo orientamento, in
combe, quindi, all'opponente provare la tempestività del ricor
so, e, in assenza di tale prova, il giudice dell'opposizione deve
dichiarare con ordinanza inammissibile il ricorso, a norma del
l'art. 23, 1° comma, 1. n. 689 del 1981.
Il rigore di questi principi risulta attenuato nella successiva
sentenza 1° giugno 1994, n. 5327 (id., Rep. 1994, voce cit., n. 96). Nella fattispecie il pretore aveva dichiarato inammissibile il
ricorso, perché non era stata allegata l'ordinanza notificata, e la
prova della tempestività del ricorso era emersa per effetto della
produzione documentale da parte della prefettura. La corte ha
osservato che l'allegazione al ricorso dell'ordinanza notificata
non è prevista a pena di inammissibilità, ma «è finalizzata al
l'accertamento della tempestività del ricorso, onde costituisce
onere del ricorrente che voglia evitare il provvedimento di
inammissibilità, da pronunciare non per il fatto che al ricorso
non sia stata allegata l'ordinanza notificata, ma per il fatto so
stanziale che il ricorso non risulti proposto entro il termine pe rentorio di trenta giorni decorrente dalla notifica». Il pretore aveva collegato l'inammissibilità del ricorso alla mancata alle
gazione dell'ordinanza notificata, sotto il profilo che era così
dice di pace la competenza per il giudizio di opposizione alle sanzioni amministrative in questione (nello stesso senso, cfr. Cass. 21 febbraio
2001, n. 2494, Foro it., 2001,1, 1561, in motivazione; 2 agosto 2000, n.
10109, id., Rep. 2000, voce Rinvio civile, n. 16; 6 giugno 2000, n.
7630, ibid., voce Competenza civile, n. 41; sez. un. 30 marzo 2000, n.
63/SU, id., 2000,1, 1792, in motivazione).
Il Foro Italiano — 2002.
impedito di verificarne la tempestività. La corte ha rilevato che
«tale impedimento però, se era sussistente nel momento in cui il
ricorso è stato presentato, più non esisteva al momento della
sentenza impugnata, poiché la prefettura aveva prodotto l'ordi
nanza-ingiunzione notificata, onde il pretore era in grado di ac
certare, attraverso l'esame di tale atto, se il ricorso era o meno
tempestivo». Secondo un successivo indirizzo, inaugurato dalla sentenza
13 marzo 1996, n. 2084 (id., Rep. 1996, voce cit., n. 173), la mancata allegazione non costituisce di per sé prova della non
tempestività del ricorso, che possa giustificare la dichiarazione
di inammissibilità con ordinanza pronunciata in limine litis, «perché questo provvedimento presuppone l'esistenza di una
prova inconfutabile, e non di una mera difficoltà di accerta
mento della tempestività». E, «ove in prosieguo di giudizio, a causa della mancata acquisizione della copia dell'ordinanza no
tificata, permanga e diventi definitiva l'impossibilità di con trollo (che deve svolgersi anche d'ufficio) della tempestività, il
ricorso deve essere dichiarato con sentenza inammissibile»
(Cass. 2084/96). In base a quest'ultimo indirizzo, l'ordinanza di inammissibilità prevista dall'art. 23, 1° comma, può essere,
dunque, pronunciata unicamente quando sia stata raggiunta la
prova della tardività della notificazione, salva restando la decla
ratoria di inammissibilità con sentenza allorché permanga l'in
certezza sulla data della notificazione dell'ordinanza-ingiun zione. Ulteriore corollario è che il giudice fissa l'udienza di comparizione delle parti, anche quando non risulti positiva
mente, tramite il controllo dell'ordinanza notificata, la tem
pestività dell'opposizione. A tali principi si sono conformate tutte le successive pronun
ce emesse da questa corte (Cass. 2 settembre 1996, n. 8017,
ibid., n. 174; 10 marzo 1997, n. 2138, id., Rep. 1997, voce cit., n. 179; 8 agosto 1997, n. 7385, ibid., n. 182; 25 agosto 1997, n. 7952, ibid., n. 170; 29 ottobre 1998, n. 10802, id., Rep. 1998, voce cit., n. 83; 30 luglio 1999, n. 8276, id., Rep. 1999, voce cit., n. 135).
3. - Ritiene il collegio che il contrasto denunciato debba esse
re composto secondo le indicazioni dell'indirizzo giurispruden ziale prevalente, sulla base delle considerazioni seguenti.
I primi tre commi dell'art. 22 1. 24 novembre 1981 n. 689, nel
testo previgente, applicabile ratione temporis alla fattispecie,
disponevano: «Contro l'ordinanza-ingiunzione di pagamento e contro l'or
dinanza che dispone la sola confisca, gli interessati possono
proporre opposizione davanti al pretore del luogo in cui è stata
commessa la violazione, entro il termine di trenta giorni dalla
notificazione del provvedimento. II termine è di sessanta giorni se l'interessato risiede all'este
ro.
L'opposizione si propone mediante ricorso, al quale è alle
gata l'ordinanza notificata».
I primi due commi dell'art. 23 disponevano: «Il pretore, se il ricorso è proposto oltre il termine previsto
dal 1° comma dell'art. 22, ne dichiara l'inammissibilità con or
dinanza ricorribile per cassazione. Se il ricorso è tempestivamente proposto, il pretore fissa l'u
dienza di comparizione con decreto (...)». Come risulta dal tenore delle disposizioni riportate, non è,
dunque, prescritto che l'ordinanza notificata sia allegata al ri
corso a pena di inammissibilità. Negli stessi termini dispongono
gli art. 22 e 23 nel testo modificato dal d.leg. 30 dicembre 1999
n. 507 (art. 97 ss.), che ha innovato quanto alla competenza per il giudizio di opposizione, ma non ha inciso sul meccanismo
processuale disegnato dal legislatore del 1981.
La sanzione di inammissibilità neppure può essere ricavata in
via di interpretazione sistematica, perché la fissazione dell'u
dienza di comparizione, quando il ricorso è tempestivamente
proposto (art. 23, 2° comma), e la pronuncia di inammissibilità se il ricorso è proposto oltre il termine previsto dal 1° comma
dell'art. 22 (art. 23, 1° comma), rispondono (come altre disposi zioni della stessa legge) all'intento di semplificare il processo e
di evitare un inutile dispendio di attività processuale, quando il ricorso sia proposto oltre il termine consentito. E il potere dovere del giudice di verificare la tempestività del deposito e di dichiarare l'inammissibilità del ricorso tardivo non è correlato
alla (sola) mancata allegazione al ricorso dell'ordinanza notifi
cata, ma all'intempestività comunque risultante dagli atti acqui
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PARTE PRIMA 1424
siti al processo. L'onere di allegazione non è, infatti, previsto a
pena di decadenza; sicché la dichiarazione di inammissibilità potrà intervenire anche successivamente alla fase preliminare, nel contraddittorio delle parti, ed essere dichiarata con sentenza:
sia che l'intempestività risulti per tabulas, a seguito del depo sito degli atti da parte dell'autorità che ha emesso il provvedi mento opposto, sia che permanga e diventi definitiva l'impossi bilità di verificare la tempestività del ricorso.
Questa interpretazione trova conforto anche nella relazione
ministeriale all'originario disegno di legge n. 1799 del 1977, in tema di modifiche al sistema penale, presentato dal governo nella VII legislatura (in cui la fissazione dell'udienza di compa rizione era prevista dopo l'acquisizione della documentazione
dell'amministrazione), la quale esplicitamente escludeva (par.
10) che al solo mancato deposito dell'ordinanza-ingiunzione dovesse conseguire la pronuncia di inammissibilità del ricorso, «potendo il provvedimento essere sempre chiesto all'autorità
che lo ha emesso (...), parte convenuta del giudizio di opposi zione».
4. - In conclusione, la legge limita la pronuncia di inammissi bilità con ordinanza al solo caso in cui si accerti positivamente in limine litis che il ricorso sia stato proposto oltre il termine
stabilito. E poiché il pretore nella specie non si è attenuto al principio
enunciato, ma ha dichiarato l'inammissibilità dell'opposizione in quanto dalla documentazione prodotta dal ricorrente non ri
sultava che l'ordinanza impugnata fosse stata notificata nel ter
mine dallo stesso indicato, il ricorso deve essere accolto. Per
conseguenza, va cassata l'ordinanza impugnata, e la causa rin
viata per l'esame del merito ad altro giudice. 5. - Il giudice del rinvio deve essere individuato nel Tribunale
di Pescara, quale giudice unico di primo grado, al quale sono
state trasferite le competenze del pretore. Irrilevante essendo il
d.leg. 30 dicembre 1999 n. 507, che ha attribuito (art. 98) al giudice di pace la competenza per il giudizio di opposizione per le violazioni previste dal codice stradale, in quanto questa di
sposizione non è applicabile ai giudizi instaurati prima della sua
entrata in vigore. Invero, come questa corte ha già rilevato in
altra fattispecie (Cass., sez. un., 10 agosto 2000, n. 562/SU, id.,
Rep. 2000, voce cit., n. 154), il d.leg. 507/99 non contiene di sposizioni transitorie (per le violazioni diverse da quelle depe nalizzate dalla stessa legge), ed occorre, quindi, applicare l'art.
5 c.p.c., derogato, invece, dalle disposizioni transitorie della
normativa sul giudice unico (art. 132-136 d.leg. n. 51 del 1998), coerenti con la soppressione dell'ufficio del pretore e con il tra
sferimento delle relative competenze al tribunale.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione II civile; sentenza 3 gen naio 2002, n. 29; Pres. Pontorieri, Est. Scherillo, P.M. Ma
rinelli (conci, diff.); Battista (Avv. Ricci) c. La Rocca (Avv.
Quadrini). Cassa App. Roma 23 febbraio 1999.
Contratto in genere, atto e negozio giuridico — Contratto
preliminare di vendita immobiliare — Rifiuto del promit tente di concludere il contratto definitivo senza la preven tiva eliminazione dei vizi — Ammissibilità (Cod. civ., art. 1460, 1490, 1492, 1494, 2932).
Il prominente acquirente che, dopo l'immissione nel possesso dell'immobile oggetto del contratto preliminare, abbia con
statato l'esistenza di vizi può subordinare la conclusione del
definitivo e il pagamento del residuo prezzo all'eliminazione
dei vizi da parte del promittente alienante, anche se quest'ul timo non sia il costruttore dell'immobile (nella specie, a
fronte della domanda del promittente alienante di risoluzione
del preliminare per il rifiuto del promissario di concludere il
definitivo e di pagare il saldo del prezzo, costui aveva chiesto, in via riconvenzionale, la condanna del primo all'esatto
Il Foro Italiano — 2002.
adempimento, previa eliminazione dei vizi di costruzione ri
scontrati nell 'immobile). ( 1 )
Svolgimento del processo. — Con citazione notificata il 26
settembre 1980 Vincenzo Mario La Rocca convenne in giudizio davanti al Tribunale di Frosinone Maria Battista, con la quale aveva concluso un contratto preliminare di compravendita avente per oggetto un appartamento e, deducendo che la conve
( 1 ) La sentenza in epigrafe, benché non identica per la fattispecie, è decisamente in linea con la ratio decidendi della recente Cass. 16 luglio 2001, n. 9636, Foro it., 2002, I, 1080, con nota di richiami e osserva zioni di Bitetto, Il contratto preliminare: tutela per l'acquirente della
«prima casa»? L'interesse alla sua pubblicazione, immediatamente a ridosso della precedente (peraltro caratterizzata da ampia e sapiente motivazione) può individuarsi — a parte la curiosità del deposito della decisione riportata di circa sei mesi successivo a quello della prece dente (benché le due cause siano state decise, dalla stessa seconda se zione civile della corte e con una parte del collegio comune, ad appena due settimane di distanza) — nel fatto che Cass. 9636/01 ha sì affer mato che il promittente acquirente il quale, dopo l'immissione nel pos sesso dell'immobile oggetto del contratto preliminare, abbia constatato l'esistenza di vizi può agire per l'esecuzione in forma specifica del
l'obbligo di contrarre e domandare, contestualmente, la condanna del
promittente venditore all'eliminazione dei vizi ovvero al rimborso delle
spese a tal fine necessarie, ma, nel caso di specie, il venditore era altre sì costruttore dell'immobile ed aveva assunto specificamente l'obbligo, poi disatteso, di procedere a determinati lavori che assicurassero la con formità del bene a certe caratteristiche. In questo senso, la sentenza ri
portata può segnalarsi come un passo in avanti sulla (non del tutto
scontata) via della tutela del promissario acquirente, sol che si consideri che la decisione di secondo grado è stata cassata per aver erroneamente ritenuto che quest'ultimo può esercitare l'azione per l'eliminazione dei vizi «soltanto cumulata con l'azione di esecuzione specifica prevista dall'art. 2932 c.c. oppure
— così testualmente dalla decisione in epi grafe
— nei casi (che nella specie non ricorrevano) di espressa previ sione di tale azione nel contratto o di costruzione diretta della cosa da
parte del promittente venditore». In estrema sintesi, il fulcro della sen
tenza, rilevante dal punto di vista sistematico, può cogliersi nell'affer mazione secondo la quale rientra fra gli obblighi nascenti dal prelimi nare di vendita di un immobile «quello del venditore di consegnare la cosa conforme alla previsione del preliminare»; ciò in quanto, secondo la corte, sulle parti del contratto preliminare «non grava soltanto l'ob
bligo di dare il consenso necessario alla conclusione del contratto defi
nitivo, ma grava un più generale obbligo di fare tutto quanto è necessa rio perché il contratto sia eseguito secondo l'originaria previsione, in conformità dei principi di correttezza e buona fede a cui deve ispirarsi l'esecuzione dei contratti sinallagmatici». Se si considera che altre
espressioni quali «il rispetto della corrispettività» o il mantenimento di un determinato «equilibrio contrattuale» completano (con l'evidente fi ne di rafforzare) la decisione di «apertura» verso il discusso rimedio e il concetto di «conformità» del bene venduto ha fatto il suo ingresso uf ficiale nell'ordinamento (non senza suscitare un raffinato ma non per questo meno acceso dibattito dottrinale; v. i riferimenti infra) con il re centissimo recepimento della direttiva 1999/44/Ce sulla garanzia per i vizi nelle vendite di beni di consumo, può ritenersi che ve ne sia quanto basta perché la quaestio iuris centrale possa offrire ancora materia di dibattito.
Dal punto di vista della giurisprudenza di legittimità, la sentenza ri
portata e il suo immediato precedente (in realtà, praticamente contem
poraneo) fanno venire allo scoperto un conflitto che la pur recente Cass. 5 febbraio 2000, n. 1296, id., Rep. 2000, voce Contratto in gene re, n. 509 (per esteso, Nuova giur. civ., 2001,1, 148, con nota critica di
Brandani, Vizi della cosa promessa in vendita: ancora incertezze nella
giurisprudenza in relazione ai rimedi di tutela accordabili al promissa rio acquirente) aveva incomprensibilmente tentato di minimizzare. Nella motivazione, la sentenza da ultimo ricordata aderiva infatti senza riserve — va da sé che veniva liquidato in maniera a dir poco sommaria il dibattito sulla quaestio iuris centrale, di cui dà invece conto, ampia mente e meritoriamente, Cass. 9636/01 — al precedente costituito da Cass. 24 novembre 1994, n. 9991, Foro it., 1995, I, 3263, con richiami di giurisprudenza e dottrina cui si rinvia, nonché nota (critica) di Ma
cario, Trasferimento del diritto e rimedi contrattuali nell'esecuzione coattiva del preliminare di vendita con consegna anticipata, e — quel che maggiormente colpisce chiunque abbia seguito la vicenda giuridica in esame — affermava che «qualche precedente contrario, peraltro me no significativo dal punto di vista motivazionale, non valga a determi nare un effettivo contrasto di giurisprudenza, per cui deve essere disat tesa la richiesta preliminare del p.m. di rimessione degli atti alle sezioni unite di questa corte» (così testualmente dalla motivazione di Cass.
1296/00).
Dopo Cass. 9636/01 e la presente 29/02, sembra difficile continuare a ritenere che l'intervento delle sezioni unite sia superfluo, a meno che si ritenga definitivamente affermatosi l'orientamento espresso, oltre
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