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sezioni unite civili; sentenza 28 luglio 1998, n. 7396; Pres. V. Sgroi, Est. Vella, P.M. Morozzo...

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sezioni unite civili; sentenza 28 luglio 1998, n. 7396; Pres. V. Sgroi, Est. Vella, P.M. Morozzo Della Rocca (concl. conf.); Dedato (Avv. Marasco) c. Pileggi (Avv. Ciriaco). Cassa Trib. Lamezia Terme 29 febbraio 1996, n. 106 Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 2 (FEBBRAIO 1999), pp. 615/616-619/620 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23192840 . Accessed: 28/06/2014 10:37 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 46.243.173.29 on Sat, 28 Jun 2014 10:37:51 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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sezioni unite civili; sentenza 28 luglio 1998, n. 7396; Pres. V. Sgroi, Est. Vella, P.M. MorozzoDella Rocca (concl. conf.); Dedato (Avv. Marasco) c. Pileggi (Avv. Ciriaco). Cassa Trib. LameziaTerme 29 febbraio 1996, n. 106Source: Il Foro Italiano, Vol. 122, No. 2 (FEBBRAIO 1999), pp. 615/616-619/620Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23192840 .

Accessed: 28/06/2014 10:37

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PARTE PRIMA

re una copertura assicurativa il più possibile aderente a tali esi

genze, aveva ravvisato nel brokeraggio un'attività composita in

cui si rintracciano elementi che, sul piano giuridico, possono dirsi propri di diverse figure contrattuali ma che si presta a ve

dere isolati due momenti caratteristici, vale a dire quello della

consulenza ed assistenza fornita all'assicurando e quello lato

sensu mediatizio, il primo dei quali, però, si colloca, nel com

plesso dell'attività predetta, come prius logico ed indefettibile

del secondo.

Non occorre altro per affermare che, almeno in linea di mas

sima, il broker, soggetto individuale o societario che sia, è in

nanzitutto (e lo era anche prima della legge del 1984) un fidu

ciario dell'assicurando, dal che l'arbitrarietà della sua sostan

ziale identificazione con l'agente di assicurazione o, anche, con

il semplice «produttore» per conto dell'assicuratore e, conse

guentemente, l'erroneità dell'assunto secondo cui i contratti della

Ras con il gruppo Zanussi «non vennero affatto stipulati diret

tamente con la parte». Ed invero, se la soc. Infinas era consu

lente e fiduciaria di quel gruppo industriale, il fatto che i con

tratti siano stati stipulati mercé la sua intermediazione non esclude

affatto il carattere diretto di tale stipulazione e, quindi, la ricor

renza dell'ipotesi prevista dall'art. 7 dell'accordo nazionale.

Alla stregua delle osservazioni che precedono, il motivo testé

esaminato va accolto per quanto di ragione. Il terzo motivo — con il quale si denunziano omesso esame

e carenza di motivazione su punti decisivi (art. 360, n. 5, c.p.c.), con violazione dell'art. 116, 2° comma, c.p.c. e dell'art. 2697, 1° comma, c.c. (art. 360, n. 3, c.p.c.) — prospetta questioni che presuppongono la soluzione di quelle prospettate con il mo

tivo precedente, per cui resta assorbito nell'accoglimento dello

stesso.

Si impone, dunque, la cassazione della sentenza impugnata in relazione alle censure accolte, con conseguente rinvio della

causa, anche in ordine alle spese del presente procedimento, ad altra sezione della Corte d'appello di Milano la quale proce derà a nuovo esame della vicenda, uniformandosi ai principi di diritto innanzi enunciati.

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 28 lu

glio 1998, n. 7396; Pres. V. Sgroi, Est. Vella, P.M. Moroz

zo Della Rocca (conci, conf.); Dedato (Avv. Marasco) c.

Pileggi (Avv. Ciriaco). Cassa Trib. Lamezia Terme 29 feb braio 1996, n. 106.

Edilizia e urbanistica — Costruzioni in zone sismiche — Pre scrizioni — Violazione — Controversie tra privati — Giuris dizione ordinaria (Cod. civ., art. 872, 873; 1. 20 marzo 1865 n. 2248, ali. E, sul contenzioso amministrativo, art. 2, 4, 5; 1. 25 novembre 1962 n. 1684, provvedimenti per l'edilizia con

particolari prescrizioni per le zone sismiche). Edilizia e urbanistica — Costruzioni in zone sismiche — Di

stanze legali — Costruzione in aderenza — Diritto del vicino alla riduzione in pristino — Condizioni (Cod. civ., art. 871, 872, 873; 1. 25 novembre 1962 n. 1684, art. 9).

Le controversie tra proprietari di immobili confinanti aventi ad

oggetto la violazione delle disposizioni stabilite dalla legisla zione speciale per le zone sismiche, siano o meno norme inte

grative del codice civile, appartengono alla giurisdizione del

giudice ordinario. (1)

(1) La giurisprudenza è costante nel ritenere che tutte le controversie privatistiche per il rispetto delle norme che regolano i rapporti tra pro prietari di fondi limitrofi, non coinvolgendo in alcun modo la pubblica amministrazione, investono posizioni di diritto soggettivo e spettano quin di alla giurisdizione del giudice ordinario: v., in materia di distanze legali, Cass., sez. un., 25 luglio 1994, n. 6940, Foro it., Rep. 1994,

Il Foro Italiano — 1999.

In materia di edilizia nelle zone sismiche, la realizzazione di

una costruzione in aderenza in violazione delle disposizioni di cui all'art. 9 l. 25 novembre 1962 n. 1684, comporta per il proprietario dell'edificio contiguo il diritto di ottenerne la

demolizione, ove non sia possibile l'eliminazione dello stato

di pericolo creatosi attraverso la predisposizione di idonei in

terventi tecnici, in quanto la norma in questione, pur non

avendo carattere integrativo delle disposizioni del codice civi

le sulle distanze tra le costruzioni, prevede particolari accor

gimenti per tutelare l'integrità materiale del bene altrui nell'e

ventualità di movimenti tellurici. (2)

Motivi della decisione. — (Omissis). Dei tre motivi del ricor

so principale l'esame del secondo deve precedere quello degli altri perché con esso si è eccepito il difetto di giurisdizione del

l'autorità giudiziaria ordinaria rilevandosi che la sua cognizione è limitata alle controversie in tema di risarcimento del danno

e non si estende, quindi, alle cause vertenti su pretese di ridu

zione in pristino tra le quali il tribunale ha ritenuto, sia pure

erroneamente, che rientri quella in esame.

Il motivo è infondato.

Secondo la giurisprudenza delle sezioni unite tutte le contro

versie tra proprietari di fabbricati vicini aventi ad oggetto que stioni relative all'osservanza delle norme integrative o non inte

grative del codice civile dettate dalla legislazione speciale per le zone sismiche, appartengono alla competenza del giudice or

dinario perché anche in questa materia si applica il principio

voce Edilizia e urbanistica, n. 290; 15 ottobre 1992, n. 11260, id., Rep. 1992, voce cit., n. 265; 7 febbraio 1991, n. 1276, id., Rep. 1991, voce Giurisdizione civile, n. 141; in tema di controversie possessorie: 19 apri le 1990, nn. 3269 e 3270, id., Rep. 1990, voce cit., nn. 215, 216.

In effetti, in materia di distanze legali, qualora il privato si ritenga danneggiato dall'attività edilizia del confinante che sia stata autorizzata con provvedimento amministrativo in violazione delle relative norme, può fruire di una doppia tutela, relativa a posizioni giuridiche di natura

diversa, potendo sia agire nei confronti del vicino, chiedendo la ridu zione in pristino ed il risarcimento dei danni davanti al giudice ordina

rio, sia adire il giudice amministrativo, per ottenere l'annullamento del l'atto nei confronti della pubblica amministrazione: v. Cons. Stato, sez. V, 24 ottobre 1996, n. 1273, id., 1997, III, 83, con nota di richiami.

Si specifica, inoltre, che, ove il privato agisca davanti all'autorità

giudiziaria ordinaria nei confronti del confinante, l'insorgenza, nell'ambito della controversia, della questione della legittimità della concessione edi lizia rilasciata per il manufatto in contestazione, implicando un sinda cato meramente incidentale sul provvedimento amministrativo, al fine della sua eventuale disapplicazione, non incide sulla giurisdizione del giudice ordinario: v. Cass. 15 luglio 1987, n. 6186, id., Rep. 1987, voce Edilizia e urbanistica, n. 336.

(2) La sentenza in epigrafe si uniforma al più recente orientamento della giurisprudenza, che riconosce al vicino il diritto alla riduzione in

pristino ogni qual volta venga violata una norma antisismica che, anche se non integrativa in senso stretto della disciplina codicistica in materia di distanze, prescriva, per la realizzazione di edifici contigui nelle zone a rischio di movimenti tellurici, l'adozione di accorgimenti tecnici ido nei a scongiurare il pericolo di crolli: v., con specifico riferimento al l'art. 9 1. 25 novembre 1962 n. 1684, Cass. 21 febbraio 1994, n. 1654, Foro it., 1995, I, 2235, con nota di richiami, cui adde Cass. 7 maggio 1991, n. 5024, id., Rep. 1991, voce Edilizia e urbanistica, n. 773; si specifica, tuttavia, in motivazione che, in questi casi, a differenza delle

ipotesi di violazione delle norme sulle distanze, la demolizione va dispo sta solo in via subordinata, quando non sia possibile ovviare allo stato di pericolo creato con l'adozione di successivi accorgimenti tecnici.

Contra, nel senso che il diritto alla demolizione sussiste solo ove vi sia violazione di norme antisismiche integrative della disciplina dettata dal codice civile negli art. 873 ss., v. Cass. 30 luglio 1990, n. 7642, ibid., n. 772, e 6 novembre 1987, n. 8227, id., Rep. 1987, voce cit., n. 712; App. Palermo 14 maggio 1990, id., Rep. 1990, voce cit., nn. 314, 315, e 23 febbraio 1989, id., Rep. 1989, voce cit., n. 322; Trib. Termini Imerese 23 gennaio 1990, id., Rep. 1990, voce cit., n. 316.

Più in generale, in caso di inosservanza delle norme sulle distanze, il carattere integrativo della disciplina codicistica è utilizzato dalla giuris prudenza come criterio al fine di riconoscere al proprietario confinante il diritto alla riduzione in pristino: v. Cass. 17 dicembre 1996, n. 11259, id., Rep. 1996, voce cit., n. 323; 12 giugno 1996, n. 5378, ibid., n. 324, e 18 aprile 1996, n. 3679, id., 1997, I, 1236, con nota di richiami.

L'inosservanza delle distanze legali dà in ogni caso diritto al vicino di chiedere il risarcimento del danno, rimesso, in difetto di precise indi cazioni, alla valutazione equitativa del giudice: v. Cass. 20 marzo 1998, n. 2975, id., 1998, I, 2469, con nota di richiami.

La sentenza in epigrafe, inoltre, ha cassato la decisione di secondo

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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

secondo cui nei rapporti privatistici non sorge mai una questio ne di giurisdizione, essendo la posizione di interesse legittimo

prospettabile solo nei confronti dell'esercizio del potere dell'am

ministrazione pubblica che in tali controversie invece non è par te in causa (sent. n. 1276 del 1991, Foro it., Rep. 1991, voce

Giurisdizione civile, n. 141; nn. 3269 e 3270 del 1990, id., Rep. 1990, voce cit., nn. 215, 216, e n. 362 del 1977, id., Rep. 1977, voce Edilizia e urbanistica, n. 892).

Con il primo motivo, denunziandosi la violazione degli art.

99 e 112 c.p.c., si censura la sentenza impugnata per avere il

tribunale condannato erroneamente il convenuto al risarcimen

to del danno, sebbene la controparte in primo grado e nella

fase di gravame abbia domandato una statuizione di condanna

al ripristino dello stato dei luoghi. Il motivo è fondato.

Come risulta dalle conclusioni riportate nella sentenza d'ap

pello, il Pileggi non aveva chiesto la condanna della contropar te al ristoro del pregiudizio economico sofferto, ma aveva do

mandato «il ripristino dello stato di fatto preesistente, nonché

la demolizione di quanto eseguito in violazione dei suoi diritti

e interessi con ogni statuizione conseguenziale». Il tribunale, avendo condannato l'appellato a pagare al Pileg

gi la somma di lire 2.500.000 come risarcimento del danno, è,

pertanto, incorso nel dedotto vizio di estrapetizione. Con il terzo e ultimo motivo si censura la sentenza impugna

ta per avere il giudice d'appello interpretato erroneamente la

scrittura privata del 13 febbraio 1960, nel senso che con essa

grado per vizio di ultrapetizione, in quanto il tribunale, a fronte di domanda di riduzione in pristino, ha condannato il convenuto al risar cimento del danno. Non incorre, invece, nel suddetto vizio, il giudice che, interpretando la domanda volta ad ottenere la demolizione di un'o

pera per violazione delle norme sulle distanze, ne dispone l'abbattimen to perché realizzata in zona sismica, in contrasto con la specifica nor mativa legislativa e regolamentare: v. Cass. 7 marzo 1997, n. 2031, id., Rep. 1997, voce cit., n. 381.

Per quanto riguarda i fabbricati realizzati in zone sismiche, il concet to di costruzione in aderenza va adeguato alla legislazione speciale che

prevede l'adozione negli edifici contigui di appositi giunti di oscillazio ne (art. 9 1. 1684/62), e va pertanto riferita a quello che, fra i due edifici contigui, preveda la sola distanza configurata dal giunto: v. Cass. 16 agosto 1993, n. 8744, id., Rep. 1993, voce cit., n. 842.

Le particolari previsioni della disciplina antisismica rendono, inoltre, inapplicabili le disposizioni codicistiche in materia di muro di appoggio e di confine: v. Cass. 25 luglio 1992, n. 8998, ibid., n. 838.

Sull'applicabilità del c.d. principio della prevenzione anche nella di

sciplina antisismica, v. Cass. 13 maggio 1995, n. 5278, id., Rep. 1996, voce cit., n. 354.

Ai fini della verifica di eventuali violazioni delle distanze stabilite dalla disciplina antisismica, il calcolo deve tener conto delle sporgenze e degli aggetti, secondo i criteri di cui all'art. 873 c.c., anche quando si tratti di strutture a sbalzo espressamente ammesse dalla normativa in parola: v. Cass. 15 ottobre 1992, n. 11281, id., Rep. 1992, voce

cit., n. 286. L'ordine di demolizione è anche previsto dalla normativa antisismica

come conseguenza a condanne penali per costruzioni irregolari in zone sismiche (art. 23 1. 64/74): nel senso che lo stesso consegue alle sole

ipotesi di condanna per violazioni sostanziali, consistenti cioè nell'inos servanza di norme tecniche stabilite per la realizzazione di costruzioni nelle zone predette, v. Cass. 17 novembre 1993, Campisi, id., Rep. 1994, voce cit., n. 675; sulla sua obbligatorietà, v. Cass. 23 febbraio 1993, Costanzo, ibid., n. 677; sulla competenza a disporlo del giudice penale e,' soltanto in via residuale e subordinata, del presidente della giunta regionale: Cons, giust. amm. sic. 19 ottobre 1993, n. 555/93, ibid., n. 678.

Quanto all'ambito di applicazione, la normativa antisismica regola soltanto la realizzazione di nuove costruzioni e le riparazioni o soprae levazioni di quelle già esistenti, non estendendosi, invece, alle ipotesi di demolizione integrale: Cass. 10 aprile 1987, Riga, id., Rep. 1988, voce cit., n. 749; né a quelle di demolizione parziale, quando non com

portino variazioni strutturali dell'edificio: Pret. Montefalco 27 febbraio

1988, ibid., n. 751. Sulla disciplina applicabile in materia di distanze tra costruzioni rea

lizzate in zone sismiche anteriormente all'entrata in vigore della 1. 1684/62, v. Cass. 1° marzo 1995, n. 2352, id., Rep. 1996, voce cit., n. 346.

Sui problemi di diritto intertemporale dovuti all'intervento della di

sciplina successiva (1. delega 64/74 e d.m. 19 giugno 1984 e 24 gennaio

1986) e sull'interpretazione della relativa norma transitoria, v. Cass.

1° luglio 1993, n. 7196, id., Rep. 1993, voce cit., n. 841.

In dottrina, v. E.M. Barbieri, Zone sismiche, voce dell' Enciclopedia

giuridica Treccani, Roma, 1994, XXXII; N. Centini, Costruire in zona

sismica, Roma, 1990.

Il Foro Italiano — 1999.

il Pileggi aveva rinunciato soltanto al diritto di servitù di vedu

ta, mentre avrebbe dovuto ritenere che la rinuncia era di più

ampio contenuto essendo relativa «ad ogni ipotesi di risarci

mento di danni che il Dedato avesse potuto provocare con i

lavori eseguiti nel suo fabbricato».

Il motivo è destituito di fondamento in quanto si risolve in

una critica generica dell'insindacabile motivata interpretazione data dal tribunale alla scrittura privata in questione.

Con l'unico motivo del ricorso incidentale il Pileggi, denun

ziando la violazione degli art. 871 e 873 c.c., delle 1. 25 novem

bre 1962 n. 1684, 2 febbraio 1974 n. 64, 5 novembre 1971 n.

1086 e dei d.m. 3 marzo 1975 n. 208 e 3 febbraio 1975 n. 79, in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., censura la sentenza

impugnata per avere il tribunale respinto la pretesa di condanna

del Dedato alla demolizione della nuova opera in base all'argo mento che la norma dell'art. 9, 3° comma, 1. n. 1684 in viola

zione della quale essa era stata eseguita, non è integrativa del

l'art. 873 c.c. sulla distanza tra costruzioni. Così decidendo il

tribunale si è, però, discostato dalla giurisprudenza della Corte

di cassazione secondo cui l'inosservanza di tale disposizione, ancorché non integrativa dei menzionati articoli del codice civi

le, autorizza il proprietario dell'edificio contiguo a chiedere la

demolizione dei nuovi manufatti avendo una funzione simile

a quella dell'art. 6 della stessa legge in tema di distanze.

Questo motivo è fondato.

Ai sensi dell'art. 9, 3° comma, della legge sulle zone sismiche

25 novembre 1962 n. 1684, «in caso di costruzioni contigue, ciascun edificio deve costituire un organismo a sé stante me

diante l'adozione di giunti od altri opportuni accorgimenti ido

nei a consentire la libera e indipendente oscillazione di ciascuno

di essi». Secondo un primo più remoto orientamento della Corte di

cassazione (sent. n. 2643 del 1980, id., Rep. 1980, voce cit., n. 931; n. 252 del 1983, id., Rep. 1983, voce cit., n. 900), la

violazione della norma dell'art. 9 cit. consente l'esperimento del

l'azione risarcitoria, ma non di quella per la riduzione in pristi

no, giacché non integra gli articoli del codice civile sulle distan

ze tra le costruzioni, ma si limita a vietare la c.d. aderenza

rigida e a fissare le modalità tecniche per i casi in cui sia am

messa l'edificazione in contiguità. La sua inosservanza e la con

seguente esposizione dell'immobile al pericolo di crolli per l'e

venienza di terremoti autorizza, perciò, il proprietario, che non

si accontenti del ristoro del pregiudizio economico sofferto, a

rivolgersi soltanto all'autorità amministrativa per la tutela di

retta dell'interesse pubblico all'incolumità delle persone e delle

cose e indiretta del proprio interesse legittimo all'osservanza della

legislazione antisismica.

Invece per un altro orientamento la riduzione in pristino può essere pretesa anche quando la norma violata della legislazione antisismica non integri quelle del codice civile sulle distanze tra

costruzioni, ma tuteli comunque l'integrità materiale del bene

oggetto della proprietà (sent. n. 1654 del 1994, id., 1995, I,

2235; n. 5024 del 1991, id., Rep. 1991, voce cit., n. 773; n.

2335 del 1981, id., Rep. 1981, voce cit., n. 859; n. 419 del 1977,

id., Rep. 1977, voce cit., n. 893). Questo secondo indirizzo va condiviso in quanto le sezioni

unite ritengono che colui il quale abbia costruito senza rispetta re disposizioni che — come quella dell'art. 9 1. n. 1684 del 1962 — pur non essendo integrative delle norme del codice civile sul

le distanze, prevedano specifici accorgimenti per prevenire dan

ni (crolli, lesioni) alla proprietà altrui da movimenti tellurici, sia obbligato ad eliminare lo stato di pericolo per averlo egli stesso cagionato ponendo in essere l'opera presumibilmente in

stabile a causa della sua irregolare esecuzione. Tuttavia, mentre

la violazione delle norme sulle distanze tra costruzioni compor ta sempre la riduzione in pristino non potendo la situazione

antigiuridica essere altrimenti rimossa, l'inosservanza di dispo sizioni prescriventi determinati accorgimenti tecnici a tutela del

la statica dei fabbricati impone la demolizione delle opere irre

golari solo nel caso in cui sia impossibile eliminare la situazione

di pericolo mediante l'impiego di postumi idonei rimedi. Ogni qual volta i mezzi apprestati dalla tecnica consentano di rimuo

vere la situazione d'instabilità della nuova opera, non vi è alcu

na ragione per disporre la sua demolizione perché questa si ri

solverebbe per il costruttore in un notevole sacrificio non neces

sario per la salvaguardia dell'integrità dell'immobile del

proprietario vicino.

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PARTE PRIMA

Nella specie, il tribunale non si è uniformato a questi criteri

perché, pur avendo accertato che il nuovo fabbricato era stato

costruito in contrasto con la norma dell'art. 9 della legge antisi

smica (la muratura non era omogenea nella struttura in quanto alcuni muri perimetrali erano costituiti da strutture portanti in

cemento armato) e che incombeva, perciò, sull'immobile conti

guo il pericolo di crolli da terremoto, ha riconosciuto al suo

proprietario il risarcimento del danno (peraltro neanche prete

so), mentre avrebbe dovuto accertare se tale pericolo potesse essere eliminato con l'uso di particolari accorgimenti tecnici e, in caso negativo, avrebbe dovuto ordinare la riduzione in pristino.

Pertanto si devono accogliere il ricorso incidentale e il primo motivo del ricorso principale e rigettare gli altri motivi di que st'ultimo. Inoltre si deve dichiarare la giurisdizione dell'autorità

giudiziaria ordinaria, cassare la sentenza impugnata e rinviare

la causa per un nuovo esame ad altro giudice (Tribunale di Ca

tanzaro in grado d'appello) il quale provvederà sulle spese di

questo procedimento e si adeguerà, nel decidere, al seguente

principio di diritto: qualora sia eseguita una costruzione senza

rispettare le prescrizioni dell'art. 9 1. 25 novembre 1962 n. 1684, il proprietario dell'edificio contiguo ha il diritto di chiedere l'e

liminazione dello stato di pericolo derivante dalla presumibile instabilità del suo immobile mediante l'adozione di idonei ac

corgimenti o, se ciò non sia tecnicamente possibile, mediante

la riduzione in pristino.

I

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 22 lu

glio 1998, n. 7179; Pres. La Torre, Est. Ianniruberto, P.M.

Morozzo Delia Rocca (conci, conf.); Pres. cons, ministri

e altri (Avv. dello Stato Polizzi) c. Confedir (Avv. Di Gioia).

Regolamento di giurisdizione.

Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Contratti colletti

vi — Richiesta del sindacato di partecipare alla trattativa con

l'Aran — Giurisdizione del giudice ordinario (Cod. proc. civ., art. 386; d.leg. 3 febbraio 1993 n. 29, razionalizzazione del

l'organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione

della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma del l'art. 2 1. 23 ottobre 1992 n. 421, art. 45, 47 bis, 50, 51, 68).

Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la tutela della

pretesa del sindacato di pubblici dipendenti di essere ammes

so a partecipare alle trattative con l'Aran per la stipula dei

contratti collettivi nazionali, a nulla rilevando la richiesta for male di annullamento di alcune delibere del comitato diretti

vo dell'Aron (nella parte in cui avevano sancito l'esclusione del medesimo sindacato dalle trattative) nonché degli atti pre

supposti, connessi e conseguenziali. (1)

(1-2) I. - Entrambe le sentenze in epigrafe riguardano il periodo an tecedente il passaggio al giudice ordinario delle controversie di lavoro con le pubbliche amministrazioni: 1° luglio 1998 (sul trasferimento del la giurisdizione: art. 68 d.leg. 29/93, come modificato dal d.leg. 80/98, e art. 45, 17° comma, del medesimo d.leg. 80/98).

La prima delle sentenze risolve, in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, la questione della competenza del giudice amministrati vo sulle controversie relative all'accertamento della rappresentatività sin dacale ai fini della contrattazione collettiva, sollevata da ricorsi di orga nizzazioni sindacali per l'annullamento delle delibere dell'Aran del 9 e 13 febbraio 1996, con le quali, prendendo atto dell'abrogazione refe rendaria dei criteri sulla rappresentatività sindacale di cui all'art. 47

d.leg. 29/93, erano stati dettati nuovi criteri per la partecipazione dei sindacati alle trattative di contrattazione collettiva (la giurisdizione del

giudice amministrativo era stata affermata da numerose decisioni: Tar Lazio, sez. I, 4 ottobre 1996, n. 1748, Foro it., Rep. 1997, voce Impie

II Foro Italiano — 1999.

II

CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 14 feb

braio 1997, n. 1398; Pres. La Torre, Est. Amirante, P.M.

Morozzo Della Rocca (conci, conf.); Cgil e altri (Avv. Fio

rillo, Aguglia, Carucci, Di Filippo, Maugeri) c. Snals (Aw.

Rienzi, Viti, Lioi). Regolamento di giurisdizione.

Impiegato dello Stato e pubblico in genere — Accordi collettivi — Richiesta del sindacato di partecipare alla trattativa con

l'Aran — Giurisdizione del giudice ordinario (Cod. proc. civ., art. 386; d.leg. 3 febbraio 1993 n. 29, art. 45, 47 bis, 50,

51, 68).

Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia

in cui un sindacato, pur chiedendo formalmente l'annulla

mento di una circolare (e di ogni altro atto presupposto, an

tecedente, connesso o conseguente ad essa) del dipartimento della funzione pubblica della presidenza del consiglio dei mi

nistri (avente ad oggetto i protocolli di intesa tra l'Aran e

le confederazioni sindacali per la costituzione delle rappresen tanze sindacali unitarie), prospetti, in realtà, un comporta mento discriminatorio dell'Aron per essere stato di fatto escluso

dalle trattative per la stipula dei protocolli medesimi. (2)

gato dello Stato, n. 931, e Trib. amm. reg., 1996, I, 4006; ord. 16

maggio 1996, n. 1163, 17 aprile 1996, n. 899, 3 aprile 1996, n. 778, tutte inedite).

Con la sentenza n. 1398 del 1997, in epigrafe, le sezioni unite aveva no già affermato la giurisdizione del giudice ordinario sulle controver sie tra organizzazioni sindacali e Aran concernenti lo svolgimento delle trattative e la conclusione di accordi, ma con riferimento ad una con troversia in cui la rappresentatività del sindacato ricorrente non era in discussione. Sulla base di questa limitazione della portata del principio affermato dalla Corte di cassazione, la giurisprudenza amministrativa aveva ritenuto di poter distinguere ulteriormente tra l'ipotesi di esclu sione dalle trattative, rimesse alla giurisdizione del giudice ordinario, e quella del mancato riconoscimento della qualità di sindacato maggior mente rappresentativo, considerate, invece, comprese nella giurisdizione del giudice amministrativo (Tar Lazio, sez. I, 22 ottobre 1997, n. 2007, Lavoro nelle p.a., 1998, 638, solo massima).

Da ultimo, tuttavia, prende piede, anche presso i giudici amministra tivi l'orientamento unitario univocamente assunto dalla Corte di cassa zione: v., infatti, Tar Lazio, sez. Ili, 17 giugno 1998, n. 1413, inedita, ove si afferma che competono al giudice ordinario tutte le controversie, anche connesse al riconoscimento della rappresentatività, promosse da

organizzazioni sindacali a tutela di interessi propri. II. - Del pari, le due sentenze in epigrafe ribadiscono l'estraneità del

giudice amministrativo alla cognizione delle controversie ex art. 28 1. 300/70 concernenti comportamenti che non pregiudicano neppure indi rettamente situazioni giuridiche soggettive dei singoli dipendenti (Cass., sez. un., 18 dicembre 1997, n. 12830, Foro it., Rep. 1997, voce Sinda

cati, n. 72; 6 febbraio 1997, n. 1136, ibid., n. 75; 20 gennaio 1996, n. 445, id., Rep. 1996, voce cit., n. 133; 10 maggio 1995, n. 5117, id., 1996, I, 186, con nota di richiami). Sulla giurisdizione del giudice ordinario (ma non in funzione di giudice del lavoro) in ordine alle con troversie promosse da organizzazioni sindacali a tutela dei propri inte

ressi, al di fuori della speciale procedura di cui all'art. 28 1. 300/70, v. Trib. Milano 29 giugno 1993, id., Rep. 1993, voce cit., n. 68; Pret. Milano 19 gennaio 1992, id., Rep. 1992, voce cit., n. 74; 27 dicembre 1991, ibid., n. 75; Trib. Ferrara 6 giugno 1984, Pret. Sondrio 22 no vembre 1983, e Pret. Ferrara 17 luglio 1982, id., 1985, I, 1184.

III. - Viene poi confermato l'orientamento giurisprudenziale ormai consolidato che ritiene che per la determinazione della giurisdizione si debba aver riguardo alla situazione soggettiva dedotta in giudizio (peti tum sostanziale) e non al provvedimento richiesto (petitum formale) (da ultimo, Cass., sez. un., 27 gennaio 1999, n. 4/SU, in questo fasci

colo, I, 458; 5 dicembre 1995, n. 12523, id., 1996, I, 378; 18 novembre

1994, n. 9754, id., Rep. 1995, voce Previdenza sociale, n. 922; 7 giugno 1994, n. 5518, id., Rep. 1994, voce Sanitario, n. 65; 27 luglio 1993, n. 8385, ibid., voce Giurisdizione civile, n. 112; 15 luglio 1993, n. 7832, ibid., voce Impiegato dello Stato, n. 174).

IV. - Le problematiche esaminate nelle sentenze in epigrafe hanno rilevanza anche ai fini di un'altra questione estremamente dibattuta pri ma della recente riforma, che riguarda la natura giuridica del procedi mento di contrattazione collettiva delle pubbliche amministrazioni. I tribunali amministrativi hanno accolto, infatti, in molti casi, ricorsi pro posti da singoli lavoratori e/o organizzazioni sindacali che, impugnan do il provvedimento del presidente del consiglio dei ministri di autoriz zazione alla sottoscrizione del contratto collettivo per violazione di nor me imperative di legge, chiedevano, in realtà, l'annullamento di clausole del contratto collettivo per contrasto con norme di legge a tutela dei lavoratori (Tar Lazio, sez. III, 5 giugno 1996, n. 1172, Foro it., 1997,

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