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Sezioni unite civili; sentenza 29 febbraio 1960, n. 396; Pres. Cataldi P., Est. Di Majo, P. M....

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Sezioni unite civili; sentenza 29 febbraio 1960, n. 396; Pres. Cataldi P., Est. Di Majo, P. M. Pomodoro (concl. conf.); Soc. coop. imprese elettriche liguri (Avv. Biamonti) c. Melchio (Avv. Caruba), Ministero lavori pubblici (Avv. dello Stato Malinconico) Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 4 (1960), pp. 579/580-585/586 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23151307 . Accessed: 28/06/2014 11:56 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 141.101.201.167 on Sat, 28 Jun 2014 11:56:01 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
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Sezioni unite civili; sentenza 29 febbraio 1960, n. 396; Pres. Cataldi P., Est. Di Majo, P. M.Pomodoro (concl. conf.); Soc. coop. imprese elettriche liguri (Avv. Biamonti) c. Melchio (Avv.Caruba), Ministero lavori pubblici (Avv. dello Stato Malinconico)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 4 (1960), pp. 579/580-585/586Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151307 .

Accessed: 28/06/2014 11:56

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579 PARTE PRIMA 580

esercente ; e l'art. 5 della legge professionale stabilisce una

{imitazione territoriale alla capacità dell'esercizio professio nale dei procuratori nell'ambito della corte d'appello, sezioni distaccate, tribunali e preture, in cui è compreso il tribunale al quale sono assegnati.

Contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, il precetto non si sottrae all'applicazione del suddetto principio.

Non v'ha dubbio che il precetto, che non è atto intro

duttivo del processo esecutivo ma è un presupposto estrinseco

dell'esecuzione, può fornire soltanto l'occasione di un giudizio, in quanto la sua notificazione non provoca alcuna attività

giurisdizionale ; ma, come da autorevole dottrina, benché

atto preliminare stragiudiziale, proiettando i suoi effetti

sul procedimento esecutivo, è considerato, relativamente

alla capacità ed alla legitimatio ad processum,, come atto

processuale : a norma dell'art. 480 cod. proc. civ., che ne

disciplina la forma, si radica (3° comma), in base al

precetto, la competenza territoriale del giudice chiamato

a pronunciarsi sulle opposizioni (art. 27, 615, 1° comma, e 617 cod. proc. civ.) ; mediante lo stesso, in una col titolo

esecutivo, l'intimato viene a conoscere il soggetto che, in caso d'inadempimento, procederà ad esecuzione forzata, e quale sia l'effettiva pretesa.

E l'art. 125 cod. proc. civ., al quale rinvia l'ultimo

comma del menzionato art. 480, nel prescrivere particolari

regole circa il contenuto e la sottoscrizione degli atti di

parte, menziona il precetto sullo stesso piano della citazione, del ricorso, della comparsa e del controricorso.

È ben vero che il precetto può essere sottoscritto dalla

parte. Ma se questa rilascia procura ad un difensore non

può prescindersi dai principi sulla rappresentanza proces suale e, conseguentemente, il precetto intimato col ministero

di un procuratore, non abilitato all'esercizio professionale nel luogo dove ha sede il giudice competente per l'esecuzione,

perchè iscritto in albo di altro distretto giudiziario, è giuridicamente inesistente.

Non è pertinente il richiamò alla sentenza 14 novembre

1957, n. 4395 di questa Corte suprema (Foro it., Rep. 1957, voce Esecuzione in genere, nn. 86, 88) ; era stata dedotta la nullità del precetto per difetto dello ius postulandì quando già era decorso il termine di cui all'art. 617 cod. proc. civ. dal giorno del pignoramento ; e fu rilevato che la nullità

tardivamente eccepita si risolveva in una semplice questione preliminare di decadenza.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

I

Sezioni unite civili ; sentenza 29 febbraio 1960, n. 396 ; Pres. Cataldi P., Est. Di Majo, P. M. Pomodoro

(conci, conf.) ; Soc. coop, imprese elettriche liguri (Avv. Biamonti) c. Melehio (Avv. Caruba), Ministero lavori

pubblici (Avv. dello Stato Malinconico).

(Conferma Cons. Stato 18 giugno 1958)

Giustizia amministrativa — Potere discrezionale della pubblica Amministrazione — Esercizio —

Giurisdizione del Consiglio di Stato — Presup posti — Fattispecie (E. d. 11 dicembre 1933 n. 1775, t. u. sulle acque pubbliche e gli impianti idroelettrici, art. 107 ; r. d. 25 novembre 1940 n. 1969, norme per la esecuzione delle linee elettriche aeree esterne, art. 1).

Cassazione in materia civile —- Decisioni del Con

siglio di Stato — Vizio « in iudicando » — Ricorso alla Cassazione -—• Inammissibilità (Costituzione della Repubblica, art. Ili ; r. d. 26 giugno 1924 n. 1054, t. u. delle leggi sul Consiglio di Stato, art. 48).

Rientra nella giurisdizione del Consiglio di Stato la contro versia che abbia per oggetto l'esercizio che si assume

scorretto del 'potere discrezionale conferito alla pubblica Amministrazione (nella specie : sotto l'aspetto della falsa

interpretazione delle norme di legge concernenti l'autoris

zazione all'impianto e all'esercizio di linee elettriche, e del

travisamento dei fatti posti a base del provvedimento autorizzativo). (1)

La Corte di cassazione difetta di giurisdizione a conoscere

della impugnativa avverso una decisione del Consiglio di Stato, ove si prospetti una questione di interpretazione dei fatti o delle norme giuridiche applicabili al caso. (2)

II

Sezioni unite civili; sentenza 24 settembre 1959, n. 2608 ; Pres. Oggioni P., Est. Rossi, P. M. Pomodoro

(conci, conf.) ; Buschini (Avv. Boschi) c. Carnlli (Avv. Geoppat.i, Gasparri), Piazza ed altri.

(Dichiara inammissibile ricorso avverso Cons. Stato 28 set

tembre 1957)

Cassazione in materia civile — Motivi attinenti alla

giurisdizione — Nozione — Erronea interpreta zione di legge —- Esclusione — fattispecie in tema di licenza edilizia (Cod. proc. civ., art. 362).

I motivi attinenti alla giurisdizione, per i quali possono essere impugnate per cassazione le decisioni in grado di

appello o in unico grado di un giudice speciale, com

prendono qualsiasi errore connesso al suo potere di giu dicare, tanto se abbia pronunciato senza averne la potestà, quanto se abbia omesso di pronunciare pur avendone la

facoltà ; pertanto non rientra fra tali motivi l'errore nella

interpretazione di una legge, sia formale sia sostanziale, da parte del giudice amministrativo (nella specie, si im

pugnava per difetto dì giurisdizione una decisione del

Consiglio di Stato che aveva ritenuto che l'autorità comu

nale, nel provvedere nuovamente ' su una domanda di li cenza edilizia dopo l'annullamento di questa da parte di esso Consiglio, legittimamente avesse applicato una dis

posizione di legge sopravvenuta). (3)

III

* Sezioni unite civili ; sentenza 18 settembre 1959, n. 2592 ;

Pres. Oggioni P., Est. La Via, P. M. Tavolaro (conci, conf.) ; Genesi (Avv. Castaldo) c. Commissione di vigi lanza per l'edilizia popolare ed economica, Cooperativa edilizia « Casa propria ».

(Conferma Cons. Stato 3 luglio 1957)

Cassazione in materia civile — Uccisioni del Con

siglio di Stato — Difetto assoluto di giurisdizione — Estremi — Fattispecie (E. d. 26 giugno 1924 n. 1054, art. 48 ; r. d. 28 aprile 1938 n. 1165, t. u. sull'edilizia popolare ed economica, art. 111).

II difetto assoluto di giurisdizione, previsto quale unico mo tivo di impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato,

compendia ed unifica in se i vizi di incompetenza e di eccesso di potere, consistenti nello sconfinamento dell'at tività giurisdizionale speciale o nel campo del potere, spet tante ad altri organi giurisdizionali (incompetenza) o in

quello di poteri attribuiti ad organi di diversa natura, amministrativi o legislativi (eccesso di potere) ; non è

affetta, pertanto, da eccesso di potere giurisdizionale la decisione con la quale il Consiglio di Stato, giudicando su materia demandata dalla legge alla sua cognizione,

(1) Vedi, da ultimo, Cass. 4 luglio 1958, n. 2405, Foro it., Rep. 1958, voce Competenza civ., mi. 60, 61 ; 24 luglio 1958, n. 2687 ; 24 giugno 1957, n. 2409, ibid., nn. 62, 63 ; Cons. Stato, Sez. V, 25 ottobre 1957, n. 879, id., 1958, III, 3, con nota di richiami.

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581 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 582

abbia, sia pure erroneamente, ritenuto, disattendendo

quanto sostenuto dal ricorrente, che la norma da appli care al caso concreto (nella specie, Vart. Ill, penult, comma, sull'edilizia popolare ed economica) non abbia

ejfetto retroattivo. (4)

I

La Corte, ecc. —■ Nei suoi due motivi di ricorso, che sono intimamente connessi, la ricorrente, nel denunciare il difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, assume che

questo avrebbe esorbitato dai suoi poteri per avere ristretto,

nell'impugnata decisione, il normale campo di azione del l'attività discrezionale dell'Amministrazione, col vietare in concreto una autorizzazione (all'impianto di linee e lettriche ad alta tensione) che, in base alle vigenti dispo ^zioni legislative in materia, l'Amministrazione medesima

avrebbe potuto sicuramente concedere. Le .doglianze sono infondate. Non è certo discutibile la sussistenza di un potere

discrezionale della pubblica Amministrazione per quanto

riguarda le autorizzazioni all'impianto e all'esercizio di

linee elettriche (art. 107 e segg. t. u. 11 dicembre 1933

n. 1775 ; r. decreto 25 novembre 1940 n. 1969). In relazione a tale potere l'attuale resistente aveva

appunto impugnato, innanzi al Consiglio di Stato, il prov vedimento ministeriale autorizzativo, di cui si denunciava) l'esercizio scorretto del potere medesimo da parte della

pubblica Amministrazione, sotto l'aspetto, dall'un canto, di falsa interpretazione delle norme di legge in materia e,

dall'altro, di travisamento dei fatti posti a ba&e di detto

provvedimento. Orbene, così delineato l'ambito del giudizio che si

sottoponeva all'esame del Consiglio di Stato, scaturisce

ovvio il rilievo che l'organo giurisdizionale adito era

l'unico competente a valutare se in concreto l'esercizio del

potere discrezionale dell'Amministrazione si fosse mante

nuto, con l'atto di autorizzazione, entro i limiti fissati dal

diritto obiettivo.

Perchè è ben noto che, rispetto agli atti discrezionali

dell'autorità amministrativa, l'accertare se essi siano con

tenuti nei limiti dei poteri accordati dalla legge all'autorità

medesima spetta proprio alla giurisdizione del Consiglio di Stato, il cui sindacato, anche quando l'atto sia fondato

su una valutazione di mera convenienza d'opportunità o su

un giudizio tecnico, non esclude la possibilità di una inda

gine diretta a valutare se esista il potere, in base al quale il provvedimento è stato adottato, e se tale potere sia

stato legittimamente esercitato, arrestandosi tale controllo

di legittimità solo di fronte ai confini inviolabili del merito

amministrativo.

Sicché, ritenuto dal Consiglio di Stato, nel caso concreto, che l'atto impugnato risultava invalido per vizio di legit timità (violazione di legge ed eccesso di potere ammini

strativo), non poteva profilarsi il denunciato straripamento, essendo incontestabile, come già detto, la potestà giurisdi zionale del Consiglio di Stato di esaminare e giudicare l'uso

(2-4) Conformi : Cass. 2 marzo 1957, n. 741, Foro it., Rep. 1957, voce Cassazione civ., n. 13 ; 16 luglio 1955, n. 2287, id., Rep. 1955, voce cit., n. 30 ; 6 giugno 1955, ibid., voce Giustizia amm., n. 484; 2 agosto 1954, n. 3201, id., Rep. 1954. voce cit., ii. 29 ; 13 giugno 1947, n. 933, id., Rep. 1947, voce Com

petenza civ., nn. 97, 98 ; 7 giugno 1943, n. 1383, id., Rep. 1943

45, voce Cassazione civ., mi. 101, 102 (sentenza annotata da P.

Invbea, Il ricorso per cassazione avverso le decisioni giurisdi zionali del Consiglio di Stato, in Giur. it., 1948, I, 1, 165) ; 28 giu gno 1950, n. 1655, Foro it., Rep. 1950, voce Competenza civ., nn. 393-395 ; 20 marzo 1950, n. 769, ibid., voce Impiegato gov. e

pubbl., nn. 801, 802. V. pure Andrioli, Commento al cod. proc. civ., vol. II, Napoli,

1956, sub art. 362, pag. 523. La decisione, confermata- dalla sent. n. 2608 del 1959, si

legge in Foro it., 1958, III a col. 36, con nota di Nigro, Sulla

riproduzione dell'atto amministrativo annullato in sede giurisdi zionale per •difetto di motivazione, e a col. 82, con nota di Guar

neri, Riproduzione dell'atto amministrativo e principio « tempus

regit actum ».

del potere discrezionale esercitato dall'Amministrazione in

ordine all'autorizzazione della quale si discute. È sufficiente qui ricordare il consolidato indirizzo di

questo Supremo collegio, e che qui si conferma, secondo cui le decisioni del Consiglio di Stato possono essere impu gnate solo per motivi attinenti alla giurisdizione, concre

tandosi il difetto assoluto di giurisdizione (art. 48 t. u.

Cons, di Stato ; art. Ill Cost.) nell'esorbitanza dai confini

che la legge traccia all'autorità giurisdizionale del predetto

organo, rispetto alla materia assegnata alla cognizione di

esso, alla determinazione delle controversie di cui può conoscere, al contenuto della pronuncia secondo che, in

relazione alla natura della controversia, al Consiglio di

Stato sia attribuito sindacato di semplice legittimità o

anche di merito (cfr. sent. n. 3201 del 1954, Foro it., Rep. 1954, voce Giustizia amministrativa, n. 29 ; n. 1514 del

1955, id., Rep. 1955, voce cit., n. 43 ; n. 1742 del 1955, ibid., n. 484 ; e n. 2287 del 1955, ibid., voce Cassazione

civ., n. 30 ; n. 741 del 1957, id., Rep. 1957, voce cit., n. 13 ; n. 1685 del 1958, id., Rep. 1958, voce Giustizia

amministrativa, n. 434 ; n. 2608 del 1959, id., Mass., 493). Nella fattispecie concreta, la ricorrente non denuncia

quindi un vizio di eccesso di potere giurisdizionale nei sensi ora indicati, sibbene prospetta solo e sostanzialmente

una questione di interpretazione dei fatti e delle norme

giuridiche applicabili al caso, ossia un vizio in indicando che come tale non può essere giudicato da questo Supremo

collegio. Per questi motivi, rigetta, ecc.

II

La Corte, ecc. — Fatto. — In data 16 dicembre 1935, il Comune di Cremona rilasciò all'ing. Piazza Cesare, per l'omonimo condominio, una licenza edilizia per la costru

zione di un edifico ad uso abitazione in deroga alle dispo sizioni contenute nei regolamenti comunali in ordine ai

limiti di altezza. Il provvedimento venne impugnato in

sede giurisdizionale da Carulli Luigi per due motivi : nul

lità della licenza, in quanto rilasciata ad un condominio

non costituito nelle forme previste dal codice civile ; ec

cesso di potere, per avere il Sindaco derogato al limite di

altezza, senza un'adeguata giustificazione. Il Consiglio di Stato accolse il ricorso per il secondo

motivo, annullando l'atto impugnato. Successivamente, in pendenza di un giudizio per danni,

instaurato dal Carulli contro i condomini Piazza, il Sindaco, con provvedimento del 5 maggio 1956, concesse agli stessi

condomini una nuova licenza per la suaccennata costru

zione. Avverso la nuova licenza il Carulli propose altro

ricorso che venne accolto, con decisione 28 settembre 1957, dal Consiglio di Stato, perchè la deroga ai limiti di altezza

era illegittima per violazione della legge n. 13"7 del 1955, non essendo stato richiesto il nulla osta del Ministero dei lavori pubblici.

Contro tale decisione, in base ad unico motrvo di an

nullamento, ha proposto ricorso per cassazione il Buscliini nei confronti del Carulli che ha resistito con controricorso, e contro il Comune di Cremona che non si è costituito in

questa sede.

In seguito all'ordinanza 13 dicembre 1958 di questo Supremo collegio, il ricorso è stato notificato anche agli altri

condomini.

Diritto. — Il Consiglio di Stato, con la sentenza impu

gnata, ha rigettato tutti i motivi del ricorso per l'annulla

mento della nuova licenza edilizia concessa in date 5 mag

gio dal Sindaco di Cremona, tranne uno : e precisamente

quello relativo alla violazione della legge n. 1357 del 1955, avendo ritenuto che, in base al disposto dell'art. 3 della

legge stessa, la nuova licenza avrebbe dovuto ottenere il

preventivo nulla osta del Ministero dei lavori pubblici. Non si contesta dal ricorrente che il Consiglio di Stato

abbia legittimamente deciso in ordine ai motivi, si deduce

invece il difetto di giurisdizione solo in ordine al motivo

accolto. Si assume dal ricorrente che il nuovo giudizio tro

vava il suo logico antecedente nella decisione 28 gennaio

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583 PARTE PRIMA 584

1956, con la quale venne annullata la prima licenza rila sciata il 16 dicembre 1953, e che pertanto la questione preliminare da decidere nel nuovo giudizio si risolveva nel

giudicare gli effetti di quel giudicato, e quindi il Comune, nell'emettere la nuova deliberazione, non poteva, come del resto ha riconosciuto la stessa decisione impugnata, rie saminare la nuova domanda che soltanto in base alla situa zione di fatto e di diritto preesistente alla emanazione della licenza del 1953.

La sentenza in parola è incorsa in palese contraddizione

quando ha subordinato la nuova licenza al preventivo nulla osta del Ministero dei lavori pubblici, secondo una legge sopravvenuta. Tale contraddizione si è risolta in un difetto di giurisdizione, in quanto, per effetto di essa, si è privato il Sindaco del potere discrezionale, che gli spetta in forza del regolamento edilizio in tema di deroghe di altezze.

La censura proposta dal ricorrente è destituita di giu ridico fondamento. In sostanza si denuncia una contrad dittorietà di motivazione e la erronea applicazione di una

disposizione di legge (art. 3 legge 21 dicembre 1957) che, essendo intervenuta successivamente alla prima licenza edi

lizia, non poteva trovare applicazione nella specie, doven dosi tener conto della situazione di fatto e di diritto pree sistente alla legge stessa.

Ma tali pretesi errori concreterebbero, se sussistenti, violazioni di legge che non potrebbero mai ricondursi sotto il profilo del denunciato difetto assoluto di giurisdizione. I motivi attinenti alla giurisdizione, per i quali possono essere impugnate, con ricorso per cassazione, le decisioni in grado di appello o in unico grado di un giudice speciale, comprendono qualsiasi errore connesso al suo potere di

giudicare, tanto se abbia pronunziato senza averne la po testà, quanto se abbia omesso di pronunciare pure avendone la facoltà.

Pertanto l'errore nella interpretazione di una legge, sia formale sia sostanziale, da parte del giudice amministra tivo non raffigura quello sconfinamento dell'attività giuris dizionale speciale nel campo dei poteri attribuiti ad organi di diversa natura, amministrativi o legislativi, che possa consentire il ricorso alle Sezioni unite della Corte suprema di cassazione (v. Sez. unite civili, n. 1383 del 1943, Foro

it., Rep. 1943-45, voce Cassazione eiv., nn. 101, 102 ; n. 933 del 1947, id., Rep. 1947, voce Competenza civ., nn. 97, 98 ; n. 741 del 1957, id., Rep. 1957, voce Cassazione civ., n. 13), essendo i vizi denunziati dal ricorrente non atti nenti alla potestas decidendi del Consiglio di Stato, e quindi fuori dell'ambito della impugnativa per difetto di giurisdi zione, il ricorso va rigettato.

Per questi motivi, ecc.

Ili

La Corte, ecc. — Con i due mezzi del ricorso, che vanno

esaminati congiuntamente, perchè la soluzione dell'uno

agisce ed influisce sulla soluzione dell'altro, si denunzia :

1) il vizio di eccesso di potere giurisdizionale per viola zione e falsa applicazione degli art. 26 e segg. t. u. 26

giugno 1924 n. 1054, dell'art. 16 r. decreto legge 7 ottobre 1923 n. 2412, dell'art. Ili r. decreto 28 aprile 1938 n. 1165, dell'art. 4 decreto legisl. 17 aprile 1948 n. 1029, dell'art. 4 legge 2 luglio 1949 n. 408 e degli art. 70 e 103 della Costituzione ; e si sostiene che il Consiglio di Stato avrebbe ecceduto nel suo potere giurisdizionale ed avrebbe invaso il campo del potere legislativo attribuendo effetto retroattivo all'art. Ili del citato t. u. del 1938 n. 1165; 2) la violazione dell'art. 48 t. u. 26 giugno 1924 n. 1054,

degli art. 25 e 103 della Costituzione, nonché dell'art. 11 delle preleggi ; e si sostiene che il Consiglio di Stato non solo avrebbe sconfinato nel potere legislativo, ma avrebbe, altresì, con ulteriore eccesso di potere giurisdizionale, vio lato la norma che vieta al giudice di applicare retroatti vamente le leggi è di legittimare una sanzione civile per un fatto o negozio giuridico lecito e consentito nel mo mento in cui è avvenuto.

I mezzi sono manifestamente infondati. Come è noto, il difetto assoluto di giurisdizione previsto

dall'art. 48 t. u. del 1924 n. 1054, quale unico motivo di

impugnazione della decisione del Consiglio di Stato, com

pendia ed unifica in sè i vizi di incompetenza e di eccesso

di potere, vizi clie consistono nello sconfinamento dell'at

tività giurisdizionale speciale o nel campo del potere spet tante ad altri organi giurisdizionali (incompetenza) o in

quello di poteri attribuiti ad organi di diversa natura, cioè

amministrativa o legislativa (eccesso di potere). Nel caso in esame il ricorrente sostiene che la decisione

impugnata sia affetta da eccesso di potere giurisdizionale,

perchè, avendo riconosciuto effetto retroattivo all'art. Ili

t. u. 28 aprile 1938 n. 1165, avrebbe con ciò invaso il campo del potere legislativo e legittimato una sanzione, quale è

la decadenza dall'assegnazione dell'alloggio cooperativo al

quale il ricorrente aveva diritto, in base ad una precedente cessione di altro alloggio cooperativo fatta da esso ricor

rente, cessione che la legge del tempo riconosceva leèita

e consentita.

Ora il quesito che il Supremo collegio deve risolvere

anzitutto è quello di stabilire se la cognizione della contro

versia apparteneva agli ordinari poteri dell'organo inve

stito, perchè, ove tale potere sussistesse, è indubitato che

rientrava proprio nella funzione del giudicare la ricerca del

significato della norma in discussione e lo stabilirne la

portata in relazione al caso concreto.

Invero per la costante giurisprudenza della Suprema corte il difetto di giurisdizione riguarda anzitutto la ma

teria che la legge assegna alla cognizione dell'organo giuris dizionale amministrativo e la individuazione della con

troversia di cui esso può conoscere.

Non sussiste tale difetto quando il Consiglio di Stato, senza violare i predetti limiti, cade eventualmente in erro

res in indicando, adottando un errato processo logico per

pervenire alla risoluzione del caso controverso o una er

rata interpretazione della norma da applicare. Nel caso in esame il provvedimento impugnato davanti

al giudice amministrativo riguardava la decisione della

Commisssione di vigilanza per l'edilizia popolare ed eco

nomica del 20 aprile 1953, notificata il 9 luglio successivo, la quale nel rigettare il ricorso proposto dal Lettieri, di

chiarava illegittima, e di conseguenza annullava, l'asse

gnazione dell'alloggio fatta in favore del socio Genesi ; ed è noto che la decisione relativa alla perdita ed alla rein

tegra in un alloggio cooperativo a contributo statale emessa

dalla Commissione di vigilanza per l'edilizia popolare ed

economica, può essere impugnata soltanto con il ricorso al Consiglio di Stato.

Senonchè il ricorrente deduce che il Consiglio di Stato

nel decidere avrebbe esorbitato dai confini che la legge traccia alla sua attività giurisdizionale, ed avrebbe usur

pato il potere legislativo, riconoscendo effetto retroattivo ad una legge in violazione dell'art. 11 delle preleggi.

All'uopo sostiene : 1) che l'art. Ili r. decreto 1938

n. 1165, che fa divieto al socio, che si sia avvalso della facoltà di cessione, di ottenere altro alloggio cooperativo per assegnazione diretta o per cessione, si riferisce alle

cessioni successive al decreto suddetto e non anche a quelle precedenti, debitamente autorizzate, per fatti di forza mag

giore ai sensi dell'art. 18 r. decreto legge 7 ottobre 1923 n. 2412, in vigore al tempo in cui il ricorrente recedette

dall'assegnazione dell'alloggio in Via Lucca n. 23 ; 2) che

il citato art. Ili non è interpretativo, ma innovativo ;

3) che ritenendo che la decadenza colpisca la cessione del

l'alloggio « in ogni tempo » il Consiglio di Stato avrebbe

aggiunto al testo di legge, modificandolo, una norma nuova

non prevista dal legislatore ed avrebbe colpito un assegna tario di un alloggio di cooperativa per una cessione lecita e consentita dalla legge del tempo in cui fu effettuata, e che non comminava alcuna decadenza in proposito.

Ma siffatte argomentazioni non hanno pregio. Il Consiglio di Stato, infatti, con la decisione impugnata

ha affermato i seguenti principi :

A) la norma contenuta nel penult, comma dell'art. 111 t. u. 28 aprile 1938 n. 1165, a mente della quale «al socio che si sia avvalso della facoltà di cessione di un al

loggio cooperativo è inibito di ottenere altro alloggio eoo

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Page 5: Sezioni unite civili; sentenza 29 febbraio 1960, n. 396; Pres. Cataldi P., Est. Di Majo, P. M. Pomodoro (concl. conf.); Soc. coop. imprese elettriche liguri (Avv. Biamonti) c. Melchio

GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE

perativo per assegnazione diretta o per cessione », pone un nuovo requisito per le assegnazioni di alloggi coopera tivi, e non incide in rapporti giuridici preesistenti ne ha effi cacia retroattiva, ma è destinata ad operare soltanto per l'avvenire ;

B) la norma, contenuta nel penult, comma dell'art. Ili citato, considera come causa di preclusione all'asse

gnazione di nuovi alloggi di cooperativa il semplice fatto obiettivo dell'avvenuta cessione a terzi di precedente al

loggio cooperativo già assegnato ; l'eventuale causa di forza

maggiore che abbia dato luogo alla cessione non può eli minare la preclusione, mentre fu valutata a suo tempo dalla cooperativa con il consenso della Cassa depositi e

prestiti e dal Ministero dei lavori pubblici per accordare

rispettivamente il nulla osta e l'approvazione al contratto di cessione tra le parti interessate.

Il Consiglio di Stato, quindi, interpretando le norme di

legge riguardanti la materia sottoposta al suo esame ha

escluso, contrariamente a quanto si assume dal ricorrente, la retroattività dell'art. Ili citato, ritenendo valida la

precedente cessione dell'alloggio di cooperativa effettuata dal Genesi, ma ha rilevato che l'art. Ili in esame aveva

posto un nuovo requisito per l'assegnazione dell'alloggio

cooperativo nel senso che, al socio che si era avvalso in pre cedenza della facoltà di cessione, era inibito di ottenere altro alloggio di cooperativa a contributo statale.

Ora non può parlarsi di difetto assoluto di giurisdizione di un giudice speciale, il quale, giudicando nei limiti della materia demandata per legge alla sua cognizione, cada in

errore nell'applicare le relative norme giuridiche. Tanto

meno, poi, può parlarsi nel caso in esame di un eccesso di

potere giurisdizionale e di invasione del campo del potere

legislativo. Infatti l'eccesso di potere giurisdizionale, come si de

sume dall'art. 524, n. 2, cod. proc. civ., applicabile per il

suo concetto unitario a qualsiasi forma di giurisdizione ordinaria o speciale, si verifica solo quando un organo di

giurisdizione esercita una potestà riservata dall'ordina

mento di diritto pubblico ad organo di sovranità diverso,

usurpando funzioni politiche, amministrative e legislative, ovvero quando esercita una potestà arbitraria non attri

buita a verun organo del potere pubblico. Ora che la impugnata decisione contenga disposizioni

implicanti esercizio di potestà legislativa è da escludere

del tutto, perchè in realtà il Consiglio di Stato nel decidere

non ha dettato norma di alcun genere e si è mantenuto nei

limiti del suo potere giurisdizionale. Della frase « in ogni tempo » più volte ripetuta dal ri

corrente e sulla quale egli poggia tutto il suo sistema di

fensivo non è traccia alcuna e nemmeno può desumersi

per sottinteso o come premessa della decisione impugnata, la quale, nell'escludere la retroattività della norma esami

nata, si è limitata ad affermare, chiarendo così il suo con

vincimento, che il r. decreto legge n. 1165 del 1938, a dif

ferenza delle precedenti disposizioni in materia di edilizia

popolare, ha posto altri requisiti rispetto alla legislazione

precedente per l'assegnazione di alloggi di cooperative a

contributo statale.

Trattasi di statuizione che, contrariamente alla tesi del

ricorrente, lungi dal tradursi nella creazione di norme giu

ridiche, con invasione del campo riservato al legislatore, costituisce mero esercizio della potestà di interpretare la

legge connaturato alla funzione giurisdizionale. Quindi, an

che a volere ritenere per ipotesi che una tale statuizione

sia errata, ciò se mai potrà importare che il giudice che la

ha emessa sia incorso in un errore di interpretazione della

legge, e non anche che sia incorso nell'eccesso di potere

giurisdizionale denunziato, perchè il giudice che male in

terpreta la legge non crea norme giuridiche e tanto meno

esercita funzioni legislative, ma solo commette violazione

e falsa applicazione della legge.

Cade, quindi, tutto il ragionamento posto dal ricorrente

a sostegno del suo ricorso, e cade parimenti l'asserto vizio

di incostituzionalità della norma dell'art. Ili r. decreto

legge del 1938 n. 1165, dedotto con memoria, perchè mani

festamente infondato, avendo escluso, come si è detto,

la denunziata sentenza la retroattività della norma sud detta.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezione I civile ; sentenza 24 febbraio 1960, n. 322 ; Pres. Lonardo P., Est. D'Armiento, P. M. Pisano (conci, conf.) ; Pignatelli della Leonessa (Avv. An geloni) c. Lapolla e Urcioli (Avv. Schiavone) e Carboindustria di Basilicata (Avv. Vita, Ferri).

(Conferma App. Napoli 23 luglio 1958)

Società Società per azioni — Divieto di emissione e (li vendita delle azioni prima dell'iscrizione

Contratto parasociale di vendita delle azioni —

Inapplicabilità del divieto (Cod. civ., art. 2331).

Il contratto col quale gli amministratori, agendo in proprio, prima che la società sia iscritta nei registro delle imprese, si obbligano ad attribuire ad un terzo, contro versamento di una somma determinata, azioni della società, non

appena questa abbia ottenuto l'iscrizione, non viola il

divieto di emissione e di vendita delle azioni, stabilito dell'art. 2331, 3° comma, cod. civile. (1)

La Corte, ecc. — (Omissis). Col quarto e quinto motivo,

denunziandosi la violazione degli art. 1346, 1418, 2441, 2331 cod. civ. e il difetto di motivazione su punti decisivi, si lamenta che la Corte d'appello non abbia ritenuto e dichia

rato nullo il contratto de quo, benché lo stesso avesse un

contenuto illecito, in quanto da una parte la legge fa divieto di vendere azioni di una società non ancora esistente ; e dall'altra stabilisce che nel caso di aumento del capitale sociale, le nuove azioni debbono prima offrirsi in opzione ai soci. Si deduce, inoltre, che la Corte di merito avrebbe

omesso di esaminare la documentazione esibita dal Pigna telli, e specialmente una lettera da lui indirizzata al Lapolla il 18 novembre 1948 da Roma, dalla quale si evincerebbe

ch'esso Pignatelli non era al corrente della reale situazione

(1) Per la migliore intelligenza del principio affermato nella motivazione su trascritta giova aggiungere che in linea di fatto la Corte di merito aveva accertato che il ricorrente aveva con cluso con gli amministratori un contratto, diretto a procurare nuovi soci e maggiori mezzi finanziari alla Società ; con tale con tratto il ricorrente si obbligava a versare una somma determinata e gli amministratori, in nome proprio, ma agendo per conto e

nell'interesse della futura persona giuridica, si obbligavano, non appena la Società avrebbe ottenuto l'iscrizione, a farlo riconoscere come socio per un numero di azioni corrispondente alla somma versata.

Nel senso che la nullità sancita dall'art. 137 cod. comm. col

piva solo le vendite di azioni di società non ancora legalmente costituite fatte dai sottoscrittori e non anche quelle fatte da

terzi, v. Cass. 6 febbraio 1929, Foro it., 1929, I, 452. In dottrina, nel senso che la ratio del divieto contenuto nel

l'ultimo comma dell'art. 2331 cod. civ. sta nella considerazione che prima della legale costituzione non esiste una società per azioni, v. Brunetti, Trattato del diritto delle società, Milano, 1948, II, pag. 129.

Sui limiti del divieto e nel senso che esso si riferisce non soltanto alla vendita del documento, ma anche a quella della

quota, v. Frè, Società per azioni, in Commentario del codice civile, a cura di A. Scialoja e G. Branca, art. 2325-2461, Bologna Roma, pag. 86.

Si è anche negato che siano suscettibili di « approvazione »

le operazioni di emissione e di vendita di azioni, compiute prima dell'iscrizione della società, in quanto esse sono dichiarate espres samente nulle dal legislatore, v. Graziani, Diritto delle società,

Napoli, 1960, pag. 212 ; Frè, op. cit., pag. 85. La sentenza 23 luglio 1958 della Corte d'appello di Na

poli, ora confermata, è riprodotta in Dir. e giur., 1958, 899, con nota di E. Di Bello, e riassunta in Foro it., Rep. 1958, voce Società, n. 261.

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