Sezioni unite civili; sentenza 29 febbraio 1960, n. 396; Pres. Cataldi P., Est. Di Majo, P. M.Pomodoro (concl. conf.); Soc. coop. imprese elettriche liguri (Avv. Biamonti) c. Melchio (Avv.Caruba), Ministero lavori pubblici (Avv. dello Stato Malinconico)Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 4 (1960), pp. 579/580-585/586Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23151307 .
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579 PARTE PRIMA 580
esercente ; e l'art. 5 della legge professionale stabilisce una
{imitazione territoriale alla capacità dell'esercizio professio nale dei procuratori nell'ambito della corte d'appello, sezioni distaccate, tribunali e preture, in cui è compreso il tribunale al quale sono assegnati.
Contrariamente a quanto sostiene il ricorrente, il precetto non si sottrae all'applicazione del suddetto principio.
Non v'ha dubbio che il precetto, che non è atto intro
duttivo del processo esecutivo ma è un presupposto estrinseco
dell'esecuzione, può fornire soltanto l'occasione di un giudizio, in quanto la sua notificazione non provoca alcuna attività
giurisdizionale ; ma, come da autorevole dottrina, benché
atto preliminare stragiudiziale, proiettando i suoi effetti
sul procedimento esecutivo, è considerato, relativamente
alla capacità ed alla legitimatio ad processum,, come atto
processuale : a norma dell'art. 480 cod. proc. civ., che ne
disciplina la forma, si radica (3° comma), in base al
precetto, la competenza territoriale del giudice chiamato
a pronunciarsi sulle opposizioni (art. 27, 615, 1° comma, e 617 cod. proc. civ.) ; mediante lo stesso, in una col titolo
esecutivo, l'intimato viene a conoscere il soggetto che, in caso d'inadempimento, procederà ad esecuzione forzata, e quale sia l'effettiva pretesa.
E l'art. 125 cod. proc. civ., al quale rinvia l'ultimo
comma del menzionato art. 480, nel prescrivere particolari
regole circa il contenuto e la sottoscrizione degli atti di
parte, menziona il precetto sullo stesso piano della citazione, del ricorso, della comparsa e del controricorso.
È ben vero che il precetto può essere sottoscritto dalla
parte. Ma se questa rilascia procura ad un difensore non
può prescindersi dai principi sulla rappresentanza proces suale e, conseguentemente, il precetto intimato col ministero
di un procuratore, non abilitato all'esercizio professionale nel luogo dove ha sede il giudice competente per l'esecuzione,
perchè iscritto in albo di altro distretto giudiziario, è giuridicamente inesistente.
Non è pertinente il richiamò alla sentenza 14 novembre
1957, n. 4395 di questa Corte suprema (Foro it., Rep. 1957, voce Esecuzione in genere, nn. 86, 88) ; era stata dedotta la nullità del precetto per difetto dello ius postulandì quando già era decorso il termine di cui all'art. 617 cod. proc. civ. dal giorno del pignoramento ; e fu rilevato che la nullità
tardivamente eccepita si risolveva in una semplice questione preliminare di decadenza.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
I
Sezioni unite civili ; sentenza 29 febbraio 1960, n. 396 ; Pres. Cataldi P., Est. Di Majo, P. M. Pomodoro
(conci, conf.) ; Soc. coop, imprese elettriche liguri (Avv. Biamonti) c. Melehio (Avv. Caruba), Ministero lavori
pubblici (Avv. dello Stato Malinconico).
(Conferma Cons. Stato 18 giugno 1958)
Giustizia amministrativa — Potere discrezionale della pubblica Amministrazione — Esercizio —
Giurisdizione del Consiglio di Stato — Presup posti — Fattispecie (E. d. 11 dicembre 1933 n. 1775, t. u. sulle acque pubbliche e gli impianti idroelettrici, art. 107 ; r. d. 25 novembre 1940 n. 1969, norme per la esecuzione delle linee elettriche aeree esterne, art. 1).
Cassazione in materia civile —- Decisioni del Con
siglio di Stato — Vizio « in iudicando » — Ricorso alla Cassazione -—• Inammissibilità (Costituzione della Repubblica, art. Ili ; r. d. 26 giugno 1924 n. 1054, t. u. delle leggi sul Consiglio di Stato, art. 48).
Rientra nella giurisdizione del Consiglio di Stato la contro versia che abbia per oggetto l'esercizio che si assume
scorretto del 'potere discrezionale conferito alla pubblica Amministrazione (nella specie : sotto l'aspetto della falsa
interpretazione delle norme di legge concernenti l'autoris
zazione all'impianto e all'esercizio di linee elettriche, e del
travisamento dei fatti posti a base del provvedimento autorizzativo). (1)
La Corte di cassazione difetta di giurisdizione a conoscere
della impugnativa avverso una decisione del Consiglio di Stato, ove si prospetti una questione di interpretazione dei fatti o delle norme giuridiche applicabili al caso. (2)
II
Sezioni unite civili; sentenza 24 settembre 1959, n. 2608 ; Pres. Oggioni P., Est. Rossi, P. M. Pomodoro
(conci, conf.) ; Buschini (Avv. Boschi) c. Carnlli (Avv. Geoppat.i, Gasparri), Piazza ed altri.
(Dichiara inammissibile ricorso avverso Cons. Stato 28 set
tembre 1957)
Cassazione in materia civile — Motivi attinenti alla
giurisdizione — Nozione — Erronea interpreta zione di legge —- Esclusione — fattispecie in tema di licenza edilizia (Cod. proc. civ., art. 362).
I motivi attinenti alla giurisdizione, per i quali possono essere impugnate per cassazione le decisioni in grado di
appello o in unico grado di un giudice speciale, com
prendono qualsiasi errore connesso al suo potere di giu dicare, tanto se abbia pronunciato senza averne la potestà, quanto se abbia omesso di pronunciare pur avendone la
facoltà ; pertanto non rientra fra tali motivi l'errore nella
interpretazione di una legge, sia formale sia sostanziale, da parte del giudice amministrativo (nella specie, si im
pugnava per difetto dì giurisdizione una decisione del
Consiglio di Stato che aveva ritenuto che l'autorità comu
nale, nel provvedere nuovamente ' su una domanda di li cenza edilizia dopo l'annullamento di questa da parte di esso Consiglio, legittimamente avesse applicato una dis
posizione di legge sopravvenuta). (3)
III
* Sezioni unite civili ; sentenza 18 settembre 1959, n. 2592 ;
Pres. Oggioni P., Est. La Via, P. M. Tavolaro (conci, conf.) ; Genesi (Avv. Castaldo) c. Commissione di vigi lanza per l'edilizia popolare ed economica, Cooperativa edilizia « Casa propria ».
(Conferma Cons. Stato 3 luglio 1957)
Cassazione in materia civile — Uccisioni del Con
siglio di Stato — Difetto assoluto di giurisdizione — Estremi — Fattispecie (E. d. 26 giugno 1924 n. 1054, art. 48 ; r. d. 28 aprile 1938 n. 1165, t. u. sull'edilizia popolare ed economica, art. 111).
II difetto assoluto di giurisdizione, previsto quale unico mo tivo di impugnazione delle decisioni del Consiglio di Stato,
compendia ed unifica in se i vizi di incompetenza e di eccesso di potere, consistenti nello sconfinamento dell'at tività giurisdizionale speciale o nel campo del potere, spet tante ad altri organi giurisdizionali (incompetenza) o in
quello di poteri attribuiti ad organi di diversa natura, amministrativi o legislativi (eccesso di potere) ; non è
affetta, pertanto, da eccesso di potere giurisdizionale la decisione con la quale il Consiglio di Stato, giudicando su materia demandata dalla legge alla sua cognizione,
(1) Vedi, da ultimo, Cass. 4 luglio 1958, n. 2405, Foro it., Rep. 1958, voce Competenza civ., mi. 60, 61 ; 24 luglio 1958, n. 2687 ; 24 giugno 1957, n. 2409, ibid., nn. 62, 63 ; Cons. Stato, Sez. V, 25 ottobre 1957, n. 879, id., 1958, III, 3, con nota di richiami.
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581 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 582
abbia, sia pure erroneamente, ritenuto, disattendendo
quanto sostenuto dal ricorrente, che la norma da appli care al caso concreto (nella specie, Vart. Ill, penult, comma, sull'edilizia popolare ed economica) non abbia
ejfetto retroattivo. (4)
I
La Corte, ecc. —■ Nei suoi due motivi di ricorso, che sono intimamente connessi, la ricorrente, nel denunciare il difetto di giurisdizione del Consiglio di Stato, assume che
questo avrebbe esorbitato dai suoi poteri per avere ristretto,
nell'impugnata decisione, il normale campo di azione del l'attività discrezionale dell'Amministrazione, col vietare in concreto una autorizzazione (all'impianto di linee e lettriche ad alta tensione) che, in base alle vigenti dispo ^zioni legislative in materia, l'Amministrazione medesima
avrebbe potuto sicuramente concedere. Le .doglianze sono infondate. Non è certo discutibile la sussistenza di un potere
discrezionale della pubblica Amministrazione per quanto
riguarda le autorizzazioni all'impianto e all'esercizio di
linee elettriche (art. 107 e segg. t. u. 11 dicembre 1933
n. 1775 ; r. decreto 25 novembre 1940 n. 1969). In relazione a tale potere l'attuale resistente aveva
appunto impugnato, innanzi al Consiglio di Stato, il prov vedimento ministeriale autorizzativo, di cui si denunciava) l'esercizio scorretto del potere medesimo da parte della
pubblica Amministrazione, sotto l'aspetto, dall'un canto, di falsa interpretazione delle norme di legge in materia e,
dall'altro, di travisamento dei fatti posti a ba&e di detto
provvedimento. Orbene, così delineato l'ambito del giudizio che si
sottoponeva all'esame del Consiglio di Stato, scaturisce
ovvio il rilievo che l'organo giurisdizionale adito era
l'unico competente a valutare se in concreto l'esercizio del
potere discrezionale dell'Amministrazione si fosse mante
nuto, con l'atto di autorizzazione, entro i limiti fissati dal
diritto obiettivo.
Perchè è ben noto che, rispetto agli atti discrezionali
dell'autorità amministrativa, l'accertare se essi siano con
tenuti nei limiti dei poteri accordati dalla legge all'autorità
medesima spetta proprio alla giurisdizione del Consiglio di Stato, il cui sindacato, anche quando l'atto sia fondato
su una valutazione di mera convenienza d'opportunità o su
un giudizio tecnico, non esclude la possibilità di una inda
gine diretta a valutare se esista il potere, in base al quale il provvedimento è stato adottato, e se tale potere sia
stato legittimamente esercitato, arrestandosi tale controllo
di legittimità solo di fronte ai confini inviolabili del merito
amministrativo.
Sicché, ritenuto dal Consiglio di Stato, nel caso concreto, che l'atto impugnato risultava invalido per vizio di legit timità (violazione di legge ed eccesso di potere ammini
strativo), non poteva profilarsi il denunciato straripamento, essendo incontestabile, come già detto, la potestà giurisdi zionale del Consiglio di Stato di esaminare e giudicare l'uso
(2-4) Conformi : Cass. 2 marzo 1957, n. 741, Foro it., Rep. 1957, voce Cassazione civ., n. 13 ; 16 luglio 1955, n. 2287, id., Rep. 1955, voce cit., n. 30 ; 6 giugno 1955, ibid., voce Giustizia amm., n. 484; 2 agosto 1954, n. 3201, id., Rep. 1954. voce cit., ii. 29 ; 13 giugno 1947, n. 933, id., Rep. 1947, voce Com
petenza civ., nn. 97, 98 ; 7 giugno 1943, n. 1383, id., Rep. 1943
45, voce Cassazione civ., mi. 101, 102 (sentenza annotata da P.
Invbea, Il ricorso per cassazione avverso le decisioni giurisdi zionali del Consiglio di Stato, in Giur. it., 1948, I, 1, 165) ; 28 giu gno 1950, n. 1655, Foro it., Rep. 1950, voce Competenza civ., nn. 393-395 ; 20 marzo 1950, n. 769, ibid., voce Impiegato gov. e
pubbl., nn. 801, 802. V. pure Andrioli, Commento al cod. proc. civ., vol. II, Napoli,
1956, sub art. 362, pag. 523. La decisione, confermata- dalla sent. n. 2608 del 1959, si
legge in Foro it., 1958, III a col. 36, con nota di Nigro, Sulla
riproduzione dell'atto amministrativo annullato in sede giurisdi zionale per •difetto di motivazione, e a col. 82, con nota di Guar
neri, Riproduzione dell'atto amministrativo e principio « tempus
regit actum ».
del potere discrezionale esercitato dall'Amministrazione in
ordine all'autorizzazione della quale si discute. È sufficiente qui ricordare il consolidato indirizzo di
questo Supremo collegio, e che qui si conferma, secondo cui le decisioni del Consiglio di Stato possono essere impu gnate solo per motivi attinenti alla giurisdizione, concre
tandosi il difetto assoluto di giurisdizione (art. 48 t. u.
Cons, di Stato ; art. Ill Cost.) nell'esorbitanza dai confini
che la legge traccia all'autorità giurisdizionale del predetto
organo, rispetto alla materia assegnata alla cognizione di
esso, alla determinazione delle controversie di cui può conoscere, al contenuto della pronuncia secondo che, in
relazione alla natura della controversia, al Consiglio di
Stato sia attribuito sindacato di semplice legittimità o
anche di merito (cfr. sent. n. 3201 del 1954, Foro it., Rep. 1954, voce Giustizia amministrativa, n. 29 ; n. 1514 del
1955, id., Rep. 1955, voce cit., n. 43 ; n. 1742 del 1955, ibid., n. 484 ; e n. 2287 del 1955, ibid., voce Cassazione
civ., n. 30 ; n. 741 del 1957, id., Rep. 1957, voce cit., n. 13 ; n. 1685 del 1958, id., Rep. 1958, voce Giustizia
amministrativa, n. 434 ; n. 2608 del 1959, id., Mass., 493). Nella fattispecie concreta, la ricorrente non denuncia
quindi un vizio di eccesso di potere giurisdizionale nei sensi ora indicati, sibbene prospetta solo e sostanzialmente
una questione di interpretazione dei fatti e delle norme
giuridiche applicabili al caso, ossia un vizio in indicando che come tale non può essere giudicato da questo Supremo
collegio. Per questi motivi, rigetta, ecc.
II
La Corte, ecc. — Fatto. — In data 16 dicembre 1935, il Comune di Cremona rilasciò all'ing. Piazza Cesare, per l'omonimo condominio, una licenza edilizia per la costru
zione di un edifico ad uso abitazione in deroga alle dispo sizioni contenute nei regolamenti comunali in ordine ai
limiti di altezza. Il provvedimento venne impugnato in
sede giurisdizionale da Carulli Luigi per due motivi : nul
lità della licenza, in quanto rilasciata ad un condominio
non costituito nelle forme previste dal codice civile ; ec
cesso di potere, per avere il Sindaco derogato al limite di
altezza, senza un'adeguata giustificazione. Il Consiglio di Stato accolse il ricorso per il secondo
motivo, annullando l'atto impugnato. Successivamente, in pendenza di un giudizio per danni,
instaurato dal Carulli contro i condomini Piazza, il Sindaco, con provvedimento del 5 maggio 1956, concesse agli stessi
condomini una nuova licenza per la suaccennata costru
zione. Avverso la nuova licenza il Carulli propose altro
ricorso che venne accolto, con decisione 28 settembre 1957, dal Consiglio di Stato, perchè la deroga ai limiti di altezza
era illegittima per violazione della legge n. 13"7 del 1955, non essendo stato richiesto il nulla osta del Ministero dei lavori pubblici.
Contro tale decisione, in base ad unico motrvo di an
nullamento, ha proposto ricorso per cassazione il Buscliini nei confronti del Carulli che ha resistito con controricorso, e contro il Comune di Cremona che non si è costituito in
questa sede.
In seguito all'ordinanza 13 dicembre 1958 di questo Supremo collegio, il ricorso è stato notificato anche agli altri
condomini.
Diritto. — Il Consiglio di Stato, con la sentenza impu
gnata, ha rigettato tutti i motivi del ricorso per l'annulla
mento della nuova licenza edilizia concessa in date 5 mag
gio dal Sindaco di Cremona, tranne uno : e precisamente
quello relativo alla violazione della legge n. 1357 del 1955, avendo ritenuto che, in base al disposto dell'art. 3 della
legge stessa, la nuova licenza avrebbe dovuto ottenere il
preventivo nulla osta del Ministero dei lavori pubblici. Non si contesta dal ricorrente che il Consiglio di Stato
abbia legittimamente deciso in ordine ai motivi, si deduce
invece il difetto di giurisdizione solo in ordine al motivo
accolto. Si assume dal ricorrente che il nuovo giudizio tro
vava il suo logico antecedente nella decisione 28 gennaio
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583 PARTE PRIMA 584
1956, con la quale venne annullata la prima licenza rila sciata il 16 dicembre 1953, e che pertanto la questione preliminare da decidere nel nuovo giudizio si risolveva nel
giudicare gli effetti di quel giudicato, e quindi il Comune, nell'emettere la nuova deliberazione, non poteva, come del resto ha riconosciuto la stessa decisione impugnata, rie saminare la nuova domanda che soltanto in base alla situa zione di fatto e di diritto preesistente alla emanazione della licenza del 1953.
La sentenza in parola è incorsa in palese contraddizione
quando ha subordinato la nuova licenza al preventivo nulla osta del Ministero dei lavori pubblici, secondo una legge sopravvenuta. Tale contraddizione si è risolta in un difetto di giurisdizione, in quanto, per effetto di essa, si è privato il Sindaco del potere discrezionale, che gli spetta in forza del regolamento edilizio in tema di deroghe di altezze.
La censura proposta dal ricorrente è destituita di giu ridico fondamento. In sostanza si denuncia una contrad dittorietà di motivazione e la erronea applicazione di una
disposizione di legge (art. 3 legge 21 dicembre 1957) che, essendo intervenuta successivamente alla prima licenza edi
lizia, non poteva trovare applicazione nella specie, doven dosi tener conto della situazione di fatto e di diritto pree sistente alla legge stessa.
Ma tali pretesi errori concreterebbero, se sussistenti, violazioni di legge che non potrebbero mai ricondursi sotto il profilo del denunciato difetto assoluto di giurisdizione. I motivi attinenti alla giurisdizione, per i quali possono essere impugnate, con ricorso per cassazione, le decisioni in grado di appello o in unico grado di un giudice speciale, comprendono qualsiasi errore connesso al suo potere di
giudicare, tanto se abbia pronunziato senza averne la po testà, quanto se abbia omesso di pronunciare pure avendone la facoltà.
Pertanto l'errore nella interpretazione di una legge, sia formale sia sostanziale, da parte del giudice amministra tivo non raffigura quello sconfinamento dell'attività giuris dizionale speciale nel campo dei poteri attribuiti ad organi di diversa natura, amministrativi o legislativi, che possa consentire il ricorso alle Sezioni unite della Corte suprema di cassazione (v. Sez. unite civili, n. 1383 del 1943, Foro
it., Rep. 1943-45, voce Cassazione eiv., nn. 101, 102 ; n. 933 del 1947, id., Rep. 1947, voce Competenza civ., nn. 97, 98 ; n. 741 del 1957, id., Rep. 1957, voce Cassazione civ., n. 13), essendo i vizi denunziati dal ricorrente non atti nenti alla potestas decidendi del Consiglio di Stato, e quindi fuori dell'ambito della impugnativa per difetto di giurisdi zione, il ricorso va rigettato.
Per questi motivi, ecc.
Ili
La Corte, ecc. — Con i due mezzi del ricorso, che vanno
esaminati congiuntamente, perchè la soluzione dell'uno
agisce ed influisce sulla soluzione dell'altro, si denunzia :
1) il vizio di eccesso di potere giurisdizionale per viola zione e falsa applicazione degli art. 26 e segg. t. u. 26
giugno 1924 n. 1054, dell'art. 16 r. decreto legge 7 ottobre 1923 n. 2412, dell'art. Ili r. decreto 28 aprile 1938 n. 1165, dell'art. 4 decreto legisl. 17 aprile 1948 n. 1029, dell'art. 4 legge 2 luglio 1949 n. 408 e degli art. 70 e 103 della Costituzione ; e si sostiene che il Consiglio di Stato avrebbe ecceduto nel suo potere giurisdizionale ed avrebbe invaso il campo del potere legislativo attribuendo effetto retroattivo all'art. Ili del citato t. u. del 1938 n. 1165; 2) la violazione dell'art. 48 t. u. 26 giugno 1924 n. 1054,
degli art. 25 e 103 della Costituzione, nonché dell'art. 11 delle preleggi ; e si sostiene che il Consiglio di Stato non solo avrebbe sconfinato nel potere legislativo, ma avrebbe, altresì, con ulteriore eccesso di potere giurisdizionale, vio lato la norma che vieta al giudice di applicare retroatti vamente le leggi è di legittimare una sanzione civile per un fatto o negozio giuridico lecito e consentito nel mo mento in cui è avvenuto.
I mezzi sono manifestamente infondati. Come è noto, il difetto assoluto di giurisdizione previsto
dall'art. 48 t. u. del 1924 n. 1054, quale unico motivo di
impugnazione della decisione del Consiglio di Stato, com
pendia ed unifica in sè i vizi di incompetenza e di eccesso
di potere, vizi clie consistono nello sconfinamento dell'at
tività giurisdizionale speciale o nel campo del potere spet tante ad altri organi giurisdizionali (incompetenza) o in
quello di poteri attribuiti ad organi di diversa natura, cioè
amministrativa o legislativa (eccesso di potere). Nel caso in esame il ricorrente sostiene che la decisione
impugnata sia affetta da eccesso di potere giurisdizionale,
perchè, avendo riconosciuto effetto retroattivo all'art. Ili
t. u. 28 aprile 1938 n. 1165, avrebbe con ciò invaso il campo del potere legislativo e legittimato una sanzione, quale è
la decadenza dall'assegnazione dell'alloggio cooperativo al
quale il ricorrente aveva diritto, in base ad una precedente cessione di altro alloggio cooperativo fatta da esso ricor
rente, cessione che la legge del tempo riconosceva leèita
e consentita.
Ora il quesito che il Supremo collegio deve risolvere
anzitutto è quello di stabilire se la cognizione della contro
versia apparteneva agli ordinari poteri dell'organo inve
stito, perchè, ove tale potere sussistesse, è indubitato che
rientrava proprio nella funzione del giudicare la ricerca del
significato della norma in discussione e lo stabilirne la
portata in relazione al caso concreto.
Invero per la costante giurisprudenza della Suprema corte il difetto di giurisdizione riguarda anzitutto la ma
teria che la legge assegna alla cognizione dell'organo giuris dizionale amministrativo e la individuazione della con
troversia di cui esso può conoscere.
Non sussiste tale difetto quando il Consiglio di Stato, senza violare i predetti limiti, cade eventualmente in erro
res in indicando, adottando un errato processo logico per
pervenire alla risoluzione del caso controverso o una er
rata interpretazione della norma da applicare. Nel caso in esame il provvedimento impugnato davanti
al giudice amministrativo riguardava la decisione della
Commisssione di vigilanza per l'edilizia popolare ed eco
nomica del 20 aprile 1953, notificata il 9 luglio successivo, la quale nel rigettare il ricorso proposto dal Lettieri, di
chiarava illegittima, e di conseguenza annullava, l'asse
gnazione dell'alloggio fatta in favore del socio Genesi ; ed è noto che la decisione relativa alla perdita ed alla rein
tegra in un alloggio cooperativo a contributo statale emessa
dalla Commissione di vigilanza per l'edilizia popolare ed
economica, può essere impugnata soltanto con il ricorso al Consiglio di Stato.
Senonchè il ricorrente deduce che il Consiglio di Stato
nel decidere avrebbe esorbitato dai confini che la legge traccia alla sua attività giurisdizionale, ed avrebbe usur
pato il potere legislativo, riconoscendo effetto retroattivo ad una legge in violazione dell'art. 11 delle preleggi.
All'uopo sostiene : 1) che l'art. Ili r. decreto 1938
n. 1165, che fa divieto al socio, che si sia avvalso della facoltà di cessione, di ottenere altro alloggio cooperativo per assegnazione diretta o per cessione, si riferisce alle
cessioni successive al decreto suddetto e non anche a quelle precedenti, debitamente autorizzate, per fatti di forza mag
giore ai sensi dell'art. 18 r. decreto legge 7 ottobre 1923 n. 2412, in vigore al tempo in cui il ricorrente recedette
dall'assegnazione dell'alloggio in Via Lucca n. 23 ; 2) che
il citato art. Ili non è interpretativo, ma innovativo ;
3) che ritenendo che la decadenza colpisca la cessione del
l'alloggio « in ogni tempo » il Consiglio di Stato avrebbe
aggiunto al testo di legge, modificandolo, una norma nuova
non prevista dal legislatore ed avrebbe colpito un assegna tario di un alloggio di cooperativa per una cessione lecita e consentita dalla legge del tempo in cui fu effettuata, e che non comminava alcuna decadenza in proposito.
Ma siffatte argomentazioni non hanno pregio. Il Consiglio di Stato, infatti, con la decisione impugnata
ha affermato i seguenti principi :
A) la norma contenuta nel penult, comma dell'art. 111 t. u. 28 aprile 1938 n. 1165, a mente della quale «al socio che si sia avvalso della facoltà di cessione di un al
loggio cooperativo è inibito di ottenere altro alloggio eoo
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
perativo per assegnazione diretta o per cessione », pone un nuovo requisito per le assegnazioni di alloggi coopera tivi, e non incide in rapporti giuridici preesistenti ne ha effi cacia retroattiva, ma è destinata ad operare soltanto per l'avvenire ;
B) la norma, contenuta nel penult, comma dell'art. Ili citato, considera come causa di preclusione all'asse
gnazione di nuovi alloggi di cooperativa il semplice fatto obiettivo dell'avvenuta cessione a terzi di precedente al
loggio cooperativo già assegnato ; l'eventuale causa di forza
maggiore che abbia dato luogo alla cessione non può eli minare la preclusione, mentre fu valutata a suo tempo dalla cooperativa con il consenso della Cassa depositi e
prestiti e dal Ministero dei lavori pubblici per accordare
rispettivamente il nulla osta e l'approvazione al contratto di cessione tra le parti interessate.
Il Consiglio di Stato, quindi, interpretando le norme di
legge riguardanti la materia sottoposta al suo esame ha
escluso, contrariamente a quanto si assume dal ricorrente, la retroattività dell'art. Ili citato, ritenendo valida la
precedente cessione dell'alloggio di cooperativa effettuata dal Genesi, ma ha rilevato che l'art. Ili in esame aveva
posto un nuovo requisito per l'assegnazione dell'alloggio
cooperativo nel senso che, al socio che si era avvalso in pre cedenza della facoltà di cessione, era inibito di ottenere altro alloggio di cooperativa a contributo statale.
Ora non può parlarsi di difetto assoluto di giurisdizione di un giudice speciale, il quale, giudicando nei limiti della materia demandata per legge alla sua cognizione, cada in
errore nell'applicare le relative norme giuridiche. Tanto
meno, poi, può parlarsi nel caso in esame di un eccesso di
potere giurisdizionale e di invasione del campo del potere
legislativo. Infatti l'eccesso di potere giurisdizionale, come si de
sume dall'art. 524, n. 2, cod. proc. civ., applicabile per il
suo concetto unitario a qualsiasi forma di giurisdizione ordinaria o speciale, si verifica solo quando un organo di
giurisdizione esercita una potestà riservata dall'ordina
mento di diritto pubblico ad organo di sovranità diverso,
usurpando funzioni politiche, amministrative e legislative, ovvero quando esercita una potestà arbitraria non attri
buita a verun organo del potere pubblico. Ora che la impugnata decisione contenga disposizioni
implicanti esercizio di potestà legislativa è da escludere
del tutto, perchè in realtà il Consiglio di Stato nel decidere
non ha dettato norma di alcun genere e si è mantenuto nei
limiti del suo potere giurisdizionale. Della frase « in ogni tempo » più volte ripetuta dal ri
corrente e sulla quale egli poggia tutto il suo sistema di
fensivo non è traccia alcuna e nemmeno può desumersi
per sottinteso o come premessa della decisione impugnata, la quale, nell'escludere la retroattività della norma esami
nata, si è limitata ad affermare, chiarendo così il suo con
vincimento, che il r. decreto legge n. 1165 del 1938, a dif
ferenza delle precedenti disposizioni in materia di edilizia
popolare, ha posto altri requisiti rispetto alla legislazione
precedente per l'assegnazione di alloggi di cooperative a
contributo statale.
Trattasi di statuizione che, contrariamente alla tesi del
ricorrente, lungi dal tradursi nella creazione di norme giu
ridiche, con invasione del campo riservato al legislatore, costituisce mero esercizio della potestà di interpretare la
legge connaturato alla funzione giurisdizionale. Quindi, an
che a volere ritenere per ipotesi che una tale statuizione
sia errata, ciò se mai potrà importare che il giudice che la
ha emessa sia incorso in un errore di interpretazione della
legge, e non anche che sia incorso nell'eccesso di potere
giurisdizionale denunziato, perchè il giudice che male in
terpreta la legge non crea norme giuridiche e tanto meno
esercita funzioni legislative, ma solo commette violazione
e falsa applicazione della legge.
Cade, quindi, tutto il ragionamento posto dal ricorrente
a sostegno del suo ricorso, e cade parimenti l'asserto vizio
di incostituzionalità della norma dell'art. Ili r. decreto
legge del 1938 n. 1165, dedotto con memoria, perchè mani
festamente infondato, avendo escluso, come si è detto,
la denunziata sentenza la retroattività della norma sud detta.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezione I civile ; sentenza 24 febbraio 1960, n. 322 ; Pres. Lonardo P., Est. D'Armiento, P. M. Pisano (conci, conf.) ; Pignatelli della Leonessa (Avv. An geloni) c. Lapolla e Urcioli (Avv. Schiavone) e Carboindustria di Basilicata (Avv. Vita, Ferri).
(Conferma App. Napoli 23 luglio 1958)
Società Società per azioni — Divieto di emissione e (li vendita delle azioni prima dell'iscrizione
Contratto parasociale di vendita delle azioni —
Inapplicabilità del divieto (Cod. civ., art. 2331).
Il contratto col quale gli amministratori, agendo in proprio, prima che la società sia iscritta nei registro delle imprese, si obbligano ad attribuire ad un terzo, contro versamento di una somma determinata, azioni della società, non
appena questa abbia ottenuto l'iscrizione, non viola il
divieto di emissione e di vendita delle azioni, stabilito dell'art. 2331, 3° comma, cod. civile. (1)
La Corte, ecc. — (Omissis). Col quarto e quinto motivo,
denunziandosi la violazione degli art. 1346, 1418, 2441, 2331 cod. civ. e il difetto di motivazione su punti decisivi, si lamenta che la Corte d'appello non abbia ritenuto e dichia
rato nullo il contratto de quo, benché lo stesso avesse un
contenuto illecito, in quanto da una parte la legge fa divieto di vendere azioni di una società non ancora esistente ; e dall'altra stabilisce che nel caso di aumento del capitale sociale, le nuove azioni debbono prima offrirsi in opzione ai soci. Si deduce, inoltre, che la Corte di merito avrebbe
omesso di esaminare la documentazione esibita dal Pigna telli, e specialmente una lettera da lui indirizzata al Lapolla il 18 novembre 1948 da Roma, dalla quale si evincerebbe
ch'esso Pignatelli non era al corrente della reale situazione
(1) Per la migliore intelligenza del principio affermato nella motivazione su trascritta giova aggiungere che in linea di fatto la Corte di merito aveva accertato che il ricorrente aveva con cluso con gli amministratori un contratto, diretto a procurare nuovi soci e maggiori mezzi finanziari alla Società ; con tale con tratto il ricorrente si obbligava a versare una somma determinata e gli amministratori, in nome proprio, ma agendo per conto e
nell'interesse della futura persona giuridica, si obbligavano, non appena la Società avrebbe ottenuto l'iscrizione, a farlo riconoscere come socio per un numero di azioni corrispondente alla somma versata.
Nel senso che la nullità sancita dall'art. 137 cod. comm. col
piva solo le vendite di azioni di società non ancora legalmente costituite fatte dai sottoscrittori e non anche quelle fatte da
terzi, v. Cass. 6 febbraio 1929, Foro it., 1929, I, 452. In dottrina, nel senso che la ratio del divieto contenuto nel
l'ultimo comma dell'art. 2331 cod. civ. sta nella considerazione che prima della legale costituzione non esiste una società per azioni, v. Brunetti, Trattato del diritto delle società, Milano, 1948, II, pag. 129.
Sui limiti del divieto e nel senso che esso si riferisce non soltanto alla vendita del documento, ma anche a quella della
quota, v. Frè, Società per azioni, in Commentario del codice civile, a cura di A. Scialoja e G. Branca, art. 2325-2461, Bologna Roma, pag. 86.
Si è anche negato che siano suscettibili di « approvazione »
le operazioni di emissione e di vendita di azioni, compiute prima dell'iscrizione della società, in quanto esse sono dichiarate espres samente nulle dal legislatore, v. Graziani, Diritto delle società,
Napoli, 1960, pag. 212 ; Frè, op. cit., pag. 85. La sentenza 23 luglio 1958 della Corte d'appello di Na
poli, ora confermata, è riprodotta in Dir. e giur., 1958, 899, con nota di E. Di Bello, e riassunta in Foro it., Rep. 1958, voce Società, n. 261.
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