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sezioni unite civili; sentenza 29 ottobre 2004, n. 20957; Pres. Corona, Est. Napoletano, P.M.Iannelli (concl. diff.); Andreani (Avv. Morgani, Belli, Lupi) c. Soc. coop. edilizia Il Sogno (Avv.Cecchetti). Conferma App. Roma, decr. 27 maggio 1999Source: Il Foro Italiano, Vol. 128, No. 1 (GENNAIO 2005), pp. 79/80-83/84Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23200371 .
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PARTE PRIMA
Se, dopo l'esaurimento della fase sommaria della verifica, sia
proposto dal creditore giudizio di opposizione allo stato passivo o per dichiarazione tardiva di credito ed anche la causa promos sa dal curatore penda davanti allo stesso ufficio giudiziario, è
possibile una trattazione unitaria delle due cause nel quadro del
l'art. 274 c.p.c., ove ne ricorrano gli estremi; possibilità che
sussiste anche quando le due cause siano pendenti davanti ad uf
fici giudiziari diversi, potendo trovare applicazione i criteri ge nerali in tema di connessione, se non si siano verificate preclu sioni e sempre che il giudice davanti al quale il curatore ha pro
posto la sua domanda non sia investito della controversia per
ragioni di competenza inderogabile, in quanto la translatio do
vrebbe comunque aver luogo nella sede fallimentare.
Qualora non si possa giungere a questo risultato, va verificata
la sussistenza dei requisiti per l'applicazione dell'art. 295 c.p.c., fermo restando che la sospensione deve riguardare la causa
promossa in sede ordinaria».
Il contrasto di giurisprudenza sopra posto in evidenza resta
composto, dunque, nei termini ora indicati.
La sentenza impugnata — che, confermando la pronunzia del
tribunale, ha ritenuto applicabile il rito speciale ad entrambe le
cause ritenendo quindi improcedibile anche la domanda della
curatela — si rivela non conforme ai suddetti principi. Pertanto, in accoglimento del ricorso, essa deve essere cassata in parte
qua e la causa va rinviata alla Corte d'appello di Roma (in di
versa composizione) che procederà a nuovo esame uniforman
dosi ai principi qui enunciati e provvederà anche in ordine alle
spese del giudizio di cassazione.
11. - Infine, passando all'esame del ricorso incidentale, si de
ve osservare che con esso la società Luma chiede che questa corte «voglia cassare parzialmente la sentenza impugnata con
rinvio al Tribunale fallimentare di Roma perché statuisca in or
dine alla condanna del fallimento ricorrente al ristoro dei danni
cagionati all'appaltante Luma a causa dei vizi e difetti dell'ope ra commissionata e riscontrati nella fase di accertamento tecni
co, ovvero statuisca la definitiva compensazione tra le posizioni creditorie rivendicate dal fallimento e l'odierna concludente con
ogni consequenziale pronunzia in ordine alle spese». Tale ricorso incidentale è per una parte inammissibile in que
sta sede, per l'altra infondato.
E inammissibile per la parte relativa all'eccepita compensa zione, trattandosi di questione sulla quale la sentenza impugnata non ha pronunciato, evidentemente ritenendola assorbita dalla
declaratoria d'improcedibilità adottata per entrambe le doman
de.
Pertanto la detta questione non può qui trovare ingresso, e re
sta affidata al giudice del rinvio (se in quella sede riproposta). Il ricorso incidentale per il resto è infondato, perché esso po
stula il trasferimento della domanda proposta contro il falli
mento al tribunale fallimentare, come se si trattasse di una que stione di competenza e non di specialità del rito, per di più elu
dendo la necessaria fase di verifica davanti al giudice delegato. Ciò è in contrasto con le considerazioni svolte nell'esame del
ricorso principale e con i principi di diritto sopra enunciati.
Il Foro Italiano — 2005.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 29 ottobre 2004, n. 20957; Pres. Corona, Est. Napoletano, P.M. Iannelli (conci, diff.); Andreani (Avv. Morgani, Belli,
Lupi) c. Soc. coop, edilizia II Sogno (Avv. Cecchetti). Con
ferma App. Roma, decr. 27 maggio 1999.
Comunione e condominio — Condominio negli edifìci — Amministratore — Revoca giudiziaria — Ricorso per cas
sazione — Inammissibilità (Cost., art. Ill; cod. civ., art.
1129; disp. att. cod. civ., art. 64; cod. proc. civ., art. 742). Comunione e condominio — Condominio negli edifici —
Amministratore — Revoca giudiziaria — Statuizione sulle
spese processuali — Ricorso per cassazione — Ammissibi
lità — Fattispecie (Cost., art. Ill; cod. civ., art. 1129; disp.
att. cod. civ., art. 64; cod. proc. civ., art. 91, 742).
E inammissibile il ricorso per cassazione avverso il provvedi mento con cui la corte d'appello provvede in sede di reclamo
sul decreto emesso dal tribunale, ai sensi dell'art. 1129, 3°
comma, c.c., in tema dì revoca dell'amministratore di con
dominio. (1) La statuizione giudiziale relativa alla condanna alle spese pro
cessuali, ancorché accedente a provvedimento di volontaria
giurisdizione, quale è il decreto emesso dalla corte d'appello in sede di reclamo in tema di revoca dell'amministratore di
condominio, può essere impugnata per cassazione ai sensi del
l'art. Ill Cost, (nella specie, peraltro, la Suprema corte ha ri
tenuto infondato il ricorso, essendo la statuizione del giudice del merito conforme al criterio della soccombenza). (2)
(1-2) I. - Le sezioni unite della Cassazione compongono il contrasto emerso all'interno della II sezione civile in ordine all'impugnabilità ex art. 111,2° comma, Cost., del provvedimento reso dalla corte d'appel lo, in sede di reclamo, in tema di revoca giudiziale dell'amministratore di condominio (contrasto su cui, v., da ultimo, Cass. 10 gennaio 2003, n. 184, Foro it., 2003,1, 1094, con nota di richiami, aderente all'orien tamento minoritario, disatteso dalla pronunzia in epigrafe), conferman do l'orientamento dominante, fondato sulla natura di volontaria giuris dizione del provvedimento in questione, espresso, da ultimo, da Cass. 11 aprile 2002, n. 5194, id., Rep. 2003, voce Camera di consiglio, n.
13, e da Cass. 30 marzo 2001, n. 4706, e 21 febbraio 2001, n. 2517, id., 2001,1, 1499, con nota di richiami.
La Suprema corte osserva che la natura non contenziosa del proce dimento ex art. 1129, 3° comma, c.c. e 64 disp. att. c.c. trova conferma sia nella gravità delle ipotesi — tassative — in cui è consentito anche al
singolo condomino di chiedere al giudice la revoca dell'amministrato
re, sia nella sua struttura camerale, caratterizzata da «rapidità, informa lità ed ufficiosità», rilevando, altresì, il carattere «tipicamente cautela re» del procedimento e del provvedimento in discorso, «non dissimile da quello previsto dall'art. 2409 c.c. . . .» in tema di società per azioni
(sul quale cfr., per tutte, Cass. 26 febbraio 2002, n. 2776, id., 2002, I, 1718, con nota di richiami di R. Rordorf, e 15 marzo 2001, n. 3750, ibid., 831, con nota di P. Gallo).
Circa il carattere non decisorio dell'eventuale provvedimento giudi ziale di revoca dell'amministratore, si rileva, d'altra parte, che le ra
gioni dell'amministratore revocato possono, in ogni caso, trovare tutela in un ordinario giudizio di cognizione (non avente, beninteso, come
oggetto il riesame del provvedimento camerale di revoca, ma) volto a
conseguire il risarcimento del danno ingiustamente subito, ove in tale sede venga accertata l'insussistenza della «giusta causa» dedotta a fon damento dell'istanza di revoca; e ciò sul presupposto che l'ammini stratore, se, quale mandatario dei condomini, non può vantare un diritto alla stabilità dell'incarico, ha tuttavia diritto, ex art. 1725 c.c., stante la
presunta onerosità del mandato, alla tutela risarcitoria in caso di risolu zione anticipata del rapporto non fondata su una «giusta causa» (con cetto — questo — nel quale devono intendersi ricomprese le ipotesi di revoca giudiziale previste dal 3° comma dell'art. 1129 c.c.). Sulla le
gittimazione passiva riguardo a tale azione risarcitoria, v. Cass. 9 di cembre 1995, n. 12636, id., Rep. 1996, voce Comunione e condominio, n. 132, la quale precisa che essa non spetta al condominio, giacché i condomini che chiedono la revoca dell'amministratore ai sensi dell'art. 1129 c.c. non agiscono in rappresentanza degli altri condomini, ma esercitano un diritto proprio.
II. - Quanto alla ricorribilità per cassazione, per violazione di legge, ex art. 111 Cost., della (sola) statuizione giudiziale relativa alle spese del procedimento, ancorché accedente ad un provvedimento di volonta ria giurisdizione, v., in senso conforme, anche in relazione all'ipotesi di nomina di amministratore giudiziario del condominio (ex art. 1129, 1° comma, o ex art. 1105, ultimo comma, c.c.), Cass. 11 aprile 2002, n. 5194, cit. (dove si puntualizza, peraltro, che l'impugnabilità ex art. 111 Cost, della statuizione eventualmente adottata in tema di spese dal tri bunale è subordinata alla mancata proposizione del reclamo avanti alla corte d'appello avverso il provvedimento di merito cui essa accede, di
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Svolgimento del processo. — Liliana Andreani, assegnataria
di appartamento compreso nell'edificio ZA12/A2 del complesso edilizio realizzato in Roma dalla società cooperativa a r.l. Il So
gno, con ricorso in data 29 luglio 1998 al Tribunale di Roma,
chiese, ai sensi dell'art. 1129, 3° comma, c.c., la revoca di detta
cooperativa dall'incarico di amministratore del complesso edili
zio per avere omesso di presentare il rendiconto relativo agli esercizi 1996 e 1997 nonché di provvedere alla regolare convo
cazione delle relative assemblee.
L'adito tribunale rigettò il ricorso, condannando la ricorrente
al rimborso delle spese processuali sostenute dalla cooperativa Il Sogno, che aveva resistito al ricorso.
fettando altrimenti del carattere della definitività della statuizione me
desima); 30 marzo 2001, n. 4706, e 21 febbraio 2001, n. 2517, cit.; 27 marzo 1998, n. 3246, id., Rep. 1998, voce Camera di consiglio, n. 7; nonché, con riferimento al procedimento ex art. 2409 c.c., Cass. 8 mag gio 2001, n. 6365, id., 2002,1, 830, con nota di P. Gallo, e 24 novem bre 2000, n. 15173, id., Rep. 2000, voce Società, n. 769, entrambe ri chiamate in motivazione dalla pronunzia in rassegna; e, da ultimo, Cass. 10 giugno 2004, n. 10989, id., Mass., 814.
III. - La questione centrale che si poneva nella fattispecie, costituente
oggetto dell'unico motivo di ricorso, concerneva, peraltro, la compati bilità della condanna alle spese processuali, ex art. 91 c.p.c., con la na tura di volontaria giurisdizione del procedimento di revoca giudiziaria dell'amministratore di condominio; la ricorrente, come si legge nell'm
cipit della motivazione, aveva infatti dedotto la violazione dell'art. 91
c.p.c., in relazione agli art. 1129 c.c., 64 disp. att. c.c. e 737 ss. c.p.c., assumendo che la corte d'appello non avrebbe potuto condannarla al rimborso delle spese del reclamo, né confermare l'analoga statuizione del giudice di prima istanza, non potendosi configurare nel procedi mento de quo, attesa la sua natura, una situazione di soccombenza, con
figurabile esclusivamente nei procedimenti contenziosi.
Senonché, proprio a tale ultimo riguardo, la pronunzia delle sezioni
unite, sorprendentemente, è, a dir poco, sbrigativa, giacché si limita ad osservare — in modo lapidario — che «la statuizione impugnata, in
quanto conforme al criterio della soccombenza indicato come normale dall'art. 91 c.p.c., risulta corretta», perdendo così l'occasione per fare autorevolmente chiarezza su una questione finora alquanto dibattuta e, con specifico riferimento ai procedimenti di nomina e di revoca giudi ziale dell'amministratore di condominio, risolta in senso contrario dalla
giurisprudenza di legittimità (ovvero nel senso della non recuperabilità delle spese processuali da parte del soggetto che le abbia anticipate): v.
Cass. 27 agosto 2002, n. 12543, id., Rep. 2003, voce Comunione e con
dominio, n. 135 (e, per esteso, Rass. locazioni, 2003, 420); nonché le
citate Cass. 5194/02 (anch'essa riportata ibid., e Giur. it., 2003, 236) e
4706/01 (la quale, uniformandosi all'opinione ancora dominante in se
no alla corte di legittimità, rileva che nei procedimenti di volontaria
giurisdizione «normalmente non sussistono i presupposti richiesti per l'applicazione della norma di cui all'art. 91 c.p.c.. mancando, per defi
nizione, un provvedimento conclusivo di un procedimento contenzioso nel quale sia chiesto l'accertamento di un diritto di una parte nei con fronti di un'altra da cui possa derivare una situazione di soccombenza di un soggetto rispetto ad un altro che giustifichi la condanna alle spe se»), Vero è, peraltro, che nella giurisprudenza più recente in tema di
procedimenti di volontaria giurisdizione si registra sul punto qualche
segnale di cambiamento, sia nel senso di ritenere legittima la condanna
alle spese processuali relative al procedimento di reclamo (v. Cass. 29
gennaio 2003, n. 1343, Foro it., Rep. 2003, voce Camera di consiglio, n. 11, in tema di procedimento camerale di correzione di errore mate
riale ex art. 287 ss. c.p.c.; Cass. 8 maggio 2001, n. 6365, cit., in tema di
procedimento ex art. 2409 c.c.), sia nel senso dell'applicabilità estensi va dell'art. 91 c.p.c. anche al di là di tale limite, attraverso il riferi mento del criterio fondante della norma non più al criterio della soc
combenza (ravvisabile nel solo grado di reclamo), ancorché intesa in
senso processuale, bensì al principio di causalità (v. Cass. 5 luglio 2002, n. 9828, id., 2003,1, 533, con nota di richiami di P. Gallo).
IV. - In dottrina, sull'argomento, v., da ultimo, A. Celeste, La vo lontaria giurisdizione in materia condominiale, Milano, 2000, 256 ss.
(favorevole alla recuperabilità, per la parte vittoriosa, delle spese del
procedimento ex art. 1129, 3° comma, c.p.c.); G. Travaglino, Provve dimenti-camerali di revoca dell'amministratore di condominio e ricor
so per cassazione, in Gius, 2003, 2499; R. Pezzullo, La revoca giudi ziaria dell'amministratore, in Immobili & Proprietà, 2003, 551; G.
Terzago, Il condominio, 5d ed., Milano, 2003, 369 ss.; nonché A. Cele
ste, La riconferma assembleare dell'amministratore destituito dal ma
gistrato: il braccio di ferro tra maggioranza condominiale ed autorità
giudiziaria, in Arch, locazioni, 2003, 165; e, con riferimento all'appli cazione della disciplina di cui all'art. 91 c.p.c. nei procedimenti di vo
lontaria giurisdizione in generale, A. Jannuzzi-P. Lorefice, Manuale
della volontaria giurisdizione, Milano, 2004, 67 ss. (secondo cui il
provvédimento che definisce il procedimento in camera di consiglio non può, normalmente, contenere condanna alle spese, giacché, anche
se più sono i soggetti interessati, non vi può essere soccombenza, man
cando la contrapposizione tipica del giudizio contenzioso ed attesa la
finalità del procedimento di volontaria giurisdizione). [D. Piombo]
Il Foro Italiano — 2005.
Essendo stato proposto dall'Andreani reclamo avverso il
provvedimento del tribunale, la Corte d'appello di Roma, con
decreto reso in data 27 maggio 1999, ha respinto il reclamo ed
ha condannato la reclamante al pagamento delle spese relative
alla procedura. Avverso tale decisione, limitatamente alla statuizione di con
danna al rimborso delle spese del giudizio sul reclamo ed a
quella di conferma dell'analoga statuizione relativa al giudizio svoltosi innanzi al tribunale, ha proposto ricorso l'Andreani ai
sensi dell'art. 111 Cost., affidandosi ad un unico motivo.
Resiste con controricorso la cooperativa II Sogno. Con ordinanza interlocutoria dell'11 aprile 2003 la seconda
sezione civile di questa Suprema corte, rilevata l'esistenza al
l'interno della sezione di un contrasto in ordine all'ammissibi
lità o meno del ricorso per cassazione contro il decreto della
corte d'appello che decida sul reclamo avverso la revoca (o il
rigetto dell'istanza di revoca) dell'amministratore di condomi
nio, ha trasmesso gli atti al primo presidente per l'assegnazione a queste sezioni unite.
Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione. — La ricorrente censura il decreto im
pugnato per violazione e falsa applicazione dell'art. 91 c.p.c., in
relazione agli art. 1129 c.c., 64 disp. att. c.c. e 737 ss. c.p.c., ad
ducendo che la corte d'appello non avrebbe potuto condannarla
al rimborso delle spese del reclamo e confermare l'analoga sta
tuizione relativa al giudizio svoltosi innanzi al tribunale, non
potendosi configurare nel procedimento de quo, che è procedi mento di volontaria giurisdizione, l'ipotesi della soccombenza,
configurabile esclusivamente nei procedimenti contenziosi, ca
ratterizzati da una contrapposizione sostanziale delle parti. Richiamando la sentenza 3246/98 di questa Suprema corte
{Foro it., Rep. 1998, voce Camera di consiglio, n. 7), la ricor
rente sostiene che il procedimento ex art. 1129 c.c. ha natura di
procedimento di volontaria giurisdizione, ancorché l'istanza di
revoca si innesti in un contrasto tra condomini ed amministrato
re, poiché il provvedimento cui tende è strumentale solo alla ge stione della cosa comune ed alla tutela dell'interesse comune, non alla tutela particolare degli interessi dell'una o dell'altra
parte ed il provvedimento del giudice, anche quando incida su
una situazione di conflitto, si caratterizza come intervento di ti
po sostanzialmente amministrativo, privo, quindi, dei caratteri
della decisione con attitudine a produrre gli effetti del giudicato su posizioni soggettive in contrasto.
Pertanto, conclude la ricorrente, il provvedimento impugnato, avente natura decisoria nella parte in cui provvede sull'onere
delle spese processuali e, quindi, limitatamente a tale statuizio
ne impugnabile con ricorso per cassazione, dev'essere conside
rato illegittimo. Osserva questa corte che il ricorso, sebbene diretto esclusiva
mente contro la statuizione del decreto della corte d'appello re
lativa alle spese processuali, si fonda sulla tesi della natura di vo
lontaria giurisdizione del procedimento ex art. 1129, 3C comma,•
c.c., sicché sollecita la risoluzione del contrasto giuris
prudenziale registratosi su tale questione e su quella, alla prima correlata, dell'ammissibilità in via generale del ricorso per cas
sazione, ai sensi dell'art. Ill Cost., avverso il decreto della corte
d'appello che abbia deciso sul reclamo proposto ex art. 64, cpv.,
disp. att. c.c. avverso la revoca (o il rigetto dell'istanza di re
voca) dell'amministratore del condominio disposto dal tribunale.
Sulla questione si registrano due orientamenti nella giurispru denza di questa Suprema corte.
Contro l'ammissibilità del ricorso per cassazione è l'orienta
mento assolutamente prevalente (cfr. Cass. 8994/93, id., Rep.
1994, voce Comunione e condominio, n. 188; 3246/98, cit.;
6249/00, id., Rep. 2000, voce cit., n. 155; 2517/01, id., 2001, I, 1500; 4706/01, ibid., 1499; 5194/02, id., Rep. 2003, voce Ca mera di consiglio, n. 13), che, facendo leva sulla natura dell'in
tervento richiesto al giudice ai sensi dell'art. 1129, 3° comma,
c.c., ne evidenzia il carattere strumentale rispetto all'interesse
generale e collettivo del condominio ad una corretta ammini
strazione, con la conseguenza che il decreto di cui agli art. 1129
c.c. e 64 disp. att. c.c., avendo, non solo forma di decreto, ma
anche natura di provvedimento sostanzialmente amministrativo,
pur se incidentalmente statuisce su posizioni giuridiche sogget tive nascenti dal rapporto di mandato costituitosi tra condominio
ed amministratore, sarebbe privo del carattere della decisorietà,
perché diretto a tutelare solo l'interesse obiettivo dell'ammini
strazione della cosa comune, nonché di quello della definitività,
in quanto, ai sensi dell'art. 742 c.p.c., modificabile o revocabile
in ogni tempo, non solo con effetto ex nunc, in virtù di nuovi
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PARTE PRIMA
elementi sopravvenuti, bensì anche ex tunc per un riesame di
merito e di legittimità delle originarie risultanze.
La mancanza di attitudine al giudicato impedirebbe, peraltro, all'assemblea condominiale di deliberare in senso opposto a
quello deciso dal giudice. L'orientamento minoritario, che fa capo a Cass. 4620/96 (id.,
1996, I, 2376) ed è stato ribadito da Cass. 184/03 (id., 2003, I, 1094), rilevata la contraddittorietà dell'opposta tesi, nella parte in cui, pur riconoscendo l'incidenza del provvedimento della
corte d'appello su diritti soggettivi, non gli riconosce attitudine
al giudicato, osserva che con tale provvedimento il giudice non
si limita a sospendere l'amministratore dall'incarico ma pone definitivamente termine ante tempus al rapporto tra ammini
stratore e condomini. Rileva, inoltre, la pratica impossibilità di
ripristinare il rapporto eventualmente risolto dal provvedimento
giudiziale, stante il disposto dell'art. 742 c.p.c., che fa salvi i di
ritti dei terzi in buona fede in base a convenzioni anteriori alla
revoca.
Queste sezioni unite ritengono di condividere il primo orien
tamento.
Tale convincimento si fonda, in primo luogo, su considera
zioni che attengono alla natura delle ipotesi, tassative, in pre senza delle quali è data la possibilità, anche al singolo condo
mino, di proporre al giudice l'istanza di revoca dell'ammini
stratore nonché sulla struttura del relativo procedimento came
rale.
La particolare gravità delle tre ipotesi (violazione dell'obbli
go di portare a conoscenza dell'assemblea condominiale le cita
zioni e i provvedimenti amministrativi il cui contenuto esorbiti
dalle attribuzioni dell'amministratore; omesso rendiconto della
gestione per due anni; esistenza di fondati sospetti di gravi irre
golarità) che, sole, legittimano anche uno solo dei condomini a
rivolgersi al giudice, anticipando la deliberazione dell'assem
blea condominiale eventualmente inerte o persino in contrasto
con una già espressa volontà della maggioranza dei condomini,
per chiedere la rimozione dell'amministratore, unitamente al ri
lievo della legittimazione anche individuale a proporre il ricor
so, conferisce al procedimento in esame ed al conseguente
provvedimento giudiziale il carattere di procedimento e di prov vedimento tipicamente cautelari, non dissimile da quello previ sto dall'art. 2409 c.c. per l'ipotesi di «sospetto di gravi irregola rità» commesse da amministratori e sindaci delle società per azioni.
Viene, invero, ad evidenza il carattere eccezionale ed urgente, oltre che sostitutivo della volontà assembleare, della potestà at
tribuita al giudice in una materia nella quale in via ordinaria il
potere di revoca può essere esercitato in ogni tempo dall'assem blea dei condomini (art. 1129, 2° comma, c.c.). E risulta evi dente che solo l'esigenza di assicurare una rapida ed efficace
tutela, superiore rispetto a quella dei singoli condomini e dei di
ritti dell'amministratore, ad una corretta gestione dell'ammini strazione condominiale, a fronte del pericolo di grave danno de rivante da determinate condotte dell'amministratore, può giusti ficare un siffatto intervento del giudice, suscettibile di risolvere
anzitempo il rapporto di mandato tra condomini ed ammini
stratore, senza che, peraltro, si renda necessaria la partecipazio ne al giudizio del condominio o degli altri condomini.
L'evidenziato carattere trova conferma nelle caratteristiche del procedimento, improntato a rapidità, informalità ed officio
sità, potendo, peraltro, il provvedimento essere adottato «sentito
l'amministratore» (art. 64, 1° comma, disp. att. c.c.); caratteri
stiche, tutte, che mal si conciliano col carattere contenzioso che
la contraria tesi giurisprudenziale vuole assegnare al procedi mento ed al provvedimento che lo definisce, in quanto incidente sul rapporto di mandato tra condomini ed amministratore.
Che su tale aspetto il provvedimento del giudice incida, co
me, del resto, generalmente si verifica nei procedimenti came
rali a più parti (plurilaterali), nei quali, tuttavia, l'intervento
giudiziale è pur sempre diretto all'attività di gestione di interes
si, non può meravigliare né può giustificare una non consentita attribuzione ad esso di un'efficacia decisoria e, quindi, di un'attitudine al giudicato, poiché, com'è stato osservato da au torevole dottrina, l'incidenza su un diritto altrui dell'esercizio, da parte del giudice camerale, di un potere di gestione non è cir
costanza che possa considerarsi extra ordinem, purché al titolare del diritto sia consentito, come nell'ipotesi in esame è consen
tito, di chiedere la tutela giurisdizionale piena del diritto inciso.
Il Foro Italiano — 2005.
D'altro canto, com'è stato sottolineato dalla stessa dottrina, ed il rilievo risulta ancora più convincente dopo la riforma del
l'art. 111 Cost, in tema di giusto processo, la tutela dei diritti e
degli status si realizza solo attraverso processi a cognizione pie na, destinati a concludersi con sentenze ovvero con provvedi menti aventi attitudine al giudicato formale e sostanziale, non
già con procedimenti in cui le modalità del contraddittorio siano
rimesse alla determinazione discrezionale del giudice. Sotto il profilo sostanziale il carattere decisorio del provve
dimento in esame è escluso dal rilievo che, ove anche esso san
zionasse la revoca dell*amministratore, non ne pregiudicherebbe le ragioni, che, come si accennava, potranno trovare tutela in un
ordinario giudizio di cognizione. Va, al riguardo, ricordato che, a conferma della natura di
mandato del rapporto intercorrente tra condomini ed ammini
stratore e, conseguentemente, del carattere fiduciario dell'inca
rico, l'art. 1129, 2° comma, c.c. pur fissando in un anno la du
rata dell'incarico, consente la revoca in ogni tempo dell'ammi
nistratore da parte dell'assemblea.
Dovendosi, dunque, escludere un diritto dell'amministratore
all'irrevocabilità dell'incarico, diritto, peraltro, escluso in gene re per qualsiasi mandatario, salvo che sia stato diversamente
pattuito (art. 1723, 1° comma, c.c.), non può ritenersi che la re
voca statuita da giudice camerale incida su un diritto dell'am
ministratore alla stabilità dell'incarico.
Trattandosi, però, di mandato che si presume oneroso, se la
revoca interviene prima della scadenza dell'incarico, l'ammini
stratore avrà diritto alla tutela risarcitoria, esclusa solo in pre senza di una giusta causa a fondamento della revoca (art. 1725, 1° comma, c.c.). E deve ritenersi che le tre ipotesi di revoca
giudiziale previste dall'art. 1129, 3° comma, c.c., configurino altrettante ipotesi di giusta causa per la risoluzione ante tempus del rapporto.
Spetterà, ovviamente, all'amministratore revocato anche il
soddisfacimento dei crediti, eventualmente insoddisfatti, cui ha
diritto ai sensi degli art. 1719 e 1720 c.c.
Pertanto, la tutela che l'amministratore revocato in virtù del
provvedimento camerale potrà conseguire in sede di cognizione ordinaria non potrà essere in forma specifica ma soltanto risar
citoria o per equivalente. A tal fine, il giudice della cognizione ordinaria potrà valutare
l'esistenza della giusta causa addotta a sostegno dell'istanza di
revoca, senza che ciò significhi riesame del provvedimento ca
merale. Per vero, la diversità dell'oggetto e delle finalità del
procedimento camerale e di quello ordinario, unitamente all'e
vidente diversità delle rispettive causae petendi, così come im
pedisce di attribuire efficacia vincolante al provvedimento ca
merale su quello ordinario, del pari non consente di ritenere che
il giudizio ordinario si risolva in un sindacato del provvedi mento camerale.
Conclusivamente, va esclusa l'ammissibilità del ricorso per cassazione, ex art. Ill Cost., avverso il decreto pronunciato dalla corte d'appello ai sensi del combinato disposto degli art.
1129, 3° comma, c.c. e 64, cpv., disp. att. c.c.
Cionondimeno, nel caso in esame il ricorso proposto, avendo ad oggetto esclusivamente la statuizione relativa alle spese pro cessuali, va ritenuto ammissibile.
Come più volte ritenuto da questa Suprema corte (cfr. sent.
15173/00, id., Rep. 2000, voce Società, n. 769; 2517/01, cit.; 6365/01, id., 2002,1, 830; 1343/03, id., Rep. 2003, voce Came ra di consiglio, n. 11), la statuizione relativa alla condanna alle
spese, inerendo a posizioni giuridiche soggettive di debito e credito discendenti da un rapporto obbligatorio autonomo ri
spetto a quello in esito al cui esame è stata adottata, ha i conno
tati della decisione giurisdizionale e l'attitudine al passaggio in
giudicato indipendentemente dalle caratteristiche del provvedi mento cui accede.
Risulta, pertanto, irrilevante che la statuizione impugnata nel
caso in esame acceda ad un provvedimento avente natura, for
male e sostanziale, di volontaria giurisdizione, non ricorribile, in quanto tale, per cassazione, poiché rispetto ad essa vanno ravvisati quella contrapposizione ed i caratteri della decisorietà e definitività richiesti per l'ammissibilità del ricorso per cassa zione ai sensi dell'art. 111 Cost.
Nel merito, la statuizione impugnatà, in quanto conforme al
criterio della soccombenza indicato come normale dall'art. 91
c.p.c.,'risulta corretta.
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