sezioni unite civili; sentenza 3 aprile 2000, n. 90/SU; Pres. Grossi, Est. Evangelista, P.M. Cinque(concl. conf.); Soc. Cartificio Ermolli di Moggio Udinese (Avv. Are, Berarducci) c. SpinelliRessi; Spinelli Ressi (Avv. Torrese, Dominioni) c. Soc. Cartificio Ermolli di Moggio Udinese.Dichiara la giurisdizione del giudice ordinarioSource: Il Foro Italiano, Vol. 123, No. 7/8 (LUGLIO-AGOSTO 2000), pp. 2207/2208-2209/2210Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23194603 .
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2207 PARTE PRIMA 2208
Pacifico, in linea di fatto, quanto sopra, è evidente che cor
rettamente i giudici del merito hanno esteso la loro indagine alla proponibilità stessa della domanda, atteso che per effetto
delle censure hinc et inde proposte deve escludersi fosse coperta da giudicato alcuna delle affermazioni — implicite ovvero espli cite — contenute nella pronunzia di primo grado.
Anche a prescindere da quanto precede si evidenzia che la
sussistenza o meno dei requisiti — indicati dall'art. 8 1. 26 mag
gio 1965 n. 590, perché possa trovare accoglimento una doman
da di riscatto agrario — costituenti condizioni dell'azione, deve
essere accertata dal giudice d'ufficio.
Come — pertanto — non incorre in vizio di ultrapetizione, né viola il giudicato interno, il giudice d'appello che rilevi d'uf
ficio la mancanza degli anzidetti presupposti nel caso in cui la
questione non sia stata expressis esaminata dal giudice di primo
grado (cfr. Cass. 16 aprile 1996, n. 3561, id., Rep. 1996, voce
Agricoltura, n. 120; 25 marzo 1997, n. 2603, id., Rep. 1998, voce cit., n. 141), così deve escludersi che sia precluso al giudice
d'appello — allorché (come nel caso di specie) sia ancora con
troverso se sussistano o meno i presupposti, in concreto, indi
spensabili per l'accoglimento della domanda di riscatto — veri
ficare se quale sia, il petitum azionato.
Correttamente, pertanto, la Corte d'appello di Cagliari ha
proceduto, da un lato, alla verifica della domanda giudiziale in concreto proposta dal Valentino (accertando che l'attore sia
nell'atto introduttivo del giudizio, sia in prosieguo aveva sem
pre dichiarato di volere esercitare il diritto di riscatto mediante
il pagamento della somma di lire tre milioni e cinquecentomila, senza formulare alcuna domanda subordinata) dall'altro, all'e
same della sua fondatezza alla luce delle risultanze istruttorie
acquisite in atti (confermando che non era stata raggiunta la
prova che la Ciaffia e la Tamponi avessero acquistato il terreno
oggetto di controversia al prezzo di lire tre milioni e cinquecen
tomila), da ultimo, traendo le conclusioni del caso dai compiuti accertamenti (rigettando la domanda di riscatto).
7. - Risultato infondato in ogni sua parte il proposto ricorso deve rigettarsi, con assorbimento del ricorso incidentale, espres samente condizionato dalla Ciaffia e dalla Tamponi all'even
tuale accoglimento del ricorso principale.
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 3 apri le 2000, n. 90/SU; Pres. Grossi, Est. Evangelista, P.M. Cin
que (conci, conf.); Soc. Cartificio Ermolli di Moggio Udine se (Avv. Are, Berarducci) c. Spinelli Ressi; Spinelli Ressi
(Avv. Torrese, Dominioni) c. Soc. Cartificio Ermolli di Mog gio Udinese. Dichiara la giurisdizione del giudice ordinario.
Tributi in genere — Somme percepite dal lavoratore — Ritenu
ta fiscale — Applicabilità — Contestazione — Giurisdizione
del giudice ordinario (D.p.r. 22 dicembre 1986 n. 917, appro vazione del testo unico delle imposte sui redditi, art. 16; d.l.
23 febbraio 1995 n. 41, misure urgenti per il risanamento del
la finanza pubblica e per l'occupazione nelle aree depresse, art. 32; 1. 22 marzo 1995 n. 85, conversione in legge, con
modificazioni, del d.l. 23 febbraio 1995 n. 41, art. 1).
Qualora il lavoratore agisca in giudizio contro il datore di lavo ro lamentando il non integrale adempimento dell'obbligazio ne, assunta in sede di conciliazione giudiziale, di pagare una somma di denaro, e contesti la ritenuta fiscale dal datore di lavoro posta a giustificazione della discrepanza in questione solo sotto il profilo dell'esistenza di una pattuizione contrat
tuale relativa al versamento della somma concordata al netto di ritenute (c.d. patto di netto), la controversia appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario e non a quella delle
Il Foro Italiano — 2000.
commissioni tributarie; né in senso contrario, stante la causa
petendi, rileva il fatto che possa essere stata una norma so
pravvenuta alla stipulazione della conciliazione (l'art. 32 d.l.
n. 41 del 1995, convertito in I. n. 85 del 1995) a comportare
l'assoggettamento a ritenuta fiscale del versamento. (1)
Svolgimento del processo. — Con ricorso al Pretore di Mila
no, in funzione di giudice del lavoro, il sig. Decio Spinelli, pre messo che, con verbale di conciliazione giudiziale sottoscritto
il 18 ottobre 1994, la società Cartificio Ermolli di Moggio Udi nese, si era, fra l'altro, obbligata a corrispondergli, in rate bi
mestrali, la somma «netta» di lire 655.000.000, a titolo di risar
cimento del danno da dequalificazione professionale, sofferto
nella fase terminale di un pregresso rapporto di lavoro, e che,
per contro, alcune delle rate suddette erano state versate in un
importo inferiore al dovuto, per essere state, sulle medesime, effettuate ritenute fiscali ai sensi dell'art. 32 1. 23 marzo 1995
n. 85, di conversione del d.l. n. 41 dello stesso anno, conveniva
in giudizio la nominata società chiedendone la condanna al pa
gamento delle relative differenze, sull'assunto che tale ultima
disposizione (istitutiva dell'assoggettamento a ritenuta fiscale ob
bligatoria anche delle somme corrisposte a titolo risarcitorio o
in forza di transazioni relative alla risoluzione di rapporti di
lavoro) non trovava, ratione temporis, applicazione al caso di
specie e, comunque, non esonerava la convenuta dal corrispon dere gli importi netti delle varie frazioni del debito, atteso che
l'ammontare di questo era stato espressamente pattuito come
«netto».
Il giudice adito, pur ritenendo l'applicabilità della disposizio ne sopra menzionata, riteneva tuttavia, l'illegittimità della rite nuta ed accoglieva la domanda in base alla subordinata pro
spettazione, attinente all'intervenuta stipulazione del «patto di
netto».
Proponevano appello entrambe le parti: la società sostenendo
che un patto del genere sarebbe stato nullo per contrasto con
una norma imperativa che inibiva, sotto pena di sanzioni, la
traslazione dell'imposta e proponendo domanda di restituzione
delle somme versate in esecuzione della sentenza impugnata; il
lavoratore insistendo sull'inapplicabilità delle disposizioni sopra richiamate.
Il Tribunale di Milano, con sentenza depositata in cancelleria
il 9 novembre 1996, riformava la decisione pretorile, rilevando
che: — la controversia relativa alla pretesa stipulazione del patto
anzidetto, concernendo l'accertamento dell'esistenza e del signi ficato di un obbligo contrattuale, correttamente doveva ritener
si devoluta alla giurisdizione ordinaria; — la domanda fondata sulla deduzione di siffatto obbligo
era tuttavia inammissibile, poiché il diritto vantato risultava già
presidiato da titolo esecutivo, consistente nel verbale di conci liazione giudiziale che lo consacrava;
— le questioni concernenti ulteriori articolazioni della doman
da erano da ritenere riservate alla giurisdizione tributaria, in
quanto attinenti all'assoggettabilità o meno a ritenuta fiscale delle somme de quibus.
Per la cassazione di questa sentenza ricorrono la società, in
via principale, ed il lavoratore, in via incidentale.
La società ha anche depositato una memoria difensiva.
Motivi della decisione. — I due ricorsi devono essere riuniti, ai sensi dell'art. 335 c.p.c., in quanto proposti contro la mede sima sentenza.
Il primo motivo del ricorso principale denuncia il difetto di
giurisdizione dell'a.g.o., sull'assunto che, il principio della de
voluzione al giudice tributario delle controversie, fra sostituito
(1) Si consolida l'orientamento della Suprema corte sulla giurisdizio ne del giudice ordinario (anziché di quello tributario) sulle controversie nelle quali — in relazione ad accordi intercorsi tra datore di lavoro e lavoratori, attributivi di somme di denaro a questi ultimi — sia dub bio se tali somme debbano intendersi al netto o al lordo delle ritenute
fiscali, senza che sia al contempo messo in discussione l'obbligo tributario. Nello stesso senso, v. Cass. 30 giugno 1999, n. 365/SU, Foro it.,
Mass., 682, e Gazzetta giur., 1999, fase. 32, 47; 17 novembre 1999, nn. 786/SU e 787/SU, Foro it., Mass., 1170; 10 dicembre 1999, nn. 875/SU-887/SU, ibid., 1267; 13 dicembre 1999, n. 888/SU, ibid.; 30 dicembre 1999, nn. 936/SU-938/SU, ibid., 1280.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
e sostituto d'imposta, in punto di legittimità delle ritenute fisca
li operate da quest'ultimo ed il previsto obbligo della rivalsa
da parte del medesimo nei confronti del primo, relativamente
ai versamenti effettuati all'amministrazione finanziaria, impedi scono di ritenere conservato a quella giurisdizione l'esame delle
questioni attinenti a patti contrari a tale obbligo. Il secondo motivo dello stesso ricorso denuncia la violazione
dell'art. 112 c.p.c., per non avere il tribunale, nonostante la
riforma della sentenza impugnata, provveduto sulla (espressa
mente) proposta domanda di restituzione delle somme pagate in esecuzione di tale sentenza.
Il primo motivo del ricorso incidentale denuncia violazione
dell'art. 100 c.p.c. per avere i giudici a quibus trascurata la
persistenza dell'interesse ad ottenere l'accertamento dell'esatto
significato delle clausole della conciliazione giudiziale del 1994 e della portata degli obblighi ivi sanciti a carico della società,
in relazione alle contestazioni implicite nel comportamento di
quest'ultima, concernente l'assoggettamento dei versamenti do
vuti a ritenuta fiscale.
Il secondo motivo dello stesso ricorso denuncia vizi di moti
vazione, per omessa indagine sulla comune volontà delle parti,
in relazione all'interpretazione delle clausole 2 e 3 della suddet
ta conciliazione, nella parte in cui, prevedendo l'erogazione di
somme «nette», presupponevano dovuti importi maggiori, tali
che, assoggettati alle ritenute di legge, potessero produrre un
risultato pari a siffatta erogazione. Il primo motivo del ricorso principale, che, proponendo que
stione di giurisdizione, compete all'esame di queste sezioni uni
te non è fondato.
Ai sensi dell'art. 386 c.p.c., la giurisdizione si determina dal
l'oggetto della domanda, intendendosi per tale, secondo conso
lidata giurisprudenza delle sezioni unite di questa corte, il peti
tum sostanziale, vale a dire la reale natura della controversia,
da identificarsi non soltanto in funzione della concreta statui
zione che si chiede al giudice, ma anche, e soprattutto, in fun
zione della causa petendi individuabile in relazione alla sostan
ziale protezione accordata, in astratto, dall'ordinamento alla si
tuazione dedotta in giudizio, senza che a tal fine possa assumere
rilievo la prospettazione della parte. Alla stregua di tali criteri, la pretesa del lavoratore, concer
nente l'erogazione di importi netti e corrispondenti alla deter
minazione in tal senso fattane col titolo costitutivo del relativo
credito, si compendia nella deduzione di un'obbligazione con
trattuale, di natura privatistica ed implica una questione, con
troversa esclusivamente fra parti private, di esatta individuazio
ne dei contenuti della pattuizione, cosi da non potersi sottrarre
alla cognizione del giudice ordinario.
In questo senso, del resto, è stato recentemente affermato
dalle stesse sezioni unite il principio (cfr. sent. 30 giugno 1999,
n. 365/SU, Foro it., Mass., 682), dal quale non v'è ora ragione
di discostarsi, secondo cui «qualora il lavoratore agisca in giu
dizio contro il datore di lavoro lamentando il non integrale adem
pimento dell'obbligazione, assunta in sede di conciliazione giu
diziale, di pagare una somma di denaro e contesti la ritenuta
fiscale dal datore di lavoro posta a giustificazione della discre
panza in questione solo sotto il profilo dell'esistenza di una pat
tuizione contrattuale relativa al versamento della somma con
cordata al netto di ritenute (c.d. patto di netto), la questione
appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario e non a quel
la delle commissioni tributarie; né in senso contrario, stante ta
le causa petendi, rileva il fatto che possa essere stata una norma
sopravvenuta alla stipulazione della conciliazione (art. 32 d.l.
n. 41 del 1995, convertito in 1. n. 85 del 1995) a comportare
l'assoggettamento a ritenuta fiscale del versamento».
L'orientamento così espresso è stato poi ribadito con le sen
tenze n. 786/SU e n. 787/SU del 1999 (ibid., 1170) affermando si, con la prima, che «appartiene alla giurisdizione del giudice
ordinario la controversia nella quale, in relazione ad un accor
do sindacale attributivo di somme di denaro ai lavoratori, sia
dubbio se tali somme debbano intendersi al netto o al lordo
delle ritenute d'imposta, giacché, in tal caso, non viene in di
scussione l'obbligo del datore di lavoro di effettuare, in qualità
di sostituto d'imposta, le ritenute fiscali sugli emolumenti corri
sposti ai lavoratori, bensì soltanto la corretta interpretazione
dell'accordo alla stregua delle norme di ermeneutica contrattua
le, dettate dagli art. 1362 ss. c.c.»; e precisandosi, con la secon
da, che «il principio secondo il quale le controversie fra sosti
li. Foro Italiano — 2000.
tuito e sostituto d'imposta (e cioè fra lavoratore e datore di
lavoro) sono devolute alla cognizione delle commissioni tributa
rie trova un limite nell'ipotesi in cui dette controversie non ine
riscano alla legittimità delle ritenute d'acconto operate dal da
tore di lavoro (non abbiano cioè ad oggetto né l'obbligo del
datore di lavoro di effettuare le ritenute fiscali su retribuzioni
od altri emolumenti, né la legittimità — in astratto — della
misura di tali ritenute, né l'inclusione di eventuali indennità nel
calcolo della base imponibile), ma soltanto l'interpretazione della
fonte contrattuale in forza della quale è stato erogato il com
penso assoggettato a ritenuta».
Correttamente, pertanto, il tribunale ha ritenuto sussistente
la propria giurisdizione in punto di accertamento del c.d. patto di netto e quella, invece, delle commissioni tributarie sulla que stione dell'assoggettabilità o meno degli emolumenti per cui è
causa al disposto dell'art. 32 1. 23 marzo 1995 n. 85, di conver
sione del d.I. n. 41 dello stesso anno, quale norma che discipli na il rapporto tributario, quanto ad identificazione delle eroga
zioni, da sottoporre a prelievo fiscale.
Il primo motivo del ricorso principale va, dunque, rigettato,
dichiarandosi, per l'effetto, la giurisdizione dell'a.g.o. Ai sensi dell'art. 142 disp. att. c.p.c., gli atti devono essere
inviati al primo presidente per l'assegnazione dei ricorsi alla se
zione semplice competente per l'esame delle residue censure e
per il regolamento delle spese processuali.
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 30 mar
zo 2000, n. 72/SU; Pres. Vessia, Est. Morelli, P.M. Ian
nelli (conci, conf.); Soc. Labor (Avv. Carlucci) c. Comune
di Venezia (Avv. Paoletti, Gidoni, Morino). Regolamento di giurisdizione.
Giurisdizione civile — Servizio comunale di refezione scolastica — Appalto di fornitura stipulato tra gestore e soggetto priva
to — Controversie — Giurisdizione ordinaria (Cost., art. 103;
d.p.r. 24 luglio 1977 n. 616, attuazione della delega di cui
all'art. 1 1. 22 luglio 1975 n. 382, art. 45; d.leg. 31 marzo
1998 n. 80, nuove disposizioni in materia di organizzazione
e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di
giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione am
ministrativa, emanate in attuazione dell'art. 11, 4° comma,
1. 15 marzo 1997 n. 59, art. 33).
Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in relazione alle
controversie insorte tra gestore del servizio comunale di refe
zione scolastica e fornitore privato di prestazioni ad esso stru
mentali (nella specie, preparazione e consegna dei pasti) atti
nenti alla fase di esecuzione del contratto, non rientrando tali
controversie tra quelle indicate dall'art. 33, lett. e), d.leg.
80/98, aventi ad oggetto le procedure di affidamento di ap
palti pubblici, per le quali, invece, resta ferma la giurisdizio ne esclusiva del giudice amministrativo. (1)
(1-2) I. - Entrambe le pronunce in epigrafe affrontano, in sede di
regolamento di giurisdizione, la questione relativa all'esatta individua
zione dell'ambito oggettivo della devoluzione al giudice amministrativo
delle controversie in materia di pubblici servizi, ai sensi dell'art. 33 d.leg.
80/98. Nel primo caso, il comune, gestore del servizio di refezione scolasti
ca, aveva domandato al giudice amministrativo (oltre alla condanna
al risarcimento dei danni) la risoluzione per inadempimento del contrat
to stipulato con una ditta privata avente ad oggetto la preparazione e la consegna dei pasti.
Nel secondo caso, la controversia era stata promossa da una società
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