sezioni unite civili; sentenza 3 maggio 1986, n. 2990; Pres. Sandulli, Est. Menichino, P.M.Pandolfelli (concl. conf.); Lo Iacono (Avv. Colacino) c. Ferrovie dello Stato (Avv. dello StatoStipo); Ferrovie dello Stato c. Lo Iacono. Conferma Trib. Napoli 27 aprile 1982Source: Il Foro Italiano, Vol. 110, No. 1 (GENNAIO 1987), pp. 179/180-181/182Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23179564 .
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PARTE PRIMA
il giudice a quo in una controversia, come quella in esame, nella
quale il p.m. ha l'obbligo di intervenire ma che egli stesso non po trebbe promuovere.
Per la risoluzione di tale questione, su cui la giurisprudenza non
è concorde, la causa è stata assegnata alle sezioni unite.
Secondo il sistema del codice di rito bisogna distinguere fra le
ipotesi in cui il p.m. esercita l'azione civile (art. 69 c.p.c.) o deve
intervenire, a pena di nullità rilevabile d'ufficio, nelle cause che egli stesso potrebbe proporre (art. 70, 1° comma, n. 1, c.p.c.), le ipote si di intervento obbligatorio, sempre a pena di nullità, nelle cause
che non potrebbe proporre (art. 70, 1° comma, nn. 2, 3 e 5, e art.
70, 2° comma, c.p.c.) e quelle, infine, di intervento facoltativo nel
le cause in cui ravvisa un pubblico interesse (art. 70,ult. comma,
c.p.c.). Il p.m. agente o interveniente nelle cause che avrebbe potuto pro
porre ha gli stessi poteri delle parti e li esercita nelle forme che la
legge stabilisce per queste ultime (art. 72, 1° comma, c.p.c.).
Negli altri casi di intervento, obbligatorio o facoltativo, previsti dall'art. 70, eccezion fatta per le cause davanti alla Corte di cassa
zione, il p.m. — come testualmente dispone l'art. 72, 2° comma,
c.p.c. — «può produrre documenti, dedurre prove, prendere con
clusioni nei limiti delle domande proposte dalle parti». Il potere di impugnazione, tuttavia, gli spetta soltanto nelle ipo
tesi espressamente previste (art. 72, 3° e 4° comma, c.p.c.).
Ora, è di tutta evidenza che, ai sensi dell'art. 331 c.p.c., occorre
integrare il contraddittorio con la notificazione del ricorso al p.m.
presso il giudice a quo quando egli stesso abbia proposto l'azione
o sia intervenuto in una causa che avrebbe potuto proporre, non
differendo in tali casi la posizione del p.m. da quella di qualsiasi altro soggetto necessario del processo (Cass. 12 dicembre 1974, n.
4233, Foro it., Rep. 1974, voce Pubblico ministero civile, n. 4). Ed è altrettanto evidentre che il ricorso debba essere notificato
anche al p.m. dotato del (solo) potere di impugnazione della sen
tenza, per metterlo in grado di proporre il ricorso incidentale o il
controricorso (Cass. 23 dicembre 1976, n. 4671, id., 1977, I, 323; 25 agosto 1979, n. 4681, id., Rep. 1979, voce Elezioni, n. 111).
Ma la stessa ratio conduce ad escludere l'obbligo del giudice del
l'impugnazione di disporre l'integrazione del contraddittorio con
la notificazione del ricorso al p.m. presso il giudice a quo una cau
sa che non avrebbe potuto proporre e della quale non può impu
gnare il provvedimento conclusivo.
Opera in tal caso non l'art. 331 c.p.c., che impone l'integrazione del contraddittorio e commina la sanzione d'inammissibilità dell'im
pugnazione se nessuna della parti provveda, bensì l'art. 71 c.p.c., che prescrive la comunicazione degli atti al p.m. affinché possa in
tervenire nelle cause indicate nel 1° comma del precedente art. 70; o, rispettivamente, per il giudizio davanti alla Corte di cassazione, l'art. 137 disp. att., secondo il quale una copia del ricorso deve es sere subito trasmessa al p.m.
L'applicazione di queste norme assicura la partecipazione al giu dizio del p.m. presso il giudice a quo, i cui poteri, nei casi in esame, non differiscono in alcun modo da quelli spettanti al p.m. presso il giudice a quo.
Correttamente, quindi, è stato affermato che, se non è consenti to al p.m. l'esercizio di un potere autonomo di impugnazione, la sua funzione si identifica con quella che svolge il procuratore gene rale presso la Corte di cassazione, «onde l'inutilità dell'intervento di lui davanti alla Corte suprema, e perciò l'esclusione della neces sità dell'integrazione del contraddittorio nei suoi confronti» (Cass. n. 6063 del 1985, id., Rep. 1985, voce Separazione di coniugi, n.
21; nello stesso senso, Cass. 5 agosto 1977, n. 3529, id., Rep. 1979, voce Matrimonio, n. 169, e 13 giugno 1985, n. 3552, id., Rep. 1985, voce Pubblico ministero civile, n. 1).
A tale esatto indirizzo giurisprudenziale non si può contrapporre la generica affermazione che l'integrazione del contraddittorio de ve essere disposta nei confronti del p.m., quale parte necessaria ex
lege, tutte le volte che il medesimo ha dovuto partecipare al giudi zio nelle precedenti fasi (Cass. 29 maggio 1976, n. 1948, id., Rep. 1976, voce cit., n. 3; in tal senso sembra orientata anche l'ordinan za 29 luglio 1981, n. 426, id., Rep. 1981, voce Cassazione civile, n. 307).
Indubbiamente nelle cause in cui è necessario il suo intervento il p.m., sebbene sfornito del potere di azione e di impugnazione, esercita le facoltà previste dall'art. 72, 2° comma, c.p.c., che la legge gli conferisce anche quando egli interviene, a sua discrezione, in ogni causa nella quale ravvisi un pubblico interesse (art. 72, 2° comma, e 70, ult. comma, c.p.c.).
Il Foro Italiano — 1987.
È, pertanto, in sua facoltà — come già si è accennato — dedurre
prove, produrre documenti, prendere conclusioni nei limiti delle do
mande proposte dalle parti (delle domande, non delle conclusioni, e quindi il p.m. può opporsi alla frode alla legge).
Ma lo scopo di metterlo in grado di esercitare, nelle fasi del pro cedimento di merito, tali facoltà e poteri, a garanzia dell'interesse
generale connesso con la pretesa fatta valere in giudizio, e, rispetti
vamente, di consentirgli il controllo in Cassazione sul corretto svol
gimento della funzione giurisdizionale, è pienamente raggiunto, in
applicazione delle sopra richiamate disposizioni, con la comunica
zione degli atti al suo ufficio presso l'autorità davanti alla quale si deve celebrare, in quella determinata fase, il giudizio, e quindi, nel procedimento d'impugnazione, con la comunicazione degli atti
all'ufficio del p.m. presso il giudice ad quem. Come esattamente osserva il ricorrente, ogni funzione che nel giu
dizio di legittimità si possa desiderare di vedere svolta dagli organi del p.m., non titolare del potere di azione o di impugnazione, è pie namente assicurata dal procuratore generale presso la Corte di cas
sazione.
E poiché, nel caso in esame, si tratta di un giudizio di accerta
mento della paternità naturale, cioè di una causa riguardante lo stato
delle persone, nella quale il p.m. deve necessariamente intervenire
senza diritto di azione nè di impugnazione (combinato disposto de
gli art. 70, 1° comma, n. 3, e 72, 3° e 4° comma, c.p.c.), appare sufficiente a garantire la regolarità del giudizio la comunicazione
degli atti, ritualmente eseguita al procuratore generale presso que sta corte, e non è, quindi, necessaria l'integrazione del contraddit torio con la notificazione del ricorso al procuratore generale presso la Corte d'appello di Genova.
In questo senso, pertanto, deve essere decisa la questione pregiu diziale e risolto il contrasto di giurisprudenza, per cui la causa è stata
rimessa al giudizio delle sezioni unite. (Omissis)
CORTE DI CASSAZIONE; sezioni unite civili; sentenza 3 maggio 1986, n. 2990; Pres. Sandulli, Est. Menichino, P.M. Pandol felli (conci, conf.); Lo Iacono (Avv. Colacino) c. Ferrovie del lo Stato (Avv. dello Stato Stipo); Ferrovie dello Stato c. Lo Iacono. Conferma Trib. Napoli 27 aprile 1982.
Ferrovie e tramvie — Dipendenti delle ferrovie dello Stato — In fortuni sul lavoro — Controversie — Giurisdizione ordinaria (R.d. 17 agosto 1935 n. 1765, assicurazione obbligatoria contro gli in fortuni sul lavoro e le malattie professionali, art. 48; r.d. 10 marzo 1938 n. 1054, disposizioni per la liquidazione dell'indennità e delle rendite per gli infortuni sul lavoro e per le malattie professionali del personale di ruolo ed avventizio delle ferrovie dello Stato, ecc.; d.p.r. 30 giugno 1965 n. 1124, t.u. delle disposizioni per l'assicu
razione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali, art. 127).
Rientra nella competenza giurisdizionale dell'a.g.o. la cognizione della controversia di natura previdenziale (avente ad oggetto la domanda di concessione di rendita per infortunio syl lavoro) sorta
fra l'amministrazione delle ferrovie dello Stato ed un proprio di
pendente, restando il rapporto previdenziale e assicurativo del tut to separato dal rapporto di pubblico impiego, nonostante sia
gestito direttamente dalla stessa amministrazione. (1)
(1) In termini, nel senso che il rapporto assicurativo obbligatorio (per la previdenza e per l'assistenza) è distinto ed autonomo rispetto a quello di pubblico impiego, v. Cass. 28 ottobre 1985, n. 5298, Foro it., Rep. 1985, voce Impiegato dello Stato, n. 1013 (in vertenza contro l'I.n.p.s.); 15 gen naio 1983, n. 320, id., Rep. 1983, voce cit-, n. 1229 eli ottobre 1979, n. 5278, id., Rep. 1979, voce cit., n. 1284 (entrambe in fattispecie con l'ammi nistrazione delle poste e telecomunicazioni); 7 gennaio 1981, n. 79, id., 1981, I, 1058, con nota di A. Proto Pisani, sulle diverse problematiche connesse alle controversie previdenziali in rapporti di pubblico impiego; 5 luglio 1975, n. 2615, id., Rep. 1976, voce cit., n. 1794 e 22 luglio 1966, n. 1988, id., 1967, I, 485 (in fattispecie con l'E.n.p.a.s.); 11 luglio 1972, n. 2333, id., 1973,1, 467 (in controversia con le ferrovie dello Stato e con l'affermazio ne della applicabilità a tutti i dipendenti pubblici della normativa generale sulla assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro); Trib. Firenze 29 ottobre 1964, id., Rep. 1966, voce cit., n. 929; Cass. 20 agosto 1962, n. 2602, id., 1962, I, 1726, con nota di richiami.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE
Motivi della decisione. — I due ricorsi vanno preventivamente
riuniti, concernendo la stessa sentenza (art. 335 c.p.c.). Il ricorrente principale deduce, con il primo mezzo, il difetto as
soluto di giurisdizione dell'a.g.o., la violazione ed erronea applica zione dell'art. 13 t.u. 12 luglio 1934 n. 1214 nonché dell'art. 22 r.d.
22 aprile 1909 con riferimento al d.p.r. 29 dicembre 1973 n. 1092, in relazione agli art. 37 e 360, n. 1, c.p.c., sostenendo che non è
l'a.g.o. ma la Corte dei conti competente a decidere in materia di
pensioni e trattamenti di quiescenza spettanti a dipendenti statali
a carico del bilancio dello Stato. (Omissis). Per quanto concerne il primo motivo del ricorso principale, il di
fetto di giurisdizione dell'a.g.o. non sussiste né sotto il profilo con
esso dedotto che questa spetti alla Corte dei conti, né sotto l'ulte
riore prospettazione — svolta dal ricorrente stesso nella memoria — che la giurisdizione sia da attribuire al giudice amministrativo.
Il trattamento previdenziale relativo agli infortuni sul lavoro per i dipendenti dell'amministrazione delle FF. SS. in servizio, attiene
ad un rapporto giuridico previdenziale che è coesistente, ma auto
nomo rispetto a quello di pubblico impiego che lega i dipendenti stessi con il loro inserimento organico nella struttura amministrati
va di tale settore di attività pubblica. Pertanto, in primo luogo, non
potrebbe sussistere la giurisdizione della Corte dei conti perché il
trattamento previdenziale, costituito dalla rendita per infortunio, inerisce ad un servizio in corso di svolgimento, e non integra una
prestazione successiva all'esaurimento del rapporto di pubblico im
piego, qual è, invece, il trattamento pensionistico del pubblico di
pendente, esclusivamente demandato alla competenza giurisdizionale della Corte dei conti.
Relativamente, poi, alla pretesa sussistenza nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, il ricorrente sostiene che non
sarebbe configurabile un rapporto di assicurazione infortuni fra il
dipendente e l'amministrazione FF. SS., che è anche la struttura
amministrativa in cui esso è inserito, perché l'amministrazione non
è un diverso soggetto assicuratore, su cui venga a gravare il rischio
dell'infortunio e ciò in relazione al fatto che manca un altro sog
getto assicurante che versi il relativo premio assicurativo; pertanto, identificandosi nella stessa amministrazione, il soggetto assicuran
te ed il soggetto assicuratore, il ricorrente conclude che anche la pre stazione previdenziale per infortunio rientrerebbe nello schema del
rapporto di pubblico impiego e che la relativa controversia spette rebbe al g.a.,
La tesi è destituita di fondamento.
Invero l'ambito della disciplina del pubblico impiego, demanda
ta alla giurisdizione esclusiva del g.a. comprende, ai sensi dell'art.
68 d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3, la liquidazione dell'equo indenniz
zo per le infermità contratte in servizio, o dipendenti da cause di
servizio.
Al contrario il trattamento specifico per la liquidazione della ren
dita da infortunio occorso al dipendente delle FF. SS. è disciplina to dal r.d. 10 marzo 1938 n. 1054, in relazione all'art. 48 n. 2, del
Per le vertenze aventi ad oggetto richieste di indennità per invalidità con tratte in servizio ma non fondate sul rapporto assicurativo obbligatorio, è stata affermata la competenza del giudice amministrativo: v. Cass. 8 otto
bre 1985, n. 4858, id., Rep. 1985, voce cit., 953; 4 febbraio 1985, nn. 755
e 756, ibid., nn. 961, 960; 23 aprile 1982, n. 2495, id., Rep. 1982, voce cit., n. 1192; salvo che non si faccia questione di comportamento colposo della
p.a. e di violazione del principio del neminem laedere: v. Cass. 22 luglio 1978, n. 3649, id., Rep. 1978, voce cit., n. 1381; 21 marzo 1973, n. 796, id., 1975, I, 689.
Per le vertenze relative a forme di previdenza integrative o aziendali, è
stata, per lo più, affermata la giurisdizione del giudice amministrativo: v. Cass. 14 gennaio 1981, n. 309, id., Rep. 1981, voce cit., n. 1133; 25 maggio 1979, n. 3022, id., 1980, I, 778; 11 gennaio 1979, n. 185, id.. Rep. 1979, voce cit., n. 1366; contra, Cass. 5 luglio 1984, n. 3950, id., Rep. 1984, voce
cit., n. 1185. La giurisprudenza amministrativa, tuttavia, ritiene che le controversie in
materia di previdenza e assistenza obbligatoria concernenti i pubblici dipen denti rientrino nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo: cfr.
Cons, giust. amm. sic. 23 luglio 1984, n. 103, id., Rep. 1984, voce cit., n.
1149; T.A.R. Lombardia, sez. III, 6 giugno 1984, n. 159, ibid., n. 1146; Cons. Stato, sez. VI, 20 maggio 1982, n. 261, id., Rep. 1982, voce cit., n.
1244 (in tema di forme di previdenza integrative o aziendali, limitatamente alle quali, peraltro anche la Cassazione è del medesimo avviso: v. sent, so
pra cit.); sez. V 16 maggio 1980, n. 515, id., Rep. 1980, voce cit., n. 1233.
Infine, si rammenta che con 1. 17 maggio 1985 n.210, è stato istituito il
nuovo ente «Ferrovie dello Stato», con conseguente mutamento del regime del rapporto di impiego dei dipendenti: v. Cons. Stato, sez. VI, 5 dicembre
1985, n. 645, id., 1986, I, 285; 5 marzo 1986, n. 239, ibid., 331, con nota di richiami, cui adde Fabbrini, ibid., V, 447.
Il Foro Italiano — 1987.
r.d. 17 agosto 1935 n. 1765 — poi trasfuso nell'art. 127 t.u. 30 giu
gno 1965 n. 1124 — sugli infortuni sul lavoro, nel senso che il per sonale dipendente dalla suddetta amministrazione non è assicurato
presso l'I.n.a.i.l., ma riceve il suddetto trattamento dalla stessa am
ministrazione FF. SS., secondo la stessa disciplina e secondo le stesse
modalità della assicurazione infortuni.
Trattasi perciò di una forma di gestione di questa, direttamente
demandata alla amministrazione presso cui il dipendente svolge il
proprio servizio; ma essa concerne le prestazioni assicurative che
formano oggetto di un rapporto previdenziale ed assicurativo se
parato dalla struttura del rapporto di pubblico impiego in quanto esse si aggiungono a quelle connesse al servizio del dipendente e si
riferiscono alla effettiva esistenza di una forma di infortunio rego lata dalle leggi che tutelano i lavoratori subordinati dal relativo
rischio. La pretesa del dipendente delle FF. SS. in tale evenienza è perciò
connessa non già alla sua posizione di pubblico impiegato, ma al
l'esistenza di uno specifico rapporto previdenziale, ed inerisce ad
una sua posizione di diritto soggettivo alla tutela assicurativa se
condo la relativa disciplina. L'attribuzione della gestione di tale rapporto alla stessa p.a. da
cui l'impiegato dipende costituisce una libera scelta del legislatore, il quale ha voluto far coesistere nel medesino soggetto (nel caso am
ministrazione FF. SS.) le due posizioni di assicurante e di assicura
tore; ma la natura della prestazione e la posizione del soggetto titolare
del diritto a ricevere la medesima prestazione configurano un rap
porto di natura previdenziale autonomo, seppure collegato a quel lo di pubblico impiego (sent. 15 gennaio 1983, n. 320, Foro it., Rep.
1983, voce Impiegato dello Stato, n. 1229, concernente la identica
posizione di un dipendente dell'amministrazione poste e telegrafi). Pertanto la domanda del dipendente delle FF. SS. diretta ad ot
tenere la rendita per infortunio sul lavoro resta devoluta alla giuri sdizione dell'a.g.o. (Omissis)
I
CORTE DI CASSAZIONE; sezione III civile; sentenza 21 aprile
1986, n. 2809; Pres. Scribano, Est. Schermi, P. M. Nicita (conci,
diff.); Toluian (Avv. Taranto, Pace) c. Corvaia. Regolamento di competenza avverso Pret. Palermo 27 giugno 1984.
Competenza civile — Locazione — Immobili urbani — Controver
sia sulla risoluzione per morosità — Questione sulla misura del
canone — Richiesta di accertamento con valore di giudicato —
Mancanza — Competenza funzionale del pretore — Esclusione
(L. 27 luglio 1978 n. 392, disciplina delle locazioni di immobili urbani, art. 45; 1. 30 luglio 1984 n. 399, aumenti dei limiti di com petenza del conciliatore e del pretore, art. 6).
La competenza funzionale per le controversie sulla determinazione
del canone di locazione, devoluta dopo l'entrata in vigore della
l. n. 399/84 al solo pretore, presuppone una specifica domanda
di accertamento del canone stesso, proposta in via principale o
riconvenzionale, con la conseguenza che, in difetto di siffatta do
manda, la questione sull'ammontare del canone dovuto deve es
sere conosciuta e risolta in via puramente mediata e strumentale
dal giudice competente sulla domanda di risoluzione del contrat
to per morosità. (1)
(1) Nello stesso senso, v. Cass. 20 febbraio 1984, n. 1219, Foro it., Rep. 1984, voce Competenza civile, n. 85, nonché Cass. 20 gennaio 1984, n. 495, ibid., n. 41.
Per l'impossibilità di un simultaneus processus nell'ipotesi che, nell'am bito di un giudizio per la risoluzione contrattuale per morosità, sia richiesta la determinazione del canone con valore di giudicato, v. Cass. 11 febbraio
1982, n. 839, id., 1982,1, 1955, con nota di G. Costantino, seguita da nu
merose altre decisioni dello stesso tenore. Lo spunto di maggior interesse ed attualità offerto dalla pronunzia, ap
pare, tuttavia, l'affermazione (incidentale) della devoluzione al solo preto re, dopo l'entrata in vigore della 1. n. 392/78, della competenza sulle controversie per la determinazione del canone di locazione: sul punto, v. la nota che segue, specie sub § VII.
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