Sezioni unite civili; sentenza 30 ottobre 1959, n. 3206; Pres. Oggioni P., Est. La Porta, P. M.Criscuoli (concl. conf.); Menolascina e altri (Avv. D'Audino) c. Capochiani (Avv. Armenise),Santoni (Avv. Troccoli) e Comune di BariSource: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 1 (1960), pp. 77/78-79/80Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152040 .
Accessed: 25/06/2014 04:41
Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp
.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].
.
Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.
http://www.jstor.org
This content downloaded from 62.122.73.86 on Wed, 25 Jun 2014 04:41:25 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
77 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 78
а) la mancata percezione delle mance in lire 2.500.000;
б) il valore dei biglietti ferroviari gratuiti ; per lo
equivalente di lire 1.500.000 ;
c) per non avere tenuto conto della 13° mensilità,
degli assegni familiari, dell'indennità di contingenza, delle
festività nazionali, del premio giubilare e della messa in
quiescenza. Sulla prima voce, si deve osservare che la sentenza
denunciata ha ritenuto che il regolamento della Compagnia vietava la percezione delle mance. Ora il risarcimento dei
danni serve a compensare la perdita delle utilità, alle quali si ha diritto non già la perdita di qualsiasi aspettativa di
natura economica, perchè il danno in senso giuridico non
coincide sempre con il danno in senso economico o più
precisamente sofferto. Nè è certo da argomentare dalle deci
sioni di questa Corte suprema che dedussero il carattere
retributivo delle mance, da particolari previsioni di contratti
collettivi individuali di lavoro, che permettevano di assu
merle come elemento, si ripete, della retribuzione.
Circa i biglietti ferroviari, la sentenza definitiva afferma
che lo Schifano non ha dimostrato il danno derivante dal
mancato conseguimento di essi. L'osservazione è errata, perchè se si tratta di un diritto
dell'impiegato è proprio la mancata soddisfazione di esso
che costituisce danno. Tuttavia esso va circoscritto nei
limiti del periodo considerato utile al risarcimento del
danno (marzo-dicembre 1946). Sono fondate anche le altre censure, sempre limitata
mente al suddetto periodo. Allo Schifano, se riassunto, sarebbero spettate tutte le indennità corrisposte ai suoi
colleghi, e, inoltre, se alla fine del periodo considerato fosse
stato collocato in quiescenza, avrebbe avuto il trattamento
relativo.
La Corte di appello, pur avendo esattamente rivalu
tato le somme, non comprese in esse le suddette voci. Per
tanto la sentenza dev'essere cassata anche per questa
parte. Per questi motivi, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.
Sezioni unite civili ; sentenza 30 ottobre 1959, n. 3206 ; Pres. Oggioni P., Est. La Porta, P. M. Criscuoli
(conci, conf.) ; Menolascina e altri (Avv. DAudino) c. Capochiani (Avv. Armenise), Santoni (Avv. Troc
COli) e Comune di Bari.
(Conferma Trib. Bari 31 maggio 1958)
Piano regolatore, di ricostruzione e disciplina delle
costruzioni — Norme edilizie —- Violazione —
Controversie ira privati — Eccezione di esistenza di autorizzazione in deroga — Poteri del giudice ordinario.
Piano regolatore, di ricostruzione e disciplina delle costruzioni — Norme integrative del regolamento edilizio di Bari -— Potere di deroga — Limiti.
Ai fini dell'accertamento della esistenza del proprio potere giurisdizionale, il giudice ordinario, chiamato a decidere una controversia tra privati relativa alla pretesa violazione di norme di edilizia, ove il convenuto eccepisca l'esistenza di un'autorizzazione in deroga, deve in via preliminare accertare se esiste il potere di deroga, e, nel caso afferma tivo, quali ne siano i limiti, e solo successivamente può procedere all'indagine incidentale sulla legittimità del
l'esercizio del potere che abbia riconosciuto sussistente. (1) L'art. 20 delle norme urbanistiche integrative del regolamento
edilizio comunale della Città di Bari consente la deroga alle disposizioni del precedente art. 15, solo per le sistema zioni edilizie d'insieme quando concorrano particolari esigenze artistiche; fuori di tali ipotesi non è attribuita alla
pubblica Amministrazione alcuna potestà di deroga. (2)
(1-2) Cons., sulla prima massima, Trib. Venezia 14 marzo
La Corte, ecc. — Con l'unico motivo del ricorso si as sume che il Comune di Bari ha esercitato in concreto il
potere di derogare ai limiti fissati dall'art. 15 delle norme
urbanistiche, potere espressamente riconosciutogli dallo art. 20 delle norme stesse, con la conseguenza che il di ritto soggettivo delle attrici è degradato ad interesse le
gittimo, onde il giudice ordinario difetta di giurisdizione. Il ricorso non merita accoglimento. Le disposizioni dei regolamenti comunali che stabili
scono una determinata distanza minima tra fabbricati
prospicienti (zona libera) pongono in essere norme integra tive della disciplina del codice civile, relativa alle distanze tra costruzioni su fondi finitimi. Esse, pertanto, attribui scono ai proprietari dei fondi confinanti diritti soggettivi perfetti, la cui tutela, in caso di violazione, spetta al giudice ordinario, al quale colui che, per effetto della violazione, ha subito danno può rivolgersi, a norma del 2° comma del l'art. 872 cod. civ., per ottenere non soltanto il risarcimento
del danno ma anche la riduzione in pristino. Tali diritti
soggettivi si affievoliscono e degradano ad interessi le
gittimi tutte le volte che la pubblica Amministrazione, cui il regolamento edilizio lo consenta, per ragioni di pubblico interesse esercita il potere discrezionale di autorizzare de
terminate opere in deroga alle norme generali, poste dal
regolamento medesimo, e l'opera di cui in concreto si la
menta l'esecuzione sia stata autorizzata dalla detta pub blica Amministrazione nell'esercizio del potere di deroga.
Da siffatti principi non deriva, però, che ineluttabil
mente il giudice ordinario debba declinare la propria giu risdizione tutte le volte che esista un atto amministrativo
di autorizzazione di determinate costruzioni in deroga alle norme generali dei regolamenti. Invero, la determi
nazione in concreto della spettanza o non della controversia alla cognizione del giudice ordinario va fatta sempre in
riferimento al petitum sostanziale, ossia in riferimento al
l'oggetto della domanda in relazione alla causa petendi. Ond'è che, se si chiede la tutela giurisdizionale per la viola
zione di un diritto soggettivo, qual'è quello di proprietà, assumendosi che la lesione è conseguente al comporta mento illegittimo (causa petencli) del vicino, nei cui con
fronti si domandano il risarcimento dei danni e la ridu
zione in pristino, la controversia involge sempre una que stione relativa ad un diritto soggettivo perfetto, anche
quando il vicino (convenuto) eccepisce di avere agito legitti mamente in forza di autorizzazione in deroga ottenuta
dalla pubblica Amministrazione.
L'indagine sull'esistenza dell'autorizzazione in deroga attiene, difatti, alla sussistenza di una condizione dell'azione.
Essa, se si conclude in senso positivo, porta a negare una
condizione dell'azione, cioè la esistenza del diritto sog
gettivo di cui si pretende la tutela e, conseguentemente, al rigetto della domanda. Ciò importa che, nella contro
versia tra privati, la questione circa la esistenza della deroga e circa i limiti della stessa è questione di merito relativa
all'esistenza della lesione al diritto di proprietà. Anche se
sorge questione sulla legittimità della concessa autorizza
zione, la controversia tra privati appartiene alla cognizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, posto che questa ne
conosce solo incidenter tantum ; ossia per quanto possa oc
correre ai fini della decisione sulla domanda e senza effi
cacia di giudicato. Diversamente sarebbe se la questione di legittimità dell'autorizzazione fosse posta nei confronti
del Comune. In tal caso, invero, contestandosi l'esercizio
del potere della pubblica Amministrazione, si farebbe que stione di interesse legittimo.
Va, ancora, rilevato, che ai fini dell'accertamento del
l'esistenza del proprio potere giurisdizionale, il giudice or
dinario chiamato a decidere una controversia tra privati relativa alla pretesa violazione delle norme di edilizia, ove
il convenuto eccepisca l'esistenza di un'autorizzazione in
deroga, deve in via preliminare accertare se esista il potere
1959, Foro it., 1959, I, 1601, con nota di precedenti della Cassa
zione. Sulla seconda massima non risultano precedenti.
This content downloaded from 62.122.73.86 on Wed, 25 Jun 2014 04:41:25 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions
79 PARTE PRIMA 80
di deroga, e, nel caso affermativo-, quali ne siano i limiti, e solo successivamente può procedere all'indagine inciden tale sulla legittimità dell'esercizio del potere, che abbia ri conosciuto sussistente. Invero, ove il potere di deroga inanelli o sia consentito solo in limitati casi, diversi da quelli nei quali è riconducibile il caso in esame, ogni indagine sull'esercizio del potere da parte della pubblica Ammini strazione è frustranea.
Ciò precisato, va rilevato che il 2° comma dell'art. 15
delle norme urbanistiche integrative del regolamento edi lizio comunale della Città di Bari dispone che « le palazzine non possono avere più di quattro piani compreso il terreno, non possono contenere negozi, non devono superare 16 metri di altezza a 40 di lunghezza massima, se in linea, a 30 se a blocco. La percentuale di copertura massima è il
30%, la distanza dall'asse stradale e dai confini 8 metri,
quelle tra fabbricati opposti 16 ; l'indice di sfruttamento massimo è 4,80».
Tale norma, nella seconda parte, in cui fissa la distanza tra costruzioni su fondi finitimi in 16 metri, è integratrice del codice civile, che, all'art. 873, demanda ai regolamenti comunali la determinazione di una distanza tra le costru zioni maggiori ai tre metri. Non è dubbio, pertanto, che da tale norma sorge un diritto soggettivo del proprietario confinante al rispetto della distanza stabilita. Il successivo art. 20 della citata norma stabilisce che « nelle sistemazioni edilizie di insieme che abbiano particolari esigenze arti stiche o tecniche, possono essere consentite speciali deroghe su conforme parere degli organi competenti ». La norma, nella sua chiara formulazione, consente la deroga alle dispo sizioni precedenti, soltanto per le sistemazioni edilizie di
insieme, quando concorrano particolari esigenze artistiche. Fuori di tali ipotesi non è attribuita alla pubblica Ammini strazione alcuna potestà di deroga.
Nel caso in esame, in cui non ricorre l'ipotesi prevista nella norma or richiamata, perchè non si deduce che la
pretesa deroga sia stata consentita in funzione di una siste mazione edilizia d'insieme con particolari esigenze artistiche e tecniche, e perchè oggettivamente non è in discussione una sistemazione del genere, difetta pertanto il potere di
deroga. Conseguentemente neppure è possibile l'indagine sull'esercizio del preteso potere di deroga da parte della
pubblica Amministrazione, e la controversia si riduce alla mera questione sulla sussistenza della lesione dei diritti
soggettivi vantati dalle attrici. Per le esposte considerazioni il ricorso va rigettato,
dichiarandosi la giurisdizione del giudice ordinario, con le conseguenze di legge.
Per questi motivi, rigetta, ecc.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,
Sezione III civile ; sentenza 30 ottobre 1959, n. 3194 ; Pres. Verzì P., Est. La Farina, P. M. Mazza (conci, conf.) ; Soc. Cementfer (Avv. D'Amelio) c. 1st. naz. credito edilizio (Avv. Ciotola, Mottola).
(Conferma App. L'Aquila 19 luglio 1958)
Privilegio — Spese per atti conservativi — Sussi stenza — Fattispecie (Cod. civ., art. 2770).
Privilegio — Spese per atti conservativi — Incapienza di creditori intervenuti — Irrilevanza.
Privilegio — Spese del giudizio di merito — Insus sistenza.
Privilegio — Spese del sequestro conservativo — Sus sistenza — Limiti (Cod. civ., art. 2770 ; cod. proc. civ., art. 682 ; disp. att. cod. proc. civ., art. 156).
Il privilegio per i crediti per spese di giustizia fatte per atti conservativi sul prezzo dei beni espropriati è opponibile condizionatamente alVutilità, per i creditori concorrenti
all'effetto délVindisponibilità del bene sequestrato e della
sua custodia, utilità che non ricorre qualora la difesa contro il pregiudizio derivante da eventuali atti di aliena zione sia loro già assicurata dagli effetti della loro garanzia
specifica. (1) Sono privilegiate quelle spese che apparivano utili al momento
in cui furono eseguite e la spettanza del privilegio non può essere influenzata dall'esito finale dell'espropriazione, ossia
dall'incapienza di uno o più creditori per effetto del privi legio loro opposto. (2)
Non sono privilegiate le spese del giudizio di merito abbinato a quello di convalida di sequestro, attenendo esse all'inte resse esclusivo del sequestrante. (3)
Le spese del sequestro conservativo non sono privilegiate qua lora la procedura esecutiva venga iniziata da altro credi tore con distinto alto di pignoramento, prima che il seque strante inizi l'espropriazione. (4)
La Corte, ecc. — Con il primo motivo del ricorso la Soc.
Cementfer, denunciando la violazione degli art. 2770 e 2777 cod. civ., 679 e 559 cod. proc. civ., lamenta che la Corte di merito, pur avendo riconosciuto in fatto l'avvenuta conservazione materiale dell'immobile, abbia negato in diritto il privilegio, soltanto perchè la Società stessa non era stata nominata custode, mentre la legge non dispone affatto che il creditore abbia diritto al privilegio soltanto se siasi fatto nominare custode.
Sulla non necessità di tale nomina vi era un preciso rilievo della ricorrente, onde sussisterebbe anche omessa motivazione su punto decisivo, come sussisterebbe anche omessa motivazione sul punto che, a legittimare il privilegio, è sufficiente che le spese abbiano potenzialmente attitu dine a riuscire di vantaggio alla massa dei creditori.
Il motivo è infondato. La norma (art. 2770 cod. civ. ; v. analogamente, per i
mobili, l'art. 2755 cod. civ.) che concede, sul prezzo dei beni immobili espropriati, privilegio ai crediti per le spese di giustizia fatte per atti conservativi, ecc. . . . sui beni
stessi, nell'interesse comune dei creditori, trova la sua ratio, per ciò che attiene al sequestro conservativo, nei due scopi concorrenti o alternativi di tale misura cautelare, e nei correlativi effetti : indisponibilità del bene sequestrato (nel senso della inefficacia delle alienazioni e degli altri atti che abbiano per oggetto la cosa stessa) e custodia del bene mede simo ; l'una diretta ad evitarne la modificazione della situa zione giuridica, l'altra volta ad impedirne le alterazioni
materiali, cioè i deterioramenti. È chiaro che, in linea
generale, tali scopi e tali effetti possono estendere la loro
utilità, oltre che al creditore sequestrante, anche agli altri creditori che successivamente, in fase di esecuzione, ven
gano a concorrere sul prezzo dell'immobile, sotto il primo riflesso, quello, cioè della indisponibilità giuridica, ciò può verificarsi in quanto si ritenga (opinione, questa, preva lente, ma non incontroversa), che l'inefficacia delle aliena zioni e degli altri atti di disposizione, benché sancita dall'art. 2906, 1° comma, cod. civ., apparentemente a solo favore del creditore sequestrante, si estenda, ex tunc, per il richiamo contenuto nello stesso articolo alle regole del pignoramento, e quindi alla norma dell'art. 1913, anche a favore degli altri creditori che successivamente, convertitosi il sequestro in pignoramento, intervengono nell'esecuzione e concorrono sul prezzo ; sotto il secondo riflesso, appare poi evidente, nella generalità dei casi, l'interesse anche degli altri credi tori alla migliore conservazione dell'immobile, alla salva
fi-4) Sulle varie questioni, in dottrina v. Andrioli, I pri vilegi, in Commentario, a cura di A. Scialoja e G. Branca, sub art. 2755, pag. 132 ; Gaetano, I privilegi, Torino, 1949, 98.
Sulla seconda massima, Andrioli, op. cit., pag. 134, 135. In senso conforme alla terza massima con particolare rife
rimento ai crediti per contributi di previdenza sociale ai sensi dell'art. 2753 cod. civ., v. Cass. 18 ottobre 1957, n. 3943, Foro it., Rep. 1957, voce Privilegio, n. 14 ; App. Firenze 28 giugno 1956, id., 1957, I, 116.
Sull'ultima massima, testualmente, Andrioli, op. loc. oil. Sul privilegio per spese di custodia, v. Cass. 24 febbraio
1958, n. 604, Foro it., Rep. 1958, voce cit., n. 24.
This content downloaded from 62.122.73.86 on Wed, 25 Jun 2014 04:41:25 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions