+ All Categories
Home > Documents > Sezioni unite civili; sentenza 30 ottobre 1959, n. 3206; Pres. Oggioni P., Est. La Porta, P. M....

Sezioni unite civili; sentenza 30 ottobre 1959, n. 3206; Pres. Oggioni P., Est. La Porta, P. M....

Date post: 27-Jan-2017
Category:
Upload: lymien
View: 219 times
Download: 4 times
Share this document with a friend
3
Sezioni unite civili; sentenza 30 ottobre 1959, n. 3206; Pres. Oggioni P., Est. La Porta, P. M. Criscuoli (concl. conf.); Menolascina e altri (Avv. D'Audino) c. Capochiani (Avv. Armenise), Santoni (Avv. Troccoli) e Comune di Bari Source: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 1 (1960), pp. 77/78-79/80 Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARL Stable URL: http://www.jstor.org/stable/23152040 . Accessed: 25/06/2014 04:41 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Il Foro Italiano. http://www.jstor.org This content downloaded from 62.122.73.86 on Wed, 25 Jun 2014 04:41:25 AM All use subject to JSTOR Terms and Conditions
Transcript
Page 1: Sezioni unite civili; sentenza 30 ottobre 1959, n. 3206; Pres. Oggioni P., Est. La Porta, P. M. Criscuoli (concl. conf.); Menolascina e altri (Avv. D'Audino) c. Capochiani (Avv. Armenise),

Sezioni unite civili; sentenza 30 ottobre 1959, n. 3206; Pres. Oggioni P., Est. La Porta, P. M.Criscuoli (concl. conf.); Menolascina e altri (Avv. D'Audino) c. Capochiani (Avv. Armenise),Santoni (Avv. Troccoli) e Comune di BariSource: Il Foro Italiano, Vol. 83, No. 1 (1960), pp. 77/78-79/80Published by: Societa Editrice Il Foro Italiano ARLStable URL: http://www.jstor.org/stable/23152040 .

Accessed: 25/06/2014 04:41

Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at .http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp

.JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range ofcontent in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new formsof scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected].

.

Societa Editrice Il Foro Italiano ARL is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to IlForo Italiano.

http://www.jstor.org

This content downloaded from 62.122.73.86 on Wed, 25 Jun 2014 04:41:25 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 2: Sezioni unite civili; sentenza 30 ottobre 1959, n. 3206; Pres. Oggioni P., Est. La Porta, P. M. Criscuoli (concl. conf.); Menolascina e altri (Avv. D'Audino) c. Capochiani (Avv. Armenise),

77 GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE E CIVILE 78

а) la mancata percezione delle mance in lire 2.500.000;

б) il valore dei biglietti ferroviari gratuiti ; per lo

equivalente di lire 1.500.000 ;

c) per non avere tenuto conto della 13° mensilità,

degli assegni familiari, dell'indennità di contingenza, delle

festività nazionali, del premio giubilare e della messa in

quiescenza. Sulla prima voce, si deve osservare che la sentenza

denunciata ha ritenuto che il regolamento della Compagnia vietava la percezione delle mance. Ora il risarcimento dei

danni serve a compensare la perdita delle utilità, alle quali si ha diritto non già la perdita di qualsiasi aspettativa di

natura economica, perchè il danno in senso giuridico non

coincide sempre con il danno in senso economico o più

precisamente sofferto. Nè è certo da argomentare dalle deci

sioni di questa Corte suprema che dedussero il carattere

retributivo delle mance, da particolari previsioni di contratti

collettivi individuali di lavoro, che permettevano di assu

merle come elemento, si ripete, della retribuzione.

Circa i biglietti ferroviari, la sentenza definitiva afferma

che lo Schifano non ha dimostrato il danno derivante dal

mancato conseguimento di essi. L'osservazione è errata, perchè se si tratta di un diritto

dell'impiegato è proprio la mancata soddisfazione di esso

che costituisce danno. Tuttavia esso va circoscritto nei

limiti del periodo considerato utile al risarcimento del

danno (marzo-dicembre 1946). Sono fondate anche le altre censure, sempre limitata

mente al suddetto periodo. Allo Schifano, se riassunto, sarebbero spettate tutte le indennità corrisposte ai suoi

colleghi, e, inoltre, se alla fine del periodo considerato fosse

stato collocato in quiescenza, avrebbe avuto il trattamento

relativo.

La Corte di appello, pur avendo esattamente rivalu

tato le somme, non comprese in esse le suddette voci. Per

tanto la sentenza dev'essere cassata anche per questa

parte. Per questi motivi, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE.

Sezioni unite civili ; sentenza 30 ottobre 1959, n. 3206 ; Pres. Oggioni P., Est. La Porta, P. M. Criscuoli

(conci, conf.) ; Menolascina e altri (Avv. DAudino) c. Capochiani (Avv. Armenise), Santoni (Avv. Troc

COli) e Comune di Bari.

(Conferma Trib. Bari 31 maggio 1958)

Piano regolatore, di ricostruzione e disciplina delle

costruzioni — Norme edilizie —- Violazione —

Controversie ira privati — Eccezione di esistenza di autorizzazione in deroga — Poteri del giudice ordinario.

Piano regolatore, di ricostruzione e disciplina delle costruzioni — Norme integrative del regolamento edilizio di Bari -— Potere di deroga — Limiti.

Ai fini dell'accertamento della esistenza del proprio potere giurisdizionale, il giudice ordinario, chiamato a decidere una controversia tra privati relativa alla pretesa violazione di norme di edilizia, ove il convenuto eccepisca l'esistenza di un'autorizzazione in deroga, deve in via preliminare accertare se esiste il potere di deroga, e, nel caso afferma tivo, quali ne siano i limiti, e solo successivamente può procedere all'indagine incidentale sulla legittimità del

l'esercizio del potere che abbia riconosciuto sussistente. (1) L'art. 20 delle norme urbanistiche integrative del regolamento

edilizio comunale della Città di Bari consente la deroga alle disposizioni del precedente art. 15, solo per le sistema zioni edilizie d'insieme quando concorrano particolari esigenze artistiche; fuori di tali ipotesi non è attribuita alla

pubblica Amministrazione alcuna potestà di deroga. (2)

(1-2) Cons., sulla prima massima, Trib. Venezia 14 marzo

La Corte, ecc. — Con l'unico motivo del ricorso si as sume che il Comune di Bari ha esercitato in concreto il

potere di derogare ai limiti fissati dall'art. 15 delle norme

urbanistiche, potere espressamente riconosciutogli dallo art. 20 delle norme stesse, con la conseguenza che il di ritto soggettivo delle attrici è degradato ad interesse le

gittimo, onde il giudice ordinario difetta di giurisdizione. Il ricorso non merita accoglimento. Le disposizioni dei regolamenti comunali che stabili

scono una determinata distanza minima tra fabbricati

prospicienti (zona libera) pongono in essere norme integra tive della disciplina del codice civile, relativa alle distanze tra costruzioni su fondi finitimi. Esse, pertanto, attribui scono ai proprietari dei fondi confinanti diritti soggettivi perfetti, la cui tutela, in caso di violazione, spetta al giudice ordinario, al quale colui che, per effetto della violazione, ha subito danno può rivolgersi, a norma del 2° comma del l'art. 872 cod. civ., per ottenere non soltanto il risarcimento

del danno ma anche la riduzione in pristino. Tali diritti

soggettivi si affievoliscono e degradano ad interessi le

gittimi tutte le volte che la pubblica Amministrazione, cui il regolamento edilizio lo consenta, per ragioni di pubblico interesse esercita il potere discrezionale di autorizzare de

terminate opere in deroga alle norme generali, poste dal

regolamento medesimo, e l'opera di cui in concreto si la

menta l'esecuzione sia stata autorizzata dalla detta pub blica Amministrazione nell'esercizio del potere di deroga.

Da siffatti principi non deriva, però, che ineluttabil

mente il giudice ordinario debba declinare la propria giu risdizione tutte le volte che esista un atto amministrativo

di autorizzazione di determinate costruzioni in deroga alle norme generali dei regolamenti. Invero, la determi

nazione in concreto della spettanza o non della controversia alla cognizione del giudice ordinario va fatta sempre in

riferimento al petitum sostanziale, ossia in riferimento al

l'oggetto della domanda in relazione alla causa petendi. Ond'è che, se si chiede la tutela giurisdizionale per la viola

zione di un diritto soggettivo, qual'è quello di proprietà, assumendosi che la lesione è conseguente al comporta mento illegittimo (causa petencli) del vicino, nei cui con

fronti si domandano il risarcimento dei danni e la ridu

zione in pristino, la controversia involge sempre una que stione relativa ad un diritto soggettivo perfetto, anche

quando il vicino (convenuto) eccepisce di avere agito legitti mamente in forza di autorizzazione in deroga ottenuta

dalla pubblica Amministrazione.

L'indagine sull'esistenza dell'autorizzazione in deroga attiene, difatti, alla sussistenza di una condizione dell'azione.

Essa, se si conclude in senso positivo, porta a negare una

condizione dell'azione, cioè la esistenza del diritto sog

gettivo di cui si pretende la tutela e, conseguentemente, al rigetto della domanda. Ciò importa che, nella contro

versia tra privati, la questione circa la esistenza della deroga e circa i limiti della stessa è questione di merito relativa

all'esistenza della lesione al diritto di proprietà. Anche se

sorge questione sulla legittimità della concessa autorizza

zione, la controversia tra privati appartiene alla cognizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, posto che questa ne

conosce solo incidenter tantum ; ossia per quanto possa oc

correre ai fini della decisione sulla domanda e senza effi

cacia di giudicato. Diversamente sarebbe se la questione di legittimità dell'autorizzazione fosse posta nei confronti

del Comune. In tal caso, invero, contestandosi l'esercizio

del potere della pubblica Amministrazione, si farebbe que stione di interesse legittimo.

Va, ancora, rilevato, che ai fini dell'accertamento del

l'esistenza del proprio potere giurisdizionale, il giudice or

dinario chiamato a decidere una controversia tra privati relativa alla pretesa violazione delle norme di edilizia, ove

il convenuto eccepisca l'esistenza di un'autorizzazione in

deroga, deve in via preliminare accertare se esista il potere

1959, Foro it., 1959, I, 1601, con nota di precedenti della Cassa

zione. Sulla seconda massima non risultano precedenti.

This content downloaded from 62.122.73.86 on Wed, 25 Jun 2014 04:41:25 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions

Page 3: Sezioni unite civili; sentenza 30 ottobre 1959, n. 3206; Pres. Oggioni P., Est. La Porta, P. M. Criscuoli (concl. conf.); Menolascina e altri (Avv. D'Audino) c. Capochiani (Avv. Armenise),

79 PARTE PRIMA 80

di deroga, e, nel caso affermativo-, quali ne siano i limiti, e solo successivamente può procedere all'indagine inciden tale sulla legittimità dell'esercizio del potere, che abbia ri conosciuto sussistente. Invero, ove il potere di deroga inanelli o sia consentito solo in limitati casi, diversi da quelli nei quali è riconducibile il caso in esame, ogni indagine sull'esercizio del potere da parte della pubblica Ammini strazione è frustranea.

Ciò precisato, va rilevato che il 2° comma dell'art. 15

delle norme urbanistiche integrative del regolamento edi lizio comunale della Città di Bari dispone che « le palazzine non possono avere più di quattro piani compreso il terreno, non possono contenere negozi, non devono superare 16 metri di altezza a 40 di lunghezza massima, se in linea, a 30 se a blocco. La percentuale di copertura massima è il

30%, la distanza dall'asse stradale e dai confini 8 metri,

quelle tra fabbricati opposti 16 ; l'indice di sfruttamento massimo è 4,80».

Tale norma, nella seconda parte, in cui fissa la distanza tra costruzioni su fondi finitimi in 16 metri, è integratrice del codice civile, che, all'art. 873, demanda ai regolamenti comunali la determinazione di una distanza tra le costru zioni maggiori ai tre metri. Non è dubbio, pertanto, che da tale norma sorge un diritto soggettivo del proprietario confinante al rispetto della distanza stabilita. Il successivo art. 20 della citata norma stabilisce che « nelle sistemazioni edilizie di insieme che abbiano particolari esigenze arti stiche o tecniche, possono essere consentite speciali deroghe su conforme parere degli organi competenti ». La norma, nella sua chiara formulazione, consente la deroga alle dispo sizioni precedenti, soltanto per le sistemazioni edilizie di

insieme, quando concorrano particolari esigenze artistiche. Fuori di tali ipotesi non è attribuita alla pubblica Ammini strazione alcuna potestà di deroga.

Nel caso in esame, in cui non ricorre l'ipotesi prevista nella norma or richiamata, perchè non si deduce che la

pretesa deroga sia stata consentita in funzione di una siste mazione edilizia d'insieme con particolari esigenze artistiche e tecniche, e perchè oggettivamente non è in discussione una sistemazione del genere, difetta pertanto il potere di

deroga. Conseguentemente neppure è possibile l'indagine sull'esercizio del preteso potere di deroga da parte della

pubblica Amministrazione, e la controversia si riduce alla mera questione sulla sussistenza della lesione dei diritti

soggettivi vantati dalle attrici. Per le esposte considerazioni il ricorso va rigettato,

dichiarandosi la giurisdizione del giudice ordinario, con le conseguenze di legge.

Per questi motivi, rigetta, ecc.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

Sezione III civile ; sentenza 30 ottobre 1959, n. 3194 ; Pres. Verzì P., Est. La Farina, P. M. Mazza (conci, conf.) ; Soc. Cementfer (Avv. D'Amelio) c. 1st. naz. credito edilizio (Avv. Ciotola, Mottola).

(Conferma App. L'Aquila 19 luglio 1958)

Privilegio — Spese per atti conservativi — Sussi stenza — Fattispecie (Cod. civ., art. 2770).

Privilegio — Spese per atti conservativi — Incapienza di creditori intervenuti — Irrilevanza.

Privilegio — Spese del giudizio di merito — Insus sistenza.

Privilegio — Spese del sequestro conservativo — Sus sistenza — Limiti (Cod. civ., art. 2770 ; cod. proc. civ., art. 682 ; disp. att. cod. proc. civ., art. 156).

Il privilegio per i crediti per spese di giustizia fatte per atti conservativi sul prezzo dei beni espropriati è opponibile condizionatamente alVutilità, per i creditori concorrenti

all'effetto délVindisponibilità del bene sequestrato e della

sua custodia, utilità che non ricorre qualora la difesa contro il pregiudizio derivante da eventuali atti di aliena zione sia loro già assicurata dagli effetti della loro garanzia

specifica. (1) Sono privilegiate quelle spese che apparivano utili al momento

in cui furono eseguite e la spettanza del privilegio non può essere influenzata dall'esito finale dell'espropriazione, ossia

dall'incapienza di uno o più creditori per effetto del privi legio loro opposto. (2)

Non sono privilegiate le spese del giudizio di merito abbinato a quello di convalida di sequestro, attenendo esse all'inte resse esclusivo del sequestrante. (3)

Le spese del sequestro conservativo non sono privilegiate qua lora la procedura esecutiva venga iniziata da altro credi tore con distinto alto di pignoramento, prima che il seque strante inizi l'espropriazione. (4)

La Corte, ecc. — Con il primo motivo del ricorso la Soc.

Cementfer, denunciando la violazione degli art. 2770 e 2777 cod. civ., 679 e 559 cod. proc. civ., lamenta che la Corte di merito, pur avendo riconosciuto in fatto l'avvenuta conservazione materiale dell'immobile, abbia negato in diritto il privilegio, soltanto perchè la Società stessa non era stata nominata custode, mentre la legge non dispone affatto che il creditore abbia diritto al privilegio soltanto se siasi fatto nominare custode.

Sulla non necessità di tale nomina vi era un preciso rilievo della ricorrente, onde sussisterebbe anche omessa motivazione su punto decisivo, come sussisterebbe anche omessa motivazione sul punto che, a legittimare il privilegio, è sufficiente che le spese abbiano potenzialmente attitu dine a riuscire di vantaggio alla massa dei creditori.

Il motivo è infondato. La norma (art. 2770 cod. civ. ; v. analogamente, per i

mobili, l'art. 2755 cod. civ.) che concede, sul prezzo dei beni immobili espropriati, privilegio ai crediti per le spese di giustizia fatte per atti conservativi, ecc. . . . sui beni

stessi, nell'interesse comune dei creditori, trova la sua ratio, per ciò che attiene al sequestro conservativo, nei due scopi concorrenti o alternativi di tale misura cautelare, e nei correlativi effetti : indisponibilità del bene sequestrato (nel senso della inefficacia delle alienazioni e degli altri atti che abbiano per oggetto la cosa stessa) e custodia del bene mede simo ; l'una diretta ad evitarne la modificazione della situa zione giuridica, l'altra volta ad impedirne le alterazioni

materiali, cioè i deterioramenti. È chiaro che, in linea

generale, tali scopi e tali effetti possono estendere la loro

utilità, oltre che al creditore sequestrante, anche agli altri creditori che successivamente, in fase di esecuzione, ven

gano a concorrere sul prezzo dell'immobile, sotto il primo riflesso, quello, cioè della indisponibilità giuridica, ciò può verificarsi in quanto si ritenga (opinione, questa, preva lente, ma non incontroversa), che l'inefficacia delle aliena zioni e degli altri atti di disposizione, benché sancita dall'art. 2906, 1° comma, cod. civ., apparentemente a solo favore del creditore sequestrante, si estenda, ex tunc, per il richiamo contenuto nello stesso articolo alle regole del pignoramento, e quindi alla norma dell'art. 1913, anche a favore degli altri creditori che successivamente, convertitosi il sequestro in pignoramento, intervengono nell'esecuzione e concorrono sul prezzo ; sotto il secondo riflesso, appare poi evidente, nella generalità dei casi, l'interesse anche degli altri credi tori alla migliore conservazione dell'immobile, alla salva

fi-4) Sulle varie questioni, in dottrina v. Andrioli, I pri vilegi, in Commentario, a cura di A. Scialoja e G. Branca, sub art. 2755, pag. 132 ; Gaetano, I privilegi, Torino, 1949, 98.

Sulla seconda massima, Andrioli, op. cit., pag. 134, 135. In senso conforme alla terza massima con particolare rife

rimento ai crediti per contributi di previdenza sociale ai sensi dell'art. 2753 cod. civ., v. Cass. 18 ottobre 1957, n. 3943, Foro it., Rep. 1957, voce Privilegio, n. 14 ; App. Firenze 28 giugno 1956, id., 1957, I, 116.

Sull'ultima massima, testualmente, Andrioli, op. loc. oil. Sul privilegio per spese di custodia, v. Cass. 24 febbraio

1958, n. 604, Foro it., Rep. 1958, voce cit., n. 24.

This content downloaded from 62.122.73.86 on Wed, 25 Jun 2014 04:41:25 AMAll use subject to JSTOR Terms and Conditions


Recommended